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#perché a noi non lecca mai.
omarfor-orchestra · 2 years
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Comunque forse Marilù conosce Martino stasera
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21 settembre 2022
Siamo a due giorni dal tirocinio, sono seduta sull’altalena vicino al campetto di basket, è anche la seconda mattina che mi viene troppo facile svegliarmi prima dell’alba per venire a correre (no ok, mi sveglio a prescindere e non riesco ad addormentarmi di nuovo quindi già che mi sono portata i vestiti per correre ne approfitto). Prima di uscire Rambo mi ha detto divertiti (cuoricino) (si è svegliato troppo presto pure lui oggi). Cavolo il cane mi ha seguito e ora lecca gli scivoli. Mi sa che è randagio. Se mi morde non posso vincere contro di lui. Sono scappata un po’ adesso e sembra non mi stia seguendo, vabbè ho capito, vado in villa e mi siedo li.
Ieri abbiamo fatti le trilaterazioni sulla strada (siamo un po’ arrugginiti e si vedeva ma ora riprendiamo la mano). Poi mentre metashape faceva il suo duro lavoro Daniele voleva andare al campetto di basket e io e lui abbiamo fatto dei tiri (gli devo dare poi la foto che gli ho fatto) e Rambo andava a vedere se il carrefur aveva le cialde del caffè adatta alla macchinetta nelle aule studio. Abbiamo cenato nel corridoio che da sul chiostro con hamburger giganti (per me). Il prof non è più venuto ma almeno ha inoltrato la richiesta al catasto. Come inizio tirocinio poteva andare moooolto meglio. Come esperienza da campo scuola io mi sto divertendo, ieri ho scattato un sacco di foto e ho lasciato scattare qualcosa a Rambo. Peccato che non vedo quante foto mi mancano al rullino. Sto leggendo poco però.
Quei due stanno facendo di tutto per far esasperare ile. Oggi dopo pranzo, Daniele ed io siamo andati a trilaterare la piazza a sinistra della cattedrale, appena finito ci volevamo premiare con un pasticcino dalla pasticceria buona sul corso ma era chiusa. Girando siamo finiti in un mini market ma alla cassa lui si è accorto di aver lasciato il portafoglio in stanza. Abbiamo lasciato un attimo la spesa li e tornati in stanza c’era ile che ci aveva chiesto per messaggio di aiutarla coi calcoli mentre noi stavamo misurando. Daniele invece che aiutare subito ed essere libero dopo, ha trascinato ile per andare tutti insieme a recuperare la spesa. Ile è quella che di più sta lavorando da autocad e anche io volevo che staccasse un po’ e lo ho detto che sarei rimasta io qui a cercare di capire qualcosa dei calcoli. Mentre stanno uscendo Daniele fa per chiudere la porta e vede che io sto ancora dentro e mi fa segno di uscire e io faccio no con la testa, ile si avvicina a capire perché ritarda e lui dice che gli dispiace lasciarmi qua da sola, al che ile giustamente dice ‘lei non può restare da sola e io si?’ E lui continua con ‘e mi dispiace’ fino a che non li spingo io fuori dalla porta. Poi quando tornano ile sta già più rilassata. La stanno a stressare assai con queste idiozie.
A lavoro chiuso siamo andati con la macchina di Daniele al campetto. Si gelava come non mai però almeno io e lui siamo riusciti a riscaldarci giocando un po’ a basket. Io sono un disastro totale (no one is shocked) ma non mi importa. Devo solo imparare a rilassarmi abbastanza dal fregarmene di come la gente possa percepirmi. Pure lui mi diceva che sono un po’ rigida nei tiri, e devo molleggiare. Devo entrare nella modalità giusta di pensare che le persone non stanno giudicando me ma sono solo persone (people by agustd docet come filosofia di vita).
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salfadog · 2 years
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Buonasera. Scrivo perché ho una curiosità sul comportamento di un cane femmina che mi capita di incontrare. (sono femmina anche io)
Quando vado a casa del suo proprietario, lei appena mi sente/ lui le apre, corre verso di me scodinzolando e chiedendo coccole, quasi ignorando lui. Ed anche successivamente mi viene sempre vicino o addosso per coccole o mi porta i suoi giochi, o mi lecca minuziosamente mani e braccia. Secondo il proprietario è perché "ti adora e l'hai conquistata" io penso che oltre all'affetto - quando entro in casa - il suo sia anche un controllo per vedere chi è l'ospite e dare il via libera.
Le voglio bene e non è mai aggressiva nei miei confronti, è solo curiosità dovuta ai pareri diversi che abbiamo.
La ringrazio e mi scuso per la lunghezza del messaggio.
Ciao Anon. Bravissima a intuirlo. Il tentativo di amicarsi qualcuno comporta quasi sempre, se non sempre, una certa dose di controllo sull'altro. Bisogna poi vedere a chi è riservato il trattamento "amici per la pelle da SUBITO": se orientato a chiunque entri in casa (persino l'idraulico) o solo agli amici più stretti e il tipo di relazione che intercorre tra l'umano del cane e l'ospite.
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(questa ad esempio è una gentile ma ferma richiesta del cucciolo nero di allontanamento dai "propri giochi" -la proprietà etologica nel cane è determinata dalla regola "chi primo arriva, meglio alloggia" anche sul cibo lasciato in tavola se non glielo abbiamo insegnato con calma e pazienza, ma SOPRATTUTTO, non lasciando il cibo incustodito)
Questa necessità di "controllo" non ha di per sé un significato per forza negativo: il cane può farlo per insicurezza verso gli altri o per genuino desiderio di compiacere o un semplice entusiasmo nei confronti delle novità interessanti da coinvolgere nelle proprie attività.
Come per noi, le motivazioni che spingono le emozioni del cane sono complesse e stratificate in modi a volte incomprensibili per l'essere umano ma mai -se non in presenza di patoloogie mentali diagnosticate- assolutamente casuali.
Anche se non vediamo lo schema, non significa che non esista.
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ilmerlomaschio · 3 years
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DIFFERENT - DIVERSE
lasognatrice1997/Wattpad
Capitolo 1 - Jennifer
....
Trenta minuti prima dell'inizio dell'intervallo, dopo aver avuto il permesso dalla professoressa di matematica di uscire, mi avvio in bagno.
Subito dopo aver finito, esco, e proprio quando mi sto recando in classe, all'improvviso, qualcuno mi afferra da dietro, e mi tappa la bocca con la mano.
Mi ritrovo all'interno di un rispostiglio, che non è né troppo grande e né troppo piccolo.
Mi giro verso la persona che mi ha afferrato con violenza, e quando vedo chi è, gli dó uno schiaffo.
È il nuovo bidello della scuola, e si chiama Vess. È un padre di cinquantacinque anni con un figlio di cinque anni, ed è single come me. È divorziato, e suo figlio lo può vedere solo nel fine settimana.
Quando l'ho conosciuto la prima volta, non è stato lui ad adocchiare me, ma sono stata io ad adocchiare lui.
Vess è rimasto tanto ammirato dalla mia bellezza che quando gli ho chiesto di fare sesso più di una volta, egli ha accettato subito, comprese le volte successive.
-"Era proprio necessario?!"- esclamo -"Mi hai fatto prendere un colpo, cazzo!!"-
-"Scusami Jennifer."- risponde -"È solo che non ho resistito. Sei così eccitante... sei da assaporare tutta... sei giovane, fresca, e piena di vita. Io, invece, sono vecchio, anche se ne dimostro dieci anni in meno."-
Vess, pur tanto attratto da me, è ancora innamorato con la sua ex-moglie, la madre di suo figlio, e ne sono sicura al cento per cento.
Da una parte lo capisco, ma quando noi due puntiamo sul lasciarci andare sessualmente, Vess dimentica ogni cosa quando mi scopa.
-"Non vedi l'ora di vedermi tutta nuda, vero?"- chiedo.
Vess fa un sorriso malizioso e chiude la porta a chiave, per fare in modo che nessuno possa entrare, poi si volta verso di me e dice:
-"Sì, assolutamente."-
Vess è un uomo robusto, alto 1 metro 84, labbra sottili, pelle di colore rosa come la mia, e dei fantastici occhi di colore blu chiaro.
Si avvicina, e una volta di fronte a me, le mie braccia vanno intorno al suo collo, mentre le sue mani scivolano verso il basso per toccarmi il sedere.
-"Il mio cazzo non vede l'ora di entrare dentro la tua bocca e dentro la tua figa."- commenta.
-"E la mia figa non vede l'ora di essere leccata e scopata da te."- rispondo.
Vess mi tira sú, mentre io avvinghio le gambe intorno ai suoi fianchi.
Posso sentire l'erezione del suo pene e la mia intimità pulsare dall'eccitazione.
Poso le labbra sulle sue, e infilo la lingua all'interno della sua bocca per roteare assieme alla sua (lingua).
Ci baciamo alla francese, e ci slinguazziamo a più non posso, poi, Vess mi mette su un tavolo (che si trova all'interno del ripostiglio).
Dalla bocca, Vess scende baciandomi il collo, e facendomi provare un forte solletico mescolato con il piacere.
Chiudo gli occhi per un attimo, lasciandomi andare completamente, e cominciando a rilassare il mio corpo che prima era un pochino in tensione.
-"Ooooh... Vess... mi piace sentire la tua bocca su di me..."-
Lui è davvero bravo anche per poco quando si tratta di far godere le donne. Se ne intende veramente. E con la lingua è un mito.
-"Mia cara Jennifer... io so come si fa a far godere dal piacere le femmine che amano il sesso come te."- dice, e poi riprende a baciarmi il collo.
Lo ammetto. Il sesso a me piace un casino. Mi piace essere scopata sia da davanti che da dietro. Mi piace quando i maschi mi leccano la figa. Mi piace quando i maschi mi leccano il culo. Mi piace quando i maschi mi baciano, mi succhiano e mi leccano le tette. Mi piace quando i maschi mi infilano il loro cazzo nel mio ano. Mi piace quando i maschi mi leccano i piedi e le gambe. Mi piace quando i maschi mi baciano il collo. Mi piace quando i maschi mi scopano la figa con la loro lingua. Mi piace tanto quando sbatto la mia figa sulla faccia dei maschi.
Ecco... tutte queste cose sconcie mi piacciono.
Ammetto di essere una pervertita, ma finché sono giovane, single e bellissima, ne approfitto.
So perfettamente di essere una troia e una poco di buono, però, al tempo di oggi, oltre ai maschi, anche le donne hanno diritto di fare quello che vogliono.
Vess, con tanta delicatezza, mi toglie la maglietta e il reggiseno entrambi di colore rosso.
-"Mio Dio... sei bellissima Jennifer."- dice -"Sdraiati. Penso a tutto io."-
Faccio come dice, e mi sdraio sul tavolo.
Faccio come dice, e mi sdraio sul tavolo.
Vess si avvicina, mi prende entrambi i seni con le sue mani, e comincia a succhiare come non mai.
Chiudo gli occhi, e inarco la schiena per il forte ed immenso piacere.
Gemo e godo tantissimo.
-"Aaaah... Vess... oh mio Dio..."-
-"Ti piace, vero? Ti piace sentire la mia bocca e la mia lingua sulle tue bocce, vero?"- mi chiede.
-"Tan-tantissimo."- rispondo.
Sento che sta gustando con voglia e desiderio le mie stupende tette, e non osa fermarsi.
-"Mmmm... oltre ad essere belle, sono anche buone... sono da assaporare... cavolo, mi piacciono le tue tette... mi piacciono da impazzire..."- commenta.
-"Amo quando fai il porco con me."- dico.
All'improvviso, si allontana.
Apro gli occhi, e lo guardo.
-"Che fai? Perché ti sei fermato? Mi piaceva tantissimo."-
Vess fa un sorrisetto malizioso, per poi spostare il suo sguardo fra le mie gambe.
Ora sì, che la cosa si fa interessante!
-"Questo ti piacerà ancora di più."- risponde -"Metterò la mia faccia fra le tue gambe, e assaporeró tutta la tua figa. Ti gusteró tutta quanta che implorerai di più."-
Vess mi toglie i tacchi a spillo neri, i jeans strappati, e le mutandine sexy di colore rosso.
Sono del tutto nuda. Completamente.
So che cosa vuole farmi.
Mi divarica completamente le gambe, e poi apre la bocca, si avvicina alla mia intimità, e infila la lingua dentro di me, roteando a suo piacimento.
Mi rilasso, e chiudo gli occhi, godendo del momento.
-"La tua figa è bellissima, bagnata ed eccitata."- commenta.
Lo sento leccarmi dal basso verso l'alto con una voglia incredibile, usando tutta la sua lingua.
Mi lecca come se stesse gustando un gelato, e questo mi piace tanto.
-"Oh mio Dio Vess... la tua lingua è fantastica... continua a leccarmi... leccami... non fermarti... fammi sentire in paradiso..."-
Di conseguenza, lo sento inspirare.
-"Mmmm... che buon odore di figa... mmmm... mi piace..."-
-"Sei un porco! Un maiale, Vess! Continua a leccarmi! Oh mio Dio! Mi piace quando fai così!"- esclamo.
-"Sì... sono tale quale a un porco pervertito che non riesce a fare a meno della figa..."- commenta.
Riprende a leccarmi ancora, poi, di conseguenza, mi dà dei baci stampo premendo le labbra sulla mia intimità.
Gemo forte, molto forte, ma cerco di trattenermi un po', perché non voglio che fuori dal ripostiglio ci senta qualcuno.
Apro gli occhi, e guardo Vess.
Vedo che mi sta leccando con tanta voglia.
-"Ti piace leccare la figa, vero?"- chiedo.
-"Sì, mi piace molto, soprattutto quando si tratta di far godere le donne mentre le assaporo."- risponde.
All'improvviso, struscia la sua faccia sulla mia figa e non riesco a trattenere i miei gemiti.
-"Oooh... Vess... aaaah... Dio mio... ancora... continua... fammi godere come una troia... cosiiii... ti prego..."-
Il piacere si è raddoppiato, e posso sentire la mia intimità scaldarsi sempre di più.
Dopo avermi assaporata per alcuni minuti intensi ed eccitanti, Vess mi dà un ultimo bacio sulla mia intimità.
-"Bella e buona."- dice.
-"Ora mettiti a gattoni sul tavolo e mostrami il tuo culo sexy. Voglio leccarlo e morderlo tutto."- aggiunge.
Obbedisco e faccio quello che mi ha detto.
Mi sculaccia leggermente, facendomi sussultare, e poi lo sento immergersi fra le mie chiappe leccando e baciando mentre muove velocemente la testa a destra e a sinistra.
Gemo a più non posso anche se cerco di resistere, però come si fa a non gemere dal piacere?
Di conseguenza, sento la sua lingua leccarmi il sedere, chiudo gli occhi, poi i suoi denti mi mordicchiano le chiappe.
Mi sculaccia di nuovo.
-"Mmmm... che bel culo che hai, Jennifer!"-
Mi sculaccia ancora e mi lecca di nuovo.
-"Vess... voglio che mi scopi... adesso in questo momento..."- dico.
Qualche secondo dopo, riesco a sentire qualcosa entrare dentro di me.
È il suo cazzo, ed è parecchio indurito.
Si muove dentro di me, piano piano, e subito dopo aumenta la velocità.
Il piacere si fa sentire sempre di più, e io non capisco più niente.
È meraviglioso e stupefacente, e inaspettatamente, l'orgasmo arriva.
Poco dopo, mi metto in ginocchio, e pratico il sesso orale a Vess.
Gli lecco la punta del suo pene, e poi glielo succhio con calma, fino ad aumentare la velocità, e sentire il liquido caldo e salato che schizza nella all'interno della mia bocca.
A Vess piace da impazzire questa cosa, ma gode ancora di più quando decido di succhiargli le palle con tanta foga.
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lapetite-flamme · 3 years
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Dover
22/04/2077
[E] «Allora, perché questa gita?» dirigendosi giù lungo la spiaggia, saltando tra un paio di scogli prima di trovarsi sulla spiaggia liscia, sempre tenendole la mano. «Vuoi reimpatriarmi attraverso lo stretto?»
[A] «Sai che sono cresciuta a Marsiglia, no?» Gli rivolge un’occhiata, prima di fermarsi quando sono giunti quasi in riva al mare. «E al mare ci sono stata solo due volte. Questa è la terza.» Si stringe nelle spalle, mentre posa il cesto da pic nic accanto ai propri piedi. Lo apre, quindi, estraendone una coperta scura, che stende in terra. «L’ultima volta prima di tutto quello che t’ho raccontato.» Prima che il padre morisse, insomma. «È sempre stato un posto che... Non lo so, m’è sempre piaciuto. E i ricordi legati a questo posto, al mare, sono sempre belli.» Ma non lo guarda, ormai, mentre si costringe a mostrarsi tutta indaffarata nel sistemare i lembi della coperta sui ciottoli. È un modo troppo indiretto per dirgli di voler catalogare una serata passata con lui nei suoi pochi “ricordi felici”?
[E] «Solo due volte?» Guardandola mentre stende la coperta, e aprendo anche lui la borsa misteriosa. L'ascolta in quel religioso silenzio di chi non vuole fare domande scomode ma letteralmente beve informazioni su una persona di cui vuole sapere di più e sa poco o niente. «Possiamo andare a Marsiglia uno di questi giorni.» Butta lì, mentre sorride leggermente. L'ha capito, cosa intende. Ma niente sdolcinatezze. Dalla borsa estrae una piccola maginchiglia che sistema lì dietro di loro, una bottiglia di vino perché mangiare è sopravvalutato e... Dei lecca-lecca dal palese colore rossissimo. «Al sangue, come piace a te.» Un coglione. «Ah... E...» una rosa. Che le passa con una faccia da latin lover giusto per non soccombere all'imbarazzo. «Abbastanza corteggiata per i tuoi gusti?»
[A] «A Marsiglia? Se vuoi che ti presenti mia madre basta chiedere, eh.» E lo guarda, ridacchiando proprio di gusto stavolta. «Però possiamo andarci, se ti fa piacere.» A Marsiglia, mica dalla madre. «Con un calcio ti faccio arrivare fino a Parigi.» però il lecca lecca lo prende, lo scarta e lo osserva. «Che sapore ha?»Non ne ha mai provato uno, esatto. Se lo rigira fra le mani, incuriosita. Almeno fino a che lui non si presenta con quella rosa, che le strappa l’ennesimo sorrisetto. «Forse. Vedremo la prossima volta.» Visto che lei adesso l’ha portato a mare lui dovrà inventarsi qualcosa di altrettanto carino per il prossimo appuntamento. «È strano, comunque.»
[E] «A Marsiglia.» annuendo e nello stesso momento facendo spallucce, come a svilire la cosa. E quasi si rompe il collo a voltarsi a guardarla a quella minaccia molto più potente della precedente. «Un po' presto per conoscere un'altra donna della tua famiglia...soprattutto se hai preso l'amorevole carattere da lei.»... «È un sacco pungente. Poi dimmi se somiglia al sangue vero» va, che curioso. Poi si chiede perchè il suo patronus è una scimmia. «Pensi già alla prossima volta? Sei molto sicura delle tue tecniche di seduzione, direi.»... «Noi due?» È strano vedersi di nuovo insieme?
[A] «Le mie tecniche seduttive funzionano benissimo, infatti sei qui con me.» Il che sembra non fare una piega. «Sì, noi due.» Loro due, dopo anni. «Ma noi due... Così.» Insieme, più o meno ufficialmente. E poi, improvvisamente, prova ad afferrargli la mano libera. Un gesto delicato ma deciso, che vorrebbe condurre la mano del giovane nel taglio centrale della camicetta fino a fargliela posare sul cuore. «Ti ricordi che m’hai detto al San Mungo? Che avrei dovuto preoccuparmi del mio cuore, che poteva ricominciare a battere dopo tanto tempo.» Si schiarisce piano la voce, mentre china il capo all’indietro, posandolo sulla sua spalla. E lo osserva, con un piccolo sorriso. «Lo senti? Batte sempre, quando sono con te.»
[E] Si fa spostare la mano curioso, e mentre ha una battuta pronta sulla tetta che sta per toccare, lei lo spiazza, e lo lascia ancora senza parole. A proposito di cuori poi, sarà facile per lei sentire sulla schiena il battito aumentato del cuoricino di lui. «ok, con la battuta d'abbordaggio vampirica mi hai ufficialmente conquistato.» con l'imbarazzo che non lo fa diventare rosso solo perchè la brezza e il freddo serale lo tengono a bada.«Ora, se non le dispiace...faccio una cosa che volevo fare da quando siamo arrivati...» ...Che è evidentemente cercare di prenderla in braccio di prepotenza, e correre verso il mare con lei ancorata davanti. Sempre che riuscisse a catturarla, altrimenti si darebbe volentieri all'inseguimento. «AFFOGARTI!»
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tashaodinsbane · 3 years
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12.12.76                            Ultimatum
M:«Ohi» Hanno fumato, baciato, bevuto, e non tutti sono usciti indenni da quella mattinata: chi ha lividi fisici, chi più emotivi, ed è forse proprio per questo motivo che una volta fuori dai Tre Manici di Scopa, è l`atteggiamento della Terzina Serpeverde che lei nota maggiormente.«Te la fumi una sigaretta con me?» semplice e decisa, con quello che è un pretesto bell`e buono per separarsi dagli altri ed avere un momentino di pace. E se Tasha accettasse, ecco quindi rallentare, fermarsi all`incrocio con una traversa tranquilla e richiudere la zip dello zaino «Allora, che succede?» Occhi affilati che cercano i suoi, indagatori ma non invadenti.
T: «Mah.Proviamo»Tasha si stringe nelle spalle ed esce una mano dalla tasca per accettare la sigaretta. Non ha idea di cosa fare,in realtà. Quindi attende che sia Merrow ad aprire le danze e poi ne copia i movimenti. Tira una boccata di fumo e comincia a tossire, decisamente non abituata allo strano gusto «Che deve succedere?» chiede tra un colpo di tosse e l’altro.
... Fumata nera per la Odinsbane. La Loghain stringe le labbra tra loro, la Marlino`s che si sta lentamente consumando ma non produce ancora colore dal momento in cui non ha aspirato.
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M: «Non deve succedere niente.» dice solamente, forse riferita alle sigarette, non pensando sia una risposta al suo dire «Inspira, piano e profondamente. Fai scendere il fumo verso i polmoni e non esagerare. Poi espira, dalla bocca o dal naso, come ti viene meglio.» infatti indice e medio della destra vanno a prendere di taglio la sigaretta, con lei che inspira lentamente ed altrettanto lentamente butta fuori un fumo bluastro dalle piccole narici bianche, continuando a fissare quel nero altrui finchè non scompare nell`aria nevosa che le circonda «Sei strana.Ti va di dirmi perchè?»
T:«Non so» Si,è strana. Si sente strana, ma non sa come spiegarsi, non sa se vuole spiegarsi.Attende qualche istante e poi espira schiudendo le labbra e lasciando andare un’altra nuvoletta di fumo nero. Stavolta però si notano delle sfumature indaco in tutto quel nero cupo. Fa la vaga sì,ma sa che con gli amici ha poco da nascondere. È un libro aperto e i sentimenti le si leggono chiaramente in faccia. Perché girarci intorno allora? «Hai baciato Luke»Ecco. Più diretta di così. Non aggiunge altro. Nuvoletta nera, indaco e cos’è quello?Del giallo?
M:«Si.» non ci gira tanto intorno nemmeno lei, riservandole la stessa cortesia di trasparenza. Attende qualche altro secondo, con quel giallo che stria gli altri colori della Merlino`s della Odinsbane, facendole inclinare all`indietro il capo ed appoggiarlo al muro, socchiudendo le palpebre e trattenendo la sigaretta all`angolo sinistro della bocca, muovendola piano su e giù, facendo passare i secondi «Cosa ti aspettavi da una mattinata di gioco della bottiglia?»Non aggiunge altro però, ruvida nei modi di fare com`è, nonostante il fatto che abbia deciso di parlarle indichi comunque un debole verso i sentimenti della Serpeverde, che non ignora come avrebbe fatto con chiunque altro  «Quando speravi di dirglielo?» chiede poi, a bruciapelo.
T:«Avevo capito che il gioco finiva lì. E invece vi trovo a baciarvi.Con la lingua» perché va specificato. Lei un bacio così non l’hai mai dato.«Insomma....siete amici no?»Perché insomma,leggendo tra le righe la domanda è un’altra.  «Dire cosa a chi?»Finta tonta.
M:«Ma che ne so se siamo amici.. Ci ho parlato poco. Fino all`anno scorso nemmeno mi ricordavo il suo nome. »
T: «Come non lo sai?» esclama facendo finalmente uscire un tono più deciso. Il cappuccio le cade dalla testa,scoprendo i capelli color cioccolato e mostrando le guance arrossate «Cioè, insomma, lui ti piace in quel senso?Romantico?»
M: «E`luichehadetto che voleva venire al balloconme» e poi niente, parte la maledizione  «ed ionontrovopropriomotivo per dirgli di no. Tashaperl`amor di Merlino! Hai avutoquasi un anno per dirgli cosa Gramo provi, ed ora tisenti in competizioneper un ca**o di bacio? Alza il culo e vaiadirglichetipiace, per l`anima di Godric, o giuro che la sera del ballo lo affogo con la lingua fino a fargli dimenticarecomesi chiama.» un po too much? Maybe, ma la Loghain è una creatura sincera, ed ancor più sotto soliloquium di quella maledizione. Peccato che sta volta non sembri nemmeno un pochino pentita, rimanendo a fissare Tasha con una calma quasi innaturale ed uno sguardo da sorella maggiore che è sinceramente preoccupato per lei, ed altrettanto spazientito «Insomma, se lui non sa niente, come fai a sapere se ti ricambia o se è meglio passare oltre? Vuoi rimanere all`infinito nel limbo?» espressione disgustata ed una folata di fumo argento dalle piccole narici. Cenere schiccherata a terra ed occhi affilati a lei.
T: «Non è competizione. Non proprio...»Si chiama gelosia,bella. Tasha sbatte le palpebre più volte,spalanca gli occhi e fissa la ragazza con espressione...oltraggiata?sconvolta?divertita?Non sa come reagire. Ha poco tempo per farlo tra una frase e l’altra che le viene praticamente sputata addosso. Si lecca le labbra,quando lei finisce di parlare e resta interdetta a fissarla. «Si,mi piace» confessa. «Ma l’ho capito quando l’ho visto baciare t...un’altra. Non mi è piaciuto per niente»Sospira e riporta la merlino’s alle labbra. Qualche altro colpetto di tosse trattenuto, e poi lascia andare fuori un fumo completamente indaco.   «Beh,visto che a me piace,e tanto,magari non baciarlo di nuovo. Non prima che gli abbia parlato». «Hai ragione:devo dirglielo.Ma....come glielo dico?»
M:«Hmmm no. Facciamo così: hai tempo fino al ballo per dirgli cosa provi. Hai aspettato un sacco di tempo, Odinsbane.Se non gli avrai detto qualcosa entro quella serata... non serve che ripeta la cosa, vero?» le mette fretta, si, ma è anche la sua mancina che si leva dalla tasca e cercherebbe di posarsi sulla spalla destra della Terzina, stringendola con affetto sincero  «ti prego non fare discorsi inutili. Vai dritta al punto: chiedigli se a lui piaci perchè lui a te piace. E che te ne sei accorta quando hai visto noi oggi.E qualunque sia la sua risposta, Tasha, ricorda che tu sei una delle ragazzette più in gamba che io conosca. Non sarà certo un Corvonero a cambiare questo fatto.» piccola precauzione, nonostante gli occhi contornati dallo smokey scuro, siano tutti attirati dalla Odinsbane «Se invece va bene... voglio vederlo girare con un Testabolla perenne per paura che tu lo faccia rimanere senza aria nei polmoni. Hm?» ci stai, si? Sogghigno sornione e stregattesco.
T:«Hmm,magari lo soffoco io al ballo»commenta e allunga la sua di mano per darle una piccola spinta lasciando finalmente andare una risata nervosa «Se mi va bene con un bacio,altrimenti con le mani»E insomma il delitto d’amore va fatto senza bacchetta! «Dritta al punto:ci proverò» promette con un piccolo sorriso sul volto rasserenato. Lascia andare il mozzicone di sigaretta per terra e,se ne avesse tirato un’ultima boccata probabilmente sarebbe stata di un bel verde brillante,visto il modo in cui le successive parole di Merr le riscaldano il cuore. «Oh» è tutto quello che dice mentre fissa le iridi grigie in quelle simili dell’amica .E gli occhi non sono forse più lucidi di commozione? Si limita ad addossare contro il suo fianco il proprio peso,in una specie di abbraccio senza braccia, un contatto silenzioso e amichevole. Scoppia a ridere immaginando il testabolla su Luke «Grazie. E scusa se...sono stata...un po’ cosi» Si stacca da lei e dalla parete, indicando con un cenno del capo il resto del gruppo «Torniamo da loro?» un invito a seguirla ,a farle ancora da spalla in quel giretto ad Hogsmeade.
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mooonlightdevil · 3 years
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𝟹𝟷/𝟷𝟸/𝟸𝟶 ᴛʜᴇ ʟᴀsᴛ ᴅᴀɴᴄᴇ
Ebbene sì, al momento mancano meno di 24 ore alla fine del 2020. Alla fine di quest’anno che mi, anzi ci ha regalato gioie, sorrisi, allegria, notti insieme, l’abbattere qualsiasi barriera fisica tra di noi, ma allo stesso tempo anche pianti, notti passate a piangere, poemi scritti su uno stupido social che forse stupido non lo è poi così tanto, sguardi di sfuggita a scuola, litigi, insulti e chi più ne ha più ne metta. Non posso dire che sia stato l’anno migliore della mi vita finora, perché quello rimarrà sempre il 2019, grazie al fatto di averti conosciuto. ma posso dire che è stato un anno pieno, soprattuto di sorprese e di cambiamenti nella mia, anzi nella nostra vita, sia positivi che negativi. Non posso dirti di provare a vivere senza di me, perché l’hai già fatto, sai già rialzarti al mattino e sforzarti di sorridere a tutti, sai già rialzarti e cacciare indietro le lacrime, e quando ti rialzi, sei una di quelle persone che fanno dire al diavolo “merda è sveglio”. Dici sempre che io sono una forza, ma qui la forza della natura sei tu mongoletto. Hai sopportato dolori e sofferenze che io non posso neanche lontanante immaginare, hai avuto il cuore spezzato per talmente tanto tempo, che probabilmente non ti ricordi più nemmeno com’era quando era intatto. Mi dispiacerà non far parte del tuo 2021, mi farà male non avere nessuno a cui dedicare degli inutili ma significativi post, farà male lasciar andare tutto quello che mi ricordava te, da uno stupido annuncio in tv riguardante torino, ad un latte e caffè bevuto al mattino, sarà triste passarti accanto a scuola e far finta di non esserci mai conosciuti, far finta di essere degli estranei, anche se in realtà abbiamo condiviso più di quanto si possa immaginare, e soprattutto farà male guardare i volti delle persone e non trovare mai quei lineamenti che conoscevo ormai a memoria. Ho capito inoltre che, nella mia vita e sulla mia parete, c’è spazio per un solo drago, che tra l’altro si è portato via tanto di me, più di quanto io voglia ammettere. Per quanto riguarda tutti gli insulti degli scorsi giorni, sai che non penso davvero tutto quello che ho detto, perché mi conosci fin troppo bene, e ha fatto male litigare, ha fatto tremendamente male, ma forse così mi autoconvincevo che sarebbe stato più semplice lasciarti andare. Già, perché ti ho lasciato andare, e ho lasciato che il tuo piccolo cuoricino, che batteva per me, rimanesse in quei mille pezzi che solo io avrei saputo ricostruire. Ho avuto paura, lo ammetto, ho avuto paura di essere felice, e ho preferito la sicurezza ad un qualcosa di più ma allo stesso tempo, anche più tumultuoso. Sappi che le persone che vengono e verranno dopo di te, possono solo rimanere deluse dal fatto che non sarò mai completamente loro, come lo ero per te, perché tu una parte di me te la sei tenuta, proprio come io ho fatto con te, il mio piccolo fiore. Non potrò mai scusarmi abbastanza per il male che ti ho causato, per i mesi della tua vita che ti ho fatto sprecare, le le lacrime che ti ho fatto versare e per il dolore che hai dovuto sopportare. Non potrò mai farmi scivolare via quei sensi di colpa, e potrò solo odiarmi ulteriormente, ma se tu hai sopportato tutto ciò per me, io posso benissimo sopportare qualcosa per te.
Potrei stare qui a scriverti altre 83747 cose, ma nessuna potrebbe mai spiegare davvero quanto ti ho amato, quanto ti amo e quanto ti amerò, quindi ti chiedo solo una cosa, ricordati di me, ma non della me di ora, come dici tu, ma della me vecchia, de suo sorriso che ti scaldava il cuore, dei suoi chiari occhioni dolci in cui ti perdevi, del suo nasino che sorrideva insieme a lei, dei suoi capelli sempre spettinati, dei suoi pigiami sempre molto sobri, della sua mania per le polaroid, delle sue serate passate a scrivere di te, della sua copertina con le stelline, dei suoi libri tutti sottolineati e pieni di citazioni, dei suoi occhiali che la facevano sembrare una secchiona, delle sue insicurezze, con cui era sempre in guerra costante, con le sue magliette larghe che le facevano da vestito, dato il suo metro e cinquantaquattro, della sua passione per le storie d’amore, e il suo desiderio di viverne personalmente una da romanzo, del suo trucco sempre sbavato, della sua cover sempre piena di biglietti del pullman, del suo zaino storico con su i pesci, del suo astuccio rosa che contiene ancora il tuo preservativo, del suo provocarti con un lecca lecca e dell’amare il vederti impazzire, del suo adorare follemente le patatine del mc, dei suoi gusti in fatto di pizza, che erano uguali ai tuoi, della sua goffaggine e del suo continuo addormentarsi all’improvviso per poi avere i sensi di colpa la mattina dopo. Ricordati dei suoi piccoli spasmi quando stava per addormentarsi, del suo impegno e della sua resistenza nel voler pagare sempre, del suo nasino che diventava sempre rosso per il freddo, della sua mania di dormire con le tue magliette, del suo sentirsi in colpa per tutto, della sua passione per just dance, della la sua mano fredda che prendeva la tua quando giravate insieme per le città, della sua mania di fare costantemente foto o video, nella speranza che gli mancassi un po’ di meno, del suo profumo dolce che metteva solo per te, di quanto l’hai trovata bella la sera di san valentino, anzi di quanto la trovassi e la facessi sentire bella sempre, di come ti ha costretto ad usare un cuore diverso perché l’altro era “banale”, di come pur di vederti è venuta in centro con 40 di febbre, di come metteva nei messaggi importanti anche quelli più semplici, ma che per lei avevano un significato, della sua passione per i frutti rossi e per le mandorle, delle sue cuffie sempre perennemente rotte, dei suoi genitori, un po’ stronzi e severi, ma che ti volevano un bene dell’anima, delle sue voglie di popcorn serali e della sua testardaggine con cui facevi sempre scontrare la tua. Ricordati dei sorrisi che ti ha fatto spuntare, delle notti in cui avete fatto l’amore fino all’alba, delle volte in cui ti ha consolato, delle volte in cui ti abbracciava da dietro, delle volte in cui ti mangiava la guancia e diceva “mio”, delle volte in cui ti faceva impazzire solo guardandoti, delle volte che ti faceva i grattini sulla pancia o si faceva delle foto con il tuo telefono, ricordati di quando passeggiavate insieme e avevate un airpod a testa e ascoltavate gli psicologi, salmo e tanti altri, dei massaggi che le facevi oppure ancora della sua paura dell’opinione degli altri o di quando cambiava un treno e un pullman solo per venire da te, di quanto ti criticava i gusti musicali per gli FSK, di quando ti faceva incazzare per poi rannicchiarsi comunque vicino a te nella speranza che l’abbracciassi. Ecco, ricordami così, come nella foto sopra, ti chiedo solo questo, ricordati della me che ti ha fatto battere forte il cuore, e non dell’altra me, quella lasciala perdere, come dici tu, non sono io e non lo sono mai stata. Ricordati dei momenti felici, che ti hanno fatto capire sempre di più quanto mi amassi, e non di quelli che il tuo amore l’hanno distrutto.
Ricordami come la ragazza bassa che in un caldo giorno di luglio, ti ha aspettato su una panchina, ti è venuta incontro abbracciandoti, ha lottato con te per pagare il pranzo, ha commentato con te un matrimonio sulle tue gambe, e a cui prima che andasse via hai sussurrato “ci rivediamo vero ?”. Quel giorno quella me è entrata nella tua vita e nel tuo cuore, solo che nonostante dalla prima ormai sia fuori, dal secondo non se ne andrà mai.
ti amo, ricordatelo sempre perfavore.
la tua roccia/isoletta felice/mongoletta/principessa/bimba
ps: si tu, proprio tu, so che stai piangendo quindi finiscila, e non perché te lo dico io, ma perché piangere è l’ultima cosa che si merita una meraviglia come te.
pps: spero ci stia tutto in un post perché è lunghissimo e ci ho messo un’ora a scriverlo.
ppps: non sono io se non faccio 9238 ps anche in questa situazione.
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sixteencoucou · 3 years
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il problema sei tu. non fraintendermi non sei un problema, sei il mio problema, potrebbe suonare senza senso ma lo ha. io, però, non voglio diventare il tuo di problema e così reprimo il mio, lo soffoco tra le lacrime, pur di non provocarti un minimo di emozioni nocive nei miei confronti. difenderò il nostro "noi" a costo di soffocare ogni volta le parole, a costo di finire tutte le lacrime, a costo di premere "off" nell'interruttore delle emozioni ogni volta che mi arriva un tuo messaggio, incrocio il tuo sguardo o inizio a sentire il tuo profumo nella via. ti prometto che, nonostante io sia uno dei più grandi casini mai venuti in contatto con te, non permetterò a niente e a nessuno di rovinare il nostro rapporto, nemmeno a me ed al mio stupido amore. ti prometto che non creerò mai nemmeno un solo secondo di imbarazzo. ti prometto che troverò un modo per far smettere ai battiti di pronunciare il tuo nome, lo farò e ti prometto che non ti perderò mai. ti prometto che non ti renderò più parte dei miei problemi di cuore, non perché non abbia più bisogno di te ma perché non meriti di perdere l'unica amicizia su cui hai sempre fatto affidamento, perché non potrei più guardarti in faccia mentre ti parlo del mio cuore spezzato perché io so che per giorni e notti interminabili non ha fatto altro che urlare in modo assordante il tuo nome nelle mie orecchie. da circa un mese hai iniziato a parlarmi di lei e ti brillano gli occhi quando ne parli, anche se non fai che paragonarla e confrontarla con il tuo primo amore. ogni volta che mi parli di qualcosa , ancor più se qualcuno, so che per te ne vale la pena. lei per te ne vale la pena, la stai aspettando e continuerai a farlo ed io non nego che muoio ogni volta che sento il suono della tua voce che pronuncia il suo nome, ma devo essere prima felice per te e per ciò che hai trovato. spero sappia renderti felice, spero sappia farti divertire quanto meriti, spero si prenda cura di te, spero ti ricordi di non prendertela con i tuoi genitori che non è colpa loro se tuo fratello sta male, spero ti ricordi di fare i compiti, spero ti sappia ascoltare quando farai di tutto pur di vincere perché sei grande e maturo ma a perdere non sei proprio capace, spero riesca a capire quando stai zitto perché la stai osservando innamorato e quando invece sei ferito, spero capisca quanto farti parlare di te ogni tanto sia importante, spero si ricordi di amarti forte. io spero faccia tutto il necessario, tutto ciò che si dovrebbe fare con te, tutto ciò che negli anni ho imparato a capire tu ne avessi bisogno. spero che il tuo luccichio non si spenga mai perché i tuoi occhi grigi sorridenti sono la cosa più dolce che al mondo abbia mai visto, spero piuttosto si fermi il mio e spero che si possano realizzare tutti i nostri piani senza imprevisti. vedo già me e te nel nostro piccolo appartamento vicino l'università, te studiare come un matto e io fiera di te che ti vedo già con il camice addosso e la scrittura incomprensibile tipica di ogni buon dottore che si rispetti. spero tu riesca a curare ed aiutare quante più persone, spero tu trovi un modo per aiutare le tue persone e spero tu non debba avere mai a che fare con malattie incurabili, come i cuori spezzati. io non verrei mai a fare una visita da te o sarei uno dei tuoi casi persi, non risolvibili che ti tormenterebbero per tutta la notte e non potrei mai sopportare te che fai avanti e indietro per la stanza chiedendoti dove tu abbia sbagliato. ricordati sempre ciò che stai per leggere "non ho mai visto cosa tanto giusta quanto te, sei la strada sicura da prendere al bivio, sei la stanza dove rifugiarsi dopo un litigio, sei il lenzuolo con cui coprirsi la notte, sei l'abbraccio di un padre ad una figlia, sei la lingua calda di un cagnolino che ti lecca il naso, sei la panchina nell'angolo della piazza dove tutti gli innamorati incidono le loro iniziali."!
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catchingxfeelings · 4 years
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ti vedo arrivare da lontano e mi guardo allo specchio.
anche tu mi vedi, ti sbracci per farmi vedere e io d’istinto sorrido, mentre per la mente mi attraversano vari flashback di noi due piccoline che ci salutiamo in questo modo. non sei cambiata affatto.
mi accogli con il sorriso e l’imbarazzo di chi non si vede da tanti anni, e infatti è così, ma dopo pochi secondi mi parli già con la disinvoltura e la foga di chi non si vede da qualche settimana. siamo sempre state così noi due.
apri il cancello e tutto è rimasto uguale a casa tua, è cambiato solo il cane nel recinto. l’ho notato subito perché non mi abbaia, cosa che faceva sempre la Luna quando mi vedeva pur conoscendomi da tanti anni. mi stupisco di sentire una stretta al cuore, quasi mi manca quell’animale che ho tanto odiato e che mi ha odiato a sua volta.
Yuki è un husky bianco come la neve da cui prende il nome, è buona e mi lecca le dita quando cerco di accarezzarla.
non mi hai ancora invitato dentro, io so perché anche se non me l’hai detto, e cerchi di riempire gli spazi vuoti con del sarcasmo scaduto qualche decina di anni fa. non è cambiato niente in questo posto, tutto è rimasto immobile, fermo all’ultima volta che sono stata qui sette anni fa.
“vuoi entrare? ci sono i miei di sopra ma tra poco se ne vanno”. non pensavo che avresti avuto il coraggio di invitarmi dentro ma sono felice che l’hai fatto. non so cosa dirò ai tuoi genitori ma non m’importa più di tanto, sono contenta di essere qui.
“te la ricordi casa mia? è come te la ricordavi?”. come secondo te sarebbe stato possibile che io mi fossi dimenticata di quella che è stata la mia seconda casa per anni rimane un mistero per me. mi ricordo tutto, la voce squillante di tua nonna che ti chiama per la merenda e il vecchio telefono con il filo sulla piccola credenza in fondo a sinistra che dà sul corridoio buio da attraversare prima delle scale. il quadro sul pianerottolo prima di entrare in casa tua e l’odore dell’ambiente in cui mi trovo sono tutte cose che ricordo perfettamente.
tua madre è in cucina, tu la saluti svogliatamente mentre io mi irrigidisco e cerco di trovare qualcosa da dire per nascondere il mio imbarazzo.
anche lei è sorpresa di vedermi, non sa cosa dire.
non so cosa ci faccio qui, forse dovrei andare a casa.
in realtà dovrei davvero essere a casa ora, se mia madre sapesse dove sono mi ucciderebbe probabilmente.
cerco di scacciare la vocina che mi suggerisce che forse avrebbe ragione a non volermi qui e ti seguo in camera tua.
è tutto uguale in questa casa, niente è cambiato in tanti anni. la casa ma non solo, anche tu e tua madre.
la giornata trascorre tranquilla, parliamo un po’ di tutto e mi sembra di avere di nuovo otto anni.
sapevo di aver conservato il mio affetto per te durante questi anni, ma mai mi sarei aspettata di riuscire ancora a capire cosa stai per dire qualche istante prima che tu lo dica, a pensare le stesse cose che dici mentre le stai già dicendo e di stare ancora così bene in tua compagnia.
sei una sorella per me, forse lo sarai sempre. non importa quanto tempo trascorriamo lontane e quanto distanti siamo.
non ho mai voluto e non credo vorrò mai bene a qualcuno così tanto come ne ho voluto a te.
non credo che lo capirai mai.
ti racconto di quando vado a ballare, dei ragazzi che hanno fatto parte della mia vita e delle persone che mi hanno ferita in questi anni. ti aggiorno sulla vita delle persone che conoscevamo e di cui tu non hai saputo più niente, ti parlo dei miei nuovi interessi e delle mie nuove amiche. più ti parlo più vedo che io e te insieme non abbiamo più niente in comune.
lo vedo dal tuo sguardo, che hai paura.
io lo capisco. non c’è mai stato bisogno che mi dicessi niente.
prendiamo le switch e giochiamo un po’.
me ne accorgo dopo un po’ che giochiamo, dopo che il tempo si è fermato da qualche ora, in questa stanza è il 2010 e abbiamo di nuovo 10 anni. il tuo modo di insegnarmi a giocare, le parole che usi e il modo in cui pensi. tutto. siamo uguali. ti comporti proprio come me.
non mi accorgo del tempo che passa e subito si fanno le 19. chiamo il mio ragazzo e gli chiedo di venirmi a prendere. tu ce l’hai un ragazzo? dici che ce l’hai. vorrei sapere tutto, ma come al solito oggi mi sono presa tutta la giornata e abbiamo parlato solo di me. sorrido pensando che però posso già farmi un’idea della vostra relazione senza che tu mi abbia neanche ancora detto come si chiama.
usciamo di casa e passiamo davanti a uno specchio. “sei più bionda di quanto ricordassi” mi hai detto prima appena ci siamo trovate a un metro di distanza. di tutte le cose che potevi dire hai scelto i capelli. mi viene un po’ da ridere.
sono una persona completamente diversa da quando ci siamo perse tanti anni fa, eppure sono ancora la stessa persona. pensavo che oggi sarebbe stato un fallimento. lo è stato, ma in un certo senso sono contenta.
quando siamo passate di fronte allo specchio io li ho visti. hanno preso forma nel riflesso e mi hanno guardato in faccia, gli anni che abbiamo preso.
siamo troppo diverse ormai. forse sarei come te ora, se mi fossi comportata diversamente. forse no. non lo sapremo mai.
i nostri caratteri rispecchiano esattamente ciò che siamo l’una per l’altra. io sono la vita che scoppia e tu sei la notte che non vedrà mai la luce. vorrei poterti aiutare, ma non credo che tu voglia. a te va bene così. lo vedo da come sorridi alle piccole cose. non hai bisogno che io ti porti in questo mondo malato. volevo farlo, giuro che volevo. ma non credo di averne il diritto. e poi tu stai bene così. a te piace la tua vita.
ti invidio.
ti invito da me la settimana prossima, se vuoi andiamo a fare un giro al centro commerciale. ti vedo irrigidirti e sorrido. “forse tra qualche anno...” la frase rimane a metà.
l’uomo che ha cambiato la mia vita parcheggia la macchina e aspetta che lo raggiunga mentre saluto la mia infanzia e tutto ciò che mi ricorda i tempi di quando ero veramente felice.
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musasilente · 5 years
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"Ma lui è ancora qui?"
Non lo so, vorrei dire, ma vorrei saperlo perché sono stata nella sua città recentemente e lui non lo sapeva né forse lo avrà mai saputo, e ci sono stata con il costante terrore misto a desiderio di incontrarlo e ridere fragorosamente per la coincidenza. Non so quando partirà, vorrei dire, e onestamente voglio che parta per sempre oppure non parta affatto perché non posso sopportare di vederlo tornare diverso come l'altro. L'ultima volta che ho avuto notizie di lui, vorrei dire, è stato il 19 luglio quando ha scritto a tutti noi che stava tornando a casa e che ci voleva bene e voleva rivederci al più presto.
"Non so, il mio ex partì il 30 agosto quindi immagino che partirà anche lui per quel periodo" è l'unica risposta che riesco a dare. Non voglio parlare di questa cosa perché mi manda fuori di testa. Alla festa di paese fuori dalla finestra cantano musica anni 80 mentre la gatta di zia si lecca sdraiata sul mio letto e vorrei urlare tutta la rabbia, il disgusto e il desiderio che provo.
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alcoly · 5 years
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Fiore di ciliegio
Fiore di ciliegio
-“Finalmente frequento un corso che ho scelto io, speriamo di non pentirmene.” ho pensato appena entrata nella classe vuota che dopo pochi minuti si è riempita quasi del tutto. Scegliere un corso con pochi crediti ha suoi svantaggi e vantaggi in effetti.
Annoiata e assonnata (erano le 9 del mattino), mi sono guarda un po’ in giro per vedere qualche faccia conosciuta, ma tra le varie facce (un po’ da culo e un po’ sfacciate) ho trovato una testa rosa. Veramente, una testa rosa. Era una ragazza china sul suo Mac che digitava e cliccava prima ancora che iniziasse la lezione.
-“Cos’ha da scrivere di prima mattina?” mi sono chiesta con faccia dubbiosa e poco dopo questo pensiero ho visto la sua testa sollevarsi e i suoi occhi guardarmi, quasi come se mi avesse sentito, come se avesse intercettato il mio pensiero.
Mi guardava, mi ha guardata a lungo, aveva gli occhi scuri e le labbra rosa, ma non di rossetto, era il colore naturale delle sue labbra, come i suoi capelli, come i fiori di ciliegio. Era bellissima.
Voglio dire, non era sto gran splendore, ma per me era bellissima.
Un po’ imbarazzata, sia dal pensiero che dal suo sguardo penetrante, mi sono girata e con fare disinvolto ho aperto lo zaino e ho preso il necessario.
Finita la lezione noto che non si alza. “Perché non va via? Adesso c’è la lezione del mio corso di studi, lei non ne fa parte.”
Non si è alzata. Continuava a digitare con impegno e anche la sua espressione faceva capire che stesse facendo qualcosa di importante, ma non era veramente a questo che stavo pensando.
Volevo vederla meglio, volevo conoscerla, volevo sapere chi era e cosa avesse pensato di me. Durante la lezione, noiosa ma importante, ogni tanto mi distraevo e cercando di non farmi vedere troppo mi giravo verso di lei, la guardavo con la coda dell’occhio fingendo di guardare le montagne dalla finestra.
Alla fine di questa lezione si era alzata e si era avviata verso la porta in fondo all’aula. Tutta di fretta ho riposto il quaderno e l’astuccio nello zaino, con molta fretta ho salutato le mie colleghe e sono uscita dalla porta davanti. L’ho vista venire verso di me, cioè nella mia direzione, non proprio da me (magari) e poi ho sentito: “Monica! Monica dopo ci sei?” una ragazza diretta verso l’altro lato del corridoio l’aveva chiamata e lei si è voltata, un po’ incerta poi ha risposto di sì. Monica. Si chiamava Monica e le sua voce era come la brezza primaverile che ti sfiora mentre fai una passeggiata sul Lungadige. Lei che aveva la borraccia azzurra con le margherite nella tasca esterna dello zaino, che aveva le gazzelle rosa confetto e le labbra visibilmente morbide. Ma a quanto pare il mio sguardo perso le è balzato all’occhio perché poi mi ha lanciato uno sguardo incuriosito e quasi divertito (probabilmente sembravo scema). Finalmente il mercoledì universitario: alcol, sigarette e decisioni sbagliate. Giusto perché noi studenti siamo dei masochisti, abbiamo deciso di recarci al locale più affollato della città. Saggia decisione, devo affermare col senno di poi. Tra un bicchiere di Porto e l’altro e dopo un paio di sigarette, sentendo il bisogno di rimettermi un po’ in ordine, decido di andare in bagno, ovviamente sola perché “non sia mai che ci rubano il posto”. Un po’ barcollante e un po’ persa, chiedo al cameriere dov’è il bagno e dopo una disinteressata risposta mi avvio giù per le scale indicate. Una bella rampa devo dire, almeno così sembrava quella sera. Noto con grande sorpresa che il mio mascara non è ancora colato, che i miei capelli non sono del tutto spettinati e la camicetta un po’ sbottonata non ha alcuna macchia di vino. Indecisa se dovessi fare pipì o no, mi lavo le mani sperando di riceve qualche stimolo. Sento dei passi, qualcuno sta scendendo: cerco di sembrare più normale possibile. La porta si apre e rimango senza fiato. È lei. È il mio fiore di ciliegio. In tutto il suo splendore rosa apre la porta e con un mezzo sorriso di gentilezza mi si rivolge: “Sono occupati?” indicando le porte chiuse dei bagni; un po’ intontita e in imbarazzo le rispondo arrossendo “No no sono liberi” con la voce che si rifiutava di uscire. Il cuore mi batteva forte, la faccia mi bruciava e le mani formicolavano, ma non per l’acqua fredda. Sorridendomi ancora (per pietà forse), entra in bagno. Indecisa sul da farsi, mi asciugo le mani in modo impacciato lasciandole bagnate quanto prima. Non volevo andarmene, non volevo che il nostro breve ed insignificante incontro finisse lì e così velocemente tiro fuori il telefono e fingo di chattare su whatsapp, pur sapendo bene che non prendesse niente, voglio dire, eravamo sotto terra!
Sento la porta che si apre e si lava le mani. Io mi guardo allo specchio e vedo nel riflesso il suo sguardo rivolto alla mia scollatura, cioè: mi stava guardando le tette. Con un ghigno malizioso metto il cellulare in tasca e noto dal riflesso che se n’era accorta. Era diventata dello stesso colore dei suoi capelli, con un po’ più di rossore. Scrolla le mani bagnate e si reca verso l’asciugatore, esattamente dov’ero io. Un po’ indecisa mi sono spostata e incrociando le mani la guardavo. Aveva i jeans attillati a vita alta e una maglia corta, in modo che il suo bel culo fosse in bella mostra. “Lei mi aveva guardata no? E allora la guardo anch’io.” pensavo tra me e me. Ovviamente si sentiva i miei occhi addosso e per questo si era girata verso di me, c’è stato un lungo momento di silenzio e sguardi pieni di voglia, ma che tipo di voglia? Di presentarci? Di ridere? Di baciarci? O di occupare il bagno? Forse di tutte, ma abbiamo iniziato da una: mi ha guardato il collo e la guancia e colta alla sprovvista mi sono ritrovata le sue carnose labbra sulle mie e la sua fredda mano sul mio viso. L’altra mano era appoggiata alla mia vita e la sentivo salire. Dato che l’immagine del suo culo a mandolino mi girava ancora per la mente, metto la mia mano sulla sua chiappa e nell’istante in cui mi morde il labbro, le stringo il culo che d’impulso spinge contro il mio corpo, quasi a volersi dentro di me. L’altro mano ancora libera sale verso il suo collo e le accarezza i capelli lisci e setosi come i petali di un fiore. La sua mano che prima saliva adesso mi massaggia la tetta destra e tra una palpata e l’altra sento che emette dei gemiti di piacere. Non l’avevo nemmeno toccata e già gemeva! Quanto ero eccitata. “Si sentono delle voci” ho pensato e probabilmente l’ha pensato pure lei perché poco dopo mi sono sentita tirare per la mano e siamo entrate in uno dei due bagni. Chiude la porta a chiave. C’era poco spazio. Per un momento abbiamo aspettato e ci siamo anche guardate, ci siamo spogliate con gli occhi a dire il vero. Erano dei ragazzi, credo, perché si sentivano i loro passi allontanarsi verso il bagno dei maschi. Sollevate da una parte, ma preoccupate per quello che sarebbe potuto succedere successivamente, abbiamo ricominciato a baciarci ma questa volta oltre le mie labbra, voleva sentire la mia pelle e così scese a baciarmi il collo mentre con le mani mi sbottonava la camicia. Avida di me, scende per baciarmi le tette, ne tira fuori una e mi lecca il capezzolo turgido. Leccava avidamente poi si metteva tutta la mia tetta in bocca, mentre con la mano massaggiava l’altra tetta.
La volevo anch’io, volevo sentire il profumo della sua pelle e sapere che sapore ha. Mentre una mano spronfondava nella sua chioma rosa, l’altra scendeva per sbottonarle i pantaloni. Credo fosse stata colta di sorpresa perché si era fermata e mi guardava un po’ insicura e un po’ vogliosa, ma si era lasciata andare e io non vedevo l’ora di sentire quanto fosse calda. Era tornata a baciarmi il collo e io ero scesa con la mano; sentivo un intimo di pizzo, chi sa se erano rosa. Mi tremavano le mani e volevo essere delicata, era il mio fiore di ciliegio no? Passo due dita lungo la sua figa da sopra le mutandine, riuscivo a sentire che era calda, ma ancora meglio: era bagnata. Mentre strusciavo la mia mano la sentivo respirare affannosamente e decisa, le metto le mani nelle mutandine; la sua pelle era soffice, liscia, con il dito medio e l’anulare scendo e arrivo al clitoride, apro le piccole labbra e sento un lago! Dio era bagnatissima, era eccitatissima e lo era tutta per me. Struscio le dita sulla figa che me le bagna e poi torno sul clitoride e insieme anche all’indice glielo massaggio, all’inizio lentamente, ma poi sentendola gemere piano e muoversi eccitata, decido di massaggiarle il clitoride più velocemente. Si dibatteva su di me e decido di allungare la mia mano dentro la sua figa, bollente e bagnata; faccio scivolare il dito medio dentro e mentre lo muovo inserisco l’anulare con movimenti delicati e poi spingo fino infondo. Gemeva e soffocava più che poteva le urla. Agitavo la mano dentro di lei e le baciavo il collo, la sua pelle sembrava velluto e il suo profumo mi inebriava la mente: stavamo godendo insieme. Tra un bacio e una carezza, la sentivo respirare sempre più affannosamente, volevo farla godere, fino alla fine e volevo vederla così soave per sempre, così inizio a muovere la mano più velocemente e più infondo mentre col pollice le agitavo il clitoride, sentivo che tratteneva il respiro finché si fa scappare un gemito e lì capisco che era venuta, aveva un lieve sorriso di gratitudine sulle labbra e mi guardava desiderosa di ricambiare.
Prima di estrarre la mia mano, le massaggio un po’ il clitoride mentre lei mi baciava e mi accarezzava il viso delicatamente.
“Vieni da me” mi dice, “abito qua vicino e tutti i miei inquilini sono fuori. Voglio ringraziarti”. Sentivo il petto ardere, avevo il viso in fiamme e lo stomaco contorcersi. La volevo, volevo andare a casa sua e passare la notte con lei e con tanto imbarazzo e cercando inutilmente di trattenere l’euforia le rispondo di sì.
Fiore di ciliegio
-“Finalmente frequento un corso che ho scelto io, speriamo di non pentirmene.” ho pensato appena entrata nella classe vuota che dopo pochi minuti si è riempita quasi del tutto. Scegliere un corso con pochi crediti ha suoi svantaggi e vantaggi in effetti.
Annoiata e assonnata (erano le 9 del mattino), mi sono guarda un po’ in giro per vedere qualche faccia conosciuta, ma tra le varie facce (un po’ da culo e un po’ sfacciate) ho trovato una testa rosa. Veramente, una testa rosa. Era una ragazza china sul suo Mac che digitava e cliccava prima ancora che iniziasse la lezione.
-“Cos’ha da scrivere di prima mattina?” mi sono chiesta con faccia dubbiosa e poco dopo questo pensiero ho visto la sua testa sollevarsi e i suoi occhi guardarmi, quasi come se mi avesse sentito, come se avesse intercettato il mio pensiero.
Mi guardava, mi ha guardata a lungo, aveva gli occhi scuri e le labbra rosa, ma non di rossetto, era il colore naturale delle sue labbra, come i suoi capelli, come i fiori di ciliegio. Era bellissima.
Voglio dire, non era sto gran splendore, ma per me era bellissima.
Un po’ imbarazzata, sia dal pensiero che dal suo sguardo penetrante, mi sono girata e con fare disinvolto ho aperto lo zaino e ho preso il necessario.
Finita la lezione noto che non si alza. “Perché non va via? Adesso c’è la lezione del mio corso di studi, lei non ne fa parte.”
Non si è alzata. Continuava a digitare con impegno e anche la sua espressione faceva capire che stesse facendo qualcosa di importante, ma non era veramente a questo che stavo pensando.
Volevo vederla meglio, volevo conoscerla, volevo sapere chi era e cosa avesse pensato di me. Durante la lezione, noiosa ma importante, ogni tanto mi distraevo e cercando di non farmi vedere troppo mi giravo verso di lei, la guardavo con la coda dell’occhio fingendo di guardare le montagne dalla finestra.
Alla fine di questa lezione si era alzata e si era avviata verso la porta in fondo all’aula. Tutta di fretta ho riposto il quaderno e l’astuccio nello zaino, con molta fretta ho salutato le mie colleghe e sono uscita dalla porta davanti. L’ho vista venire verso di me, cioè nella mia direzione, non proprio da me (magari) e poi ho sentito: “Monica! Monica dopo ci sei?” una ragazza diretta verso l’altro lato del corridoio l’aveva chiamata e lei si è voltata, un po’ incerta poi ha risposto di sì. Monica. Si chiamava Monica e le sua voce era come la brezza primaverile che ti sfiora mentre fai una passeggiata sul Lungadige. Lei che aveva la borraccia azzurra con le margherite nella tasca esterna dello zaino, che aveva le gazzelle rosa confetto e le labbra visibilmente morbide. Ma a quanto pare il mio sguardo perso le è balzato all’occhio perché poi mi ha lanciato uno sguardo incuriosito e quasi divertito (probabilmente sembravo scema).
Finalmente il mercoledì universitario: alcol, sigarette e decisioni sbagliate.
Giusto perché noi studenti siamo dei masochisti, abbiamo deciso di recarci al locale più affollato della città. Saggia decisione, devo affermare col senno di poi. Tra un bicchiere di Porto e l’altro e dopo un paio di sigarette, sentendo il bisogno di rimettermi un po’ in ordine, decido di andare in bagno, ovviamente sola perché “non sia mai che ci rubano il posto”. Un po’ barcollante e un po’ persa, chiedo al cameriere dov’è il bagno e dopo una disinteressata risposta mi avvio giù per le scale indicate.
Una bella rampa devo dire, almeno così sembrava quella sera.
Noto con grande sorpresa che il mio mascara non è ancora colato, che i miei capelli non sono del tutto spettinati e la camicetta un po’ sbottonata non ha alcuna macchia di vino. Indecisa se dovessi fare pipì o no, mi lavo le mani sperando di riceve qualche stimolo.
Sento dei passi, qualcuno sta scendendo: cerco di sembrare più normale possibile.
La porta si apre e rimango senza fiato. È lei. È il mio fiore di ciliegio. In tutto il suo splendore rosa apre la porta e con un mezzo sorriso di gentilezza mi si rivolge: “Sono occupati?” indicando le porte chiuse dei bagni; un po’ intontita e in imbarazzo le rispondo arrossendo “No no sono liberi” con la voce che si rifiutava di uscire.
Il cuore mi batteva forte, la faccia mi bruciava e le mani formicolavano, ma non per l’acqua fredda. Sorridendomi ancora (per pietà forse), entra in bagno. Indecisa sul da farsi, mi asciugo le mani in modo impacciato lasciandole bagnate quanto prima. Non volevo andarmene, non volevo che il nostro breve ed insignificante incontro finisse lì e così velocemente tiro fuori il telefono e fingo di chattare su whatsapp, pur sapendo bene che non prendesse niente, voglio dire, eravamo sotto terra!
Sento la porta che si apre e si lava le mani. Io mi guardo allo specchio e vedo nel riflesso il suo sguardo rivolto alla mia scollatura, cioè: mi stava guardando le tette. Con un ghigno malizioso metto il cellulare in tasca e noto dal riflesso che se n’era accorta. Era diventata dello stesso colore dei suoi capelli, con un po’ più di rossore. Scrolla le mani bagnate e si reca verso l’asciugatore, esattamente dov’ero io. Un po’ indecisa mi sono spostata e incrociando le mani la guardavo. Aveva i jeans attillati a vita alta e una maglia corta, in modo che il suo bel culo fosse in bella mostra. “Lei mi aveva guardata no? E allora la guardo anch’io.” pensavo tra me e me. Ovviamente si sentiva i miei occhi addosso e per questo si era girata verso di me, c’è stato un lungo momento di silenzio e sguardi pieni di voglia, ma che tipo di voglia? Di presentarci? Di ridere? Di baciarci? O di occupare il bagno? Forse di tutte, ma abbiamo iniziato da una: mi ha guardato il collo e la guancia e colta alla sprovvista mi sono ritrovata le sue carnose labbra sulle mie e la sua fredda mano sul mio viso. L’altra mano era appoggiata alla mia vita e la sentivo salire. Dato che l’immagine del suo culo a mandolino mi girava ancora per la mente, metto la mia mano sulla sua chiappa e nell’istante in cui mi morde il labbro, le stringo il culo che d’impulso spinge contro il mio corpo, quasi a volersi dentro di me. L’altro mano ancora libera sale verso il suo collo e le accarezza i capelli lisci e setosi come i petali di un fiore. La sua mano che prima saliva adesso mi massaggia la tetta destra e tra una palpata e l’altra sento che emette dei gemiti di piacere. Non l’avevo nemmeno toccata e già gemeva! Quanto ero eccitata. “Si sentono delle voci” ho pensato e probabilmente l’ha pensato pure lei perché poco dopo mi sono sentita tirare per la mano e siamo entrate in uno dei due bagni. Chiude la porta a chiave. C’era poco spazio. Per un momento abbiamo aspettato e ci siamo anche guardate, ci siamo spogliate con gli occhi a dire il vero. Erano dei ragazzi, credo, perché si sentivano i loro passi allontanarsi verso il bagno dei maschi. Sollevate da una parte, ma preoccupate per quello che sarebbe potuto succedere successivamente, abbiamo ricominciato a baciarci ma questa volta oltre le mie labbra, voleva sentire la mia pelle e così scese a baciarmi il collo mentre con le mani mi sbottonava la camicia. Avida di me, scende per baciarmi le tette, ne tira fuori una e mi lecca il capezzolo turgido. Leccava avidamente poi si metteva tutta la mia tetta in bocca, mentre con la mano massaggiava l’altra tetta.
La volevo anch’io, volevo sentire il profumo della sua pelle e sapere che sapore ha. Mentre una mano spronfondava nella sua chioma rosa, l’altra scendeva per sbottonarle i pantaloni. Credo fosse stata colta di sorpresa perché si era fermata e mi guardava un po’ insicura e un po’ vogliosa, ma si era lasciata andare e io non vedevo l’ora di sentire quanto fosse calda. Era tornata a baciarmi il collo e io ero scesa con la mano; sentivo un intimo di pizzo, chi sa se erano rosa. Mi tremavano le mani e volevo essere delicata, era il mio fiore di ciliegio no? Passo due dita lungo la sua figa da sopra le mutandine, riuscivo a sentire che era calda, ma ancora meglio: era bagnata. Mentre strusciavo la mia mano la sentivo respirare affannosamente e decisa, le metto le mani nelle mutandine; la sua pelle era soffice, liscia, con il dito medio e l’anulare scendo e arrivo al clitoride, apro le piccole labbra e sento un lago! Dio era bagnatissima, era eccitatissima e lo era tutta per me. Struscio le dita sulla figa che me le bagna e poi torno sul clitoride e insieme anche all’indice glielo massaggio, all’inizio lentamente, ma poi sentendola gemere piano e muoversi eccitata, decido di massaggiarle il clitoride più velocemente. Si dibatteva su di me e decido di allungare la mia mano dentro la sua figa, bollente e bagnata; faccio scivolare il dito medio dentro e mentre lo muovo inserisco l’anulare con movimenti delicati e poi spingo fino infondo. Gemeva e soffocava più che poteva le urla. Agitavo la mano dentro di lei e le baciavo il collo, la sua pelle sembrava velluto e il suo profumo mi inebriava la mente: stavamo godendo insieme. Tra un bacio e una carezza, la sentivo respirare sempre più affannosamente, volevo farla godere, fino alla fine e volevo vederla così soave per sempre, così inizio a muovere la mano più velocemente e più infondo mentre col pollice le agitavo il clitoride, sentivo che tratteneva il respiro finché si fa scappare un gemito e lì capisco che era venuta, aveva un lieve sorriso di gratitudine sulle labbra e mi guardava desiderosa di ricambiare.
Prima di estrarre la mia mano, le massaggio un po’ il clitoride mentre lei mi baciava e mi accarezzava il viso delicatamente.
“Vieni da me” mi dice, “abito qua vicino e tutti i miei inquilini sono fuori. Voglio ringraziarti”. Sentivo il petto ardere, avevo il viso in fiamme e lo stomaco contorcersi. La volevo, volevo andare a casa sua e passare la notte con lei e con tanto imbarazzo e cercando inutilmente di trattenere l’euforia le rispondo di sì.
Ci siamo ricomposte e più velocemente possibile siamo andate al piano di sopra a salutare i nostri amici. Mi teneva per mano e io la guardavo cercando di non farmi notare. Neanche il tempo di chiudere la porta di casa che mi sento sbattere al muro, mi apre la camicia finché mi bacia con la lingua, come se volesse che sentissi quanto fosse brava; mi toglie la camicia e mi porta per mano verso quella che doveva essere camera sua. Ci togliamo le scarpe, getta la mia camicia e i suoi vestiti a terra e mi fa accomodare (con un po’ di violenza) sul suo letto a quanto pareva singolo. Scendeva lungo il mio corpo riempiendomi di baci, si soffermava sulle tette e me le leccava come in bagno, ma con più voglia; con una mano mi apriva i pantaloni e con l’altra mi massaggiava l’altra tetta. Poi con entrambe le mani mi toglie i pantaloni. Scende lungo l’addome baciandomi e leccandomi, sentivo i suoi soffici capelli sfiorarmi la pelle facendomi rabbrividire e facendomi venire la pelle d’oca su tutto il corpo. Era arrivata all’inguine, baciava la coscia destra e poi mi baciava la figa da sopra le mutandine che dovevano essere bagnate almeno quanto le sue prima. Ero eccitatissima e ancora incredula di essere lì con lei. Delicatamente mi toglie le mutandine guardandomi nel buio della stanza illuminata debolmente dalla luce della luna. Mi baciava la figa e me la leccava con la lingua morbida, era scesa poi fino al clitoride e con due dita me lo massaggiava mentre lo leccava agilmente. Sentivo poi le sue dita entrare dentro di me, prima uno poi l’altro mentre mi leccava il clitoride con avidità, come se si fosse trattenuta per ore o giorni. Come me prima, stava dando sfogo all’eccitazione e alla voglia che si era creata pensandoci. Ansimavo e mi contorcevo, mentre lei mi scopava come se stesse facendo la gara, come se avesse un tempo record da battere e stava vincendo. L’apice è stato quando con la mano libera mi ha stretto la mia tetta, facendomi venire come poche volte prima. Ero esausta. Mi stava guardando con occhi pieni di soddisfazione e altrettanto io; è salita poi su di me e mi ha baciata. Ci siamo baciate e leccate come per pulirci e chiudere in bellezza la serata. Ci siamo addormentate abbracciate.
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sortilegio · 6 years
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BULLTRUE
Finito di guardare l'ultima stagione della mia serie preferita, mi perdo fissando lo schermo nero senza ormai più titoli di coda. Lo guardo e penso, ridipingendo le immagini appena viste, passate sugli occhi negli ultimi minuti. Uno stato di perdizione, un petit stato di shock molto comune per chi finisce l'ultima stagione della propria serie preferita.
Orange Is The New Black quest'anno è tutto nuovo: nuova prigione, nuove detenute, nuove storie. L'ambiente poco familiare non mi ha annoiato (molti dicono di aver sofferto la noia guardando queste puntate) e non mi hanno annoiato i nuovi personaggi: la nuova bitch di turno, la nuova butch di turno (d'altra parte Big Boo se n'è andata), persino le guardie sono soggetti di rilievo e non unicamente volti a seminare minacce ed ingiustizie.
Non ho fallito, ma non avevo alcun dubbio, nel rilevare la figura che più ha spiccato, ben piazzata tra le mie preferenze, insomma, il mio personaggio preferito. Non è stato difficile, non è mai difficile: ti piacciono tutte le sue scene e ne vorresti di più, anche quando fa una mossa stronza è figa uguale e speri segretamente che si immischi in qualche inciucio lesbo. Funziona così un po' per tutti, no?
Sí, Carol Denning è decisamente il personaggio più intrigante della stagione in confronto ad una Alex Vause (solitamente una garanzia molto sexy) moscia ed insipida. Questa Carol mi ha incantata a partire dalla sua backstory, Ashley Jordyn nella parte della "young Carol" mi è rimasta cucita in mente per i suoi denti perfetti, la sigaretta sempre fumante (alternata alle caramelle) e i suoi occhialoni modello anni '80. Non ci sono poi da immaginare, perché inspiegabili, i meccanismi che ha messo in moto il mio cervello (la parte sinistra perché la destra tenta un appiglio ad una razionalità inesistente in certi casi) appena ho rivisto gli occhialoni ben sistemati sul naso della "present Carol", una bella signorona che già mostra avere più palle di tutte le belle signorone viste finora. Gli scrittori di Orange, infatti, colpiti da una mega epifania, hanno mostrato prima la backstory, poi il personaggio al presente.
In pratica, sono stata catturata fin dalla prima scena. Nel corso degli episodi, Henny Russell, interprete di Carol Denning del presente, dà vita ad una figura imponente ed austera, i piccoli occhi azzurri attraverso le lenti spesse dominano il blocco C e, possiamo dirlo, tutta la prigione di massima sicurezza. È fredda, gelata, lo stesso taglio di capelli da una vita, il capo delle stronze, "fuck unconditional love, hate is what keeps me warm at night" è la sua frase-manifesto, pronunciata nel mezzo di una sua partita a Bridge in uno dei pochi attimi in cui non stringe un lecca lecca tra le labbra. È una bastarda tremenda, ma è figa, signori.
La giovane Carol, evocata in qualche flashback ha lo stesso charm: esuberante, impulsiva, ambiziosa e con un anello al pollice che non mente mai.
Sono imbambolata, catturata. Dall'una e d'altra. Dalla giovane e dalla vecchia. Da Carol. Ma non lo scopro fino a quando non si chiude il sipario e mi trovo a riflettere davanti allo schermo nero, mi accorgo che la mia testa parla solo di Carol, vuole sapere solo di Carol. "Che personaggio!", penso. Più che colpita, sono rimasta tranciata.
Frastornata da questa donna fittizia e da questa mia pseudo-innocua-ossessione (non che non mi sia mai capitato, intendiamoci, ma è sempre una botta all'anima), mi sono catapultata a digitare il suo nome sulla saggia piattaforma di Tumblr (perché nella Tumblr community c'è sempre quello che cerchi, domande e risposte) per apprezzare infine, una dolce sorpresa:
Sembra che questa figura abbia dato da pensare a tante, moltissime ragazze come me, direttamente da lesbolandia e dintorni. Sembra che lei eserciti su di noi una particolare fascinazione, le quali origini non sono ben identificate. Esattamente come detto prima, sia il personaggio delle backstories che quello del presente sembra mandare tutti in fiamme, non c'è distinzione perché si tratta di Carol. Tutta Carol.
Insomma, tutte impazziscono per lei, elaborano teorie complottistiche per smascherare anche solo uno sputacchio di omosessualità (che nella stagione non ha per niente), si mettono all'opera sfornando fanfiction porno delle più sublimi (carine) e, come da copione, si lanciano sulle due attrici che hanno incarnato Carol, osannandole. Niente, io mi ci ritrovo, è assurdo come da subito abbia percepito certe cose senza sapere di quest'altra gente, per questo devo essere una lella con i fiocchi e sono contenta.
Come dulcis in fundo, Henny Russell e Ashley Jordyn, le attrici, sono in buonissimi rapporti, spammano Instagram di foto e video insieme con l'hashtag #twocarolsarebetterthanone. In più, le lesbiche le hanno decretate, insieme al loro personaggio, tre lesbian icon™ (o bicon): "Henny how do you feel knowing you're now a lesbian icon?" "Super flattered!". Henny Russell (Carol vecchia, del presente), super attiva sui social perché ha messo mi piace a ben due miei commenti, ha confessato di essere bisessuale, accennando anche alla possibile bisessualità di Carol e dando così da mangiare carne fresca ai gay. Una magia.
Concludendo, l'amara bellezza di perdermi ancora in un personaggio inesistente mi avvolge con dolcezza, come una fiamma svelta (perché è quello che chiamo "fuoco fatuo"). Pensavo che questo personaggio fosse così imprevedibile, non certo quello per cui perderesti la testa, così mi sarei riconfermata interamente per quella che sono. Il mio stupore, perciò, rimane inchiodato nel momento in cui la mia cotta ha perso tutta la sua imprevedibilità scontrandosi con un mucchio di persone ammaliate (e lelle) quanto me.
Orange Is The New Black mi lascia ogni anno un nuovo sapore in bocca, è vario, è assurdo, per questo non mi stanca mai. Aspetto con ansia news sulla settima stagione.
Nel frattempo penserò ancora per un po' a Carol Denning.
Bullshit? BULLTRUE.
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edsitalia · 3 years
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EDS6 VENTO D'ESTATE
LOLLIPOP
Signore e signori vi ringrazio di essere venuti al lido Sabbiadoro di Rimini. Come ogni anno vi allieteremo le serate con giovani artisti emergenti.
E quindi bando alle ciance, ecco a voi "I malandrini"
Uno, due, un, due e tre...
"Ho lasciato scappar via l'amore
L'ho incontrato dopo poche ore
È tornato senza mai un lamento
È cambiato come cambia il vento
Vento d'estate..."
"Grazie ragazzi. La serata è stata un successone anche grazie a voi ed alla vostra musica."
Il proprietario del lido è molto soddisfatto della serata. Per essere un martedi abbiamo davvero fatto il pieno. Tutti i tavolini, fatti con rocchetti giganti di filo, erano occupati e, inoltre, le prime file dei lettini e sdraio erano tutte piene. Ci saranno state almeno centocinquanta persone, forse anche duecento.
"Vento d'estate" è il pezzo che facciamo ogni volta come apertura dei nostri concerti e, devo ammettere, che la cantiamo veramente bene. Pier e io suoniamo insieme da circa quindici anni ma ci conosciamo da sempre. A 17 anni, poi, abbiano deciso di provare a fare un duo musicale. Lui alla tastiera e pc io, invece, alla chitarra e voce solista.
Quest'anno abbiamo accettato tre ingaggi per l'estate. Uno a Rimini dove cantiamo il martedì e il sabato, uno a Viserbella dove canteremo il giovedì e la domenica e uno a Riccione dove ci esibiremo il mercoledì e il venerdì. Un totale di 6 concerti a settimana dal 29 giugno fino al 5 settembre.
Centocinquanta euro a coppia fino al giovedi e duecento euro per i fine settimana. Avremo un bonus, invece, per le serate del 14 e del 15 agosto. Questa è ormai la mia vera vita. Il resto dell'anno faccio il bidello in una scuola elementare statale di Arezzo. Per tre mesi mi sento un Dio. Mio padre dice che sono un fallito. Lui è capo reparto in una fabbrica di pelletteria vicino Montevarchi. Gli mancano pochi anni alla pensione e una falange dell'indice della mano destra, ricordo di un incidente di lavoro. Per quello ebbe una promozione e un congruo rimborso economico.
Ha sempre odiato che suonassi. Ha sempre pensato che fossi uno smidollato e uno scansafatiche. Voleva che seguissi le sue orme in fabbrica ma, dopo migliaia di litigi, ha deciso di lasciarmi stare e ha cominciato la sua opera di convincimento con mia sorella minore. Con lei ha funzionato. È impiegata lì, per fortuna in amministrazione.
Stavo chiudendo la mia Gibson nel fodero quando mi sento chiamare alle spalle.
"Ciao. Ma il nome
<<I Malandrini>> non si può sentire. Fa ridere"
Mi volto pronto per controbattere ma annego in un mare blu cobalto...
"Ma... ma..."
"Malandrini. Si fa ridere come nome"
Mi riprendo distogliendo lo sguardo.
"Il nome deriva dalle marachelle che facevamo da bimbi. Il mio amico e collega Pier rompeva tutto col pallone mentre io mi divertivo ad impiccare lucertole. Mia nonna ci apostrofava così ed è diventato il nome del nostro duo"
La ragazza cominciò a ridere a crepapelle circondata da altre quattro ragazze.
"Mi offri un drink?"
"Che hai fatto? Hai perso una scommessa con le tue amiche e ora devi abbordarmi?"
La ragazza è bellissima. Capelli mori lucidi che le scendono dietro le spalle. Abbronzatissima con un rossetto deciso che contorna una bocca che sembra scolpita da Canova. Quegli occhi blu, inoltre, sembrano entrarti dentro come l'acqua del mare che si infila ovunque. E nulla si può contro il suo volere. Le sue curve sono generose e strette in un vestito estivo leggero. Le scarpe col tacco servono sicuramente per darle un tocco di sensualità maggiore ma non ce ne sarebbe bisogno. È già molto sexy così.
"Ti ho chiesto un drink mica uscire insieme"
"Ok. Te lo offro solo se mi dici il tuo nome e se sei maggiorenne"
"Livia è la risposta alla prima domanda, ma mi chiamano tutti Lollipop. Alla seconda invece non ti rispondo"
"Allora ti posso offrire un'acqua tonica al massimo" Le dico sorridendo.
"Hai dei bei denti mio bel malandrino..."
"Tommy. Chiamami Tommy" "Va bene Tommy. Comunque farò 18 anni tra otto giorni. Il 21 luglio per l'esattezza"
"E allora non puoi bere alcolici. Al massimo un analcolico se vorrai"
Mi rivolgo al mio amico chiedendogli se volesse qualcosa. "La solita birra corretta al rum".
Chiudo la mia fedele compagna di note e mi dirigo al bar del lido con Livia. Tutti si congratulano con me per la performance canora, soprattutto quando abbiamo cantato "Bella d'estate". Ringrazio tutti rispondendo loro che, l'indomani sera, ci saremmo esibiti al "Cocorito" di Riccione. Chi avrebbe voluto sentirci nuovamente sarebbe venuto lì.
"Io ci sarò" mi sussurra Livia all'orecchio. Sorrido mentre ordino una birra al rum, un Moscow Mule e un analcolico alla fragola per la mia nuova fan. In un attimo i nostri cocktail sono pronti.
"Allora Livia perché ti chiamano Lollipop?"
"Perché mi piacciono i lecca lecca..." E mi dice questo fissandomi negli occhi e appoggiando le sue labbra rosse sulla cannuccia.
Deglutisco un sorso della mia bevanda a base di vodka, anche solo per non pensare a quello che mi sta capitando.
Il trillo dei nostri cellulari mi toglie dall'impasse. Guardo il mio dove Pier reclama la sua birra corretta. Lei risponde al messaggio che le è arrivato.
"Livia ti auguro un buon proseguimento di serata. Porto la birra al mio amico"
Livia mi prende la mano. "Aspetta. Io e i miei amici andiamo al Pineta a Milano Marittima. Vieni con noi?"
Devo dire di no. Per forza.
"Mi sentirei fuori luogo. Dai. Non posso"
"Ti farò sentire come se stessi in un posto da dove non vorresti andartene mai" E giù un altro sorso di cocktail dalla cannuccia. Questa volta, appena finito, si sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mi fissa nuovamente e si morde il labbro inferiore.
"Livia. Non mi sembra il caso."
Estrae dalla sua pochette una biro con la quale scrive qualcosa sopra un tovaglialino di carta che mi infila nella tasca dei jeans sussurrandomi nuovamente all'orecchio: "Vedi tu se è il caso o meno". Mi bacia sulla guancia e se ne va lasciandomi da solo al bar.
Estraggo il pezzetto di carta dove leggo il suo numero di telefono con la firma Lollipop dove, al posto delle "p" ci sono, appunto, due lollipop stilizzati e al posto delle "o" due lollipop a forma di cuore.
"Pensavo che la mia birra sarebbe arrivata dal Belgio..."
"Pier mi è capitata una cosa strana. Una ragazzina di 17 anni mi ha dato il suo numero di telefono e mi ha invitato a uscire"
"E come è questa ragazzina, Tommy?"
"È bellissima Pier. E non sembra avere 17 anni. Vabbè farà 18 anni tra dieci giorni ma ne dimostra di più"
"Sarà un troione Tommy. Come quelle dell'anno scorso in Sardegna ricordi? 19 anni appena compiuti e succhiavano l'impossibile... Io se fossi in te ci andrei. O sei sempre quello che si deve innamorare per andare con una donna? Non cambi mai. Poi da quando Letizia ti ha lasciato hai paura di stare con una donna."
Pier solito cinico. Per lui, le donne, sono tunnel da percorrere. Sempre. E Letizia ha lasciato una ferita enorme dentro di me. Non voglio più soffrire.
"Pier l'anno scorso ci hanno detto che avevano 19 anni solo dopo altrimenti, io, non ci sarei stato. Ma questa ragazza ha un non so che di strano. Mi ha scombussolato. Ha due occhi che ti rapiscono"
Mento a me stesso. L'anno scorso ero devastato dalla fine della storia con Letizia proprio all'inizio dell'estate. E chiodo schiaccia chiodo mi sembrava la soluzione migliore. Ma non andò come previsto. Mi ero sentito più vuoto di prima. Da quel momento decisi che non avrei  mai più sofferto per una donna.
"Allora chiamala e fatti rapire..."
"Andiamo a dormire che è meglio. Domani al Cocorito dobbiamo fare meglio dell'altra sera."
"Chiudi gli occhi e ti senti per sempre così
Ancora qui fra le mie braccia
Per tutti e due basterebbe tornare fin qui
Come onde di notte sulla spiaggia"
"Grazie a tutti"
Il titolare del Cocorito, stasera è super contento. Tanta gente è venuta ad ascoltarci. Stiamo facendo delle belle serate.
"Ehi Malandrino. Io sono venuta a sentirti stasera. Ma tu, ieri, non mi hai chiamata"
Riconosco quella voce e un piccolo sussulto mi coglie impreparato.
Mi volto e la saluto: "Ciao Livia. Come stai?"
La guardo. Sembra fuoriuscita dal libro di Nabokov o dall'omonimo film di Kubrick e scaraventata nel XXI secolo, qui, sulla riviera romagnola. Occhiali con le lenti a forma di cuore e un lollipop tra le labbra rosse. Le sorrido.
"Te l'ho già detto che mi piacciono i tuoi denti?"
"Si, ieri sera"
"Me l'offri un altro drink?"
"Ma vieni da me solo per scroccare bevute?"
"Veramente, io, ieri sera ti ho invitato a venire con me ma tu non hai voluto... Anzi come hai detto? Ah si. Non ti sembrava il caso..."
"Dai Livia. Ho quasi il doppio dei tuoi anni e di quelli di tutti i tuoi amici..."
"Non credo proprio" mi interrompe scocciata "Ieri sera sono uscita con un ex calciatore che ho conosciuto in disco..."
"Dai. Solito analcolico?"
"No. Sono un po' giù. Posso avere una cosa un po' più forte?"
"Dai ti offro una sangria che qui la fanno davvero buona"
Ci avviamo verso il bancone del bar e ordino due sangria.
"Livia.."
"Lollipop non Livia"
"Va bene. Lollipop come mai sei giù? Che ti è successo?"
"Le mie amiche dicono che sono scema perché mi piace uno che non mi si fila e che dovrei lasciar perdere. Invece anche oggi sono stata da lui"
"Si? E lui?"
"E lui niente. Lui mi offre una sangria..."
Un pezzo di pesca mi va di traverso e lei comincia a ridere di sano gusto.
"Ma sei scema? A momenti muoio soffocato..."
Scende dallo sgabello e, prendendomi la mano, mi dice di seguirla.
Con i bicchieri di sangria ben saldi tra le nostre dita ci avviamo verso la passerella che conduce alla spiaggia. In lontananza riecheggiano le note di Rkomi e Tommaso Paradiso che cantano "Ho spento il cielo". Alla fine della passerella, Livia appoggia il bicchiere ormai vuoto sulla base di un ombrellone e prende le scarpe in mano mentre con l'altra continua a stringere la mia.
"Malandrino, ora chiudi gli occhi. O hai paura?"
"Non ho paura di chiudere gli occhi. Ho paura di te..." Le dico mentre chiudo gli occhi e la seguo nel nulla. Il rumore delle onde si fa sempre più vicino. Il rumore della risacca e l'odore di sale mi fa capire che siamo vicinissimi al mare e, in quel preciso istante, lei mi lascia la mano.
"Posso aprire gli occhi?"
"Ancora no. Conta fino a venti e poi aprili.
" Uno, due, tre... Diciotto, diciannove e venti. Ora posso aprirli?"
In lontananza sento un "si" e un "dai vieni qui".
Apro gli occhi e vedo le scarpe e il vestito di Livia sulla sabbia. Lei nuota al chiarore della luna e mi chiede di raggiungerla.
Ma si. Un bagno di notte non ha mai fatto male a nessuno. In un attimo rimango in boxer e mi tuffo in acqua.
Mi avvicino a lei.
"Non hai paura di avermi cosi vicino?"
"Se mi guardi così
Se mi sfiori così
Se avvicini la tua bocca al mio orecchio
Non finirà bene, ma ti prego no
Non smettere, non smettere mai"
La fisso nel suo blu più profondo "No. Non ho più paura"
Le stringo le spalle e la bacio.
Lei non aspettava altro. Le nostre bocche sapevano di sale e vodka. Di pesca e di cannella. Di voglia e d'estate. I suoi seni duri premevano sul mio petto mentre le sue mani mi graffiavano i fianchi. Ci siamo staccati, ridendo e, mano nella mano, ci siamo diretti verso i vestiti.
"Ho spento il cielo per ritrovare
L'unica luce dove adesso sei tu
Dove adesso sei tu"
"E ora?" Dico ad alta voce.
"E ora voglio fare l'amore con te..."
"Da me, in albergo, non si può. Pier sarà già rientrato e starà dormendo"
"Mando un messaggino alla mia amica Robi. Se è ancora in giro le dico di non rientrare fin quando non le riscrivo...."
Ma cosa sto facendo. Sto organizzando una notte di sesso con una minorenne. Tommaso stai facendo una cazzata. Fermati finché sei in tempo.
"Prima, però, passiamo ad un h24 e prendiamo una vodka ok?"
Annuisco. Sono in conpleta balia di questa ragazza che mi ha ottenebrato la mente; ogni volta che mi guarda io anneggo nei suoi occhi e mi perdo tra le sue labbra.
Prendiamo un taxi che ci riporta a Rimini, all'hotel Villa Rosa, camera 46 al quarto piano. Robi, la sua amica, ha dato il via libera a Livia e alla nostra notte. Scendiamo dalla vettura che siamo ancora bagnati. I capezzoli di Livia spingono il cotone a toni floreali. È bellissima. E potenzialmente pericolosa. Il tassista mi guarda in modo strano quasi schifato. Forse ha capito che lei è minorenne e mi avrà tacciato come il porco che se la fa con le ragazzine. Pago e se ne va. Entriamo nell'albergo e in un attimo arriviamo in camera. Non faccio in tempo a chiudere la porta dietro di me che Livia rimane in culotte e tacchi. Il vestito ora è in terra. È una pantera. I suoi capelli neri bagnati le danno un'aurea animalesca... Ci baciamo, quasi ci mangiamo dalla voglia che ci assale.
"Fammi tua. Fammi sentire che uomo sei"
I jeans a terra ed io su di lei. Dentro di lei.
"Più forte. Fammi sentire chi è che comanda. Fammi male."
Sfilo la maglia e lei si mette carponi sul letto.
"Sculacciami"
La mia mano sui suoi glutei.
"Più forte"
Comincio a colpirla sempre più forte. Macchie rosse si formano sul suo sedere.
"Dai scopami"
Entro dentro di lei e non ne esco più. Né fisicamente né mentalmente. Ogni sera lei viene a sentirmi cantare e io, ogni sera, le dedico "Bella d'estate".
"Noi siamo zingari di periferia
I nostri son giochi
Che durano poco
E la notte se li porta via"
Ogni notte dopo il concerto è un gioco nuovo. Sesso orale dentro una barca sulla spiaggia, oppure sesso bendata e legata in un'auto presa a noleggio sulla litoranea adriatica. Alla mercé di qualsiasi occhio indiscreto.
Ammanettata ad un pedalò.
Siamo l'uno il gioco dell'altra.
Siamo la passione e il rien ne va plus del casinò. Ho puntato tutte le mie fiches su Livia e spero che esca il mio numero, anzi il nostro numero. Quello che ci farebbe sbancare. Quello che cambierebbe la nostra vita. E non mi importa della differenza di età. E non mi importa che vuole il sesso forte, che vuole i miei segni sulla sua pelle. Io sono più suo che lei di me. Mi sento attratto, anzi legato a lei. Una corda che mi stringe il cuore e lo stritola ogni volta che siamo lontani. Respiro e vivo solo quando siamo vicini. Quando siamo labbra contro labbra, quando io sono dentro di lei o quando è lei che mi vuole dentro. Non ci sono ruoli; ci sono solo due persone che si vogliono reciprocamente. E non vogliono staccarsi mai. Io, senza di lei, sopravvivo...
"Domani è il tuo compleanno. Voglio farti un regalo. Cosa ti piacerebbe?"
"Voglio fare l'amore con te. Voglio stare con te tutta la notte. E voglio che sia tutto perfetto perché...."
Livia distoglie lo sguardo da me, guarda il mare dalla finestra della sua camera e si ammutolisce.
"Cosa hai? Cosa succede?" Le chiedo facendole ruotare il viso verso di me con un dito sul mento. Sta piangendo. Piccole lacrime nascono da quel mare dei suoi occhi e le solcano le guance, veloci, come barche a vela in una giornata di tramontana.
"Tommy giovedì torno a casa. Torno a Bologna e noi non ci vedremo più"
La guardo e sorrido. Le prendo una mano e la bacio.
"Tesoro. Bologna dista 2 ore di auto da Arezzo. Staremo ancora insieme. Amore mio saremo sempre insieme"
"Tommy. Hai il doppio della mia età e i miei non vorrebbero mai che ci frequentassimo. E non lo voglio neanche io. Non lo voglio più"
Una folgore mi trafigge il cuore. Mi sento inerme. Sfatto. Sono senza forze e senza pensieri.
"Ora, però, non pensiamoci Tommy. Stasera devi cantare al Sabbiadoro e io, per domani, ho già prenotato il tavolo al Cocorito a Riccione e ho prenotato una stanza al Des Bains. Quindi basta pensare a cose brutte. Ora rivestiti e vai a cantare. Io mi faccio una doccia e ci vediano al Lido."
Mi vesto quasi senza pensarci ed esco come fossi un automa. Arrivo al mio albergo e trovo Pier intento negli ultimi preparativi. Mi saluta ma mi vede stravolto. "Che hai fatto?"
Mi siedo sul mio letto e con lo sguardo perso nel vuoto "Mi sta lasciando. Pier. Lollipop mi sta lasciando"
"Dai Tommy. Era un amore estivo. Cosa ti aspettavi? L'amore della tua vita? Anzi stasera, anche se non è finita l'estate mettiamo in scaletta <<L'estate sta finendo>> ok? Dai Tommy bevi un po' di vodka e riprenditi che tra meno di un'ora dobbiamo cantare"
"Ok. Faccio una doccia e mi preparo"
L'acqua mi corre veloce sul corpo mischiata a lacrime di delusione. E rabbia.
"L'estate sta finendo, lo sai che non mi va
Io sono ancora solo, non è una novità
Tu hai già chi ti consola, a me chi penserà"
"Ancora una volta siete stati fantastici. Penso che vi ingaggerò anche il prossimo anno"
"Per noi andrebbe bene Sig. Bertozzi. Però rivedremo l'ingaggio..." Pier comincia a trattare col proprietario del Lido mentre chiudo la mia Gibson nel fodero.
"Ma tu, dei due Righeira, chi eri?"
"Quello sfigato" ribatto scocciato a Livia.
"Tommy cosa hai?"
"Cosa ho? Siamo stati una settimana sempre insieme. Ogni momento del giorno e soprattutto della notte. E ora mi hai gettato via come un pezzo di carta. Sono immondizia per te. Sono immondizia da gettare"
"Tommy cosa stai dicendo? Io ti voglio bene."
"Ecco. Tu mi vuoi bene mentre io ti amo"
Le strillo in faccia il mio malumore e il mio amore mentre alcune persone ci guardano sottecchi. Livia mi abbraccia e non dice nulla. Mi da un soffice bacio sulle labbra e mi invita a bere.
Controvoglia accetto.
"Auguri amore mio. Anche se è mezzanotte e mezza..." Le riesco a dire col cuore in mano. Sanguinante.
Mi bacia sulle labbra.
"Mi hai dedicato <<Bella d'estate>> a mezzanotte e sono stata contenta. Andiamo a fare una passeggiata in riva al mare? Robi mi ha indicato un posto dove non ci va mai nessuno. E voglio fare io un regalino a te..."
I suoi occhi blu mi penetrano e lobotomizzano la mia mente. Fino a due minuti fa ero arrabbiato e deluso e ora, come un quindicenne alle prime cotte, non vedo l'ora di essere da solo con lei. Poi, lei, oggi è ancora più radiosa. I capelli sono raccolti in una lunga coda che le cade sulla schiena nuda. Il vestitino leggero estivo fa capire, dalla scollatura, che è, come al solito, senza reggiseno. D'altronde non ne ha bisogno. Ha un seno perfetto con due capezzoli che mordono il vestito sul davanti. Spingono imperterriti e so che molti occhi, durante la serata, bramavano di toccarli, di baciarli, di farli propri. Le gambe affusolate e perfettamente abbronzate sono ornate, dai polpacci in giù, da scarpe da schiava. Come la sua indole sessuale. Amo quando vuole che la comandi. Quando la devo colpire perché so che, in quel momento, è lei che comanda e non io. Io sono solo succube delle sue voglie. Ma fino a quando?
Chiamiamo un taxi che arriva in pochi minuti.
"Porto di Rimini grazie"
In dieci minuti siamo arrivati. Paghiamo e scendiamo.
La ruota panoramica è chiusa ma i mille colori che la decorano la fanno risaltare nel buio della notte e del mare.
Livia mi prende per mano e mi chiede di seguirla. Ci avviamo sul molo di levante dove alcune coppie si baciano sotto le stelle. In lontananza si sentono i rumori ovattati di qualche discoteca sulla spiaggia. È quasi l'una di notte e fra poco chiuderanno tutti i locali all'aperto e, i più nottambuli, si trasferiranno nelle discoteche in villa a ballare fino alle 4 del mattino.
Le spiagge si spopoleranno e, chi rimarrà, sarà solo per rendere quella notte unica e magica. Arrivati agli uffici del porto voltiamo a sinistra per raggiungere il faro di destra del porto. Una volta sul posto, Livia, si leva le scarpe col tacco, le lascia in terra e mi chiede di aiutarla ad aprire la porta.
"Vuoi andare lì sopra? Sei matta? Se ci scoprono ci fanno passare i guai..."
Livia mi fissa negli occhi.
"Lollipop non ha mai fatto l'amore su un faro. E oggi, essendo un giorno unico, voglio farlo."
Nel dirlo sale i primi gradini della scaletta.
Il faro sarà alto cinque o sei metri e la scaletta interna è impervia. Livia, incurante di ciò continua la sua scalata. Da sotto le vedo le belle gambe e le natiche sode che mi chiede sempre di schiaffeggiare. Stanotte non so cosa vuol fare. È sempre una sorpresa fare l'amore con lei. La mia Lollipop. In qualche minuto la vedo raggiungere la piazzola dove c'è la porticina per uscire fuori dal faro. La apre e esce pronunciando: "Sbrigati. È bellissimo quassù".
Arrivo dietro di lei e la bacio sul collo. "Nulla è paragonabile alla tua bellezza Lollipop"
"Voglio fare l'amore qui. Con le stelle che ci fanno da guardoni. Voglio farlo come mai"
Quando ha quello sguardo so che non sarà mai un momento normale. Ma lei non lo è mai stata in questi giorni. È proprio come il mare impetuoso che ti scaraventa in ogni dove. Tu puoi provare a nuotare, a stare a galla ma ti sbatte e ti porta dove decide lui. Ecco lei è un'onda di piacere che ti porta all'orgasmo mentale e più sei in balia di quell'onda e più non vuoi fare altro che assecondare quel movimento e quel momento.
La sua mano afferra la mia cintura e la slaccia. Mi bacia il collo, mi morde il labbro "Tu sei il mio padrone vero? Devo soddisfare tutte le tue voglie. Vuoi che lo prenda in bocca mio signore?"
Non mi fa parlare. Apre i bottoni dei miei Levi's e infila la mano nei boxer. La mia voglia pulsa passione che viene colmata da un bacio caldo.
Sotto sento delle voci. Probabilmente un'altra coppia che voleva conoscersi intimamente in questo posto.
Guardo il suo volto che sembra mutare forma ad ogni giro di luce del faro...
"Levati la cinta e mettimela intorno al collo. Fammi sentire la tua cagna al guinzaglio".
Faccio ciò che dice e le stringo la cinta facendole due giri intorno al collo. Serro una estremità con la mano e la sento ansimare.
"Si così. Ora lo voglio di nuovo in bocca. Sono la tua Lollipop"
È incredibile quanto sia eccitato. Mi fa letteralmente I-M-P-A-Z-Z-I-R-E.
"Ora ti voglio dentro. Fammi sentire la tua virilità".
Si alza e appoggiandosi al parapetto si alza sulle natiche la gonnellina del vestito. Con l'altra mano mi porge l'estremità della cintura.
"Scopami Tommy. Fammi godere. Per l'ultima volta"
Entro dentro di lei ma quelle parole mi frustano l'anima.
<<Per l'ultima volta>>
Ormai ha deciso. Oggi è il nostro ultimo giorno. L'ultima scopata. Sono solo immondizia da gettare.
"Si si dai continua cosi. Dai stringi. Di più dai. Fammi venire. Ehi Tommy. Piano. Ahi Tommy stai stringendi troppo. To.... "
Un tonfo cupo. Il sangue che si riversa piano tra gli scogli e il mare. La luce del faro, ad intermittenza, illumina il suo volto con gli occhi chiusi e le braccia aperte in maniera scomposta. Scendo le scale dopo essermi ricomposto. Slego la cinta intorno al suo collo e faccio il percorso inverso a quello fatto poco fa con lei. Il nostro ultimo incontro.
Chiudi gli occhi e ti senti per sempre così
Ancora qui fra le mie braccia
Per tutti e due basterebbe tornare fin qui
Come onde di notte sulla spiaggia
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iankeygenius · 6 years
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GLORIOUS- cp2- Le (im)parità sessuali, per lui
«Tu la fai facile» sbotta Tony indicando la sua nuova partner, una ventenne russa che sarà anche figa ma non ha esperienza e lui sta sudando e faticando come una bestia da un’ora, tanto che ha perso l’erezione. «A voi donne basta stare con le gambe aperte e a noi maschi tocca tutto il lavoro. Tu sei rigida e per nulla collaborativa!» la indica parlando in Inglese mentre lei, nei suoi capelli viola e labbra siliconate mette su il broncio. Ma per poco.
Si alza dal letto sfatto al centro del set e prende a girare col culo lucido di lustrini e arrossato per le diverse sculacciate.
«Tanya, dai» dice melenso il regista.
Tutti hanno una reazione improvvisa; chi batte il piede in terra, chi impreca e chi infine se ne va in pausa perché tanto ha capito che prima di una buona mezz’ora il suo attrezzo non torna glorioso.
«Tony, fatti una pausa» gli dice l’aiuto regista e lui annuisce.  
Va alla vetrata della lussuosa villa in cui sono ospiti per girare il film di medio costo, ma pur sempre da centomila euro, e osserva la piscina. C’è una papera gigantesca dentro e lui muore dalla voglia di girare quella scena, ma c’è quest’altra prima che sembra non terminare mai. Hanno iniziato presto, all’alba, e la ripresa della sua eiaculazione è stata un trionfo. È sempre la prima scena, quella.
Solo che questa pellicola è in 3D e, anche se non è la prima volta che gira un film di questo tipo, trova sia davvero estenuante. Due giorni per cinque ore di video. Poi le scene di girato di contorno, ma quelle sono una passeggiata.
Tony si stimola il sesso che lo ha reso famoso come “Glorious” mentre con l’altra mano tira indietro i capelli.  
È sudato e qui in Praga c’è un umido pazzesco, o forse è la zona della villa che richiama questa cappa che lo opprime. O forse è perché si avvicinano i tanto temuti trentacinque anni e per un attore hard sono come una mannaia sull’uccello. È tutta psicologia, ma di fatto sta già accadendo.
Dopo oltre trecento film, di cui un centinaio con alto budget con registi famosi come Salieri e Bandinelli, e dopo due premi vinti come miglior performer dell’anno agli AVN Awards, in pratica gli Oscar del settore hard, Tony sente di non aver più stimoli a lungo termine.
Il problema è che oggi deve portarsi a casa una scena degna del suo nome, o saranno “uccelli per diabetici”, ovvero “cazzi amari”. Ogni volta che gli torna in mente la battuta del suo amico Danny, gli scappa da ridere. Ma deve restare serio e concentrato.
«Senti Tony» gli accenna il regista dopo un po’. Gli si porge al fianco e lo fissa negli occhi, più o meno visto che è basso. «Dai bello, rilassati che ce la facciamo. Vuoi Sonya? Vuoi una mezza pillolina blu o vuoi farti un tiro? Dimmi che vuoi, che non c’è problema.»
Tony Cinquantalance non ha mai fatto cilecca in oltre quindici anni di gloriosa carriera nel cinema hard. E non sarà questo il giorno. Questo film doveva girarlo con la sua partner di sempre, e sua amica, Candy Lux, ma è rimasta incinta e ha deciso di tenere il pupo, questa volta.
Con lei c’era una tale complicità che al minimo cedimento, sapeva come comportarsi. E per lui era lo stesso. Conosceva quel corpo e sapeva come reagiva. Fare i film con lei era meno faticoso.
Spesso piacevole.
Tony si morde il labbro mentre la mano sonda il suo sesso meno rilassato, ma ancora lontano dal suo standard. «Tanya che dice?» gli chiede per capire il motivo dell’attrito fra loro e il regista sgrana gli occhi.
«È giovane e non devi farci troppo caso, a quel che dice.» Fa spallucce e Tony sente un brivido lungo la colonna vertebrale.
«Ma lo sa chi sono io?» replica rivestendo se stesso di fastidio. S’indica il petto e se lo batte. «Io sono Glorious! Quella non è nessuno e diverrà famosa proprio grazie al mio nome.»
Una risata di scherno s’alza d’improvviso nel silenzio del set e lui osserva il culo lucido di Tanya sbatacchiare divertito.
«Ma quella mi sfotte?» bisbiglia al regista.
«È solo atteggiamento» sminuisce, ma Tony serra la mascella. Sarà anche italoamericano e non russo, ma quella lo sfotte e basta e per questo si sta innervosendo. Ha solo delle pessime erezioni quando è nervoso, perciò tenta di calmarsi.
«Grazie a quella abbiamo avuto dei finanziamenti extra. Dai bello cerca di capire. La crisi…»
La figlia di un milionario che vuole fare l’attrice porno e per questo fa sganciare i soldi al padre dev’essere una moda delle ragazze di oggi perché quelle della sua generazione, non solo lo nascondevano, ma cambiavano anche città pur di restare immacolate al paese natale. È stato così anche per lui, pur essendo un ragazzo cazzuto di New York.
Ma sua madre non gli ha parlato per anni e suo padre lo aveva messo al bando nel suo quartiere per disonore. Solo sua sorella gli parlava e telefonava, ma di nascosto. Little Italy era off-limit per lui. Ma oggi che è famoso, è tutto perdonato. È stato riaccolto anche se sua madre continua a dire che è perduto e che solo una brava ragazza potrebbe salvarlo. Peccato che una brava ragazza non si metterebbe mai con un attore porno, questo Tony l’ha accettato, ma sua madre no.
Tony smuove le spalle e lo guarda storto. «Devo farmelo tornare duro e mi parli della crisi?» Gli fa un cenno. «Mandami Sonya» dice alla fine.
Si massaggia il petto e chiede della sua fluffer personale. Nessuno usa più i fluffer in favore del Viagra o altro chimico, ma lui preferisce eccitarsi in modo naturale. Del resto, non fuma, non si droga e neppure beve alcolici se non in rari casi. Cura il suo corpo e la sua salute in modo maniacale con analisi mensili che pretende anche dalle sue colleghe; l’unico sistema per non beccarsi qualche infezione o peggio.
«Sonya!» dice a voce alta il regista mentre Tony va da Tanya e le afferra il viso.
«Che vuoi?» dice lei, strafottente.
«Inizia a prepararti» le dice con un ghigno luciferino. «Tra poco riprendiamo a girare» continua accarezzandole le natiche.
Lei solleva un sopracciglio, sempre color viola, poi abbassa lo sguardo. «Se lo dici tu» sospira e torna nei pressi del letto mentre una truccatrice le sistema i capelli, il viso e le ripassa con la matita rossa i capezzoli.
Sonya arriva sorridente e si toglie l’accappatoio per farsi guardare da Tony, che non solo apprezza ma si fa trasportare dalle sue attenzioni.
«Giocaci un po’, bambolina» le dice incrociando le sopracciglia e afferrandole il collo. Le passa il pollice sulle labbra, che da sempre lo salvano in queste circostanze, e lei sorride maliziosa.
«Il mio ragazzone» gli dice infilando le dita tra i capelli neri. «Ora ci pensa la tua Sonya a farti godere.» Si avvicina all’orecchio. «Così glielo pianti in culo a quella stronza» dice e lui sorride.
«È nel copione» scherza.
Si baciano un po’, poi lei scende e inizia a giocare col suo attrezzo con la mano e la lingua mentre Tony si rilassa e chiude gli occhi. Pone le mani sui fianchi e si concentra mentre lei gli rinvigorisce il sesso lentamente come piace a lui.
Glielo succhia e glielo strizza al punto giusto. Quando torna a indurirsi, lei glielo scappuccia e prende a stimolargli la punta facendolo gemere. Sente che il campione si sta risvegliando.
Si accarezza il petto con la testa indietro. «Dimmi che muori dalla voglia di farti scopare dal mio cazzo duro» geme alla sua fluffer.
«Oh, sì» dice lei guardandolo con la punta del sesso appoggiata sul mento. Lo riprende in bocca e Tony raggiunge l’erezione giusta per la penetrazione.
«Sono pronto. Giriamo» dice a voce alta.
Sonya si alza e gli fa l’occhiolino.
«Sei la migliore» le dice.
«Lo so, amore» replica lei allontanandosi dal set.
«Silenzio» grida il regista mentre Tanya si sdraia sul letto con le gambe aperte e lo fissa con sfida. Le telecamere si avvicinano lente e iniziano a inquadrare il suo sesso che tiene con una mano. Un’altra camera inquadra lei, che ora si lecca il labbro e si sposta la vestaglia di seta per mostrare il seno alto e sodo.
«Azione!»
Tony si avvicina al letto e apre le gambe di Tanya, le accarezza le cosce vellutate e si fa spazio fino al suo viso per un bacio dove le lingue sono ben in mostra.
Sente la mano di Tanya afferrargli il sesso con un sussulto, e sorride divertito.
La fa sdraiare e le afferra un seno, poi l’altro e le sale sopra immobilizzandola.
Prende a strofinare il sesso tra quelle due incredibili montagne di silicone vellutato con immenso piacere e poi la lascia per infilarglielo in bocca, mentre la telecamera nasconde il suo viso per quanto è vicina.
Lei resta ferma mentre lui lo fa entrare un poco alla volta, dentro e fuori finché il regista non gli fa cenno di darci sotto. Tony aumenta il ritmo mentre due telecamere lo inquadrano per bene.
«Ok, Tony questa c’è. Cambia» dice il regista e lui esce dalla bocca di Tanya e la guarda come per chiederle “com’era?”. Ma lei non sembra cedere.
Tony le apre le gambe e gli strofina il sesso sul pube depilato mentre Tanya si afferra i seni.
«Dai, fammi sentire il tanto famoso Glorious» lo canzona.
Ma lui è un professionista e attende il regista. Il cenno arriva e Tony la penetra con foga facendola gridare.
La scava facendolo entrare senza pietà nella sua partner dai capelli viola e lei non si trattiene e si agita gemendo e godendo come tutte le donne in cui è entrato. Anche se l’orgoglio di Tony ne è compiaciuto, va a finire che la ripresa si bloccherà ancora perché quella non si sa controllare e verrà subito. Se viene, si chiude e fine dei giochi.
Tony decide così di rivedere le pose e esce senza avviso.
Il regista lo guarda sgomento. «Che cazzo fai?»
«Tu gira» replica serio afferrando Tanya per i fianchi e facendola sdraiare sul letto a pancia in giù. Le mette sotto il ventre un cuscino e le fa incrociare le caviglie.
Le telecamere si spostano alla sua sinistra mentre Tony accarezza il corpo tonico di Tanya per farla rilassare e arcuare. «Così brava» le dice e le si appoggia sopra per baciarle il collo. Libera la schiena e la scorre fino in fondo comprimendola delicato e il suo culo sporge in favore di telecamera come nemmeno lei credeva possibile.
«Favolosa» dice uno dei cameramen.
«Mi piace» dice il regista.
Tony le passa le dita sulle natiche lucide per poi aprirle e mostrare i suoi buchi. Assume una posizione che è parecchio scomoda, ma ne guadagna il film. Con una mano le tiene la natica mentre con l’altra si aiuta per un’altra penetrazione che la fa gridare e poi via con le danze.
Con una sola gamba come perno e l’altra in ginocchio, con il suo attrezzo che entra e esce un poco di fianco, Tony sente solo quanto sia ormai un burattino nelle mani di Glorious.
Glorious è il vero protagonista della sua vita. Tony è il suo regista e gli dice solo come meglio porsi davanti alla telecamera per la penetrazione perfetta per lo spettatore.
Glorious è l’attore famoso e, per antonomasia, il suo enorme cazzo che è inquadrato di più del suo viso. Quando lo chiamano, pensano solo a quello. Nessuno pensa a lui e meno ancora, nessuno pensa a Tony.
Da ragazzo era figo fare film porno. Era rispettato dai suoi coetanei, anche perché non ha mai ceduto alla tentazione del settore gay, come il suo amico Danny.
Era anche fonte d’orgoglio visto che molte ragazze se lo contendevano. Ma ora non è più così. Ha sempre un sacco di donne intorno, ma hanno perso attrattiva.
Lo avevano avvisato, i suoi colleghi più grandi e già consapevoli grazie a una lunga carriera, ma lui non li aveva ascoltati.
Del resto, a vent’anni, la vita, te la vuoi solo godere a pieno.
E la figa, tanta e sempre diversa ogni giorno.
Essere pagato per scopare, era il suo sogno come di tutti i ragazzi della sua età. Ora non è più così. Vuole di più da una donna. E girare un film, scopare con una telecamera, è un lavoro e basta.
Tony esce da Tanya e riprende fiato. Lei si gira e ha le lacrime agli occhi. Ora lo fissa con voglia e timore, ora sa cosa si prova a essere piena della sua gloria potente e furiosa.
«E ora andiamo un po’ da questo bel culo» dice lui col ghigno beffardo della vittoria mentre la penetra ancora, ma nell’ano. Entra a forza considerando la sua dimensione, ma entra bene e dopo qualche colpo entra tutto.
La ragazza non è una professionista, ma certo non ha nulla da invidiare alle sue colleghe più esperte. È aperta, pulita e lo accoglie bene.
«Grande! Vai così!» lo esorta il regista.
Tony le tiene le natiche ben aperte e assesta qualche colpo lento, che con questa postura è facile. Poi divarica di poco le gambe e solleva la sua partner per permettere alla telecamera un’inquadratura da sotto. Inclina il busto e riprende a penetrala con le palle che sbattono contro il pube, mentre vede la camera che gli sta ben aderente.
Lei gode senza ritegno, gode davvero.
Lui enfatizza anche se ce l’ha duro e tira molto ora. Sente i suoni della carne bagnata unirsi ai gemiti e gli umori mischiarsi col sudore che imperla la sua fronte. Tutto come da copione, come solito. Così come l’odore pungente e acre, spesso sintetico e dal violento aroma fruttato del gel lubrificante che ricopre perfino il profumo di lei.
Tony sente la pelle d’oca assalirlo.
Esce dal suo ano e la fa girare. «Sto per venire» dice a denti stretti e lei annuisce.
Tanya apre la bocca e prende a leccargli l’attrezzo che prima tanto scherniva. Ora invece lo succhia per bene.
Tony se lo tiene con una mano e attende.
Il regista gli fa cenno che può andare e lui eiacula ancora con un getto che riversa sul volto di lei ricoprendole un po’ la bocca e un po’ gli occhi. «Aah…» geme davanti all’obiettivo fissandola.
«È fatta, bravissimi.» Fine di un’altra ripresa.
Tony si rilassa mentre Tanya chiede soccorso con la mano per ripulirsi il viso. Si alza e si allontana. Lo stesso fa Tony mentre il regista si congratula.
«Facciamo un’ora di pausa» dice dandogli una pacca sulla spalla. «Poi si va in piscina.»
Tony annuisce mentre va in bagno per lavarsi. Si sciacqua il viso e vede nei suoi occhi scuri la fioca luce della sua vita sempre uguale, monotona e priva di stimoli.
C’è solo l’ennesima scena, un traguardo dopo l’altro, un buco dopo l’altro.
Ma non sta costruendo nulla, intorno a se non vede nulla. Non sente nulla.
Tutti sempre a parlare delle donne oggetto, ma mai nessuno che pensi agli uomini oggetto come lui che vengono usati e poi buttati via dalle stesse donne, oltre che dal settore dell’hard che vuole e pretende cazzi freschi a rotazione. Ormai chiunque può fare un porno con una telecamera, ma non sono professionisti. Eppure si sono presi una fetta di mercato. Da qui la crisi.
«Che vuoi fare nella vita?» domanda al suo riflesso. Abbassa lo sguardo e si risponde che per oggi deve terminare il film. Torna sul set e l’ora di pausa trascorre in totale relax bevendo un integratore. Gli attori non mangiano, a differenza della troupe.
Tony divorerebbe un bue da tanta fame che ha. Ma non può. E la tortura diventa insopportabile quando tutti parlano del ristorante in cui andranno a fine della giornata. Qualcosa di nuovo, almeno.
La truccatrice gli copre le occhiaie e gli pettina i capelli. Lo cospargono di un gel apposito che con l’acqua renderà la sua pelle lucida e in camera sembrerà ancor più possente.
Girano l’ultima scena, ma per l’eiaculazione si fa aiutare da un’iniezione di latte così da rendere il getto sempre poderoso.
Tony è sfatto, ma felice. Ha portato a termine tutte le riprese e il regista è più che soddisfatto così come Tanya che ora lo fissa con desiderio, come se non avesse già avuto il benservito.
Dopo la cena, Tony e la troupe di quasi venti persone vanno in albergo e lui sale in camera dove trova Tanya che lo attende nuda nel letto. Da non credersi.
In quale parte dimenticata del suo cervello lei può pensare che dopo dieci ore di riprese lui voglia ancora scopare?
«Fuori dai piedi» le dice secco indicando la porta.
Lei si getta addosso al suo corpo in cerca di un bacio, ma a Tony basta stare eretto per evitare la sua bocca.
Dall’alto del suo metro e novanta, non è difficile.
«Io ti voglio tutto per me, almeno una volta» dice capricciosa.
«Non mi puoi avere, bambolina» la schernisce. «Glorious è un attore, ma Tony non recita.»
«Che vuoi dire?» domanda agitandosi.
Le afferra i polsi e cerca di dissuaderla, ma sembra innervosirsi.
«Sonya!» grida alla sua amica, che sta nella camera vicina mentre Tanya tenta ancora di baciarlo.
È davvero una troietta capricciosa.
Sonya entra con la truccatrice e la buttano fuori tra insulti e spintoni. Lui non avrebbe potuto farlo, pena una denuncia per violenza su una donna. Tra donne invece possono.
Ironico.
«Tutto bene, amore?» le chiede Sonya.
Tony annuisce sedendosi stancamente sul letto. «L’ennesima che crede che abbia un vibratore al posto dell’uccello» replica osservando il soffitto sentendo d’improvviso una profonda pena per l’uomo che è diventato. Non può nemmeno difendersi da solo da una pazza senza rischiare la carriera.
Sonya gli passa la mano sul viso e lui l’osserva leggendo in lei la stessa aurea che aveva Candy poco prima di lasciarlo. È stanca e si vede.
«Vieni» le dice distendendosi nel letto. Lei si adagia al suo fianco e si abbracciano teneramente.
«Tony, io voglio provarci» le dice ancora.
Sonya s’è presa una sbandata pazzesca per un ragazzo più giovane, che non sa del suo lavoro e crede che sia una segretaria di produzione di una telenovela brasiliana.
Lui la bacia in fronte. «È una pessima idea. Glielo devi dire. Tanto lo scoprirà e s’incazzerà» le rammenta ancora afferrandole il volto. «Tu meriti di essere amata. Lui lo deve sapere da te, così almeno saprai se ti ama davvero.»
Sonya sorride, ma con gli occhi lucidi. «Faccio ancora un film, poi lascio» gli dice e lui sospira rassegnato a perdere anche lei.
«Spero davvero tu possa essere felice, Maria» la chiama col suo vero nome. Un’altra italoamericana come lui, ma nata nel Bronx, dove era meglio farsi pagare che farsi stuprare per una bella ragazza come lei.
Lei chiude il volto nel suo immenso petto e si fa stringere.
«Resto qui a proteggerti, se vuoi» gli dice e lui sorride divertito mentre entrambi si levano le scarpe e i vestiti e s’infilano sotto le coperte.
«Grazie, ora dormo più sereno» le bacia la guancia. «Buonanotte» sussurra sfiorandole il labbro poco prima che lei si giri per farsi cingere in un abbraccio che per quelli come loro, che fanno del sesso un lavoro, è più intimo e quel “dormire insieme” assume in significato meno erotico, ma non meno intenso.
Tony vorrebbe solo trovare qualcuna che vada oltre Glorious e che veda lui, quel ragazzo che ha preferito fare film porno che rapine. Accarezzare gambe con le collant, che chiedere il “pizzo” ai negozianti per il boss che già lo voleva a suo servizio a soli quindici anni.
Quel cuore innocente che ha fatto delle scelte discutibili, ma mai a discapito di altri.
Quel Tony che aveva una luce speciale negli occhi, che voleva un lavoro onesto e una ragazza da sposare per fare felice sua madre e sua sorella. Voleva che suo padre dicesse a voce alta che era fiero di lui. Voleva la pizza il sabato sera e andare a ballare.
Poi un giorno, gli offrono dei soldi per scopare in una stanza con una tizia più grande e una telecamera. Con Danny s’era detto che era una figata e l’hanno fatto. Hanno preso i soldi e via a divertirsi.
Facile e soprattutto s’era fatto la sua prima donna.
Poi il tipo gli dice che ha un gran bel cazzo e che lo vuole riprendere ancora, se lui vuole.
«Figo» dice Tony.
«Grande» dice Danny.
E il mondo ha preso a girare forte e veloce, fino a oggi. Ha corso così tanto che Tony è rimasto in quella stanza di allora. Vorrebbe andare a riprenderlo, ma la palazzina è stata abbattuta e quel Tony è sepolto sotto le macerie, forse.
Sonya si gira e gli passa la mano sugli occhi. «Che ti prende?» sussurra.
«Non ho mai fatto l’amore in vita mia e non so nemmeno se ne sono capace» dice secco a denti stretti con un fremito sotto pelle.
«Con quella giusta, lo farai» gli dice mentre lui si rigira e si rannicchia nel suo angolo.
«Tony?»
«Buonanotte» la saluta con un sussurro.
Tony sente il suo alito caldo sulla nuca, la sua mano gentile che lo accompagna nel sonno che trova più per stanchezza e noia, come tutto ormai. Quella giusta? Cosa vorrà mai dire? Quella che è ancora vergine? Quella che non te la da prima dei cinque appuntamenti? Quella invece come lui, stanca del sesso e in cerca di sentimento? Che tipo di donna sarebbe la donna giusta per un attore porno?
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