Tumgik
editionsdepress · 4 years
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TIME FOR YOUR BREAKDOWN: INTERVISTA A ELETTRA ESPOSITO
già in ritardo sulla tabella di marcia dopo appena due settimane, proseguiamo con le interviste di DE PRESS ai nostri autori, stavolta tocca a Elettra Esposito, autrice di lungo e impermanente corso nella nostra storia, prima con la zine Due Mani Per Pregare e le sue sculture/spille centrate attorno al verme nudo, e ora con VENDO CASA, forse la zine più brutale che abbiamo mai stampato. Una storia di amore, disperazione, paperi e palpebre.
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Ciao Elettra come stai?
Lmao
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Cominciamo parlando di Lucio Battisti?
sì ma niente di serio
Quando ascolti Anima Latina pensi al fatto che sia diventato una specie di culto per la scena del nuovo cantautorato italiano? Che emozioni ti provoca?
No, non ci penso. Ci sono poche cose sacre al mondo, per fortuna alcune di queste non possono essere rovinate
I dischi bianchi di Battisti mi hanno sempre attirato molto ma non sono mai riuscito ad ascoltarli, come mi consigli di ascoltarli? In che ordine? Sono interessanti o no?
In una conversazione appassionata, una persona (che a differenza mia potrebbe davvero parlare di Lucio e di musica) ha definito Pasquale Panella il più grande paroliere italiano, forse in assoluto: io per tutta risposta l’ho convinto ad ascoltare Purpose di Justin Bieber, perché in quel periodo ero manic confusa. Quindi la risposta più onesta potrebbe essere che sono una persona troppo semplice per i dischi bianchi, un’altra che Panella non lo so cantare.
Forse partirei da La sposa occidentale ma è una domanda troppo difficile e poi comunque l’ordine non esiste, lasciami in pace
Ok concentriamoci su Vendo Casa. Cosa provi quando la ascolti?
Ha una parabola strana: primo ascolto passato totalmente in sordina, nella versione dei Dik Dik che non mi piace, forse complice anche il tempismo.
L’ho risentita per sbaglio qualche anno fa a teatro, durante uno spettacolo (che non citerò perché anche quello non mi è piaciuto molto ndr) a conclusione di un anno che credevo essere stato una merda (ma invece gli anni dopo sono stati peggio lol). Nella scena un pagliaccio di corte, solo, sul palcoscenico in penombra, si siede sul trono del Re con la chitarra e la canta. Alla fine lo spettacolo è comunque valso la pena anche solo per quei 4 minuti lì. Questa casa è tutta da bruciare mi è rimasto fisso in testa, e mi suonava familiare; finalmente sono inciampata nella versione cantata da Lucio, che effettivamente compare di molto postuma.
Provo una cosa che con un mio amico chiamiamo il mix imponderabile, che è una roba di cui vado a caccia come una rabdomante autolesionista, e che non so circoscrivere bene ma forse somiglia più di altro a bittersweet, un senso di nostalgia, rimpianto, revisionismo sul passato, l’Italia negli anni ’80 che manco ero nata e le foto della vita dei tuoi quando ancora non esistevi, tornare in soffitta dopo 10 anni, le cose più belle nel momento esatto in cui si consumano, o quando ritrovi qualcosa che appartiene in modo nitido ad un momento in cui soffrivi molto, e la vita nel frattempo è andata avanti, ma te lo ricordi ancora bene. Dolce e amaro
Come mai hai deciso di illustrare e trasformare in una zine proprio Vendo Casa?
Sono un po’ ossessiva in tutto. Ho avuto Vendo Casa in testa quotidianamente per quasi un anno (gli anni precedenti è successo con All By Myself ed è stato un inferno, gli amici confermano) e avevo provato a disegnarla già prima, ma come molte altre volte dopo poco ho mollato tutto perché mi sembrava che la stessi disegnando in modo serio, e quando succede di solito mi do sui nervi da sola.
Alla soglia dei 30 l’umorismo (in senso pirandelliano) è diventato un linguaggio generoso, che mi permette di tentare di rimasticare le cose importanti
E come mai Paperino?
Paperino è L’Infelice. É un personaggio completo, complesso, onesto, umano. É bizzarro, con il senno di poi, provare un grande affetto quando sei bambina per un personaggio che incarna così bene – ma non soltanto – frustrazione, rabbia, rancore, disperazione, pertinacia, psicosi. C’è un episodio in particolare che mi tormenta più di altri, sempre per questione di imprinting, ed è Donald’s Dream Voice: Paperino è il desiderio di essere diverso, la sfortuna, il sentirsi miserabile e perseguitato, l’avvicinarsi ai propri sogni e vederli svanire, il confronto con gli altri che sembrano vivere senza difficoltà. Non mi ha fatto quasi mai ridere
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giugno 1994
Oltre ai personaggi e all’elemento lirico, c’è un altro grande protagonista in questa zine, le palpebre lucide e metalliche, cosa ti attira di questo elemento grafico? Parlami delle palpebre lucide e metalliche.
Le palpebre lucide e metalliche sono il paradigma di sensualità e dramma. Sono stata innamorata in modo carnale di Jessica Rabbit tutta la mia vita, e – per pura gioia personale e per esercizio – negli ultimi anni ho preso l’abitudine di ridisegnare occasionalmente personaggi ed elementi Disney e Warner. Anche questi rientrano tra le cose sacre che non possono essere rovinate, quindi anche se riconosco un trend nel ritorno ad un certo stile di animazione soprattutto anni ’30-’40, non ci penso. Per quanto riguarda le palpebre, posso dire che sono certa di ritrovarci qualcosa dentro che va oltre l’estetica, di cui comunque sono innamorata. E credo che questo qualcosa – senza addentrarmi troppo nell’argomento – abbia a che fare con un’idea di femminilità che da piccola mi sembrava irraggiungibile e perfetta, la capacità di essere suadenti, delicate e desiderabili. Shoutout to the patriarcato: non è questa la femminilità, ma penso che continuerò ad amarne anche questa versione, almeno animata, senza psicoanalizzarmi più del dovuto  
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VENDO CASA è una storia di un personaggio che si spinge oltre ogni limite anche a scapito della propria ben nota fragilità e disperazione. In precedenza, nella tua zine Due mani per pregare e in altri lavori, ti eri concentrata molto su di un Verme in cui ritrovo molti tratti in comune. Che ne pensi dei vermi e del disegnare vermi.
Dei vermi penso ogni bene ma penso soprattutto questo:
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Penso che è stato molto bello farlo, ma anche che è più cauto non sentirsi troppo coinvolti in quello che si disegna e mette online
In parallelo all’attività di disegnatrice e illustratrice stai lavorando con risultati notevoli anche con il ricamo. Ci trovi delle divergenze, rispetto al disegno, o sono esperienze che si alimentano a vicenda? È più divertente ricamare?
Come sai non trovo “divertente” il disegnare, che è una caduta libera verso l’autocommiserazione, quindi posso dire di sì. Ma per me è soprattutto molto diverso il livello di assorbimento mentale. Dopo aver pianificato il modo di procedere, la ripetitività del ricamo diventa una esperienza extracorporea. Apprezzo molto ogni attività che mi rende un robot, o che divora il tempo. Sono molto meno costante e molto meno determinata nel disegnare, forse perché sono meno assente. Dal ricamo non mi aspetto niente né provo vergogna, quindi la soddisfazione è grande
L’ultima cosa che ti chiedo è se ti sei mai sentita come il protagonista di VENDO CASA e cosa consiglieresti a chi deve affrontare un trasloco in questi assurdi mesi.
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grazie per la lettura e ricordate che VENDO CASA e le altre nostre zine sono tutte disponibili nel nostro shop online ^__^
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editionsdepress · 4 years
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GIANLUCA ASCIONE - CENTAUROMACHIA OUT NOW
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CENTAUROMACHIA è la prima zine di Gianluca Ascione per DE PRESS.
Sedici pagine fotocopiate b/n, formato A5. 
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Gianluca (già autore per Canicola, Feltrinelli etc.) ci fa imbucare in una festa speciale, un rituale panico, una battaglia che va avanti da millenni, il party peggiore degli ultimi tre anni e molto altro. Sedici disegni a grafite che ci hanno costretti a pubblicarli non appena li abbiamo visti. Portate da bere.
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CENTAUROMACHIA is Gianluca Ascione’s first DE PRESS zine. A5 b/w photocopy, 16 pages, an absurd tale of old battles and myths, frat parties, vicious drinking and exploding hormones. Bring your own drinks!
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editionsdepress · 4 years
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APATHY AND PHYSICAL ISSUES: A LORENZO MATTEUCCI INTERVIEW
Welcome to the first interview on the DE PRESS blog. Expect more to come from both our artists and other exciting voices in publishing, drawings, alt comics etcetera. Our first guest is Lorenzo Matteucci, longtime DE PRESS author with the Hommage series and his new zine, Lavoisier.
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Hello Lorenzo, how you doin’?
Allright thanks.
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Before getting into Lavoisier I’m curious about your past experiences. Your curriculum goes from design into illustration, but then your DE PRESS publications are mostly comics.
Yes I wasn’t expecting that too - I was even studying Contemporary Art before all that.
I like to think I was looking for some way to express myself in a more personal way, but I know that I ended up doing illustrations because I want to work as little as possible.
Speaking of which, doing a comic for DE PRESS was quite unusual, I have a troubled, complex and painful relationship with long drawing sessions, I don’t like to keep drawing the same characters in the same stories. My father calls me “Er Lavativo” [*roman slang for “skiver”]
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Rare portrait of my father calling me and my friends “hobos” done in high school years by my friend Davide.
Speaking of your early works - the two issues of Hommage - you did experiment with comics and 3D graphics as well, what’s the reason for all this complex technicalities?
I was making it easier actually! I was really lazy and had some health issues at the time. I had some nerve injuries so basically two fingers in my dominant hand went AWOL. I could still use a mouse with my other fingers so I could do digital drawings and I wanted to dust 3D softwares off.
I did some pages and was quite happy with the results (even tho it was the beginning of a painful process) so I threw Simone (Proietti Timperi) aka Simoncino in the mix. He’s a Tennessee rap expert and we had history together involving some crazy college adventures, like eating Burger King at every lunch break for an entire week.
A great collaboration flourished, we had a lot of fun designing the whole comic together and making up apparently unreal stories.
I think Lavoisier and Hommage share some aspects of this workflow, even though you used a different technique and style. I feel like you keep approaching drawing as a design thing, starting with technical issues and getting creative working on that, does this make any sense?
Yes it does make sense, that’s true. There’s various reasons for this - my studies, my perfectionism, my interest into doing something new. I like choosing paper stocks, checking out the prints, doing things a little different from my usual practice. Self-publishing for me is all about experimenting and leisure.
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Lavoisier is certainly less “comic” oriented than Hommage, but it’s still strongly focused on precise yet subtle narration, how difficult was to achieve this?
I had the story in my mind for a while, but I got to admit that translating that into a series of single illustrations was hard. I also had to pick stuff that I’d like to draw.
Any thoughts on the cover?
Look at that subtle off-white coloring. The tasteful thickness of it. Oh my God, it even has a DE PRESS watermark
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Speaking of your regular activity, are you ok about describing it as “freelance illustrator”?
Yeah you could say that.
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[Mom says “bank transfer done”]
When you do a freelance work, is there any conflict between your doing personal research as an author and meeting the client’s expectations and/or the client’s desire to just get a certain “style” that he/she likes or feels right for the job?
The sooner you understand “author” and “client” have a hard time coexisting (for debutants especially) the sooner you can work without that weight on your heart.
Everyone’s going to ask for editing and adjustments, from the concept to the final. Sometimes art directors will ask a specific subject to draw. What I prefer to focus on (and keep working on) is my illustration’s recognizability. I care to express my mood and persona and looking at oneself through one’s own work is the funniest, most gratifying aspect of the job.
Right now I think there’s even too much hype and chit-chat around illustration. It’s something of a trend, for better of worse. Where an outsider may see a Never Never Land were you earn a living with your drawings, an insider sees an overcrowded, competitive place, polluted by people with no respect for the craft looking for easy cash.
What are your feelings about the term “conceptual illustration”?
It was all the rage some years ago; I thought it was fit to describe those works where the technical issues were overlooked to focus on expressing some original ideas. Nowadays even the ideas are overlooked and standardized, so it has become an umbrella term for downloading Procreate and spending your time on Instagram I guess.
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editionsdepress · 4 years
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SVOGLIATEZZA E PROBLEMI FISICI: INTERVISTA A LORENZO MATTEUCCI
oltre all’ampia offerta di guide, tutorial e approfondimenti, il blog di DE PRESS è uno spazio di dialogo e di conversazione. Per primo si sacrifica il nostro Lorenzo Matteucci, autore della serie di Hommage e della nuova zine Lavoisier.
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Ciao Lorenzo come stai?
Tutto bene grazie
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Prima di parlare di Lavoisier mi incuriosiva ricostruire il tuo percorso, perché ti sei formato come designer, poi come illustratore, ma su DE PRESS hai lavorato prevalentemente con il fumetto.
Sì, un percorso inaspettato anche per me considerando che prima ancora ero iscritto a Storia dell'Arte Contemporanea. Se da una parte mi piace pensare che nel tempo ho cercato qualcosa di più espressivo e personale, dall'altra so che sono arrivato all'illustrazione perché ho voglia di faticare il meno possibile nella vita.
A riguardo direi che il fumetto per DE PRESS è stato un evento eccezionale, il mio rapporto con le lunghe sessioni di disegno è complesso e sofferente, accuso molto la ripetizione dei soggetti e lo stare fermo su una stessa storia. Mio padre mi chiama "Er Lavativo".
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Rare portrait of mi padre intento a chiamarci "Vagabondi" realizzato ai tempi del liceo dal mio amico Davide.
A proposito dei tuoi lavori precedenti, i due numeri di Hommage, oltre alla particolarità del linguaggio del fumetto, inseriscono anche l’elemento del 3D, perché hai deciso di complicarti tanto la vita?
In realtà ti dirò che me la sono facilitata! In quel periodo ero incastrato tra svogliatezza e problemi fisici. Nel dettaglio si trattava di una lesione di un nervo che ha fatto sì che due dita della mia mano smettessero di collaborare. Tutto è nato più o meno così: riuscivo ad usare il mouse con le altre dita e avevo voglia di rispolverare dopo anni i programmi per il disegno tridimensionale.
Buttai giù qualche tavola e mi resi conto che l'idea mi piaceva (ma anche che lo sviluppo sarebbe stato più sofferto del previsto). Tirai in mezzo Simone (Proietti Timperi) detto Simoncino, esperto di rap del Tennessee e compagno di mille avventure universitarie tra cui una settimana consecutiva di Burger King in pausa pranzo. Da lì è nata una grande collaborazione, ci siamo divertiti a progettare insieme ogni dettaglio del fumetto e a inventare storie che non ci siamo nemmeno sforzati di inventare più di tanto.
A proposito del tuo workflow per Hommage, anche in Lavoisier mi sembra che ci sia un meccanismo simile, nonostante le tecniche diverse. Mi sembra che tu ti approcci al disegnatore storie sempre come un designer, sempre partendo da questioni tecniche e progettuali, ha senso quello che ho detto?
Sì, ha senso ed è esattamente come dici. Credo sia un approccio dovuto ad un mix di trascorsi, perfezionismo e voglia di fare qualcosa di nuovo. Mi piace scegliere i tipi di carta, controllare la stampa, provare tecnicamente qualcosa di diverso da quello che faccio di solito. Diciamo che concepisco l'autopodroduzione come esperimento e scappatoia.
Rispetto ad Hommage, Lavoisier è sicuramente meno “fumettistico”, ma rimane un lavoro fortemente narrativo, con una storia raccontata con molta precisione ma anche in maniera molto sottile, quanto è stato difficile farlo?
Avevo già in mente la storia, e devo ammettere che raccontarla attraverso una raccolta di singole immagini non è stato facile. Per di più dovendo selezionare oggetti che avessi voglia di disegnare.
Cosa ne pensi del colore della copertina?
Look at that subtle off-white coloring. The tasteful thickness of it. Oh my God, it even has a (De Press) watermark
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Riguardo alla tua attività parallela, si può dire che lavori a tutti gli effetti come illustratore freelance?
Si, si può dire.
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Quando devi affrontare lavori di illustrazione, avverti un contrasto tra la ricerca autoriale e la necessità di soddisfare i desideri di un cliente, che magari vuole solamente che le illustrazioni rispettino un certo tipo di stile che piace a lui (o che lui immagina possa piacere ai propri clienti)?
Prima si arriva ad accettare il fatto che le parole "autoriale" e "cliente" difficilmente coesistono (specie agli inizi) e prima si inizia a lavorare a cuor leggero.
Verranno sempre chieste modifiche e adattamenti, dall'idea alla realizzazione. A volte sono gli stessi direttori dei lavori a proporti cosa disegnare. Quello su cui ho lavorato nel tempo (e su cui non smetto di lavorare) è la riconoscibilità delle mie illustrazioni. Ci tengo a far trapelare il mio mood, la mia persona: rispecchiarsi nel proprio lavoro è l'aspetto più gratificante e divertente del mestiere.
Adesso credo ci sia anche troppa attenzione attorno all'illustrazione, troppo rumore. È finita per essere un trend, con pro e contro del caso. Dall'esterno è il Paese dei Balocchi dove si campa disegnando, dall'interno è un mondo sovraffollato, competitivo e inquinato da chi punta a portare a casa la pagnotta senza uno straccio di amore per se stesso e per la professione (DM PER NOMI E COGNOMI)
youtube
Cosa provi quando senti parlare di “illustrazione concettuale”?
Qualche anno fa era un appellativo molto in voga; personalmente ci identificavo quel tipo di illustrazioni dallo stile simile, in cui la tecnica passava in secondo piano rispetto all'originalità dell'idea. Adesso anche le idee sono tutte uguali, quindi è diventata quell'illustrazione in cui hai scaricato Procreate a passi la giornata su Instagram.
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Ricorda che qui puoi acquistare Lavoisier, la nuova zine di Lorenzo, e tutti gli altri titoli DE PRESS ^_^
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editionsdepress · 4 years
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HOW DOES IT WORK?
welcome to the DE PRESS blog. We are not a publishing house, but we publish things that you can find in our SHOP. This is our first tutorial and more will come, alongside with features, critical theory essays, interviews etcetera. We want to start humble tho, so this tutorial will simply explain how all the whole publishing enterprise works.
1 - SERIOUS PUBLISHING
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An author does stuff using her/its/his feelings, etcetera. A publisher gets interested in the stuff from a commercial or artistic point of view, so they strike a deal. The publisher gets the book done (editing, designing) and pays a printing press to realize the book (employing various machines and resources such as paper, ink, etc.). The publisher may have other deals with distributors to get the book to big bookstores, independent bookstores, online... author and publisher then proceed to promote and advertise the book to get people to buy it: press releases, talks, exhibitions, awards, social networks. This is a finely tuned system where every agent earns money depending on how good they manage to work.
Publishers get a share of the book’s sales (some of that will be spent for printing and distributing). Bookstores buy books from the distributors, so they get a little slice depending on the distributor’s discounts. Authors get the royalties, which are stated in the deal, which may include an advance payment for some of those. Social networks get a lot of money because everyone does sponsored content and we live in a society. Right now distributors get the largest slice of the cake.
2 - SELF PUBLISHING, OR LESS SERIOUS PUBLISHING, OR SMALLER PUBLISHING WITH A HEART INSTEAD OF COLD BLOODED DEALS AND COMMERCIALISM
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An author does stuff using her/its/his feelings, etcetera. She/it/he doesn’t look for a publisher, or maybe is not interested in that or maybe it’s the depression talking. If the author got some spare money, she/it/he can deal with the book design and printing herself/itself/himself. Maybe the author goes full D.I.Y. or pays some print-on-demand service. The author then proceeds to promote the book on appropriate channels (internet, festival, those few joyful bookstores that deal with self-publishing and zines). Maybe the author is going to establish a collective with fellow authors so they can help each other. Everyone complains because no one is getting enough attention from the right circle (even “serious publishing” authors complain and even everyone else is free to complain about anything anytime).
The author pays for everything but gets all the money (usually tax free). The author pays for all the promoting and such (horrible train tickets to get to your little table in your nice festival). Such books will not go through “business” distribution but mostly through postal services. Bookstores will get a slice of the sales, plus they feel like promoting small independent authors and such.
Crystal clear this food chain looks a lot like the previous one but it’s actually way more detached from the actual “market” so it’s way more subject to various degrees of failures, misdemeanors and generally bad strategies.
3 - BOOKS KILL
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All the elements of this book-making food chain operate in a capitalistic market. This means you are compelled to earn money and you should not waste the money you get but make more, otherwise you’re a failure and you’ll get booed. There are some little people living outside the market tho: the authors get (some) rights and the royalties, usually around 4% (your publisher is lame) to 10% (your publisher is angel) and more (stick to your publisher until you die). No author is so valuable to earn a continuous salary. The current system is designed to get! more! books! published! all! the! time! so a successful author will mostly be damned to keep making book after book after book and no one cares if you are a mess and should need some time off to find something meaningful to put in the books, just give! me! another! book! Most authors are happy to be guinea pigs in the wheel tho, because a book may lead to more jobs, more works and more street cred so your prices get up - this is what everyone hopes the day a new book is published and do the little “my thing is out thanks to everyone involved” thing.
We should never forget that the “author” “profession” is liminal between creativity, artistic work and a job, so it’s way easier to do it if you can already afford it. If you are in such a lucky situation, you may have a hard time getting your rightful street credibility but you still had a chance to do it without thinking too much about the bills and such, otherwise Death will knock at the door. She will eventually knock at everyone’s door of course, unless the distributors are piling up huge money stashes to finance eternal life research (probably not the case).
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editionsdepress · 4 years
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COME FUNZIONA ‘STA ROBA
benvenuti sul blog di DE PRESS, la casa editrice che non è una casa editrice, ed infatti non stampa libri. Vi ricordiamo che il nostro SHOP è aperto come un fiore a primavera. Questo è il nostro primo tutorial, ce ne saranno molti altri, per stavolta vogliamo solo spiegarvi come funziona l’editoria.
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1 - COME FUNZIONA L’EDITORIA SERIA
Un autore fa un’opera con le sue emozioni eccetera. Un editore vede nel lavoro dell’autore una possibilità commerciale e/o un interesse nell’opera e fa un accordo con l’autore. L’editore fa il libro (lo progetta, impagina eccetera), e paga una tipografia per realizzare il libro utilizzando una serie di macchine e di materiali (carta, inchiostro…). L’editore stipula una serie di accordi con delle aziende che distribuiscono il libro a librerie di catena, librerie indipendenti, online... In base al progetto, editore ed autore promuovono quello che fanno per convincere le persone a comprare il libro: uscite stampa, presentazioni nelle librerie, partecipazione ai festival di settore, candidatura a premi, mostre e altri eventi, promozione sui social network. È un sistema economico in cui ognuno guadagna qualcosa con il consumo di alcune risorse e un po’ di spesa e se è bravo fa più soldi di quelli che spende.
Gli editori guadagnano dalla vendita dei libri e da eventuali finanziamenti; possono così pagare i servizi della tipografia e del distributore. Le librerie comprano i libri dal distributore, quindi guadagnano in base allo sconto che gli viene praticato. Gli autori guadagnano le royalties determinate per contratto con la casa editrice, che può offrire un pagamento in anticipo su una percentuale di queste royalties. I social network guadagnano perché fai un sacco di post sponsorizzati e poi perché la società di oggi eccetera. Per com’è il sistema ora, i distributori “mangiano” da soli gran parte del prezzo di copertina.
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2 - COME FUNZIONA L’AUTOPRODUZIONE CIOÈ L’EDITORIA PER FINTA
Un autore fa un’opera con le sue emozioni eccetera. L’autore non cerca o non trova editori interessati al suo lavoro oppure è depresso. Se l’autore ha qualche soldino però può occuparsi da sé della produzione e progettazione del proprio libro. Il libro può essere prodotto “in casa” o affidato a tipografie tutte moderne che lavorano anche con privati o con bassi numeri di copie, non come quelle serie che trovi solo il numero di telefono e ti fanno firmare i fogli. L’autore può effettuare da sé la promozione su internet o su altri canali (festival di settore, siti specializzati, librerie interessate ad autoproduzioni) e vendere il libro di persona, tramite siti online o tramite le librerie interessate. L’autore può associarsi con altri autori per lavorare insieme come un collettivo e farsi forza assieme. L’autore può lamentarsi perché non riceve mai abbastanza attenzione da nessuno mentre Tizio e Caio vengono chiamati a fare la copertina di questo e quello (questo lo può fare anche se pubblica con le case editrici. Anche tutti gli altri comunque possono lamentarsi quando vogliono)
L’autore in questo caso paga tutto lui, ma riceve anche tutti i soldi (quasi sicuramente non tassati). L’autore si accolla anche tutta la promozione (carissimi biglietti di treni per andare a fare i banchetti ai festival eccetera), non spedisce tramite i distributori ma tramite poste o corriere. Le librerie, se si accollano ‘sta roba, ci guadagnano una percentuale che si decide con l’autore e poi c’è comunque il piacere di sostenere le realtà giovani e indipendenti che eccetera.
Se non fosse chiaro, questa catena, pur assomigliando molto alla precedente, vive in realtà “fuori mercato”, è molto più soggetta quindi a funzionare male o comunque ogni volta in modo diverso e c’è un rapporto tutto diverso tra investimenti, rischi e guadagni.
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3 - DI LIBRI SI MUORE
Tutti gli attori coinvolti nella produzione, distribuzione e vendita di libri operano in un mercato di natura capitalista. Questo significa che è responsabilità di ciascuno guadagnarci qualcosa e non investire male i soldi per non fallire (in quel caso buuu sei un fallito!). Gli unici attori che operano al di là di questo mercato sono gli autori: gli viene pagato il diritto d’autore, che corrisponde ad una percentuale che in genere va dal 4% (infame) al 10% (extralusso). Nessun autore è talmente prezioso da essere tenuto a libro paga da nessuno, anche perché il sistema privilegia l’uscita continua di libri, quindi se hai successo è anche difficile che ti diano il tempo di lavorare con calmina e tranquillo e devi produrre! Un! Nuovo! Libro! Subito! Spesso gli autori sono comunque contenti perché un libro che gira bene, magari non vende tantissimo ma riceve l’attenzione della gente che conta e che magari può affidargli altri lavori. Gli autori sperano sempre che questa sia la volta buona e che finalmente questo libro inneschi il circolo virtuoso in cui ogni lavoro precedente fa da pubblicità per il successivo e alla fine, forse, i tuoi zii smetteranno di farti quelle domande. È comunque una realtà di fatto che il “mestiere” di autore, come molte attività al confine tra professione e creatività, si fanno meglio se te lo puoi permettere, ed è più probabile che se hai questa fortuna alla fine in un modo o nell’altro “ce la fai”, altrimenti inevitabilmente arriva la fine e la morte. Che arriva anche per tutti gli altri. Tranne se i distributori non stanno cercando di accumulare ricchezze per finanziare le ricerche sulla vita eterna (dubitiamo).
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THE SHOP IS OPEN AGAIN ^__^
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