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#immagine farfalla tra le mani
crisvola · 2 years
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E se una farfalla si rilassa tra le tue dita Magari in qualche modo è segno di Luce
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egheneto · 4 years
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DALÌ E BUÑUEL - UN CANE ANDALUSO
Il surrealismo è un movimento d’avanguardia che nasce nel 1924 grazie al poeta francese André Breton e che pone al centro della propria ideologia la dimensione del sogno e dell’inconscio, rivalutandone il ruolo fino ad allora considerato marginale nella civiltà moderna. L’obiettivo dei surrealisti è di trovare un punto di contatto tra la dimensione del sogno e quella della veglia, apparentemente contraddittorie. Per fare ciò, basano il proprio stile sulla libera associazione: di parole, di idee, di immagini. Surrealismo è automatismo psichico; come disse lo stesso Breton:
“Surrealismo è automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere sia verbalmente, sia per iscritto o in altre maniere, il funzionamento reale del pensiero; è il dettato del pensiero con l’assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica e morale.”
È un movimento che si allontana con tutte le sue forze dalla razionalità e dal controllo cosciente, per liberare l’essenza più profonda di sè e dell’uomo. È un’arte che prende le distanze da tutto ciò che viene considerato “normale”, ordinario, consueto, logico e sensato, per esprimersi nei modi più fantasiosi e singolari.
Salvador Dalì abbraccia tale movimento e ne diventa uno dei principali rappresentanti. Dalì fu senza dubbio una personalità eclettica e versatile; nonostante sia conosciuto principalmente come pittore, la sua opera, in realtà, esplora numerosi altri campi, come il cinema, dove la sua poetica surrealista rimane preponderante. Tuttavia, i suoi lavori in questo campo sono meno conosciuti.
Per citarne alcuni, Dalì collaborò con Walt Disney per la realizzazione di un cortometraggio dal titolo Destino: protagonista è una giovane ballerina, dall’aspetto tipicamente disneyano, che danza sulle note di una canzone omonina in un paesaggio in ogni aspetto surrealista, in un universo onirico, che richiama molti degli elementi tipici della pittura di Dalì, come gli orologi molli, le formiche, la sabbia nelle clessidre.
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Il pittore lavorò anche con il famoso regista Alfred Hitchcock, che gli chiese di realizzare una scena onirica per il suo film Spellbound, del 1945. L’obiettivo del regista era di rappresentare il sogno non più come “la nebbia che confonde i contorni delle immagini” o “lo schermo che trema”, ma con “..tratti netti e chiari”, che ha ritrovato nell’opera e nello stile di Dalì.
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“Questo film nacque dall’incontro fra due sogni. […] La sceneggiatura fu scritta in meno di una settimana secondo una semplicissima regola adottata di comune accordo: non accettare alcuna idea, alcuna immagine in grado di portare ad una spiegazione razionale, psicologica o culturale. Aprire le porte dell’irrazionale. Accogliere soltanto le immagini che ci colpivano senza cercare di capire perché. […]”
L’opera che, in assoluto, preferisco di Dalì è il cortometraggio realizzato insieme a Luis Buñuel, Un chien andalou. Ed è di questo che vorrei parlare più nel dettaglio.
Un chien andalou è un cortometraggio del 1929, risultato della collaborazione tra Luis Buñuel e Salvador Dalì, destinato a diventare il film più importante della cultura cinematografica surrealista. La pellicola è, a mio parere, la perfetta dimostrazione dell’ideologia surrealista: è un viaggio surreale all’interno della dimensione onirica.
I due registi vogliono mettere in scena i meccanismi che regolano i nostri sogni: il film si costruisce, quindi, come una sequenza di immagini bizzarre e apparentemente prive di un collegamento logico tra di loro. Vi è una destrutturazione della dimensione spazio-temporale: le uniche didascalie (c'era una volta, otto anni dopo, alle tre del mattino, sedici anni prima, in primavera) creano una cronologia totalmente priva di senso, costruendo una situazione sospesa nel tempo.
In realtà, tutte le scene nascondono un significato e possono essere interpretate, in particolar modo, alla luce della psicanalisi freudiana. Il corto, infatti, si pone come una critica nei confronti dei movimenti precedenti, soprattutto il dadaismo, criticandone la realizzazione di film privi di contenuto e di una storia sensata.
Il corto si apre con una scena incredibilemente affascinante: Buñuel stesso affila un rasoio, con il quale taglierà in due l’occhio di una donna. Il significato di questa immagine è chiaro: l’obiettivo è di lacerare l’occhio dello spettatore per permettergli di vedere un mondo nuovo, nascosto alla sua vista, un mondo che va oltre la tradizione ed il passato.
Vengono poi presentati i protagonisti del cortometraggio: sono un uomo ed una donna, coinvolti in una relazione erotica esplicita ed intensa, ma destinata a non realizzarsi.
Inizialmente, si osserva l’uomo andare in bicicletta lungo una strada con pochi passanti; è vestito in modo bizzarro, e porta al collo una strana scatola a righe, mostrata attraverso un primo piano. La donna, invece, si trova nel salotto di casa, impegnata nella lettura di un libro che raffigura La merlettaia di Vermeer, rappresentazione delle doti tipicamente femminili. 
Improvvisamente, essa getta il libro per recarsi alla finestra: vede arrivare l’uomo, e subito si reca ad incontrarlo: lo troverà steso a terra, apparentemente privo di sensi. Lo bacia e gli presta aiuto e, una volta rientrata in casa, apre la misteriosa scatola: al suo interno, trova una cravatta a righe che utilizza, insieme agli abiti dell’uomo, per ricreare sul letto la figura dello stesso.
Di colpo, la donna si rende conto che nella stanza è presente anche l’uomo, intento ad osservarsi la mano dalla quale fuoriescono delle formiche: è un sogno che Dalì stesso ha avuto, e dal quale ha origine l’intero cortometraggio.
Nel momento in cui la donna si avvicina all’uomo, sullo schermo appaiono due immagini: un’ascella ricoperta di peli e un riccio di mare. Secondo l’ideologia freudiana, sono simboli sessuali.
Il riccio di mare si trasforma in una nuova figura ripresa dall’alto. L’immagine si allarga, poi, ad inquadrare una folla inquieta che accerchia la figura stessa. Si tratta di un personaggio androgino, dai lineamenti delicati e femminili ma che indossa vestiti maschili, intento a puntellare con un bastone una mano mozza. Sopraggiunge un poliziotto, che raccoglie la mano e la ripone all’interno di una scatola identica a quella che portava al collo l’uomo nella prima scena, e che consegna poi all’androgino. La folla, quindi, si disperde.
L’androgino rimane in mezzo alla strada, con la scatola stretta al petto e lo sguardo fisso nel vuoto. Le auto le passano accanto, vicinissime, fino a quando viene investita. A questo punto l’uomo, che ha osservato la scena dalla finestra, sembra essere preso da una passione improvvisa: spinge la donna contro un muro e inizia a carezzarle i seni e il corpo, immaginandola nuda.
La donna lo respinge e scappa per la stanza, mentre lui cerca di raggiungerla. Ad un tratto, l’uomo raccoglie da terra due corde, che inizia a tirare con enorme fatica. Esse, infatti, sono legate a due tavole di legno, a due pianoforti con sopra le carcasse di due asini, e a due preti.
La donna, quindi, riesce a fuggire, intrappolando nella porta la mano dell’uomo che, di nuovo, si riempie di formiche. Improvvisamente, l’uomo si ritrova steso nel letto, indossando gli abiti della scena di apertura e portando nuovamente la scatola a righe al collo.
Viene qui introdotto un nuovo personaggio: un uomo suona il campanello, per poi entrare in casa e avventarsi contro il protagonista nel letto. L’uomo viene inquadrato unicamente di spalle, mentre lancia la scatola e gli abiti fuori dalla finestra, per poi mettere il protagonista in castigo rivolto verso la parete, con due libri nelle mani. Quando l’uomo si volta, rivela il suo volto e si scopre essere l’uomo stesso: una sorta di alter-ego. Nel momento in cui tenta di lasciare la stanza, i libri nelle mani dell’uomo si trasformano in pistole, che gli permettono di ucciderlo. L’alter-ego muore cadendo sulla schiena di una donna, seduta all’aperto. Viene poi portato via da un gruppo di uomini di passaggio.
Nella scena successiva, si vede la donna rientrare a casa e fissare lo sguardo sulla parete, dove è posata una farfalla sfinge testa di morto. Si trova, poi, davanti all’uomo che non ha più la bocca: al suo posto, compaiono i peli dell’ascella della donna, che lascia la casa offesa.
Uscendo dalla porta, si ritrova in una spiaggia. Qui, finalmente, è lei ad avvicinarsi all’uomo e a baciarlo. Iniziano a camminare, abbracciati, fino a quando si imbattono nella scatola, che l’uomo prende a calci, riprendendo a camminare con la donna.
La scena finale mostra i due protagonisti sepolti nella sabbia.
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L’interpretazione del cortometraggio è da intendersi alla luce dell’ideologia di Buñuel e Dalì. Il loro spirito antiborghese ed anticlericale emerge nel simbolismo costantemente presente.
Il tema di fondo, che coinvolge i due protagonisti, rientra nell’ideologia dell’amour fou, l’amore folle. Il rapporto tra l’uomo e la donna è esplicitamente erotico, sensuale, osceno ed irrealizzabile. È una tematica che contribuì a creare grande scandalo attorno all’opera dei due artisti.
E lo scandalo è ciò a cui puntano, nella realizzazione di questa opera e delle loro opere in generale: la volontà di liberarsi dal conformismo, di spingere gli spettatori a emanciparsi dai vincoli e dalle catene morali ed etiche che regolano la vita sociale, per liberare le proprie pulsioni più profonde e la propria natura. I personaggi del film, infatti, non hanno un nome, un’identità: sono un riflesso dell’osservatore, che può immedesimarvisi e lasciarsi andare, come nei propri sogni.
L’uomo al centro dello schermo cercherà, per tutta la durata del corto, di conquistare la donna, incontrando sul suo cammino una serie di ostacoli: il pianoforte, che rappresenta la cultura classica; gli asini, che simboleggiano il lavoro; i preti, che incarnano la religione cattolica; le tavole della legge, che si riferiscono allo stato. E ancora la cravatta, simbolo della borghesia; il banco di scuola con i libri e la punizione alla parete, metafora di un’educazione imposta; la racchetta da tennis appesa alla parete come se fosse un crocifisso.
L’uomo sente il peso di queste convenzioni, che pongono un freno alle sue pulsioni più profonde ed inconsce, impedendogli di esprimersi nella maniera più autentica, come dimostra anche la scena che lo raffigura privo di bocca, o la mano mozza, simbolo di un’espressività artistica che che viene limitata.
Anche la donna è come obbligata a fuggire dal desidero, secondo una visione espressa dalla Merlettaia di Vermeer, una fanciulla impegnata nell’arte del ricamo, che preclude alla figura femminile il diritto alla libertà.
Il sogno, in questo contesto, si presenta come un’opportunità di rivolta, di evasione. È un disorientamento che orienta, che ispira. Che permette di essere, finalmente, liberi. Ed è quello che farà, in conclusione, l’uomo, prendendo a calci la scatola e i vestiti, emblemi di una vita passata ormai superata.
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