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#sanzioni stradali
ifattinews · 2 years
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Aumenta tutto, aumentano pure le multe stradali, vediamo se, come e quando
Ogni due anni c’è l’adeguamento legato all’inflazione, questo è quanto prevede il Codice stradale. Quindi le prossime settimane potranno vedere apportati i “ritocchi” agli importi delle contestazioni del vigile. L’aumento dovrebbe essere maggiore del 10% (forse dell11%) e scatterebbe, laddove fosse disposto, a partire dal mese di gennaio del nuovo anno. Una mini-stangata Le associazioni dei…
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canesenzafissadimora · 9 months
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(Cagliari) - Ore 04.32, sei ragazzi, di età compresa tra i 19 e i 24 anni, stanno tornando a casa a bordo di una Ford Fiesta, dopo aver trascorso la serata in giro per le discoteche.
L’auto sulla quale viaggiano colpisce un cordolo, si impenna, striscia su un muretto, vola per aria, poi sbatte violentemente al suolo, ribaltandosi più volte.
Quattro ragazzi muoiono. Due riportano fratture al volto e gravi traumi interni, ma per fortuna, assicurano i medici, non sono in pericolo di vita.
Sale così a 420 il conto delle vittime di incidenti stradali nei week end estivi.
Per questo motivo, il Ministro Salvini sollecita l’approvazione della nuova legge sulla sicurezza stradale (che prevede un rafforzamento delle misure di contrasto alla guida sotto l’effetto di alcol o droghe, limitazioni per i neo patentati, severe sanzioni per la sosta in doppia fila…).
Va tutto bene, ma a me sembra che questo Governo abbia una sola risposta per tutte le emergenze: creare nuove figure di reato o alzare le pene per reati già esistenti.
Chiaramente, nella visione del mondo della maggioranza mancano due parole di fondamentale importanza: “educazione” e “cultura”.
A differenza del diritto penale emergenziale, educazione e cultura richiedono tempo, investimenti e lungimiranza.
Ma solo lavorando in questa direzione possiamo sperare di cambiare davvero le cose.
11.9.2023
dalla pagina fb del prof Guido Saraceni
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ilpianistasultetto · 2 years
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Oggi ho seguito la conferenza stampa dell'ex premier Conte. Su diverse cose che ha richiesto a Draghi potrei anche approvare, seppur a parole son tutti bravi ma poi ecco la proposta che mi ha fatto capire che anche quest'uomo serio ed onesto (lo credo veramente) a volte non sa di cosa parla. La proposta e' il solito condono fiscale per gli evasori e i furbetti. "La gente ha attraversato una pandemia e non ha i soldi per pagare le cartelle esattoriali. Quindi, via sanzioni e interessi e si paghi solo il dovuto, possibilmente con una rateizzazione lunga". Caro presidente Conte, la informo che in questo periodo stanno arrivando cartelle esattoriali sospese nel 2020-2021 proprio causa pandemia. Sono soldi di imposte non versate allo Stato, contribuzioni Inps o multe stradali emesse dai comuni. La informo che nessuna di queste cartelle e' stata emessa per gli anni 2020-2021 (troppo presto) ma sono tributi anni 2016-2017-2018 e qualcosa 2019. Sono anni di pandemia? No, no e no! Sono i soliti milioni di furbetti che preferiscono l'auto nuova, la vacanzona o altre diavolerie materiali alle imposte, tanto poi arriva il solito condono comodo comodo. E basta, santa pupazza! I politici dimostrano di non sapere assolutamente di cosa parlano, altrimenti saprebbero bene che prima della cartella esattoriale arriva sempre un avviso bonario con sanzioni irrisorie e la possibilita' di rateizzare. Quindi, se uno vuole, ci sono diverse modalita' per regolarizzare i debiti con lo Stato. Il fatto e' che ormai il cittadino sa bene come funziona la PA e quindi se ne fotte di tutto. Gli stessi cittadini che poi imprecano in periodo covid perche' gli ospedali fanno schifo, con poco personale e zero mezzi tecnologici o perche' lo Stato non da miglia di euro a pioggia alle attivita' commerciali in crisi o mesi e mesi di cassa integrazione a chi rischia di perdere il lavoro. Siamo un Paese di merda.
@ilpianistasultetto
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lamilanomagazine · 1 day
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Lamezia Terme: controlli nelle aree della movida, lavoratori irregolari e pubblici spettacoli senza autorizzazione
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Lamezia Terme: controlli nelle aree della movida, lavoratori irregolari e pubblici spettacoli senza autorizzazione. La Compagnia Carabinieri di Lamezia Terme, con il supporto del N.I.L di Catanzaro su tutto il territorio di competenza, con particolare riferimento alle zone della movida di Nicastro, ha messo in atto un servizio coordinato a largo raggio finalizzato al contrasto della criminalità diffusa e, anche alla luce dei numerosi incidenti stradali che hanno interessato il territorio lametino, al rispetto delle norme del codice della Strada nonché al controllo delle attività commerciali per contrastare il fenomeno del “lavoro irregolare”. Il piano, che ha portato all’impiego di circa 30 carabinieri, ha previsto l’esecuzione di una fitta serie di controlli su tutte le aree del comprensorio lametino. Pattuglie appiedate, a bordo di autoradio e in abiti civili hanno sorvegliato le aree interessate dalla maggiore concentrazione di persone. Sono state controllate più di 100 persone, 500 veicoli e 8 attività commerciali. I controlli hanno anche riguardato il rispetto delle norme in materia dei pubblici spettacoli e dell’illecita occupazione del suolo pubblico. I militari della Stazione Lamezia Terme Principale, coadiuvati da personale tecnico ARPACAL, hanno constato che 4 locali, non solo svolgevano pubblici spettacoli senza la prevista autorizzazione, ma l’emissione sonora era superiore ai limiti previsti, andando di fatto a disturbare il riposo delle persone residente nelle abitazioni limitrofe. Un ulteriore dato negativo riguarda il c.d. “lavoro in nero”: due attività di ristorazione sono state sospese in quanto venivano impiegati dipendenti senza il previsto contratto di lavoro con contestuale elevazione di sanzioni amministrative per un totale di 19.500 euro. Nel corso dei controlli, inoltre, è stato deferito un giovane per porto abusivo di armi in quanto, a seguito di perquisizione d’iniziativa personale e veicolare, è stato trovato in possesso di un caricatore di pistola cal. 7,65, contente 10 cartucce del medesimo calibro e 5 persone sono state segnalate alla Prefettura di Catanzaro ai sensi dell’art. 75 del D.P.R. 309/90 poiché sono state trovate in possesso di sostanze stupefacenti per uso personale: nel complesso i militari, durante i posti di controllo, hanno sequestrato 10 gr di Marijuana e 5 gr di cocaina. L’azione di filtro e setaccio, posto in essere dai vari reparti della Compagnia lametina ha permesso il raggiungimento di un ulteriore obiettivo: l’analisi dei flussi di transito sul territorio. Un approfondimento ulteriore per avere un quadro ancor più chiaro delle presenze nel comprensorio lametino in modo da attuare le più adeguate misure di prevenzione e contrasto alla criminalità diffusa. Il tutto in un rapporto di interconnessione e collaborazione tra la cittadinanza e l’Arma dei carabinieri.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Multe stradali: incassi in aumento del 6,9% nel 2023
Nel 2023, le principali città italiane hanno registrato un aumento del 6,9% dei proventi derivanti dalle multe stradali, per un totale di 584,7 milioni di euro incassati nelle 20 città più grandi. Lo rivela un'analisi del Codacons, basata sui dati diffusi dal Ministero dell'Interno. Multe stradali: le città dove si incassa di più Roma si conferma ancora una volta la città con il maggior numero di sanzioni elevate, con oltre 172 milioni di euro incassati (+29,7% rispetto al 2022). Seguono Milano con 147 milioni di euro (-3%) e Firenze con 45 milioni. Interessante è l'analisi delle multe elevate tramite autovelox, che hanno fruttato alle principali città 65 milioni di euro. In questo caso, Firenze vanta il primato con 18,7 milioni di euro, seguita da Milano (8,5 milioni), Roma (7,5 milioni) e Genova (5 milioni). Potenza e Firenze prime pro capite Considerando il numero di abitanti, Potenza e Firenze risultano le città con il più alto valore pro capite di multe, con un importo pari a oltre 123 euro a residente. Seguono Bologna con 111 euro e Milano con 107 euro. Fanalino di coda Napoli, con appena 8,2 euro pro capite, contro la media nazionale di 55 euro. Potenza raddoppia gli incassi, Trieste crolla del 33% Tra le città che hanno registrato il maggior incremento dei proventi da multe c'è Potenza, dove gli incassi sono raddoppiati passando da 3,7 milioni di euro nel 2022 a 7,9 milioni nel 2023 (+110%). In forte crescita anche Catanzaro (+41,8%), Venezia (+39,5%) e Pescara (+32,8%). Al contrario, nove città su 20 hanno visto un decremento dei proventi, con Trieste che registra un calo del 33% rispetto al 2023, seguita da Napoli (-15,5%) e Palermo (-10%). Che fine ha fatto l'Osservatorio sulle multe? Alla luce di questi dati, il Codacons si interroga sulla fine dell'Osservatorio sulle multe stradali, istituito dal decreto legge Pa bis del 2023 con l'obiettivo di monitorare l'utilizzo dei proventi delle sanzioni e l'efficacia degli autovelox. L'Osservatorio, che avrebbe dovuto essere operativo entro 90 giorni dalla conversione in legge del decreto, non ha ancora prodotto alcun report. "Non possiamo non chiederci che fine abbia fatto questo organismo - dichiara il presidente Codacons, Carlo Rienzi - soprattutto alla luce della crociata avviata dal ministro Salvini contro autovelox e limiti di velocità". Un quadro complesso I dati presentati dal Codacons evidenziano un quadro complesso e contraddittorio. Da un lato, c'è un aumento significativo dei proventi da multe in alcune città, dall'altro si registra un calo in altre. La situazione è ulteriormente complicata dalla mancanza di dati trasparenti sull'utilizzo dei proventi delle sanzioni e sull'efficacia degli autovelox. Sarebbe quindi auspicabile, secondo io Codacons, che l'Osservatorio sulle multe stradali diventi finalmente operativo e svolga il suo ruolo di monitoraggio e controllo. Foto di Siobhan Dolezal da Pixabay Read the full article
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Controlli a Ischia, identificate 408 persone
Controlli dei carabinieri, a Ischia: nel mirino dei controlli i porti commerciali, le principali arterie stradali e i luoghi di movida in occasione delle festività. Identificate 408 persone e controllati 156 veicoli tra auto, moto e scooter con 22 sanzioni contestate al codice della strada.     Durante i controlli militari hanno denunciato per porto abusivo di armi un 19enne napoletano che allo…
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comparepatente · 1 year
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Come comprare la patente di guida
Acquistare una patente di guida è un'azione illegale che comporta conseguenze gravi e non dovrebbe essere mai presa in considerazione. La patente di guida è un documento ufficiale rilasciato dalle autorità competenti dopo un processo di esame e formazione, ed è fondamentale per garantire la sicurezza stradale.
Ottenere una patente di guida richiede tempo, impegno e studio. Ecco alcuni passi che puoi seguire per ottenere una patente di guida legittima:
1. Preparazione: Studia attentamente il codice della strada e le regole di guida vigenti nel tuo paese. Prendi parte a corsi di formazione offerti da scuole guida accreditate per acquisire conoscenze teoriche e pratiche necessarie.l
2. Esame teorico: Sottoponiti all'esame teorico presso gli uffici competenti. Questo test verifica la tua comprensione delle regole di guida e le tue capacità cognitive legate alla guida sicura.
3. Lezioni di guida: Iscriviti a una scuola guida e prendi lezioni pratiche con un istruttore qualificato. Le lezioni ti aiuteranno a sviluppare le competenze di guida necessarie e a prendere confidenza con le diverse situazioni stradali.
4. Esame pratico: Dopo aver completato le lezioni di guida, dovrai sostenere l'esame pratico. Durante questo test, dimostrerai le tue abilità di guida in una varietà di situazioni stradali.
5. Rilascio della patente: Se superi con successo l'esame pratico, le autorità competenti rilasceranno la tua patente di guida. Ricorda che è un documento ufficiale che attesta le tue abilità di guida e la tua conoscenza delle regole della strada.
Seguire il processo legale per ottenere la patente di guida è fondamentale per garantire la tua sicurezza e quella degli altri utenti della strada. Acquistare una patente di guida falsa online è illegale, può portare a sanzioni legali e mette a rischio la tua sicurezza. Sii responsabile e rispetta le leggi stradali, ottenendo la tua patente di guida in modo legale e corretto.Q
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kritere · 1 year
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Incidenti stradali, Salvini annuncia sanzioni più dure per chi uccide sotto effetto di droghe e alcol
DIRETTA TV 22 Febbraio 2023 Il ministro dei Trasporti Salvini è intervenuto al question time alla Camera, per parlare di incidenti stradali: “Stiamo lavorando per una revisione delle sanzioni non solo penali ma anche accessorie per chi uccide sotto effetto di alcol o stupefacenti. Stiamo lavorando per una revisione del codice della strada, su monopattini e biciclette”. 0 CONDIVISIONI Durante…
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Fai Domanda Qui Online Per La Patente Di Guida Italiana Online
Il  Acquista patente di guida italiana è un documento rilasciato dal governo che consente al titolare di guidare legalmente un veicolo a motore su strade pubbliche all'interno del paese.
Per ottenere la patente di guida in Italia è necessario soddisfare determinati requisiti di età e formazione e superare esami di guida scritti e pratici. La licenza ha una validità di 10 anni, dopodiché deve essere rinnovata.
Il  Acquista patente di guida italiana è suddiviso in diverse categorie, ciascuna corrispondente a un diverso tipo di veicolo, come auto, moto, camion e autobus. I requisiti per ottenere ciascuna categoria possono variare, ma tutte le licenze devono essere ottenute attraverso un programma di formazione autorizzato e richiedono il superamento di un esame scritto e pratico.
Per ottenere la patente di guida in Italia è necessario:
• Avere almeno 18 anni (per patente auto).
• Completa un corso di guida certificato.
• Supera un esame di guida scritto e pratico.
• Fornire certificato medico.
• Presentare documenti di identità e di residenza validi.
Nota: requisiti di età e formazione diversi si applicano a diverse classi di veicoli.
La Acquista la patente di guida del Regno Unito è un documento che autorizza un individuo a guidare legalmente un veicolo a motore su strade pubbliche all'interno del Regno Unito.
Per ottenere una patente di guida del Regno Unito, è necessario:
• Avere almeno 17 anni (16 per i ciclomotori).
• Supera un test di teoria.
• Supera un esame pratico di guida.
• Fornire prova di identità e residenza.
• Supera un test della vista.
La patente di guida del Regno Unito è suddivisa in diverse categorie, ciascuna corrispondente a un diverso tipo di veicolo, come auto, moto, autobus e camion. Per ottenere una patente di una determinata categoria è necessario soddisfare determinati requisiti di età e formazione e superare una prova scritta e pratica.
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I titolari di una patente di guida del Regno Unito devono rispettare tutte le norme e i regolamenti stradali e possono incorrere in sanzioni, come multe o punti aggiunti alla loro patente, per eventuali violazioni. La licenza deve essere rinnovata ogni 10 anni, dopodiché deve essere scattata una nuova fotografia.
Uno Acquista patente di guida è una versione digitale della tradizionale patente di guida fisica rilasciata dal governo austriaco.To ob
Per ottenere una patente di guida austriaca online, devi soddisfare gli stessi requisiti di idoneità e superare gli stessi test di una patente fisica tradizionale. La licenza online è memorizzata su una piattaforma digitale sicura ed è accessibile alle autorità autorizzate e al titolare della licenza.
Una  Acquista la patente di guida austriaca online offre numerosi vantaggi, tra cui la possibilità di rinnovare o aggiornare rapidamente e facilmente le informazioni sulla licenza, oltre a fornire una registrazione sicura e facilmente accessibile dello stato e della cronologia della licenza.
È importante notare che la licenza digitale deve essere accompagnata da una carta d'identità fisica e non può essere utilizzata come documento autonomo. La carta d'identità fisica funge da prova ufficiale di identità e deve essere presentata insieme alla licenza online.
Click here to know more: Acquista patente di guida
Website: https://www.europadokumenti24hrs.it/
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roma-sera-giornale · 1 year
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Incidenti Stradali in aumento
Incidenti stradali in aumento
Il bilancio del 2022 della Polizia Stradale conferma alcuni trend preoccupanti. Aumentano gli incidenti con feriti e le sanzioni per uso di sostanze psicotrope e alcolici. L’effetto pandemia con le restrizioni della mobilità e la conseguente riduzione degli incidenti nelle strade, ormai è solo un lontano ricordo. Il numero dei sinistri è tornato a crescere stabilmente, spesso mortali e con feriti…
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telodogratis · 2 years
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Multe stradali, il Governo sospende gli aumenti previsti per il nuovo anno
Multe stradali, il Governo sospende gli aumenti previsti per il nuovo anno
Soddisfazione da parte del Codacons che nei giorni scorsi aveva rivolto un appello al Governo sul tema L’articolo Multe stradali, il Governo sospende gli aumenti previsti per il nuovo anno proviene da PalermoLive.Economia e lavoro, codacons, manovra, multe Con la decisione di sospendere gli aumenti delle sanzioni stradali, il Governo ha accolto il grido d’allarme lanciato dal Codacons sabato…
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forzaitaliatoscana · 2 years
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3nding · 3 years
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Gentilissimi Luca et al, ho pensato molto se scrivervi questo messaggio in quanto vedo spesso messaggi che vi infastidiscono, spero che queste mie considerazioni di carattere generale e nazionale possano essere motivo di confronto e non di scontro:
GENERALE
1. Il vostro paragone tra i metodi di produzione di energia diversi dal nucleare e il nucleare stesso è purtroppo falsato da due valori tra loro interconnessi: tempo di utilizzo e numero di centrali totali (nucleari Vs non). Per correttezza un paragone simile andrebbe fatto con lo stesso numero di centrali nucleari (o quanto meno maggiore di quello utilizzato negli esempi, ossia il numero di centrali esistenti) il che vorrebbe dire considerare anche l'aumento del rischio di imprevisti / incidenti nelle fasi di estrazione, lavorazione, trasporto, utilizzo, rifiuto, riciclo e stoccaggio dei materiali e dei prodotti e sotto prodotti che fanno parte della filiera. Al momento N Paesi ottengono energia dal nucleare, ma realisticamente
2. Il nucleare è il futuro per quali Paesi? Tutti? Alcuni? Con quale discriminante? La produzione e il fabbisogno energetico sono questioni che da sempre interessano la geopolitica: alleanze e contrasti (partendo da misure diplomatiche come sanzioni fino ad arrivare ad aggressioni militari vere e proprie) come si collocano in uno scenario di nucleare sicuro e diffuso?
3. Elencare gli incidenti avvenuti nel trasposto, produzione e nella gestione di altre forme di energia non è un punto a favore del nucleare in quanto si parte dal presupposto che almeno sulla carta, ciascuno di quei passaggi finiti male - se non malissimo - dovesse sottostare a regole e controlli già esistenti. Il problema è che regole e controlli esistono pure per il nucleare, il sillogismo imporrebbe quindi che potenzialmente potrebbero verificarsi gli stessi imprevisti ed incidenti. Sopratutto se consideriamo il fattore umano.
4. In termini di percentuali il 96% di riutilizzo del materiale radioattivo è incredibile. Lo è meno glissare sul restante 4% (nuovamente, un 4% attuale sarebbe differente da un 4% con N centrali in più) e sui problemi ad esso correlati. E sono purtroppo problemi seri se si parla di HLW. (high level waste) talmente seri che la identificazione di siti di stoccaggio ideali è molto limitata non tanto dalla sindrome NIMBY quanto dai criteri che un tale luogo dovrebbe soddisfare per un lunghissimo periodo di tempo (o almeno fino all'avvento di tecnologie in grado di utilizzare anche il restante 4%). Schacht Asse II in Germania ci ricorda costantemente che il problema è reale.
NAZIONALE
1. Dando per scontato che tutto venga progettato, realizzato e gestito a regola d'arte (è un esercizio di fiducia molto forte il vostro dovete ammetterlo) in un Paese dove la corruzione e la criminalità organizzata sono purtroppo capillari e dove rifiuti pericolosi (anch'essi sottoposti sulla carta a regole e controlli - sic.) vengono rinvenuti in campi coltivati, sotto manti stradali, in cantieri di infrastrutture importanti, ciò che non cambia è la situazione circostante. Mi spiego meglio: una centrale nucleare perfetta, pulita e sicura che resiste a un terremoto di magnitudo 9 (sto ipotizzando) quando i centri limitrofi vanno in crisi e crollano con magnitudo molto inferiori? Se in quel frangente dovesse esserci bisogno di un intervento d'emergenza, ve li immaginate i mezzi di soccorso bloccati perché sono crollati palazzi e strade? Non serve andare lontano con la fantasia basta pensare al terremoto abruzzese del 2009.
2. Ma anche in assenza di eventi catastrofici eccezionali la realtà di un Paese con una enorme necessità di gestione del rischio idrogelogico pone dei problemi reali (e potenziali) alla corretta gestione della realtà di una centrale nucleare e di ciò che ne deriva e ruota attorno. Frane, allagamenti, cedimenti non devono per forza colpire il manufatto, basta che ne compromettano il regolare funzionamento, approvvigionamento e gestione dei rifiuti. Ancora una volta una centrale nucleare all'avanguardia in un contesto arretrato e non in sicurezza è un problema.
Io non credo che siate in malafede o al soldo di una qualche lobby, credo siate accademici entusiasti del vostro campo e che questo entusiasmo vi porti involontariamente a non considerare alcuni lati problematici e che sono già in essere. Vi ringrazio per il lavoro che fate in quanto mi avete fatto cambiare idea mostrando platealmente la disinformazione costante contro questo argomento, sono passato dall'essere contrario al nucleare all'esserne a favore, ciò che ancora mi trattiene dal condividere il vostro ottimismo è il mio vissuto e la conoscenza della realtà quotidiana della natura umana in primis e italiana in secundis. Mi farebbe davvero piacere leggere in uno dei vostri futuri post i vari casi di worst case scenario per una centrale (o più centrali) in Italia includendo eventi avversi dal trasporto del materiale a quello della gestione e stoccaggio dei rifiuti.
Buona giornata
Questo un commento che avevo deciso di inviare a l'avvocato dell'atomo. Dopo l'ultimo rapporto ipcc sono sempre più convinto che sia proprio il paradigma applicato al modello attuale ad essere sbagliato: siamo fuori tempo massimo.
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paoloxl · 4 years
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I governi cambiano, la scure repressiva contro le lotte resta
La caduta del governo Conte Uno avvenuta lo scorso agosto e la contestuale nascita del Conte Bis “desalvinizzato”, avevano ingenerato in un settore largo della sinistra e dei movimenti sociali un sentimento diffuso di attesa per un cambiamento di passo in senso democratico.
Un attesa dettata non tanto dalla possibilità che il nuovo esecutivo “giallo-rosa”, nato in nome e per conto dell’Europa del Patto di Stabilità e del Fiscal Compact, potesse imprimere un vero cambiamento nelle politiche economiche o un reale miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e degli oppressi, quanto dalla speranza che l’esclusione della Lega dal governo potesse mettere almeno un freno all’ondata di odio razzista e all’escalation di misure e provvedimenti restrittivi delle cosiddette “libertà democratiche”.
Le prime dichiarazioni degli esponenti del PD (con a capo Zingaretti) e di LeU non appena insediatisi al governo, alimentavano questa speranza, nella misura in cui individuavano nei due Decreti Sicurezza- Salvini al tempo stesso il simbolo e il cuore dell’offensiva reazionaria guidata dalla Lega, dichiarando solennemente che queste misure andavano abrogate o, quantomeno, radicalmente mutate.
A quattro mesi di distanza dall’insediamento del Conte bis, appare evidente che quella speranza si sia ancora una volta tradotta in una pia illusione, e che anche stavolta ci siamo trovati di fronte alla classica “promessa da marinaio” ad opera dei soliti mestieranti della politica borghese.
Il decreto Salvini- Uno
Dei due decreti- sicurezza targati Lega e convertiti in legge grazie al voto favorevole dei 5 Stelle si è parlato e si parla tanto, ma il più delle volte per alimentare in maniera superficiale una presunta contrapposizione tra “buonisti democratici” e “cattivisti destorsi” che per analizzare (e fronteggiare) la portata reale delle misure in essi contenute.
Già il primo DL, che si concentrava quasi esclusivamente contro i richiedenti asilo e i lavoratori immigrati (imponendo una stretta feroce sugli sbarchi e sulla concessione dei permessi di soggiorno, eliminando gli SPRAR e assestando un colpo durissimo all’intero sistema dell’accoglienza facendo strumentalmente leva sulle contraddizioni e sul business che spesso ruota attorno agli immigrati) in realtà puntava già molto oltre, mettendo nel mirino l’esercizio di alcune di quelle libertà che a partire dal secondo dopoguerra venivano dai più considerate “fondamentali” e costituzionalizzate come tali in ogni stato che si (auto)definisce democratico: su tutte la libertà di sciopero e di manifestazione pubblica e collettiva del dissenso.
Nella versione originaria del Decreto, quasi mimetizzato nel mezzo di una lista interminabile di norme per il “contrasto all’immigrazione clandestina” utili a soddisfare le paranoie securitarie di un’ opinione pubblica lobotomizzata dal bombardamento mediatico a reti unificate sulla minaccia dell’“invasore immigrato brutto sporco e cattivo”, ci si imbatteva nell’articolo 23, una norma di neanche dieci righe recante “Disposizioni in materia di blocco stradale”, nella quale, attraverso un abile gioco di rimandi, modifiche e abrogazioni di leggi precedenti tipico del lessico istituzionale, in maniera pressoché imperscrutabile si introduceva la pena del carcere fino a 6 anni per chiunque prendesse parte a blocchi stradali e picchetti, fino a 12 anni per chi veniva individuato come organizzatore e con tanto di arresto in flagranza, vale a dire che se a protestare sono degli immigrati, alla luce proprio di quanto previsto dal medesimo decreto, una tale condanna si sarebbe tradotta nel ritiro immediato del permesso di soggiorno e quindi nell’espulsione dall’Italia.
Dunque, in un piccolo e apparentemente innocuo trafiletto si condensava un salto di qualità abnorme contro le lotte sindacali e sociali, con pene esemplari, contro ogni forma di manifestazione di strada e ogni sciopero che non si limitasse ad un’astensione dal lavoro meramente formale e simbolica (dunque innocua per i padroni): un idea di “sicurezza” che poco avrebbe da invidiare al Cile di Pinochet se è vero, come giustamente evidenziato dall’avvocato Claudio Novaro del foro di Torino1, che ad esempio, per i partecipanti ad un’associazione per delinquere il nostro codice penale prevede sanzioni da 1 a 5 anni di reclusione, per i capi e promotori da 3 a 7, per un attentato ad impianti di pubblica utilità da 1 a 4, per l’adulterazione di cose in danno della pubblica salute da 1 a 5. Per Salvini e i compagni di merende il reato di picchetto e di blocco stradale è considerato uguale a quello di chi recluta o induce alla prostituzione dei minorenni, di chi commette violenza sessuale contro un minore di 14 anni o di chi compie violenza sessuale di gruppo ed è addirittura più alto di quello del reato di sequestro di persona, della rapina semplice e della violenza sessuale su un adulto.
Tradotto in soldoni: per la Lega interrompere anche solo per qualche ora il flusso di merci e degli “affari” a beneficio dei padroni e contro l’ordine costituito (magari per reclamare il rispetto di un contratto collettivo nazionale di lavoro, impedire un licenziamento di massa, protestare contro la devastazione dei territori o contro megaopere nocive per la salute e l’ambiente o per denunciare il dramma della precarietà e della disoccupazione) rappresenta un “pericolo per la sicurezza” più grave e penalmente più rilevante che commettere uno stupro o far prostituire minorenni!
Il fatto che l’orda reazionaria  rappresentata dalla Lega, FdI possa giungere a tali livelli di delirio non sorprende più di tanto: a meravigliare (non per noi) alcuni della sinistra politica e sociale è stato invece il silenzio assordante della quasi totalità degli organi di stampa, dell’opposizione “democratica” e dei sindacati confederali CGIL-CISL-UIL, dalle cui fila non una sola parola è stata spesa per denunciare il colpo di mano dell’articolo 23, ne tantomeno per chiedere la sua immediata cancellazione: un silenzio pari o forse ancor più rumoroso dei tamburi di guerra leghisti tenendo conto che se una norma del genere fosse stata varata nella seconda metà del secolo scorso, essa si sarebbe tradotta in anni e anni di carcere, ad esempio per migliaia di iscritti e dirigenti sindacali (compreso il tanto osannato Giuseppe Di Vittorio) che in quegli anni conducevano dure battaglie sindacali all’esterno delle fabbriche o in prossimità dei latifondi agricoli, e laddove la Cgil e la Fiom di allora facevano ampio uso del picchetto e del blocco stradale quale strumento di contrattazione (fatto storico, quest’ultimo che gli attuali burocrati sindacali, epigoni di quella Cgil, preferiscono occultare, accodandosi in nome di un ipocrita legalitarismo all’ignobile campagna di criminalizzazione del conflitto sindacale…).
Un silenzio che, d’altra parte è stato quantomai “eloquente”, se si pensa che tra i principali ispiratori della prima versione dell’articolo 23 vi era Confetra, vale a dire una delle principali associazioni imprenditoriali del settore Trasporto Merci e Logistica, la quale già il 26 settembre 2018 (quindi più di una settimana prima che il testo del decreto fosse pubblicato in Gazzetta Ufficiale) per bocca del suo presidente Nereo Marcucci si precipitava a dichiarare alla stampa che tale norma era “un ulteriore indispensabile strumento di prevenzione di forme di violenza e di sopraffazione di pochi verso molti. Certamente non limita il diritto costituzionalmente garantito allo sciopero. Con le nostre imprese ed i nostri dipendenti contiamo molto sul suo effetto dissuasivo su pochi caporioni”2.
All’epoca di tale dichiarazione il testo del decreto era ancora in fase di stesura, tanto è vero che nella suddetta intervista Marcucci indica la norma antipicchetti come “articolo 25”: lasciando così supporre che i vertici di Confetra, se non proprio gli autori materiali della scrittura dell’articolo, ne fossero quantomeno i registi e gli ispiratori…
Ma chi sono quei “pochi caporioni” che Marcucci tira in ballo confidando nell’effetto dissuasivo del DL Salvini a colpi di carcere e codice penale? E che ruolo ha avuto Confetra in tutto ciò?
Il bersaglio di Marcucci, manco a dirlo, era ed è il possente movimento autorganizzato dei lavoratori della logistica rappresentato a livello nazionale dal SI Cobas e, nel nord-est, dall’ADL Cobas, che a partire dal 2009 ha operato un incessante azione di contrasto delle forme brutali di sfruttamento, caporalato, evasione fiscale e contributiva, illegalità e soprusi di ogni tipo a danno dei lavoratori, rese possibili grazie all’utilizzo di un sistema di appalti e subappalti a “scatole cinesi” e dell’utilizzo sistematico di finte cooperative come scappatoia giuridica: un azione che nel giro di pochi anni, attraverso migliaia di scioperi e picchetti (dunque riappropriandosi di quello strumento vitale di contrattazione abbandonato da decenni dai sindacati confederali integratesi nello Stato borghese ed oramai finito in disuso anche per una parte dello stesso sindacalismo “di base”) e potendo contare solo sulla forza organizzata dei lavoratori, ha portato ad innumerevoli vittorie, prima attraverso l’applicazione integrale del CCNL di categoria in centinaia di cooperative e ditte appaltatrice, e poi finanche alla stipula di ben 3 accordi-quadro nazionali di secondo livello in alcune delle più importanti filiere facenti capo all’organizzazione datoriale Fedit (TNT, BRT, GLS, SDA) e con altre importanti multinazionali del settore.
Questo ciclo di lotta ha portato nei fatti il SI Cobas e l’Adl a rappresentare nazionalmente la maggioranza dei lavoratori sindacalizzati della categoria, ma che ha dovuto fin dall’inizio fare i conti con una pesantissima scure repressiva: cariche fuori ai cancelli dei magazzini, fogli di via, divieto di dimora, sanzioni amministrative, arresti e processi a non finire, licenziamenti discriminatori e finanche l’arresto del coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani nel gennaio 2017 con l’accusa infamante di “estorsione” come conseguenza di un’ondata di scioperi che dalla logistica aveva contaminato l’”intoccabile” filiera modenese delle carni3. Confetra e le aziende ad essa associate si sono col tempo dimostrate le principali “teste d’ariete” di questa strategia, e cioè una delle controparti maggiormente ostili, refrattarie al dialogo e propense a trasformare il conflitto sindacale in un problema di “ordine pubblico” anche di fronte alle forme più intollerabili e plateali di sfruttamento e di caporalato.
E non è un caso se proprio Confetra risulta essere la parte datoriale “amica” di Cgil-Cisl-Uil, come dimostra non solo una condotta decennale tesa ad escludere i cobas dai tavoli di trattativa nazionali, ma anche la vera e propria comunione d’intenti, al limite della sponsorizzazione reciproca da essi operata sia dentro che fuori i luoghi di lavoro (appelli comuni alle istituzioni, eventi, convegni, biografie dei dirigenti Confetra in bella mostra sui siti nazionali dei confederali, “tavoli della legalità”, ecc.).
Una tale condotta da parte di Cgil-Cisl-Uil, che ha da tempo abbandonato il conflitto (seppur per una politica tradeunionista) per farsi concertativa e infine a tutti gli effetti consociativa, non poteva di certo tradursi in una qualsivoglia opposizione alle misure “antipicchetto” ideate da Salvini su suggerimento di Confetra…
Discorso analogo per l’intero panorama della sinistra istituzionale, del mondo associativo e della “società civile”, per le ragioni che vedremo in seguito.
Dunque, nell’autunno del 2018 gli unici ad opporsi coerentemente, organicamente e radicalmente al primo DL Salvini sono stati, ancora una volta, il sindacalismo conflittuale con in prima fila il SI Cobas, i movimenti per il diritto all’abitare (in particolare a Roma e Milano), alcuni centri sociali e collettivi studenteschi, la parte tendenzialmente classista, estremamente minoritaria, del mondo associativo e della cooperazione, alcune reti di immigrati col circuito “no-border”, i disoccupati napoletani del movimento “7 novembre”, qualche piccolo gruppo della sinistra extraparlamentare comunista, antagonista o anarchica, i No Tav e poco altro.
Buona parte di queste realtà hanno aderito all’appello lanciato dal SI Cobas per una manifestazione nazionale che si è svolta il 27 ottobre 2018 a Roma riempendo le vie della capitale con circa 15 mila manifestanti, in larghissima maggioranza lavoratori immigrati della logistica e non solo. Ma non si è trattato di un evento isolato: a latere di quella riuscitissima manifestazione il SI Cobas, supportato al nord da centri sociali e studenti e al centrosud da disoccupati e occupanti casa, ha indetto una numerose altre iniziative nazionali e locali, fino ad arrivare al vero e proprio assedio all’allora vicepremier 5 Stelle Luigi di Maio nella sua natìa Pomigliano d’Arco con una contestazione promossa da licenziati FCA e collettivi studenteschi il 19 novembre 2018.
E ancora una volta si è avuta la riprova che “la lotta paga”, due settimane dopo, all’atto della conversione in legge del DL- Sicurezza, la norma persecutoria prevista dall’articolo 23 è stata cancellata e ripristinata la norma precedente che in caso di picchetto o blocco stradale non prevede alcuna pena detentiva bensì una sanzione amministrativa da 1000 a 4000 euro (come si vedrà nel caso delle lotte alla Tintoria Superlativa di Prato, questa misura, disapplicata e di fatto finita in desuetudine per decenni, verrà rispolverata con forza e con zelo durante tutto il 2019 contro operai in sciopero e disoccupati). Ad ogni modo, le proteste autunnali hanno probabilmente ricondotto a più “miti consigli” almeno una parte dei 5 Stelle, già all’epoca dilaniati dalla contraddizione insanabile tra le aspettative suscitate nella componente operaia del suo elettorato e le imbarazzanti performance governative fornite dai suoi vertici finiti a braccetto prima con la Lega di Salvini, poi col tanto vituperato PD.
Alla luce di questo parziale ma preziosissimo risultato, ottenuto con la mobilitazione di alcune decine di migliaia di manifestanti, qualcuno dovrebbe chiedersi cosa sarebbe rimasto del DL-Salvini se quelle organizzazioni sindacali confederali che tanto sono “maggiormente rappresentative” sui luoghi di lavoro, se non fossero ormai integrate nello stato a difesa degli interessi capitalisti si “ricordassero” quale dovrebbero essere il loro ruolo e fossero scese in piazza contro questa legge reazionaria e razzista: con ogni probabilità (e come sta insegnando in queste settimane il movimento francese contro la riforma pensionistica di Macron), quel decreto sarebbe divenuto in poche ore carta straccia…
Lega, 5 stelle e padronato ritornano alla carica: il Decreto Salvini- Due
Come insegna l’intera storia del movimento operaio, le conquiste e i risultati parziali strappati con la lotta possono essere difesi e preservati solo intensificando ed estendendo le lotte stesse.
Purtroppo, l’esempio tangibile dato dal SI Cobas e dai settori scesi in piazza contro il primo Decreto-Salvini non è riuscito a smuovere sufficientemente le acque e a portare sul terreno del conflitto reale quel settore di lavoratori, precari, disoccupati, studenti e immigrati ancora legati ai sindacati confederali e al resto del sindacalismo di base, ne è riuscito a coagulare attorno a se quel che resta dei partiti e dei partitini della sinistra “radicale”, dai comitati antirazzisti e ambientalisti spalmati sui territori, i movimenti delle donne come NUDM ( in realtà, queste ultime attive e con un seguito importante sulle tematiche di loro specifica pertinenza, ma incapaci di sviluppare un opposizione a tutto campo e di collegarsi alle lotte sui luoghi di lavoro e alle principali emergenze sociali).
E, inevitabilmente, l’offensiva di governo e padroni è ripartita in maniera incessante, prendendo la forma del “Decreto-sicurezza bis”.
Il canovaccio è stato grosso modo identico a quello del primo DL: immigrazione e “ordine pubblico” restano le due ossessioni di Salvini. A cambiare è tuttavia il peso specifico assegnato a ciascuna emergenza: il Dl bis “liquida” in soli 5 articoli il tema- immigrazione prevedendo una pesante stretta repressiva sugli sbarchi e “pene esemplari” per chi viene ritenuto colpevole di favorire l’immigrazione clandestina (dunque in primo luogo le tanto odiate ONG, i cui comandanti delle navi possono essere condannati a multe fino a un milione di euro), per poi concentrarsi con cura sulle misure tese a schiacciare sul nascere ogni possibile sollevazione di massa in chiave antigovernativa.
E così si prevede, negli articoli 6 e 8 un forte inasprimento delle pene per l’uso dei caschi all’interno di manifestazioni, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e finanche per l’uso di semplici fumogeni durante i cortei.
Il decreto, entrato in vigore il 15 giugno 2019, viene definitivamente convertito in legge l’8 agosto, dunque a pochi giorni dalla sceneggiata del Papeete Beach e della fine anticipata dell’esecutivo gialloverde.
Va peraltro notato che in questa occasione, contrariamente a quanto avvenuto col primo decreto, durante l’iter di conversione le pene previste, sia in caso di sbarchi di clandestini sia riguardo l’ordine pubblico alle manifestazioni, vengono addirittura inasprite: il tutto con il voto favorevole dell’intero gruppo parlamentare pentastellato!
Il resto della storia è noto come abbiamo accennato all’inizio dell’articolo.
Nel corso dei primi mesi di insediamento del Conte Bis, lungi dall’assistere a un ammorbidimento della stretta repressiva, abbiamo assistito invece ad un suo inasprimento: a partire dalla primavera del 2019 ad oggi gli scioperi nella logistica e i picchetti sono quotidianamente attaccati dalle forze dell’ordine a colpi di manganello e gas lacrimogeni, ma soprattutto si moltiplicano le misure penali, cautelari e amministrative e addirittura le Procure tirano fuori, come per magia, procedimenti pendenti per manifestazioni, scioperi e iniziative di lotta svoltesi anni addietro e tenute a lungo nel cassetto. La scure colpisce indiscriminatamente tutto ciò che sia mosso nell’ultimo decennio: scioperi, movimento No-Tav, lotte dei disoccupati, occupazioni a scopo abitativo, iniziative antimilitariste, e persino semplici azioni di protesta puramente simbolica.
Tuttavia, per mettere bene a fuoco il contesto generale che portano a questa vera e propria escalation bisogna fare un passo indietro e tornare al 2017.
E’ in questo periodo, infatti, che il governo Gentiloni a guida PD vara il Decreto- sicurezza Minniti, contenente gran parte delle norme e delle pene di cui si servono le Procure per scatenare questa vera e propria guerra agli sfruttati e agli oppressi.
Il DL Minniti-Orlando
Roma, 25 marzo 2017: in occasione del vertice dei capi di stato UE per celebrare i 60 anni dei Trattati, le strade della capitale sono attraversate da diversi cortei, tra cui quello del sindacalismo di base e dei movimenti che esprimono una radicale critica alle politiche di austerity imposte da Bruxelles. Ancor prima dell’inizio della manifestazione avviene un vero e proprio rastrellamento a macchia di leopardo per le vie di accesso alla piazza: 30 attivisti vengono fermati dalla polizia e condotti in Questura, laddove saranno sequestrati per ore e rilasciati solo a fine corteo. Questo controllo “preventivo” ha come esito l’emissione di 30 DASPO urbani per tutti i fermati: la loro unica colpa era quella di indossare giubbotti di colore scuro e qualche innocuo fumogeno. In alcuni casi gli agenti pur avendo potuto appurare la mancanza di precedenti penali, decidono di procedere ugualmente al fermo in base all’“indifferenza ed insofferenza all’ordine costituito con conseguente reiterazione di condotte antigiuridiche sintomatiche”.
I suddetti Daspo urbani rappresentano la prima applicazione concreta del DL Minniti, varato dal governo Renzi il 17 febbraio 2017 e definitivamente convertiti in legge il successivo 12 aprile contestualmente all’approvazione di un secondo decreto “Orlando-Minniti” sull’immigrazione. Tale misura, che prende a modello anche nel nome gli analoghi provvedimenti già sperimentati sulle curve calcistiche, nelle dichiarazioni di Minniti si prefigge di tutelare la sicurezza e il decoro delle città attraverso l’allontanamento immediato di piccoli criminali o di semplici emarginati (clochard, viandanti, parcheggiatori abusivi, ambulanti), con ciò svelando fin dal principio la una visione securitaria analoga a quella della Lega. Ma i fatti di Roma dimostrano in maniera chiara che il bersaglio principale del DL Minniti è il dissenso sociale e politico: la linea guida è quella di perseguire le lotte sociali in via preventiva, non più attraverso le leggi e le norme del codice penale ad esse preposte e per i reati “tipici” riconducibili a proteste di piazza, bensì attraverso l’uso estensivo e per “analogia” di fattispecie di reato ascrivibili alla criminalità comune: a sperimentarlo sulla loro pelle saranno ad esempio i 5 licenziati della FCA di Pomigliano d’Arco, che l’11 ottobre 2018 si vedono rifilare un Daspo immediato da parte della Questura a seguito di un’iniziativa simbolica e pacifica su un palazzo di piazza Barberini in cui si chiedeva un incontro col l’allora ministro Di Maio.
In realtà il Daspo urbano codifica ed accelera un processo che è già in atto e che nelle aule di Tribunale ha già prodotto numerosi precedenti: su tutti basterebbe pensare alla feroce repressione abbattutasi nel 2014 contro decine di esponenti del movimento dei disoccupati napoletani, incarcerati o condotti agli arresti domiciliari per diversi mesi con l’accusa di “estorsione” associata alla richiesta di lavoro, o al già citato caso di Aldo Milani, condotto agli arresti con la stessa accusa il 26 gennaio 2017 a seguito di un blitz delle forze dell’ordine a un tavolo di trattativa sindacale in cui si stava discutendo di 55 licenziamenti nell’azienda di lavorazione carni Alcar Uno e della possibilità di interrompere le agitazioni nel caso in cui i padroni avessero sospeso i licenziamenti e pagato quanto dovuto ai lavoratori…
In secondo luogo, il Daspo urbano va ad affiancarsi a un già ampio ventaglio di misure restrittive e limitative della libertà personale: fogli di via obbligatori, obblighi e divieti di dimora, avvisi orali, sorveglianza speciale, ecc.: riguardo quest’ultima, il caso forse più eclatante è rappresentato dalla sentenza del 3 ottobre 2016 con cui il Tribunale di Roma ha imposto un rigido regime di sorveglianza speciale a carico di Paolo Di Vetta e Luca Faggiano, due tra i principali esponenti del movimento romano per il diritto all’abitare (questa misura è poi diventata, negli ultimi anni, il principale strumento repressivo teso a colpire il movimento anarchico in varie città). D’altra parte va evidenziato che rispetto alle misure sovracitate, il Daspo Urbano si contraddistingue per la tempestività di attuazione in quanto diviene immediatamente esecutivo senza dover attendere l’iter processuale.
L’approvazione nello stesso giorno della legge Minniti, intitolata “Disposizioni urgenti per la tutela della sicurezza delle città” e della legge Minniti- Orlando intitolata “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale e per il contrasto dell’immigrazione illegale” non è casuale, bensì risponde a una precisa strategia tesa ad associare l’“emergenza-sicurezza” con l’“emergenza immigrati”, presentandole agli occhi dell’opinione pubblica come due facce della stess medaglia. D’altrone, le norme contenute nella legge immigrazione voluta dal PD, per il loro tenore discriminatorio e repressivo non si fanno mancare davvero niente. Al suo interno sono previsti, tra l’altro: l’ampliamento e la moltiplicazione dei centri di espulsione (ribattezzati CPR al posto dei CIE creati dalla Bossi-Fini) che da 5 passano a 20; l’accelerazione delle procedure di espulsione attraverso l’abolizione del secondo ricorso in appello per le richieste di asilo; l’abolizione dell’udienza (il testo del decreto, poi modificato, prevedeva addirittura la creazione di tribunali speciali ad hoc, vietati dalla Costituzione) e l’introduzione del lavoro volontario, cioè gratuito, per gli immigrati. Contestualmente, nelle stesse settimane il governo Gentiloni siglava un memorandum con il governo libico in cui veniva garantito il massimo supporto in funzione anti-Ong alla guardia costiera libica, cioè a coloro che sono universalmente riconosciuti come responsabili di violenze e torture nei campi di detenzione. Non è un caso che questa legge abbia ricevuto dure critiche persino dall’ARCI e dalle ACLI (senza però mai tradursi in mobilitazioni concrete per la sua cancellazione).
Da questa ampia disamina dovrebbe dunque apparire chiaro come i due decreti- Salvini siano tutt’altro che piovuti dal cielo, e men che meno il semplice frutto di un “colpo di mano” ad opera di un estremista di destra: al contrario, Salvini e i suoi soci hanno camminato su un tappeto di velluto sapientemente e minuziosamente preparato dai governi a guida PD.
Il messaggio di questi provvedimenti è sostanzialmente analogo: se sei italiano devi rigare dritto e non osare mai disturbare il manovratore, pena il carcere o la privazione della libertà personale; se sei immigrato, o accetti di venire in Italia, come uno schiavo non avrai alcun diritto e sarai sfruttato per 12 ore al giorno in un magazzino o in una campagna a 3-4 euro all’ora, oppure sarai rimpatriato.
L’escalation repressiva degli ultimi mesi contro il SI Cobas
Avendo a disposizione un menu di provvedimenti tanto ampio, nel corso del 2019 lo stato concentra ancor più le proprie attenzioni contro le lotte sindacali nella logistica e i picchetti organizzati dal SI Cobas col sostegno di migliaia di lavoratori immigrati.
Ancora una volta la città di Modena diviene il laboratorio di sperimentazione del “pugno di ferro” da parte di Questure e Procure. La ribellione delle lavoratrici di ItalPizza, sfruttate per anni con contratti-capestro non corrispondenti alle loro mansioni e discriminate per la loro adesione al SI Cobas, diviene il simbolo di una doppia resistenza: da un lato ai soprusi dei padroni, dall’altro alla repressione statale.
La reazione delle forze dell’ordine è durissima: lacrimogeni sparati ad altezza-uomo, responsabili ed operatori sindacali pesatati a freddo, lavoratrici aggredite mentre sono in presidio. Addirittura si mobilitano a sostegno dei padroni le associazioni delle forze di polizia con in testa il potente SAP.
Ad ottobre si arriva addirittura a un maxiprocesso a carico di ben 90 tra lavoratori, sindacalisti e solidali. Ma la determinazione delle lavoratrici è più forte di ogni azione repressiva, e nonostante l’azione congiunta di padroni, forze dell’ordine e sindacati confederali, la battaglia per il riconoscimento di pieni diritti salariali e sindacali è ancora in corso.
Ma Modena è solo la punta dell’iceberg: nella vicina Bologna, una delle principali culle del movimento della logistica, ad ottobre i PM della Procura della Repubblica tentano addirittura di imporre 5 divieti di dimora per alcuni tra i principali esponenti provinciali del SI Cobas, compreso il coordinatore Simone Carpeggiani, accusati di minare l’ordine pubblico della città per via di uno sciopero con picchetto che si era svolto un anno prima (misura alla fine respinta dal giudice).
Nelle stesse settimane alla CLO di Tortona (logistica dei magazzini Coop), dopo un innumerevole sequela di attacchi delle forze dell’ordine al presidio dei lavoratori a colpi di manganelli e lacrimogeni, il 25 novembre la Questura di Alessandria decide di intervenire a gamba tesa ed emette 8 fogli di via contro lavoratori e attivisti.
A Prato, città attraversata da più di un anno da imponenti mobilitazioni operaie nel settore tessile, dapprima (a marzo 2019) vengono emessi due fogli di via nei confronti dei responsabili SI Cobas locali; poi, a dicembre, nel pieno di una dura vertenza alla Tintoria Superlativa di Prato (in cui tra l’altro i lavoratori pachistani denunciano un consolidato sistema di lavoro nero e sottopagato), si passa ai provvedimenti amministrativi, con la Questura che commina 4 mila euro di multa a 19 lavoratori e due studentesse solidali con le proteste.
Il 9 gennaio il gip di Brescia emette otto divieti di dimora nel comune di Desenzano del Garda a seguito delle proteste del SI Cobas contro 11 licenziamenti alla Penny Market.
A queste e tante altre analoghe misure restrittive si accompagnano altrettanti provvedimenti amministrativi tesi a colpire economicamente le tasche dei lavoratori e del sindacato.
Intanto, i PM del Tribunale di Modena sono ricorsi ( seppure la macchina amministrativa giudiziaria sia intasata da milioni di processi non compiuti) in appello, contro la sentenza di assoluzione piena avvenuta in primo grado nei confronti di Aldo Milani nel già citato processo sui fatti in Alcar Uno.
E’ evidente che un azione talmente incessante e sistematica da parte di Questure e Procure risponde a un organico disegno politico: neutralizzare e decapitare un sindacato combattivo e in continua espansione serve ad assestare l’ennesimo colpo al diritto di sciopero e all’esercizio della libertà di associazione sindacale, entrambi già gravemente compromessi nella gran parte dei luoghi di lavoro e ulteriormente ridotti all’indomani dell’approvazione del Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, grazie al quale il riconoscimento sindacale diviene un privilegio ottenibile solo in cambio della rinuncia sostanziale allo sciopero come arma di contrattazione.
L’oramai più che decennale processo di blindatura da parte dello Stato verso ogni forma di dissenso e di conflitto è in ultima istanza il prodotto di una crisi economica internazionale che, lungi dall’essersi risolta, si riverbera quotidianamente in ogni aspetto della vita sociale e tende ad alimentare contraddizioni potenzialmente esplosive e tendenzialmente insanabili.
Le leggi e i decreti sicurezza, i quali, una volta scrostata la sottile patina di colore ad essi impressa dai governi di questo o quello schieramento, mostrano un anima pressoché identica, rappresentano non la causa, bensì il prodotto codificato e “confezionato” di questi processi, a fronte dei quali il razzismo e le paranoie securitarie divengono forse l’ultima “arma di distrazione di massa” a disposizione dei governi per occultare agli occhi di milioni di lavoratori e di oppressi una realtà che vede continuare ad acuirsi il divario sociale sfruttatori e sfruttati, capitalisti e masse salariate.
Alla luce di ciò, è evidente che ogni ipotesi “cambiamento” reale dell’attuale stato di cose, ogni movimento di critica degli effetti nefasti del capitalismo (razzismo, sessismo, devastazione ambientale, guerra e militarismo, repressione) può avere concrete possibilità di vittoria o quantomeno di tenuta solo se saremo capaci di collegare in maniera sempre più stretta e organica il movimento degli sfruttati. Unire le lotte quotidiane portate avanti dai lavoratori, dai disoccupati, dagli immigrati, dagli occupanti casa, di chi difende i territori sottoposti a devastazione ambientale e speculazione ecc.
Come dimostra anche la storia recente, affrontare la repressione come un aspetto separato rispetto alle cause reali e profonde che generano l’offensiva repressiva, significa porsi su un piano puramente difensivo e alquanto inefficace.
L’unico reale rimedio alla repressione è l’allargamento delle lotte sociali e sindacali, così come l’unico antidoto agli attacchi alla libertà di sciopero sta nel riappropriarsi dello strumento dello sciopero. Ciò nella consapevolezza che a fronte di un capitalismo sempre più globalizzato diviene sempre più urgente sviluppare forme stabili di collegamento con le mobilitazioni dei lavoratori e degli sfruttati che, nel silenzio dei media nostrani, stanno attraversando i quattro angoli del globo (dalla Francia all’Iraq, dall’Algeria all’India), il più delle volte ben più massicce di quelle nostrane sia per dimensioni che per livelli di radicalità.
Senza la ricostruzione di un vero e forte movimento politico e sindacale di classe, combattivo e autonomo dalle attuali consorterie istituzionali e dai cascami dei sindacati asserviti, saremo ancora a lungo costretti a leccarci le ferite.
Nell’immediato, diviene sempre più necessario costruire un fronte ampio contro le leggi-sicurezza, per chiedere la loro cancellazione immediata e costruire campagne di informazione e sensibilizzazione finalizzate a fermare la scure repressiva che sta colpendo migliaia di lavoratori, attivisti, giovani e immigrati.
Per tale motivo una delle iniziative che vogliamo fare è quella di mettere in campo un’assemblea l’8 febbraio a Roma per un fronte unico di tutti quelli che si battono contro le politiche anti proletarie e repressive borghesi.
SI Cobas
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lamilanomagazine · 8 days
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Cecina-Piombino, recuperata e sequestrata sostanza stupefacente dai Carabinieri e riscontrate irregolarità in una macelleria "Halal"
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Cecina-Piombino, recuperata e sequestrata sostanza stupefacente dai Carabinieri e riscontrate irregolarità in una macelleria "Halal". I Carabinieri della Compagnia di Cecina, nell’ambito dell’intensificazione dei servizi disposta dal Comando Provinciale Carabinieri di Livorno, in linea con le direttive strategiche condivise con le altre forze dell’ordine in sede di Comitato Provinciale presso la Prefettura di Livorno, hanno effettuato approfonditi controlli con l’impiego di pattuglie delle dipendenti Stazioni ed il supporto del locale Nucleo Operativo e Radiomobile per gli aspetti afferenti la polizia giudiziaria, tesi alla prevenzione dei reati contro il patrimonio, al contrasto delle diverse forme di illegalità diffusa e delle spaccio di stupefacenti, nonché volti alla sicurezza stradale. Nel corso del servizio i Carabinieri della Stazione di Rosignano Marittimo hanno sottoposto a controllo un’auto che ha destato sospetti in relazione alla condotta di guida tenuta dalla donna alla guida. Gli operanti hanno monitorato il veicolo a distanza di sicurezza per alcuni istanti dopodiché hanno proceduto ad invenire eseguendo un controllo approfondito sia del mezzo che del conducente. La stessa all’esito delle attività è risultata già conosciuta dall’Arma locale e gravata da precedenti specifici in materia di stupefacenti. In suo possesso, peraltro anche in procinto di farne uso, sono state rinvenuti residui di stupefacente tipo crack proprio sopra il tipico cucchiaio usato per i preparativi dell’assunzione. L’attività di controllo, in particolare perquisizione personale e veicolare, in un primo momento è stata osteggiata dalla donna mediante una condotta di resistenza attiva per eludere l’accertamento a suo carico verso i militari, i quali, nonostante tutto hanno recuperato la sostanza e completato l’attività di polizia giudiziaria di iniziativa già intrapresa. Terminati tutti gli accertamenti i carabinieri hanno deferito la donna a piede libero all’Autorità Giudiziaria competente di Livorno per il reato di resistenza a pubblico ufficiale nonché segnalata alla Prefettura di Livorno in qualità di assuntore di stupefacenti. Lo stupefacente recuperato è stato sottoposto a sequestro e le è stata immediatamente ritirata la patente di guida. Sono in corso ulteriori accertamenti tesi ad accertare compiutamente presenza di tracce di stupefacente assunte dalla persona alla guida per le successive valutazioni ed eventuale contestazione penale di guida sotto l’effetto di sostanze. I controlli straordinari dei carabinieri, – concentrata nei territori di Cecina, Rosignano Marittimo, Donoratico, Castiglioncello e Bibbona nell’orario notturno fra sabato e domenica –  con una finalità protesa soprattutto a prevenire forme di reato contro il patrimonio, hanno consentito ai carabinieri di sottoporre a controllo nel complesso 10 persone allo stato gravate da misura cautelare e di prevenzione personale con obblighi; identificare, oltre che accertarne eventuali gravami pendenti a carico, 71 persone; ispezionare 36 veicoli in circolazione sulle rispettive arterie stradali con diversi rilievi amministrativi eseguiti ai sensi del Codice della Strada. In particolare, le sanzioni elevate attengono a varie violazioni relative agli articoli del codice della strada 173 (uso di radiotelefoni alla guida), 126 (guida con la patente scaduta) e 180 (circolazione con la revisione scaduta). I controlli proseguiranno nelle settimane a venire, in vista delle maggiori presenze estive, lungo la Costa degli Etruschi.       Nell’ambito della campagna dei controlli agli esercizi pubblici ubicati nel territorio della provincia per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro nonché prevenire e contrastare irregolarità che talvolta preludono situazioni ben più gravi, i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Livorno in stretta sinergia con il Comando Provinciale Carabinieri di Livorno, hanno svolto alcune ispezioni in varie attività del territorio. In uno dei controlli effettuato a Piombino insieme ai militari della Stazione di Piombino Porto Vecchio, gli ispettori dell’Arma hanno rilevato delle irregolarità presso una macelleria “halal” di quel centro. Al titolare, un uomo di origini nordafricane di 36 anni, è stata contestata la mancata esibizione del D.V.R. (Documento di Valutazione dei Rischi) prescritto dalla normativa sulla sicurezza sul lavoro. Detto documento aziendale contiene l’analisi e la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute e riveste importanza fondamentale al fine di prevenire e mitigare quanto più possibile eventuali infortuni sui luoghi di lavoro. A seguito di tale violazione amministrativa accertata i carabinieri hanno elevato sanzioni di settore ammontanti l’importo di oltre euro 2.800. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 7 months
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Pacchetto sicurezza, blocchi stradali diventano reato
(Adnkronos) - Il pacchetto sicurezza del governo, che oggi ha appena ottenuto il via libera del Consiglio dei ministri, interviene anche sul fronte dei blocchi stradali. La norma, attualmente in vigore, punisce con una sanzione amministrativa chiunque impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo. Il provvedimento approvato stabilisce che questa fattispecie diventi reato nel momento in cui risulti particolarmente offensiva ed allarmante, sia per la presenza di più persone sia per il fatto che sia stata promossa e organizzata preventivamente. La Lega a fine ottobre aveva annunciato di aver depositato una proposta di legge che prevedeva l'arresto in flagranza per chi blocca il traffico. Il Carroccio puntava a contrastare in particolare le iniziative degli attivisti, in primis di Ultima generazione, che da mesi con le loro iniziative fermano il traffico nelle principali città italiane. Il testo, suddiviso in tre articoli, prevedeva nel primo un inasprimento delle sanzioni, con il carcere che sostituisce la multa. "La pena della sanzione amministrativa da mille euro a 4mila euro, ad oggi prevista in caso di impedimento della libera circolazione su strada con il proprio corpo" viene rimpiazzata con "la reclusione da 6 mesi a 3 anni, sia che l'ostruzione sia effettuata su strada ordinaria che ferrata". L'articolo 2 prevedeva di estendere il Daspo nei confronti dei manifestanti che bloccano le strade. L'articolo tre infine chiedeva di introdurre una nuova fattispecie di delitto all'articolo 380 del Codice di Procedura Penale", prevedendo per chi attua i blocchi "l'arresto obbligatorio in flagranza".     [email protected] (Web Info) Read the full article
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