Tumgik
#Santi Bosch
Text
Tumblr media
Chandra by Santi Bosch
207 notes · View notes
Text
Vima scriveva metodicamente segni sulla carta. Fuori il tempo era clemente, la finestra chiusa, la scrivania vicino al letto, i libri contro il muro: vite di santi, versi in latino, storia antica.
Vima ha cinque anni, le sue bambole sono assiepate sul bordo del cuscino, un quadro di Jeronimus Bosch il cristo con la croce, sta sopra il letto. Tutto è calmo, tranne il cane che abbaia, vicino a lei.
Vima non smette di segnare sul suo foglio forme e segni, metodicamente e con cura: una rosa orna il centro del disegno, simile alla rosa che sta sulla sua scrivania di legno leggero, posata in un piccolo vaso in vetro.
I genitori non pensano che una ragazza debba avere un tavolo più prezioso dei libri che legge, e Vima non pensa disegna. Il cane di fianco a lei di stazza piccola e a pelo lungo e biancastro, forse sporco, abbaia sempre più forte. Le si avvicina e latra ferocemente, come se volesse avvertire Vima, come se il fuoco divampasse in casa.
Vima continua a disegnare senza scomporsi, senza sentire, senza percepire il latrato scomposto.
Il cane è irritato si avvicina sempre più, con più foga.
Vima per disegnare meglio sul foglio, si aggiusta la sedia che si muove e colpisce inavvertitamente il muso del cane: il cane indietreggia guaisce ma torna subito ad abbaiare, sempre più irritato, sempre più aggressivo.
Vima sta per disegnare qualcosa di difficile, la sedia si torce di qualche centimetro, il cane aggira la sedia si avvicina sempre più. Sembra frustrato di non essere inteso. Finchè a un certo punto morde la caviglia di Vima.
Vima sente il dolore alla caviglia, il cane afferra forte, il sangue macchia la calzetta bianca di Vima. La penna cade, Vima fa una smorfia di dolore e di orrore, cerca di divincolarsi dalla morsa.
In quel momento esatto si spalanca la porta della camera e una figura femminile entra.
La mamma di Vima ferma e alta dice con voce calma. Vuoi dei biscotti col te, tesoro? Il cane non c'è più.
Il sole entra dalla finestra, una nuvola fa capolino tra gli olmi secolari del giardino, un libro sui mosaici bizantini fa bella vista su uno scaffale, il volto di Teodolinda irradia un calma ieratica e composta ed è serio e quieto come ogni cosa nella stanza.
Il calzino bianco è ordinato e al suo posto sulla caviglia. Niente sangue.
"Sto servendo in cucina", aggiunge mamma Iris.
Vima raccoglie la penna caduta, la posa di fianco al disegno, la lascia lì sulla scrivania bianca coperta da un vetro. Scende dalla sedia, e si avvia verso il corridoio.
Entra nella piccola cucina confortevole e dai toni verdi e siede davanti alla tazza di tè.Iris, la mamma, chiede con cortesia, hai fatto i compiti? Il suo tono è neutro.Vima risponde "sì", e immerge metodicamente i biscotti nella tazza.Iris aggiunge, "ricordati che dobbiamo andare a prendere Nonna alle 17:30 oggi , quindi fatti trovare pronta per cortesia".
Vima non risponde, fissa l'acqua del tè incuriosita dal suo colore.Hai visto il libro che papà ha comprato per te? 
"Quello sulla storia del ducato di Milano?", risponde Vima.
Sì, ci sono anche descritte e indicate le ville nobili della nostra zona, tra cui quella su cui ho preparato la mia tesi di Laurea. E' molto interessante,
"Sì, molto"
E' un bel regalo. Che cosa carina ha fatto papà per te.
Vima non risponde a parole, guarda e sorride come di un sorriso pieno, ma in qualche modo giustapposto, vero ma strano e diverso.
Immerge il suo biscotto di nuovo nella tazza aprendo la piccola bocca per non fare cadere il biscotto e lasciare intatto il colore chiaro del tè. I pensieri fuggono altrove.
Iris afferra una piccola borsa sciapa e priva di personalità ed esce dalla stanza.
(al tempo gli occhi di Vima mostravano una dolcezza profonda mista a una verità impossibile da leggere.)
2 notes · View notes
ozu-teapot · 2 years
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
The Killer Wore Gloves | Juan Bosch | 1974
Orchidea De Santis, Gillian Hills
11 notes · View notes
tvln · 5 years
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
the killer wore gloves / la muerte llama a las 10 / le calde labbra del carnefice (sp/it, bosch 74)
17 notes · View notes
Vima tracciava metodicamente segni sulla carta.
Fuori il tempo era clemente, la finestra chiusa, la scrivania vicino al letto, i libri contro il muro: vite di santi, versi in latino, libri di storia antica.
Vima ha cinque anni, le sue bambole sono assiepate sul bordo del cuscino, un quadro di Jeronimus Bosch il cristo con la croce, sta sopra il letto. Tutto è calmo, tranne il cane che abbaia, vicino a lei.
Vima non smette di segnare sul suo foglio forme e segni, metodicamente e con cura: una rosa orna il centro del disegno, simile alla rosa che sta sulla sua scrivania, posata in un piccolo vaso di vetro.
I genitori non pensano che una ragazza debba avere un tavolo più prezioso dei libri che legge, e Vima non pensa disegna.
Il cane di fianco a lei di taglia piccola, e a pelo corto e biancastro, forse sporco, abbaia sempre più forte. Le si avvicina e latra ferocemente, come se volesse avvertire Vima di qualcosa, come se il fuoco divampasse in casa.
Vima continua a disegnare senza scomporsi, senza sentire, senza attendere al latrato.
Il cane è irritato si avvicina sempre più, e con più foga.
Vima per disegnare meglio sul foglio, aggiusta la sedia che muovendosi  colpisce inavvertitamente il muso del cane: il cane guaisce e indietreggia, ma torna subito ad abbaiare, sempre più irritato, sempre più aggressivo.
Vima sta per disegnare qualcosa di molto difficile, la sedia si torce di qualche centimetro, il cane aggira la sedia e si avvicina sempre più. Sembra frustrato di non essere inteso. Finchè a un certo punto morde la caviglia di Vima.
Vima sente il dolore alla caviglia, il cane afferra forte, il sangue macchia la calzetta bianca. La penna cade, Vima fa una smorfia  di dolore e di orrore, cerca di divincolarsi dalla morsa.
In quel momento esatto si spalanca la porta della camera e una figura femminile entra. La mamma di Vima ferma e alta dice con voce calma. Vuoi dei biscotti col tè, tesoro?
Il cane non c’è più.
Il sole entra dalla finestra, una nuvola fa capolino tra gli olmi secolari del giardino, un libro sui mosaici bizantini sta in bella vista su uno scaffale, il volto di Teodolinda irradia un calma ieratica e composta ed è serio e quieto come ogni cosa nella stanza,
il calzino bianco è ordinato e al suo posto sulla caviglia. Niente sangue.
“Sto servendo in cucina”, aggiunge mamma Iris.
Vima raccoglie la penna caduta, la posa di fianco al disegno, la lascia lì sulla scrivania bianca coperta da un vetro. Scende dalla sedia, e si avvia verso il corridoio.
Entra nella piccola cucina confortevole e dai toni verdi e siede davanti alla tazza di tè. Iris, la mamma, chiede con cortesia, hai fatto i compiti? Il suo tono è neutro. Vima risponde “sì", e immerge metodicamente i biscotti nella tazza.
Iris poi aggiunge, “ricordati che dobbiamo andare a prendere Nonna alle 17:30 oggi , quindi fatti trovare pronta per cortesia".
Vima non risponde, fissa l’acqua del tè incuriosita dal suo colore.
Hai visto il libro che papà ha comprato per te?
"Quello sulla storia del ducato di Milano?”, risponde Vima.
Sì, ci sono anche descritte le ville nobili della nostra zona, tra cui quella su cui ho fatto la mia tesi di Laurea. E' molto interessante,
“Sì, molto”
E' un bel regalo non è vero? Che cosa carina ha fatto papà per te.
Vima non risponde a parole, guarda e sorride come di un sorriso pieno, ma in qualche modo giustapposto, vero ma strano e diverso.
Immerge il suo biscotto di nuovo nella tazza aprendo la piccola bocca per non fare cadere il biscotto nella tazza che finirebbe per sporcare il colore chiaro del tè. I pensieri fuggono altrove.
Iris afferra una piccola borsa sciapa e priva di personalità ed esce dalla stanza.
(al tempo gli occhi di Vima mostravano una dolcezza profonda mista a una verità impossibile da leggere.)
Che cosa carina ha fatto papà per te, vero?
Vima non risponde, immerge il suo biscotto di nuovo nel tè e mangia aprendo la piccola bocca. Iris esce dalla stanza, Vima continua metodicamente a mangiare, le pupille verdi e azzurre e i pensieri che fuggono altrove.
12 notes · View notes
childrenofdune · 4 years
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
DUNE character designs by Santi Bosch.
28 notes · View notes
artist-grassmann · 4 years
Text
Marcello Grassmann (São Simão, SP 1925 - São Paulo, Brasil 2013)
Tumblr media
Marcello Grassmann Grassmann nasce em 1925, na cidade de São Simão, em São Paulo, onde vive até 1932, quando se muda com a família para a capital. Entre 1939 e 1942 frequenta aulas de entalhe e escultura no Instituto Profissional Masculino. Entre 1949 e 1950 frequenta, no Rio de Janeiro, aconselhado por Goeldi, os cursos de gravura em metal com Henrique Oswald e litografia com Poty Lazzarotto.
Participa em 1951 na 1a. Bienal Internacional de São Paulo com uma xilogravura e passa a trabalhar em Salvador no ateliê de gravura de Mario Cavo Jr. Ganha o premio de viagem ao exterior em 1952 no 1o. Salão Nacional de Arte Moderna, no Rio de Janeiro. Viaja então para Roma e Viena onde por dois anos aprofunda seus conhecimentos de gravura no Gabinete de Estampas da Academia Albertina. Conhece o artista Alfred Kubin, com quem mantém correspondência. De volta a São Paulo monta seu primeiro ateliê. Recebe, em 1958, o Prêmio Leirner de Arte Contemporânea. Em 1959 recebe o prêmio de melhor desenhista na 1a. Bienal de Jovens de Paris e se transfere para a capital francesa por um tempo. A partir dos anos 70 sua obra passa a ter grande repercussão no Brasil. Recebeu diversos prêmios e títulos, tais como a Ordem do Rio Branco (1973), o Grande Prêmio da APCP − Associação Paulista de Críticos de Arte (1978) e a medalha Mario de Andrade do Governo do Estado de São Paulo (1979). A Casa Marcello Grassmann, em São Simão, doada pela família, é transformada em museu. Participou de mais de quatrocentas exposições no país e no exterior e se destacam, entre elas, suas quatro presenças na Bienal de Veneza (entre 1950−1961), nove na Bienal Internacional de São Paulo e diversas exposições individuais em importantes museus e em cidades como Washington, Viena, Milão, Roma, Paris, Barcelona, Madrid, Haia, Ancara, Buenos Aires, Cidade do México, Argélia e Nova Deli.
Extremamente curioso e estudioso e profundo conhecedor das técnicas de gravura Grassmann investiga as novas e diferentes possibilidades de obter dos procedimentos gráficos resultados que sempre valorizam sua intenção poética. Para isso desenvolve uma grande série de procedimentos e ferramentas adaptados a partir dos princípios da gravura tradicional. A sofisticação gráfica obtida a partir dessa pesquisa é única e coloca a obra do artista em um lugar único e de destaque no universo da gravura, não apenas brasileira, mas de âmbito internacional. Revelar tais procedimentos é um dos principais objetivos de nossa investigação.
ANOS DE FORMAÇÃO: OS GRANDES MESTRES
Grassmann vivia em São Paulo um momento de grande efervescência cultural e o interesse pela gravura que já existia desde sua formação no Liceu fez com que se aproximasse de dois grandes mestres da gravura brasileira: Oswaldo Goeldi (1) e Lívio Abramo (2). A convivência com ambos fez com que o jovem artista se aproximasse de movimentos artísticos de literários importantes e despertaram o seu interesse por um tipo de pensamento europeu que lhe era, apesar da distância, muito familiar. Com Goeldi o jovem Grassmann divide a paixão por um mundo sombrio, cheio de sombras e seres nem sempre humanos. Além disso a relação existente entre Goeldi e Alfred Kubin (3) fez com que a influência do artista austríaco que se refletia no mestre fosse transferida também para o discípulo.
(imagem)
Com Abramo o aprendizado foi outro: o apuro técnico e o cuidado com a construção das imagens determinou o intenso interesse de Grassmann pelo aperfeiçoamento técnico.
(imagem)
Em 1952 recebe o Prêmio de Viagem no 1o.Salão Nacional de Arte Moderna Grassmann e viaja para Itália e Áustria11; no mesmo salão Oswaldo Goeldi também foi premiado. Se estabelece em Viena, onde procura as oficinas de gravura do Museu Albertina. Sua escolha não foi aleatória: o Albertina mantém uma das mais importantes e das mais extensas coleções de artes gráficas do mundo que compreende cerca de 50.000 desenhos e aquarelas, bem como cerca de 900.000 obras de arte gráficas, que vão desde a era gótica tardia até o presente.
No requintado acervo do gabinete de estampas Grassmann encontra obras desde o Renascimento italiano como as de Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Rafael Santi, passando por Albrecht Dürer, Peter Paul Rubens e Rembrandt Harmensz van Rijn até Claude Lorrain, Honoré Fragonard e Paul Cézanne. A seção moderna compreende um acervo do início do século XX, com Egon Schiele, Gustav Klimt e Oskar Kokoschka a Pablo Picasso e Jackson Pollock e finalmente Robert Rauschenberg, Andy Warhol, Alex Katz, Franz Gertsch, Georg Baselitz e Anselm Kiefer.
O duque Albert de Saxe-Teschen (1738-1822) fundou a coleção entre 1770 e 1822. Deliberadamente concebida em escala enciclopédica e uma orientação educativa foi totalmente construída em conformidade com os preceitos iluminados de sua época. Em 1822, ano da morte do duque, a coleção era composta por cerca de 14.000 desenhos e cerca de 200.000 gravuras, cobrindo todos os movimentos de arte importantes a partir do final da Idade Média até o primeiro trimestre do século XIX. O núcleo reunido pelo duque Albert constitui o fundamento básico da Albertina e inalterado em sua estrutura básica, conta com participações na coleção que foram continuamente ampliadas e aumentadas, mantendo essa orientação até hoje. O sobrinho - filho adotivo e herdeiro universal do duque Albert - arquiduque Carl (1771- 1847) e seu filho Albrecht (1817-1895) administraram a coleção a partir de 1822. As aquisições efetuadas após 1895 pelo seu sucessor, o arquiduque Frederick (1856-1936) foram, no entanto, em sua maior parte, as que constituiam sua coleção particular. A partir de 1919, após a Primeira Guerra Mundial e o desaparecimento da monarquia, a coleção de duque Albert e seus herdeiros tornou-se propriedade da República da Áustria.
A expansão da coleção, entre os anos de 1923-1934, sob a direção de Alfred Stix (1882-1957) foi particularmente rica. Acima de tudo, o conjunto de desenhos franceses e alemães que eram até então escassamente representado século XIX, ajudaram a completar o museu em direção da completude. No intervalo de tempo entre 1934 e o fim da Segunda Guerra Mundial (1945) o foco de atenção foi concentrado em grande parte da arte gráfica austríaca e alemã do século XIX e XX. A expansão da coleção de arte austríaca continuou a ser uma prioridade de administração Albertina, mesmo depois de 1945. Otto Benesch (1896-1964), além de desenhos dos velhos mestres complementares, acrescentou ao museu, as fabulosas obras de Egon Schiele, Gustav Klimt, Oskar Kokoschka e Alfred Kubin para a coleção. Walter Koschatzky (1921-2003) contribuiu com novas adesões, principalmente desenhos e aquarelas do século XIX, com obras de Rudolf von Alt, Peter Fendi e Thomas Ender. Além disso, tanto Koschatzky como Benesch estavam ansiosos para ter as diferentes tendências da arte depois de 1945 representados na Albertina. Esta aspiração é igualmente partilhada e solidificada por Konrad Oberhuber (1935-2007), através de uma série de aquisições de obras internacionais. Klaus Albrecht Schröder, que foi diretor do Albertina desde 2000, concentra sua política de compra de aquisições de arte contemporânea internacional e obras centrais da arte austríaca do século XX e XIX. As coleções em empréstimo permanente trouxeram ainda um aumento importante de obras do modernismo clássico e internacional e de arte contemporânea no Albertina.
O Albertina é mundialmente conhecido por suas obras dos períodos do Renascimento italiano ao norte europeu (Alpes) e especialmente as gravuras e desenhos de Albrecht Dürer. O Albertina abriga cerca de 120 desenhos e aquarelas, bem como a obra gráfica completa produzida por este mestre do Renascimento alemão; as "miniaturas" no cortejo triunfal do imperador Maximiliano feitas por Albrecht Altdorfer e sua escola são também um dos pontos altos da coleção. Os desenhos do Renascimento italiano e as obras de Rafael e Michelangelo são notáveis tanto por sua quantidade e sua qualidade. Entre as obras mais valiosas dos holandeses estão os desenhos de Hyeronimous Bosch, Pieter Brueghel, o velho, e obras de Lucas van Leyden. Da gravura do início do século XVI, período maneirista, vale a pena mencionar as obras raras de Jean Duvet, Marcanton Raimondi e Hendrick Goltzius. É nesse contexto cultural que entendemos a importância dessa investigação que definitivamente moldou a visão de Grassmann sobre arte. Ele chega no Albertina procurando em seus ateliês uma formação complementar nas técnicas tradicionais de gravura e lá desenvolveu, além da prática da litografia, o aprimoramento do olhar e o pensamento gráfico que marcou toda sua produção. O universo simbólico de artistas como Bosch (5) e Bruegel (6), o mundo fantástico e simbolicamente associado à psicanálise de Kubin e Redon (7), o sofisticado, denso e dramático expressionismo de Schiele (8) e Kokoshka (9) determinaram contaminações e influências definitivas na obra do artista. Além destes destacamos Albrecht Dürer (10). Com uma representação significativa nos acervos encontrados em Viena contribuiu definitivamente para que o domínio se torna-se para Grassmann um meio à serviço do desenvolvimento de um universo poético numa obra que se equipara com a dos grandes artistas de todos os tempos. 
Em primeiro lugar a pesquisa foi realizada no banco de dados, selecionando os períodos e os artistas relacionados ao trabalho que está sendo realizado. Foram investigados alguns movimentos, grupos de artistas e alguns artistas isolados que nos parecem importantes na formação do jovem Grassmann quando esteve no Albertina estudando. Destacamos alguns deles:
Desenhos e gravuras do século XVI (foi feita uma investigação preliminar antecedendo alguns anos nessa procura) e XVII;
Artistas que estavam produzindo no final do século XIX e nas primeiras décadas do século XX.
Realizamos ainda no banco de dados quatro outras seleções, nas quais as obras e os artistas menos significativos para o contexto de nossa investigação foram sendo eliminados. A partir daí numa nova etapa seletiva, o procedimento utilizado foi investigar as próprias obras e a partir delas, quais poderiam de fato estar relacionadas com a poética de Grassmann. No final dessa etapa restavam ainda 12 artistas, num total de 6748 obras. Destes, restaram apenas 06 e seus respectivos desenhos e gravuras:
Hieronimous Bosch: 37 obras
Peter Brueghel: 303 obras
Albrecht Dürer: 1680 obras
Alfred Kubin: 2369 obras
Odilon Redon: 30 obras
Egon Schiele: 1341 obras
Analisamos as obras avaliando questões de linguagem e sua relação com os procedimentos técnicos adotados. Aspectos da iconologia, não sendo a razão principal de nossa pesquisa, foram considerados secundários.
(imagem)
MATURIDADE E A INFLUÊNCIA DE PICASSO
A exemplo da viagem anteriormente realizada, em maio de 2015 à Viena a viagem realizada para o Gabinete de Estampas do Metropolitam Museum of Art, New York seguiu os mesmos procedimentos metodológicos: a observação e análise das obras selecionadas, procurando estabelecer relações entre os procedimentos técnicos e elementos da linguagem visual e relacionar essas obras com as gravuras realizadas pelo artista Marcello Grassmann.
Nesta viagem a pesquisa se concentrou em duas vertentes diferentes na obra gráfica de Pablo Picasso: a primeira, de origem técnica, mais especificamente as técnicas de gravura em metal realizadas em águatinta, e mais especificamente o lift ground, técnica amplamente utilizada pelo artista. O processo consiste em mapear nas obras selecionadas os elementos de linguagem visual que apresentassem indícios que pudessem aproximar a maneira dos dois artistas não apenas no uso de determinados procedimentos técnicos mas principalmente nos resultados obtidos por cada um deles.
Primeiramente selecionamos cerca de trezentas obras e numa segunda triagem a escolha se reduziu para 95. Depois de analisá-las a fim de compreender como Picasso utiliza determinadas técnicas, mais especificamente na construção das linhas e das manchas, fica evidente que a escolha está intrinsecamente associada à matéria que elege em sua construção.
“A escolha do procedimento técnico mais adequado para cada significado é indissociável da escolha do elemento de linguagem visual. Muitas vezes o artista acaba por desenvolver uma maneira absolutamente pessoal para reforçar ou enfatizar algumas de suas intenções artísticas. Na codificação dos sistemas e procedimentos técnicos da arte existe uma tradição universalmente aceita: determinados modos construtivos, depois de centenas de anos de desenvolvimento técnico, podem ser seguramente identificados como tradicionais.” 
O segundo eixo desenvolvido nessa investigação relaciona-se com a maneira como Picasso constrói a relação figura-fundo em algumas de suas gravuras e como Grassmann adota uma construção semelhante, criando um espaço denso e replete de dramaticidade. Gabinete de Estampas do Metropolitan Museum of Art, Nova Yorque
A visita ao acervo do museu foi extremamente profícua, possibilitando o amadurecimento de algumas questões que serão desenvolvidas posteriormente. A coleção de desenhos e gravuras do Metropolitan Museum – que começou com um presente de 670 obras de Cornelius Vanderbilt, um curador do Museu, em 1880 - é uma das mais abrangentes e peculiares dessa categoria no mundo.
Notável por uma excepcional amplitude e profundidade, compreende mais de 17 mil desenhos, 1,2 milhões de gravuras e 12 livros ilustrados criados na Europa Ocidental e na América, principalmente a partir do século XV até o presente. Grande parte do acervo que nos interessava nessa visita se concentra no conjunto de desenhos e gravuras dos séculos XVII ao XX que incluem notáveis obras de Joseph Wright, Thomas Gainsborough, George Romney, John Robert Cozens, John Flaxman, Thomas Girtin, Joseph Mallord William Turner, Richard Parkes Bonington, Sir David Wilkie, Dante Gabriel Rossetti, Sir Edward Burne-Jones e William Blake, excepcionalmente bem representado. Embora as técnicas tradicionais, como a xilogravura, gravura, litografia e serigrafia formam o núcleo da coleção, os exemplos mais recentes de processos digitais também estão presentes.
Devido à sua natureza frágil e susceptibilidade ao desvanecimento, desenhos e gravuras só podem ser exibidos de forma intermitente e por curtos períodos de tempo (aproximadamente três meses), sob condições cuidadosamente controladas, de baixa iluminação. Este seria o terceiro eixo estrutural dessa visita: documentar o sistema de guarda, conservação e veiculação adotado pelo museu a fim de alimentar o projeto de criação de um Gabinete de Estampas na Unicamp. Mas nesta coleção nosso interesse recai principalmente nas mais de quatrocentos gravuras de Pablo Picasso (1881-1973), com especial ênfase em nas séries póscubismo.
Até o final dos anos 20 Picasso havia realizado pouquíssimas gravuras, a maioria feita como ilustração, como por exemplo sua primeira litografia, que é o cartaz da exposição realizada na galeria de Paul Rosenberg, em Paris. Em 1924 Albert Skira encomendou a Ambroise Vollard a obra de Ovídio, Metamorfoses e Le Chef d’ouevre inconnu, de Honoré Balzac, ambas ilustradas com gravuras de Picasso. Surge aí a Suite Vollard, baseada na combinação dos dois temas: mitologia e o artista em seu ateliê, composta por mais de cem gravuras. Na década seguinte, enquanto Picasso fazia esculturas em Boigeloup, o minotauro passa a ser um de seus assuntos prediletos. Na gravura Minotauromachy (1935), talvez sua obra gravada mais importante onde o minotauro reúne toda a iconografia de Picasso (mais do que qualquer outro trabalho, talvez com excessão de Guernica), ele utiliza, pela primeira vez, a técnica de lift ground. Outro exemplo desse procedimento pode ser visto na gravura Faun Unveiling a Sleeping Woman (1935) e em todas as últimas gravuras da Suite Vollard. Esta série, realizada em Paris no Atelier Lacourière-Frélaut (11), introduziu Picasso num nível técnico mais sofisticado, transformando progressivamente as técnicas aprendidas e estabelecendo uma linha divisória entre as gravuras anteriores e o que fez a partir daquele momento.
(imagens) Foi com o mesmo procedimento que Picasso fez entre 1936 e 1942 as 31 matrizes que ilustram a Histoire Naturelle de Buffon (12) e os retratos de Dora Maar em 1939.
Periodicamente com o passar dos anos, eventos traumáticos provocavam no artista uma intensa produção. Certamente, a morte de seu grande amigo Jaime Sabartés (1881-1968) foi um desses eventos e resultou numa série de 347 matrizes gravadas entre março e outubro daquele ano. Os temas tradicionais prevalecem com algumas alterações: os velazquianos senhores fanfarrões de chapéus de pluma, brincando de jogos sexualmente agressivos parecem ser um disfarce extremamente simpático para o próprio Picasso envelhecido. Embora o ato sexual seja fortemente retratado nessas gravuras elas não são nem as primeiras e nem as últimas composições eróticas do artista. As últimas gravuras realizadas por Picasso foram as ilustrações para Le Cocu Magnifique (Paris, Crommelynck, 1968) (13), Nesta série a figura masculina é um dos personagens mais sensíveis e simpáticos de toda obra tardia de Picasso. O nu feminino, construído por arranhões apressados, não só expressam urgência e tensão (da perseguição), mas também criam uma aparência vagamente intangível.
Picasso pode ser considerado conservador na maneira como usou as técnicas de gravura mas certamente encorajou Grassmann a ir além e expandir cada vez mais sua experimentação técnica para obter resultados estéticos que certamente revelam essa influência. Certamente os resultados obtidos por Marcello Grassmann em suas gravuras usando a técnica lift ground foram estimulados pela liberdade alcançada por Picasso nas gravuras onde utiliza esse procedimento. Picasso conseguia uma matéria gráfica densa e fluída, mas suas linhas, apesar de soltas e intensas, ainda apresentavam uma certa “dureza” imposta pela técnica. Grassmann partiu daí para conseguir linhas feitas à pena de bamboo ou de metal tão fluidas quanto as que realizava em papel. Para isso, substituiu o açucar por detergente liquido e conseguiu uma tinta mais leve, menos espessa e capaz de traduzir o desenho com uma liberdade até então inexistente em outras gravuras realizadas com essa técnica. 
Outra inovação que podemos atribuir a Grassmann é o uso de diferentes abrasivos, de naturezas variadas que criam registros gráficos difíceis de serem analisados. Além desta destacamos também o uso de um verniz industrial (interpinol) com compressor sobre a placa e obtendo uma finíssima camada de proteção. Muitas vezes quando desenha sobre a camada aplicada com lápis que deixa suas “marcas” no desenho gravado.
Lygia Arcuri Eluf
NOTAS
1. Oswaldo Goeldi (1895-1961). Gravador, desenhista, ilustrador e professor, filho do cientista suíço Emílio Augusto Goeldi. Com apenas 1 ano de idade, muda-se com a família para Belém, Pará, onde vivem até 1905, quando se transferem para Berna, Suíça. Frequenta o ateliê no ateliê dos artistas Serge Pahnke (1875 - 1950) e Henri van Muyden (1860 - s.d.) em Berna. No mesmo ano, realiza a primeira exposição individual na Galeria Wyss, quando conhece a obra de Alfred Kubin (1877-1959), sua grande influência artística, com quem se corresponde por vários anos. Em 1919, fixa-se no Rio de Janeiro e passa a trabalhar como ilustrador nas revistas Para Todos, Leitura Para Todos e Ilustração Brasileira. Dois anos depois, realiza sua primeira individual no Brasil, no saguão do Liceu de Artes e Ofícios. Em 1923, conhece Ricardo Bampi, que o inicia na xilogravura  Na década de 1930, lança o álbum 10 Gravuras em Madeira de Oswaldo Goeldi, com introdução de Manuel Bandeira (1886-1968), faz desenhos e gravuras para periódicos e livros. Em 1941, trabalha na ilustração das Obras Completas de Dostoievski, publicadas pela Editora José Olympio. 2. Lívio Abramo (1903 - 1992). Gravador, ilustrador e desenhista estuda desenho com Enrico Vio (1874-1960) no Colégio Dante Alighieri, em São Paulo. No início dos anos de 1920, faz ilustrações para pequenos jornais e entra em contato com a obra de Oswaldo Goeldi (1895-1961) e de gravadores expressionistas alemães. Realiza as primeiras gravuras em 1926. Durante o governo Getúlio Vargas, filia-se ao Partido Comunista Brasileiro (PCB), do qual é expulso em 1932. É preso por motivos políticos por duas vezes. Ainda nessa época deixa de gravar para dedicar-se ao sindicalismo. Retornando à gravura em 1935, incorpora a temática social em seu trabalho. Em 1947, ilustra o livro Pelo Sertão, do escritor Afonso Arinos de Mello Franco, publicado em 1949 pela Sociedade dos Cem Bibliófilos do Brasil. Com essa série de ilustrações, apresentadas no Salão Nacional de Belas Artes (SNBA), obtém o prêmio de viagem ao exterior. Segue para a Europa em 1951. Em Paris freqüenta o Atelier 17 aperfeiçoando-se em gravura em metal com Stanley William Hayter (1901-1988). De volta ao Brasil, em 1953, é premiado como o melhor gravador nacional na 2ª Bienal Internacional de São Paulo. Dá aulas de xilogravura na Escola de Artesanato do Museu de Arte Moderna de São Paulo (MAM/SP). Foram seus alunos, entre outros, Maria Bonomi (1935) e Antonio Henrique Amaral (1935). Funda o Estúdio Gravura, em 1960, com Maria Bonomi. Em 1962, é convidado pelo Itamaraty a integrar a Missão Cultural Brasil-Paraguai, posteriormente Centro de Estudos Brasileiros. Muda-se para o Paraguai e dirige até 1992, o Setor de Artes Plásticas e Visuais. É fundador do Instituto do Patrimônio Histórico e Artístico do Paraguai. 3. Alfred Leopold Isidor Kubin (1877-1959) foi um ilustrador e escritor austríaco. É considerado um importante representante dos movimentos expressionista e simbolista. Destacou-se pelas suas fantasias obscuras, espectrais e simbólicas (normalmente relacionadas por séries temáticas). Ilustrou obras de Edgar Allan Poe e Dostoiévski. Foi fortemente influenciado, especialmente nas suas obras iniciais, por Goya, Ensor e Max Klinger. 5. Hieronymous Bosch (1450-1517), pintor e gravador holandês que realizou obras povoadas por figuras simbólicas, caricaturais e extremamente criativas que representam uma relação com a religião, com cenas onde o pecado e a tentação são tratados de uma maneira complexa e original. Pintores alemães como Martin Schongauer, Matthias Grünewald e Albrecht Dürer influenciaram a obra de Bosch. Apesar de ter sido quase contemporâneo de Jan van Dyck seu estilo era completamente diferente. Especula-se que sua obra terá sido uma das fontes do movimento surrealista do século XX. Pieter Brueghel, o velho foi influenciado pela arte de Bosch e produziu vários quadros em um estilo semelhante. 6. Pieter Brueghel, "O Velho" (1526-1569) foi pintor holandês célebre por seus quadros retratando paisagens e cenas do campo. Conhecido como "O Velho" - para distingui-lo de seu filho mais velho, foi o primeiro de uma família de pintores flamengos. Assinou como Bruegel até 1559, ano em que retirou o "h" do sobrenome, como viria a acontecer também com seus filhos. "O Velho" é considerado um dos melhores pintores flamengos do século XVI. 7. Odilon Redon (1840-1916) pintor e artista gráfico francês, considerado o mais importante dos pintores do movimento simbolista por ser o único que soube criar uma linguagem plástica particular e original. Diferente da obra de seus colegas a sua chegou aos limites da sugestão e da abstração. Redon aprendeu as técnicas da gravura com Bresdin, influenciado pela obra de Gustave Doré e Rembrandt. 8. Egon Schiele, pintor austríaco ligado ao movimento expressionista.
9. Oskar Kokoschka (1886-1980) pintor expressionista austríaco.
10. Albrecht Dürer (1471-1528) foi um gravador, pintor, ilustrador, matemático e teórico da arte alemão e,provavelmente, o mais famoso artista do Renascimento nórdico, tendo influenciado artistas do século XVI no seu país e nos Países Baixos.
11. O ateliê Lacourière-Frélaut é uma oficina parisiense de gravação, fundada em 1929 por Roger Lacourière (1892-1966) e renovada em 1957 por Jacques Frélaut. Conhecido pela extrema qualidade gráfica das obras emlitografia e talhe doce ali realizadas contribuiu, através de uma estreita colaboração com impressoresprofissionais e artistas, o desenvolvimento da gravura de artistas como Braque, Chagall, Miró, Matisse, Picasso e Dalí entre outros.
12. Georges-Louis Leclerc Comte de Buffon era um cientista de história natural que viveu de 1707-1788. Buffon classificou em 36 volumes as espécies animais com base em padrões e detalhes observados como uma ciência autônoma livre de influências teológicas. Com seus métodos empíricos contribuiu significativamente para novas ideias sobre a distribuição de plantas e animais em todo o mundo.
13. Fernand Crommelynck (Paris, 1886-1970) escritor, dramaturg o e ator do teatro de vanguarda. A sua obra mais conhecida é O cornudo magnífico (Le Cocu Magnifique).
4 notes · View notes
pangeanews · 4 years
Text
“Quel poco che aveva destinò a costruire un ospizio per matti”. Jonathan Swift, la cacca e i versi sulla sua morte
Jonathan Swift (1667-1745) ha sempre desiderato essere uno scrittore di mer*a, perlomeno è riuscito a essere il miglior scrittore di mer*a della storia, o meglio, il più sagace scrittore della mer*a. Per Jonathan (che letteralmente significa “donato a Dio”) il mondo è una immane cloaca a forma di canyon e l’uomo è la fetta di popò che l’attraversa, fino a disciogliersi, dopo morto, nello stagno, giù in fondo. Questo orrore verso l’umano – che ha qualcosa di gnostico prima che di surreale – allegoricamente e fisicamente trova ragione proprio in quella cosa lì, la cacca, lo sterco da cui non nascono i fiori, come dice la canzone, ma muoiono i sogni di gloria del figlio di Adamo. Cosa produce l’uomo, cotanto intelletto? Merda. Caga, mangia e procrea: questa è la mirabile attività umana e stop.
*
Swift fu la penna più sagace e capace del proprio tempo, una delle maggiori dacché è nato l’alfabeto, ma la cacca, si sa, fa storcere il naso ai critici e agli scrittori che pensano alla scrittura come a una partita di golf in un delizioso pomeriggio inglese. John Middleton Murry, che diresse tra il 1911 e il 1913 assieme a Katherine Mansfield una rivista importante come “Rhythm”, fu il primo ad applicare a Swift l’etichetta di «visione escrementale». Murry, che è lo stesso cervellone che amava Dostoevskij alla follia rimproverandogli «l’oscenità metafisica», ha sempre avuto la tendenza a separare il grano dal loglio, cioè a dire che Swift era un genio, sì, ma la quarta parte del “Gulliver”, ma alcune satire spinte non leggerle è meglio. Di un genio devi accettare tutto, anche le sporcizie, ma i bacchettoni che credono di avere la bacchetta magica non lo capiscono.
*
Aldous Huxley fu un altro che diede una martellata al cerchio e l’altra alla botte. «La grandezza di Swift sta nell’intensità, direi nella quasi folle violenza di quell’odio per gli intestini che è la caratteristica della sua misantropia e che sta alla base di tutta la sua opera», scrive in un saggio del 1926. Ma poi Aldous non ce la fa più, alza il mento all’insù, all’inglese, e bacchetta «l’assurdità, la bambinesca stupidaggine di questo rifiuto di accettare il mondo così com’è» di cui sarebbe reo Jonathan, come fosse un difetto, codesto, e non la spinta originaria che dà gas a ogni grande scrittore, il quale il mondo lo riscrive proprio perché gli fa schifo. Neppure David H. Lawrence riuscì a tapparsi la bocca e in un saggio sulla sessualità in letteratura eccolo sparare la bomba contro Swift, «così perverso, così innaturale, così umanamente sbagliato». Leggere tali improperi ci fa amare ancora di più Jonathan il Folle, il quale risolse i problemi a tutti impazzendo, definitivamente, nel 1742, a settantacinque anni. Ah, ecco perché scrisse quelle cose lì, era tocco, ghignano i santi.
*
A difendere il genio e la sua «visione escrementale» e a mettere in riga i sapientini fu uno psicoanalista col talento del letterato, Norman O’Brown, che in “La vita contro la morte” (1959) scrive papale: «Gli esperti di psicoanalisi sono d’accordo con i critici nell’affermare che Swift era pazzo e che le sue opere andrebbero lette solo come documenti della storia di un caso clinico». Superbo: ogni opera di genio è anche il resoconto di un caso clinico. Per uno come Norman, che ha scritto che la follia è la matrice della verità, capite bene cosa vuol dire quanto sopra. Caso chiuso.
*
Jonathan fu sano come un pesce, ecco il fatto, e se pensava che il mondo era cacca, pensava che cacca era anche lui. Nessuno si salva sotto le cesoie di mastro Swift, figurarsi se si piazza un cuscino proprio sotto il suo deretano. Ecco allora che nel 1731 per sollazzo il genio ti scrive questi “Verses on the Death of Dr. Swift”, tradotti e chiosati da Lodovico Terzi in L’autonecrologia di Jonathan Swift (Adelphi, 2007), e pressappoco si scalcia via la sedia da sotto i piedi, impiccandosi alla meglio. Difficilmente si può dire qualcosa di originale sulla morte, questione su cui sbatte perfino il più acerrimo dei cinici, mutandosi in nonnetto brontolone. Peraltro, questo è esercizio antichissimo, biblico per giunta. Nel celebre cantico di Debora, capitolo quinto del libro dei Giudici, la profetessa s’immagina la madre e le mogli di Sisara, duce appena schiantato e morto con un palo conficcato nella tempia, aggirarsi per il palazzo e domandarsi «Perché il suo carro tarda ad arrivare?», «certo han trovato bottino, stan facendo le parti» (Gd 5, 28; 30). La satira difficilmente salva qualcosa dal massacro. Così Swift, che fin da subito mette le cose in pace dicendo che «il difetto è nel genere umano», non si fa mancare nulla, né l’invidia («Quale poeta non si rode nel vedere/ i suoi colleghi scriver bene come lui?»), né la saggezza («Umana gente, incoerente e vana!/ Delle tue follie non si può fare il conto!»), né l’autodafè («Se n’è andato… e le sue opere con lui,/ soggette anch’esse alla sorte comune»). Onore al vero: anche lui, però, a volte fa il cane fustigato, e il cinismo si sfalda in chiacchiera da sottoscala. Ad esempio quando fabbrica una corte di cartone, con cortigiani e lacché che sospirano «è morto, dici? Be’, marcisca pure». Sul punto ci era andato giù duro qualche anno prima, nel 1722, quando nell’elegia in morte del duca di Marlborough evocò baciapile e parrucconi così: «Venite qui, tutti voi, gusci vuoti,/ voi, bolle di sapone suscitate dal soffio di un re,/ sempre a galla sull’alterna marea dello Stato».
*
Viene da domandarsi, leggendo Swift, cosa sia mai la satira. Essa, guardate Aristofane, guardate Petronio, distrugge per costruire, alla fine sgrana i diamanti dalle palle di popò. Ma Swift no, Swift assedia la città, la devasta e semina sale sulle ceneri. Altro che «la sua vena ironica, e tuttavia severa,/ smascherava lo stolto, sferzava la canaglia», qui si spalanca un baratro per risalire il quale non esiste arpione. E la satira più sferzante di mastro Swift, forse, è quella che il suo devastante “Gulliver” sia divenuto, audacemente addomesticato, lettura per piccini. A questo punto, meglio farglielo leggere integrale, il libro, ai poppanti, così san tutto e subito e uccideranno ridacchiando i propri padri. La vena di Swift, comunque, incompresa ai tempi suoi e incompresa dai paladini della giustizia letteraria, fu trapiantata nel corpo di James Joyce e di Samuel Beckett. Senza il letame di Swift non si spiega né Bloom che caca sul cesso di casa sua, né il delirio compulsivo di Watt, e scusate se è poco. Erano tutti e tre di Dublino, Giacomo, Samuele e Gionata, «là dove regnano alterigia, follia, faziosità». Da lì tutti e tre scapparono, ma a Swift toccò lo scherzo di tornarci e marcire. «Quel poco che aveva destinò a costruire/ un ospizio per matti e deficienti», scrive Jonathan, profetizzando la propria fine, al termine dello sfottò a se medesimo. Prima di firmarsi a modo suo, pazzo ma mica scemo, con quella parolina conclusiva, “Better”, sempre e comunque il migliore. (Federico Scardanelli)
*In copertina: Hyeronimus Bosch, particolare dal trittico del “Giardino delle delizie”, 1480-90
L'articolo “Quel poco che aveva destinò a costruire un ospizio per matti”. Jonathan Swift, la cacca e i versi sulla sua morte proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2EIwsW4
1 note · View note
rivaeducador · 5 years
Text
Sobre Merli y la educación
La generación de la educación para los derechos humanos
Para realizar la primera reflexión de esta nueva asignatura, se seleccionó la serie catalana Merlí, la cual fue  creada y producida por la productora Veranda TV, y emitida por la cadena catalana TV3 entre el 14 de septiembre del 2015 y el 15 de enero del 2018, así mismo en la plataforma digital Netflix. Vale la pena contextualizar que la serie trata sobre un profesor de Filosofía del mismo nombre, que estimula a sus alumnos a pensar libremente mediante una serie de métodos innovadores, los cuales los ayudan a comprender a los más importantes pensadores, desde la práctica, la realidad y el sentido social.
Esto quiere decir que en cada episodio de esta serie se incluyen los planteamientos de un gran pensador o escuela, como, por ejemplo, los peripatéticos, como fueron bautizados sus alumnos, Sócrates, Kant o Hobbes, entre otros, que se relacionan con los acontecimientos de los personajes.
Aterrizando esta entrañable serie, que debo confesar cambió mi forma de ver la educación,  con el texto Las nuevas generaciones como un reto para la educación actual, del decano de la Escuela de Educación de la Universidad Sergio Arboleda, Juan Sebastián Perilla, puntualmente el Capítulo I: Las generaciones del Siglo XX y sus características como un reto para la actualidad, en tanto es un fiel reflejo de los diferentes actores que pueden comprender un sistema educativo real y concreto.
Generación
Grupo / personas
Características
Baby Boom: los padres en masa.
La madre de Merlí.  Carmina Calduch. Una actriz consagrada, conocida por todos los públicos: cine, televisión, y especialmente, teatro.
Es haciendo teatro cuando se siente verdaderamente feliz. El teatro le ha dado fama y dinero, y ella lo ha dado todo por el teatro.
“Son sujetos que van a reprochar la exclusión o el límite de los derechos, lo que les permitirá encontrar enormes posibilidades de desarrollarse plenamente en la sociedad”.
“Vuelve a reactivarse desde una perspectiva retórica la esperanza por la humanidad y lo que la misma significa, por lo que toman fuerza movimientos como el hippie.  El discurso de derechos y el deseo por vivirlos al máximo marcó un nuevo rumbo a las dinámicas sociales existentes hasta ese momento, por lo cual se materializó en la cotidianidad de las personas una nueva forma de ver y comprender el alcance social”.
Relación:
Carmina Calduch es la defensora de la familia  Bergeron, siempre protegiendo y aconsejando a Merli y a Bruno. No deja que a su núcleo familiar le pasen injusticias y dificultades. Defiende que en todas las problemáticas exista verdad, justicia, equidad y reivindicación. Es el faro ético y moral, sin lugar a dudas de su familia.
Generación X: adictos al trabajo.
Los profesores del instituto:
Merlí Bergeron, profesor de Filosofía.
Eugeni Bosch, profesor de Lengua y Literatura.
Toni. Es el director del Instituto Ángel Guimerà.
Santi, era el profesor de Lengua.
Gloria, profesora de Dibujo
Mireia, profesora de latín.
“Es una generación adicta al trabajo, relacionada con el ascenso empresarial y el fortalecimiento de relaciones personales.
La familia es algo accesorio a la vida, pues se empieza a sugerir un deseo por adquirir mayores bienes y para eso se debe trabajar más tiempo. Se rompe la lógica de paz y amor de la generación anterior, para retomar la posibilidad de adquirir bienes y servicios.
Es fundamental asegurar ingresos, a costa de sacrificios que lleven a un mejoramiento en las condiciones laborales y un reconocimiento de sus dinámicas propias.
La realidad social se vuelca al sistema productivo, donde hay una economía estable, garantía de derechos y posibilidad de trabajar por su propio beneficio”.
Relación:
Los profesores del instituto siempre están enfocados en sus relaciones laborales, prácticamente que su vida personal, familiar y personal transcurre en  dicho lugar. Tienen una serie de conflictos interpersonales por los reconocimientos de sus pares. Egoísmo, envidia e hipocresía se vive, en algunas circunstancias, entre estos círculos.  El protagonista, Merlí, no encaja en este parámetro, por esa razón siempre es visto por los demás docentes como el otro, el distinto e irreconocible
D. Generación  Z: Centennial
Los alumnos o los peripatéticos:
Bruno Bergeron. Tiene 16 años y es hijo de Merlí.
Pol Rubio. Tiene 18 años y ha repetido dos cursos.
Berta Prats García. Tiene 17 años y es una chica extrovertida.
Joan Capdevila. Es un adolescente ingenuo de 16 años al que la presión familiar no le deja vivir y pensar libremente.
Marc Vilaseca. Tiene 17 años. Es el estudiante es amigo de todos.
“Los procesos educativos tradicionales no son claramente aceptados por esta generación, pues la transmisión de información en cátedras no tiene sentido puesto que la información se encuentra ampliamente.
La formación que exigen debe ir más allá de la mera memorización, para hallar retos que le den sentido de utilidad a lo que aprenden de forma permanente. Esto se constituye en un gran reto dado que la mayoría de sus profesores son formados en modelos tradicionales y les es difícil reinventar los enfoques educativos que aplican para su formación.
Todo esto lleva a que los centennials interpreten con cierto nivel de desconfianza los procesos de educación tradicionales, y hasta generan cierto rechazo a los mismos.
Así, empiezan a tomar relevancia formaciones en liderazgo, empatía y en general habilidades blandas que se fortalecen con procesos como el coaching.
Por lo mismo, se abandona el interés por un título universitario específico que muchas veces no demuestra el conocimiento sustancial, sino que se trascienden las formalidades para darle un sentido especial a la realidad”.
Relación:
Muy clara la relación con esta esta generación. En tanto todos los estudiantes se muestran apáticos a los profesores con clases magistrales. Razón por la cual Merlí es querido por todos sus estudiantes, en tanto utiliza métodos experienciales, cognitivos y constructivista para que todos sus estudiantes aprendan, sean valorados y desarrollen sus propias competencias.
Es un gran ejemplo de cómo conectarse y entender a estas nuevas generaciones ayuda a tener mayor éxito con el proceso formativo de los estudiantes, con el fin de que esta sea efectivo, garantista y pluralista.  Eso sí que lo supo entender y aplicar Merlí.
Entonces, saber de estas generaciones nos ayuda, como futuros educadores para los derechos humanos, entender todas y cada una de las realidades de cada generación del siglo XX, para intervenirlas de manera efectiva, que es, básicamente, la mayoría de los problemas de la educación posmoderna: docentes, formados en una generación tradicional, impartiendo cátedras magistrales a nuevas ciudadanías digitales.
Finalmente, entender que cada actor del sistema educativo responde a procesos socioculturales distintos nos ayuda a interpretar mejor las dinámicas que se viven en el aula, en una reunión de padres de familia, en un diseño curricular, en una intervención pedagógica con la ciudadanía, la cual responderá  a una perspectiva de inclusión, de pluriculturalidad y de garantías constitucionales. Todo para seguir luchando para y desde una educación para los derechos humanos.
7 notes · View notes
museoweb · 3 years
Photo
Tumblr media
Hieronymus Bosch ('s-Hertogenbosch, 2 ottobre 1453 - 's-Hertogenbosch, 9 agosto 1516) è stato un pittore olandese. Il re Filippo II di Spagna fu un appassionato collezionista dei suoi lavori; come risultato la Spagna è oggi il paese che possiede il maggior numero di opere del pittore, soprattutto al Museo del Prado e al Monastero dell'Escorial a Madrid.
La ricchezza di inventiva nelle opere di Bosch, vere e proprie visioni, ha chiamato in causa dottrine diverse, tra cui la psicoanalisi. La sua opera andò di pari passo con le dottrine religiose e intellettuali dell'Europa centro-settentrionale che, al contrario dell'Umanesimo italiano, negavano la supremazia dell'intelletto, ponendo piuttosto l'accento sugli aspetti trascendenti e irrazionali.
Con grande ironia, Bosch mise in scena i conflitti dell'uomo rispetto alle regole imposte dalla morale religiosa, quindi la caduta nel vizio e il destino infernale per redimersi dal quale appare il riferimento alle vite dei santi, attraverso l'imitazione della loro vita dedita alla meditazione anche se circondati dal male.
WIKI
0 notes
Photo
Tumblr media
Mistborn Characters by Santi Bosch
91 notes · View notes
ultimenotiziepuglia · 4 years
Text
0 notes
Madrid
Day 1:
My train arrives in Madrid at 4, and I stop at an amazing sandwich place by the train station (get a Philly Cheesesteak...mmmm). I take a quick walk aaround the Plaza de Espagna (where my hostel is) and the Royal Palace, which, by square feet is actually bigger than Versailles! I meet up with my friend Santi at a local tapas bar with a few of his friends. The bar is amazing, great food (I get a chicken sandwich and mac n cheese) and its beach themed so there’s a sandy area where we all take our shoes off and get drinks. Seeing as it’s Saturday night, we all head to Santi’s apartment before a enjoying a night out! 🎉
Day 2:
I rise bright and early (for Spain at least) at noon, and meet with Santi and his friends for lunch. Eat a delicious pork and onion dish. Afterwards, we made plans to visit El Reina Sofia, which houses numerous Dali and Picasso paintings, and then the El Retiro Park, which has cool brain-shaped trees! Afterwards, Santi informs me that he must work on a project, so I’m on my own for the night. I end up going back to my hostel and get into a conversation with my two roommates from Denmark. I mention the NBA playoffs, and it turns out they are fans! (laker fans...) We end up eating some delicious pizza and watching the playoffs on my laptop. 
Day 3:
May 1st is apparently an important holiday outside the US, I find out as I am woken by parades outside. It is International Workers’ Day, and as I walk the streets, I see everything from the North Korean flag to the hammer and sickle! Also visit the Almudena Cathedral. At around 5, I eat lunch with Santi’s friends and Santi decides to educate us all by taking us to an authentic Colombian restaurant in the south of the city. The food is delicious; I get some kind of shredded meat, rice, beans, plantain, and empanadas. Despite my food coma, I manage to rally for a final night out with Santi and his friends!
Day 4:
After a late start, I make it over to the Museo del Prado. The Prado is the other major art museum in Madrid. I’m particularly struck by the Garden of Earthly Delights by Hieronymus Bosch, and a dark set of paintings by the Spanish artist Goya. Afterwards, I agree to meet Santi and co. up by the Estadio Santiago Bernabeu, where Real Madrid is about to face Atletico de Madrid in the European Championships, one of the biggest soccer matches of the year. The scene at the stadium is crazy. Rival fans chant, wave flags, and shoot off flares and smoke. Santi and his friends all have tickets, but alas, I have a train to catch. I say my goodbyes and board my night train, where, instead of the “couchette” which was advertised on my ticket, I am greeted with something more like an airline seat. I do head over to the dining car, where I meet two other Americans, Max and Daniel, and a married British couple, Nigel and Marianne. Daniel is an NFL agent, while Nigel used to work in the British music industry. After a few drinks, we laugh, talk politics, and listen to Nigel’s experiences in small-town America.
1 note · View note
Text
Venezia celebra Bosch. Le visioni del maestro fiammingo (e seguaci) a Palazzo Ducale
Tumblr media
> Anonimo seguace di Jheronimus Bosch
Tentazioni di sant’Antonio metà del XVI secolo olio su tavola, 77 x 96,5 cm Venezia, Museo Correr, legato Teodoro Correr 1830, inv. Cl. i n. 160 2017 Credit © Archivio fotografico – Fondazione Musei Civici di Venezia
A Palazzo Ducale, una grande mostra chiude le lunghe celebrazioni per il quinto centenario della morte del pittore olandese. Sino al 4 giugno.
Anche Venezia partecipa alle celebrazioni del cinquecentenario della morte di Jheronimus Bosch (’s-Hertogenbosch, 1450 – 1516), il maestro fiammingo della meraviglia e del grottesco; architetto visionario di mondi brulicanti di bizzarre creature; “pittore di sogni e mostriciattoli”, come lo catalogò il veneziano Marcantonio Michiel, nel manoscritto cinquecentesco Notizia d’opere di disegno.
Dopo il successo di pubblico registrato lo scorso anno dalle grandi monografiche allestite al Prado di Madrid e al Noordbrabants Museum, nella cittadina olandese che diede nome e natali al pittore, Palazzo Ducale ha inaugurato la stagione espositiva del nuovo anno con Jheronimus Bosch e Venezia, una mostra che è un passo a due tra il pittore olandese e la città lagunare, allestita nelle stanze dell’Appartamento del Doge, tra monumentali camini di marmo, soffitti intagliati, fregi pittorici e stucchi. Un’ambientazione che non distoglie l’attenzione dalle opere esposte. Semmai contribuisce a contestualizzarle, rievocando i tempi della Venezia rinascimentale, quando il cardinale Domenico Grimani, letterato e raffinato collezionista, acquistò due trittici e un insieme di quattro tavole di Bosch eseguite “alla prima”, senza disegno preparatorio. Il pittore olandese era scomparso di recente e Grimani, tramite un tal Daniel van Bomberghen, mercante ed editore di libri in ebraico, fece portare i dipinti dalle Fiandre a Venezia, dove sono rimasti sino ad oggi come parte delle collezioni pubbliche veneziane. Ed è proprio questo nucleo di opere ad essere il perno della mostra.
Tumblr media
Jan van Scorel (ambito di) (Schoorl, 1495 – Utrecht, 1562) La Torre di Babele 1520-1530 circa olio su tavola; 58 x 75 cm Venezia, Museo Nazionale delle Gallerie dell’Accademia (in deposito alla Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, inv. d. 132) Credit © Archivio fotografico Gallerie dell’Accademia “su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia
Attraversate le prime stanze con l’introduzione video del curatore dell’esposizione, Bernard Aikema, e una doppia timeline che mette in relazione fatti salienti della vita di Bosch con quanto accadeva nella Venezia di quel periodo, il visitatore incontra i trittici Tre santi eremiti e Martirio di santa Ontcommernis (Wilgefortis, Liberata). Entrambi autografi e realizzati da Bosch nella maturità, tra il 1495 e il 1505 circa, i dipinti sono accompagnati da riproduzioni delle analisi radiografiche che sono state effettuate di recente – assieme ad un accurato restauro conservativo – e che hanno rivelato nuove informazioni sulla genesi, l’evoluzione e il significato delle opere. Il gruppo di quattro tavole intitolate Paradiso e Inferno (Visioni dall’Aldilà) e datate tra il 1505 e il 1515, sono invece esposte nella sala successiva, assieme ad una piccola selezione di oggetti in bronzo del Cinquecento, raffiguranti satiri, dragoni e altri animali mostruosi, che arredavano gli studioli degli intellettuali del tempo di area veneta, a dimostrazione che la fortuna di Bosch e degli eredi del suo immaginario trova spiegazione nel fascino per il fantastico, il mostruoso e il grottesco, già diffuso nell’Italia settentrionale.
La mostra si sofferma poi sulla figura del cardinale e su alcuni pezzi della sua collezione: dal cosiddetto Breviario Grimani, un manoscritto di eccezionale valore miniato da artisti fiamminghi, alla placchetta argenteacon la Flagellazione di Cristo realizzata dal Moderno,passando per statue e busti di età classica.
Tumblr media
Jacob Isaacsz van Swanenburg La bocca dell’Inferno e la nave di Caronte con la Sibilla cumana ed Enea Inizio del XVII secolo Olio su tela 96,5 x 150 cm Collezione privata, Svizzera
L’eredità di Bosch è, invece, la tematica che si indaga nelle ultime sale, con dipinti, disegni e stampe di seguaci – anche anonimi – dell’artista fiammingo. Tra scene infernali e visioni apocalittiche con motivi alla Bosch, si fa notare la serie sui Sette vizi capitali, ispirata a disegni dell’olandese Pieter Bruegel il Vecchio, che, a sua volta, aveva attinto dall’inquietante universo boschiano. A chiudere il percorso espositivo, il trionfo di Bosch nel Seicento barocco con, in particolare, una selezione di opere di Joseph Heintz il Giovane, artista tedesco che visse in laguna dal 1625 sino alla sua morte, avvenuta nel 1678.
Il visitatore non si aspetti di trovare dipinti mai visti prima a Venezia: fatta qualche eccezione, le opere in esposizione – oltre 50 – provengono per lo più da istituzioni veneziane, come il Museo Correr, la Biblioteca Nazionale Marciana e le Gallerie dell’Accademia. Il merito della mostra sta nell’aver costruito sapientemente una nuova narrazione su opere già a disposizione del sistema museale cittadino, integrando l’allestimento con qualche notevole prestito. Un riuscito lavoro di sinergie istituzionali, dunque, che fa luce su Bosch e il suo rapporto longevo con Venezia.
Tumblr media
Anonimo dei Paesi Bassi Inferno 1500 circa olio su tavola Venezia, Museo Correr, legato Teodoro Correr 1830, inv. Cl. I n. 515 2017 Credit © Archivio fotografico – Fondazione Musei Civici di Venezia
Tumblr media
> Bosch in mostra a Venezia (foto Marta Pettinau)
Tumblr media
> da Pieter Bruegel il Vecchio (Breda, 1526-1527? – Bruxelles, 1569) Pieter van der Heyden (Anversa, 1550 – Berchem, 1572) I sette vizi capitali (L’Ira), 1558 Bulino, 245 x 320 mm Bruxelles, Koninklijke Bibliotheek van België, S.IV. 22001 Credit © All rights reserved. Royal Library of Belgium
Bosch in mostra a Venezia (foto Marta Pettinau)
Tumblr media
> Joseph Heintz il Giovane
Medea ringiovanisce Esone 1640-1650 Olio su tela; 50 x 89 cm Collezione privata ©Matteo De Fina
Tumblr media
> Jheronimus Bosch
Polittico delle Visioni dell’Aldilà 1505-1515 circa Olio su tavola, 88,5 x 39,8 cm; 88,8 x 39,9 cm; 88,8 x 39,6 cm; 88,8 x 39,6 cm Credit © Archivio fotografico Gallerie dell’Accademia, “su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia”
Bosch in mostra a Venezia (foto Marta Pettinau)
Tumblr media
> Jheronimus Bosch
Polittico delle Visioni dell’Aldilà 1505-1515 circa Olio su tavola, 88,5 x 39,8 cm; 88,8 x 39,9 cm; 88,8 x 39,6 cm; 88,8 x 39,6 cm Credit © Archivio fotografico Gallerie dell’Accademia, “su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia”
Tumblr media
> Jheronimus Bosch
Trittico dei santi Eremiti 1495-1505 circa Olio su tavola Tavola sinistra 84,5 x 29,2 cm; tavola centrale 85,7 x 28,9 cm; tavola destra 85,7 x 28,9 Credit © Archivio fotografico Gallerie dell’Accademia, “su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia”
Tumblr media
> Jheronimus Bosch
Trittico di Santa liberata o Wilgerfortis 1495-1505 circa Olio su tavola Tavola sinistra 105,2 x 27,5 cm; tavola centrale 105,2 x 62,7 cm; tavola destra 104,7 x 27,9 cm Credit © Archivio fotografico Gallerie dell’Accademia, “su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia”
Tumblr media
> Jheronimus Bosch
Polittico delle Visioni dell’Aldilà 1505-1515 circa Olio su tavola, 88,5 x 39,8 cm; 88,8 x 39,9 cm; 88,8 x 39,6 cm; 88,8 x 39,6 cm Credit © Archivio fotografico Gallerie dell’Accademia, “su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia”
INFORMAZIONI UTILI
Jheronimus Bosch e Venezia
sino al 4 giugno 2017
Palazzo Ducale, Appartamento del Doge
San Marco, 1, 30124 Venezia
http://palazzoducale.visitmuve.it
Autore
Marta Pettinau - Curatrice, project manager per la cultura e giornalista freelance, vive e lavora ad Alghero ma con la valigia in mano e un debole per Venezia e Istanbul. Laureata a Sassari in Scienze dei Beni Culturali, ha conseguito nel 2011 la laurea specialistica in Progettazione e Produzione delle Arti Visive presso lo IUAV di Venezia
See more at: http://www.artslife.com/2017/03/05/venezia-celebra-bosch-le-visioni-del-maestro-fiammingo-e-dei-suoi-seguaci-a-palazzo-ducale/#sthash.Z8QU714H.dpuf
3 notes · View notes
alvarezgalloso · 4 years
Text
Premios RCAG : 10 Argentinos Mas Influyentes De La Decada 2010s
Premios RCAG : 10 Argentinos Mas Influyentes De La Decada 2010s
1. Julilop
2. Juan Cruz Vicente
3. Lara Wheeler
4. Ana Perez Tinedo
5. Diego Consentino
6. Karina Consentino
7. Mauro Da Silva
8. Laura Gimenez [De Santi y Laura y Banda Montreal]
9. Banda Montreal
10. Adri Bosch
View On WordPress
0 notes
motion-o-bucket · 5 years
Video
vimeo
MUSIC VIDEO: Aliment - Car crush
EXECUTIVE PRODUCER: ANDREU VIDAL HEAD OF PRODUCTION: BLANCA BALLESTÉ PRODUCTION COORDINATOR: ANGIE QUINTANA PRODUCTION ASSISTANTS: PATRICIA FRANQUESA, DANI VELÁZQUEZ, FERRAN ROMEU, TONI MAGDALENA 1st AD: GUILLEM COMA DIRECTOR OF PHOTOGRAPHY: PAU MUÑOZ FOCUS PULLER: XÈNIA PINTÓ CAMERA ASSISTANT: JAVIER REQUENA, VICENÇ TINOCO KEY GRIP: ADRIÀ PETANÀS GAFFER: CARLES ROMÁN SPARKS: MARIA GONZÁLEZ, YAIZA CASTELLVÍ, JAUME MUNTADA, SANTI RODRÍGUEZ, PAU RAMÍREZ, LOLA ERRANDO PHOTOGRAPHER: LITA BOSCH PRODUCTION DESIGNER: JOSÉ TIRADO ART ASSISTANTS: PUTXI, PEP MORELL STYLISTS: VERÓNICA FEBRERO STYLING ASSISTANT: MAR MUÑOZ HAIR AND MAKE UP: NURIA RIBERA EDITOR: XAVI TRILLA POST PRODUCTION & VFX: NICO ZARZA VFX ASSISTANT: GERARD ROMEA COLOR GRADING: ÁLVARO ROBLES GRAPHICS: POL PEREZ, ANDREA EDERRA SOUND DESIGN:Miquel Àngel Riaza - La fabrica del CARBÓN
0 notes