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#provenzale
iltopdelbarbecue · 2 years
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👨‍🍳SALSA PROVENZALE FREDDA👨‍🍳 👍Supportateci con un like, un commento❤️ ed una condivisione ↩️ [Procedimento completo nella descrizione] La salsa provenzale è una di quelle preparazioni che ci permettono di dare più sapore ai nostri piatti. Perfetta per la carne o pesce, da provare. INGREDIENTI PER 4 PERSONE: 3 spicchi d’aglio Sale 4 filetti d’acciuga sott’olio Un peperoncino piccante 2 tuorli Un cucchiaio d’acqua Un bicchiere scarso d’olio d’oliva Il succo di mezzo limone PREPARAZIONE SALSA PROVENZALE Sbucciate l’aglio e schiacciatelo, aggiungete un pò di sale. Tritate finemente i filetti d’acciuga e il peperoncino. Mettete tutto in una terrina, unite i tuorli e l’acqua e amalgamate tutti gli ingredienti molto bene. Quindi aggiungetevi pian piano l’olio, mescolando continuamente finché la salsa assumerà l’aspetto di una maionese. Insaporitela infine con il succo di limone e salate ancora la salsa se necessario. Servitela subito con carni o pesci grigliati. #grilled #meatlover #ribeye #bbqjoint #foodporn #firstposts #barbecue #bbq #topdelbarbecue #topbarbecue #bbqfood #smokedmeats #misterciccia #iomangio #chef #top #foodphotography #salsa #provenzale (presso Roma, Italia / Rome, Italy) https://www.instagram.com/p/CfHffFftDgu/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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mobiliweb · 2 years
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Mobili da leggere. Tutti scritti e decorati a mano libera. www.mobiliweb.com #poesia #mobili #bello #decorazioni #mobilionline #mobiliweb #shopping #shabby #shabbyshop #incontri #paola #cuore #bacio #ilbaciodipinto #novità #reggioemilia #provenzale #sitowebmobili https://www.instagram.com/p/CeQeiTZjN1w/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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lovelywillowtree · 1 year
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have a happy little orpheus. as a treat
(1618, by Marcello Provenzale)
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portraituresque · 1 year
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Marcello Provenzale  - Self Portrait 
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Francesco Provenzale (1632-1704) - In Conspectu Angelorum per soprano, Alto con violini
CAPPELLA NEAPOLITANA Direttore - Antonio Florio
Cristina Fanelli - soprano Marta Fumagalli - alto Marco Piantoni, Nunzia Sorrentino - violini Rosario Di Meglio - viola Manuela Albano - violoncello Franco Pavan, Pierluigi Ciapparelli - tiorbe Angelo Trancone - organo
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sallypepperspices · 3 months
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Conocer las Hierbas Provenzales
Conocer las Hierbas Provenzales-Hierbas de Provenza Las Hierbas Provenzales es una mezcla de hierbas aromáticas imprescindible de la Provenza francesa. Muy utilizada en la gastronomía francesa, las hierbas provenzales dan a cualquier plato un particular y atractivo aroma. El término “Hierbas Provenzales” se refiere a un grupo de plantas aromáticas que se hallan en la cuenca mediterránea La…
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travelella · 5 months
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Via Marcello Provenzale, Rome, Metropolitan City of Rome, Italy
Taken by Calin Stan
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angelderadoorian · 10 months
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Galley Home Bar Madrid Seated home bar - mid-sized cottage galley medium tone wood floor seated home bar idea with raised-panel cabinets, distressed cabinets and wood countertops
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alertachiapas · 2 years
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¡Quítate los males con las hierberas del centro de #Tuxtla!
¡Quítate los males con las hierberas del centro de #Tuxtla!
¡Quítate los males con las hierberas del centro de #Tuxtla! Tuxtla es una ciudad comercial, donde las personas mercan sus productos en las afueras de los mercados públicos. Dentro de estas vendedoras encontramos a las hierberas, quienes ofertan hierbas y demás productos para aliviar naturalmente algunos malestares comunes. Carmen Pérez – Hierbera “Acá manejamos la albahaca, la ruda… … fresca o…
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joy-238 · 3 months
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Una giornata senza vino
è una giornata senza sole.
Proverbio provenzale
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sciatu · 1 year
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Nell’inizio del 1200 la Sicilia è un regno ricco e parte di un impero che andava da Tunisi fino alla Danimarca Palermo era una capitale potente in cui Federico II aveva instaurato una corte forte nelle armi ed evoluta nella cultura, una cultura che non era formata solo dalla quella araba arrivata con i conquistatori nord africani sconfitti dal conte Ruggero ed ora erano sudditi di Federico, e neanche quella provenzale o francese discesa con i Normanni e con le popolazioni lombarde e piemontesi che li avevano seguiti. Era una cultura somma di queste due culture apparentemente opposte ed arricchite da quella bizantina ed ebrea. La stessa lingua, che di quella cultura era la forza, era una lingua unione ed evoluzione di tutti i popoli dell’isola a cui i guerrieri normanni avevano concesso di vivere e di pregare secondo la loro origine. L’amministrazione del regno infatti teneva conto di tutte le diversità che lo costituivano. Così ad esempio, vi erano notai Arabi, notai Ebrei e notai Latini che certificavano e regolavano la vita amministrativa dei privati e dello stato. Tra questi, vi era anche il notaio Jacopo da Lentini, il cui nome appare non solo nel registro notarile dell’epoca, ma anche in importanti atti amministrativi del regno. Essendo parte della forza amministrativa del regno, notar Jacopo era coinvolto anche nella gestione militare ricoprendo l’incarico di comandante della fortezza di Mazzarino. Per questo motivo i suoi contatti con la corte erano assidui e continui. Federico, contrariamente a molti nobili europei, aveva avuto una educazione multiculturale, con insegnanti arabi e latini. Per questo parlava diverse lingue, scriveva libri sull’uccellagione, poesie e ballate che a quel tempo avevano una grande importanza. Le poesie potevano essere imparate facilmente da qualsiasi suddito che non avesse istruzione ed erano uno strumento per veicolare sia le grandi gesta dei cavalieri, che l’amore o la protesta del popolo, la sua rabbia o le sue istanze politiche. Le ballate guidavano le danze dando ritmo ed eleganza ai movimenti di uomini e donne accompagnati dai pochi strumenti musicali di allora. I menestrelli ed i giullari componevano poemi e ballate d’amore secondo la cultura d’origine e l’esperienza dei singoli, spesso in modo ripetitivo e volgare o erudito ed ironico a seconda dei gusti di chi li ospitava. Molti di questi componimenti si concentravano sulla donna, che per i menestrelli e poeti arabi era una conquista, una preda da mostrare o un premio per le battaglie fatte per conquistarla. Per i menestrelli provenzali la donna era una madonna, una nobile dama degna del cavalier che la serviva. Per i poeti siciliani e per Jacopo da Lentini in particolare, la donna è la perfezione che l’uomo non ha; la donna è chi può dare nello stesso tempo la vita e la morte, è la compagna senza di cui il Paradiso stesso non può essere tale. Versi assoluti non per l’amore fine a se stesso, ma per la donna che si ama, versi per un sentimento dominante giustificati dal fatto che per Jacopo la donna è quanto manca all’uomo per aver pace, armonia e la pura bellezza. Jacopo anticipa la Beatrice di quel Dante che considerava i poeti siciliani dei maestri nell’arte del poetare e dell’amare (tutto ciò che gli italiani fanno in poesia, si può dire siciliano). Jacopo è anche il lato oscuro dell’amore, nell’impossibilità di essere amato per quanto si ama, nel dolore che nasce dalla difficoltà di poter rivelare e mostrare quanto di immenso si prova. Il sentimento è una tempesta che nessuno vede, è una forza invisibile impalpabile che attrae come quella di una calamita e a cui nessuno può sottrarsi, è un destino che non arriva mai a compimento. Per poter meglio dire quello che prova Jacopo crea una nuova forma di poesia, rivoluzionaria per quel tempo: il sonetto. Il sonetto forse non è altro che una ballata minore che si apre e che racconta con due quartine di versi e giudica e riassume con due terzine di versi finali. Le rime, vicine ed immediate battono un tempo che la metrica incalza facendo diventare il tutto efficiente ed elegante. Dante, Petrarca avrebbero usato il sonetto con tocchi e forme celestiali, Shakespeare avrebbe fatto raggiungere al sonetto vette ineguagliabili, Trilussa lo avrebbe trasformato in uno ironico schiaffo alla sua società di allora a dimostrare la straordinarietà di un mezzo che ha affascinato e aiutato migliaia di poeti a creare il loro cammino poetico. Noi conosciamo le opere di Jacopo grazie alla traduzione che ne fecero i poeti toscani nell’ italiano della loro epoca. I versi di Jacopo erano però scritti nel siciliano della corte di Federico, un siciliano evoluto che nella traduzione in italiano perde forza e freschezza. Ad esempio, nel tradure i poemi siciliani, i poeti toscani hanno dovuto inventare la famosa “rima siciliana” una rima che in italiano non lo è ma che lo sarebbe stata se fosse stata scritta in siciliano. Malgrado questa limitazione, le poesie di Jacopo ci raccontano l’eleganza di un tempo e la modernità di un sentimento dove l’amore non è un ideale ma una persona, dove i propri sentimenti sono l’eco della vita e, nello stesso tempo, una forza che ci innalza e ci abbatte, ci salva, ci distrugge, ci domina e che non riusciamo mai a saziare per come vorremmo o dovremmo. Questo era Jacopo da Lentini, notaio, burocrate, castellano e poeta, ai tempi del grande Federico Stupor Mundi.
In the early 1200s Sicily was a rich kingdom and part of an empire that ranged from Tunis to Denmark. Palermo was a powerful capital in which Frederick II had established a court strong in arms and evolved in culture, a culture that was not formed only by the Arab culture which arrived with the North African conquerors defeated by Count Roger and were now subjects of Frederick, nor the Provençal or French descent with the Normans and with the Lombard and Piedmontese populations who had followed them. It was a sum culture of these two apparently opposite cultures and enriched by the Byzantine and Jewish one. The language itself, which was the strength of that culture, was a language of union and evolution of all the peoples of the island to whom the Norman warriors had allowed to live and pray according to their origins. In fact, the administration of the kingdom took into account all the differences that made it up. Thus, for example, there were Arab notaries, Jewish notaries and Latin notaries who certified and regulated the administrative life of individuals and the state. Among these, there was also the notary Jacopo da Lentini, whose name appears not only in the notarial register of the time, but also in important administrative deeds of the kingdom. Being part of the administrative force of the kingdom, notar Jacopo was also involved in military management, holding the position of commander of the fortress of Mazarin. For this reason his contacts with the court were assiduous and continuous. Federico, contrary to many European nobles, had had a multicultural education, with Arab and Latin teachers. For this he spoke several languages, wrote books on fowling, poems and ballads that were of great importance at that time. Poems could be easily learned by any subject who had no education and were a tool to convey both the great deeds of the knights, and the love or protest of the people, their anger or their political demands. The ballads led the dances giving rhythm and elegance to the movements of men and women accompanied by the few musical instruments of the time. The minstrels and jesters composed love poems and ballads according to the culture of origin and the experience of the individuals, often in a repetitive and vulgar or erudite and ironic way according to the tastes of their hosts. Many of these poems focused on the woman, who for Arab minstrels and poets was a conquest, a prey to be displayed or a prize for the battles waged to conquer her. For Provençal minstrels, the woman was a madonna, a noble lady worthy of the cavalier who served her. For Sicilian poets and for Jacopo da Lentini in particular, woman is the perfection that man does not have; the woman is who can give life and death at the same time, she is the companion without whom Paradise itself cannot be such. Absolute verses not for love as an end in itself, but for the woman who loves herself, verses for a dominant feeling justified by the fact that for Jacopo the woman is what she is missing from the man to have peace, harmony and pure beauty. Jacopo anticipates the Beatrice of that Dante who considered Sicilian poets masters in the art of poetry and love (everything that Italians do in poetry can be said to be Sicilian). Jacopo is also the dark side of love, in the impossibility of being loved as much as he loves himself, in the pain that arises from the difficulty of being able to reveal and show how immense one feels. Feeling is a storm that no one sees, it's an impalpable invisible force that attracts like a magnet and that no one can escape, it's a destiny that never comes to fruition. In order to better express what he feels, Jacopo creates a new form of poetry, revolutionary for that time: the sonnet. The sonnet is perhaps nothing more than a minor ballad that opens and tells with two quatrains of lines and judges and summarizes with two tercets of final lines. The rhymes, close and immediate, beat a tempo that the metric presses, making everything efficient and elegant. Dante, Petrarca would have used the sonnet with celestial touches and forms, Shakespeare would have made the sonnet reach unparalleled heights, Trilussa would have transformed it into an ironic slap on his society at the time to demonstrate the extraordinary nature of a medium that has fascinated and helped thousands of poets to create their own poetic path. We know Jacopo's works thanks to the translation that the Tuscan poets made of them into the Italian of their time. However, Jacopo's verses were written in the Sicilian of Federico's court, an evolved Sicilian that loses strength and freshness in the Italian translation. For example, in translating Sicilian poems, the Tuscan poets had to invent the famous "Sicilian rhyme", a rhyme that is not a rhyme in Italian but would have been if it had been written in Sicilian. Despite this limitation, Jacopo's poems tell us about the elegance of the past and the modernity of a feeling where love is not an ideal but a person, where one's feelings are the echo of life and, at the same time, a force that lifts us up and knocks us down, saves us, destroys us, dominates us and that we can never satiate as we would like or should. This was Jacopo da Lentini, notary, bureaucrat, castellan and poet, at the time of the great Federico Stupor Mundi.
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diceriadelluntore · 5 months
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Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi...
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Ieri un blog che seguo, postando questa foto del giocatore del Napoli e della Nazionale Giovanni Di Lorenzo, ha scritto che è un Apollo.
L'aggettivo che si rifà all'estetica del Dio Greco vale in italiano giovane di grande bellezza, per lo più in frasi (talora ironiche) come essere un a.; parere, credersi un a. (e, più spesso con la maiuscola, essere, sembrare un Apollo), con riferimento alle raffigurazioni scultoree o pittoriche del dio (voce Apollo, Vocabolario Treccani).
Tolta la dimensione ironica, assente in quel post, mi è venuto in mente che rispetto ad Apollo, Di Lorenzo ha i capelli di un altro colore. Sembrerà un particolare strano, ma la Mitologia Antica ha nella dimensione tricologica un aspetto niente affatto secondario.
Partiamo da una tradizione comune: Apollo, che era molto più che il dio del sole, aveva i capelli neri, con riflessi viola (oggi diremmo corvini). Il mito della sua nascita è meraviglioso: figlio di Zeus e della titanide Leto (o Latona), fu concepito nell'ennesima avventura extraconiugale del Re degli Dei (il tono è volutamente divertito); Era, come sempre furiosa delle avventure amorose del marito, venuta a sapere che Leto fosse incinta di Zeus, proibì alla partoriente di dare alla luce suo figlio su qualsiasi terra, fosse essa un continente o un'isola. Disperata, Leto vagò fino a giungere sull'isola di Delo, appena sorta dalle acque e, stando al mito, ancora galleggiante sulle onde e non ancorata al suolo. Essendo, perciò, Delo non ancora una vera isola, Leto poté darvi alla luce Apollo e la sua gemella Artemide, precisamente ai piedi del Monte Cinto. Secondo i miti, Artemide fu la prima dei gemelli a nascere, e aiutò la madre nel parto di Apollo. Questi nacque in una notte di plenilunio, che fu da allora il giorno del mese a lui consacrato: nel momento in cui nacque il dio, cigni sacri vennero a volare sopra l'isola, facendone sette volte il giro, poiché era il settimo giorno del mese. E appena nato, la testa del neonato fu poggiata su un cespuglio di violette, che trasferirono ai capelli del Dio quella sfumatura violetta, che gli sarà cara.
Il colore scuro dei capelli di Apollo era una rarità letteraria, poichè, per esempio, Omero descrive tutti gli dei con caratteristiche opposte: ci sono studi che descrivono come il rapporto tra divinità\eroi biondi e bruni sia 10 a 1, Afrodite è bionda, come pure Demetra. Atena è, per eccellenza, “l’occhicerulea Atena”. Il termine adoperato è glaukopis, che certo è in relazione anche con la civetta, sacra alla dea (glaux = civetta: occhi scintillanti, occhi di civetta), simbolo di saggezza. Oltre a ciò, altri leggendari eroi erano biondi: Menelao, Peleo, Achille e suo figlio Neottolemo, Meleagro, Radamanto, Clizio, Camerte. Si dice che persino Alessandro Magno fosse biondo.
Sappiamo con certezza dagli studi genetici sui resti nelle tombe che gli antichi greci e romani fossero molto più comunemente "di tipo mediterraneo", cioè pelle scura, occhi scuri, capelli scuri. Questa affermazione non vuol dire che non esistessero persone con i capelli biondi o gli occhi chiari, vuole dire che questi ultimi erano una minoranza genetica, almeno fino alla Roma Imperiale. Eppure l'essere biondi, essendo in minoranza, era considerato molto più affascinante. Pratica comune, tra le donne ricche, ma era pratica conturbante nei lupanari delle prostituite, era quella di colorare i capelli di biondo usando delle costosissime tinture allo zafferano o polveri colorate: le cronache del tempo ci dicono che richiedesse un grande sforzo per l'applicazione e avesse un odore ripugnante. Tra l'altro, la stessa parola biondo ha etimologia oscura: origine certa della parola è comunque l'antico francese blond (e il provenzale blon) da cui lo spagnolo blondo (poi sostituito nell'uso comune da rubio, dal latino rubeus, "rosso") e l'italiano biondo; i greci antichi per esempio usavano gli aggettivi xanthòs e xoutòs “biondo”, pyrrhòs “fulvo” e chrysoeidés “aureo”, riferiti ai capelli di uomini o Dei, aggettivi che corrispondono perfettamente al latino flavus, fulvus e auricomus; per descrivere le chiome lunghe e bionde usavano termini specifici come chrysokàrenos “testa bionda”, o chrysokóme “chioma d’oro”. E quest'eco rimane nella cultura occidentale, per esempio, nella ritrattistica medioevale e primo rinascimentale, dove è davvero difficile, se non in autoritratti, trovare una figura femminile simbolica che non sia bionda o dai capelli chiari.
Su questo fatto sono nate molte teorie: alcune sfiorano il razzismo, altre furono lo spunto per una certa storiografia mitteleuropea che vedeva già all'epoca greca antica caratteristiche dello spirito razionale dell'Europa centrale, dove si presume siano partiti per quelle terre i biondi (in pratica, una versione filo nazista della dicotomia nietzschiana apolinneo\dionisiaco), esistono inoltre decine di libri sull'origine "Indoeuropea" dei greci rispetto a quella levantina (che sarebbero i fenici, e le popolazioni del mediterraneo orientale).
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Questa è L'Afrodite Cnidia: l'originale era opera di Prassitele, scolpita nel IV secolo a.C. Essendo perduta, rimangono alcune copie di età romana. È famosa non solo per la sua disarmante bellezza artistica, ma anche perché è il primo nudo femminile dell'arte greca e perché, secondo tutte le fonti, aveva i capelli biondi.
I poeti hanno amato e cantato per lo più donne pallide e dai capelli biondi; anzi fra tutti gli spietati imitatori del Petrarca, se non mai, certo difficilmente si ritrova chi abbia messo nello sbiadito lusso delle sestine, delle canzoni e dei sonetti a frasi bell'e fatte, una fanciulla che non avesse
… i capei d'oro alla Laura sparsi
Corrado Ricci (1858 – 1934), archeologo e storico dell'arte italiano
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girlscarpia · 8 months
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Ho appena scoperto che un mio prozio parlava il franco-provenzale di faeto e non l'ha passato a nessuno crying screaming killing maiming
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movie-gate · 2 years
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Swimming Pool (2003) François Ozon
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Francesco Provenzale (1632-1704)
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jartitameteneis · 10 months
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Rafaela Fuentes
Ensalada alemana de patata.
Ingredientes y elaboración:
*600 - 700 gr de patata, las cocemos con piel y todo con un puñadito de sal, no pasar la cocción mucho que no se deshagan luego. Dejar enfriar pelar y cortar en trocitos no muy pequeños y reservar.
*300 gr de pechuga de pollo en un trozo, habrir en un filete grande, salpimentar por ambos lados espolvorear con hierbas provenzales rociar con el zumo de
1/2 limón y un chorrito de aceite de oliva, dejar reposar 10 minutos. Después hacer la carne a la plancha que esté doradita y jugosa templar y cortar a trocitos y reservar.
*3 huevos grandes cocidos, picamos dos y el tercero para decorar la ensalada.
*70 gr de aceitunas sin hueso picadas.
*70 gr de pepinillos en vinagre picados.
* 1 cebolleta fresca pequeña picada.
Todos estos ingredientes se ponen juntos en un bol, como si hiciéramos una ensadilla y ya preparamos la salsa.
Elaboración de la salsa:
En un bol pequeño poner:
* 1 yogur ( 125 gr ) natural sin azúcar.
* 1 cucharada sopera de mostaza.
* 4-5 cucharádas de mahonesa.
* 1/2 cuchadadita de las de postre de
ajo en polvo.
* sal y pimienta negra al gusto.
Remover bien todos los ingredientes y agregar al bol donde tenemos todo picado, rebolvemos con cuidado de no deshacer la patata rectificamos de sal y listo.
DECORAR COMO MAS NOS GUSTE Y COMER MUY FRESQUITA ESTA DELICIOSA. Web
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