Tumgik
#scusate sono fusa
fire-but-ashes-too · 4 months
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ma e una mia impressione o elodie l'altro giorno nn era bionda???
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ultimaluna · 4 years
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scusate se sono noiosa e parlo solo di università ma solo questa mi è rimasta in questa vita di merda e adesso sono qui a chiedermi come ho fatto per alcuni esami a studiare letteralmente diciotto ore al giorno preparando roba che richiede una preparazione di minimo un mese in cinque giorni e prendere 30 senza finire in coma e adesso se studio sei ore al giorno sono completamente fusa, quindi è questa la vecchiaia ah bene bene <3
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merrowloghain · 4 years
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01.09.76
« Pistaaaaaa » l’urlo belluino di un quintino, probabilmente mezzo troll, è quello che sentiranno alle loro spalle chi ha appena attraversato la barriera magica. E se ALLISTER si sentirà colpito alla spalla in modo pesante, tanto da perdere l’aggancio alla maniglia del suo carrello, sotto lo sguardo impotente di una in avvicinamento TASHA, TRISTAN addirittura vedrà traballare pericolosamente le due gabbie coperte da teli scuri che porta sul suo - e quella più grande, in effetti, pare stia per sganciarsi con un miagolio confuso che andrà a mischiarsi con quel « SCUSA » davvero poco sentito. WILLIAM, distratto dal cercare amici, si vedrà la nonna fin troppo vicina dopo il passaggio del ragazzo che corre veloce come il vento « SCUSATE, PERMESSO, DEVO ANDARE IN CODA » la giustifica mentre salta da BLYTHE, poggiando la mano sul suo baule, a WILLOW con un « hop! », spingendo loro ad arretrare di qualche centimetro per la spinta prodotta e dando una spallata anche al povero LUKE di passaggio. SOPHIA, che emozionata se ne va per la sua strada si vedrà fiancheggiare questo bolide troppo cresciuto al fianco, ma che potrà appurare essere una persona vera nel momento esatto che lo vedrà saltellare impotente dietro NEERA e i suoi familiari, almeno fin quando non troverà quel varco per poter riprendere la propria corsa verso... ROY, piccola stella, che si sentirà un « HEY NANO, LARGO » urlato direttamente dietro l’orecchio, prima di scartarlo veloce e fare la medesima cosa con una famiglia particolarmente numerosa di maghi, posizionata a mo di catena umana per far levitare i tanti bauli della prole in partenza per Hogwarts. E infine s’arresta, solo un attimo, con uno sguardo di apprezzamento alla Strega che accompagna MERROW, lasciando fuoriuscire un sottile fischio dalle labbra, prima di rendersi conto che c’è anche il marito al suo fianco e, forse, solo forse, non è il caso di trovarsi a tiro di una bacchetta adulta. Eppure non riesce a non staccare gli occhi dalla donna, ritrovandosi a sbattere con il muso dietro il nonno di SEAN. Mani al volto, a tamponare la botta presa al naso « mi sgusi, mi sgusi, non bolevo dambonarla signhore sé sciolo… HEEEEERB » verso un ragazzo che si è appena sporto dal finestrino dell’ultimo vagone, forse proprio cercando quel pazzo furioso « CUI, AMICO, SON- sgusi angora eh! » e via, sparito alla volta delle scalette più vicine.
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«Scusa un momento.» direbbe all`indirizzo di William, proprio quando quel ragazzo sconosciuto, parte a tutta burrobirra creando diversi incidenti sulla via. E se Will e sua nonna si ritrovano vicini, lei cerca di riguadagnare terreno verso il suo carrello ed in direzione di Tristan, assistendo però a tutta la scena dove quel povero malcapitato, si ritrova a fischiare in apprezzamento. A. Sua. Madre. Per poco non vomita. Cosa che invece Ondine prende con estremo diletto, limitandosi a fissare il ragazzo con le iridi verdi che vanno a provocare quello schianto contro la schiena d`un vecchio, mentre Angus porta la mano destra sulla parte bassa della schiena della moglie, che civettuola gli carezza in maniera casuale il petto, in un semi abbraccio fatto di possessiva complicità. Inutile dire che l`aura che emana il Padre della Grifondoro, è tossico istinto omicida, in un fuoriuscire d`espressione da perfetto e controllatissimo psicopatico. Merrow si blocca li, a vedere la scena, con un terrore in viso che non riesce a nascondere, almeno per quegli istanti in cui il ragazzo fortunato, non muore sotto lo sguardo sadico di Angus, e lei si ritrova a praticamente mezzo correre in direzione di Tristan «E-he..» un verso gutturale, mentre ancora ha il viso contratto in un`espressione spaventata che cerca via via di ricomporre «Delation» no, niente, non ha quella solita verve «Ciao Tris.» il tono adesso sembra corrispondere alle parole, ma quello che cerca di fare subito dopo, ha dell`assurdo a dir poco: braccia che si sollevano, mani adornate al migliolo sinistro dalla fedina in oro bianco, dalle dita affusolate e femminili, che cercherebbero i bicipiti altrui per cercare di raggiungergli la camicia e tentare di dargli una piccola spinta in sua direzione. Prima che possa dire o fare qualcos`altro. E` un abbraccio. O meglio, una sorta di richiesta di tale, completamente ignara del dove siano o con chi. Sembra un atteggiamento automatico e quasi incontrollato. Il cuore che pare volerle far fare un infarto a quattordici anni.
ora che l’avvicinarsi di Merrow devia la sua attenzione su una figura nettamente più gradevole ai suoi occhi. « Merrow, ciao. » Le labbra che si piegano in un sorriso lieve e lo sguardo che fa per spostarsi verso la figura paterna, magari per una qualche presentazione che però, non avverrà. E poi si lamenterà di essere sballottato in giro in maniera così inadeguata, ma per ora si ritrova a fare un passetto avanti, e a circondare con le braccia la figura della grifondoro seguendo un istinto che non sapeva di possedere. Un abbraccio di cui non capisce la natura e per cui sembra chiedere per un secondo aiuto al padre, lo sguardo che si sposta sull’adulto con un misto di confusione e sorpresa, prima che mormori uno « stai bene? » che sembra forse strano pronunciato dalle sue labbra. Quelle che si piegano in un sorriso certese all’arrivo di Will, che Merrow sia ancora fra le sue braccia o meno. « Buongiorno Dent, tutto bene le vacanze?» Non che gl’interessi ma, quindi bisogna fare conversazione.
* W: Merlino incoronato, grazie. Delation abbraccia Merrow e continua a tenerla abbracciata. Il passo di William si fa meno teso e frettoloso, ma comunque continua ad avvicinarsi, presumibilmente seguito da Allister e forse Tasha quando avrà smesso di sbavare. Forse. «Tutto bene. Le tue?» replica con garbo a quella sua domanda. Anche Luke li raggiunge, e lui, da ragazzo beneducato, procede alle presentazioni. «...non so se avete avuto modo di conoscervi, lui è Tristan Delation, un nostro compagno di classe» suo e di Merrow. E poi rivolto a Tristan «Loro sono Luke Pyrangelus, Tasha Odinsbane ed Allister Fralker.» accennando garbatamente a ciascuno. L`etichetta vuole la sua parte. Anche se dentro si sente morire per come percepisce Merrow in quel momento. Ma continua a parlare. Per farle sapere che è lì. Non potendosi permettere altro nel marasma della stazione. «...e se ci levassimo da questa bolgia infernale?» propone con una certa gentilezza, accennando al treno col capo. Angus non vede, Merrow non duole. Si spera. In effetti a meno di un metro da loro sta una porta aperta del treno, pronta ad accogliere gli studenti. Se loro accettassero, aiuterebbe CIASCUNO a caricare in fretta i bagagli, prima di occuparsi dei propri. E presumibilmente, appena in tempo per il fischio assordante. Ed a quel punto, salterebbe su anche lui. *
No, niente presentazioni, non c`è tempo: lei si aggrappa alla camicia firmata Hawthorne, per quei brevi istanti che precedono qualcosa che ha un che di miracoloso. Tristan l`abbraccia, senza strani tic, senza allontanarla, senza schifarla, e lei riesce a prendere un vero e proprio respiro di sollievo. Le mani passano alla sua schiena, stringendo il tessuto poco sotto le sue scapole, cercando di deglutire e di calmarsi un poco. La Loghain: che mai si è vista spaventata in pubblico, oppure stringere a quella maniera nessuno. Ora sta là, praticamente fusa con il petto del giovane Delation, contro il quale il suo cuore sbatte con la furia d`un animale in gabbia. Annuisce piano al sussurro che il Serpeverde le rivolge, stringendo in tutta risposta di più la presa «Dammi... un momento, ti prego.» vabbè, ora l`inferno si ghiaccia ed I Thestral diventano unicorni rosa volanti. Sente le parole di William, ne sente la voce, sente la risposta di Tristan, ma purtroppo non riesce ancora a separarsi da quella stretta, che poco a poco le sta ridando aria ai polmoni. Chiude gli occhi, li stringe, ed è con una violenza inaudita auto-inflitta, che si costringe a separarsi da quel contatto, solo dopo che Dent abbia presentato praticamente lo squadrone della morte dei suoi amichetti. Alza il capo e cerca lo sguardo del Serpeverde, in un moto di scuse sincero che solo ora si rende conto dei familiari li vicini, mentre lei si guarda bene dal cercare i suoi anche solo con gli occhi. L`elfo di famiglia sta già facendo levitare i bagagli in direzione dell`apertura più vicina del treno, proprio quella proposta da Dent, che la Loghain si ritrova a rivolgere un mesto saluto ai genitori del povero Tristan in un accenno di presentazione «Scusate... Merrow Loghain, molto lieta.» perfetto inchino, perfetto sorriso, espressione tornata sotto controllo, ed in generale parrebbe davvero un`educatissima Purosangue che si è solo spaventata per un pazzo col carrello ed il fischio facile. Guarda Gregor salutarli tutti, poi, volgendo il medesimo gesto di capo educato, prima di guardare di nuovo Delation e chiedergli in muta richiesta, di salire con loro. Eccola quindi, salutare proprio nessuno lì sul binario, intrufolandosi dentro il treno prima che altro possa accadere, cercando di mettere più distanza possibile tra lei e quello che è stato il suo Molliccio per un po` troppo tempo. La sinistra che sposta la riga laterale della chioma, la destra che pizzica la gonna e la tira un poco su per aiutarsi a salire i gradini, ed infine, occhi che cercano William in un ringraziamento silenzioso, a cercare di sancire la fine di quella folle stramberia da cardiopalma.
(...) l’arrivo di Merrow cambia notevolmente il tono di quel giorno di partenza. L’ha abbracciata spinto da un riflesso incondizionato che non sapeva di possedere, ma non l’allontana per scelta. Anzi. A quelle parole reagisce portando un braccio a cingerle le spalle, mentre l’altro rimane più basso in vita, quasi volesse proteggerla da qualsiasi cosa riesca a farla sgretolare in quel modo e nascondere quel momento di debolezza agli occhi del mondo. Ed è per quello che, nonostante l’incongruenza di tutto, si rivolge a Will con indifferenza, come se non avesse fra le braccia la grifondoro sotto lo sguardo curioso del padre. « Molto bene. Fra il Dover e New York. » Due posti che non potrebbero aver meno in comune, se non esponenti delle due famiglie di cui porta i cognomi. « Howthorne Delation » Due cognomi, appunto, per quanto scolasticamente abbia scelto di attenersi unicamente a quello materno, più ‘conosciuto’ in terra inglese, rispetto a quello americano tramandatogli dall’uomo al suo fianco. « Tasha, ciao. » L’unico saluto effettivo, mentre gli altri rimediano un cenno lieve del capo, appena oltre la testa di Merrow, giusto in tempo perché questa si tiri indietro, le braccia del serpeverde che per un attimo sembrano restie a lasciarla andare e a rivolgersi al padre come se nulla fosse accaduto. Il ‘Miss Loghain, è un piacere.’ pronunciato dall’uomo è abbinato ad un sorriso che si sposta poi sul figlio per recapitare uno ‘Scrivi a tua madre quando arrivi’ accompagnato da una stretta leggera della mano sul retro del collo e un lungo sguardo fra i due, un saluto che nonostante tutto potrebbe essere uno dei più calorosi nelle vicinanze e che termina con un cenno ai vari presenti prima di allontanarsi. E con lui, l’elfo di famiglia che si è premurato di sistemare i suoi bagagli sul treno in perfetto ordine, forse per ingraziarsi almeno un po’ il ‘padroncino’ inviperito nei suoi confronti. « Sì, saliamo. » E nonostante siano dirette a Will quelle parole, in risposta alla sua proposta, è Merrow che torna a guardare prima di sistemargli una mano bassa sulla schiena per condurla verso il treno, il suo corpo posizionato in parte dietro quello della ragazza e lo sguardo che corre intorno a loro, quasi cercasse qualcosa.
Totale e profonda riconoscenza, per coloro che sono accorsi a farle da scudo verso il mondo, ma è uno sguardo più intenso che rivolge a Tristan, abbandonando le sue braccia con la stessa reticenza sperimentata dall`altro. C`è un minuscolo momento di stasi, di consapevolezza del momento e dell`atto appena conclusosi, dove anche lei pare realizzare un bisogno che nemmeno sapeva d`avere. Si presenta al padre di Delation, con tutta l`eleganza che le hanno insegnato, rispondendo al suo dire con un sorriso un po` meno sghembo ma affilatamente complice «Il piacere è tutto mio, scusate l`intrusione.» non dà ulteriori spiegazioni però, salutando quindi l`uomo e volgendosi al treno. Quel contatto sulla parte bassa della schiena, ha uno stranissimo effetto su di lei, che inconsciamente s`avvicina maggiormente al corpo altrui, pur sempre muovendosi per montare sul treno. Il secondo fischio sancisce il loro distacco dalle famiglie, e lei può prendere un segreto sospiro di sollievo «Ssi..» un poco titubante, in risposta al dire ed allo sguardo di William «Cerchiamo uno scompartimento tutti assieme? Vi va? Tanto Becks ci raggiungerà sicuramente. Sarà a cercare Lance.» mormora lentamente, prima d`adocchiare oltre la porta d`uno scomparto poco più in là, un paio delle sue valige issate dall`elfo domestico di famiglia «Lì.. lì ci sono le mie.» niente soggetto, ma è chiaro ciò a cui si riferisca, indicando quindi la seconda porta a destra, per poi voltarsi in direzione di Tristan e mormorare leggermente «Dopo.. se hai un momento.» comincia con voce bassa, roca e calda, in maniera da venir udita solo da lui «Volevo darti il tuo regalo.» gli parla vicino, nonostante non ci sia più bisogno di stare così appiccicati, dato il corridoio un poco più largo e sgombro del binario su cui erano prima. Eppure la percezione spaziale sembra appena andata a farsi benedire. Pochi attimi e si muove in direzione dello scompartimento «Non vedo l`ora di cambiarmi. Non ne posso più di questi vestiti.» e che se lo strapperebbe di dosso con rabbia, è evidente a tutti.
Ma ascolta, saluta e si comporta con tutta l’eleganza e la cortesia imposta dall’educazione ricevuta, anche quando abbracci inaspettati giungono a destabilizzare interiormente l’animo di chi non gradisce nessun tipo di contatto fisico. E se lo sguardo confuso di Mr Howthorne è scivolato in silenzio sull’arrendevolezza del figlio, lo stesso avrà a che fare con tutto ciò presto o tardi. Perché si ritrova a poggiare con delicatezza la mano sulla vita di Merrow in un gesto che, nonostante tutto quello appena successo, parla di una confidenza che ancora difetta ai due e al comportamento di lui. Così come il fatto che li segue, apparentemente concorde al condividere lo scompartimento con loro, ascoltando i loro discorsi senza però intromettersi in alcun modo. Almeno fino a che Merrow non si rivolge a lui direttamente. « Sì, va bene. » Annuisce piano, fissando per un momento lo sguardo sul volto della ragazza, quasi fosse alla ricerca di qualcosa di preciso, prima che questa si allontani di punto in bianco. E se la guarda andare via, lo fa con attenzione, prima di spostare lo sguardo su Will per un lungo momento, lasciando che lo stesso saetti nuovamente sulla grifondoro in una tacita richiesta di tenerla d’occhio forse. Qualcosa che lui non farà, a giudicare come non sembri voler muovere passi verso lo scompartimento pieno, piuttosto diretto altrove. Magari semplicemente a trovare i suoi bagagli, finiti chissà dove.
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olstansoul · 3 years
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Sacrifice, Chapter 12
PAIRING: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
"Mamma sono a casa"disse la bionda togliendo le chiavi di casa sua dalla toppa e proseguendo all'interno della casa.
Wanda seguiva Natasha piano, girandosi attorno e notando le foto di Natasha da piccola, insieme ad un'altra bambina anch'essa bionda.
"Dai vieni! Non ti mangia nessuno"sussurrò la bionda a Wanda.
"Sto solo guardando come eri carina da piccola"disse lei in sua difesa indicando le foto della ragazza di fronte a lei.
"Si ci pensiamo dopo, okay?"disse lei trascinandola nel piccolo salotto collegato alla cucina.
"Natasha..."disse una voce che sembrava essere quella di sua madre.
Wanda si guardava ancora attorno, vedendo come casa di Natasha era decorata con tanti quadri particolari e gingilli vari e il colore predominante era il rosso.
"Si, mamma sono qui..."disse lei e la voce che l'aveva chiamata proveniva dalle sue spalle.
"Oh...vedo che sei in compagnia"disse la donna e fece girare dietro le due ragazze.
La bionda con un sorriso e l'altra anch'ella con un sorriso ma più mantenuto rispetto a quello entusiasta di Natasha.
"Salve"disse Wanda facendo un cenno con la mano.
"Tu dovresti essere Wanda, giusto?"
"In persona"
"Io sono Melina, la madre di Natasha. Mi ha parlato molto di te"disse lei.
Melina era una donna molto bella, capelli e occhi scuri, sembrava indaffarata nelle mille faccende di casa ma era anche presentabile.
"Davvero? In così poco tempo?"chiese Wanda curiosa.
"Si, lo so è troppo affrettato..."disse Natasha con un sorriso di scuse che Wanda riuscì a ricambiare con uno più sincero.
Non pensava che Natasha fosse molto espansiva e non sapeva neanche se questo era positivo o meno, ma per ora le piaceva.
Con le mani nelle tasche posteriori dei jeans, Wanda continuò a perlustrare il resto della casa e notò come ogni particolare era messo perfettamente bene.
E la cosa più bella erano le fotografie appese.
"Posso permettermi di fare una domanda?"disse Wanda.
"Oh...si"disse Natasha più sollevata rispetto a prima.
"Come mai tu sei bionda se tua madre sembra Biancaneve?"le due donne risero.
La più piccola era di fianco a lei mentre la più grande era vicino ai fornelli pronta a cucinare qualcosa.
"Beh è una domanda che viene fatta spesso in questa casa quando abbiamo ospiti..."iniziò a spiegare la signora Romanoff.
"...sia Natasha che Yelena hanno preso dal padre, Alexei. Sai Mendel? Io carattere recessivo e lui dominante. Praticamente ha vinto lui..."
"Yelena? Tua sorella? Quella che ho visto nella foto vicino alla porta di casa?"
"Proprio lei..."
"Beh, signora Romanoff mi dispiace un sacco per lei"
"Oh, figurati tesoro. Ormai ci ho perso le speranze, quando andiamo in giro insieme spesso mi scambiano per l'amante di Alexei e non ci credono neanche se glielo spiego dieci volte che sono la moglie...."
"Potresti anche spiegarlo a chiunque per dieci volte, la cosa più importante è che sei mia moglie e che ti amo..."disse una voce molto profonda e maschile che proveniva da fuori.
A quella affermazione Natasha si nascose il viso con una mano e nel mentre Wanda guardava la scena con un sorriso smagliante sulle labbra.
"Papà..."disse Natasha.
"Oh, oddio scusate! Non avevo ancora capito che era arrivato l'ospite...io sono Alexei Romanoff, il padre di Natasha"disse lui prendendo la mano di lei e facendo il gesto del baciamano.
"Oh andiamo Al, si un po' meno formale. Ora Wanda è come se fosse di famiglia"disse sua moglie e a quella affermazione lei si illuminò.
"Piacere Wanda e scusami sono solo un cavaliere con le dame"
Lei rise, sentiva dentro di sé come se si trovasse al punto giusto al momento giusto. I genitori di Nat erano davvero carini e la facevano sentire a proprio agio, così come anche la sua nuova amica.
"Beh, noi andiamo in camera. Abbiamo un progetto da iniziare, se vuole scusarmi Duca Alexei?"
Dopo il consenso da parte del padre di Natasha, le due si avviarono in camera della bionda pronte per un pomeriggio pieno di creatività.
"Quel piano è il tuo?"chiese la castana appena entrò nella stanza di Natasha.
"No, quello è di Yelena e mi meraviglio di come sia ancora intatto...Mister Fuzzy, sul mio letto,no!"disse la bionda improvvisamente facendo scattare Wanda.
La vide che prendeva una grande palla di pelo arancione e la poggiò sul pavimento.
"Mister Fuzzy?"chiese Wanda.
"Si, lui è il vero padrone di casa...sembra che gli piaci"disse Natasha vedendo che il suo gatto si lisciava sulle gambe della castana.
"Vero, riesco a sentire le fusa da qui"disse Wanda.
"Allora...diamo il via a questo pomeriggio creativo insieme?"
Erano solo le quattro del pomeriggio e fino alle sette rimasero rinchiuse nella stanza di Natasha, piene di matite colorate e di cartoncini, con un computer acceso e fogli sparsi ovunque.
"Credo che sia abbastanza, vero?"chiese la castana girandosi verso la bionda messa dall'altra parte della scrivania mentre colorava il titolo.
"Si, va bene..."
C'era la castana ancora con la testa di fronte al computer, pronta a raccogliere ulteriori informazioni sull'epoca vittoriana in Inghilterra e l'altra invece, la bionda, era ancora con le mani tutte sporche di colori.
Si era perso parecchio tempo, fin quando Wanda si accorse che era ora di cena e sarebbe dovuta tornare a casa.
"Nat, io...io dovrei tornare a casa"disse lei con un po' di timidezza.
"Oh giusto, avrei dovuto accorgermene. Ti ho trattenuta troppo!"disse lei alzandosi e sistemandosi delle ciocche di capelli dietro le orecchie.
"Tranquilla, è stato divertente passare un pomeriggio con te..."
"Davvero?"chiese la bionda con un leggero entusiasmo.
"Si, davvero! Non passavo un pomeriggio così da tanto tempo"
"Beh, allora lascia che ti accompagni"disse lei vedendo che la castana già si avviava alla porta.
"Oh no, tranquilla grazie"
"Va bene, mi mandi un messaggio appena arrivi a casa?"
"Sarà fatto!"disse la castana e si fece accompagnare alla porta da Natasha che la salutò con due baci sulla guancia e Wanda rimase parecchio sorpresa.
Percorse il tratto di strada lentamente senza troppa fretta ma riuscì lo stesso ad arrivare in tempo per la cena.
"Ehi...ero convinta che la mamma di Natasha ti trattennesse per la cena"disse sua madre appena lei entrò in casa.
"Ciao anche a te mamma! No, purtroppo non mi ha trattenuto, anche se avrei voluto cucina davvero bene!"
"Stai sottovalutando le doti culinarie di tua madre?"chiese lei e Wanda rise.
"Oh, non mi permetterei mai!"disse lei alzando le mani in segno di resa.
"Mamma sono pronte le cotolette?"chiese Pietro dal piano di sopra e al sentire la voce del suo fratellino Wanda sorrise.
"Certo, inizia a scendere che è arrivata anche tua sorella"
"Okay, vado a lavarmi le mani"
Wanda prese già posto e sua madre iniziò ad impiattare, Clint prese posto anche lui e aspettarono Pietro per iniziare a cenare.
"Come è andata la ricerca?"chiese Clint rivolgendosi a Wanda.
"Oh...bene, Natasha ha deciso di fare un qualcosa di più creativo e così ci siamo divise. Io le ho fornito le informazioni e lei ha reso ancora più bello il nostro cartellone"spiegò Wanda.
"Spero che abbiate fatto un ottimo lavoro"disse Clint.
Wanda annuì con un leggero sorriso e in quello stesso istante il suo cellulare vibrò, un nuovo messaggio.
"Direi che potete puntare tutto sulla creatività"disse sua madre.
"Già..."rispose prontamente lei e subito un nuovo messaggio le arrivò.
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"Parli del diavolo..."disse lei vedendo che uno dei messaggi che le erano arrivati, era di Natasha.
Si alzò dalla sedia per poter andare in camera sua e, per la seconda volta, sua madre la fermò.
"Non mangi più?"chiese lei.
"No ma la cotoletta era buonissima e poi sono piena, la mamma di Natasha ha fatto la torta di mele e poi mi ha offerto tante altre cose che non riesco più a mangiare..."
"Okay, va bene..."disse sua madre con un sorriso, era felice per sua figlia.
Lei chiuse la porta di camera sua e si sedette direttamente sul suo letto, stendendosi poi e rispondendo a Natasha.
Natty 🍒
Sei tornata a casa?
Wan🌸
Si, tutto a posto tranquilla. Grazie per esserti preoccupata...
Natty🍒
Mi sono sentita di farlo, volevo scusarmi...
Wan🌸
Scusarti? E per cosa?
Natty🍒
Ho parlato di te troppo presto a mia madre e a tutto il resto della famiglia ed è sembrato troppo affrettato...
Wan🌸
Ma no tranquilla...i tuoi sono davvero carini, mi hanno fatto sentire a casa e poi la torta di mele di tua mamma è davvero squisita.
Natty🍒
Davvero? Ne sei sicura?
Pensavo ti avesse dato fastidio...beh allora la convincerò a farla più spesso.
Wan🌸
Si, davvero. Ne sono sicurissima. Bene, allora appena la rifarai correrò subito da te...
Natty🍒
Oppure passo io a prenderti...
Lesse il messaggio con un sorriso stampato sulle labbra, non sapeva ancora il perché ma con Natasha si sentiva davvero a suo agio, senza troppi pensieri inutili e sopratutto pregiudizi.
Forse aveva trovato, per la prima volta, una vera amica di cui fidarsi.
Si alzò definitivamente dal letto iniziando a togliere le scarpe che aveva al piede da questa mattina, andò in bagno e si spogliò completamente. Mise i suoi vestiti sul cesto di vimini che aveva in bagno, li avrebbe messi in lavatrice sua mamma.
Per ora prese solo il suo pigiama, lo indossò e come ogni sera si lavava i denti e spazzolava i capelli, ma stavolta non li intrecciò in una treccia così come amava fare, li lasciò sciolti in modo che avessero coperto tutti i cuscini.
Spense la luce nel bagno e si avvicinò al letto, tolse tutti i cuscini da sopra di esso e si mise sotto le coperte, stava per arrivare novembre e stava iniziando a fare freddo.
Lasciò la luce del comodino acceso e spense quelle attorno al suo specchio, che non usava mai e prese il suo libro quasi finito, ma qualcun'altro dall'altra parte della città che però ora era dall'altra parte dello schermo non aveva voglia di aspettare ancora per una risposta.
Capitano Barnes 🏀
Vuoi continuare ad ignorarmi?
Wan🌸
Ero da Nat ed ora sono immersa nell'ultimo capitolo del libro...
Capitano Barnes 🏀
Okay, allora ti lascio alla tua lettura sperando che non possa perderti un particolare preciso
Wan🌸
Che tipo di particolare preciso?
Capitano Barnes 🏀
Niente sorprese Maximoff...ci vediamo domani, vero?
Wan🌸
Va bene, Barnes. A domani.
Le ci volle veramente poco a prendere sonno, con un sorriso stampato sulle labbra e, anche stavolta, con degli occhi azzurri che le invadevano i sogni.
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dreamerwriter18mha · 4 years
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CRONACHE DI YUUEI - GROUND ZERO Capitolo 9 - Incubi
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PAIRING: KIRISHIMA X BAKUGO    RATING: +18    GENERE: Fantasy AU
NDA: occhio gente che qui le cose si fanno scottanti (In realtà faccio finta di avvertirvi, lo so che stavate tutti aspettando questo momento). Scusate se ci ho messo tanto, ma quando scrivo smut c'è sempre quella sottile linea tra sexy e volgare che non voglio mai, mai, superare, quindi ci metto sempre un po' di più.
I due ragazzi consumarono la loro cena seduti sul letto di Bakugo e Kirishima lo adorò. C'era qualcosa di così familiare e confortevole nell'abbandonare le formalità e starsene lì, da soli, seduti uno di fronte all'altro a ridere, scherzare e raccontarsi storie.
Quando si fece troppo tardi, Katsuki lo cacciò a letto con un ultimo bacio e, per quanto la giornata fosse stata stancante, Eiji non riuscì minimamente a prendere sonno. Ripensando agli eventi della giornata il suo cuore batteva all'impazzata. Fino a qualche ora prima era certo che sarebbe stato buttato fuori e non solo Bakugo non l'aveva fatto, ma l'aveva perfino baciato. Kirishima non era certo di come si sentisse in merito. Nel tempo aveva imparato a temere i contatti anche solo lontanamente sessuali, ma baciare Bakugo era tutta un altra cosa.
Continuò a rigirarsi nel letto per una buona mezz'ora, finché finalmente non scivolò nel sonno.
Lentamente i suoi occhi si aprirono. La prima cosa che percepì fu il buio nella stanza, poi il freddo, poi la debolezza. Aveva fame, come se non mangiasse da giorni, e sete. I suoi polsi facevano male. Sotto la schiena sentiva il freddo del pavimento. Che strano...eppure ricordava di essersi addormentato in una stanza calda, avvolto in morbide pellicce, su un soffice letto...ma questo non sembrava il castello, sembrava la sua gabbia...Bakugo...dov'era Bakugo? Il suo respiro accelerò nel panico. Non poteva essere...non era possibile...non poteva aver sognato...
Improvvisamente una luce illuminò le fredde sbarre della gabbia attorno a lui. Un uomo con la faccia che somigliava tantissimo ad una lucertola, con una fascia legata attorno agli occhi...una ragazza con i capelli biondi e un sorriso spaventoso...Shuichi...Toga...i suoi carcerieri.
"Buongiorno Eijiruccio...ben svegliato..." esclamò la ragazza con una risata da pazza, agitando nell'aria due enormi coltelli.
"In piedi verme, il capo non è contento del tuo comportamento di ieri...è ora della tua punizione" spiegò Shuichi aprendo la porta della cella.
Solo allora vide la frusta appesa alla sua cintura.
"No...no no...Bakugo...Bakugo..." singhiozzò, indietreggiando fino a toccare le sbarre, con il corpo che tremava.
"Oh Eijiruccio...chi è Bakugo? Il tuo nuovo amico immaginario?" lo prese in giro Toga.
"Nessuno verrà a salvarti merdina, tu non vali niente, ricordatelo. E adesso, in ginocchio" ordinò Shuichi, facendo schioccare la frusta accanto a lui.
Possibile...possibile che l'avesse sognato...? Bakugo...il suo bellissimo Bakugo...non esisteva? Uraraka...Amane...tutto un sogno della sua mente delirante...?
I singhiozzi esplosero dal suo petto prima che potesse fermarli...Toga scosse la testa contrariata...odiavano quando piangeva...era così debole...
Shuichi si avvicinò con rabbia per afferrarlo, gli strattonò la spalla per sbilanciarlo e lo gettò a terra...Kirishima si preparò a colpire il terreno...
Kirishima spalancò gli occhi con un sussulto. Il suo cervello ronzava per il colpo di frusta dell'improvviso risveglio.
Sentiva l'umidità delle lacrime sul viso.
Scattò a sedere allarmato, cercando Shuichi e Toga nella stanza, ma non c'era traccia dei due bastardi. Non c'era traccia nemmeno delle sbarre, se per quello.
Con un colpo secco la porta si spalancò.
"Eiji?" esclamò un ragazzo dai capelli biondi, facendo irruzione nella stanza con sguardo preoccupato.
Kirishima impiegò qualche secondo a inquadrare il nuovo arrivato, ma appena lo fece singhiozzò ancora più forte.
Istintivamente sollevò entrambe le braccia verso il nuovo arrivato, piagnucolando debolmente "Bakugo" tra un singhiozzo e l'altro.
Il biondo attraversò la stanza come una freccia, si sedette sul letto e in un istante le sue braccia furono attorno a Eijiro, sollevandolo dal materasso per sistemarselo in grembo.
"Shhh, tranquillo piccolo, va tutto bene, sono qui...sono qui..." mormorò, cullandolo dolcemente contro il suo petto.
"Bakugo...Bakugo...Bakugo..." continuò a ripetere Kirishima tra i singhiozzi.
Katsuki esaminò per un secondo il letto sotto di lui.
"Fanculo" brontolò, prima di sistemare meglio le braccia attorno all'altro e alzarsi in pedi.
Kirishima squittì debolmente al movimento.
"Bakugo...? Dove andiamo?" mormorò con voce rotta.
"Questo letto è troppo piccolo. Andiamo di là" rispose, attraversando la porta ancora aperta e puntando verso il suo letto.
Quando fu a portata, appoggiò Kirishima sul soffice materasso, ancora caldo dove Katsuki aveva dormito. Effettivamente quel letto era un po' più grande.
Appena la sua faccia affondò nel cuscino, Eijiro si morse il labbro per trattenere un gemito. L'odore di Bakugo era così forte nel suo letto che dovette sforzarsi di pensare ad altro per evitare spiacevoli conseguenze, anche se con il terrore del sogno ancora ben in mente non fu particolarmente difficile.
Una volta che il drago fu comodo, il Re si stese accanto a lui e sistemò le pellicce in modo che li coprissero bene entrambi. A quel punto si allungò verso l'altro e lo avvolse tra le sue braccia.
Kirishima si lasciò trascinare senza opporre resistenza, avido di qualsiasi contatto che Bakugo volesse concedergli.
Lentamente la tensione nelle sue spalle iniziò a sciogliersi. Bakugo era lì, con lui. Era stato solo un brutto sogno.
"Vuoi parlarne?" chiese il Re a bassa voce.
"No...non voglio pensarci più" rispose Eiji, spingendo la testa nel collo di Bakugo.
Era la prima volta che un brutto incubo si trasformava in un sogno meraviglioso. La sua pelle nuda formicolava dove era in contatto con quella di Bakugo. Kirishima non fu mai così contento di dormire solo con le mutande.
Quando poi la mano del Re si spostò sulla sua schiena, trascinando pigramente le dita su e giù per la sua spina dorsale, una morbida fusa vibrante si trascinò fuori dalle sue labbra e tutto il suo corpo si inarcò.
"Kat..." ansimò debolmente, strofinandosi come un gatto contro di lui.
Bakugo sembrò voler dire qualcosa, ma la sua bocca si aprì e chiuse senza emettere suono. Il suo viso era di un rosso intenso e stava fissando il muro dietro Eijiro con ampi occhi sbarrati.
"Kat...?" chiese Kiri preoccupato "mi dispiace...non avrei dovuto..." mormorò deluso, iniziando ad allontanarsi.
"No! Aspetta..." esclamò Katsuki riscuotendosi di colpo e trattenendolo "non intendevo...non volevo...cazzo...dammi un secondo..."
"Tranquillo piccolo, non hai fatto nulla di sbagliato" sussurrò il Re, accarezzandogli il viso "tutto questo è così...travolgente. Non sono abituato..." brontolò imbarazzato.
"Non dirlo a me...non ho mai avuto niente di...simile a questo, nella mia intera vita. Ma non riesco a trattenermi...quando mi tocchi è così...giusto" spiegò Kiri, balbettando un po'.
"E allora continuerò a farlo" rispose Bakugo con un sorriso pericoloso, ruotando Eijiro tra le sue braccia, in modo che la sua schiena premesse contro il suo petto.
"Katsuki...cosa fai?" chiese l'altro titubante.
"Rilassati e fidati di me...voglio solo farti sentire bene..." mormorò il Re, posando le labbra sul suo collo.
Lentamente, per dare il tempo a Eiji di abituarsi, distribuì baci bagnati e delicati morsetti lungo entrambi i lati del suo collo candido, mentre entrambe le mani scivolavano sul torace dell'altro, scorrendo lievemente sull'accenno di addominali che iniziavano a intravedersi sotto la pelle ambrata e poi su fino ai piccoli capezzoli rosati.
Kirishima sussultò al primo tocco, per poi ansimare pesantemente quando le delicate dita di Bakugo presero a sfiorarli in lievi carezze circolari, tutt'attorno alle punte sensibili. Fino a quel momento non aveva idea che il suo petto potesse dargli delle sensazioni così deliziose...
Katsuki continuò quella dolce tortura per un bel po', tentando diversi approcci con le piccole protuberanze rosa per vedere quale avrebbe strappato all'altro i più dolci lamenti. Scoprì che non amava particolarmente che fossero tirati, per quanto delicatamente, ma impazziva se li grattava lievemente con le unghie, e se li massaggiava con le dita bagnate di saliva andava completamente fuori di testa.
Si fermò solo quando Eiji strinse insieme le cosce con espressione addolorata. Quello fu il suo segnale che era il momento di passare oltre.
Con un sorriso soddisfatto afferrò l'orlo delle mutande di Kiri, ma prima gli accarezzò dolcemente la guancia.
"Ti fidi di me?" chiese.
"Sì" rispose il rosso senza fiato.
"Sta calmo e ricorda che non ti farei mai del male" mormorò, voltandogli la testa per baciarlo.
Il cervello di Eiji aveva chiuso i battenti parecchi minuti prima e perso com'era nel bacio non si accorse nemmeno della sua biancheria intima che scivolava giù.
Appena la mano calda e leggermente ruvida si avvolse attorno al suo membro, Kiri emise un respiro tremante e Bakugo dietro di lui sussultò così forte che il drago girò la testa preoccupato, per controllarlo. Qualunque cosa avesse sorpreso il Re così tanto, l'aveva lasciato con la bocca spalancata e le iridi rosse completamente inghiottite dal nero.
"Porca puttana..." esclamò senza fiato "questa cosa è enorme" piagnucolò, spingendo i fianchi contro il morbido culo di Eiji.
La sensazione della durezza che scivolava contro di lui fece quasi irrigidire il drago, ma si sforzò di ricordare le parole di prima. Non ti farei mai del male. Bakugo non era come Toga e Shuichi, non l'avrebbe forzato a fare qualcosa che non voleva e che gli avrebbe fatto molto male.
"Ed è un male?" chiese debolmente, per costringere il suo cervello lontano dalla pericolosa linea di pensieri.
"Scherzi vero?" sbottò Katsuki, iniziando a spostare lentamente la mano su e giù "voglio così tanto questa cosa meravigliosa dentro di me" ammise imbarazzato.
Un'indescrivibile scossa di piacere attraversò tutto il corpo di Eiji. La combinazione della mano sul suo cazzo e delle parole di Bakugo lo lasciarono senza fiato.
Quando improvvisamente la mano si allontanò, Kirishima quasi pianse, ma il Re la riportò subito al suo compito, dopo averci fatto cadere un po' di saliva.
L'aggiunta di lubrificante rese il movimento molto più scorrevole e il drago lasciò cadere la testa sulla spalla di Bakugo, con un espressione di pura estasi che quasi fece venire il Re nelle sue mutande. C'era qualcosa di assolutamente osceno nel modo in cui suoi occhi cremisi erano annebbiati e i denti affilati premevano nel labbro inferiore, nel vano tentativo di non essere troppo rumoroso.
"Ti piace, Eiji?" chiese.
"Oh sì...non smettere ti prego...è così bello..." gemette "c'è questa sensazione...nella mia pancia...è strana...ma mi piace..." cercò di spiegare.
Appena comprese il significato delle sue parole, Bakugo dovette trattenere il gemito osceno che gli salì alle labbra. Stava per dare a questo dolce, tenero, angelo il primo orgasmo della sua vita e la cosa lo eccitava molto più di quanto avrebbe dovuto.
"Vedrai...tra poco ti piacerà ancora di più...fidati di me..." ribatté il Re, spostando la mano per dedicare un po' di attenzione alla punta arrossata, già coperta di piccole gocce perlate.
Ne prese una con il dito e la distribuì con un lento movimento circolare.
"Oooh siiii...continua Kat..."
"Ti piace questo?"
"Sì mi piace da morire..."
Bakugo accarezzò per un secondo l'idea di continuare con quel ritmo...tenerlo sul bordo finché non l'avesse implorato, finché non avesse supplicato di lasciarlo venire. Fargli assaporare il dolce rilascio e poi negarglielo, ancora e ancora...ma questa era un idea per un altro momento, quando il dolce drago fosse stato un po' più a suo agio con il contatto fisico.
Per oggi decise che era abbastanza.
Riportò la sua mano alla posizione originale e riprese a pomparlo con colpi lenti e decisi, aumentando il ritmo quando Kiri inziò a gemere più forte, indicandogli che ormai era vicino.
"Kat...Kat cos'è questa...sensazione...nella pancia..." chiese ad un certo punto, interrotto dai forti gemiti che continuavano a sfuggirgli dalle labbra arrossate.
"Tranquillo tesoro...va tutto bene...rilassati, lascialo andare...sarà bello, te lo giuro..." rispose Katsuki con il respiro accelerato, sentendo il suo membro che iniziava a pulsare come quello dell'altro nella sua mano.
Anche lui stava per venire e non si era nemmeno toccato...possibile che questo piccolo drago avesse un tale potere su di lui?
"Kat...Kat..." piagnucolò Eiji inarcandosi contro di lui.
"Sì piccolo bravo...proprio così...vieni piccolo..." grugnì, accelerando la mano sempre di più.
Dopo un altro paio di pompe Kiri spinse forte i fianchi contro la sua mano e rilasciò il lamento più dolce e osceno che Bakugo avesse mai sentito, mentre spessi getti bianchi si riversavano sulla sua mano e sulla pelle ambrata. Anche il Re si lasciò sfuggire un debole lamento, mentre una chiazza scura si allargava sulla sua biancheria.
Mentre Eiji giaceva sul letto, senza nemmeno la forza di muovere un muscolo, Katsuki bagnò una sua vecchia camicia stracciata con un po' d'acqua e la usò per rimuovere ogni traccia di liquido biancastro dalla pelle del suo drago e poi da se stesso, sempre con questo sorriso divertito, ma al contempo affettuoso. Poi gettò il tessuto fuori dalla porta insieme alle sue mutande, ci avrebbe pensato una cameriera a portare tutto in lavanderia.
Una volta che ebbe indossato biancheria pulita tornò sotto le coperte e questa volta fu Eiji a prendere l'iniziativa e a stringerlo contro di se, con una fusa contenta che gli vibrava nel petto.
"Dormi piccolo, veglierò io sui tuoi sogni" sussurrò Bakugo, premendo un ultimo bacio sulle labbra di Eiji, che già iniziava a scivolare di nuovo tra le braccia di Morfeo.
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evilvenator · 4 years
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Capitolo 2
Castalia aprì gli occhi a fatica, guardandosi attorno. Era sdraiata su un pagliericcio. Si mise a sedere, la testa che le girava, le budella che sembravano essere in fiamme. “Caleb.”
Un ronzio insistente alle orecchie le impediva di pensare lucidamente, ma trovare Caleb era importante.
Si mise in piedi barcollando e a passi incerti raggiunse Lanaya, che sedeva sotto un albero poco lontano da lei.
«Castalia sei sveglia, devi avere gli Dei dalla tua parte!» La salutò calorosamente. «Eravamo tutti preoccupati per te, come ti senti?»
«Caleb. Dov'è?» La interruppe lei.
L'altra esibì un'espressione preoccupata. «Non lo sappiamo. Lo straniero che ti ha portata qui ha detto di non averlo visto da nessuna parte.»
«Straniero?»
«Si… credo sia un Venator, è lui che ti ha riportata qui due giorni fa... Davvero non ricordi?»
«Due giorni?!» Esalò Castalia, sconvolta. «Due giorni che non sapete dov'è Caleb, e nessuno è ancora andato a cercarlo?!» Un giramento di testa la prese alla sprovvista, facendola barcollare.
Lanaya fece per afferrarla, ma lei si scostò in malo modo. «La maggior parte dei nostri cacciatori sono fuori a cercarlo, ma quel Venator non ci ha detto dov'è la caverna dove ti ha trovata. Dice che il suo codice glielo impedisce.»
Castalia lo ignorò, non le interessava sapere nulla su quel Venator, voleva solo accertarsi che Caleb fosse vivo.
«In ogni caso, tua Madre ha detto che voleva parlarti, appena ti fossi svegliata, vado a chiamarla. Siediti.» Continuò Lanaya, allontanandosi poi in tutta fretta e tornando con la Somma Madre.
Castalia aveva camminato avanti e indietro per tutto il tempo, incapace di sedersi e in preda all'ansia.
«Vedo che stai meglio. Siamo stati fortunati che Rylan ti abbia trovato. È stato difficile persino per la mia magia liberarti da qualsiasi cosa fosse quell'oscurità, sembrava succhiarti via la vita.»
«Quindi, qualunque cosa sia, potrebbe aver preso anche Caleb?» Chiese Castalia, un nodo alla gola.
«Se ha incontrato la stessa entità, sì. Il Venator dice di averti trovata all'esterno di una caverna, già colpita dal male. Quel tipo pensa che ci potrebbero essere stati dei Risvegliati, in quelle caverne... è vero?» Le chiese la donna.
Castalia scosse la testa. «Ricordo solo la sfera Madre.» Rispose.
«Una sfera? Una sfera ha fatto tutto ciò? Non ne ho mai sentito parlare, in tutte le mie ricerche.» Sospirò. «Speravo di ottenere delle risposte, ma a quanto pare le domande aumentano. E Caleb è ancora scomparso, e la sua vita è più importante di qualsiasi artefatto. Se è stato infettato nello stesso modo in cui sei stata colpita tu, è in gravi condizioni. Rylan è tornato alla caverna per cercare i Risvegliati, ma non possiamo contare solo su di lui per ritrovare uno dei nostri.»
«Andrò io. So dov'è, e Caleb...» La interruppe Castalia, bloccandosi subito. Anche solo pensare che gli fosse capitato qualcosa era doloroso.
«Ti sei ripresa abbastanza?» Le chiese la Somma Madre.
La ragazza cercò di apparire più risoluta possibile. «Sto bene Madre. E sono l'unica qui a sapere dov'è la caverna. E se fosse successo qualcosa a Caleb...» Inspirò profondamente, ricacciando indietro le lacrime. «Devo trovarlo, Madre, lui lo farebbe per me....»
La donna accennò un sorriso stanco. «Molto bene. Ho dato ordine al clan di preparare i bagagli, partiremo verso le montagne, è tempo di spostarci Castalia. Porta Merril con te, andate in queste rovine e trovate Caleb, se potete.»
Castalia annuì, per poi allontanarsi senza aggiungere altro.
Lanaya la rincorse. «Castalia!»
Lei non si fermò neanche. «Sì?»
«Stai andando a cercare Caleb? Vengo con te.» Annunciò la ragazza. Era una cacciatrice esperta, e avere un’altra spada su cui contare le faceva sicuramente comodo. Castalia la ringraziò, mentre andavano a recuperare Merril.
Sulla strada, incontrarono Junar, un altro dei cacciatori, e un Druido che Castalia non aveva mai visto prima. Aveva il viso pulito, non portava alcuna pittura, tuttavia sembrava avere più o meno la stessa età della ragazza.
«Sono contento che ti sia ripresa!» La salutò Junar. «Non eri qua quando Damien è arrivato, vero?» Indicò il ragazzo di fianco, che arrossì leggermente, salutandola a sua volta. «Damien, è arrivato qualche giorno fa da una delle città qui vicino...»
«Scusate, ma ora proprio non mi interessa.» Lo interruppe sgarbatamente Castalia, proseguendo per la sua strada. Che qualche abitante di città si fosse rifugiato dal Clan non era una novità, ma la maggior parte di essi tendevano a non durare a lungo. Non erano cacciatori, addestrati da una vita e cresciuti nella foresta. Non come lei, o Caleb.
Caleb era forte, e scaltro, se la sarebbe cavata.
Raggiunsero Merrill, che li aspettava già pronta al limitare dell'accampamento.
«Come apprendista della Somma Madre, potrei scovare qualcosa che vi è sfuggito. In ogni caso, l'obbiettivo primario è trovare Caleb.» Li rassicurò la maga, mentre si dirigevano verso le rovine.
La foresta sembrava più cupa e ostile del solito, mentre i tre la attraversavano.
Improvvisamente, Castalia si accorse di qualcosa tra la boscaglia. Tese le orecchie, facendo segno agli altri di stare in allerta e preparare le armi. Merrill sfoderò il suo bastone magico, mentre Lanaya impugnava il suo arco.
Castalia si avvicinò furtivamente alla creatura: più bassa e tozza di lei, aveva però forma umana. Senza chiedersi cosa fosse, partì alla carica, cogliendola di sorpresa e disarmandola con un fendente preciso. Lanaya scagliò due frecce, una colpì l’cchio destro della creatura, l’altra il torace.
Il mostro cadde a terra morto.
Si fermarono ad esaminarla: di familiare, a parte avere due braccia, due gambe e una testa, non aveva altro. La testa era deforme, con denti appuntiti che uscivano dalla bocca e la faccia contorta in un ghigno malevolo, la pelle che sembrava essere stata fusa con dei pezzi di metallo inchiodati al cranio. Un'accozzaglia di pezzi di materiale e foggia diversi componevano l'armatura leggera, ricoperta da spuntoni di metallo aguzzo. L'arma, una spada dall'aria sinistra, era stata chiaramente assemblata rozzamente, e sembrava più un coltellaccio da macello che una spada vera e propria.
«Cos'è questa cosa? Un Risvegliato?» Chiese Merrill, chiaramente turbata.
«Non ne ho idea. In ogni caso, se ce ne sono altri, dobbiamo muoverci. Caleb potrebbe essere in pericolo.» Rispose bruscamente Castalia, rimettendosi in cammino e affrettando il passo. I ragni giganti erano una cosa, ma Risvegliati? Non erano addestrati a combattere quella roba. Dovevano trovare Caleb e andarsene da lì il prima possibile.
Prima di raggiungere la rovina, incontrarono altre due di quelle creature, che eliminarono velocemente, seppur con qualche difficoltà. Castalia si rese conto che, nonostante fingesse di essersi ripresa, sentiva le gambe molli e le mani che reggevano la spada le tremavano leggermente.
Entrarono nella caverna, Merrill che si guardava intorno stranita. «Interessante.»
Castalia decise di ignorarla, mentre quella continuava ad analizzare le rovine.
«Dobbiamo trovare Caleb. O quel che resta di lui, dubito che sia ancora vivo, con quei mostri in giro...» Sentì dire da Lanaya.
Castalia si girò di scatto, fronteggiandola, furente. La superava di mezza testa. «Stai zitta. Non puoi saperlo.» Ringhiò, guardandola dritta negli occhi.
L'altra sembrò rendersi conto delle sue parole, perché chinò la testa in segno di scuse. «Mi dispiace, hai ragione. Scusa.»
«Non perdiamo altro tempo.» Dichiarò Castalia, voltandosi e ricominciando a camminare, la spada tenuta davanti a sé. Avrebbe ritrovato Caleb, non importava se avesse dovuto affrontare tutti i Risvegliati dell’Oblio.
Si inoltrarono tra i corridoi, ripercorrendo la strada che lei e Caleb avevano fatto due giorni prima. Incontrarono piccoli gruppi di quei mostri, ma riuscirono in qualche modo a cavarsela, anche e soprattutto grazie agli incantesimi di Merrill. Finalmente, raggiunsero la stanza che conteneva la sfera. Entrarono, sorpresi di trovarci già qualcuno.
Castalia provò una stretta al cuore, realizzando che la figura non era Caleb, bensì un umano.
«Ah, sentivo qualcuno combattere contro i Risvegliati. Tu sei la giovane Druida che ho trovato nella foresta, vero? La figlia di Almanna. Sono sorpreso di trovarti già guarita.» La salutò quello.
«Non ho idea di chi tu sia.» Lo squadrò guardinga.
«Anche se non ti avesse salvato la vita, un Venator merita rispetto.» La redarguì Lanaya.
Merrill abbassò il capo in segno di rispetto.
Castalia provò un moto di stizza nei confronti delle compagne. Poteva anche essere la Divina in persona, non le importava un bel nulla.
Prima che potesse ribattere, il Venator la interruppe, alzando una mano. «Non mi devi niente. Era mio dovere riportare al clan uno dei suoi cacciatori feriti, i Venator e i Druidi sono alleati da lungo tempo.»
«Stiamo cercando Caleb, il nostro compagno.» Tagliò corto Castalia, che non aveva alcuna intenzione di perdere tempo a parlare con Venator di cose futili. «Ero qui con lui, ha toccato la sfera e poi...» Restò in silenzio, incerta su cosa fosse realmente accaduto.
«La Sfera è un manufatto Nephilim, attira i Risvegliati. I Venator hanno trovato altre sfere prima d'ora, si crede che fossero usati dagli antichi per comunicare. Col passare del tempo, alcuni si ruppero, restando contaminate dalla stessa corruzione che ha ucciso i Nephilim. Se Caleb ha toccato la sfera, deve averla fatta uscire. È questo che ti ha infettato, e sicuramente ha infettato anche lui.» Spiegò l'uomo.
Castalia ascoltò attentamente. Qualcosa non le tornava, ma questa “corruzione” avrebbe spiegato il perché si sentisse così debole, nonostante le cure dei guaritori del Clan. «Quindi, ho contratto una malattia.»
Rylan annuì gravemente. «So che puoi sentirla dentro di te. Le cure sono solo temporanee, posso sentire come si stia diffondendo. E fintantoché questa sfera esiste, potrà infettare altri.»
La ragazza rimase in silenzio. Probabilmente, quello che l'uomo stava dicendo era la verità.
«Per ora, dobbiamo occuparci della sfera.» Sentenziò Rylan, estraendo uno dei due pugnali che portava sulle spalle e voltandosi verso l'artefatto. Sferrò con forza un colpo, mandando il vetro in frantumi, sprigionando un'energia che Castalia non seppe identificare. «Andiamocene, devo parlare con la Somma Madre riguardo ad una cura per te...» Disse l'uomo.
«E Caleb?!» Sbottò lei, furente.
«Non c'è nulla che possiamo fare per lui.» Rispose stoico l'altro.
«Non vado da nessuna parte senza di lui!» Urlò Castalia, furiosa. Che il Venator se ne andasse, non aveva bisogno né di lui né della sua cura. «Fen'Harel ma halam, shemlen, sei libero di andartene!» Si spostò di lato, per permettergli di levarsi di torno.
Lui restò impassibile di fronte al suo scoppio di collera. «Sarò chiaro: non c'è nulla che puoi fare per lui. Sono passati tre giorni da quando è stato infettato, senza che fosse curato. Tu sei sopravvissuta grazie alle cure della vostra Somma Madre, e alla tua volontà. Ma Caleb, non ha speranza. Devi fidarti di me.»
Castalia perse definitivamente le staffe. «Fidarmi?! Non ho alcuna intenzione di abbandonarlo, dovessi affrontare un centinaio di quei Risvegliati!» Fece due passi verso l'uomo, incurante del fatto che fosse molto più in alto di lei, più grosso e sicuramente più avvezzo al combattimento. «Non me ne frega nulla se morirò entro qualche giorno, non abbandonerò Caleb. E la tua fiducia te la puoi anche ficcare nel…»
«Castalia!» La interruppe Lanaya.
«Non intrometterti!» Le urlò lei, girandosi di scatto a fronteggiarla.
La guardavano come se fosse impazzita. Da Merrill se lo aspettava e degli estranei non c'era da fidarsi... ma Lanaya?! Guardò negli occhi quest'ultima, quasi implorandolo. «Non puoi pensarla come loro. Non puoi abbandonare il tuo migliore amico.»
Lanaya sfuggi al contatto visivo, abbassando lo sguardo. «Castalia... se è davvero la corruzione dei Risvegliati, credo che il Venator abbia ragione. Non c'è niente da fare per lui.»
La ragazza dovette trattenere le lacrime che le pungevano gli occhi. Come potevano tradirla in questo modo? Come potevano abbandonare Caleb ad un destino così orrendo? Scosse la testa. «Avremmo almeno dovuto trovare il corpo.»
«I Risvegliati l'avranno portato via.» Disse Rylan. Il suo tono era quasi dolce, come se stesse assecondando i capricci di un bambino. Castalia sentiva montare ancora di più la rabbia, verso di lui, verso i suoi cosiddetti amici, soprattutto verso sé stessa. Era tutta colpa sua.
La verità la colpì come un macigno: era colpa sua. Avrebbe potuto fermare Caleb, dirgli di tornare indietro, supplicarlo, convincerlo in qualche modo. E invece aveva creduto di poter affrontare qualsiasi cosa si nascondesse in quelle rovine. Si era lasciata convincere dal compagno, e ora era lui ad averne pagato le conseguenze, e lei ad essere rimasta sola.
Strinse i pugni, lasciandosi sfuggire un singhiozzo, le braccia rigide lungo il corpo. Abbassò lo sguardo, in segno di resa.
«D'accordo.» Acconsentì, guardando in basso verso il pavimento, i pezzi di vetro della sfera sparsi per la stanza, ora innocui. Gli altri la precedettero verso l'uscita. Merrill fece per avvicinarsi a lei ad un certo punto, ma qualcosa la fece desistere.
Raggiunsero l'accampamento dei Druidi senza problemi, anche se Castalia si rifiutò di estrarre la spada per combattere contro i Risvegliati che incontrarono lungo la strada.
«Siete tornati, è un sollievo.» Li accolse la Somma Madre. «Rylan, non mi aspettavo di rivederti così presto.» La donna li scrutò, un'espressione affranta in volto.
«Non mi aspettavo nemmeno io di essere di ritorno a breve, Almanna.» La saluto Rylan.
«Avete notizie di Caleb?» Chiese.
Castalia non rispose, restando in silenzio a fissare l'erba. Se si fossero messi subito alla sua ricerca, se quel Venator non avesse tenuto nascosto il luogo dove si trovavano le rovine, forse qualcuno dei cacciatori avrebbe trovato Caleb prima dei Risvegliati.
«È ormai troppo tardi per lui, non abbiamo trovato nulla.» Rispose.
La donna sospirò, affranta. «Ciò che temevo. Rylan, ho bisogno di parlarti un momento. Castalia, parleremo in seguito della tua cura. E riferisci ad Hahren l'accaduto, dovrà preparare una funzione per il morto.»
“Morto”.
La parola continuò a rimbombare nelle orecchie di Castalia ore dopo che la Somma Madre l'aveva proferita. A parlare con l'Hahren c'era andata Lanaya, vedendo come era ridotta l'amica. Aveva poi tentato di confortarla, ma non c'era niente che potesse fare.
Mentre l'intero clan si stringeva attorno al falò per commemorare uno dei loro cacciatori, Castalia li osservava da lontano. I Druidi non piangevano la morte, ma la accettavano come un evento naturale della vita.
Stronzate. Tutte stronzate.
Non poteva essere naturale. Sparito nel nulla a causa di una malattia magica portata da una sfera maledetta. Dov'era la normalità in tutto questo?!
Sopraggiunse la notte, e mentre venivano accesi fuochi per tutto l'accampamento, i Druidi si riunivano per dare un ultimo saluto ad uno di loro.
«Castalia, è il momento...»
La ragazza alzò lo sguardo, riconoscendo Lanaya.
Prese la mano che lei le offriva per alzarsi, per poi avvicinarsi agli altri. Erano tutti raccolti in cerchio, intorno a dove avrebbe dovuto esserci il corpo. Castalia avanzò verso il centro. Sua Madre le porse un oggetto, piccolo, di forma ovale. Un seme di qualche albero, che la ragazza non riconobbe. Non le importava neanche. Non ci sarebbe stato nessuno sotto le radici di quell'albero, non aveva senso.
Si inginocchiò, appoggiando le mani sulla terra umida e appena smossa, inspirandone l'odore.
«Ir abelas, ma vhenan. Tax’Din enasal enaste.» “Piango la tua perdita, mio cuore. Che Tax'Din ti guidi”. Sentiva le lacrime scorrerle giù dalle guance, ma non fece nulla per fermarle. «Che ti possa ritrovare presto, emma sa'lath.» “Mio unico amore, ci rincontreremo presto.” L'unica consolazione di quella corruzione, era che non avrebbe dovuto attendere a lungo.
«Tunkr'Din enasal enaste.» Recitarono in coro tutti gli altri. Uno ad uno, piano piano ognuno se ne andò, finché rimase da sola, accovacciata sulla terra umida. Non seppe per quanto a lungo rimase lì, ad aspettare che la Corruzione prendesse anche lei, ma quando sua Madre le appoggiò una mano sulla spalla, il cielo era ormai illuminato dalle prime luci dell'alba.
«Ti devo parlare.»
La seguì obbediente, senza più forze. Sua Madre Almanna la condusse da Rylan, che era rimasto in disparte, rispettoso del dolore del clan.
«Io e tua Madre abbiamo parlano a lungo Castalia, e siamo giunti ad un accordo che ti riguarda. Il mio ordine ha bisogno di aiuto, e tu hai bisogno di una cura. Me ne andrò tra poche ore, e spero che tu scelga di venire con me. Saresti un eccellente Venator.» L'uomo sembrava sincero. A Castalia non interessava.
«Grazie, ma non è necessario.» Rifiutò senza troppi giri di parole.
«Forse non hai capito la tua condizione. La Corruzione non può essere curata, alla fine ti ucciderà lo stesso. Le cure che hai ricevuto hanno rallentato la diffusione, ma nel giro di qualche tempo sarai morta, o peggio. Unirti ai Venator può impedirlo.»
«Non mi interessa.» Scosse la testa.
«Noi Venator stiamo combattendo contro qualcosa di orribile, la stessa cosa che ha ucciso Caleb e infettato te. Ci servono guerrieri. Il nostro ordine è l'unica cosa che può contrastare il Signore dei Vermi, e le sue armate di Risvegliati, non capisci?» Le chiese Rylan. Dal tono, cominciava a spazientirsi. «Non lo faccio per pietà, ma perché credo tu abbia del potenziale.»
«Il Signore dei Vermi?»
«Il suo nome è Urthemiel, e ha l’aspetto di un enorme Drago nero. Lui e la sua orda di Risvegliati stanno distruggendo qualunque cosa incontrano, e la Fratellanza ha bisogno di gente in gamba per combattere quel mostro.»
«Oh, non ne dubito.» Lo interruppe Castalia. «Ma ho il diritto di rifiutare. Se devo morire, morirò nel modo che preferisco. E sarò grata quando arriverà il momento.»
«Castalia ora basta! Non è da te piangerti addosso in questo modo!» Esclamò sorpresa sua Madre. «Capisco che la morte di Caleb sia stata un duro colpo, so che eravate… innamorati, ma non avrebbe voluto vederti gettare via la tua vita! Non quando puoi dedicarla a qualcosa di più grande di tutti noi.»
«Non sapremo mai cosa avrebbe voluto Caleb. È morto no?» Ribatté furiosa la ragazza. «Mentre io sono ancora qua. No, Rylan Venator della Fratellanza, non andrò da nessuna parte con te.»
L'uomo perse la pazienza.
«Allora non mi lasci altra scelta.» Si schiarì la voce. «Invoco il Diritto di Coscrizione su questa ragazza, Castalia del clan Mahariel.» Annunciò.
«E io lo riconosco, Rylan Doheris Venator della Fratellanza.» Rispose la Somma Madre.
«Mi dispiace che non sia stata una tua decisione, ma la minaccia è troppo grande per essere ignorata.» Concluse l'uomo.
Castalia sgranò gli occhi. «Non può farlo!» Rantolò verso sua Madre.
Aveva preso la sua decisione, era pronta a morire, perché lasciava che questo estraneo la portasse via contro la sua volontà?!
«Castalia, lo faccio per il tuo bene. Non lasciarti morire, ma combatti per tutti noi.» Rispose semplicemente sua Madre, guardandola con occhi pieni di compassione.
La rabbia si impossessò nuovamente della ragazza, che si scagliò contro Rylan in un attacco di furia cieca.
Non avesse avuto altro che il piccolo pugnale che portava alla cintura, sarebbe anche stata una possibile minaccia per l'uomo, ma così ridotta, stanca, debilitata e quasi disarmata, fu facile per lui stordirla con un colpo alla testa.
«Hai carattere ragazzina. Sarai un ottimo Venator.»
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