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#insignificanza
vividiste · 4 months
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Oggi è il primo febbraio. In Spagna chiude la caccia e per migliaia di levrieri la vita finisce, miseramente così come era inziata. Le atrocità a cui sono sottoposti per la loro breve vita e infine per la loro morte, sono inaccettabili e tuttavia la cultura spagnola ancora le sostiene. È la tradizione.
In loro onore riportiamo un magnifico e toccante testo di Rafael Narbona, perché sappiate, perché rifiutate, perché combattiate.
Los Galgos Ahorcados - I levrieri impiccati
La Spagna è il paese dei levrieri impiccati.
La Spagna è il paese che non apprezza la tenerezza inconcepibile
di un animale che si intreccia con l'aria, disegnando acrobazie impossibili.
La Spagna è il paese degli alberi con i rami assassini,
dove una corda infame spezza una vita leggera come schiuma.
La Spagna è una terra sterile che seppellisce la poesia nel suo grembo morto.
I levrieri sono poeti in agguato nel vento, levigano gli spigoli in silenzio,
scivolando via come un filo d'acqua dal fondo di un fosso.
I levrieri sono poeti che si stagliano alla luna, componendo sagome senza eguali.
I levrieri accavallano le parole, ci saltano sopra, evitano gli accenti, così arroganti e inflessibili.
L'accento è un signore ridicolo che si infila nelle parole come una spina.
I levrieri turbano la sua routine, gettandola al vento, giocandoci finché si stufano.
Così riceve lezioni di umiltà e accetta la sua dolorosa insignificanza.
Le impronte dei levrieri non lasciano traccia. Sono veloci, alati, quasi eterei.
Non influenzati dalla gravità nè dalla durezza della pietra.
I levrieri accelerano la rotazione della terra, quando la follia si impadronisce di loro.
Lo sguardo riesce a malapena a seguire il loro galoppo vertiginoso,
ma grazie alle loro corse percepiamo la musica celeste.
I levrieri prendono in giro l'ortografia tendendo o piegando le orecchie.
Le orecchie di un levriero possono trasformarsi in una X, Y o LL.
Sforzandosi un poco sono in grado di delineare la Ñ o il numero Phi,
il numero aureo in cui è nascosto Dio,
giocando con una serie infinita che lascia con un palmo di naso gli insegnanti.
Gli insegnanti della scuola non capiscono Dio, nè i levrieri.
Dio è un bambino che utilizza i puntini di sospensione per attraversare i fiumi.
Li genera uno ad uno e salta in avanti. Quelli che avanzano, se li tiene in tasca.
I levrieri non sono mai separati da Dio,
perché sanno bene che hanno bisogno di non perdersi sulla strada,
dove si nasconde l'uomo con il forcone in mano.
Ci è stato detto che Dio è un vecchio con la barba bianca e la pelle rugosa,
ma Dio è un bambino malato
che calma il suo dolore accarezzando la testa ossuta di un levriero.
I levrieri vigilano sul mondo, mentre Dio riposa.
Ogni volta che viene commessa una malvagità, lanciano un grido e Dio si sveglia,
ma Dio non può fare nulla,
perché nessuno presta attenzione ad un bambino
che in punta di piedi non raggiunge lo spioncino della porta.
Gli uomini che impiccano i galgos hanno perso la loro anima molto tempo fa.
In realtà, la loro anima è fuggita inorridita quando ha scoperto le loro mani insanguinate.
Gli uomini che impiccano i levrieri nascondono gli occhi dietro gli occhiali scuri,
perché gli occhi li tradiscono.
Basta guardarli per capire che dietro non c'è nulla.
Gli uomini che impiccano i levrieri sono gli stessi che fucilarono García Lorca.
Non gli è importato sradicare dal nostro suolo un poeta
che dormiva tra camelie bianche e piangeva lacrime d'acqua.
Non gli è importato seppellirlo in una tomba senza nome,
con gli occhi aperti e uno sguardo di orrore sul viso.
Gli uomini che impiccano i levrieri parlano a malapena. Non amano le parole.
A loro non piace giustificare le proprie azioni ed esprimere le proprie emozioni.
Lasciano una scia di dolore e paura.
Ridono dei poeti che passano notti insonni
cercando di trovare un verso alla fine di un sonetto.
Ridono degli sciocchi che vogliono un futuro senza bombe o rovine nere.
Ridono delle promesse fatte ai bambini,
delle rassicurazioni sull'eternità che placa la morte e ci impedisce di cadere nell'oblio.
Ogni volta che muore un levriero, un bambino rimane orfano.
I levrieri prestano la luce dei propri occhi ai bambini malati.
Li accompagnano nelle notti di febbre piene di incubi.
Li svegliano dolcemente, parlandogli all'orecchio del giorno che arriva,
con la sua freschezza e la luce rosata dell'alba.
Gli parlano della primavera e dello sbocciare dei fiori.
Parlano delle mattinate torride d'estate, quando il mare è calmo
e il sole sembra una pietra gialla che non smetterà mai di brillare.
Gli dicono che l'inverno si è nascosto dietro un cespuglio e si è addormentato.
I bambini malati sono i bambini che il giovane Rabì scelse
per mostrare al mondo la bellezza nella sua forma più pura.
Il giovane Rabì si presentò di fronte al potere delle tenebre
con un ragazzo paralizzato ed un levriero affamato,
senza ignorare che la compassione è uno strano fiore.
Un fiore che cresce solo su pendii ripidi e in profonde solitudini,
dove le preghiere fremono di paura al pensiero di risuonare in una cantina vuota.
Certe mattine mi alzo presto ed i cani sono già sulla spianata che chiamano piazza,
con la sua triste chiesa dalla facciata imbiancata a calce, e un albero dal tronco nodoso.
Raggruppati per lunghe catene, tutti sono giovani e non sanno cosa li aspetta.
Non sanno che quel giorno diversi di loro resteranno sul campo,
sopraffatti dalla crudeltà umana.
Potrei avvertirli,
ma gli uomini che preparano la loro morte vanno in giro con fucili da caccia e lunghe corde,
ed i loro occhi sembrano braci ardenti di un odio antico.
Gli occhi dei galgos svolazzano come colorate farfalle.
Blu, marrone, viola, forse un debole bagliore d'oro.
Alcuni sono seduti, altri sdraiati, assopiti. Alcuni sono in piedi, altri scomposti.
Alcuni sono così sottili che sembrano quasi levitare.
Alcuni sembrano d'argilla, altri d'argento, altri sono bianchi come l'alba.
Come l'alba che avanza nella piazza e li fa sembrare in movimento.
Si sentono le catene, le grida, le risa.
Via tutti insieme, aggiogati a un destino ingiusto.
Mi sento come Don Chisciotte alla vista dei galeotti,
condannati a spingere un enorme corazzata con un remo:
"Perché fare schiavi coloro che Dio e la natura hanno creato liberi?"
Mi sono seduto su una panchina di pietra e li ho guardati andarsene.
Un levriero bianco, dall'andatura rassegnata, si voltò e mi guardò con umanità,
con gli occhi stanchi e vagamente speranzosi.
Sapevamo entrambi che le nostre vite sono una scintilla,
un momento di chiarezza in un buio infinito,
ma ci siamo sforzati di pensare che ci saremmo rincontrati sotto un altro cielo,
vagando per una sconfinata pianura,
distanti da quel mattino omicida che si sarebbe preso le vite dei più goffi
e di quelli rimasti indietro.
Ci rincontreremo in una mattina di pienezza e splendore, senza tristezza o negligenza,
una mattinata perfetta, libera da paure e lavoro.
Guarderemo indietro, come due vecchi amici che hanno scoperto la gioia di essere altrove.
I suoi occhi nei miei occhi, i suoi sogni nei miei sogni e i nostri battiti all'unisono nel vento.
RAFAEL NARBONA😪
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Quanta inutile cattiveria 😡
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susieporta · 2 months
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Essere pienamente vivi nel nostro mondo così com’è.
Mettersi vicino a coloro per i quali questo mondo è diventato intollerabile e ascoltarli.
L’unico sogno che vale la pena di vivere è vivere finché si è vivi
e morire solo quando si è morti.
Cosa significa esattamente?
Amare. Essere amati.
Non dimenticare mai la propria insignificanza.
Non abituarsi mai alla violenza indicibile
e alla volgare disparità della vita che ci circonda.
Cercare la gioia nei luoghi più tristi,
inseguire la bellezza là dove si nasconde.
Non semplificare mai quello che è complicato
e non complicare quello che è semplice.
Rispettare la forza, mai il potere.
Soprattutto osservare. Sforzarsi di capire.
Non distogliere mai lo sguardo.
E mai, mai dimenticare.
John Berger - da Modi di vedere
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somehow---here · 3 months
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Non esistono al mondo uomini non interessanti.
I loro destini sono come le storie dei pianeti.
Ognuno ha la sua particolarità
e non ha un pianeta che gli sia simile.
E se uno viveva inosservato
e amava questa sua insignificanza,
proprio per la sua insignificanza
egli era interessante tra gli uomini.
Ognuno ha il suo segreto mondo personale.
In quel mondo c’è l’attimo felice.
C’è in quel mondo l’ora più terribile,
ma tutto ci resta sconosciuto.
Quando un uomo muore,
muore con lui la sua prima neve,
e il primo bacio e la prima battaglia…
Tutto questo egli porta con sé.
Rimangono certo i libri, i ponti,
le macchine, le tele dei pittori.
Certo, molto è destinato a restare,
eppur sempre qualcosa se ne va.
È la legge d’un gioco spietato.
Non sono uomini che muoiono, ma mondi.
Ricordiamo gli uomini, terrestri e peccatori,
ma che sapevamo in fondo di loro?
Che sappiamo dei fratelli nostri, degli amici?
Di colei che sola ci appartiene?
E del nostro stesso padre
tutto sapendo non sappiamo nulla.
Gli uomini se ne vanno… e non tornano più.
Non risorgono i loro mondi segreti.
E ogni volta vorrei gridare ancora
contro questo irrevocabile destino.
Evgenij Aleksandrovič Evtušenko, Uomini
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bicheco · 28 days
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La saggezza
Ultimamente sto riscoprendo la gioia delle piccole cose della vita: i soldi, il sesso, il potere... perfino l'amore, nella sua apparente insignificanza, può avere un perché.
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L'unico sogno che vale la pena di avere è di vivere finché si è vivi e di morire solo quando si è morti.
Che cosa significa esattamente?
Amare. Essere amati.
Non dimenticare mai la propria insignificanza. Non abituarsi mai alla violenza indicibile e alla volgare disparità della vita che ci circonda. Cercare la gioia nei luoghi più tristi.
Inseguire la bellezza là dove si nasconde.
Non semplificare mai ciò che è complicato e non complicare ciò che è semplice.
Rispettare la forza, mai il potere.
Soprattutto osservare.
Sforzarsi di capire.
Non distogliere mai lo sguardo.
E mai, mai dimenticare.
John Berger
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cutulisci · 1 year
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Non esistono al mondo uomini non interessanti. I loro destini sono come le storie dei pianeti.
Ognuno ha la sua particolarità e non ha un pianeta che gli sia simile.
E se uno viveva inosservato e amava questa sua insignificanza,
proprio per la sua insignificanza egli era interessante tra gli uomini.
Ognuno ha il suo segreto mondo personale. In quel mondo c’è l’attimo felice.
C’è in quel mondo l’ora più terribile, ma tutto ci resta sconosciuto.
Quando un uomo muore, muore con lui la sua prima neve,
e il primo bacio e la prima battaglia… Tutto questo egli porta con sé.
Rimangono certo i libri, i ponti, le macchine, le tele dei pittori.
Certo, molto è destinato a restare, eppur sempre qualcosa se ne va.
È la legge d’un gioco spietato. Non sono uomini che muoiono, ma mondi.
Ricordiamo gli uomini, terrestri e peccatori, ma che sapevamo in fondo di loro?
Che sappiamo dei fratelli nostri, degli amici? Di colei che sola ci appartiene?
E del nostro stesso padre tutto sapendo non sappiamo nulla.
Gli uomini se ne vanno… e non tornano più. Non risorgono i loro mondi segreti.
E ogni volta vorrei gridare ancora contro questo irrevocabile destino.
Evgenij Aleksandrovič Evtušenko
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valentinarestivo · 9 months
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«La nostra piccolezza, la nostra insignificanza e natura mortale, mia e vostra, la cosa a cui per tutto il tempo cerchiamo di non pensare direttamente, che siamo minuscoli e alla mercé di grandi forze e che il tempo passa incessantemente e che ogni giorno abbiamo perso un altro giorno che non tornerà più e la nostra infanzia è finita e con lei l’adolescenza e il vigore della gioventù e presto anche l’età adulta, che tutto quello che vediamo intorno a noi non fa che decadere e andarsene, tutto se ne va e anche noi, anch’io, da come sono sfrecciati via questi primi quarantadue anni tra non molto me ne andrò anch’io, chi avrebbe mai immaginato che esistesse un modo più veritiero di dire “morire”, “andarsene”, il solo suono mi fa sentire come mi sento al crepuscolo di una domenica d’inverno…».
David Foster Wallace, Il Re pallido
DAVID FOSTER WALLACE
(Ithaca 21 febbraio 1962 – Claremont , 12 settembre 2008)
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princessofmistake · 2 months
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I giovani, anche se non sempre lo sanno, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive ed orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui. [...] Bisogna educare i giovani a essere se stessi, assolutamente se stessi. Questa è la forza d'animo. Ma per essere se stessi occorre accogliere a braccia aperte la propria ombra. Di forza d'animo hanno bisogno i giovani soprattutto oggi perché non sono più sostenuti da una tradizione, perché si sono rotte le tavole dove erano incise le leggi della morale, perché si è smarrito il senso dell'esistenza e incerta s'è fatta la sua direzione. [...] Alla base dell'assunzione delle droghe, di tutte le droghe, anche del tabacco e dell'alcol, c'è da considerare se la vita offre un margine di senso sufficiente per giustificare tutta la fatica che si fa per vivere. Se questo senso non si dà, se non c'è neppure la prospettiva di poterlo reperire, se i giorni si succedono solo per distribuire insensatezza e dosi massicce di insignificanza, allora si va alla ricerca di qualche anestetico capace di renderci insensibili alla vita.
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che poi a me basta poco c è sono cosi stanca dell' insignificanza esistenziale dei media recenti che appena uno fa una canzone con un minimo di politica e passione lo devo votare
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scorcidipoesia · 1 year
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Amare. Essere amati. Non dimenticare mai la propria insignificanza. Non assuefarsi mai all'indicibile violenza e alla grossolana disuguaglianza della vita attorno a te. Cercare la gioia nei posti più tristi. Inseguire la bellezza fin dentro la sua tana. Non semplificare mai le cose complicate e non complicare mai le cose semplici. Rispettare la forza, mai il potere. E, soprattutto, guardare. Cercare di capire. Non distogliere mai lo sguardo. E mai, mai dimenticare. Arundhati Roy
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poesiablog60 · 2 years
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Amare. Essere amati.
Non dimenticare mai la propria insignificanza.
Non abituarsi mai alla violenza indicibile
e alla volgare disparità della vita che ci circonda.
Cercare la gioia nei luoghi più tristi,
inseguire la bellezza là dove si nasconde.
Non semplificare mai quello che è complicato
e non complicare quello che è semplice.
Rispettare la forza, mai il potere.
Soprattutto osservare. Sforzarsi di capire.
Non distogliere mai lo sguardo.
E mai, mai dimenticare.”
John Bergerz
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arreton · 1 year
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Non credo che sia (più) necessario raccontarmi, attraverso il raccontare (agli altri), la mia storia. La storia individuale ha poco significato nel momento in cui la si decontestualizza e la si prende per semplice esperienza individuale. Diventa solo un racconto diaristico, informazioni che non aggiungono nulla né apportano un qualcosa di felice, un plus ultra; in un luogo (internet), già, in cui l'appiattimento ad insignificanza è la regola fondamentale.
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juanjosemalgarini · 1 year
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La luce che oggi vedo riflessa nelle stelle e che viene catturata dall'obiettivo della mia macchina fotografica, è la luce del passato. Luce che ha iniziato il suo percorso forse quando la terra era agli albori... Guardare il cielo e vedere gli anni luce che ci separano è ciò che mi fa pensare all'insignificanza della mia esistenza e allo stesso tempo prendo consapevolezza che nella mia insignificanza c'è la sicurezza di cosa sono in termini di esistenza e non del tempo...
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bluanice · 1 year
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L'unico sogno che vale la pena di avere è di vivere finché si è vivi e di morire solo quando si è morti. Che cosa significa esattamente? Amare. Essere amati. Non dimenticare mai la propria insignificanza. Non abituarsi mai alla violenza indicibile e alla volgare disparità della vita che ci circonda. Cercare la gioia nei luoghi più tristi. Inseguire la bellezza là dove si nasconde. Non semplificare mai ciò che è complicato e non complicare ciò che è semplice. Rispettare la forza, mai il potere. Soprattutto osservare. Sforzarsi di capire. Non distogliere mai lo sguardo. E mai, mai dimenticare. John Berger #ilnegoziodeiconcetti https://www.instagram.com/p/CpbLMtXMbr4/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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stralci · 2 years
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Che importa che io mi tormenti, che soffra o che pensi? La mia presenza nel mondo non mancherà di scuotere - con mio grande rammarico - alcune esistenze tranquille, e turbare - con mio rammarico ancora più grande - la dolce incoscienza di altri. Sebbene avverta la mia tragedia come la più grave della storia - più grave della caduta degli imperi o di un qualche crollo in fondo a una miniera -, ho tuttavia il sentimento implicito di tutta la mia nullità e insignificanza. Sono certo di non essere assolutamente nulla nell’universo, ma sento che la mia esistenza è la sola reale. E se fossi costretto a scegliere tra l’esistenza del mondo e la mia, eliminerei la prima, con tutte le sue luci e le sue leggi, per volarmene tutto solo nel nulla. Benché la vita per me sia un supplizio, non posso rinunciarvi, perché non credo nell’assoluto di valori in nome dei quali sacrificarmi. A essere sincero, dovrei dire che non so perché vivo, né perché non cesso di vivere. Con tutta probabilità, la chiave risiede nell’irrazionalità della vita, la quale fa sì che questa si mantenga senza ragione. E se per vivere non vi fossero che ragioni assurde? Ma si possono ancora chiamare ragioni? Il mondo non merita che ci si sacrifichi per un’idea o per una fede. Siamo forse più felici, oggi, perché altri si sono sacrificati per il nostro bene e per illuminarci? Ma quale bene, e quale illuminazione? Se qualcuno si è sacrificato perché adesso io sia più felice, ebbene io sono più infelice di lui, giacché non posso pensare di costruire la mia esistenza su un cimitero. Vi sono momenti in cui mi sento responsabile di tutta la miseria della storia, in cui non arrivo a capire come mai certuni abbiano versato il loro sangue per noi. La somma ironia sarebbe poter stabilire che costoro furono più felici di noi oggi. Vada alla malora la storia! Niente più dovrebbe interessarmi; lo stesso problema della morte dovrebbe sembrarmi ridicolo; la sofferenza, limitata e incapace di rivelare alcunché; l’entusiasmo, impuro; la vita, razionale; la dialettica della vita, logica e non demoniaca; la disperazione, trascurabile e parziale; l’eternità, non più che una parola; l’esperienza del nulla, un’illusione; la fatalità, uno scherzo… A pensarci seriamente, che senso ha tutto questo? Perché porsi dei problemi, cercare di far luce o accettare delle ombre? Non farei meglio a seppellire le mie lacrime nella sabbia in riva al mare, nella più completa solitudine? Ma io non ho mai pianto, perché le lacrime sono diventate pensieri, amari come le lacrime.
"Niente ha importanza", Al culmine della disperazione, Cioran.
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canesenzafissadimora · 2 months
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Essere pienamente vivi nel nostro mondo così com’è.
Mettersi vicino a coloro per i quali questo mondo è diventato intollerabile e ascoltarli.
L’unico sogno che vale la pena di vivere è vivere finché si è vivi
e morire solo quando si è morti.
Cosa significa esattamente?
Amare. Essere amati.
Non dimenticare mai la propria insignificanza.
Non abituarsi mai alla violenza indicibile
e alla volgare disparità della vita che ci circonda.
Cercare la gioia nei luoghi più tristi,
inseguire la bellezza là dove si nasconde.
Non semplificare mai quello che è complicato
e non complicare quello che è semplice.
Rispettare la forza, mai il potere.
Soprattutto osservare. Sforzarsi di capire.
Non distogliere mai lo sguardo.
E mai, mai dimenticare.
John Berger - "Modi di vedere"
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