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#¿Las cosas del malagueño Pablo Picasso?
¿Las cosas del malagueño Pablo Picasso?
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Pintado entre mayo y junio de 1937, alude al bombardeo de Guernica, ocurrido el 26 de abril de ese año, durante la Guerra Civil Española. En la década de 1940, durante la dictadura militar del general Franco, Picasso eligió que el cuadro fuese custodiado por el Museo de Arte Moderno de Nueva York, aunque expresó su voluntad de que fuera devuelto a España cuando volviese al país la democracia. En 1981 la obra llegó finalmente a España. Primero se expuso al público en el Casón del Buen Retiro, y luego, desde 1992, en el Museo Reina Sofía de Madrid, donde se encuentra en exhibición permanente. - TELAM SE 2022. Queda expresamente prohibida la utilización de este contenido sin citar la autoría de TELAM, la omisión de este requisito es violatorio del Régimen Legal de la Propiedad Intelectual, Ley 11.723. lo que habilita el reclamo de nuestros derechos por vía judicial.
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julia-tranque · 5 years
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EN APRIL AGUAS MIL
No hay nadie con una verdad tan absoluta como la que abarca el refranero español. No se equivoca cuando dice “En casa de herrero cuchillo de palo”. Cualquier variante es totalmente cierta, sea del underground que sea; siendo el español que sea; siendo el malagueño que sea. “Ancá de herrero cuchillo de palo”. Pero sí además es Pablo Picasso quien le da la vuelta- como a su arte- y te lo cuenta así: “Aprende las reglas como un profesional para que puedas romperlas como un artista” cualquiera no le toma en serio. Y eso le sucedió a April Greiman.
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Hija de uno de los primeros programadores de ordenadores, nuestra diseñadora fue pionera en el uso de los mismos- excepción que confirma la regla refranera- pero en el diseño- confirmamos la regla refranera del cubista-. Venida, además, de un pensamiento y una escuela rígida suiza- cosa que impacta teniendo en cuenta su canto tirolés-, del modernismo y las reglas, nuestra diseñadora rompe con esta metodología harta de que le digan lo que tiene que hacer. Pionera no solo en este escepticismo si no también visionaria con las herramientas digitales y los ordenadores, integró panorama digital con arte y diseño de una manera excepcional, precursora y adelantada.
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El cambio que se estaba dando en la propia sociedad postindustrial quedó reflejado en una April Greiman que obvió todo tipo de retícula espacial, dejando de lado lo bidimensional y lo inflexible. Se adentra en un mundo inconsciente, aleatorio, sin normas, pero sÍ con un sentido intencionado: caos. Un caos armonioso en el que aprovechaba hasta los errores de digitalización e impresión para aplicarlos a sus trabajos, para darles un significado, para expresarse. Con un cierto toque filosófico- o filosofal si eres fan de Harry Potter- creó una revista no estereotipada a la que denominó “Does it makes sense”, alusivo al “If you give it a sense, it makes sense” de Wittgenstein. Un ejemplar para la revist Design Quarterly #133, sin páginas, solo una pieza con diferentes dobleces y posiciones, capas. ¿Quién dijo como debería ser una revista? ¿Quién dijo cómo deberían ser las cosas?. En ella habla de la historia de la humanidad, del maravilloso auge del feminismo y de la vomitiva guerra del Vietnam- Give peace a Chance, por favor-.
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Esta estética tan singular dio lugar a lo que se denominó New Wave. Una ola nueva, psicodélica, punk, muy San-serif, tridimensional, que mezcla fotografía experimental y tipografía, sin jerarquías, solo orden casual y azaroso. Tan random como nuestra April Greiman contribuyó a la gran y extraordinaria creación olímpica de Deborah Sussman.
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Sea el mes que sea, siempre hay hueco para April. Que me fascina tanto como a ella el desierto.
BIBLIOGRAFÍA E IMÁGENES:
April Greiman. [online] April Greiman. Available at: http://aprilgreiman.com/
April Greiman. [online] Aiga.Org. Available at: https://www.aiga.org/medalist-aprilgreiman
Grandes Diseñadoras gráficas: April Greiman. [online] Agencia Telling. Available at: https://www.agenciatelling.com/april-greiman/
(2017) Las mujeres y el diseño: April Greiman. [online] Blog artes visuales. Available at: https://www.blogartesvisuales.net/general/las-mujeres-y-el-diseno-april-greiman/tumbkr
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iltrombadore · 3 years
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“La tua leggenda, Dora!” La tormentata e simbolica esperienza umana dell’ artista che fu la succube modella di Picasso...
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Nel vasto salone al primo piano del museo Fortuny, tra le dovizie imbandite di quello scenario Art Nouveau con lampade, dipinti, tessuti ed abiti di seta e velluto che rivestono le pareti, nella primavera-estate del 2014 una serie di gemme visive sbucò con l’evidenza della rarità: erano le fotografie di Dora Maar, che visse un tormentato amore con Pablo Picasso subendone la personalità al punto di trasformarsi nel più disponibile, acquiescente e più famoso tra i modelli prescelti.
Le foto di Dora, riemerse dal suo archivio per merito della studiosa Victoria Combalìa, inaugurarono la mostra veneziana (“Dora Maar. Nonostante Picasso”) al merito di un’ artista dallo sguardo malinconico e penetrante, documentario e sognatore, fiorita nella Parigi tra le due guerre mondiali e pervasa dal clima incandescente della ‘rivoluzione surrealista’.
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Ecco, nelle stanze addobbate del Fortuny, sorgere il profilo inatteso di una storia individuale, l’ avventura di un’ artista con il suo occhio prensile e creativo, l’ espressività piena di pathos ed ironia delicata e attenta agli istanti drammatici della vita quotidiana, sismografo del tempo e dei suoi paradossi secondo le regole bene interpretate della ‘estraniazione’ surrealista.
Prima di conoscere Picasso, Dora Maar , alias Dorothea Markovic (1907-1997), franco- croata di origine ebraica (per parte di padre) era stata una fotografa di notevole qualità, emula di Man Ray e capace di stringere nell’ immagine una capacità di racconto e invenzione. Una volta entrata nella famiglia artistica di Montparnasse (  Breton, Eluard e tutti gli altri) si era accreditata come fotografa di moda e pubblicità, con ritratti e nudi di donna dalla scintillante individuazione fisiognomica e caratteriale (tra questi, oltre alla  indimenticabile ‘Nusch’ Eluard, c’è anche il ritratto in chiaro oscuro, ‘le visage posé sur la main’, di un mito androgino degli anni Trenta, la cantante saffica Suzy Solidor, che nel suo cabaret ‘La vie Parisienne’ attraeva tutto il milieu culturale di avanguardia: da Jean Cocteau, a Jean Louis Barrault, Tamara de Lempicka, la Duchesse de La Salle …).
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Di primo acchito appaiono alcuni piccoli e preziosi cammei. Ecco Dora, mentre ritrae l’amica ‘Nusch’ Eluard, ‘accoudée, les mains sur le visage’, per una posa attonita, dai lineamenti riflessi in uno specchio che riassume quell’ ideale disincarnato, etereo e onirico di bellezza ‘convulsiva’, della vocazione surrealista.
‘…Les sentiments apparents/ la légèrete d’approche/ la chévelure de caresses…’: così Paul Eluard raccontava di ‘Nusch’ già nel 1935 in un ‘fotopoema’ realizzato insieme a Man Ray; ma la delicata fantasia di Dora Maar avrebbe di lì a poco immortalato con altrettanta efficacia la felicità di quell’ amore integralmente laico grazie ad un’ immagine ‘entrelacée’ della coppia schermata da un frastaglio orizzontale di ombre e di luci.
Il poeta e ‘Nusch’ si trovavano allora a Mougins, sulla Costa Azzurra, nel 1937, mentre Dora viveva il suo idillio con Picasso, e si apprestava a posare nella parte della donna che in ‘Guernica’ urla di terrore e solleva col braccio una lampada accesa in mezzo al delirio di corpi devastati nel fragore del bombardamento. Dora fece la modella, poi fotografò le sequenze della esecuzione di ‘Guernica’ e le pubblicò sui ‘Cahiers d’Art’ appena il quadro venne terminato. Lei, però, non salì sul palcoscenico della fama. Picasso l’aveva incitata ad abbandonare la fotografia per tentare la pittura: lei aveva ubbidito, e lui non avrebbe risparmiato le sue acuminate frecce (‘..tanti segni per non dire niente…’).
Poi, erano sopraggiunte, giustificate o meno, le gelosie: verso la compagna precedente di Pablo, Marie Therèse Walther, che gli aveva dato una figlia, mettendo Dora di fronte alla sua non voluta sterilità (‘…l’aridità, il deserto, io sono il luogo dove si getta il seme e non fiorisce…’). Modella, preferì riconoscersi nei ritratti di donna che piange, con il gatto, il volto deformato da spigoli e diagonali (‘…sono la donna verde dei quadri del genio, sono l’idea stessa del dolore: il mio, il suo, il dolore del mondo…’).
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Dora era bella, con un ovale dagli zigomi orientali, due grandi occhi sempre spalancati, che tornano nei lineamenti della picassiana ‘Femme qui pleure aux chapeau’ ( e Picasso diceva di lei: ‘…per me è sempre stata la donna che piange…’).
Errante, erotica, eretica, Dora Maar: lo era stata con lui, e qualche anno prima con l’altro amante Georges Bataille, il mistico indagatore dell’ eros acefalo, che l’aveva accompagnata nei sobborghi di Barcellona e Parigi, in lunghe escursioni ai confini della realtà, per escogitare la magia delle cose viste, praticando il ‘surrealismo della strada’: una bambola appesa ad un chiodo su una staccionata, mendicanti, bambini emarginati dietro cancellate dirute, piccoli Jackie Koogan nelle baracche di Barcellona, Parigi e Londra, e ancora manichini, erme di ponteggi sulla Senna, e soprattutto fotomontaggi dettati dalla volontà di esaltare il lato spaesante della realtà.
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Il gusto per il dettaglio, un certo preziosismo dell’ impaginato, la tornitura affettiva dello sguardo, definiscono uno stile che si differenzia dal sintetico approccio compositivo del suo maestro Man Ray. Fotografie solarizzate, sovraimpressioni, fotomontaggi, non tolgono al linguaggio visivo di Dora un certo tono sentimentale che la rende partecipe della scena raffigurata, tanto che di fronte alle immagini pare anche di ascoltare la sua voce di commento, almeno come ce la ricorda lo scrittore americano James Lord, amico e biografo di Picasso, che ne restò incantato: ‘…aveva una bella voce, singolare, unica. Era come il gorgheggio del canto degli uccelli…’.
Molto limpide, le immagini, chiare e distinte e gravide di emotività: la stessa emotività che impedì forse alla Maar di reggere l’urto con la personalità onnivora di Picasso, e le procurò la depressione di cui soffrì lungamente dopo che lui, nel 1943, si distaccò per amare la più giovane Francoise Gilot, penultima compagna di vita. L’isolamento psichico in cui la donna si ridusse per quasi mezzo secolo (fino alla fine dei suoi giorni), i devastanti elettroshock, le sedute di psicoanalisi con Jacques Lacan, ebbero una causa scatenante nel convulso rapporto col trascinante malagueño (così ce la presenta la fama cinematografica che ha avuto lungo corso per il mid-cult divulgativo); ma è cosa certa che il temperamento malinconico e autodistruttivo di Dora traeva già la sua linfa speciale dall’ esperienza passata, da una inquietudine di donna nomade per destino e per carattere ( dal crollo austro-ungarico all’ emigrazione argentina e infine nella Francia dell’estenuato dopoguerra del Dada, dei Bardamu e degli Stawisky ) alle prese con l’ansia di smarrita identità. Picasso se ne era innamorato incontrandola seduta ad un tavolo dei Deux Magots, pronubi gli amici ‘Nusch’ e Paul Eluard, mentre sfidava la sorte e si feriva lanciando un  coltello tra le dita aperte della mano inguantata (lui, allora, le tolse il guanto di poco insanguinato, e se lo tenne come pegno del loro incontro…).
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Di questa ribelle e introversa fragilità, dal fondo masochista, è testimone l’opera fotografica di Dora come anche la sua vita, compresa la decisione di assoggettarsi alle peripezie artistiche del suo uomo, dedizione da intendere primaditutto come un altrettanto personale ‘comportamento estetico’ (l’abbandono, l’annullamento totale di sé, il divenire totalmente ‘altro’ secondo il motivo surreal-rimbaudiano: ‘Je est un autre’). Così che se fu vittima, Dora fu certamente consenziente, ancorché sofferente…
Nel secondo dopo guerra, perduto Picasso, perduto il padre, oltre il tempo delle crisi psicotiche, Dora recuperò lentamente una traccia di vita interiore, una meditazione che la portò ad abbracciare la fede cristiana: divenne cattolica fervente di stampo tradizionalista secondo i precetti di Dom Jean de Monleon, l’ultimo dei suoi padri spirituali, fino a quando non morì, a Parigi, nel 1997. Non usciva né aveva più il piacere di curiosare tra le cose viste per la strada, continuò però a dipingere (in forme sempre più stilizzate) e a fotografare, si concentrò sul repertorio del suo archivio fotografico, vide solo pochi intimi amici (Cocteau, la de Noailles, Oscar Dominguez) e attenuò tutto il rancore che aveva pubblicamente dichiarato nei confronti di Picasso, la passione perduta.
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Si sarebbe così venuta attenuando la dicotomia di un comportamento nevrotico sintetizzato nei due poli della biografia amorosa (l’ invito alla ‘dépense’  della vita messa in gioco secondo le ispirazioni del primo amante, Georges Bataille; e la soggezione totale ad una sorta di ‘signoria sadiana’ di cui Pablo Picasso sarebbe il segno personificato) che potrebbe fungere da paradigma simbolico per le tipiche vicissitudini sentimentali e umane toccate alla condizione femminile nel XX secolo: nella perdita e l’abbandono della identità tradizionale, il sentimento consapevole di una presente differenza, il sopravvento ansioso di una liberazione intellettuale e morale nella pervasiva e sempre irrisolta contesa di potere e amore-attrazione per l’altro sesso.
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E tanto viene da pensare osservando l’opera di Dora: dalle foto di strada, ai ritratti, alle nature morte surreali, le architetture ribaltate, gli oggetti controluce, così come le pose da ‘modella picassiana’ che ce la restituiscono per tagli di zigomi, larghi occhi scompaginati, ritagli di visione angolare e prospettica, come un caleidoscopio di forma entro una sintetica, e incisiva, costituzione d’ immagine.
Metafora della femminilità turbata che attraversa il XX secolo, il volto e l’anima di Dora Maar si presentano come l’ inchiostro simpatico da decifrare una volta messo a contatto col reattivo giusto: così la eccentrica biografia dell’ inquieta nomade, ribelle e sottomessa, capace di intensa dedizione e di altrettanto impenetrabile isterismo psichico, si può tradurre in emblematico paradigma di una crisi spirituale.
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Sembra occasionale notare (ma ci sarà pure un valore, in tale concomitanza di ‘segni’) come quel suo diminutivo di ‘Dora’ (da Dorothea) non sembri quasi appartenere più alla singola esistenza di cui fu il segno, raccordandosi per simbolica omofonìa ad altre ‘Dora’ che furono oggetto di  attenzioni vaticinanti il dissidio tra i due sessi a contrassegno del moderno ‘disagio della civiltà’.
E toccò precisamente ad un’ altra inquieta ‘Dora’ (o Dorothea), sorella del socialmarxista austroungarico Otto Bauer, rigettare l’analisi cui l’aveva sottoposta Sigmund Freud nei primi anni del ‘900 dopo il tentativo di interpretarne i sogni quale ‘caso di isterìa’ che alla fine si rivelò come trauma psicologico causato dall’ esperienza diretta della ‘crisi familiare’ (gli adulteri, le avances degli amici paterni, eccetera). La vicenda fallimentare del caso Dora Bauer servì egualmente a Freud per le sue teorie sul ‘transfert’. Gli sfuggì tuttavia di sicuro il significato di quella insorgenza come sensibile ‘rivolta femminile’ a tutto un sistema di valori e convenzioni fondato su pregiudizio e rimozione del corpo delle donne.
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Non diversamente, ma forse con maggiore acume, sarebbe andata qualche decennio più tardi (tra il 1928 e il 1939) al compagno di simbolici ‘senhals’ di Eugenio Montale, l’amico Bobi Bazlen che incaricò il poeta di comporre versi in omaggio ad un’ altra ‘Dora’ (o Dorothea?) la fantomatica e inaccessibile Dora Markus, come traccia della quale aveva solo potuto mostrare una foto delle gambe dal ginocchio ai piedi contornate da un lembo di gonna plissettata…
Anche in questo caso l’ esistenza della donna evocata per accenni è negata nella sua pienezza: e pure da quel profilo senza volto, e senza identità, se ne ricava la poesia di una femminile inquietudine, di un’ esiliata dalla propria terra e dalla propria vita che sembra affidare la salvezza all’incantesimo di un piccolo portafortuna (‘…forse/ ti salva un amuleto che tu tieni/ vicino alla matita delle labbra,/ al piumino, alla lima:/ un topo bianco, d’avorio;/ e così esisti…’ .
La figura controluce di Dora Markus, che dal porto di Ravenna indica una ‘sponda invisibile’ della patria lontana con il cuore immerso in un ‘lago di indifferenza’, sembra il contrassegno di una metaforica coincidenza tra destini coevi: come quello dell’ altra Dora, la sofferente e docile modella di Picasso, paradigmatica figura di donna identificata nell’ incontro capitale della vita, fatto di magiche corrispondenze e premonizioni, per il desiderio di amare e di essere amati, per l’esistenza che si fa sogno e arte, secondo la regola della bellezza di Andrè Breton (‘la bellezza convulsiva sarà erotico-velata, esplosivo-fissa, magico-circostanziale, o non sarà’).
Anche nei versi di Eugenio Montale, il dramma dell’ambiguità tra arte ed esistenza si riconoscerà nell’esperienza ‘convulsiva’ dello scambio identitario di analoghe e distinte figure, associando la memoria di un premonitore ‘Carnevale’ della amica Gerti (‘…in un mondo soffiato entro una tremula bolla d’aria…’) alla comparsa del nome vagheggiato della indefinibile Dora (Markus), anche lei d’origine israelita e mitteleuropea, ‘oggetto ansioso’ della immaginazione, che mima il desiderio di fermare la fuga del tempo, parabola della sofferenza umana sullo sfondo di storiche (s’annunciava la guerra mondiale) e sempiterne catastrofi imminenti: ‘…La tua leggenda, Dora!/ Ma è scritta già in quegli sguardi/ di uomini che hanno fedine/ altere e deboli in grandi/ ritratti d’oro e ritorna/ ad ogni accordo che esprime/ l’armonica guasta dell’ ora/ che abbuia, sempre più tardi…’.
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Danilo Díaz Granados recomienda: Las 70 mejores frases de Añoranza
Echar de menos a alguien es un sentimiento que todos hemos notado en alguna ocasión. Ya sea por culpa de la distancia o a causa de un fallecimiento, podemos sentir que añoramos a esa persona que antes teníamos cerca. Esta sensación puede ser motivo de tristeza e incluso ocasionar ciertos trastornos psicológicos. ## Grandes frases de Añoranza En ocasiones puede ser beneficioso el reflexionar sobre este sentimiento para poder reconectar con nuestro pensamiento optimista. Sin más dilación, vamos a conocer las mejores frases de añoranza que nos han dejado grandes escritores, pensadores y poetas de todas las épocas. ### 1. No sucumbas a la añoranza. Sal a la calle. Ve a una ciudad vecina, a un país extranjero..., pero no viajes al pasado que duele. (Pablo Picasso) Una frase optimista del gran artista malagueño. ### 2. Entre tú y yo (mengana mía) se levantaba un muro de Berlín hecho de horas desiertas añoranzas fugaces. (Mario Benedetti) Un verso inolvidable del poeta uruguayo. ### 3. La añoranza se asfixió bajo el hábito. (Gustave Flaubert) Reflexión poética del autor de Madame Bovary. ### 4. El presente no existe, es un punto entre la ilusión y la añoranza. (Lorenzo Villalonga) Frase de añoranza para reflexionar profundamente. ### 5. Por muy bien hechos que estén los puntos de sutura, se vive con dificultad cuando nuestras vísceras han sido sustituidas por la añoranza de una persona; parece que ésta ocupara más lugar que aquéllas, la sentimos continuamente, y además ¡qué ambigüedad verse obligado a pensar una parte del propio cuerpo! (Marcel Proust) Una forma de vivir el duelo y el echar de menos. ### 6. Me encontré de pronto en la culminación de la dicha del amor y en consecuencia en la cima de mi vida, de mis añoranzas y aspiraciones. (Hermann Hesse) El mejor momento de la vida de este filósofo. ### 7. Demasiado tiempo me debatí en la añoranza, con la mirada clavada en la lejanía, demasiado tiempo permanecí en la soledad, así que ya no sé callar. (Nietzsche) Un alegato para vivir la vida con intensidad. ### 8. La añoranza es el camino previo a convertirse en estatua de sal. (Enrique Múgica) Si uno no pone remedio, puede ser el camino hacia la perdición. ### 9. Un ganso se tiene prohibido todo atisbo de añoranza. Un ganso tiene cosas que hacer, se exige mucho y observa con desprecio sus gansadas. (Robert Walser) Una frase graciosa que puede tener un significado oculto. ### 10. Te voy a añorar cada instante, cada momento del día, porque te has convertido en el sol que ilumina mi vida. (Megan Maxwell) Añorar incluso antes de perder. ### 11. Usted ha tenido que aceptar privaciones. Eso curte, conforma el carácter. (Libba Bray) Una personalidad de hierro se basa en austeridad y superación personal. ### 12. Ahora me doy cuenta de que no fue ella quien me dejó. Fui yo la que no la seguí. Elegí y me quedé. Condenada, convertida en faro, como en los cuentos que no acaban bien. Aprendiendo que la medida del cariño es la añoranza. Aprendiendo a saber estar. Yo. Conmigo. Estando. (Alejandro Palomas) Bello verso sobre una despedida. ### 13. Voy moviendo el recuerdo por el apartamento de un lado a otro, como si fuera un mueble o un cuadro que no sé dónde colgar. (Nathan Filer) Metáfora para comprender cómo los recuerdos pueden anclarnos al pasado. ### 14. Quién sabe cómo se había ido cubriendo de veladuras finísimas, casi imperceptibles, que la fueron aislando de la realidad. Se había ido momificando. (José Agustín) Para reflexionar. ### 15. Tal vez él y yo confiábamos demasiado en la permanencia de antiguas complicidades gastadas poco a poco por la lejanía y la desidia. (Antonio Muñoz Molina) El desgaste de la convivencia puede llevar a situaciones sin salida. ### 16. Es muy raro sentir que añoras algo que ni siquiera estás seguro de conocer. (David Foster Wallace) En ocasiones, esta sensación nos embarga después de haber vivido una experiencia muy intensa. ### 17. Nunca sabremos si todo tiempo pasado fue verdaderamente mejor, o así nos lo parece porque es tiempo leído, no vivido; tiempo descifrado en las páginas de autores que lo han desmitificado y vuelto a mitificar para nosotros. (Abilio Estévez) Una paradoja psicológica difícil de explicar. ### 18. Antes era alguien que sabía muchas cosas. Ahora nadie me pide opinión o consejo. Lo echo de menos. Antes era curiosa, independiente y confiada. Echo de menos estar segura de las cosas. No hay paz en no estar segura de todo, todo el tiempo. Echo de menos hacerlo todo con facilidad. Echo de menos no formar parte de lo importante. Echo de menos sentirme necesitada. Echo de menos mi vida y mi familia. Amaba mi vida y a mi familia. (Lisa Genova) Al pasar los años, podemos tener estas sensaciones encontradas. ### 19. Hazme caso. Si oyes que el pasado te habla, sientes que tira de tu espalda y que te pasa los dedos por la columna, lo mejor que puedes hacer, lo único, es correr. (Lauren Oliver) Hacia delante y hasta que te sientas vivo de nuevo. ### 20. Un lugar que no estaba segura de amar. Un lugar que ya no existía, porque lo que comenzaba a añorar ahora que estaba allí era el Elizondo de su infancia. (Dolores Redondo) Una de esas frases de añoranza que nos devuelven cierta nostalgia. ### 21. Nunca deberían añorarse los viejos tiempos. El que añora los viejos tiempos es un viejo añorante. (Daniel Glattauer) No podemos vivir sin mirar al futuro. ### 22. No es bueno sacar las fórmulas de su congelación, convertir secretos en palabras, traducir recuerdos en sentimientos, capaces de matar incluso cosas tan buenas y severas como el amor y el odio. (Heinrich Boll) Reflexión sobre las emociones y qué hacemos con ellas. ### 23. Son lo que yo era. Son lo que perdí, son todo lo que quiero ver. (Paula Hawkins) Echar de menos es algo muy humano. ### 24. Los muertos pertenecen a los vivos que más obsesivamente los reclaman. (James Ellroy) Cuando alguien nos deja, parece que es cuando más lo necesitamos. ### 25. Es sano desatascar las cañerías de la memoria y terminar de hacer las paces con todo lo que quedó atrás. (María Dueñas) Una especie de catarsis emocional, muy necesaria. ### 26. Hay que dejar en paz las cosas del pasado. (Fred Vargas) Más vale no hacerles mucho caso. ### 27. Cuando sientas añoranza levanta la vista al cielo. (Donna Tartt) Seguir adelante es una obligación. ### 28. Le había partido el corazón para instalarle el veneno de la añoranza. (Guillaume Musso) Así se expresaba este escritor francés. ### 29. Se le borraron algunos detalles, pero persistió la añoranza. (Gustave Flaubert) La memoria puede olvidar cosas concretas, pero difícilmente las emociones. ### 30. ¡Cómo añoraba los inefables sentimientos de amor que por aquel entonces trataba de imaginarse por medio de los libros! (Gustave Flaubert) Otra frase de añoranza del escritor francés. ### 31. Yo no tengo ningún hogar. Así que, ¿por qué iba a sentir nostalgia? (Carson McCullers) Una visión peculiar sobre el hogar. ### 32. Porque también podemos añorar nuestras equivocaciones. (Ernesto Sábato) Errar es tan humano que hasta merece recuerdo y elogio. ### 33. El tiempo había pasado con suficiente fuerza para reducir su nerviosa pasión de entonces al rango de las anécdotas curiosas, que envejecen mal y empiezan a parecer artificiales, como si dependieran de una tecnología del recuerdo ya obsoleta que revelaba que el drama se montó en un escenario de cartón piedra. (Juan Villoro) Reflexión del periodista y escritor mexicano. ### 34. Cualquier cosa que me recuerde a ti me entristece tanto que no lo puedo soportar. (Orhan Pamuk) Después de una ruptura podemos sentir este pesar tan profundo. ### 35. Siempre me doy cuenta de las cosas con retraso: el pasado se me da muy bien, no el presente. El presente no lo puedo entender. (Nick Hornby) En retrospectiva, todo es comprensible y coherente. ### 36. (...) Pero no hay manera de eludir el tiempo, el mar del tiempo, el mar del recuerdo y el olvido, los años de esperanzas, perdidos e irrecuperables, de esta tierra a la que casi se le permitió reclamar su mejor destino, sólo para que se lo arrebatasen los mismos malvados de siempre, y se viera arrastrada y secuestrada en el futuro en que debemos vivir ahora y para siempre. (Thomas Pynchon) Cita célebre sobre añoranza de este escritor estadounidense. ### 37. Es la tragedia del amor, nunca se puede amar más algo que tienes que algo que añoras. (Jonathan Safran Foer) Así es el amor, aunque sea doloroso. ### 38. El que sufre tiene memoria. (Cicerón) Los errores pasados pueden acompañarnos durante mucho tiempo. ### 39. Saudade… Una palabra portuguesa que no tiene traducción literal; significa una profunda añoranza de algo o de alguien que ya no está y que quizá nunca vuelva. Una especie de híper nostalgia ultraconmovedora. El amor que persiste cuando alguien se ha ido. (Mhairi McFarlane) Puedes saber más sobre el concepto saudade en este post. ### 40. En el camino dejé una pierna, un pulmón y un trozo de hígado. Pero debo decir, justo en este momento, que fui feliz con cáncer. Lo recuerdo como una de las mejores épocas de mi vida. (Albert Espinosa) La vida de este escritor catalán estuvo marcada por el cáncer y la superación personal. ### 41. El señor Barón no fue realmente, en los últimos meses de su vida, más que una sombra de lo que era, como suele decirse, y ante esa sombra, que cada vez cobraba más rasgos espectrales, todos se apartaban cada vez más. Y yo mismo, como es natural, no tenía ya con la sombra de Paul la misma relación que con el Paul de antes. (Thomas Bernhard) A libre interpretación. ### 42. Recuerdo con amor al niño o niña que fui, sabiendo que hice lo mejor que pude con el conocimiento que tenía en ese momento. (Louise L. Hay) Una mirada positiva sobre las andanzas de otro tiempo. ### 43. Mi infancia son recuerdos de un patio de Sevilla, y un huerto claro donde madura el limonero; mi juventud, veinte años en tierra de Castilla; mi historia, algunos casos que recordar no quiero. (Antonio Machado) Los recuerdos de la infancia son algunos de los que producen más añoranza. ### 44. El día o la noche en que el olvido estalle salte en pedazos o crepite, los recuerdos atroces y los de maravilla quebrarán los barrotes de fuego y arrastrarán por fin la verdad por el mundo, y esa verdad será que no hay olvido. (Mario Benedetti) Todo lo que ocurre deja un rastro, aunque sea en nuestra mente. ### 45. Atormentados por nuestros recuerdos, nos dedicamos a pulir nuestra memoria. (Boris Cyrulnik) Revisar nuestros recuerdos nos ofrece la posibilidad de construir un autoconcepto con el que nos sintamos cómodos. ### 46. No soy solitario pero me gusta estar solo, me gusta amarte de lejos, echarte de menos a veces. (Macaco) La añoranza puede ser un sentimiento estimulante. ### 47. Lo que ocurre en el pasado vuelve a ser vivido en la memoria. (John Dewey) ¿Hasta qué punto lo que experimentamos al rememorar pertenece al pasado y no al presente? ### 48. Nada puede durar tanto, no existe ningún recuerdo por intenso que sea que no se apague. (Juan Rulfo) Como todas las cosas, los recuerdos se desvancecen, dado que nada es eterno. ### 49. Los recuerdos no pueblan nuestra soledad, como suele decirse; al contrario, la hacen más profunda. (Gustave Flaubert) Podemos llegar a sentirnos más aislados si fundamentamos nuestra vida en rememorar. ### 50. No perdamos nada del pasado. Sólo con el pasado se forma el porvenir. (Anatole France) Olvidar es también perder conocimiento valioso. ### 51. El pasado no quiere ser cambiado. (Stephen King) Lo que ha ocurrido tiende a permanecer en nuestras conciencias. ### 52. Mira hacia atrás y ríete de los peligros pasados. (Walter Scott) Vistos con perspectiva, ciertos riesgos pasados nos hacen sentir mejor. ### 53. El pasado, lago para un solo nadador: el recuerdo. (Ali Ahmad Said Esber) Solo a través de la memoria podemos experimentar el pasado. ### 54. Ciertos recuerdos son como amigos comunes, saben hacer reconciliaciones. (Marcel Proust) Podemos volver a encontrar verdades sobre nosotros mismos en los recuerdos. ### 55. La peor forma de extrañar a alguien es estar sentado a su lado y saber que nunca lo podrás tener. (Gabriel García Márquez) Una forma de sentimiento de soledad que no entiende de distancias. ### 56. Cuida todos tus recuerdos, no puedes revivirlos. (Bob Dylan) Esta es una razón más por la que los recuerdos importan. ### 57. No hay nostalgia peor que añorar algo que nunca jamás sucedió. (Joaquín Sabina) Una forma de engañarse a uno mismo. ### 58. Es curioso cómo nos aferramos al pasado, mientras esperamos nuestro futuro. (Ally Condie) Una paradoja que nos mantiene estancados. ### 59. ¡Ah los buenos tiempos! Cuando éramos tan infelices. (Alejandro Dumas) El paso del tiempo nos lleva a idealizar el pasado. ### 60. No puedes tener un futuro mejor si estás pensando en el ayer todo el tiempo. (Charles Kettering) Una idea muy simple para no quedarse en el pasado ### 61. Las cosas no son como solían ser, y probablemente nunca lo fueron. (Will Rogers) Una de las frases de añoranza que mejor resumen este estado de consciencia. ### 62. Nada hay tan dulce como la patria y los padres propios, aunque uno tenga en tierra extraña y lejana la mansión más opulenta. (Homero) Lo familiar está vinculado a nuestra identidad. ### 63. Me encanta recordar: pero la nostalgia me corroe el cuerpo. (Tony Duvert) Este sentimiento puede hacer que la memoria sea una navaja de doble filo. ### 64. No dejéis el pasado como pasado, porque pondréis en riesgo vuestro futuro. (Winston Churchill) Con el pasado hay que construir cosas nuevas. ### 65. Estamos divididos entre la nostalgia por lo familiar y el impulso por lo extraño. En la mayoría de los casos, sentimos nostalgia por los lugares que nunca hemos conocido. (Carson McCullers) Un equilibrio entre el deseo de conocer y el deseo de habitar lo conocido. ### 66. Tal vez tenías que irte para realmente extrañar un lugar; tal vez tenías que viajar para descubrir cuán querido era tu punto de partida. (Jodi Picoult) La ausencia es lo que, en muchas ocasiones, nos hace valorar lo que tuvimos. ### 67. Anhelamos lugares, recordamos lugares; son los sonidos, olores y vistas de lugares que nos acechan y contra los que a menudo medimos nuestro presente. (Alan Gussow) Acerca del modo en el que estos recuerdos nos hacen valorar el momento presente. ### 68. Rusia es el único país del mundo por el que puede sentir nostalgia mientras usted todavía está en él. (John Updike) Una reflexión llena de humor sobre el tamaño de este enorme país. ### 69. Vengo a mi paseo solitario por el bosque mientras la nostalgia vuelve a casa. (Henry David Thoreau) Thoreau es famoso por haber vivido mucho tiempo en una casa de madera en el bosque, y por eso encontraba familiar este entorno. ### 70. He sentido nostalgia por países en los que nunca he estado, y anhelaba estar donde no podría estar. (John Cheever) El sentimiento de añoranza puede surgir incluso a través del hecho de fantasear con lugares que nunca hemos pisado. Ver Fuente Ver Fuente
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diegoricol · 5 years
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Diego Ricol Freyre recomienda: Diego Ricol recomienda: ¿Ser buen fotógrafo o tener buenos contactos?
Entramos de lleno en un tema peliagudo, propio de cuñados cuando te oyen decir que eres fotógrafo en las cenas familiares que se aproximan. Fuera de bromas es algo recurrente en muchas conversaciones desesperadas con más de una copa de vino en las mesas de amigos fotógrafos. Para lograr éxito, entendiéndolo como dinero y fama, ¿es mejor ser un buen fotógrafo o tener una agenda llena de contactos?
Imagínate que llevas años trabajando como fotógrafo. Conoces todos los secretos, tienes un buen equipo y tienes claro tu estilo. Pero nunca has podido exponer más allá de un centro cultural o un café librería del centro de tu ciudad. Sin embargo, en el museo más importante de tu lugar, puedes ver la exposición de un desconocido que hace las mismas cosas que tú. Con la misma luz y estilo. Y a muchos se los llevan los demonios. Incluso te puede parecer que es bastante peor que tú…
Por no hablar del mundo de los concursos. Siempre que gana uno que no eres tú, el premio está dado. O en los que hay votos populares, seguro que el ganador tiene miles de amigos o cientos de miles de bots a su servicio. En estos casos, siempre existe la sensación de que el mundo está en tu contra y que los demás saben algo que tú no sabes. Y a mucha gente está sensación les despierta la frustración, la rabia y el odio a los demás en los casos más extremos.
A muchos les entran ganas de tirar la toalla. De mandar todo a un lugar innombrable. ¿Cómo puede ser? Cómo este no sé cómo llamarle es capaz de exponer aquí y yo que llevo toda la vida soy incapaz de colgar una sola fotografía… Seguro que estos pensamientos han rodado alguna vez por vuestra cabeza, aunque sea mínimamente. O conocéis a alguien que se ha expresado así en una exposición…
La famosa agenda de contactos
Y entonces es cuando aparecen las famosas frases:
Seguro que alguien ha hablado con alguien… Seguro que conoce al jurado… A este le he visto siempre detrás de fulanito o menganita…
Lo más fácil siempre es cuestionar el mérito del artista en cuestión y acudir a la ayuda externa para tratar de explicar el éxito ajeno. Cosa que jamás se pensará si el afortunado eres tú. Es algo que va en el carácter de muchos. No hay otra forma de explicar que las buenas noticias solo le lleguen a los demás.
Fotografié a Spiderman
Se olvida mucha veces el trabajo que puede estar detrás de todo lo que ves, las horas robadas al sueño y a la familia. El dinero que se ha gastado en formación y por supuesto, la naturaleza propia de la persona. El artista nace, pero se tiene que formar… La envidia es uno de los pecados capitales más graves.
Pero a pesar de todo circulan muchos rumores sobre la importancia de tener buenas padrinos para triunfar en el mundo de la fotografía. Llevándolo al terreno de la cultura existe la opinión en algunos sectores de que hay muchos Picassos y que si triunfó Pablo, el gran malagueño, no fue por revolucionar las bellas artes, hacer algunos de las obras más importantes del siglo XX, avanzar desde el género clásico de su infancia hasta llegar a las más altas cotas en las vanguardias… fue por el apoyo incondicional de los hermanos Stein, Gertrude y Leo.
Algunos piensan que con un buen mecenas todo está hecho. Otro ejemplo y ya centrado en el mundo de la fotografía es Robert Mapplethorpe. En el excelente documental ‘Mapplethorpe: Look at the Pictures’, se habla una y otra vez de su protector, amante y pareja, Sam Wagstaff. Allí dicen que si no llega a ser por él, un millonario desde la cuna, el fotógrafo Mapplethorpe no existiría…
La cruda realidad de la vida del arte
Y en el mundo de la fotografía lo único real es que hay que trabajar hasta desfallecer para conseguir algo. Y que puede que no llegue nunca. Pero mientras al menos puedas comer no tiene porqué importar. Siempre podremos dedicarnos a otras cosas, como la formación, el mundo de las bodas o cualquiera de las posibilidades que ofrece una cámara de fotos…
Disfrutar con la cámara
Y si tenemos el don de gentes o mejor aún, algún mecenas, podremos empezar a triunfar. Siempre y cuando pienses que es lo importante, claro está. La única realidad es que si eres realmente bueno, profesional, te mantendrás en lo más alto, en el lugar que otros te han colocado. Muchos han caído a pesar de sus fuertes apoyos.
Como no tengas formación y sobre todo, nada que decir, serás como Ícaro, el personaje mítico que quemó sus alas de cera por volar demasiado alto y acercarse al sol que soñaba con alcanzar. Hay que dejar de envidiar a los demás y luchar por formarse, por lograr expresarse en un trozo de papel y dejar para los demás las ganas de criticar. Nadie dijo nunca que ser fotógrafo fuera fácil. Apasionante sí pero pocas veces podrás retirarte a tu mansión de oro si solo tienes una máquina de fotos. Y suerte si consigues encontrar un buen mecenas.
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leucadegaceta · 6 years
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Picasso, la Letra como Tragedia
El pintor malagueño comienza a escribir poesía en 1935, mientras enfrenta una profunda crisis personal que reúne en un plano plástica, amor y cosmovisión. Los pinceles no bastan al fundador del cubismo para expresar su vida de uno a otro beso y retratar el mundo entre dos fuegos. Se separa de Olga Khokhlova en junio, algo después de que la bailarina rusa descubriera el ya prolongado romance iniciado en 1927 entre él y la entonces adolescente Marie-Thérèse Walter; vaya metáfora de lo que ocurre a ese hombre que, habituado al roce con la élite que asiste al ballet de su esposa, empieza a seguir el despuntar de la Segunda República.  
Unas veces en verso y otras en prosa, en castellano y a ratos en francés, pasa en limpio sus textos con tinta china sobre una superficie que por sí misma proporciona la clave de la tarea acometida: el papel de Arches, es decir, el mismo sobre el cual plasma sus dibujos. En efecto, partiendo casi siempre con minúscula y olvidando por completo la puntuación, para que el lector vuelva a la línea previa, como en un cuadro, en busca de la intención, Pablo Picasso arremete con la palabra haciendo de ella un surco elástico, que cuando no se manifiesta en caída libre se extiende a lo ancho de la hoja, ya reiterando un vocablo hasta que se entienda que hay que oírlo, ya insertando un pensamiento en las fauces de la imagen construida. Una perfecta síntesis de esas posibilidades ofrece el poema fechado el 16 de diciembre del año debut: “tan solo el color/ la abeja su freno muerde/ tan solo el olor/ el pájaro su hoz ordeña/ basta tan solo con verlos retorcerse sobre la almohada/ el amor fundiendo el metal del carril de la golondrina/ tan solo un cabello”. La redacción, intensa y cotidiana durante los primeros doce meses, se torna a cada paso más esporádica hasta desaparecer en los intersticios de 1959, no sin antes dejar un reguero de casi cuatrocientas piezas líricas que, de cuando en cuando, hablan entre ellas o transitan desde la reposada arquitectura del caligrama hasta las ráfagas verbales que todavía entonces se hacen cargo del automatismo dadaísta, como sucede en el canto que dice “tarro/ sierra/ mi lady/ alegre/ ríe arena” (24 de marzo de 1936). Pero el afán del pintor por dedicarse a la escritura no constituye en el inicio solo el trasvasije técnico de una disciplina a otra; hay una urgencia por decir con letras lo que no apacigua la tela. El fundador del cubismo descubre siempre a destiempo el amor. Si abraza a Marie-Thérèse cuando ya está con Olga, igual cosa ocurre entre aquella y Dora Maar y entre esta y Françoise Gilot. Es exactamente lo que vive en el ámbito político, pues lleva años alzando la copa de la alta alcurnia en el momento en que decide adherir a la causa republicana, a la que su más explícita afiliación llega tan tarde como en la década siguiente su fichaje por el Partido Comunista Francés, cuando ya se ha producido la Liberación de París. Convertido así en un eterno nudo de dilemas, Picasso se autorretrata sistemáticamente como minotauro desde 1933, poco antes de desenfundar la pluma. Parapetado en la prosa poética, el 24 de abril de 1936 anticipa con terrible lucidez lo que está a punto de estallar en España: “patas arriba el arcoíris en medio de la noche estrellada escurre su colada cuna de ojos asombrados puro jilguero de la hamaca parpadeando sus juegos hacen ronda los clavos introducidos en el fuego en la garganta del prisma cuerda tendida por sus extremos fijados en las quemaduras de la rueda hundida en la charca mordiendo con rabia el ojo del toro agonizante”. Vendrá la Guerra Civil y con ella el Guernica (1937), y en el escrito, como en el cuadro, la destruida figura taurina, más que víctima, en ambos casos deviene intento del autor por despedazar su asumida cobardía, sus contenidas ganas de salir del papel y del lienzo.
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Banderas: El puritanismo es más potente hoy que en la época de Picasso
Alicia G.Arribas Madrid, 21 mar (EFE).- Antonio Banderas, que interpreta a Pablo Ruiz Picasso en la serie "Genius" que National Geographic dedica al mejor pintor del siglo XX, asegura en una entrevista con Efe que hoy recorren el mundo "olas de puritanismo" mucho más potentes que las que rodearon los primeros años de vida del artista. "Si nos metemos en los años treinta y examinamos la vida de los grupos surrealistas en los que se crió Picasso vemos que esa gente exploraba muchísimo más de lo que lo hacemos ahora", consideró. "Te llevarías una sorpresa de ver de dónde venían y a dónde fueron desde el punto de vista social, sexual o político", comenta el actor que aún no se ha desprendido del personaje. "Es el momento en que nace el marxismo, el amor libre...Dora Maar (una de las musas y amante de Picasso) venía de los mundos sadomasoquistas cuando le conoce, ella tenía veintitantos años, él casi 60. No nos confundamos con nuestras abuelas", dice el actor sonriendo. Hace solo tres días que Banderas ha terminado de grabar la serie, diez capítulos de una hora de duración cada uno, en los que ha sufrido una inmersión tan grande que aún no tiene perspectiva para hablar "con objetividad" del personaje. "Estoy agotado, aún hablo a borbotones. Pero sí puedo decir que no hemos tratado de glorificar a Pablo Picasso; el nuestro es un personaje con claroscuros, y lo mismo en su relación con sus mujeres e hijos. También afirmo que no hay desamor y no hay abusos, es un hombre que quiere y puede con todo", resume el actor. Reconoce que "examinado de cerca, Picasso el artista es asombroso; no miente, no busca el aplauso". El actor es consciente de que uno de los aspectos más denostados del pintor ha sido siempre su relación con las mujeres y sus múltiples infidelidades: "Traté de no establecer juicios de tipo moral porque eso -dice- me hubiera impedido llegar al personaje, aunque reconozco que, cuando me metía en las zonas más oscuras de su personalidad, le defendía". "Pablo, simplemente, no quería dejar ir las cosas, tampoco a las mujeres a las que amó. En él la infidelidad es algo más complejo, no abandona a una persona por la siguiente, quería mantenerlas a todas, en ese sentido era muy infantil", afirma. "La vida es tan interpretable", filosofa el actor, que mañana participará en la presentación mundial de la serie en Málaga (sur de España). Banderas es uno de los tres 'picassos' de la serie -niño, joven y adulto-, al que "agarra" a los cuarenta y no suelta hasta su muerte, en 1973. "Han sido cinco horas de maquillaje cada día", comenta un atípico "sex-symbol", aún con la cabeza y cejas totalmente rapadas, como en su caracterización del pintor malagueño. El productor Ron Howard le ofreció al actor esta serie de National Geographic cuya "credibilidad" le animó a dar el paso, por las "serias garantías de que se trabajaría en condiciones". La serie nace con vocación internacional, dijo a Efe el director, Ken Biller, se estrenará el 26 de abril en 172 países y se traducirá a 43 idiomas. "Para nosotros era importante mantener al máximo la autenticidad, por eso rodamos en lugares reales, hasta el nacimiento del genio está grabado en su casa de verdad, en Málaga", apunta Biller, feliz de contribuir a la difusión de un personaje imprescindible como es Picasso, pero sin olvidar que su trabajo es "entretener". "No es un documental, ni un libro de texto. Picasso es una figura complicada, compleja y contradictoria y nos hemos obligado a estudiarla muy seriamente. Como director, ha sido apasionante centrarme en su mirada, una inspiración que salía de su propia vida". Banderas dice que coincide con Picasso en que "nacimos y nos fuimos de Málaga los dos, y en que nos hicimos famosos, él más -se ríe-, pero sobre todo, en los grandes sacrificios y la enorme capacidad de trabajo". EFE aga/msr/cr (foto) (vídeo) (audio)
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¿Las cosas del malagueño Pablo Picasso?
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¿Las cosas del malagueño Pablo Picasso?
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'El joven Picasso' llega a Madrid: un recorrido por sus obras juveniles "más célebres"
¿Las cosas del Malagueño Pablo?
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diegoricol · 5 years
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Diego Ricol Freyre recomienda:Diego Ricol recomienda: ¿Ser buen fotógrafo o tener buenos contactos?
Entramos de lleno en un tema peliagudo, propio de cuñados cuando te oyen decir que eres fotógrafo en las cenas familiares que se aproximan. Fuera de bromas es algo recurrente en muchas conversaciones desesperadas con más de una copa de vino en las mesas de amigos fotógrafos. Para lograr éxito, entendiéndolo como dinero y fama, ¿es mejor ser un buen fotógrafo o tener una agenda llena de contactos?
Imagínate que llevas años trabajando como fotógrafo. Conoces todos los secretos, tienes un buen equipo y tienes claro tu estilo. Pero nunca has podido exponer más allá de un centro cultural o un café librería del centro de tu ciudad. Sin embargo, en el museo más importante de tu lugar, puedes ver la exposición de un desconocido que hace las mismas cosas que tú. Con la misma luz y estilo. Y a muchos se los llevan los demonios. Incluso te puede parecer que es bastante peor que tú…
Por no hablar del mundo de los concursos. Siempre que gana uno que no eres tú, el premio está dado. O en los que hay votos populares, seguro que el ganador tiene miles de amigos o cientos de miles de bots a su servicio. En estos casos, siempre existe la sensación de que el mundo está en tu contra y que los demás saben algo que tú no sabes. Y a mucha gente está sensación les despierta la frustración, la rabia y el odio a los demás en los casos más extremos.
A muchos les entran ganas de tirar la toalla. De mandar todo a un lugar innombrable. ¿Cómo puede ser? Cómo este no sé cómo llamarle es capaz de exponer aquí y yo que llevo toda la vida soy incapaz de colgar una sola fotografía… Seguro que estos pensamientos han rodado alguna vez por vuestra cabeza, aunque sea mínimamente. O conocéis a alguien que se ha expresado así en una exposición…
La famosa agenda de contactos
Y entonces es cuando aparecen las famosas frases:
Seguro que alguien ha hablado con alguien… Seguro que conoce al jurado… A este le he visto siempre detrás de fulanito o menganita…
Lo más fácil siempre es cuestionar el mérito del artista en cuestión y acudir a la ayuda externa para tratar de explicar el éxito ajeno. Cosa que jamás se pensará si el afortunado eres tú. Es algo que va en el carácter de muchos. No hay otra forma de explicar que las buenas noticias solo le lleguen a los demás.
Fotografié a Spiderman
Se olvida mucha veces el trabajo que puede estar detrás de todo lo que ves, las horas robadas al sueño y a la familia. El dinero que se ha gastado en formación y por supuesto, la naturaleza propia de la persona. El artista nace, pero se tiene que formar… La envidia es uno de los pecados capitales más graves.
Pero a pesar de todo circulan muchos rumores sobre la importancia de tener buenas padrinos para triunfar en el mundo de la fotografía. Llevándolo al terreno de la cultura existe la opinión en algunos sectores de que hay muchos Picassos y que si triunfó Pablo, el gran malagueño, no fue por revolucionar las bellas artes, hacer algunos de las obras más importantes del siglo XX, avanzar desde el género clásico de su infancia hasta llegar a las más altas cotas en las vanguardias… fue por el apoyo incondicional de los hermanos Stein, Gertrude y Leo.
Algunos piensan que con un buen mecenas todo está hecho. Otro ejemplo y ya centrado en el mundo de la fotografía es Robert Mapplethorpe. En el excelente documental ‘Mapplethorpe: Look at the Pictures’, se habla una y otra vez de su protector, amante y pareja, Sam Wagstaff. Allí dicen que si no llega a ser por él, un millonario desde la cuna, el fotógrafo Mapplethorpe no existiría…
La cruda realidad de la vida del arte
Y en el mundo de la fotografía lo único real es que hay que trabajar hasta desfallecer para conseguir algo. Y que puede que no llegue nunca. Pero mientras al menos puedas comer no tiene porqué importar. Siempre podremos dedicarnos a otras cosas, como la formación, el mundo de las bodas o cualquiera de las posibilidades que ofrece una cámara de fotos…
Disfrutar con la cámara
Y si tenemos el don de gentes o mejor aún, algún mecenas, podremos empezar a triunfar. Siempre y cuando pienses que es lo importante, claro está. La única realidad es que si eres realmente bueno, profesional, te mantendrás en lo más alto, en el lugar que otros te han colocado. Muchos han caído a pesar de sus fuertes apoyos.
Como no tengas formación y sobre todo, nada que decir, serás como Ícaro, el personaje mítico que quemó sus alas de cera por volar demasiado alto y acercarse al sol que soñaba con alcanzar. Hay que dejar de envidiar a los demás y luchar por formarse, por lograr expresarse en un trozo de papel y dejar para los demás las ganas de criticar. Nadie dijo nunca que ser fotógrafo fuera fácil. Apasionante sí pero pocas veces podrás retirarte a tu mansión de oro si solo tienes una máquina de fotos. Y suerte si consigues encontrar un buen mecenas.
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forolibro · 6 years
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    TÍTULO: OPERACIÓN PICASSO
AUTOR: PEDRO SAUGAR SEGARRA. FACEBOOK TWITTER 
EDITORIAL: AUTOPUBLICACIÓN.
PÁGINAS: 394.
¿DÓNDE COMPRARLO?:  AQUÍ
   – SINOPSIS –
Un joven Picasso que se plantea demoler los cimientos del arte con “Les Demoiselles D’Avignon”. Un joven aspirante a bohemio que languidece en provincias abjurando de su destino. Pasiones ocultas que se entrelazan y estallan desbocadas. Un crimen que conecta el París de las vanguardias con la Cuenca de principios del siglo XX. Una sociedad secreta que quiere demoler el orden establecido. Un descubrimiento que remueve los cimientos del cubismo.
    – AUTOR –
Pedro Saugar Segarra (Cuenca, 1964). Licenciado en Derecho por la Universidad Autónoma de Madrid, trabaja en la Administración desde 1.990 (Junta de Comunidades de Castilla-La Mancha).  Actualmente su puesto es de jefe de servicio de transportes en la Dirección Provincial de la Consejería de Fomento en Cuenca. El paso de lector voraz a escritor novato no se atrevió a darlo hasta que la crianza de sus hijas le fue dejando algún hueco de tiempo del que antes carecía, siendo OPERACIÓN PICASSO su primera y, hasta la fecha, única obra literaria. Sus aficiones principales, aparte de la literatura y la familia, son la frecuentación de los amigos, el deporte, el cine y los viajes.
     – GUSTARÁ
A un surtido y heterodoxo grupo de amantes del arte, de la intriga, de la Historia y de Picasso en particular. La presente novela es un vehículo multidisciplinar que recorre gran parte de nuestra Historia desde la óptica de varios narradores, pero siempre con los ojos puestos en la figura del genial malagueño Pablo Ruiz Picasso. Recorreremos más de un siglo a la caza de uno de los mayores misterios artísticos contemporáneos.
– NO GUSTARÁ  
A los gustosos del thriller atropellado y vertiginoso. Aquí hay que leer con trazo fino, paleta de colores bien delimitada y pincel virtuoso. No valen los atajos ni los saltos de renglón. Tampoco llamará la atención a aquellos que leen de Pascuas a Ramos, ya que perderán el hilo narrativo. 
– LA FRASE 
“Mira que le tengo manía al dichoso cuadro, y no solo porque le chupa la sangre como una sanguijuela, puede pasarse noches enteras bocetando y dándole vueltas sin ni siquiera advertir mi presencia, sino sobre todo por las bromitas de los amigos. Y no precisamente por el nombre, qué más dará llamarlo “las egipcias”, “el burdel filosófico” o “las señoritas de Avignon”, como proponía Salmon el otro día. Lo que realmente me cabrea es que me identifiquen con una de las putas, aunque las otras sean Marie Laurencin… Sí, sé que forma parte de su constante burla, los conozco muy bien, disfrutan como bufones con estas cosas, pero me repatea, y eso que Pablo, para quitarse hierro, no para de repetir que son personajes imaginarios.”
– RESEÑA
Lo primero que tenemos que destacar es un aviso a los futuros lectores de esta obra de Pedro Saugar, sobre la arriesgada fragmentación del arco narrativo. ¿Conocéis ese momentos en el que os están contado una anécdota y esta va tomando varias ramas y puntos de vista diferentes, pero queremos llegar al final?, pues eso mismo le puede ocurrir al lector novel con la presente novela. Aquí contamos con cinco arcos narrativos diferentes, que según van avanzando las páginas van haciendo encaje de bolillos para aclarar la laberíntica trama en un único punto. Recorremos la figura de Picasso desde 1897 hasta 2013. Desde el París de las luces hasta la Cuenca contemporánea, iremos desgranando su vida y obra, desde su juventud, hasta más allá de su muerte con el legado actual.
En este París de comienzos de siglo, nos encontramos a un Picasso en plena efervescencia juvenil, abrazado a la bohemia de la capital, inconformista, soñador e idealista. Se va conformando la figura del genio que sería más tarde. Es la época en la que aprende (y aprehende) el oficio, se fija en los grandes de la pintura, idea nuevos métodos pictóricos y despliega todo su saber en la búsqueda de nuevos caminos para su arte, más allá de lo que ha existido hasta la fecha. Picasso necesita ir un paso más allá de lo que ha visto y experimentado… El genio se abrirá camino, ante los sinsabores de la vida; familiares, personales y económicos.
Llegó entonces 1907 y Picasso rompió todos los moldes de la Historia del Arte. “Las señoritas de Avignon”, fruto de la mezcla de su período africano y del protocubismo que sería la semilla del cubismo posterior. La rotura con la tradicional del realismo pictórico le encumbrará al Olimpo de la maestría pictórica. Algunos afirman que pudo estar influenciado por El Greco, Cezanne o Ingrés, pero lo cierto es que hay obras que trascienden a su autor y esta lo es. Pero no siempre fue así. Hasta la compra del cuadro a mediados de los años veinte del siglo pasado por el MOMA de Nueva York fue criticado, incluso por sus propias amistades del círculo artístico, coleccionistas, galeristas y críticos del arte vanguardista. Si algo es común en la labor del Genio, es precisamente la incomprensión. Una vez despojado de toda influencia y crítica se puede abrir a su futuro el verdadero maestro de las artes. Es la única manera de llegar a dónde nadie ha llegado, a base de riesgo, incomprensión y ciertas notas de locura. Ante el fracaso, el dolor social, la herencia trágica y los infortunios de la vida, el gran creador rompe los moldes y las reglas establecidas para exponer al mundo su ambición. Una obra pura que mira de forma virginal y sin prejuicios. Se abre al mundo la crisálida.
Y, con todo esto, el autor nos encierra en un bucle de crimen, misterio histórico y sociedades secretas, tras un misterio que trastocará para siempre los pilares del arte contemporáneo. El halo de lo arcano y el hermetismo siempre acompañarán a las grandes creaciones de la Historia de la humanidad. Es precisamente esta falta de conocimiento y de seguridad en los datos sobre el origen de la construcción y diseño de ciertas obras y construcciones, lo que origina que la creación se torne en leyenda y así será contemplada durante los siglos. Aquello que está incompleto en sus explicaciones siempre tendrá un lugar preeminente y honorífico en el imaginario colectivo de una sociedad.
Deambulan con sentido y lugar propio todos los personajes que nos encontramos en esta novela. Todos ellos nos acercan a la figura de Picasso desde ópticas diferentes. Todos ellos arriman su granito de arena para que nos imbuyamos de los trazos de un pintor que ha dejado su impronta en los siglos venideros. Pero hay un personaje en concreto que atenazará el corazón del lector, por razones que aquí no desvelaremos, (Fernande Olivier), el primer y tempestuoso gran amor de juventud del autor. La llaneza, fortaleza y complejidad de este personaje es del todo cautivador.
Sobre el arte, la vida y la muerte, son únicamente los genios los que pueden desgranar su funcionamiento interno y su lógica filosófica. Son ellos los que nos guían. Algunos los llaman locos, pero sin esta locura la cauces de la civilización irían invariablemente por una autopista de cinco carriles sin opción a una salida del pensamiento único. Ellos nos abren los ojos. Nuestro deber es mantener su memoria intacta de fanatismos y de dañinos adalides de la reescritura de la Historia.
Picasso, de la la mano de Pedro Segarra, toma cuerpo, voz y voto en nuestro pensamiento.
    OPERACIÓN PICASSO – PEDRO SAUGAR SEGARRA – (AUTOPUBLICACIÓN 2017) TÍTULO: OPERACIÓN PICASSO AUTOR: PEDRO SAUGAR SEGARRA. FACEBOOK TWITTER  EDITORIAL: AUTOPUBLICACIÓN. PÁGINAS: 394. ¿DÓNDE COMPRARLO?:  AQUÍ
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