Tumgik
solovedreidue · 12 days
Text
Tumblr media
Piscio e ragù
C'è una perversione che disegna confini indefiniti nei sapori, o forse è essa stessa a renderli indefiniti.
Il confine tra il disgusto e il gusto, tra il profumo e l'odore, forse persino tra il bene e il male, sano e insano.
C'è il gusto delle cosce, carne e piscio, lo ritrovi nella cucina del quinto quarto, quella della moglie porca carnosa del macellaio magro stinco e stinco di santo.
Cucina così, gaudente sorriso, con la voglia umida addosso e nel tegame, unge di burro, impasta, massaggia, sensibile all'erotismo del gesto.
Sesso e cucina, sesso in cucina, la palpano spesso gli astanti, ne godono le grazie sempre bagnate, quel suo costante odore sessuale di piscio e ragù, tra le cosce e le labbra.
È la cucina di una campagna perduta quella di Sborrate sul Ticino, la cucina insalubre che fa crepare felici, che stringe le vene e gonfia il cazzo, la cucina che quando la annusi ti viene solo voglia di ciucciarla mentre la vedi sul tavolo. Che ti ficchi in bocca roba morbida, mentre le cacci il duro nel deretano, come ripieno nel pollame.
E la baciano, oddio come la baciano, cercando quella lingua essa stesso quinto quarto, scarto di lusso, fibroso, muscolare, attivo, da assaggiare di sesso e d'amore. Porcizia elegante.
Cucina di paese, cucina di tutti, popolare e puttana, popolana.
4 notes · View notes
solovedreidue · 28 days
Text
Tumblr media
Abbondanza e fame
È la sua abbondanza a scoparsi la fame. A saziarne l'asprezza dura.
Basta guardarli, lo vedi, lo capisci come lei nutre la sua l'erezione con i succhi e come la placa avvolgendola di carne, frattaglie morbide e bagnate, tante, oltre, da riempirgli anche la bocca e sovrabbondargli la necessità.
Le annusa appena entra, appena la vede, appena lei gli mostra con un pudore emotivo che da solo basta ad aizzargli il cazzo.
Una malizia che lui vuole quasi immatura, perchè gli piace così, come quelle tettine acerbe. Una malizia che in realtà mal cela una consapevolezza delle erezioni provocate dal suo essere femmina deliziosa.
A lui piace premere proprio lì ogni volta che entra in quella cucina, ogni volta che sente nell'aria il sapore sapido del sugo, ogni volta che prende a piena mano tra le gambe sapendo cosa trova, sapendo che lì in mezzo placheranno la voglia che ribolle.
Pulito vergine e lurido, litania dei contrasti, il delicato bucato santo del monte di venere glabro e il salato glutammato di piscio e vagina delle labbra gonfie sessuali.
Cucina, salsa e figa, cuoce lenta la voglia che monta nei giorni d'attesa, cresce la fame del digiuno, che diventa gusto al solo odore, mentre si mostra alla finestra, vicina e lontana, lì, domani.
11 notes · View notes
solovedreidue · 2 months
Text
Tumblr media
Comare morbosa
Se ne sta in silenzio, nel voyeur emotiva, scava nei pensieri che ascolta per caso, avida e sadica.
Gode come il perverso geloso cornuto dell'angolo, gode di quel suo sapere che le va tra le gambe.
La comare morbosa è insospettabile, anche nello sguardo, sacrosanto e puro, eppure va lì, va lì dove si nasconde l'antro malizioso delle sessualità altrui.
Gira e indugia, nell'ascolto e nelle domande, dritta al punto, assetata preme e strizza i pensieri, per spremerne fuori i dettagli.
La vena sul cazzo, grosso era, dentro, ma sporco, schizza lungo, a spruzzo, ho macchiato, scappata la pipì, un goccio, puzzicchia, stava sotto e subiva, in culo le dita, a lui, frocetto, intanto io, è entrato anche lui nel letto, più grosso, ancora, schizzato io, orgasmo, dildo, confronto, rideva, ho ceduto.
Godeva, ci si masturbava, nel sadico che diventa masochista, su di sé, comare, senza sesso, solo sesso.
Se ne sta all'angolo, su una panchina, placida, così in subbuglio. Ascolta le parole delle quali godrà.
5 notes · View notes
solovedreidue · 2 months
Text
Pan'unto
Pan'unto dove il pizzo s'intride, pranzo erotico, d'oste baffuto.
Si accascia tra le cosce, con la faccia dentro, a condire e conciare di saliva, laddove già cola.
Abbonda, come con il burro nel risotto, abbonda la cucina d'osteria, tra le gambe.
Il fuoco è vivo, ribolle l'interiora sessuale, ribolle il quinto quarto di piacere, ribolle viscida, scivolosa, mentre si insinua a mescolare.
Mestoli carnosi, di lingua, di dita, di cazzo. Dentro. Rimesta.
Il pizzo lo infila nella sua bocca, dopo averlo consumato d'olfatto. Sporco. Macchiato.
Prende il pane, lo passa, lo preme, lo infila, schifoso maniaco in viso, gustoso, la guarda e ne prende.
La mangia, cannibale, spalmata sul pane.
Serve come il pane sentirsi sfregare il pizzo sulla pelle.
17 notes · View notes
solovedreidue · 2 months
Text
Tumblr media
Bambolina umida
C'è una bambola nell'angolo della vetrina della merceria, un negozio che sa di stoffa nuova, di mutande di cotone, di scampoli maltagliati, di color carne.
È un negozio femminile, da comari e sposine eccitate che cercano il pizzo, nel retrobottega le calze velate, la malizia, l'erotico ammiccare alla merciaia.
C'è quel venditore, che arriva dalla città, già sorride quando vede il ponte, quando sente l'umido del canale, quando parcheggia e vede la bambolina, lì.
Entra, la guarda, lo sa, aspetta che le ragazzette escano con il raso nella borsa e l'erezione nei pensieri. Ne gode la vista, l'emozione, se ne riempie.
Restano soli e la prima cosa che fa è prenderla per la vita, dedicarle il suo sorriso, e farla ballare. Con calma, con il sole, con la voglia, con l'amore morbido.
"Sei la mia bambolina", fa piano, la guida, la cinge, la stringe, la accarezza, la bacia, la palpa, la spoglia, e le sorride, e la bacia, e la porta dietro, e condensa la malizia conservata nelle scatole dei négligé, la bacia, la bacia, "umida, ora". Sorride, mentre lo dice.
Si stacca solo per turbarsi nella sua bellezza, nel suo pudico timore, nei suoi occhi innamorati. Commozione ed eccitazione, insieme, mentre ne penetra il sesso, senza perderne lo sguardo, senza attendere l'invito, con la calma concessa dal desiderio.
Sorridono, della bambola, del giocare adulto che hanno e del godere maturo che li ricopre.
16 notes · View notes
solovedreidue · 2 months
Text
Tumblr media
Sussurro, sussulti
Il Giannetti è il sarto del paese, cuce, cuce la festa e rammenda il quotidiano. Le cuce al ritmo della macchina da cucire.
[Io lo conosco quel ritmo, mi ricordo il muover di gambe di mia nonna, quel far andare i piedi, a volte uno a volte due, scalza anche. Inciso il ricordo, inopportuno, ma frutto del flusso dello scrivere. Punto.]
Ha un'abilità tutta sua nell'unire le stoffe, le più diverse, a volte seta, a volte tela sdrucita. Lui ti guarda e te lo cuce addosso.
Ora lei è lì. E lui imbastisce anche con le parole. È bravo cazzo. La veste. La guarda. Dolce. Delicato. Bambagia lavorata a percalle. Accarezza. Misura. Non c'è un filo di malizia. E sussurra, vicino, mentre la spoglia con leggerezza, come fosse ancora cartamodello.
Non servono altri mezzi con lei. Sa. E vuole. E sapere e volere è tutto quello che serve. La ricopre, di sé. La veste, di sé, mentre è nuda, a protezione del pudore. Continuando a guardarla, a vederla bella, a cucirle addosso i desideri.
Sussurra lui, sussulta lei, dietro lui, le mani, i pensieri, l'impuro dire, l'assenso per addentrarsi nelle fantasie, nel corpo, nella carne e intanto continuare a rimboccarsi la pelle addosso, a scaldarla di sé.
Forte ora, forte come quando le dice "dai", come quando usa l'erezione, veloce, come quando cuce, dentro, come quando attende il "basta" per appuntarle il senso d'abuso che l'allarga e che gli cola addosso, per rimanere odore. In fondo. Mentre ancora le parla, anche dopo. Sempre.
È lei che immagina, ogni volta che pensa ad un vestito bello di primavera.
8 notes · View notes
solovedreidue · 3 months
Text
Tumblr media
Rimboccare la notte
È un'abitudine, un vizio, quello di accoccolarsi in una spalla che ha preso la sua forma.
È come l'anima la spalla, come il cuore, come quello spazio che tu vuoi si faccia per una sola persona. Quello spazio privato, quello spazio che non lasci nemmeno a te stesso.
Quello stare sulla nuvoletta coi piedi a penzoloni, che ti concedi nella felicità, ma che ancora più concedi -alla- felicità. In due allora. E hai ragione, è zucchero filato, rosa al mattino, scuro alla sera, e lo si nutre di dolcezza, se lo vuoi proprio mangiare, altrimenti si cade giù. In due.
Sentili: "Dolce allora, fata rizzacazzo, dolce ho detto, anche dolce, come dici tu, come facciamo, come siamo noi".
Se ne stanno su, a dondolar le gambette a cosce aperte, fino a sera, a rientrare che la mamma vita chiama urlando, teneramente e sguaiatamente, alla finestra.
E allora si ritrovano poi, il commesso viaggiatore e la funzionaria, a rimboccarsi piano la notte, a guardarsi e a salutarsi mille volte prima di dormire, a darsi una mano e a dirsi "a dopo" senza staccarsi fino a quando gli occhi si chiudono e si mette un punto, infinitamente lì. Di là.
15 notes · View notes
solovedreidue · 4 months
Text
Felicità
È tenersi per mano, anche nei giorni lontani, nei giorni tristi, nei giorni belli, nei giorni che hanno il sapore dolce delle fragole, nei giorni acerbi mentre ti innamori, nei giorni colorati d'estate, nei giorni cupi del temporale, nei giorni, tutti.
Che quando si tengono per mano per le prime volte due persone belle le guardi e le vedi, lo capisci subito, perchè tenersi in mano da grandi è come imparare a camminare, perchè non bisogna pensare, perchè si va di istinto e allora la senti l'armonia, la sincronia, l'intesa, l'intimità del passo. Che è come baciarsi, o c'è o non c'è.
E se si cammina insieme, si può parlar di tutto, felici sempre perchè si cammina in due. Perchè amare è sempre e solo plurale, pari, minore di tre. Combinazione difficile, che mi chiedo sempre perchè perder così tanto tempo con l'alchimia dell'oro e poco con quella dell'amore.
Felicità è assolutamente tenersi per mano, da subito.
Va' come vanno quei due lungo il greto, giù nel parco sotto gli olmi, per le vie, di là. Va' che son belli quando si tengon per mano, che non fan nemmeno rumore, per rispetto e per cura, si senton solo i baci, mentre le mani sono ancora lì.
youtube
Io non so come mai, ma il 4 di gennaio da un po’ di tempo succede sempre qualcosa di bello.
Un ricordo indelebile, una nascita, una promessa che coincidono in un rinnovato amore ed una evidente felicità.
Così sta scritto.
17 notes · View notes
solovedreidue · 4 months
Text
Tumblr media
La voglia porca di Porco e Porcella
In campagna anche le parole hanno un colore più fangoso.
In campagna non ci sono i maiali, in campagna ci sono i porci.
I porci e le porcelle, sono quelli che se ne vanno in riva al fiume con il chiaro intento di infilarsi le mani sotto, di scodellare fuori le minchie dal cotone e di sbatacchiarle tra le cosce pronte.
Così, contro una roverella o meglio ancora dentro alle fronde del salice vicino al ponte. Nemmeno hanno la decenza di nascondersi troppo, perchè tanto sono solo loro e la loro foia.
Frugano, pastrugnano, impastano, dentro, strizzano i tessuti spugnosi, si riempiono di liquido, colano, ingoiano, mordono, baciano, lingue, succhiano, ancora, dentro, dita, dentro, sesso, porco, porcella, sì.
Se lo tengono addosso mentre tornano, vogliono un'alcova, sbirciano le altre coppie, spalle nude, baci, palpano anche loro, ne vogliono, si mischiano con lo sguardo, si cercano, a volte si vogliono nella fantasia, le usano, anche dopo, rivangano nella memoria sessuale.
Si ferma lui, si fa reggere il cazzo mentre piscia, rendendo sessuali anche le deiezioni, lei regge, sente l'urina passare vibrando nel sesso, vorrebbe tappargli il buco, farglielo gonfiare, infilarselo così, pieno, svuotarlo anche di quello.
Se ne vanno allegri ed eccitati, a consumare la voglia porca.
25 notes · View notes
solovedreidue · 4 months
Text
Tumblr media
Riempire l'inverno
È un inverno caldo, come fosse al mare, nella pianura che non trova nemmeno la forza di essere umida. Nel riposo dei campi che attendono il freddo placido.
L'inverno oggi è come fosse solo la primavera che dorme.
Ma l'inverno è il sesso lento sotto le coperte, il sesso di necessità, il sesso che scalda dentro un freddo che seppur non c'è, si sente. Il freddo che è bisogno nell'istinto delle pelli nude.
"Vieni vicina", le sussurra, "che riempiamo l'inverno". E intanto la penetra, duro e caldo, mentre la adagia, la dispone, ne dispone.
Perchè è cosi che fa Marcello, mentre le piega le gambe indietro e le guarda il sesso schiudersi, quasi prolassato nelle carni per il desiderio. Pregusta, le sbircia nell'umore viscido, prima di farla cagna, tenendoselo in mano, guardone di loro stessi.
Scopano, forma sublime d'amore, insulti e baci, fluidi, mischiati, basta e ancora, avvinghiati, caldi, si riempiono di sesso e di tutto il resto che li scalda nel cigolare ritmico del giaciglio.
L'inverno è fatto per rendere il sesso ancora più necessità. E si guardano, consapevoli dell'odore di cui si stanno riempiendo, mentre ancora non fa freddo attendono pazienti e sfiniti.
26 notes · View notes
solovedreidue · 4 months
Text
Tumblr media
L'inverno e il suo vento
Oggi è arrivato il vento dell'inverno, quello che secca l'aria dell'aia, quello che le galline stanno strette, quello che ci si deve scaldare anche con la pelle nei letti.
È il tempo dei fortini fatti di lenzuola e coperte, del rinfocolarsi per amore e per necessità. Quasi i sessi fossero acciarini cui legare la sopravvivenza.
Ci si scalda per sfregamento, per frizione, per il collimare delle carni nelle carni, mentre fuori il vento asciuga la rugiada per farne brina. Lo senti sulle persiane, nelle pergole nei giardini che piangono l'abbandono della stagione.
Bello quel piccolo spazio lungo il Naviglio, con l'erba incolta piegata dal freddo. Quasi da farne un giardino d'inverno con un gazebo di cristallo, dove farci l'amore e il sesso, dove prendere i raggi di sole per illuminare quel che accade, rendere gloria alla vanagloria della vanità dei corpi.
Affonda e scalda nel tepore del corpo, il vecchio, il padre, il giovane, la sarta, la comare, la bibliotecaria. Imposizione viziosa, dell'inverno e del suo vento.
18 notes · View notes
solovedreidue · 4 months
Text
Tumblr media
Hanno messo l'albero di Natale in una piazza assolata d'inverno o quasi, preparato con la cura confusa dell'abbondanza. E una capanna, che si fa grotta per una sacra famiglia sproporzionata, bue, asinello e un Bimbo che ancora manca, una Maria magra e bionda e un Giuseppe straripante di spirito santo.
L'albero è bello, anche di giorno, con il sapore di una tavola con la tovaglia e le porcellane della festa. Apparecchiato anche lui così, l'albero.
Manca l'odore della neve, forse perchè è l'ultimo giorno di autunno, ma quel sole forte rende l'aria tiepida e i baci dolci.
Sanno ancora di castagne quei baci, di foglie secche che macerano, di terra morbida e umida. Occhi chiusi controsole, aiutano a perdersi nello stare insieme.
Si va di là, si portano via i due innamorati, dondolando nell'abbraccio armonico, in quel camminare a due che li contraddistingue da sempre. Li guardano, i due innamorati di paese, sorridono di un sorriso strano, tutti, fanno malinconia e bellezza insieme, pienezza. Qualcuno l'ho visto proprio ridere con loro, qualcuno capisce quella voglia che hanno di rendere il Natale cosa loro e ne coglie la tenerezza prendendone un poco per se.
15 notes · View notes
solovedreidue · 4 months
Text
Tumblr media
La monta
C'è tutta una ritualità propiziatoria dietro l'atto della monta, dietro quell'inseminazione che si pone in quella terra di mezzo tra la natura dell'animale e l'esigenza forzata dell'uomo, del padrone, del fattore, del levatore di bestie.
La monta è un atto spontaneo, innato, ben ficcato nelle membra carnose delle bestie.
La monta non ha stagioni, nella sua necessità perpetua, al di fuori dal patinato mondo equino. Tuttalpiù la monta richiede una selezione di vacche fertili non gravide, un'attenta selezione.
Stride la vacchetta, ferma sotto il peso della bestia, in un rito antico, dove ancora la pratica di inseminazione prevede un membro che penetra, una minchia dura bovina.
Rosetta è curiosa e quella scena agita la sua malizia.
Rosetta guarda sempre la monta, cerca i dettagli, cerca l'animale, il cazzo, il dilatarsi della cloaca. Se lo sente addosso quel peso e sa bene cosa aspettare.
Lo sa che deve solo stare a guardare e non voltarsi mentre quello le mette le mani addosso, mentre le solleva il vestito, mentre si accorge della sua indecenza, della sua voglia indotta da quel gesto così sozzo, da quello stridere di vacca e quel grugnire di toro.
Adesso lo sente bene quel peso, adesso la sente la minchia del fattore farsi strada nelle carni e nei pensieri, sente quell'odore di piscio e violenza concupiscente entrarle dentro.
La virtù le era colata dalle gambe così, non molte volte prima, quando aveva capito che l'odore del suo calore era evidente agli uomini, come ai cani.
Finivano sempre al ritmo delle bestie, come animali, lo stesso subire e lo stesso godere. Solo che loro, si baciano.
27 notes · View notes
solovedreidue · 6 months
Text
Tumblr media
Tinto Brass ritratto da Marisa Rastellini, Mondadori Portfolio / Bridgeman Images, 1979
Vecchio porco fa buon brodo
C'è sempre il vecchio porco, sulla panca con il ghigno simpatico e la malizia da ragazzina, che il femminino maschio rassicura le donne sulla bontà del gesto maiale.
Elegante, mai ambiguo, ponderato anche nelle azioni oscene, che porge con cura le sue perversioni.
Misura le forme delle voglie tanto delle ragazzette esuberanti d'ormoni quanto delle donne consapevoli. Con grazia, mai inopportuno.
Non trae soddisfazione dal plagiare, ma dal bagnare le parole dei succhi viscosi che annusa tra le cosce astanti.
Nel sole velato e tiepido d'autunno, col sapore dei campi sfatti, sulla panca sbircia da dietro un quotidiano consunto il colore delle calze e sale a scopare le forme, con l'insistere di un'erezione morbida.
Evidente più dagli occhi che dal turgore, fa schernire d'adulazione e fa sorridere d'invidia persino i maschi, che altro non vorrebbero che le proprie donne gli succhiassero fuori lo sperma dalla minchia molle, mentre le fottono godendosi l'eccitazione della loro perversione sconfessata dagli spruzzi.
E si gode con un sorriso l'odore di brodo caldo lungo i vialetti del parco del paese.
7 notes · View notes
solovedreidue · 7 months
Text
Tumblr media
Metabolizzazione al ragù
Solo cottura lenta nella cucina umida di zia Carla, con la pelle che sa di brodo, di quello stesso brodo che le cola dalle cosce quando il marito l'abbraccia e le poggia l'uccello teso.
Zia Carla è la regina del ragù, anzi, del ragout come lo dice quando si vuole dare un tono, quando nella sua mente si sente contessina e si incipria i pensieri.
Cucina che pare danzi. Cuoce che ribolle e insapora la casa che si impregna di buono, di fame, che poi è il suo modo di amare.
Ed è il suo modo per mandare giù i pensieri. Li annusa, tira su col naso e piange un po' quando sono storti. Se lo permette. Li espia a volte, colpe sue, colpe non sue, se ne fa carico. È sapida la zia Carla dà gusto alle cose che fa.
La chiamano tutti zia, perchè non ha figli e tutti vorrebbero avere una madre così, ma tutti hanno una madre e allora può essere solo zia. E lei sorride, del suo essere di tutti.
C'è un po' di quel senso di malinconia dell'incompiuto in lei, ma c'è anche quell'anima di gioia che la rende bellissima. Ce ne si innamora come succede con quelle attrici in sottana che hanno una bellezza impalpabile che esce dagli occhi, scende tra i seni e si insinua tra quei fianchi che sanno di donna.
Intanto il marito gira il sugo con lei, in un abbraccio che di carne trita e soffritto e le scioglie addosso piano il suo ribollire. E piano, lento, cuoce la sua inquietudine, come il ragout. A star meglio.
14 notes · View notes
solovedreidue · 9 months
Text
Tumblr media
Sagra sanctorum
La benedizione delle messi e delle bestie fertili.
Festoni, processione, frittelle e griglia mista maiale, cinquina, musica-musica-musica, vinaccio. Scrofe e porci indistinti sulla graticola e a sudare sulla pista liscia.
Suona l'orchestra "Gelso e i tulipani", tutti col bel vestito della festa, ma Gelso ha la camicia aperta, alla moda paesana, col vello maschio e i fiori sulla camicia. Lui ce l'ha diversa, verde, gli altri rossa. Che fan bandiera cha-cha-cha.
Mazurca ora, saltellano quei due, guardali guardali, che s'incrocian tutti che pare che cadano, ma non cadono mai, e poi mai. Che è come l'amore difficile, quello che l'equilibrio lo trovi solo se ti muovi, come a camminare che vien facile e non si fa fatica solo perchè si impara a mettere avanti il piede e a caderci sopra. Solo che è veloce.
Va' va' come vanno, se scopan così, ciao Pep, chissà che urla quella ecco perchè è tutto asciutto lui, ben drenato.
"51, 72, 64, 37", veloce la tombola, senza i commenti da smorfia, che qui l'unica acqua che si vede è quella del Ticino e quelle cose non sono arrivate su. Veloci a segnare coi fagioli sulle cartelle consunte conservate con cura dalla perpetua, nel cassetto della sagrestia, tra i ritagli d'ostia.
Che la tombola quest'anno è un corredo niente male, che poi era quello della figlia del Santino, che poveri cristiani i genitori, se n'è partita all'avventura con quel poco di buono del Tano, arrivato giusto per portarsela via lasciando il Cecco lì con la sua verginità. Che aveva fatto così fatica pure a farsi fare la sega da quella là, che invece col Tano pareva fosse una giumenta imbizzarrita. Pensa te.
"Va beh, dai, ciao... tombola!", eccola. Fatta dalla Marta, che c'ha un culo porco cane! Che poi quel culo pare sia una figa, da quel che dice il marito, che non manca mai di lodarlo. "Ma te ce l'hai piccolo, ti vien facile così!", e giù tutti a ridere, con la Fagiana che non ce la fa a non guardargli il pacco, più per riflesso incondizionato che per golosità, ma si sa, la Fagiana è la Fagiana.
15 notes · View notes
solovedreidue · 9 months
Text
Tumblr media
Copula e fieno
Addormentarsi nel pagliericcio, sopra le spoglie della Mariella che giace nuda nel fienile. Profumo di erba sopita nel tempo lento della maturazione della bella stagione.
Con il verde che si perde tra i peli fulvi, abbondanti, ricci. I capellini nuovi, il colore della pelle screziato e puntinato, quel sapore misterioso d'Irlanda perso nei campi della bassa.
La Mariella ha gli occhi belli, si illuminano quando ride e quando piange, quando le emozioni hanno il colore nocciola. Brillano nel sesso e negli abbracci.
È una copula dolce quella nel fieno, che punge che accarezza, che rotola instabile sotto le carni, che coccola e avvolge, in quel silenzio rumoroso che hanno anche i focolari di inverno. Crepita.
Estate bella, calda, afosa di cicale, il fienile è un'alcova, un nido, per giocare a nascondino d'amore. Uno-due-tre-dieci-cento-mille, libera per tutti. Ancora. Conta ancora.
La Mariella è fatta di "ancora" e di "basta", che vanno interpretati con il sentimento infoiato, che vanno violentati con delicatezza, che vanno accolti nella mano, stretti, strizzati, distesi, ripiegati, stirati con cura.
La Mariella copula, nel fieno, matassa garbuglia. Sa di buono quel fare l'amore, sa di grano. Sono belli da guardare, da vedere, sono belli da segarsi. A volte li guardano e lei lo sa, e arrossisce mentre si bagna, e forse arrossisce proprio perchè si bagna. E lui lo sa. E conta ancora. Sempre.
27 notes · View notes