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#morgan il pirata
piononostalgia · 2 years
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Chelo Alonso as Concepción
Morgan The Pirate
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anotherone13 · 2 years
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October 12
71 Raleigh NC Missouri Mauler & Brute Bernard MID ATLANTIC ATLANTIC COAST TAG TEAM CHAMPIONS
73 Kumamoto Japan Mariko Akagi & Peggy Kuroda WWWA TAG TEAM CHAMPIONS
74 Seattle WA Superfly Snuka NWA PACIFIC NORTHWEST CHAMPION
75 Osaka Japan Abdullah the Butcher PWF US CHAMPION
77 Raleigh NC Baron Von Raschke NWA MID ATLANTIC TV CHAMPION
77 Acapulco Mexico Joe Paradis NWA MIDDLEWEIGHT CHAMPION
79 Ashiakawa Japan Abdullah the Butcher & Ray Candy NWA INTERNATIONAL TAG TEAM CHAMPIONS
80 Columbus Ohio Terry Funk NWA NATIONAL TV CHAMPION
83 Shreveport LA Magnum TA NORTH AMERICA HEAVYWEIGHT CHAMPION
83 Shreveport LA Butch Reed & Jim Niedhart MID SOUTH TAG TEAM CHAMPIONS
85 Memphis TN Fabulous Ones MEMPHIS SOUTHERN TAG TEAM CHAMPIONS
86 Dallas Texas Kevin Von Erich WORLD CLASS HEAVYWEIGHT CHAMPION
86 Amsterdam Holland Miloud El Guebil WKA KICKBOXING BANTAMWEIGHT CHAMPION
87 Fort Worth TX Frank Lancaster & Brian Adias WORLD CLASS TAG TEAM CHAMPIONS
87 Bumbay British Columbia Stacy Jackson UWA WOMENS CHAMPION
89 Cuernavaca MEX Pirata Morgan NWA LIGHT HEAVYWEIGHT CHAMPION
91 Portland OR Bruise Brothers PACIFIC NORTHWEST TAG TEAM CHAMPIONS
91 Portland OR Brian Adams PACIFIC NORTHWEST HEAVYWEIGHT CHAMPION
91 Bayamon PR Hurricane Castillo Jr WWC PUERTO RICO CHAMPION
92 Memphis TN Butch Reed USWA UNIFIED CHAMPION
92 Saskatoon Canada Bret Hart WWF HEAVYWEIGHT CHAMPION
96 Modesto CA Robert Thompson APW UNIVERSAL CHAMPION
97 Hachiohij Japan Yuji Yasuraoka & Tomohiro Ishi WAR INTERNATIONAL JUNIOR HEAVYWEIGHT CHAMPION
98 Uniondale NY Ken Shamrock WWE INTERCONTINENTAL CHAMPION
99 Birmingham AL Rock n Sock Connection WWF TAG TEAM CHAMPIONS
00 Costa Mesa CA Christopher Daniels UPW HEAVYWEIGHT CHAMPION
00 Santa Ana CA Mikey Henderson UPW SOUTHERN CALIFORNIA HEAVYWEIGHT CHAMPION
02 McKeesport PA Scotty Gash PWX BRASSNUCKS CHAMPION
02 Orlando FL Antonio Banks SCW FLORIDA HEAVYWEIGHT CHAMPION
03 Naucalpan Mexico Tinieblas Jr IWRG INTERCONTINENTAL CHAMPION
03 Melrose MA Dylan Kage MWF HEAVYWEIGHT CHAMPION
04 Orlando FL Team Canada NWA TAG TEAM CHAMPIONS
04 Cincinnati OH J T Stahl HWA TV CHAMPION
05 Louisville KY Chet Jablonski & Seth Skyfire OVW SOUTHERN TAG TEAM CHAMPIONS
05 Munich Germany Emil Zoraj WKA MUAY THAI SUPER LIGHTWEIGHT CHAMPION
07 Tokyo Japan Naruki Doi & Masato Yoshino DRAGON GATE OPEN THE TWIN GATE CHAMPIONS
07 Centereach NY Jason Static VPW HEAVYWEIGHT CHAMPION
08 Tokyo Japan Yu yu Ran & Toshie Uematsu PURE J DAILY SPORTS WOMENS TAG TEAM CHAMPIONS
08 Chicago IL Sting TNA HEAVYWEIGHT CHAMPION
09 Indianapolis IN Melina WWE DIVAS CHAMPION
12 Millersville TN Kevin Weatherby & LBK SAW SOUTHERN TAG TEAM CHAMPIONS
13 Bayamon PR Tommy Diablo WWC JUNIOR HEAVYWEIGHT CHAMPION
13 Marion OH Twisted & Malice NWA MIDWEST TAG TEAM CHAMPIONS
13 Las Vegas NV Mike Alvarado WBO JUNIOR WELTERWEIGHT CHAMPION
13 Sydney Australia Jay Law AWF AUSTRALIAN CHAMPION
14 Port Huemene CA PPray NWA HERITAGE TAG TEAM CHAMPIONS
14 Yokohama Japan Ken O & Hajime Ohara GHC JUNIOR HEAVYWEIGHT TAG TEAM CHAMPIONS
15 Tokyo Japan Tomohiro Ishii NEVER OPENWEIGHT CHAMPION
18 Dunbar WV Nathaniel Rose AIWF TV CHAMPION
19 Orlando FL Josh Dawkins TEAM VISON DOJO ROOKIE CHAMPION
19 New Orleans LA Kelly Klien. ROH WOH CHAMPION
21 Orlando FL Carmello Hayes NXT NORTH AMERICA CHAMPION
21 Tokyo Japan Harashima & Naomi Yoshimura KO D TAG TEAM CHAMPIONS
04 Mexico City Mexico Universal 2000 CMLL HEAVYWEIGHT CHAMPION
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levysoft · 3 years
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Storia degli oli
Come rendere i paperi meno “cartoonosi”? Come renderli realistici? Come colorare il bianco piumaggio? Come dosare un misto tra bianco, grigio e giallo, in modo da avere il giusto impatto nella composizione complessiva del quadro?
A questi e ad altri problemi Barks si trovò di fronte quando, in maniera un po’ casuale, cominciò a realizzare quadri di paperi. Già nel 1955 aveva approcciato la pittura ma, essendo la produzione fumettistica impellente, non poté particolarmente concentrarvisi. Sua moglie Garé era la vera pittrice della famiglia, brava nel realizzare paesaggi montani che vendeva nelle fiere di paese. Fino al 1966, comunque, non ci fu tempo per questo. Barks vedeva la pittura, non necessariamente Disney, come un hobby, un piacevole divertissement da usare durante la pensione. La piega che prese fu invece del tutto diversa.
La prima fase fu decisamente di rodaggio. Da un lato, Garé forniva i contatti giusti per realizzare soggetti americani (indiani, paesaggi, chiese missionarie, l’America del tempo che fu), dall’altro Barks studiava per capire come usare gli oli, come dosare i colori, come sfruttare lo spazio della tela.
La svolta avvenne il 30 maggio 1971 quando l’appassionato di fumetti Glenn Bray, insieme con altri fan, andò a visitare Barks e, vedendo tanti quadri, gli propose di realizzarne uno a tema Disney. Il maestro dell’Oregon all’inizio rifiutò, schermendosi dietro l’inesperienza e sollevando il problema legale, dato che non aveva l’autorizzazione per usare Paperino e gli altri. Ma di fronte all’insistenza di Bray, e ad una proposta di 150$ (i quadri che Barks vendeva all’epoca andavano tra i 15 e i 50$), la ritrosia cadde e l’accordo fu suggellato da una stretta di mano. Barks contattò allora George Sherman, capo del Disney’s Publications Department, per chiedere una mano nell’ottenere l’autorizzazione. Nel frattempo, anche Donald Ault, un altro grande appassionato delle storie dei paperi disneyani, da tempo insisteva perché Barks realizzasse quadri con quei personaggi. Il Maestro dell’Oregon cominciò a capire che, al netto delle difficoltà tecniche e legali, poteva esserci un interessante mercato potenziale. E infatti, una volta ottenuta l’approvazione, la situazione cambiò radicalmente: in poco tempo piovvero numerosi ordini e la lista d’attesa divenne sempre più lunga. Il procedimento poteva prendere parecchio tempo, perché i committenti proponevano suggerimenti e migliorie, mentre Barks mandava preliminari da far approvare.
Garé, la vera esperta di quadri, era fondamentale nel giudicare quando si trattava di un buon lavoro oppure se c’era ancora qualcosa da sistemare. Barks si sentiva finalmente un artista, ed era a disagio nel dover realizzare ancora le sceneggiature delle Giovani Marmotte (nelle sue lettere le definiva in una maniera piuttosto colorita che qui preferiamo non riportare).
I quadri finalmente gli permettevano di avere un rapporto diretto con l’utente finale. Nei venticinque anni passati a realizzare fumetti Barks non ebbe mai i complimenti dei lettori, nessuna comunicazione, se non quella con il suo editor Chase Craig che, solo poco prima del suo ritiro, provò a fargli cambiare idea elogiando il lavoro di una vita. Con i quadri era diverso: nelle piccole fiere di provincia, o con i committenti che gli proponevano modifiche, sapeva per chi stava realizzando l’opera, dove sarebbe andata.
Nell’autunno 1972 la lista d’attesa era di 150 quadri. Né Barks né il suo “agente de facto” Ault sapevano come gestire la cosa: l’idea fu di alzare i prezzi – da 150$ a 200$ – vendendo i quadri solo tramite una ristretta mailing list.
La figura fondamentale per l’allargamento del mercato fu Russ Cochran. Commerciante di tavole originali, nel 1973 cominciò a pubblicare Graphic Gallery, un catalogo cartaceo in cui vendeva strisce, cel d’animazione e materiale originale. Barks ebbe subito il suo spazio. In parallelo, cominciavano a crescere le prime fiere del fumetto, da Houston a San Diego a New York, e Cochran chiedeva materiale da utilizzare per aste improvvisate, aste telefoniche e poi vere e proprie aste ufficiali. I prezzi salirono a 500$, mentre Barks lavorava su quattro priorità: qualità, velocità, profitto e ampiezza del mercato.
Se gli ultimi due aspetti miglioravano costantemente, era meno semplice soddisfare i propri standard qualitativi con i ritmi imposti dal mercato. Specie se i gusti del pubblico andavano su quadri con montagne di denaro, interni del deposito, gioielli, ori e preziosi: belli da disegnare, interessanti da ricercare nell’amato National Geographic, ma lunghi da realizzare. Gusti del tutto in linea con gli incombenti anni Ottanta dell’edonismo reaganiano. E l’aumento del pubblico portò a lasciare indietro i vecchi appassionati di fumetti, con budget ridotti rispetto ai nuovi collezionisti. Interessante l’aneddoto di Barks riguardo a This Dollar Saved My Life at Whitehorse, per il quale dovette spiegare il significato del titolo e il fatto che per Paperone ogni moneta guadagnata significhi qualcosa (si veda La disfida dei dollari).
In questo momento si rese necessario per Barks realizzare più modelli dello stesso soggetto, con poche differenze sostanziali (il colore su tutto). Col progredire della qualità, i dettagli aumentarono: si veda la ricercatezza di ogni singola moneta, oppure lo sfondo di Season to Be Jolly, pieno di fiocchi di neve, personaggi, gente che balla, avventori nel bar. D’altronde, i prezzi salivano (4.100$ per lo stesso Season to Be Jolly) e Barks voleva che i suoi quadri valessero quelle cifre. Ecco perché in parallelo cominciò a realizzare quadri più piccoli, senza sfondo o quasi, che potessero essere realizzati velocemente e venduti altrettanto rapidamente (come Banker’s Salad).
La New York Comic Convention del 1976 fu il trionfo degli oli di Barks per l’epoca, ma anche l’ultimo momento di quiete prima della tempesta. Per festeggiare il bicentenario della dichiarazione di indipendenza americana, venne realizzato July Fourth in Duckburg, in cui furono inseriti anche dei personaggi umani, tutte caricature dei collezionisti che avrebbero partecipato all’asta. Il quadro infatti arrivò a 6.400$. Un grande successo, ma due mesi dopo finirono sul mercato della San Diego Comic Convention delle litografie pirata del quadro Golden Fleece, ad opera della misteriosa società Nostalgia Enterprises. Barks allertò la Disney di questo problema, chiedendo sostegno. La risposta fu decisamente brusca: la licenza venne revocata.
Barks fu così libero di sperimentare nuovi mondi. Prima realizzò una serie di quattro quadri, Kings and Queens of Myth and Legend, con figure umane come protagoniste: un lavoro troppo gravoso e complesso da gestire. Ecco perché decise di realizzare disegni con paperi come protagonisti, ma diversi da quelli Disney: più alti, più sfrontati, anatomicamente più antropomorfi, con donne disinibite e provocanti. I soggetti erano parodie di personaggi storici come se fossero paperi, con una tecnica più vicina ai fumetti, con matita e acquerelli e meno oli. I clienti erano sempre presenti e molto interessati, ma Cochran, ora supportato dall’altro appassionato Bruce Hamilton, non restò con le mani in mano.
C’è sempre un altro arcobaleno
L’idea dei due dealer era di mantenere i rapporti con Disney, sperando in un rinnovo della licenza. Usarono come cavallo di Troia i quadri fin qui fatti, chiedendo a Disney di pubblicare un volume a loro dedicato. Si trattava di un’iniziativa di nicchia per un tale gigante, per cui l’azienda diede il beneplacito alla neonata casa editrice Another Rainbow Publishing, fondata dalla coppia Cochran-Hamilton riprendendo il titolo di un celebre quadro del 1974. Nacque così The Fine Art of Walt Disney’s Donald Duck, pubblicato nel 1981. Il libro, edito in 1.875 copie numerate e firmate, ottenne un grande successo di critica, con premi per l’editoria specializzata. La Disney fu molto contenta del risultato, e rinnovò la licenza, permettendo ai due imprenditori di realizzare anche delle litografie numerate.
Barks realizzò 18 nuovi oli per l’Another Rainbow, di cui 17 con Paperone. Era ormai evidente come il vecchio papero fosse uno dei principali motivi per l’acquisto e così, omaggiando diverse sue vecchie storie, introdusse il miliardario in un paio di “sequel“, come Return to Morgan’s Island e soprattutto Return to Plain Awful, che avrebbe fatto da molla per il seguito realizzato da Don Rosa. Si trattò di una fase decisamente più rilassata, in cui Barks prese tutto il tempo necessario per realizzare i quadri: dettagli, colori, oggetti, inquadrature, tutto è rifinito con precisione. Barks non si fece problemi a seguire le indicazioni di Hamilton, che conosceva meglio il mercato, e andò talmente nello specifico da proporre numerosi titoli opzionali per i dipinti: fino a 41 titoli per Wanderers of Wonderland!
Gli anni passarono e la produzione continuò, insieme anche alla realizzazione di preziose, e fragilissime, porcellane dedicata a celebri oli. Alla morte di Garé nel 1993, però, Barks decise di troncare la relazione con l’Another Rainbow e, con l’assunzione di due impresari, venne fondato il Carl Barks Studio, che firmò un nuovo accordo con la Disney. Vennero così realizzate statue in bronzo e nuove serigrafie, partecipando anche alle convention di materiale Disney nei due parchi di divertimento americani. Questa fase è simboleggiata da Surprise Party at Memory Pond, in cui ben 15 personaggi festeggiano il sessantesimo compleanno di Paperino, allacciandosi direttamente a The Wise Little Hen e con la presenza persino di Orazio e Clarabella.
Nel 1994 Barks fu guidato in un trionfale tour europeo, per il quale vennero realizzati disegni a matite colorate, più semplici da fare e più facili da trasportare. Negli ultimi anni di vita Barks non poteva praticamente più realizzare quadri ad olio: la vista indebolita e il tremore alla mano non permetteva più quel dettaglio, per cui utilizzò altri strumenti, come le matite acquarellate. Per il suo novantaseiesimo compleanno, nel 1997, realizzò ben 75 disegni, pubblicati in parte nel pretenzioso volume Barks Treasury, l’ultima opera completa di Barks.
I believe that as time goes by people will realize those paintings I’ve done are all based on stories. If they don’t know the story, the painting will be kind of meaningless, and so I believe the stories will be the thing that lives on into posterity.
Gli oli
Come abbiamo raccontato, gli oli di Barks si dividono tra il periodo 1971-1976 (122 quadri), più concitato e ricco di spunti, e quello 1982-1997 (28 quadri), più raffinato e dettagliato, sotto la direzione prima dell’Another Rainbow e poi del Carl Barks Studio. Periodi molto diversi, che affronteremo selezionando qualche tema e il generale approccio che Barks utilizzò.
Abbiamo visto come Barks si facesse guidare dalle proposte dei fan, che spesso selezionavano storiche copertine dedicate a celebri storie a fumetti. Appare quindi interessante vedere come il primo quadro ad olio sia una rielaborazione della copertina di Walt Disney’s Comics & Stories 108 del 1949: A Tall Ship and a Star to Steer Her By. Si tratta di una bella scena marinaresca con Paperino e i nipotini su di un piccolo vascello. Barks ne realizzò negli anni ben otto versioni, ed è interessante confrontare la prima con Sailing the Spanish Maindel 1982, usata da Another Rainbow come soggetto della prima litografia. Salta all’occhio il miglioramento qualitativo, a partire dall’uso della luce, sia quella del cielo che quella che arriva dal mare, dando leggerezza e dinamismo alle onde. Lo stesso vascello, da statico diventa quasi un ballerino sull’acqua. L’aggiunta di Paperone non appesantisce, mentre il polpo pirata e i tesori pescati permettono altri punti su cui l’occhio può posarsi.
In questa prima fase sono quattro i principali soggetti sfruttati (e che riepiloghiamo in una delle tabelle in appendice): Money Lake, Bullet Valley, Ancient Persia e Back to the Klondike. Vedendo le varie versioni notiamo come Barks si sforzasse di bilanciare in maniera diversa i colori, le sfumature, mantenendo sostanzialmente invariato il soggetto. A volte cambiava il titolo, a volte cambiava il tono predominante del colore (ad esempio Blue Persia contro Green Persia), a volte infine veniva aggiunto qualche personaggio, come Paperone, per venire incontro alle domande del pubblico.
A brillare per composizione inedita in questi anni sono gli oli dedicati alla vita nel deposito (che creano un filone inedito su cui torneremo dopo) e altri due quadri. Il primo di questi è Christmas Composition, in cui la dura avidità dello Scrooge di Dickens riverbera in una composizione spietata, tra Paperino e nipotini ridotti all’indigenza e Paperone che mercanteggia per un miserabile alberello. L’altro è Duck in the Iron Pants, il cui soggetto arriva da una deliziosa e esplosiva ten-pager in cui Qui Quo Qua e Paperino si sfidano a colpi di palle di neve e assurde armature (a sua volta ispirata da un corto scritto dallo stesso Barks). Nel quadro la luminosità della neve è resa alla perfezione, mentre la violenza dello scontro generazionale è tratteggiata con amabile arguzia.
Il periodo che comincia con il 1981 possiede contorni diversi. Non più pressato da liste di clienti e con la gestione commerciale dell’Another Rainbow, Barks realizza soggetti complessi, ricchissimi di dettagli e di personaggi. Questo rispondeva sia alle richieste dei clienti che alla vendita di litografie, che per funzionare doveva presentare soggetti degni di essere ricordati. Si tratta infatti di un periodo felicissimo, in cui Barks crea, spesso dal nulla, quadri avvincenti in cui i paperi si ritrovano in paesaggi fantasiosi e ricchi di natura e di tesori. Vale per tutti lo straordinario Wanderers of Wonderlands, in cui reminiscenze da Cibola si incontrano con le arpie del Vello d’Oro. Ovviamente, si tratta del risultato di una maturazione avuta negli anni precedenti e che ormai appare del tutto consolidata.
Si moltiplicano i quadri con folle di personaggi (A 1934 Belchfire Runabout!, Holiday in Duckburg, Mardi Gras Before the Thaw e Surprise Party at Memory Pond) e non mancano le rivisitazioni di celebri storie. Ma se prima Barks riproponeva la copertina originale, ora realizza nuove prospettive, rielaborando il materiale originale. Un perfetto esempio e Dubious Doings at Dismal Downs: il fantasma del vecchio castello appare in tutta la sua diabolica presenza, tra le brume scozzesi e le inquietanti lapidi del cimitero. Oppure Dam Disaster at Money Lake, che riprende La disfida dei dollari ricreando la celebre quadrupla del crollo della diga: la massa di denaro occupa quasi tutto il quadro, lasciando spazio però alle espressioni di disperazione dei paperi. Infine, per celebrare il centenario della corsa all’oro dello Yukon e i 50 anni di Paperone, a cavallo tra il 1996 e il 1997 venne realizzato Eureka! A Goose Egg Nugget!, quadro che sintetizza la carriera di pittore di Barks. Le tenue luci del tramonto illuminano le colline, mentre il volto di Paperone risplende della luce della pepita uovo d’anatra. Nonostante la semplicità del soggetto, i pochi tratti delineano l’iconicità del momento e del personaggio.
Tutti al deposito
Un capitolo a parte va dedicato ai quadri ambientati nel deposito. Barks dedicò al tema ben 19 oli, tutti a vario modo inediti, con una gag sempre varia a supporto. Il contesto, però, era sempre lo stesso: qualche stanza del deposito traboccante monete, tesori e gioielli, con Paperone, Paperino e i nipotini protagonisti. Si comincia con Pleasure in the Treasure nel 1972, il primo quadro in cui fu Barks a scegliere il tema da ritrarre.
Ed effettivamente il soggetto permette all’artista dell’Oregon di proporre scorci e idee che facevano capolino in numerose sue storie, oltre a mettere al centro il denaro, enormi masse dorate che tanto piacevano ai suoi clienti. Pleasure in the Treasure è paradigmatico per quasi tutti i quadri successivi, a partire dall’ambientazione: una grossa stanza piena di monete separata da un’apertura con una porta blindata rotonda o una cancellata a separare gli ambienti. A destra o a sinistra vediamo una scrivania, dove Paperone o Paperino contano denaro, leggono fumetti o archiviano monete. Dal lato opposto invece c’è una cassaforte, che può essere chiusa oppure aperta, mostrando rigurgitanti tesori.
I nipotini sono spesso sparpagliati in modo da riempire gli spazi vuoti, e sono motori di azioni di disturbo nei confronti del denaro di Paperone, usando libri contabili come slitte, oppure costruendo fortini (Time Wasters, 9-75), o lanciando ventose per disturbare le piogge di denaro. Paperino è spesso sullo sfondo, rotto dalle fatiche del deposito oppure intento a riposarsi, bevendo una gazzosa o leggendo Playduck. Infine, Paperone è quasi sempre centrale, intento nelle sue attività preferite, ad esempio scavare gallerie come una talpa, nuotare come un pesce baleno (Danger, Tycoon at Play, 10-74) o farsi cadere il denaro sulla testa come una pioggia (Time Out for Fun, 17-73). A volte, poi, Paperone ricorda il passato, come con le monete di Tralla La in Money Bin Memories (12-72), oppure in This Dollar Saved My Life at Whitehorse (24-1973) o ancora celebrando la sua Numero Uno in Much Ado about a Dime (18-73).
Con Sport of Tycoons (9-74), lo scenario cambia e si allarga. Entriamo proprio dentro il forziere principale, caratterizzato dalla barra di profondità ormai al culmine, dalle gru che muovono secchi ricolmi di gioielli e dalle ruspe che movimentano montagne di monete. Si tratta di uno dei quadri più iconici, che rimanda alla quadrupla iniziale della Disfida dei dollari, e che va a braccetto con A Binful of Fun (12-74).
Gli ultimi due quadri ambientati nel deposito ampliano ancora di più gli orizzonti, caricando il quadro di colori brillanti, di gioielli sfavillanti e di nuovi giochi di luce. In An Embarrassment of Riches (1983), la stanzetta originale si amplia enormemente, con prospettive ardite e paperi in movimento per aiutare Paperone ad alzare la barra che segna il livello del denaro, in vista di nuovi guadagni. Infine, con Rich Finds at Inventory Time (1994), vediamo la stessa stanza ormai sommersa di denaro, in cui Barks crea una miniera di denaro con binari e carrello, in cui Paperone possa giocare come il bambino che è.
Le matite
Abbiamo detto come, sul finire di carriera, Barks avesse ancora la prestanza fisica per disegnare, anche grazie all’aiuto della tecnologia, come le fotocopiatrici, che gli permettevano di fare degli ingrandimenti di vignette o immagini da usare. Con il grande tour europeo del 1994, Barks inaugura in maniera massiccia i disegni ad acquarello.
Essenziali, semplici, sempre ben costruiti, servivano come omaggio ai paesi ospiti: l’Italia patria della pasta tecnologica oppure i salti dell’arcobaleno con gli sci alla maniera norvegese. Si tratta di una felice combinazione per soddisfare i fan e non stancarsi troppo.
Si decide quindi di spingere su questo mezzo, con piccoli disegni a matite colorate e pastelli (33×25) che costruiranno il volume Barks Treasury. Si tratta di ben 75 disegni in cui, con molti soggetti ripetuti, Barks cita sue storie famose oppure declina le stesse idee con minime variazioni. Lo sfondo è spesso assente, e si nota ormai un tratto più tremolante, del tutto normale data l’età e la complessità del lavoro.
Il volume si divide in:
Disegni con Paperino a cavallo di un delfino (10);
Paperone e gli smeraldi giganti (3);
Paperone e il vento (8);
Paperino e Paperina che danzano (8);
Paperi e sport (4);
Avventure classiche (17);
Paperi in parata (5);
Paperi al deposito (7);
Paperone e un Bassotto (2);
Miscellanea (20).
Alcuni potrebbero definire queste matite come un canto del cigno. Invece noi le vediamo come piccoli segni d’amore nei confronti di un universo che Barks ha plasmato seguendo il suo stile ironico, usando la sua lente per leggere la società e trasporne le nevrosi e i difetti nei suoi paperi.
L’ultima matita, che mostra un malinconico Paperone che suona la cornamusa davanti al castello di Colle Fosco, è un vero saluto di commiato. Il titolo – Last Call for the Clan McDuck – risulta decisamente rilevatore. Salutiamo così anche noi un artista totale, che tra animazione, fumetto e pittura ha cavalcato il Novecento con incredibile capacità e talento.
Storia editoriale degli oli
L’elegante volume The Fine Art of Walt Disney’s Donald Duck del 1981 a cui abbiamo accennato resta tutt’oggi una delle opere di maggior prestigio dedicate alla prima parte della carriera pittorica di Carl Barks con i paperi.
Sempre negli Stati Uniti, degno di nota è anche Barks Treasury, pubblicato nel 1997 da Applewood Books in sole 1.000 copie e contenente quaranta disegni colorati a pastello realizzati dall’Uomo dei Paperi tra l’ottobre del 1996 e il marzo dell’anno successivo per celebrare il suo novantaseiesimo compleanno. Il volume viene presentato in un cofanetto ricolmo di carta simil-filigranata a ricordare i dollari.
Anche in Italia i dipinti a olio di Barks iniziano ben presto a comparire saltuariamente nelle pubblicazioni dedicate alla sua opera. Già nel 1981, l’allora ANAF (Associazione Nazionale Amici del Fumetto) aveva dedicato ai dipinti di Barks la quarta di copertina del saggio in grande formato Il Fumetto – Speciale Paperino, per poi riservare ad altri oli l’onore della copertina (un po’ come avverrà negli USA negli anni Novanta in alcuni comic book della Gladstone) in qualche albo della collana dedicata alla pubblicazione di tutte le storie a fumetti realizzate dal cartoonist dell’Oregon.
Non è che un antipasto di quanto riservato dall’ANAF ai propri soci nella prestigiosissima collana Donald Duck Special. Dopo un primo volume pubblicato nel 1988 contenente (oltre a saggi, cronologie, copertine, la versione non censurata di Paperino e le forze occulte) otto pagine dedicate agli oli di Barks (con sei di questi riprodotti a tutta pagina), e un secondo pubblicato l’anno successivo con altri quattro dipinti in grande formato (insieme ad altri approfondimenti e storie a fumetti), è con il terzo e il quarto volume della serie che gli appassionati italiani possono finalmente avere tra le mani un’opera vicina a quella che avevano conosciuti quasi dieci anni prima i loro omologhi statunitensi.
Distribuiti insieme nel 1990, dapprima in solo 200 copie con eleganti copertine telate rosse, e successivamente in una seconda edizione (identica alla prima ma con copertine blu), i due volumi riproducono rispettivamente 55 oli in formato “portrait” (Donald Duck Special 3) e 39 oli formato “landscape”(Donald Duck Special 4). L’edizione è chiaramente ispirata a quella Another Rainbow (anch’essa distribuita nelle medesime due colorazioni) ma con la felice intuizione di non sacrificare troppo le dimensioni dei dipinti orizzontali dedicando a questi un volume apposito. Un’opera tuttavia incompleta. Come riportato nell’introduzione: «In questi due primi volumi sono stati riprodotti 94 dei 122 oli dipinti da Barks e questo in quanto per i restanti 28 il materiale pervenuto non è stato giudicato utilizzabile. I 28 oli mancanti (per i quali solo recentemente si è acquisito materiale di qualità) nonché quelli ulteriori che sono serviti da base per le litografie, verranno proposti successivamente in un ulteriore volume».
Nella cronologia riportata in coda ad entrambi i libri, è indicato per ogni dipinto il volume in cui è pubblicato, indicando anche quelli previsti nel terzo. Nel 1991 il successivo volume della collana, dedicato alle storie natalizie di Carl Barks, viene pubblicato come Donald Duck Special 6, lasciando intatto il proposito di pubblicare un terzo volume di oli da collocare subito dopo i primi due.Purtroppo le librerie degli appassionati sono destinate a mantenere tale lacuna, visto che l’Associazione, poi diventata ANAFI (con l’aggiunta di “Illustrazione” nella denominazione) non ha mai colmato tale mancanza.
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Carl Barks – Die Ölgemälde: il miglior volume esistente sulla produzione pittorica dell’Uomo dei Paperi
Nel 1988 il The Duckie Comic Club dell’editore Luigi Olmeda aveva dato alle stampe il trentatreesimo ed ultimo volume della propria The Complete Carl Barks impreziosendolo (un po’ come avvenuto per i primi due Donald Duck Special), oltre che con cronologie, storie a fumetti ed altri contenuti, con una galleria di oli dell’Uomo dei Paperi.
Più recentemente è stato l’editore Panini Comics a riservare alle meravigliose opere di Barks una collocazione di rilievo pubblicando riproduzioni di quadri a olio (o parti di essi) nelle seconde e terze di copertina dei 40 numeri della collana Uack!, pubblicata dal 2014 al 2018. In maniera analoga, anche i 48 volumi della opera omnia di Barks pubblicata da Rizzoli per il Corriere della Sera nel 2008 si aprivano ciascuno con un quadro diverso.
Nessuna esperienza è tuttavia in alcun modo assimilabile all’edizione ANAFche, pur incompleta, resta a distanza di trent’anni la migliore pubblicazione italiana dedicata ai dipinti ad olio del Maestro dell’Oregon.
Ma all’estero c’è chi ha saputo fare di meglio. Nel 2012 infatti l’editore Egmont ha pubblicato in Germania (e poi in Norvegia, Svezia e Finlandia) Carl Barks – Die Ölgemälde un volume di oltre 400 pagine con tutta la produzione artistica del papà di Uncle Scrooge. Oltre ai dipinti a olio presenti in The Fine Art of Walt Disney’s Donald Duck trovano spazio anche tutte le opere successive, quindi acquerelli, disegni a pastello, bozzetti e studi preparatori. Non più in catalogo e non facilissimo da reperire al giorno d’oggi, ma certamente ben più “avvicinabile” rispetto alle pubblicazioni statunitensi in tiratura limitata, il volume rappresenta l’edizione “definitiva” per chiunque voglia avvicinarsi ai meravigliosi dipinti dell’Uomo dei Paperi.
Per ulteriori approfondimenti sul web, infine, rimandiamo all’analisi dettagliata e cronologica dei quadri di Barks sull’ormai storico The HTML BarksBase.
(via Gli oli di Carl Barks - Papersera)
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theluckyberry · 4 years
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In 1960, while making Morgan il pirata, Chelo Alonso met and married Aldo Pomilia, a production manager and producer. After filming Quattro notti con Alba (Desert War) together in 1962, they had one son, Aldino Pomilia, and she retired for a while.
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Ti chiamerò, ti supplicherò
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Hai tu un cuore? La leggenda vuole che tu non l’abbia. Al vedermi, che per te mi consumo d’amore, tutti mi dicono: «Ah, pazza, mangiata dalle streghe, rosa dalle fole, soldato d’imprese disperate, marinaio senza veli né remi, dove t’avventuri? in quali deserti di sabbia, dietro Morgane, e fuochi fatui, e larve canzonatrici tu vuoi spegnere la tua sete nella solitaria morte! Ah, chi ti gettò questa rete, povero pesciolino?» Così dice la gente; ma lasciamo che dica! A chi di te mi sparla, nemica io mi giurai. Per te, mio santo capriccio, volto divino, senz’armi e senza bussola sono partita. Non v’è riposo alla speranza mai. A difficili amori io nacqui.
Come una rosa in un giardino d’Africa o d’Asia assai lontano, come una bandiera alzata in cima a una nave pirata, come uno scudo d’argento appeso in un barbaro tempio, difficile splende il tuo cuore il tuo frivolo, indolente cuore, l’eroico, femmineo tuo cuore. il tuo regale, intatto cuore, il cuore dell’amore mio. Io credo nel tuo cuore!
Le caverne terrestri son tutte una gioielleria. Funerea primavera per le mie feste vanesie, l’ametista viola e l’agata lunare e i diamanti simili a rose cangianti e il topazio vetrino, il topazio d’oro. Hanno i cristalli aloni e code di fuoco, mille comete e lune per la mia notte. M’offron conchiglie i golfi, e giochi oceanici, e il cielo boreale riposi e meditazioni. Dolcezze ha l’aranceto, come salive d’amore, e l’Asia graziose belve, mie tenere schiave. Le Maestà dei re conversazioni m’accordano, e al mio comando s’accendono circhi e teatri. Ma alla conquista io partii d’un frutto aspro. Il tuo cuore: altro frutto non voglio mordere. Non voglio i doni terrestri, al mio potere mi nego. Il solo mio volere è questa impresa! Alla conquista d’un frutto amaro andai. Le cose amare sono le più care.
Segreta, lo so, è la stanza del prezioso cuore ch’io cerco. Lungo e incerto il viaggio fino al nido di questa civetta-fenice. Inesperta son io, compagno né guida non ho, ma giungerò alla camera felice del mio bell’idolo. Addio, dunque, parenti, amici, addio!
Prima bisogna guadare il lago stagnante della paura, e i Grandi Orgogli oltrepassare, fastosa catena di rupi. Snidare bisogna l’invidia che s’imbosca e i mostri di gelosia mettere in fuga, (ah, San Michele e San Giorgio, datemi il vostro scudo!) per notti occhiute, selve purpuree, dove incontrare potrò centauri e ippogrifi, e bere il magico sangue dei narcisi. Si levan poi le triplici mura di Sodoma intorno a campo straniero dalle sette torri merlate. Incantare dovrò i guardiani, riscattare le spose comprate, e a lungo errerò per corti e fughe di scale, fra un popolo d’echi e d’inganni fino alla cara porta, che reca la scritta crudele: Indietro, o pellegrina. Non riceve.
Ah, fossi alato usignolo, foss’io centaura, ah, sirena foss’io, foss’io Medoro o Niso, che forse a te più amico sarebbe il nome mio, grazioso cuore! Invece, Lisa è il mio nome, nacque nell’ora amara del meriggio, nel segno del Leone, un giorno di festa cristiana. Fui semplice ragazza, madrina a me fu una gatta, e alla conquista partii d’un dolce cuore. Or che mi presentai, siimi cortese, o amore. Di che temi, o selvatico? d’esser preso al laccio? Ah, no, dell’amara pampa la figlia io non sono. D’esser trafitto? Io non ho coltello, né pungiglione. Né son io sbirra, per gettarti in carcere, né fata, per averti compagno notte e giorno, mutato in corvo, dentro gabbietta d’oro.
Ah, dall’impresa non giudicarmi eroe! Leggera è la mia mente più del fuoco, più che un riccio dei tuoi fulvi capelli. Per la mia pena, per il tuo vinto amore, con te soltanto un poco giocare io voglio come una foglia scherza con l’ombra e il sole, o una ragazza col suo gatto rosso.
E poi ti dirò addio.
Tu dirai: Lisa! supplicherai: Lisa! Ah, Lisa! Lisa! chiamerai. Ma io ti dirò addio.
Elsa Morante
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Terence Morgan.
Filmografía
Hamlet (1948) - Laertes - Su hijo
Sombra del pasado (1950) - John Harding
Capitán Horatio Hornblower (1951) - segundo teniente Gerard
Encore (1951) - Syd Cotman (segmento "Gigolo and Gigolette")
Mandy (1952) - Harry
Comenzó en el paraíso (1952) - Edouard
Esquina de la calle (1953) - Ray
Girar la llave suavemente (1953) - David
La llave de acero (1953) - Johnny O'Flynn
Siempre una novia (1953) - Terence Winch
Carga prohibida (1954) - Roger Compton
Danza, pequeña dama (1954) - Mark Gordon
Svengali (1954) - Billy Bagot
Amores de tres reinas (1954) - Golo (segmento: Il Cavaliere dell'illusione)
No pueden colgarme (1955) - Inspector Ralph Brown
La liebre de marzo (1956) - Sir Charles Hare
Es un mundo maravilloso (1956) - Ray Thompson
El bribón (1957) - Mike Dawson
Tread Softly Stranger (1958) - Dave Mansell
La espada llameante (1958) - Capitán
El Shakedown (1960) - Augie Cortona
Tercera parada de Piccadilly (1960) - Dominic
La maldición de la tumba de la momia (1964) - Adam Beauchamp
El pirata del mar (1966) - Lord Blackwood
El ático (1967) - Bruce Victor
El escondite (1972) - Ted Lawson
The Lifetaker (1975) - James.
Créditos: Tomado de Wikipedia
https://en.wikipedia.org/wiki/Terence_Morgan
#HONDURASQUEDATEENCASA
#ELCINELATELEYMICKYANDONIE
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ultimavoce · 5 years
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Lui è Marco. Nasce a Milano nel 1972. Vive a Muggiò, dalle parti di Monza, con i genitori e la sorella. Lui ha sei anni. Compra la prima chitarra. È anche mancino, doppia fatica. Due anni dopo passa al pianoforte. Scrive, compone musica. I genitori lo iscrivono al conservatorio. Lui ottiene in cambio un sintetizzatore. Siamo nel 1988. Il padre è pieno di debiti, finisce sul lastrico. È depresso. Chiama Marco, gli dà un barattolo con tutto quello che gli è rimasto. Dentro ci sono centomila lire. Il giorno dopo l’uomo si butta giù dalla finestra. Muore. Marco ha sedici anni. Lascia il conservatorio. Si dedica anima e corpo alla musica. Scrive i testi, compone, pubblica le prime canzoni. Si fa chiamare Morgan, dal famoso pirata Henry Morgan. Suona da autodidatta il basso elettrico con una tecnica a posizioni invertite. Incontra Andrea. Fanno un pezzo di strada insieme. Nel 1991 fondano i Bluvertigo. Quattro anni dopo arriva il successo con l’album Acidi e basi. Partecipano a Sanremo. I Bluvertigo sono una novità del pop rock italiano. Morgan viene definito un genio. Oltre a suonare, compone poesie. È il 2000. Conosce Asia. Si innamorano, nasce Anna Lou. Lui e Asia conducono una vita sregolata. Amore e odio. Si lasciano. Lui diventa giudice di X-Factor. Qui conosce Jessica. Altra figlia, Lara. È il 2013. Morgan rilascia una intervista. Dice che fuma cocaina. La usa come antidepressivo. Fa bene. Scoppia un putiferio. Lui si scusa. Non voleva incitare nessuno. Le sue canzoni parlano di follia, di tenerezza e di sconvolgimenti. Gli eccessi gli costano caro. Resta senza soldi. Non paga gli alimenti alle figlie. Asia Argento e Jessica Mazzoli gli fanno pignorare la casa. Siamo nel 2019. La sua casa di Monza finisce all’asta. La comprano. Marco Castoldi deve andarsene. Il giorno stabilito ha un malore. Il pignoramento è rimandato di una settimana. Oggi dovrà lasciare definitivamente la sua abitazione. Marco dice che non pagherà i debiti. E quando arriverà a 48 anni, l'età che aveva suo padre quando si è suicidato, gli verrà un brivido. L'anno prossimo Marco compirà 48 anni. ~ [ ✏️ Carmelo Abbate ] ~ #bluvertigo #morgan #musica #musicaitaliana #musicista #musicisti #ultima https://www.instagram.com/p/BzIBpXGJrpp/?igshid=113d71knmand5
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cutsliceddiced · 4 years
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New top story from Time: The Met Opera’s ‘At-Home’ Gala Live Streams Performances to World Silenced by Pandemic
(NEW YORK) — Javier Camarena was at his home in Zurich singing an aria from Bellini’s “Il Pirata” when the screen for the video feed split, and he was joined by Metropolitan Opera music director Yannick Nézet-Séguin in Montreal and general manager Peter Gelb in New York.
“Just a second,” the tenor from Mexico said, raising an index finger.
He had just finished the slow-moving first section. An associate director an ocean away didn’t realize he also planned to perform the cabaletta, the faster-moving second part. Restored to a full screen, Camarena continued.
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With the entertainment world shut down by the coronavirus pandemic, the Met staged an “At-Home Gala” on Saturday that would have been inconceivable to the Vanderbilts and Morgans who helped found the company in 1883. A starry array of classical music’s biggest names sang live on Skype from their living rooms across 13 nations, including Renée Fleming in Virginia, Jonas Kaufmann in Germany, Bryn Terfel in Wales and Roberto Alagna in France.
Thirty-three live and seven prerecorded performances stretched for four hours. The Met said the live stream on its website that started at 1 p.m. EDT Saturday peaked at about 300,000 views in 162 countries and the total with replays was expected to reach 1 million by Sunday night.
Gelb, trying to overcome a budget deficit of up to $60 million, said there were many small donations but it was too early to total.
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“It was a temporary kind of panacea and it just lifted people’s spirits in a way that would never have happened. This type of program only works because of the horrible conditions that we’re in right now,” Gelb said Sunday. “I got so many e-mails and text messages from people that said that they were in tears for large portions of this program.”
Read more: How Are States Across the U.S. Projected to ‘Flatten the Curve’?
Joyce DiDonato, in Spain, joined seven violists and Nézet-Séguin in a recorded tribute to Vincent Lionti, a Met violist for 33 years who died on April 4 after contracting the coronavirus. Nézet-Séguin sniffled after watching the playback of Handel’s “Ombra mai fu.”
“To lose him to the virus made this reality so much closer, immediate, that we could lose a member of our family to this threat,” Nézet-Séguin said.
Erin Morley, Matthew Polenzani, Étienne Dupuis and Günther Groissböck showed off their piano-playing abilities, accompanying themselves. Dupuis and wife Nicole Car sang a duet from Massenet’s “Thaïs” after an initial connectivity delay.
Artists’ homes were on showcase: Kaufmann has a Bösendorfer piano surrounded by red theater-style seats in Munich; Anita Rachvelishvili has a “NO AUTOGRAPHS PLEASE” sign on her piano in Tbilisi, Georgia; René Pape has a red Le Corbusier chair and decorative Fornasetti globe in Dresden. Groissböck has a model of the Met on his piano and a statue of composer Richard Wagner in a corner wearing a blue facemask with the word: “No.”
Attire ranged from Alagna in a tuxedo jacket, blue jeans and what appeared to be a soccer jersey, to Sonya Yoncheva in a white-and-black recital ready dress.
Her face flush with emotion, Fleming gave one of the most moving performances, the “Ave Maria” from Verdi’s “Otello.” After a few moments of quiet, Gelb’s microphone caught him saying “Go, Gary,” to director Gary Halvorson in Los Angeles, a sign of the unusual technical logistics.
Some singers used recorded piano tracks played by Met director of music administration Thomas Lausmann and assistant conductors Howard Watkins and Bryan Wagorn. Lisette Oropesa went a step further, having a video of pianist Michael Borowitz on a video screen behind her playing “Idole de ma vie” from Meyerbeer’s “Robert Le Diable.”
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Morley provided one of the best performances with fluid voice, considerable piano skill and ebullient personality in “Chacun le sait” from Donizetti’s “La fille du régiment (The Daughter of the Regiment),” imploring viewers to “sing along” for the choruses. Isabel Leonard sang an inspiring a cappella for “Somewhere” from Bernstein’s “West Side Story.”
Another highlight was Diana Damrau and husband Nicolas Testé in “Là ci darem la mano” from Mozart’s “Don Giovanni” while standing in front of their kitchen in Orange, France, joined after by excited sons Alexander and Colyn. Unable to perform at home in Vienna, Anna Netrebko and husband Yusif Eyvazov recorded separate pieces at an ORF network studio.
In the hardest technical tasks, lead video editor Pete Scalzitti spent most of the previous week piecing together the individual orchestra and choral videos for the intermezzo from Mascagni’s “Cavelleria Rusticana,” the “Va, pensiero” chorus from Verdi’s “Nabucco” and the third act prelude of Wagner’s “Lohengrin.” Nézet-Séguin air conducted as a video was made, and Lausmann used it to create a piano accompaniment sent to the players and singers. Up to 90 squares were used to show the videos aligned simultaneously, and David Frost mixed most to the audio.
Unable to globe trot, performers were happy to entertain. Many introduced and bantered with the person up next.
“Ooh, it’s fun to get to sing again!” Jamie Barton exclaimed.
Please send any tips, leads, and stories to [email protected].
via https://cutslicedanddiced.wordpress.com/2018/01/24/how-to-prevent-food-from-going-to-waste
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francatribioli · 7 years
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(...) Contava due cavalli, le cui groppe ancora fumavano del recente viaggio e i due grossi fanali che gli facevan lume traversavano la nebbia del loro raggio, splendendo sulle mura del vicolo in una magia che trasformava i muschi e le ragnatele in drappi di fate. Il conducente se ne stava avviluppato e curvo nella sua pellegrina, guardando al muro cieco. Come avesse fatto a infilarsi con tanta silenziosa precisione in quello strettoio fu una delle domande destinate a rimanere senza risposta fra le tante che il ragazzo si pose. Altrettanto enigmatico rimaneva il sistema che avrebbe usato per uscire. "Per favore, per favore" - tremolò la sua voce nella vischiosa aria bruniccia -  "mi sa dire se questo è un omnibus?" "L'omnibus est"  - rispose senza voltarsi il conducente. Seguì un breve silenzio. La guardia passò, tossicchiando, davanti all'imbocco del vicolo. Il ragazzo si accucciò nell'ombra; non voleva essere scoperto. Quando poi, per di più, era praticamente sicuro che si trattava di un omnibus pirata; altrimenti, per qual motivo avrebbe scelto come capolinea certi strani luoghi e un così insolito orario? "Quando parte all'incirca?" Voleva apparir disinvolto. "All'alba." "Fin dove arriva?" "L'intero percorso." "E un biglietto di andata e ritorno per tutto il percorso all'indietro lo posso fare?" "Sì." "Sa, ho proprio una mezza idea di venire". Il conducente non rispose. Ma il sole doveva essere ormai sorto, giacché egli sbloccò il freno. E il ragazzo fece appena in tempo a salire, che l'omnibus già partiva. (...) Edward Morgan Forster L'omnibus celeste
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viaggiatori · 7 years
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HONDURAS: TROPICI DA RISCOPRIRE SULL’ISOLA DI ROATAN
Per la seconda volta nel giro di 3 anni ho avuto la possibilità di fare un viaggio in Honduras, un paese che mi è rimasto nel cuore, sia per il calore della gente che per la bellezza del paesaggio.
Per chi ancora non lo sapesse, la Repubblica dell’Honduras è il cuore dell’America Centrale. Bagnato dal Mar dei Caraibi e dall’Oceano Pacifico e confinante con Guatemala, El Salvador e Nicaragua, il Paese affonda le radici in una storia millenaria: fu infatti la prima patria della civiltà dei Maya prima dell’esodo verso Guatemala e Messico.
Caratterizzata da un esotico profilo disegnato da montagne, valli, pianure e foreste tropicali, si tratta di una meta troppo spesso sottovalutata da turisti e viaggiatori per via della torbida immagine che i media forniscono di questo splendido Paese, in passato piegato dalle repressioni, dalla criminalità e dai traffici di droga.
Nonostante la sua storia recente ne abbia messo a dura prova la stabilità politica e sociale, l’Honduras è partito alla riscossa: vive attualmente il periodo più positivo degli ultimi anni e ne approfitta per mostrare al mondo l’ineguagliata bellezza del suo patrimonio naturalistico.
IL VOLO E IL PERIODO MIGLIORE
Grazie a un volo diretto di Air Europa da Madrid all’aeroporto di San Pedro Sula, viaggiare in Honduras dall’Europa è più comodo e conveniente anche per gli italiani.
Trattandosi di una regione tropicale, il clima è piuttosto caldo e accogliente in ogni mese dell’anno, per cui non ci sono particolari periodi da escludere, fatta forse eccezione per la stagione delle piogge tropicali, più frequenti fra tarda primavera e inizio estate.
È tuttavia utile tener conto del fatto che la maggiore affluenza di turisti si verifichi durante i primi mesi dell’inverno, dicembre, gennaio e febbraio per intenderci. 
L’ISOLA DI ROATAN
Da San Pedro Sula, tramite un volo interno per l’aeroporto Juan Manuel Gálvez, si raggiunge la leggendaria Isola di Roatan – la più grande delle Islas de La Bahia – famosa per essere stata il quartier generale del pirata Henry Morgan.
Durante tutto l’anno l’isola è accarezzata da un piacevole clima tropicale che mantiene la temperatura attorno a una media di 28 °C, motivo per il quale è un’importante tappa di tutte le crociere nel Mar dei Caraibi. Si estende per circa 83 km2 parzialmente a ridosso della barriera corallina, i cui scorci sono visibili lungo la costa occidentale, la più selvaggia e incontaminata e dunque luogo principale d’attracco delle navi da crociera.
PARCO GUMBALIMBA A WEST BAY
Situato a West Bay a due passi dal mare, il Parco Gumbalimba trae il suo nome dal Gumbo-limbo, un albero indigeno dell’Honduras dalla caratteristica corteccia rosso scuro.
Strutturato in forma di riserva naturale, questo parco tematico è una vera e propria immersione nel mondo dei Caraibi con attrazioni, percorsi e itinerari adatti a turisti grandi e piccoli: attività acquatiche, fra cui escursioni in kayak, scuba-diving e sea-trekking; passeggiate nella foresta in compagnia di piccole scimmie e uccelli esotici; giardino botanico con torrenti e cascatelle; piscine ricreative per adulti e bambini.
Il Canopy Tour è certamente l’attrazione più interessante: un percorso in teleferica consistente di 17 piattaforme e due brevi tratti a piedi, che conduce dalle alture alla spiaggia di West Bay.
INCONTRO COI DELFINI ALL’ ANTHONY’S KEY RESORT
L’incontro con i delfini è un breve tour che conduce dalla spiaggia a Bailey’s Key, uno dei due isolotti a largo del resort Anthony’s Key a Sandy Bay.
Un gruppo di esperti naturalisti accompagna i turisti durante la memorabile passeggiata e fornisce informazioni su caratteristiche, vita e abitudini di questi esemplari appartenenti al genere dei tursiopi, comunemente conosciuti col nome di delfini dal naso a bottiglia, che qui vivono liberi nel loro habitat naturale. Durante il tour è possibile scattare foto o effettuare riprese con i propri dispositivi e interagire fisicamente con i delfini.
È vero, si tratta di un attrazione piuttosto commerciale, ma vedere i delfini nel loro habitat naturale e interagire con loro rende questa escursione un’esperienza davvero speciale.
SNORKELLING A BIG FRENCH KEY
Big French Key è un isolotto d’incontaminata sabbia bianca a poche centinaia di metri dalla costa, raggiungibile in 5 minuti con un motoscafo di linea.
Dominato dalle mangrovie e da una fittissima vegetazione tropicale, questo piccolo paradiso è il punto di riferimento per tutti gli amanti dello snorkeling e dispone di spiaggia attrezzata, bar e di un’area completamente dedicata ai bambini gestita da personale specializzato, che lo rende ideale anche e soprattutto per le famiglie.
Non ci sono alloggi per il pernottamento, ma si potrà godere di un pranzo coi fiocchi al ristorante El Cayo. 
    OAK RIDGE E LE ESCURSIONI NEI TUNNEL DI MANGROVIE
Conosciuto anche come la Venezia dei Caraibi per via dei suoi numerosi canali, Oak Ridge è un villaggio di palafitte dell’East End, immerso in un tipico paesaggio tropicale di fitta vegetazione su colline che finiscono in mare.
È famoso grazie al tour fra i tunnel di mangrovie a bordo d’imbarcazioni tipiche dell’isola, un tempo unico modo per spostarsi di villaggio in villaggio. Durante il tragitto di ritorno è previsto l’attraversamento del sito archeologico di Punta Gorda, il più antico insediamento dell’isola.
WEST END E VITA NOTTURNA
West End è una piccola cittadina sul mare nella zona sud-ovest dell’isola, poco sopra West Bay. Ospita la più alta concentrazione di bar, pub e discoteche di tutta Roatan e rappresenta quindi il punto di riferimento dei turisti in cerca di vita notturna. Si tratta di locali all’aperto che offrono spettacoli di musica dal vivo di diversi generi.
Fra i più celebri, il Nova, disco-bar per gli amanti di techno e dance-music, e il Fosters, il locale più frequentato ed esclusivo, tappa finale delle lunghe notti caraibiche. L’area è completamente pedonale, ma un grande parcheggio all’inizio del corso principale consente di lasciare comodamente l’auto.
MANGIARE A ROATAN
Il pesce fresco è protagonista dei menu dei ristoranti di tutta l’isola. I venditori di street food sono presenti ovunque e offrono la possibilità di acquistare cibo d’asporto e gustarlo in riva al mare, in particolare burritos e casadillas con aragosta o gamberoni.
Oltre ai piatti tipici della tradizione caraibica, ci sono alcune imperdibili chicche della cucina di Roatan: la baleada, una tortilla piuttosto spessa farcita con purea di fagioli rossi, formaggio e panna acida; è abitudine locale aggiungere uova strapazzate al ripieno e abbinarvi carne di pollo e verdure; la sopa de caracol, una particolare zuppa di mare a base di pesce e granchi blu, preparata con latte di cocco, chayote e lime.
Per chiudere in bellezza il tour enogastronomico, è d’obbligo assaggiare il Monkey La-La, un cocktail da aperitivo esclusivo di Roatan che non è possibile bere altrove, preparato con Kahlua, Bailey’s, latte di cocco, rum, banana e succo d’ananas. Monkey La-La è il nomignolo che gli isolani hanno dato al basiliscus, una lucertola tipica dell’isola in grado di correre sul pelo dell’acqua per lunghe distanze.
Uno dei posti migliori dove assaggiare questo cocktail è il Restaurante Bucaneros a French Harbour
DOVE DORMIRE
Infinity Bay Spa e beach resort: qui si trova ogni tipo di alloggio, da stanze singole ad appartamenti con tanto di cucina attrezzata, stanze da letto e soggiorno. Ottimo il ristorante sulla spiaggia e personale molto accogliente. Il resort si trova su una delle spiagge più belle dell’isola. Consigliato per chi ha un budget medio, per famiglie con bambini e per chi ama una sistemazione con piscina e attrazioni.
Ibagari Boutique Hotel è davvero bello, curato nei minimi dettagli: poche stanze, atmosfera tranquilla e rilassata. Ideale per coppie ma anche per chi è alla ricerca di qualità e autenticità. Non economico ma ne vale decisamente la pena. 
Viaggio in Honduras: consigli su cosa fare e vedere sull’isola di Roatan HONDURAS: TROPICI DA RISCOPRIRE SULL'ISOLA DI ROATAN Per la seconda volta nel giro di 3 anni ho avuto la possibilità di fare un viaggio in Honduras, un paese che mi è rimasto nel cuore, sia per il calore della gente che per la bellezza del paesaggio.
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Hai tu un cuore? La leggenda vuole che tu non l’abbia. Al vedermi, che per te mi consumo d’amore, tutti mi dicono: «Ah, pazza, mangiata dalle streghe, rosa dalle fole, soldato d’imprese disperate, marinaio senza veli né remi, dove t’avventuri? in quali deserti di sabbia, dietro Morgane, e fuochi fatui, e larve canzonatrici tu vuoi spegnere la tua sete nella solitaria morte! Ah, chi ti gettò questa rete, povero pesciolino?» Così dice la gente; ma lasciamo che dica! A chi di te mi sparla, nemica io mi giurai. Per te, mio santo capriccio, volto divino, senz’armi e senza bussola sono partita. Non v’è riposo alla speranza mai. A difficili amori io nacqui.
Come una rosa in un giardino d’Africa o d’Asia assai lontano, come una bandiera alzata in cima a una nave pirata, come uno scudo d’argento appeso in un barbaro tempio, difficile splende il tuo cuore il tuo frivolo, indolente cuore, l’eroico, femmineo tuo cuore. il tuo regale, intatto cuore, il cuore dell’amore mio. Io credo nel tuo cuore!
Le caverne terrestri son tutte una gioielleria. Funerea primavera per le mie feste vanesie, l’ametista viola e l’agata lunare e i diamanti simili a rose cangianti e il topazio vetrino, il topazio d’oro. Hanno i cristalli aloni e code di fuoco, mille comete e lune per la mia notte. M’offron conchiglie i golfi, e giochi oceanici, e il cielo boreale riposi e meditazioni. Dolcezze ha l’aranceto, come salive d’amore, e l’Asia graziose belve, mie tenere schiave. Le Maestà dei re conversazioni m’accordano, e al mio comando s’accendono circhi e teatri. Ma alla conquista io partii d’un frutto aspro. Il tuo cuore: altro frutto non voglio mordere. Non voglio i doni terrestri, al mio potere mi nego. Il solo mio volere è questa impresa! Alla conquista d’un frutto amaro andai. Le cose amare sono le più care.
Segreta, lo so, è la stanza del prezioso cuore ch’io cerco. Lungo e incerto il viaggio fino al nido di questa civetta-fenice. Inesperta son io, compagno né guida non ho, ma giungerò alla camera felice del mio bell’idolo. Addio, dunque, parenti, amici, addio!
Prima bisogna guadare il lago stagnante della paura, e i Grandi Orgogli oltrepassare, fastosa catena di rupi. Snidare bisogna l’invidia che s’imbosca e i mostri di gelosia mettere in fuga, (ah, San Michele e San Giorgio, datemi il vostro scudo!) per notti occhiute, selve purpuree, dove incontrare potrò centauri e ippogrifi, e bere il magico sangue dei narcisi. Si levan poi le triplici mura di Sodoma intorno a campo straniero dalle sette torri merlate. Incantare dovrò i guardiani, riscattare le spose comprate, e a lungo errerò per corti e fughe di scale, fra un popolo d’echi e d’inganni fino alla cara porta, che reca la scritta crudele: Indietro, o pellegrina. Non riceve.
Ah, fossi alato usignolo, foss’io centaura, ah, sirena foss’io, foss’io Medoro o Niso, che forse a te più amico sarebbe il nome mio, grazioso cuore! Invece, Lisa è il mio nome, nacque nell’ora amara del meriggio, nel segno del Leone, un giorno di festa cristiana. Fui semplice ragazza, madrina a me fu una gatta, e alla conquista partii d’un dolce cuore. Or che mi presentai, siimi cortese, o amore. Di che temi, o selvatico? d’esser preso al laccio? Ah, no, dell’amara pampa la figlia io non sono. D’esser trafitto? Io non ho coltello, né pungiglione. Né son io sbirra, per gettarti in carcere, né fata, per averti compagno notte e giorno, mutato in corvo, dentro gabbietta d’oro.
Ah, dall’impresa non giudicarmi eroe! Leggera è la mia mente più del fuoco, più che un riccio dei tuoi fulvi capelli. Per la mia pena, per il tuo vinto amore, con te soltanto un poco giocare io voglio come una foglia scherza con l’ombra e il sole, o una ragazza col suo gatto rosso.
E poi ti dirò addio.
Tu dirai: Lisa! supplicherai: Lisa! Ah, Lisa! Lisa! chiamerai. Ma io ti dirò addio.
Avventura - Elsa Morante
poesia per Luchino Visconti
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levysoft · 4 years
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Sono tredici i Teschi di Cristallo che secondo una leggenda maya (definita antichissima ma dalle origini assai oscure) dovrebbero segnare l'avvento di una Nuova Era Cosmica quando si ritroveranno di nuovo assieme dopo una diaspora millenaria. Per adesso ne vengono citati almeno otto che potrebbero avanzare la loro candidatura ai mitici "dodici più uno" (vedi anche:"Il mistero dei teschi di cristallo", S&P 34).
Tre si trovano in altrettanti musei di Londra, Parigi e Washington mentre tutti gli altri sono in possesso di privati. Ma il "padre di tutti i teschi", cioè il primo ad aver attirato l'attenzione generale sia per la sua bellezza, sia per le circostanze avventurose del suo ritrovamento è senza dubbio quello che fa bella mostra di sé nella casa di Anna Mitchell-Hedges. Il cosiddetto Teschio del Destino (Skull of Doom) sarebbe stato scoperto negli anni venti dalla stessa Anna durante gli scavi archeologici organizzati dal padre Frederick in un sito maya dell'Honduras britannico (oggi Belize).
Il Teschio del Destino è di grandezza naturale: alto tredici centimetri, lungo diciotto, largo tredici, e pesa oltre cinque chilogrammi (per la precisione cinque chilogrammi e centottantotto grammi). È formato da puro cristallo di quarzo trasparente, mostra grande precisione anatomica e - unico fra tutti i teschi di cristallo sinora noti - dispone di una mandibola mobile.
Nei resoconti apparsi su giornali, riviste, libri e trasmissioni TV si è spesso parlato dei suoi poteri occulti. Si è scritto che il teschio - di solito avvolto in un panno di velluto viola - si muova spesso di sua iniziativa; che appaia avvolto da un alone di luce; che diffonda un odore di muschio; e che trasmetta suoni di cori e campanelle d'argento.
Si è detto che a volte il lobo frontale assume un aspetto lattiginoso con forme fluttuanti all'interno. E si è detto anche che provochi allucinazioni e sensazioni di benessere o di inquietudine nei visitatori disposti a subirne l'influsso.
Anna assicura infatti che il teschio, oltre a essere capace di rappresaglie contro gli increduli (tanto da destare, sembra, l'interesse del famoso e famigerato satanista californiano Anton La Vey) sia dotato di poteri forti positivi. Come aveva potuto sperimentare suo padre, uscito miracolosamente indenne da ben undici attentati (otto con armi da fuoco e tre con il coltello) e come avrebbero verificato parecchie altre persone (disgraziatamente rimaste anonime) guarite da gravissime malattie (disgraziatamente al di fuori di qualsiasi controllo medico).
Secondo la vulgata: il teschio sarebbe stato trovato casualmente da Anna nel 1927, il giorno del suo 17° compleanno, fra le rovine della città maya di Lubaantun scoperta qualche anno prima dal padre, un eccentrico esploratore avventuriero inglese tipo "Indiana Jones". Il teschio sarebbe stato dapprima affidato agli indigeni della zona che ne avrebbero fatto un oggetto di culto prima di restituirlo ai Mitchell-Hedges al momento del loro rientro in Gran Bretagna.
L'episodio è, però, privo di riscontri sicuri e risulta invece avvolto da molte ombre, con risvolti "gialli" degni di Agatha Christie. Così vale la pena di tentare un'indagine sul "caso" rifacendosi alle fonti più attendibili via via scoperte, per tentare di ricostruire la "vera storia" del Teschio del Destino al di là delle numerose leggende metropolitane che si sono andate addensando sulla vicenda.
Lo Skull of Doom giunge per la prima volta alla ribalta solo quasi trent'anni dopo la scoperta, grazie a un riferimento casuale di Frederick Mitchell-Hedges nel suo libro di viaggi Danger My Ally, pubblicato a Londra nel 1954. Rievocando un viaggio in Sud Africa avvenuto nel 1949, infatti, l'esploratore aggiunge: "Portammo con noi anche il sinistro Teschio del Destino su cui molto è stato scritto. Ho delle buone ragioni per non rivelare come questo oggetto venne in mio possesso".
E prosegue: "Il Teschio del Destino è fatto di puro cristallo di rocca e secondo gli scienziati ha richiesto centocinquanta anni di lavoro per essere ultimato. Generazioni dopo generazioni hanno dedicato tutti i giorni della loro vita per strofinare pazientemente con la sabbia l'enorme blocco di cristallo da cui è stato ricavato un cranio perfetto. Il pezzo risale almeno a tremilaseicento anni fa. Secondo la leggenda veniva usato dal grande sacerdote maya per compiere riti esoterici. Pare che quando il sacerdote invocava la morte per mezzo del teschio, infallibilmente la morte sopravveniva. Si dice che sia la rappresentazione del male, ma io non desidero spiegare questo fenomeno". Perché tanta riluttanza a fornire spiegazioni sulle circostanze del ritrovamento? E certo si trattava di una riluttanza molto potente se nell'edizione americana del volume, pubblicata a New York l'anno successivo, era stato soppresso ogni riferimento al teschio.
Perché? Quel lungo silenzio e quella bizzarra censura ricordano un po' lo "strano incidente del cane" su cui Sherlock Holmes richiama l'attenzione del fido Watson nel racconto "Barbaglio d'argento". "Ma il cane non ha fatto nulla", obietta Watson. E Sherlock Holmes: "Questo appunto è lo strano incidente".
Mitchell-Hedges vive sino al 1959: ma lo "strano incidente" del cane che non abbaia prosegue sino al 1962, quando il Teschio di cristallo esce letteralmente dall'armadio di Anna. Ancora una volta, però, quasi per caso. L'occasione è fornita da una visita di Donald Seaman, giornalista del Daily Express per ragioni che nulla hanno a che fare con Lubaantun. Anna è infatti apparsa in una foto insieme alla spia sovietica Gordon Lonsdale e Seaman ha subodorato uno scoop: che invece fallisce miseramente perché la presenza di Anna a fianco di Lonsdale era stata del tutto occasionale e innocente. È solo alla fine dell'incontro che Anna tira fuori da un ripostiglio il teschio - per il momento ancora non avvolto in un panno di velluto viola, ma soltanto in vecchi fogli di giornale - per farlo ammirare agli ospiti. Racconta che l'aveva trovato casualmente mentre il padre stava cercando il tesoro del pirata Morgan (!); che era stato soprannominato dagli indigeni Skull of Doom; e che è in grado di punire chi gli manca di rispetto. Si dichiara pronta a venderlo per 250 mila sterline allo scopo di finanziare una nuova spedizione per continuare la ricerca del tesoro di Morgan ed è ben contenta che il reperto venga fotografato per la prima volta dal "paparazzo" Robert Girling che ha accompagnato Seaman.
La storia della scoperta fra le rovine di Lubaantun il giorno del suo diciassettesimo compleanno arriva solo un po' più tardi, in occasione di un'intervista con John Sinclair che ne trarrà un articolo per la rivista dell'insolito Fate nel marzo dello stesso anno.
È a questo punto che dai riferimenti antropologici forniti da Frederick Mitchell-Hedges in Danger My Ally ("secondo la leggenda", "pare", "si dice") si passa alla cronaca dei poteri occulti manifestati dal reperto sin dal famoso viaggio in Sud Africa: come la morte di uno stregone zulu e di una delle sue mogli che avevano sfidato il teschio, per un fulmine a ciel sereno; o ancora la morte per incidente d'auto di un fotografo, ugualmente colpevole di poco rispetto nei confronti del vendicativo oggetto.
Episodi riportati entrambi a più modeste proporzioni da Richard Garvin autore del primo volume interamente dedicato a The Crystal Skull ( New York 1973). Il primo come semplice decesso a causa di un fulmine di alcuni membri della famiglia reale zulu senz'alcun rapporto con The Skull, secondo lo stesso Mitchell-Hedges in una lettera a un amico; e il secondo con banale esplosione di lampadine e conseguente black-out nella camera oscura di un fotografo durante la stampa di un negativo del teschio, secondo la stampa sudafricana.
Ma cerchiamo di capire un po' meglio chi sono i due protagonisti della vicenda che stiamo narrando.
Frederick Albert Mitchell-Hedges, detto "Mike" nasce nel 1882: e tutti i dettagli della sua vita avventurosa oltre che dal già citato Danger My Ally ,sono riferiti da altri due volumi di ricordi avventurosi intitolati Land of Wonder & Fear e Battle with Giant Fish.
In essi Mitchell-Hedges racconta di aver lavorato come geologo nell'estremo nord americano al tempo della "febbre dell'oro nero"; di aver sfidato il futuro "re dell'acciaio" J. Pierpont Morgan in epiche partite a poker; di aver pescato enormi squali nelle acque dei Caraibi (non senza qualche giuoco di prestigio con le foto delle sue prede marine); di esser stato arruolato a forza fra le truppe di Pancho Villa al tempo della Rivoluzione messicana; e di aver diviso la stanza a New York con un esiliato russo di nome Bronstein, destinato poco più tardi a un futuro glorioso e tragico durante un'altra Rivoluzione, quella russa, con il nome d'arte di Leone Trotsky.
Anche la spedizione nell'Honduras britannico nasce secondo Mitchell-Hedges sotto gli stessi auspici avventurosi. Mike è infatti un fanatico delle cosiddette "Città perdute". Il "libro di culto" è Le miniere di Re Salomone; e il suo "eroe di riferimento" è il colonnello Percy Fawcett, da poco inghiottito nella selva amazzonica durante una spedizione destinata a trovare le rovine del mitico Eldorado.
Naturalmente Mitchell-Hedges crede fermamente nell'esistenza di Atlantide: ed è appunto per scoprire le prove dell'influenza del mitico continente sulle culture precolombiane (oltre che forse per cercare il tesoro di Morgan) che avrebbe deciso di organizzare una spedizione nell'Honduras britannico.
Secondo la vulgata, la spedizione guidata da Mitchell-Hedges sbarca a Punta Gorda agli inizi del 1924 e subito s'addentra nell'interno, guidata dalle voci che parlano delle rovine di un'antichissima città maya nascoste nella selva.
La ricerca dopo una serie di inevitabili peripezie è coronata dal successo. Le rovine evistono davvero con "quindici chilometri quadrati di piramidi, palazzi, tumuli, mura, e locali sotterranei (nonchè) un anfiteatro vastissimo capace di ospitare oltre diecimila persone".
È il trionfo di Mike che decide di battezzare il sito con il nome di Lubaantun ("citta delle pietre cadute" in lingua maya).
In realtà le cose sembrano essere andate in modo un po' diverso. La spedizione infatti parte con la sponsorizzazione e i finanziamenti del British Museum di Londra e del Museum of American Indian di New York: non già per ritrovare evidenze atlantidee ma per condurre una normale ricerca archeologica, con un accordo che prevede la consegna di tutti i reperti rinvenuti. E ciò spiega la presenza nell'équipe del dottor Thomas Gann, docente universitario di archeologia centroamericana: che secondo ogni evidenza sembra essere stato il vero capo della spedizione. Tanto vero che è lui - e non Mitchell-Hedges - a dare l'annuncio della scoperta di Lubaantun attraverso un articolo apparso sull'Illustrated London News del 26 luglio 1924; ed è ancora probabilmente lui l'interlocutore ufficiale del capitano James Joyce ripetutamente inviato in loco dal British Museum per ispezionare gli scavi.
Nel prossimo numero procederemo con la scoperta del teschio da parte di Anna, giunta a Lubaantun dopo alcuni anni di scavi...
Sergio De Santis
Giornalista e storico, è direttore della collana "StoricaMente" della casa editrice Avverbi
Tratto da:
Scienza & Paranormale N. 45
(via Il teschio del destino (parte 1/2))
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realpaparazzi · 7 years
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Morgan nuovo bersaglio: spara a zero su Emma marrone
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Non c’è pace per la povera Emma Marrone, qualche giorno fa era stata criticata per la sua scelta di non partecipare al concerto di Radio Italia a Palermo (ma niente di grave solo altri impegni personali), ora deve subire le critiche del collega Morgan che l’accusa di essere troppo commerciale.
Per non parlare dei continui rumors che la danno un giorno sì e un altro pure molto vicina al suo storico ex Stefano De Martino. Tutte notizie puntualmente smentite da i due. Ora però la critica è rivolta non alla sua vita privata, ma riguarda le sue qualità artistiche e professionali.
Questa volta Morgan è andato giù diretto: “Molti di loro pensano più ad andare in classifica che a fare bei dischi. Esistono cd della Marrone che non siano fatti con lo stesso obiettivo?”. Questa è la precisa accusa. Secondo il pirata Emma fa dischi per vendere senza la minima passione.
L’antipatia è piuttosto lontana nel tempo, dopo il suo addio ad Amici Morgan ha spiegato che gli autori volevano mettere Emma a capo della squadra bianca e lui sarebbe diventato il suo secondo. “Non ci penso proprio, voi siete pazzi” è stata la dura e pronta reazione del musicista.
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