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#ragazza di torino
Alessandro Buongiorno × Sportweek
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libero-de-mente · 7 months
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La canzone di Marinella
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L'immagine di una sconosciuta ha dato vita a una delle canzoni più popolari del 20°secolo.
Lei è Marinella, quella di Fabrizio De André.
Anni '30, Maria Boccuzzi, una ragazza senza storia emigra da Reggio di Calabria a Torino insieme alla famiglia in cerca di fortuna. Un ambiente chiuso retrogrado quello famigliare, a 15 anni scappa con un ragazzo che la lascia poco dopo. Impossibile tornare a casa, orgoglio e dignità compromessi. Così passa da un amore all'altro, prima come ballerina di 3a fila poi finendo sulla strada protetta da tale Carlone.
Nel 1953 Maria ha 33 anni viene ritrovata nel fiume Olona vicino Milano, nei polmoni poca acqua ma sul corpo sei fori di pallottole. Un omicidio con poche righe in cronaca, forse un cliente, forse un monito per una ribellione al giro di prostituzione.
Nel 1953 De André ha solo 13 anni, poca voglia di studiare e una passione per gli animaletti feriti che raccoglieva per strada, dieci anni dopo rilegge la cronaca di Maria Boccuzzi e così nasce La canzone di Marinella con pochissima fortuna finché non viene cantata da Mina e i proventi (600.000 £) rincuorano De André a continuare sulla strada cantautorale.
Ecco questa di Marinella è la storia vera che scivolo nel fiume a primavera... Come disse Fabrizio anni dopo, non potendo addolcirle la vita ha provato ad addolcirle la morte.
fonte Il Grande Rock italiano
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likarotarublogger · 6 months
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Miss Badante 2023 ha 48 anni e viene dal Brasile: “La vita va affrontata con il sorriso”
Si chiama Elisangela Dos Santos Santano, ha 48 anni, è originaria del Brasile (città Salvador), vive e lavora nel campo dell’assistenza presso le famiglie in Italia. E’ lei la nuova Miss Badante International 2023, eletta domenica, 22 ottobre, durante la finale che si è svolta a Roma. Il titolo “Miss Badante Web 2023” è stato conquistato da Olesea Ciubotaru, 39 anni, della Moldavia, in Italia da 6 anni, che lavora a Torino
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Nella competizione sono state assegnate altre due fascie “Miss Badante International”: al secondo posto si è classificata Natalya Zhovnir, 46 anni, originaria di Leopoli (Ucraina), dove ha lavorato come medico presso un laboratorio analisi. Ana Drăgan, dalla Romania, ha vinto il terzo posto.
Il concorso, arrivato all’ottava edizione, si è svolto a due passi da Via Veneto, nell’atmosfera incantata del ristorante “Le mille e una notte” ed è organizzato, come ogni anno, da Elena Rodica Rotaru, ideatrice e patron della competizione. E’ una competizione rivolta alle donne di tutte le nazionalità che vivono in Italia e svolgono qui il loro prezioso lavoro di aiuto alle famiglie, come colf, assistenti familiari, baby sitter.
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“Miss Badante Web 2023” è stato conquistato da Olesea Ciubotaru, 39 anni, della Moldavia.
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Ana Dragan, Stânica Vinatoru, Elena Chirila, Aneta Anehei,Elena Rodica Rotaru, Natalya Zhovnir, Natalia Khvalyboha, Elisangela Dos Santos Santano
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Elena Rodica Rotaru e concorrente Elena Chirila della Romania 🇷🇴
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Concorrente della Romania Aneta Anehei
Le finaliste hanno affrontato tre prove: una presentazione in abito tradizionale del proprio paese e il racconto delle loro storie, una prova di talento ed infine la sfilata in abito elegante.
Il racconto di vita di ogni concorrente è stato emozionante. La vincitrice, Elisangela Dos Santos Santano: “La mia vita è una saga. Sono rimasta vedova in Brasile, quando una mia amica della Germania mi ha chiamato per prendermi cura di un ragazzo che aveva la sclerosi multipla. Poi sono arrivata in Italia, dove sono rimasta a vivere. Ormai sono anni che faccio la badante. Ogni lavoro è dignitoso, la vita va affrontata con il sorriso, bisogna essere positivi”.
La giornata di festa è stata completata da momenti artistici speciali, come le esibizioni di Marcia Sedoc (l’esplosiva interprete storica di Cacao Meravigliao), del cantante romeno Vasile David e di Antonio Delle Donne, che, oltre a presentare la gara, ha emozionato il pubblico con la sua voce è Dj Lilian Ioniță e Marilena Bãcanu.
“Per me sono tutte vincitrici, perché vengono qui per lanciare un messaggio di umanità, per dare visibilità al loro lavoro ma anche all’essere donna. Ecco, questa è la forza delle donne! Sono contenta che il concorso sia diventato davvero internazionale. Abbiamo avuto concorrenti iscritte da 9 paesi. Una gioia per me vedere che la fascia è andata ad una concorrente del Sud America, e che tra le vincitrici ci sia anche una signora del mio paese, la Romania”, ha dichiarato Elena Rodica Rotaru, organizzatrice ed ideatrice dell’evento.
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Membri della Giuria.
Livia Malcangio, Direttrice Relazioni Internazionali - Segretariato World Summit Premi Nobel per la Pace, presidente della giuria, ha raccontato così la competizione: “Una giornata fantastica, abbiamo avuto delle concorrenti meravigliose, provenienti da vari paesi. Ci sono stati momenti di commozione, ma anche di divertimento, con la lettura di poesie, teatro, ballo. Il lavoro che loro svolgono è fondamentale, in un paese come il nostro, dove l’età media della popolazione è molto alta”.
I criteri di valutazione sono stati la presenza scenica, l’originalità, la creatività e l’ingegno. La giuria è stata composta, oltre a Livia Malcangio, da: Marcia Sedoc (cantante, attivista per i diritti delle donne), Michelangelo Letizia (giornalista PaeseRoma), Dott. Roberto Rosati (Medico, Dentalcare), Massimo Meschino (patron del concorso "Una Ragazza, un Ragazzo, un Bambino per lo Spettacolo"- e promotore dell’inclusione sociale), Zoriana Belei (Miss Badante Web 2021), Roberto Mercuri (co - fondatore FashionLuxury.info).
Ionela Mihaela Dumitru, consulente fiscale che svolge da anni campagne di informazioni sui diritti delle badanti, in qualità di presidente della giuria Web, ha annunciato così la vincitrice: “Olesea Ciubotaru, della Repubblica Moldavia, ha vinto, con 19 punti, la gara online. Voglio sottolineare che hanno partecipato signore da sette nazioni: Ucraina, Romania, Albania, Rep. Moldavia, Georgia e Perù. Il nostro compito non è stato per niente facile. Ringrazio tutte le partecipanti, e soprattutto alla signora Elena Rodica Rotaru che ha dato atto di questa opportunità di valorizzare questo lavoro difficile, della badante”. Dalla giuria web hanno fatto parte anche Marianna Soronevych, giornalista ucraina (Gazeta Ukrainska) e Rodica Ciobotaru, assistente familiare e collaboratrice di testate romene.
Ecco i premi assegnati: 3° Premio - Una cena presso il Ristorante “Le mille e una notte” offerto dal Ristorante, 2° Premio - Un soggiorno per un fine settimana nel borgo medievale della Sabina a San Polo di Tarano, offerto dall’organizzatrice Elena Rodica Rotaru e lo sponsor Salvatore Braca (presso Holiday House by Elena Rodica Rotaru), 1° Premio WEB e 1° Premio in presenza - Un soggiorno per un fine settimana sulla splendida Isola di Ventotene, offerto da Pandataria Film e Elena Rodica Rotaru. Nell’ambito del concorso sono state assegnate anche delle fasce di accesso alla finale regionale Lazio del Concorso Nazionale "Una Ragazza, un Ragazzo e un Bambino per lo Spettacolo" nella categoria OVER consegnate a: Elisangela Dos Santos Santana, Ana Dragan, Natalya Zhovnir. Inoltre è stata consegnata la fascia di accesso diretto alla finale nazionale del suddetto concorso, che si svolgerà dal 1 al 3 dicembre p.v. a Fiuggi (FR), a ZORIANA BELEI che rappresenterà la regione Emilia Romagna per la categoria LADY.
Sponsor: Pandataria Film, Dentalcare, Pasticceria Cardone 1846 Bagnara Calabra, Elena Rodica Rotaru Fashion, Hairstyle by Bacanu Marilena, Ristorante “Le Mille e una notte”, C4 Premiazione di Roberto Costantini (Guidonia)
Partner Media: Paese Roma Quotidiano, Fashionluxury.info, LikaRotaruFashion
Ufficio Stampa: Media XTE/ Miruna Cajvaneanu
Dj e foto di Lilian Ioniță.
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Articolo di @likarotarublogger @elenarodicarotaru-blog
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raffaeleitlodeo · 1 year
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Paolo Marangon, sessantasettenne, è morto dopo il pugno sferratogli da un pregiudicato sabato scorso in via Alga a Chioggia. 
Sabato sera Paolo era andato a prendere la sua amica Daniela per andare a mangiare una pizza. L'omicida era seduto sui gradini del condominio in cui abita Daniela.  Paolo, per farsi strada tra le biciclette abbandonate, lo ha urtato involontariamente. L'omicida ha reagito rincorrendolo e sferrandogli un colpo secco al volto, facendogli sbattere il capo a terra in modo violentissimo. Dopo 2 giorni di agonia, Paolo è morto. L'omicida, pregiudicato, é libero. Il pm di turno che lo ha iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio preterintenzionale, ha ritenuto non ci fosse pericolo di fuga, pertanto lo ha denunciato a piede libero. Non sono un forcaiolo né ho interesse che qualcuno vada in galera. Constato che l'unica testimone vive nello stesso palazzo dove risiede l'omicida. Lei, l'amica della vittima, è comprensibilmente terrorizzata.
Perché parlo di questo fatto di cronaca avvenuto qualche giorno fa in provincia di Venezia? Per raccontare la storia di 4 studenti ventenni universitari di Torino, tutti incensurati, che, per avere manifestato davanti al palazzo di Unindustria di Torino contro l'alternanza scuola lavoro e la morte di 2 ragazzini, sono da 7 mesi sottoposti a misure cautelari – prima in carcere poi ai domiciliari – per resistenza a pubblico ufficiale durante una manifestazione avvenuta il 18 febbraio scorso. Sono Emiliano, Jacopo, Francesco e Sara, agli arresti dal 12 maggio.
Le manifestazioni dello scorso febbraio erano state indette dopo le morti, durante gli stage gratuiti, di due giovani studenti, Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, a Udine e Ancona. La ragazza, Sara, non ha mai partecipato ad alcuno scontro, teneva il megafono in mano: per questo le è stato contestato il concorso morale. Per fare gli esami questi ragazzi devono essere autorizzati dal Gip. Uno di loro è figlio di genitori separati. Nonostante fosse agli arresti domiciliari non ha potuto vedere il padre sino a quando il tribunale non l'ha autorizzato. 
Non ho parole. Non ho più parole. Bisognerebbe essere in piazza, ogni giorno, sino a quando non li liberano. Tutti
Daniele Leppe - Facebook
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canesenzafissadimora · 8 months
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“Ma tu dove hai casa adesso esattamente?”
Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda non so mai cosa dire. È quell'avverbio – "esattamente" – che mi ammutolisce, e non solo perché io una casa esattamente non ce l'ho, ma anche perché non sono sicura che la casa rientri nel novero delle realtà esatte.
Se per casa si intende il posto in cui arrivano le multe dell'auto, in cui faccio le lavatrici e in cui il gatto mi riconosce, allora casa mia è Cabras, è Torino, è Roma. Se invece per casa si intende quell'approdo da dove anche chi parte per mille destinazioni ha la tendenza segreta a ritornare, allora l'esattezza va del tutto a farsi benedire e subentra la molteplicità, la sovrapposizione, l'abbraccio tentacolare di mille familiarità.
Perché casa mia è una donna con un rossetto da ragazza che sforna una torta al cioccolato prima di uscire con me, ancora profumata di lievito e vaniglia. È una signora di settant'anni che scova in un armadio un caftano mai messo e se lo infila, perché crede che di feste nella vita gliene spettino ancora. È un gruppo di whatsapp dal titolo surreale che mi regala leggerezza proprio quando il mondo fa di tutto per portarmi a fondo.
Casa mia è un treno che si ferma a Oristano e la donna che scende col cappello rosso lo fa per me. È un amico timido che mi manda sms preziosi, perché un “ti voglio bene” così vero si può confessare solo se non lo sente nemmeno chi lo dice. È una coppia di amici in moto che viaggia verso il mare di notte per fare un bagno con te, nudi come trent'anni fa, lasciando a casa figlie, nipoti e cane.
Casa mia è un fratello capace di prendere in mano il posto che si è divorato la sua adolescenza e trasformarlo nel giardino in cui far fiorire le piante grasse, la sua maturità e i sogni dei suoi figli. È una bambina bionda che mi si addormenta addosso perché non conosce altri modi di dirmi che per lei io sono un luogo sicuro. È la chiave di un appartamento dove un gatto grigio può decidere che, in assenza dei padroni, nel letto gli vado bene pure io.
Casa mia è un amico che ride e canta gli U2 a squarciagola al mio fianco mentre corriamo brilli per le strade della Marmilla. È una donna che sa insegnare alla sua bimba che crescere significa anche accettare di essere misurate da chi ti ama. E' una scritta temeraria col gessetto lasciata di nascosto su una lavagna da una mano che aveva fretta, ma il tempo per quello l'ha trovato.
Soprattutto è l'uomo amato che si sveglia in un'alba di Salisburgo e sa che la sua casa ovunque resto io.
Non c'è niente di esatto in tutto questo ed è meglio così.
Infatti non è utile che mi chiediate dove ho casa.
Io so dire solo in chi.
Michela Murgia, post dell' 11 agosto 2016
da una pagina fb
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ginogirolimoni · 20 days
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“ - Subito! Vieni! Proprio subito! Sul momento! - gridava in un accesso di agitazione e di impazienza straordinaria. - Ma voi mi esponete … - A che? Oh, innocente semplicione! Non mi sembri nemmeno un uomo! Adesso vedrò tutto da me, coi miei occhi … - Ma lasciatemi prendere almeno il cappello … - Ecco il tuo sordido cappelluccio, andiamo! Non hai neppur saputo scegliere la forma con un po’ di gusto! … É stata lei … è stata lei dopo i fatti dianzi … nella collera, - borbottava Lizaveta Prokòf’evna, tirandosi dietro il principe, senza lasciarlo andare un istante. - Poco fa ho preso le tue parti, ho detto forte che eri uno sciocco perché non venivi … altrimenti non avrebbe scritto un biglietto tanto assurdo! Un biglietto sconveniente. Sconveniente per una ragazza ammodo, bene educata, intelligente, si, intelligente! … Uhm! - seguitò: - oppure … oppure, forse … forse si è indispettita lei stessa che tu non venissi, ma non ha calcolato che non si può scrivere così a un idiota, perché può prendere tutto alla lettera, come è stato. Ma tu perché mi ascolti? - gridò accorgendosi di aver detto troppo. - Ha bisogno di avere per buffone uno come te, da un pezzo non ne ha visti, ecco perché ti scrive! E io son contenta, son contenta che ora ti arroterà i denti addosso, ne son contenta. Te lo meriti. E lei lo sa fare, oh, come lo sa fare! …”.
(Fëdor Dostoevskij, L’idiota, Einaudi, Torino, 2014, p. 318).
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fantasticazioni · 9 months
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“Ma tu dove hai casa adesso esattamente?”
Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda non so mai cosa dire. È quell'avverbio – "esattamente" – che mi ammutolisce, e non solo perché io una casa esattamente non ce l'ho, ma anche perché non sono sicura che la casa rientri nel novero delle realtà esatte.
Se per casa si intende il posto in cui arrivano le multe dell'auto, in cui faccio le lavatrici e in cui il gatto mi riconosce, allora casa mia è Cabras, è Torino, è Roma. Se invece per casa si intende quell'approdo da dove anche chi parte per mille destinazioni ha la tendenza segreta a ritornare, allora l'esattezza va del tutto a farsi benedire e subentra la molteplicità, la sovrapposizione, l'abbraccio tentacolare di mille familiarità.
Perché casa mia è una donna con un rossetto da ragazza che sforna una torta al cioccolato prima di uscire con me, ancora profumata di lievito e vaniglia. È una signora di settant'anni che scova in un armadio un caftano mai messo e se lo infila, perché crede che di feste nella vita gliene spettino ancora. È un gruppo di whatsapp dal titolo surreale che mi regala leggerezza proprio quando il mondo fa di tutto per portarmi a fondo.
Casa mia è un treno che si ferma a Oristano e la donna che scende col cappello rosso lo fa per me. È un amico timido che mi manda sms preziosi, perché un “ti voglio bene” così vero si può confessare solo se non lo sente nemmeno chi lo dice. È una coppia di amici in moto che viaggia verso il mare di notte per fare un bagno con te, nudi come trent'anni fa, lasciando a casa figlie, nipoti e cane.
Casa mia è un fratello capace di prendere in mano il posto che si è divorato la sua adolescenza e trasformarlo nel giardino in cui far fiorire le piante grasse, la sua maturità e i sogni dei suoi figli. È una bambina bionda che mi si addormenta addosso perché non conosce altri modi di dirmi che per lei io sono un luogo sicuro. È la chiave di un appartamento dove un gatto grigio può decidere che, in assenza dei padroni, nel letto gli vado bene pure io.
Casa mia è un amico che ride e canta gli U2 a squarciagola al mio fianco mentre corriamo brilli per le strade della Marmilla. È una donna che sa insegnare alla sua bimba che crescere significa anche accettare di essere misurate da chi ti ama. E' una scritta temeraria col gessetto lasciata di nascosto su una lavagna da una mano che aveva fretta, ma il tempo per quello l'ha trovato.
Soprattutto è l'uomo amato che si sveglia in un'alba di Salisburgo e sa che la sua casa ovunque resto io.
Non c'è niente di esatto in tutto questo ed è meglio così.
Infatti non è utile che mi chiediate dove ho casa.
Io so dire solo in chi.
Michela Murgia
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der-papero · 7 months
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Correva l'anno 1991. Ligabue completava l'album Lambrusco, Coltelli, Rose & Pop Corn, io frequentavo la 3o Liceo Scientifico.
Ora, io Liga non me lo cagavo manco di pezza. A dire il vero, non se lo cagava l'intera classe. Tranne una ragazza, che scassava la minchia come poche. Scriveva i suoi testi sulla lavagna ad ogni lezione, sui banchi, nei cessi, un intero liceo tappezzato con le sue canzoni.
Non saprei dirvi poi cosa sia successo di preciso, fatto sta che tanto tempo è passato, ho avuto il mio primo PC, che ha segnato per sempre quello che oggi sono, mi sono innamorato per la prima volta, ho cominciato il mio percorso da ingegnere, la mia prima auto, mi sono iscritto da un partito, sono sceso per strada in tanti momenti (non esistevano i social, per dire la tua dovevi urlarla dal vivo), ho iniziato a contare in euro, il primo cellulare, Cri è entrata nella mia vita ed è diventata la mia amica del cuore per sempre, sono cadute due torri, e senza manco capire come e perché mi ritrovai in un campeggio immenso a Bologna, 20 anni fa, dove Liga tenne un concerto.
Oggi posso dire che all'epoca non avevo ancora fatto nemmeno una minima parte di quello che è stata la mia vita, di tutto quello che mi è poi successo, che mi ha portato qui, a Torino, ad urlare di nuovo le stesse canzoni.
30 anni, e pensare che non me lo cagavo nemmeno. Ma credo che la mia compagna di classe avesse capito già all'epoca che certe persone purtroppo scelgono di non capire, e quando accade non puoi permetterti di non insistere, di mollare, altrimenti perdono tutti.
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abr · 1 month
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Con la bandiera israeliana al banchetto di Rifondazione COMUNISTA in Prato della Valle, dove assieme quelle rosse e arcobaleno non mancavano certo le bandiere palestinesi, che raccoglie firme per la lista per le europee che fa capo a Michele Santoro e a cui aderisce anche Rifondazione comunista. L'ha fatto, civilmente e liberamente, una ragazza italiana israeliana che studia a Padova. GRANDE.
"Una pvovocazzione" sklerano lividi i comunisti . Probabilmente intendevano, richiamando le leggi razziali dei loro cugini fascisti, che la provocazione é aver consentito a una ebrea di studiare all'Università. Ma Padova non è mica Torino, spiaze.
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ninna--nanna · 9 months
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Noi al cinema. Trasmettono la pubblicità di un film ispirato ad un libro di Pavese. Nella pubblicità si vede il film ambientato a Torino.
Il 70% della sala: "oddio ma è ambientato a Torino" (con aria sconvolta).
Un 15% che esterna il suo non aver mai sentito nominare un certo Cesare Pavese.
Io e la ragazza di fianco (no, non ci conoscevamo) che esterniamo il nostro disappunto: "scusate dove cazzo pensavate potesse essere ambientato?"
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soldan56 · 9 months
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Mirko Campari
Sono Mirko Campari, il fratello di Azzurra Campari, la ragazza di 28 anni deceduta nel carcere di Torino venerdì scorso.
Purtroppo molti giornali stanno scrivendo parecchie cose non vere in alcuni dei loro articoli.
Ho provato a mandare delle email ad alcune testate per chiarire quali punti fossero imprecisi o totalmente errati, ma senza risultato: né rettifica, né risposta. Anzi, gli errori sono stati "copia/incollati" da una testata giornalistica all'altra e alcune menzogne stanno piano piano diventando "verità" (nel senso che si continua a divulgare il falso e sempre più gente lo scambia per vero).
Ritengo importante chiarire alcuni punti:
- Mia sorella Azzurra non era tossicodipendente. Mi sono chiesto come questa cosa fosse potuta saltare in mente a chi l'ha scritta, poi ho pensato che probabilmente lo hanno collegato al fatto che andasse al SERT. Bene, per chi non lo sapesse al Sert va anche chi ha alcune problematiche psicologiche non collegate all'utilizzo di droga/alcool et similia, ed era il caso di mia sorella. Inoltre, se davvero fosse stata tossicodipendente avrebbe potuto scontare la sua pena in una comunità di recupero e quindi non si sarebbe trovata in carcere
-Mia sorella non ha abbandonato l'istruzione, si era iscritta all'Ipc di Sanremo e ha lasciato al primo anno, ma in seguito ha ottenuto una qualifica di terza superiore presso Aesseffe a Sanremo
- Nostra madre Monica non fa la colf ma un altro lavoro
- Alcuni giornali dicono che nostra madre ha visto per l'ultima volta Azzurra in videochiamata, in realtà mia madre era stata in visita (di presenza quindi) nel carcere di Torino il 5 agosto
- Nostra madre, allo stato attuale delle cose, non ha parlato con nessun giornalista. Eppure, molti articoli menzionano addirittura dei virgolettati di frasi che nostra madre "avrebbe" pronunciato (...)
Ci sarebbero altri errori e imprecisioni da segnalare, ma per il momento mi vorrei fermare qua. Qualora dovessi cambiare idea o dovessero uscire fuori altre falsità aggiornerò il post
Grazie per chi vorrà condividere
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nereid-e · 10 months
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Torino, 24 luglio 1930
Se tu fossi una di quelle signorine stupide, di famiglia, che non sanno nulla della vita e pretendono di fare le civette, io fingerei d'essere innamoratissimo e sarebbe finito. Ma tu sei una ragazza buona, che sai già bastare a te stessa e che hai sofferto nell'esistenza quanto occorre per capire ciò che è sincero e ciò che è serio.
Noi non ci amiamo, Dinah. E nemmeno lo diciamo a noi stessi. Ci cerchiamo, cosí, per simpatia, per un qualche interesse che ognuno di noi crede di trovare nell'altro - io, in te, vedo una bambina bella intelligente e che ama i baci - perché stando insieme ci sentiamo felici, ma, come ci diciamo sempre, non ci amiamo.
Forse, anzi, noi lo diciamo troppo questo, la paura di innamorarsi non è forse già un po' d'amore? Tu, Dinah, hai paura che un giorno t'innamorerai. Temi che dovremo soffrire, che tu dovrai soffrire.
Carissima, la vita non è forse più bella perché da un giorno all'altro si può perderla? Non pensare al domani. È tanto triste e inutile. Perché non vuoi vivere contemplando ogni giorno questo miracolo di amore che potrebbe fiorire tra noi? Tu hai provata l'esistenza, sai com'è dura: non vuoi dunque godere di un istante che potrebbe, per tanto tempo futuro, esserti un ricordo un po' caro?
lo non parlo per me, Dinah. Io non so se ti amo, e certo se tu mi lasciassi ora, non ne morirei. Vedi, sono sincero Ma ti voglio del bene, bambolina, e a non vederti piú, a non baciarti piú, sarei triste. Molto triste.
Se forse un giorno ci dimenticheremo, se tu mi dimenticherai, perché quel giorno dev'essere proprio ora? Lascia, la vita è già cosí crudele, che s'incaricherà lei di separarci.
Tu sii allegra, Dinah. Sei una bella bambina. lo con te sono allegro pure. E se fra un mese piangeremo (chi sa?) perché piangere già ora? Talvolta bacio l'aria e penso a te, al tuo musetto. Mi par sempre di non stringerti mai abbastanza. Ti voglio bene, Dinah. Ne vuoi tu un poco a me?
-Cesare Pavese, da "Vita attraverso le lettere "
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nitroglycerin-a · 11 months
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Okay cos’ho imparato da questa catastrofe? Che le uniche cose importanti nella mia vita sono i miei amici (quelli veri) i miei genitori la mia casa e me stessa il che comprende lavoro and stuff, la cosa negativa è che ora il mio cervello sta talmente viaggiando sulla strada dell’indipendenza in questi giorni che sento l’estremo bisogno di mollare tutto qua ora che è al sicuro e trasferirmi a Torino prendermi una stanza trovarmi un part time e diventare la ragazza indipendente forte sicura di sé che avrei sempre voluto essere
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harshugs · 11 months
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nostalgia?
poco fa mi sono imbattuta nel profilo ig di una ragazza che ho conosciuto nel 2018/2019:
quel periodo della mia vita era caratterizzato dall’assidua ricerca di un modo per definire il mio orientamento sessuale, i miei gusti, diciamo che semplicemente volevo riconoscermi in qualcosa;
questa ragazza qui, invece, nonostante avesse due anni in meno di me, era già abbastanza sicura di sé.
lei era di torino, ma purtroppo si era trasferita da qualche tempo in sardegna a causa del lavoro dei suoi genitori. Ricordo che questa distanza era straziante.
nel giro di poco tempo mi ero talmente tanto legata a lei che non potevo più far a meno di scriverle ogni secondo, sentirla, sapere come stava e cosa faceva, sentivo il bisogno di averla accanto ogni attimo.
questo valeva anche per lei, ma nello stesso periodo aveva conosciuto una ragazza con cui aveva deciso di intraprendere una relazione (a distanza, durata ben poco).
in realtà io non conoscevo bene le mie emozioni, non sapevo che effettivamente ciò che provavo per lei non era un bene amichevole, ma qualcosa di più, però ovviamente cercavo di incoraggiare la relazione con quell’altra.
fatto sta che ad una certa si lasciano, quindi le nostre conversazioni tornarono ad essere di nuovo costanti e soprattutto affettuose; tanto affettuose.
tra di noi ci chiamavamo “amore”, ci dicevamo “ti voglio bene” ogni 4 messaggi, ci mandavamo spesso foto di cosa facevamo e dove eravamo, purtroppo però non eravamo mai insieme perché troppo distanti, e quindi i “mi manchi” e i “vorrei essere lì con te” diventavano sempre più frequenti.
una cosa che ci accomunava era la musica, in particolare quella di Ultimo: era appena uscito l’album “colpa delle favole” e io da subito le dedicai una frase della canzone “ipocondria”
“a me va bene anche distanti, tanto ti porto con me”
a pensarci bene una delle PRIME cose che le scrissi appena ci eravamo conosciute era stata: “e vorrei essere anche io bella come sei bella tu”
frase sempre di Ultimo della canzone “poesia senza veli”, che le dedicavo ogni volta che lei si vedeva brutta
(ero proprio romantica, self pat pat sulla spalla)
un’altra cosa carina che avevo fatto era videochiamarla qualche volta durante il concerto di Ultimo, sapevo che ci teneva anche lei ad andarci, ma purtroppo non poteva, e quindi in qualche modo volevo farla partecipare.
non so per quale motivo, non ho proprio idea del perché, ma tutto d’un tratto iniziai a scriverle pochissimo: ero andata in vacanza studio in Inghilterra per due settimane, e per tutto quel tempo lei non mi passava MAI per la testa, MAI.
era strano, perché fino a pochi giorni prima sentivo la necessità proprio fisica di averla accanto a me, ma in quelle due settimane cambiò letteralmente tutto, e io non me ne ero nemmeno accorta, in più il mio cuore era stato temporaneamente rapito da un ragazzo che stava con noi nel gruppo della vacanza studio (e porca puttana quel ragazzo non me lo toglierò mai dalla testa).
questa cosa è molto brutta da ammettere perché sembro una persona di merda, ma a me non fregava più granché di lei, e ad oggi mi chiedo quanto avrà sofferto in quel periodo a causa mia; entrambe stavamo vivendo un periodo un po’ del cazzo e fino a quel momento ci eravamo date forza a vicenda.
beh fatto sta che dopo quelle due settimane io le scrivevo ma molto poco, fino a non scriverci più, e io continuavo a non rendermene conto.
(altro che self pat pat, self pugno in faccia)
dopo un po’ di mesi le scrissi ovviamente scusandomi e chiedendole come stesse, e inoltre confessandole il fatto che mi ero resa conto che ciò che provavo per lei andava oltre l’amicizia, e che forse la cosa mi aveva spaventata e di conseguenza fatta allontanare.
e niente, la storia finisce così, con qualche sporadico messaggio nel 2020 durante il covid ma niente di particolare.
il suo account ig, quello di twitter e anche quello di tumblr (perché lo usava pure lei) al momento sono inattivi da tempo, però me li ricordo tutti.
la sua chat di whatsapp è custodita nelle chat archiviate e ogni tanto capita che vada a rileggere qualcosa e credo che il numero sia sempre lo stesso, perché ogni tanto vedo quando cambia foto profilo; in più sul telefono ho una gif del suo viso salvata, era bellissima e lo è tutt’ora.
spero davvero stia bene💔
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tulipanico · 2 years
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Scossa, schifata, angosciata, impaurita. In un solo giorno leggere di due studentesse violentate, sentirmi così vicino alla ragazza di Torino che non riesco a smettere di piangere.
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theladyorlando · 8 months
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Il mio amico Nando
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Scoprire che Pavese sia stato innamorato di Fernanda Pivano mi ha fatto saltare sulla sedia: eppure adesso mi sembra un'informazione scontata, un'evidenza inevitabile. Ci sono persone che si chiamano, da lontano, questo mi è ormai chiaro. Fernanda Pivano era stata alunna di Pavese, e poi si erano ritrovati alcuni anni dopo il liceo di lei. A me fa tanta tenerezza l'idea di lui che ormai è un uomo fatto, che si è scontato un anno di confino per non tradire ai fascisti la sua "donna dalla voce rauca", che è tornato a casa solo per scoprirla sposata, e che già si lascia "accarezzare" la coscienza dall'idea di togliersi la vita; ecco, mi fa una tremenda tenerezza pensare che lui si sia innamorato come un bambino di una ragazza che aveva conosciuto da studentessa, una ragazza che voleva tradurre l'antologia di Spoon River e che si vestiva da maschio. La chiama "il mio amico Nando" in una lettera in cui racconta, come in un tema di scuola, le vacanze d'estate a Torino in sua compagnia:
"il pensiero è questo: che vorrei cambiare sesso ed essere una compagna di Nando per poterlo sposare io, tanto gli voglio bene. Ma penso che, se fossi una ragazza, non avrei l'occasione di andare con lui in bicicletta e allora è meglio che sia così e che siamo amici... Nando è un ragazzo simpatico e intelligente che, visto di profilo, pare già un uomo fatto, e di faccia invece è giovanissimo, perché ha due grandi occhi che si stupiscono e sorridono sempre. è sempre molto pulito e riavviato, non come me che dimentico qualche volta di pettinarmi."
Questo per me significa abbassare ogni barriera, una cosa che ho scoperto succedere specialmente nelle lettere: e il gioco dei sessi è bellissimo: chi è l'uomo? chi la donna? e chi il maestro e chi l'alunno? Pavese lo scontroso, il burbero, qui è tornato bambino.
Lui l'aveva introdotta alla letteratura americana e lei si era laureata su Melville. E poi erano trascorsi cinque anni in cui non era passato un giorno senza che i due si vedessero, in bicicletta, per Torino. A leggere quello che le scrive, c'è da chiedersi come sia possibile che lei abbia rifiutato di sposarlo per ben due volte. O forse è fin troppo chiaro. Perché è una resa incondizionata, quella di lui, anche se di una dolcezza disarmante. "Analisi amorosa di P." è il titolo che Pavese dà alla lettera dove letteralmente si spoglia davanti a Fernanda Pivano:
"Che potrà fare un uomo simile davanti all’amore? La risposta è evidente. Nulla, cioè infinite cose stravaganti che si ridurranno a nulla. Una volta che sarà innamorato, P. farà esattamente ciò che gli detta la sua indole e che è appunto ciò che non va fatto. Lascerà capire, innanzi tutto, di non essere più padrone di sé; lascerà capire che nulla per lui nella giornata vale quanto il momento dell’incontro; vorrà confessare tutti i pensieri più segreti che gli passeranno in mente; dimenticherà sempre di mettere la donna in posizione tale che essa lasciandolo si comprometterebbe. Questa, che è la prima elementare precauzione del libertino (il solo che applichi con impeccabilità la strategia amorosa), in P. invece si rovescia addirittura. P. si dimentica d’innamorare di sé la donna in questione, e si preoccupa invece di tendere tutta la propria vita interiore verso di lei, d’innamorare di lei ogni molecola del proprio spirito. Ecco la mania di assoluto, di simbolismo, che si diceva in principio. P. gioca (plays) fino in fondo la sua parte amorosa, primo per il suo bisogno feroce di uscire dalla solitudine, secondo per il bisogno di credere totalitariamente alla passione che soffre, per il terrore di vivere un semplice stato fisiologico, di essere soltanto il protagonista di un’avventuretta. P. vuole che ciò che prova sia nobile-, significhi, simboleggi una nobiltà sua e delle cose; diventi un idolo, insomma, cui valga la pena di sacrificare anche la vita, o l’ingegno – che sa di avere grande."
Questo Pavese mi fa letteralmente sentire ubriaca. Rido e piango. Mi fa ridere quando lo leggo, perché lui è così disperato di sé stesso che lo sento proprio sganasciarsi da solo ("si dimentica di innamorare di sé la donna in questione"); eppure lo sento anche piangere amaramente, e fa piangere anche me. Mi fa piangere perché non ho mai letto niente di più intimo e indifeso di questa lettera di arrendevole "analisi amorosa". Sento mio quel "terrore di vivere un semplice stato fisiologico": anche io voglio che sia nobile ciò che provo, e Pavese aveva davvero ragione. E non lo ha detto al mondo, no: lo ha detto a Fernanda Pivano. E anche se capisco bene che lei lo abbia rifiutato per due volte, perché un uomo con una sensibilità del genere deve fare davvero paura, allo stesso tempo non posso credere che lei lo abbia lasciato andare. Non riesco a credere che lei abbia voluto vivere una vita intera senza di lui: senza saperlo al mondo. Lui che in cinque anni non ha provato a baciarla mai, neanche una volta. La prova che i baci necessari esistono e che possono benissimo restare non dati, per sempre. Pavese è un autore che mi dà sicurezza e ho capito perché: perché è così sbagliato che ride di sé, perché vive in mezzo alla guerra e pensa solo alla croce della donna che non ha, ma molto più banalmente perché è un suicida. In questo, il suo pare un trionfo sulla morte, perché lui la controlla, la decide, in qualche modo. La sua biografia mi illude che lui abbia insomma governato la morte. Ma poi non può decidere della vita, tanto meno di quella di lei. Ho preso l' autobiografia di Fernanda Pivano che stava tra i libri di mio padre, e c'è un lungo inserto fotografico in cui è ritratta con tutti gli autori Americani della Beat Generation (questi sconosciuti). Senza Pavese non ci sarebbe stato niente di tutta quella vita, e da quella vita lui è assente, non c'è. Non è incredibilmente ingiusto? Che due persone si chiamino da lontano, a sbracciarsi, e non riescano a incontrarsi, a trovarsi per bene, come si deve? ad avere almeno una foto insieme? a darsi anche solo un bacio? onestamente sono un po' risentita con Fernanda Pivano.
La lettera più bella che le scrive secondo me è questa:
"Cara Fernanda,
se lei ignora l’odore del grano, intendo del grano in pianta, maturo, dondolante, sotto le nuvole e la pioggia estive, è sventurata e La compiango. Pensi che io non avevo mai sentito il grano in pianta, perché venivo sempre in campagna alla metà di luglio quand’è già mietuto, e questa volta è stato come quando un marito, separato dalla moglie da anni, ritorna a trovarla e gli pare un’amante – essa ha cioè delle parole, dei gesti, dei momenti a lui ignoti, a lui sfuggiti al tempo dell’amorosa passione, e che ora gli paiono rivelargli tutto il dolce del primo amore.
Mi metto dunque, stamattina, per le strade della mia infanzia e mi riguardo con cautela le grandi colline – tutte, quella enorme e ubertosa come una grande mammella, quella scoscesa e acuta dove si facevano i grandi falò, quelle ininterrotte e strapiombanti come se sotto ci fosse il mare – e sotto c’era invece la strada, la strada che gira intorno alle mie vecchie vigne scomparse, alla svolta, con un salto nel vuoto. Da questo salto non ero mai passato; si diceva allora che la strada proseguiva sempre a mezza costa, sempre affiancata da colline di così enorme estensione da apparire, viste sopra la spalla, come un breve orizzonte a fior di terra. Ero sempre arrivato soltanto a quest’orizzonte, a questi canneti (capisce? E come quando stesi nel prato, si guarda l’erba: chiude il cielo e sembra una foresta), ma presentivo di là dal salto, a grande distanza, dopo la valle che espande come un mare, una barriera remota (piccina, tanto è remota) di colline assolate e fiorite, esotiche. Quello era il mio Paradiso, i miei Mari del Sud, la Prateria, i coralli, l’Ophir, L’Elefante bianco ecc. Stamattina che non sono più un ragazzo e che il paese in quattro e quattr'otto l'ho capito, mi sono messo per questa strada e ho camminato verso il salto e ho intravisto le colline remote e ripreso cioè la mia infanzia al punto in cui l'avevo interrotta. La mia valle era vaporosa e nebbiosa, la barriera era lontana, chiazzata di sole e di campi di grano, era quel che dev'essere il corpo della propria donna quand'è bionda. Qui naturalmente non parla piu il bambino, l'infante, ma un uomo che è stato quel bambino e adesso è felice di esser uomo e di ricordarsi di Fernanda.
Ciao
                Pavese."
Pavese dice che descrivere i paesaggi è cretino. E infatti qui lui non sta affatto descrivendo un paesaggio, no. Qui Pavese sta iniziando Fernanda Pivano al mito della sua infanzia e della sua adolescenza, ma le sta dicendo anche qualcos'altro: cara Fernanda, anche se abbiamo scherzato più volte, io non sono un bambino; sono un uomo, e ti amo. E per renderglielo come più tangibile, questo amore, lui la prende e la innesta nel suo mito come fosse una pianta, nelle sue colline, fin dentro al grano: pura bellezza. Io quando leggo quel ciao alla fine, scritto dopo averle dato del lei tutto il tempo, penso proprio che per quella bellezza avrei rifatto il viaggio della lettera al contrario, mi sarei messa in ginocchio davanti a quest'uomo pieno di problemi e gli avrei riempito le mani di baci: poi lo avrei implorato, per carità, di sposarmi. 
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