Tumgik
#non la metterò su wattpad perché non voglio essere linciata e non voglio che venga linciato mimmo
omarfor-orchestra · 10 months
Note
scrivici una scena su m e m che si menano per simobale pls 🙏🙏
Eccomi qua anon ci ho messo quanto? Un mese? Non so cos'ho scritto onestamente.
Comunque il disclaimer d'obbligo è non insultate Mimmo per piacere che io ad oggi non trovo motivi giustificabili per odiarlo. Se dovete insultarlo fatelo da un'altra parte, grazie 🫶🏻
Si riscopre cattivo Manuel, lui che ha sempre fatto in modo di fermarsi a un passo dalla crudeltà a favore della reputazione di stronzo che si è guadagnato con fatica e una punta d'orgoglio - che nella vita serve, questo lo ha imparato presto.
Da qualche parte - soffocato dal rancore a dal dolore che da qualche settimana non smettono di pulsare sotto la sua pelle a ritmo del battito del suo cuore - il barlume del raziocinio illumina quel petto fattosi caverna e gli mostra sulle pareti il disegno di un dito puntato contro se stesso.
Eppure non riesce ad assumersi tutte le colpe del caso. L'unica cosa che può fare, l'unica cosa che gli dà un briciolo di sollievo al bruciore costante è ritorcere quell'indice verso il ragazzo appoggiato all'uscio della biblioteca.
Sta aspettando che Simone gli porti un caffè dalle macchinette in fondo al corridoio. Guarda verso di lui come se non ci fosse nessun altro attorno, un sorriso timido sul volto ad illuminarne gli occhi attenti, scaltri, di chi è abituato a non fidarsi mai di nessuno.
E Manuel lo sa - lo sa, perché guardare lui è come vedersi allo specchio, come vedere la sua vita passata e futura in un filmino - che sta abbassando la guardia solo ora, perché Simone ce la sta mettendo tutta per abbattere le sue difese e farlo aprire con lui e con gli altri, a renderlo più sereno, più simile ad un ragazzo della sua età e non si arrenderà finché non tirerà fuori ciò che di bello vede in lui.
Lo rende anche più vulnerabile, però.
Manuel sa esattamente dove colpire per farlo scattare.
"È l'ora d'aria pure pe' lui, regà?"
Si affida alla poca intelligenza emotiva dei compagni e al volume alto della sua voce. Non lo guarda in faccia, quasi gli dà le spalle per crogiolarsi nella finta superiorità con cui si maschera e si arma. Con la coda dell'occhio lo vede sciogliere la posa rilassata e contrarre la mascella, ma non basta. Gli serve una spinta in più.
"Magari se lo chiudono nella biblioteca se sente più a suo agio".
"Mi stai sfottendo?"
Se la sente addosso, la crudeltà. Penetra nel sangue e si mischia con l'adrenalina che sfreccia nelle sue vene, gli fanno vibrare i muscoli d'aspettativa per uno scontro che è sempre più vicino.
All'arsenale aggiunge il sorriso più beffardo che possiede e una voce così derisoria da risultare fastidiosa alle sue stesse orecchie.
"Che hai detto? N'ho capito".
Pare pronto per un attimo, i pugni chiusi e le gambe appena flesse per darsi lo slancio. Poi guarda verso il fondo del corridoio, dove Simone ancora litiga con la macchinetta e con i soldi nel portamonete.
Scarica la tensione con un sospiro, prima di dare le spalle a Manuel e tornare a poggiarsi allo stipite della porta.
"Stu piezz 'e mmerd".
Manuel non ci sta.
Serra i denti e si ascolta quasi ringhiare tanto è montata la rabbia dentro di sé e cerca nel suo stesso cervello i punti più delicati da colpire, i più dolorosi da toccare.
Tanto lui e Mimmo sono la stessa persona. È per questo che Simone se l'è scelto, no?
"Manco l'italiano sa parla'. Che c'è, mammá non te l'ha imparato?"
Come affondano le sue parole nella testa di Mimmo, così le nocche affilate del ragazzo sprofondano nello stomaco di Manuel e i frammenti della vetrinetta contro cui si ritrova sbattuto senza troppe cerimonie si conficcano nella sua schiena. Resta senza fiato per un istante, sinceramente preso alla sprovvista dalla forza che non si aspettava avessero quelle braccia esili.
Ma Mimmo è cresciuto in strada, come lui. Manuel conosce bene le regole di questo gioco.
Sorride, prima di accovacciarsi e colpirlo sulle gambe facendolo cadere a terra. Parlano la stessa lingua ora, senza barriere e stupidi principi, in cui le parole sono scandite dai versi che escono doloranti da chi viene colpito, arrabbiati da chi colpisce, e che con le botte compongono frasi comprensibili soltanto da loro due.
Me l'hai portato via.
Gli hai fatto del male.
Ti sei preso tutto ciò che era mio.
Hai avuto una vita migliore di me, voglio anch'io una possibilità.
Dante è stato tuo padre prima che diventasse il mio.
Ho bisogno di lui più di te.
Non ti meriti Simone.
Non ti meriti Simone.
È Manuel che sta avendo la peggio. Cerca di non fermare mai i calci e i pugni dati alla cieca, senza la precisione utile a non fargli male davvero come faceva con Simone, ma Mimmo è terribilmente lucido nella furia che gli attraversa lo sguardo e colpisce come non avesse fatto altro per tutta la vita.
Dura un paio di minuti, forse una giornata intera, Manuel non sa dirlo con certezza. Però è sicuro, purtroppo, che il sangue che macchia i vestiti di entrambi sia interamente suo.
"Ma che cazzo state a fa'. Oh!"
Il rumore del setto nasale spaccato da un pugno non è stato orribile quanto quello del suo cuore che si sgretola quando vede Simone correre a controllare che Mimmo stia bene, prima di voltarsi verso di lui.
È colpa sua, è colpa delle sue paure, della sua cazzo di lingua tagliente, delle sue scenate inutili e dell'innata abilità nel ferire le persone che ama se a Simone non frega più un cazzo di lui, se si è stancato di perdonarlo, se non l'ha aspettato come un cane ubbidiente attende il suo padrone, se si è accorto che poteva avere di meglio e il meglio l'ha trovato e ce l'ha accanto ora.
È colpa sua se l'ha perso, ma fa troppo male ammetterlo.
"Ma non lo vedi che m'ha fatto? Non lo vedi che razza d'animale c'hai affianco? Come cazzo fai a stare co 'n mostro del genere, Simó?!"
Gli mostra le mani piene di sangue, si stringe lo stomaco con un braccio accartocciato sul pavimento della biblioteca.
Simone allunga le braccia verso di lui per un istante. Negli occhi ha la stessa preoccupazione che gli ha sempre rivolto, avvolta in un manto d'amore così caldo che Manuel se n'era sentito soffocato.
Però ora sente freddo. E Simone sposta gli occhi sul ragazzo accanto a lui.
Mimmo esce dalla biblioteca ancora saturo d'ira ed eccitazione, seguito poco dopo da Simone - è titubante, dondola sul posto, non sa bene che fare. Manuel si chiede se le sue parole intrise di veleno abbiano fatto centro, in qualche modo. Se si farà qualche domanda, se si fiderà meno di chi gli dorme abbracciato tutte le notti.
Manuel si sente lo stesso mostro che ha accusato l'altro di essere. D'altronde, colpire Mimmo è stato come colpire uno specchio.
6 notes · View notes