Tumgik
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Passaggio di percezione
Quale strada sembra ancora la stessa se a cambiare è lo sguardo incardinato dal tuo reflusso. E la luce colora proiezioni di immagini disattese dai luoghi, e i giorni s’aggravano di vita dispersa. Giorni scomparsi nel vapore soffiato della memoria, dal respiro perenne di un principio sussurrato dal pensiero instabile dell’indefinito.
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Io e non Io
Sono immerso
nel buio cosciente
di polveri siderali,
soffocato dal silenzio
dell’indeterminazione
e dalla vastità
della luce.
Implodo
nella singolarità infinita,
e neanche posso svanire...
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Il buio come ipotesi
Questa sera
più disperso che mai,
attendo qualcosa;
cosa sia non importa,
purché faccia rumore,
abbia un colore.
Questa sera
più incerto che mai,
il sapore di un giorno
disseccato di suoni,
prima di un ieri
dimenticato.
Questa sera
più sgomento che mai,
la notte è un’idea.
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Il suono dei pensieri
Per mitigare il silenzio
risuona
l’eco digitale
di una risata,
avamposto di un sorriso
senza volto,
distillato tra parole
e pensieri soffusi.
Un dialogo terminato
nella fantasia di un istante
sedimentato
nella tecnologia.
Una voce impressa
nelle striature del suono.
Sottili venature cromatiche
irrorano di luce
quel buio avvolgente
che oscura
la materia del tempo
e dello spazio,
rilasciate su
architetture friabili
di parole.
Alcuni momenti
valgono come giorni,
e poi anni
alcuni momenti
sono la libertà
e ne senti la privazione,
il vuoto continuo,
più della realtà
che scivola via
senza attenzione
senza curarsi della scia
residua,
ancorata alla memoria.
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Anamnesi della percezione
Annientamento,
olio filtrato tra le latebre
della mente,
diffuso ad ammantare
pensieri ed emozioni.
Cola diffuso
da un disordine etimologico.
Gocciola e prosciuga
esitazioni nullificate
dalla cognizione,
e isola nel vuoto
un sedimento sfibrato
di consapevolezza,
compresso
dalla sottrazione estrema
di ogni evidenza.
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Percezioni palindrome
Smarrirsi in echi tangibili di momenti da sempre vissuti, mentre osservi il silenzio che intorno si sbianca cadendo. Un pomeriggio ingrigito di noia, annega suoni e ricordi di un futuro incessante.
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Alba della ragione
Oltre il mio sguardo c’è un fiore, come un’eco irrorato di tramonto. Oltre l’orizzonte pensieri disciolti in un fuoco infreddolito. Oltre il silenzio il tepore strappato a un giorno sdrucito, mentre sembra già tardi e dilaga l’aurora.
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Miraggio
Vorrei dissetarmi
nel limbo poroso,
sedimentato
in un attimo
di congiunzione
tra umano
e trascendente.
Placando quella sete
che ha sapore d’infinito.
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La prigionia delle idee
I silenzi imposti,
gli assensi estorti,
le illusioni eradicate
dalle deformità diffuse,
definiscono normalità
il privilegio,
svuotano l’essenza,
ormai scardinato simulacro
dell'essere,
ipostasi
dello spessore del nulla.
Ma un fruscio di libertà
distrae
dalla mediocrità
di patetici artigiani
della simulazione.
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Sei morti per fame e sete su un barcone, due sono bimbi (ANSA)
Il cielo conficcato negli occhi, un'arsura di salsedine estesa senza motivo seppellisce pensieri e illusioni, un attimo compresso di silenzio quando la gola rigonfia ostruisce i lamenti e il respiro sgocciola via, cellule di coscienza fuse in cellule di mare prigioniero della propria indifferenza.
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Declino di un attimo
Il chiarore di un tramonto
bevuto
in un sorso di amarezza
senza esitare.
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Paralisi.
Paralisi del sonno, o forse paralisi della veglia. O di entrambe. Invertendo l’ordine dei fattori la paralisi non cambia. E il buio accoglie quella delirante immersione nella sabbia, che ora sfuma lievemente, quasi evapora dalle guance, dagli occhi, cola giù dalle orecchie, perché il mio corpo ne è pieno, nulla altro che una massa di polvere coperta da una sottile membrana epidermica di lineamenti. E così assieme a quel denso evaporare di metamorfosi, i rumori esterni svaniscono, le parole che non pronuncerò si compattano in un boccone di lettere marmorizzate e sputate via in un metaforico rigurgito di concetti mal digeriti, e le immagini si sfocano, perché la sabbia soffia come vento non appena evapora dai condotti lacrimali e prende possesso della realtà circostante. E il buio diventa completo, solido, non più un’aura spenta dentro la quale formicolano molteplici riflessi, pulsazioni digitali, fiammelle, occhiatine di chiarore, che stemperano l’assenza, fossero pure astri lontanissimi e ormai spenti, che rimandano dopo un viaggio di miliardi di anni nello spazio tempo, il proprio ricordo luminescente.
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Equilibrio precario
Quando la luce
lasciava
le spalle del mondo
per diventare quiete
era incanto
anche essere soli.
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Sera senza buio
Ancora identica
l’implosione cromatica
diffusa
a cancellare la strada
dalla mia porzione di mondo.
La sera tinge i vetri
di una finestra
lontana dal riverbero
della mia infanzia.
Nella mia cellula d’orizzonte
lo sguardo confitto
nel tremolio del cosmo,
distante dalle presenze contorte
oltre l’oscurità,
su incancrenite piaghe, 
inchiodato
a contemplare le tenebre,
in un’attesa apatica
quanto vana.
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La sintassi di un attimo
Lascia defluire i fotogrammi della memoria non ancora fenice di una simulazione che forse mai sembrerà essere. Effigie di me che non esisto finché non sono. E solo l’urgenza di evitare il presente, fuga senza coscienza, e la vita squama di dosso sgretolando dietro le spalle.
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Elisione
L’aurora è una lacrima che stenta a cadere.
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