Indovina chi viene a scuola? Rom, sinti e caminanti
Nel nostro Paese tanti bambini e adolescenti sono in un limbo. Capita su vari fronti della vita sociale, spicca sul fronte scolastico: dall'accesso al sistema educativo pubblico ai metodi di insegnamento, dall’accoglienza in classe al diritto/dovere di frequentare la scuola dell’obbligo, fino all’opportunità di imparare correttamente la lingua italiana. Chi sono questi ragazzini? Sono gli alunni della comunità romanì, nei documenti burocratici definiti “rom, sinti e caminanti” (questi ultimi formano una piccola comunità radicata in Sicilia).
Il 2 agosto del Grande Divoramento
Sebbene siano, salvo una piccola frazione extra-comunitaria, cittadini italiani o di vari Paesi dell’UE, vengono trattati come “migranti” e “clandestini”. Anzi, spesso sono considerati “più stranieri” dei migranti, nonostante i loro antenati siano arrivati in Europa, quindi in Italia, tra XV e XVI secolo (forse prima), dopo una lenta migrazione dall’India settentrionale. Non è questa la sede per ricordare nei dettagli la terribile persecuzione di cui rom e sinti sono stati vittime: la Germania nazista, con il sostegno dell’Italia fascista e di altri regimi alleati, ne ha sterminati più di mezzo milione, in un olocausto denominato in lingua romanì Porrajmos (significa ‘grande divoramento’) e ricordato il 2 agosto, sebbene pochi lo sappiano. Così come richiederebbe molto spazio un resoconto della discriminazione tuttora in corso, in un groviglio di pregiudizi. Di certo, rappresentano oggi la minoranza più discriminata.C’è il rischio, tra gli altri, che in Italia i più giovani (i minorenni sono il 60%) non solo non arrivino alla fine della scuola dell’obbligo, ma non la frequentino affatto. I dati sulla loro scolarizzazione sono diversi a seconda della fonte, perché non c’è una visione generale. Di certo, nelle scuole di alcuni Comuni varie prestazioni legate al diritto allo studio (refezione, sostegno ai disabili, borse di studio) sono negate, perché non risultano residenti. In alcuni istituti scolastici il minorenne romanì (italiano o straniero) viene segnalato come “nomade” e gli stessi ministeri usano spesso la parola “nomadi”, sebbene solo il 3% lo sia davvero. I problemi maggiori nascono nei cosiddetti (ci risiamo…) “campi nomadi”, dove vivono circa 26.000 persone, il 20%: è chiaro che abitare in una baraccopoli – di solito scollegata da scuole e centri abitati – contribuisce a rendere difficile una frequenza regolare.
Pandemia e dispersione scolastica
La dispersione scolastica è stata resa ancora più allarmante, tra 2020 e 2021, dall’emergenza sanitaria, con la fine delle lezioni “in presenza” e, come è intuibile, con problemi ancora maggiori per questi ragazzini, rispetto ad altre fasce svantaggiate, nell’utilizzo della didattica a distanza (Dad). Soprattutto all'interno dei campi. Ci sono stati casi virtuosi di docenti e assistenti sociali che, in alcune aree metropolitane, hanno cercato di rimediare. Tuttavia, oltre a computer e tablet, per svolgere la Dad servono energia elettrica, connessioni decorose al Web, competenze tecniche da parte degli adulti. Nelle baraccopoli non sempre ci sono e questo crea ulteriore dispersione scolastica. Infatti, una volta riaperte le aule, è capitato – a Roma per esempio – che 4 bimbi su 10 non siano rientrati. Eppure una recente indagine demoscopica – dedicata alla loro scolarizzazione e svolta da SWG per conto del “Movimento Khetane, rom e sinti per l’Italia” – svela, fra l’altro, che i due terzi dei genitori ritengono la scuola utile per aprire prospettive lavorative e sociali ai figli. Quindi l’emarginazione pesa più della supposta scarsa disponibilità a favorire l’istruzione.
I sentimenti antizigani degli italiani
Per inquadrare la portata della questione è opportuno un chiarimento sui numeri presunti della comunità. Presunti perché non esiste – per fortuna – un censimento su base etnica (sebbene nel 2018 l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini avesse tentato una schedatura con scopi repressivi), contrario all’articolo 3 della Costituzione e a varie convenzioni europee e internazionali. Rom e sinti in Italia sarebbero 140.000 (è il dato medio valutato, sulla base di dati ufficiosi, dal Consiglio d’Europa), quindi lo 0,25% della popolazione, una delle percentuali più esigue nel continente; mentre i sentimenti antizigani degli italiani sono i più alti (82%). Nonostante luoghi comuni e pregiudizi, spesso eccitati da certa politica e da certi media, la stragrande maggioranza (4 su 5) sta in abitazioni convenzionali e conduce una vita normale. Come già segnalato, solo il 3% è effettivamente nomade; mentre nei “campi nomadi” vive (o è costretto a vivere) uno su 5, in gran parte con la residenza anagrafica. Secondo l’European Roma Rights Centre, nel 2010 la metà dei rom e sinti risultava formata da cittadini italiani; un quarto da quelli di Paesi dell’UE; gli altri erano originari di Stati continentali extra-UE. Insomma, sono parte integrante dell’Europa premoderna, moderna e contemporanea.
Dialetti del romanés e italiano
Torniamo così agli alunni rom e sinti che frequentano le nostre scuole: al di là delle difficoltà citate, esiste anche un aspetto che lega questioni linguistiche a questioni didattiche. Nel senso che per questi bimbi l’italiano spesso è la seconda lingua, dato che in famiglia si usa (sempre nel 50% dei casi, parzialmente negli altri) uno dei dialetti del romanés, lingua neo-sanscrita, tradizionalmente tramandata solo oralmente (anche se stanno nascendo, per ora a livello dei loro intellettuali, un sistema di scrittura condiviso e una lingua standard, strumenti necessari anche per raggiungere un riconoscimento politico-culturale).
Bilinguismo sottrattivo e bilinguismo additivo
Di certo, una lingua-madre che si tramanda per via orale – una delle poche oggi rimaste – richiede “una diversa impostazione di glottodidattica interculturale” sul fronte della scolarizzazione. Lo scrive – in un articolo su EL.LE – Paola Desideri, fino al 2020 professoressa ordinaria di Didattica delle Lingue moderne all’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara, che si è addentrata in un campo poco studiato. Spiega che a scuola, “nel rispetto del pluralismo delle differenze, il primo passo è quello di riconoscere l’alterità del mondo” dei rom e sinti, “senza pretendere di reprimerlo o di cancellarlo; anzi proprio questo mondo tanto contrapposto, se conosciuto, può diventare la base per una corretta educazione linguistica in italiano L2 (seconda lingua, ndr)”. La professoressa sostiene che “la scuola non può esimersi dal prendere in carico la questione dell’alunno rom, con tutte le problematiche linguistiche e socioculturali che comporta. In primo luogo, bisogna porsi il problema di convertire il cosiddetto ‘bilinguismo sottrattivo’ tipico delle minoranze – che comporta un depauperamento della L1 (prima lingua, ndr) minoritaria, priva di qualsiasi prestigio sociale e completamente assente nella scuola – in ‘bilinguismo additivo’, il quale, al contrario, non va a discapito della lingua madre, ma anzi rappresenta per il soggetto una forma di arricchimento”.
Il metodo fonico-sillabico
La linguista indica, tra gli strumenti inclusivi che possono favorire con efficacia il processo di apprendimento, il cooperative learning (gli studenti apprendono in piccoli gruppi, aiutandosi reciprocamente), il learning by doing (l’imparare facendo) e la didattica laboratoriale. Sono volti a “sviluppare la cooperazione tra pari, le abilità relazionali, il miglioramento del clima di apprendimento e la rivalutazione delle attitudini dell’alunno, in poche parole la crescita interculturale dei soggetti”. Precisa: “Il learning by doing sembra la strategia didattica più efficace per imparare attraverso la manualità, cioè attraverso attività pratiche tali da migliorare la ‘funzione euristica’ e il potenziamento linguistico-cognitivo”. Inoltre, secondo Paola Desideri, per “l’alfabetizzazione dei bambini rom” è preferibile usare “il ‘metodo fonico-sillabico’, perché valorizzando l’articolazione fonetica si dimostra adatto per questi soggetti con una L1 esclusivamente orale”. Inoltre, “uno strumento molto utile per favorire la strutturazione del pensiero e la condivisione dei significati è la costruzione di mappe concettuali, gioco che appassiona i bambini e li stimola a confrontarsi”.
La formazione degli insegnanti
Tuttavia la linguista segnala altri due problemi. Uno riguarda la formazione dei docenti al confronto con rom e sinti. “Il problema esiste sicuramente, non solo per questi ragazzini ma anche per quel che riguarda bimbi di altre etnie”, afferma, dialogando con Treccani.it. “È chiaro che gli insegnanti dovrebbero possedere le conoscenze e le competenze necessarie per gestire tali situazioni. Purtroppo le hanno raramente”. La conferma indiretta arriva dalla ricerca “Gli insegnanti degli alunni rom e sinti. Un'indagine nazionale”, svolta alcuni anni fa sulla base di un questionario. Alessandro Vittorio Sorani, su Quaderni di Sociologia, fa notare che gli stessi docenti intervistati percepiscono “come insufficiente la formazione in loro possesso”. Ciò è accompagnato da una “percezione stereotipata dei rom/sinti come entità culturale”, tanto che il 77,4% degli insegnanti dà un giudizio negativo sull’influenza determinata dalla presenza in aula di quegli alunni.
Una minoranza linguistica non riconosciuta
I ragazzi rom e sinti si trovano però svantaggiati anche per una questione cruciale di ordine giuridico (frutto di scelte politiche) con pesanti ripercussioni nell’ambito scolastico e istituzionale: si tratta, spiega la professoressa Desideri, della “negazione dei diritti linguistici alla minoranza alloglotta rom/sinta da parte della Legge 482 del 15 dicembre 1999 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, ndr)”. Spiega: “Dopo un lungo e controverso iter parlamentare durato diversi anni, tale legge riconosce e tutela soltanto dodici lingue minoritarie storiche e territorializzate. Tra queste è assente il romanés, che è indubbiamente una minoranza storica, in quanto presente in Italia da almeno seicento anni, ma non territorializzata... Il pretesto della mancanza della delimitazione e della definizione territoriale ha dunque deprivato le comunità di usufruire delle disposizioni e delle forme di tutela a tutti i livelli, tra cui il legittimo diritto di adottare il romanés nelle occasioni istituzionali e di disporre dei mediatori linguistico-culturali, quanto mai indispensabili nell’ambito scolastico”. Dovrebbero pretendere questo riconoscimento pure i gagi (gagé indica nella lingua romanì i “non-rom”). Purtroppo, sebbene qualche proposta legislativa sia stata avanzata, da 22 anni è tutto fermo, probabilmente anche perché la presunta “diversità” di rom e sinti italiani fa comodo alla propaganda di certa politica.
Dalla negazione all’affermazione
Eppure, dice a Treccani.it Eva Rizzin, sinta italiana, “la scolarizzazione è sicuramente la chiave della futura emancipazione delle nuove generazioni rom e sinte”. Anche lei, nata nel 1977, parente di tante vittime dei lager nazisti, ha dovuto affrontare molti pregiudizi quando andava a scuola. Oggi è dottore di ricerca in Geopolitica, responsabile scientifico dell’Osservatorio nazionale sull’Antiziganismo presso il CREAa dell’Università Verona. Nell’ultimo libro che ha curato – Attraversare Auschwitz. Storie di rom e sinti: identità, memorie, antiziganismo, pubblicato nel 2020 – ci sono le testimonianze di tante persone della comunità; inclusi i ricordi scolastici, quasi sempre dolorosi. C’è anche il suo, che ha un lieto fine: “Mia mamma e i miei zii… negli anni Sessanta… hanno dovuto frequentare le ‘Lacio Drom’, le ‘classi speciali per zingari’... Spesso relegati nei sottoscala, con orari differenti dagli altri... Si sentivano degli appestati ed alla fine rifiutarono di andarci… Mia madre è rimasta analfabeta, ma ha sempre avuto la forza e la consapevolezza di affermare che il riscatto per me e per tutti i sinti potesse e dovesse passare dalla scuola”. Continua la dottoressa Rizzin: “Anch’io ho scoperto di essere ‘zingara’ (nome imposto dall’esterno che rom e sinti rifiutano, ndr) il primo giorno di scuola, quando alcune compagne mi dissero che non potevo giocare con loro. La maestra fu eccezionale e mi portò per mano a giocare… Dopo l’adolescenza… sono riuscita a passare dalla negazione all’affermazione, con quella grande consapevolezza che devo a mia madre e a tutta la mia famiglia”. Poi la maturità, la laurea in Scienze politiche (110 e lode) e il dottorato, con la prima tesi sulla sua comunità e l'altra sull’antiziganismo: “La cosa che ricordo con più affetto è naturalmente mia madre il giorno della discussione della tesi di laurea, ma anche l’aula magna dell’università affollata di sinti. ...C’erano con l’orgoglio di chi attendeva un riconoscimento per tutta la comunità e non solo per me”. Non possiamo che augurarci, tutti, un futuro così.
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Il problema con Mammamiamammà
Uno dei temi più ricorrenti all'interno di questo gruppo è l'eterno dibattito intorno a Mammamiamammà. Un pezzo che senza dubbio divide l3 fan. Chi lo apprezza da una parte, chi ne critica il messaggio dall'altra. Con questo mio post spero di riuscire nell'impresa di far capire a3 prim3 le ragioni de3 second3 e viceversa. Perché sì, ci sono delle ragioni: non è vero che chi lo critica non l'ha capito mentre chi lo osanna l'ha fatto. Siamo in un gruppo di cultisti di Caparezza: 90 volte su 100 siamo persone intelligenti e con un buon senso critico per cui il testo è stato capito da entramb3, visto che si tratta anche di uno dei testi più semplici del nostro. Solo che ad alcun3 il messaggio piace, lo ritengono attuale. Ad altr3 non piace, lo ritengono superato.
Prima di iniziare con l'analisi del testo dovrei scrivere diecimila premesse e penso che sarebbe difficile seguirle sia per chi legge, sia per me che scrivo. Per cui iniziamo subito e vediamo di fare un discorso più organico dopo.
Analisi del testo
Strofa 1
Profumi, sigari che fumi,
lumi e paralumi
Costosi costumi e viaggi ad Ostuni
Tieni più ai nani da giardino che al tuo piccino
Capa inizia a definire il profilo della donna che vuole criticare. Una donna che più che alla propria prole, tiene alle cose materiali e costose. Si noti come il viaggio ad Ostuni possa sembrare fuori contesto. Un viaggio può essere un'esperienza di vita importante, di arricchimento personale. Qui però è chiaro l'intento dell'autore di utilizzare Ostuni come meta turistica tipica di quelle persone che vorrebbero ostentare (chiaro gioco di parole: ostuni, ostento) un certo stile di vita. (Ne parleremo meglio dopo.)
Segui la regola della pettegola nel salottino
Regola che prevede di riunirsi con altre persone per raccontare di quanto si è migliori degli altri che invece hanno questo, quello e quell'altro di sbagliato. Regola che tipicamente viene seguita da donne. Il concetto di pettogolo uomo non esiste. Tant'è che quando è un uomo a sparlare di altre persone, lo si definisce appunto "una pettegola", al femminile.
Manca che ti fai uno spino e abbiam finito
Lo spinello viene considerata la goccia che farebbe traboccare il vaso, la ciliegina sulla torta. Competerebbe cioè il quadro di quella donna che si vuole criticare.
Una donna con dei figli, non dovrebbe cedere, dice Capa, a questo genere di vizi.
Sputtani tuo marito dici che è impedito
Perché da quando c'ha la fede al dito non t'ha regalato moto ma foto
Fiori di loto, parla e lo interrompi come un coito
Capa se la prende ora con quelle donne sposate che criticano aspramente i propri mariti davanti alle altre persone perché sarebbero diventati, con il matrimonio, degli smidollati. Si criticano le mogli che trattano male i propri mariti tramite violenza psicologica e verbale. Uno stereotipo che tutti abbiamo in mente.
Sbraito pensando ai gioielli, agli sprechi
'Ste mamme attaccate agli anelli più di Yuri Chechi
Di nuovo si critica l'attaccamento ai beni materiali e l'ostentazione: l'apparire.
Vanno dal parrucchiere e non fanno l'amore per non rovinare i capelli
E i papà si fanno pippe sulle chiappe dei calendari Pirelli
La critica prosegue a quelle donne che, per dedicarsi al proprio benessere personale, trascurano i propri doveri coniugali. Qui troviamo per la prima e unica volta all'interno del pezzo la parola e il concetto di Papà. Un padre che, in questa barra, si suppone debba essere soddisfatto nei suoi appetiti sessuali quando lo richiede e che invece, viene trascurato e maltrattato, come i figli, da queste donne che pensano solo a loro stesse.
Dal contesto si capisce che il parrucchiere e i capelli non vengono qui considerati un mezzo di espressione e di valorizzazione della donna in quanto essere umano che ha bisogno di sentirsi bene con se stessa. Non è questo che si critica, bensì il fatto di volerli avere in ordine perché è importante apparire in un certo modo. È chiaro. Tuttavia il discorso è complesso e ne parleremo meglio in seguito.
Ribelli mamme con le zanne come Mammuth
Raffinate da bere birra nel flute
Fluttuano, ruttano, ballano, fanno le sexy messaline
Il lusso è l'unico mangime per queste galline
Ok qui si va sul pesante. C'è un bel miscuglio di roba in questo pezzo. La critica va sostanzialmente alle donne che non si presentano "decorose". Se hai un figlio dovresti comportarti in un certo modo: non puoi ruttare, bere birra o andare a ballare ostentando la tua femminilità. Se lo fai ledi quel concetto di donna raffinata e per bene che si vorrebbe difendere.
Ritornello
Mamma alla moda mamma senza pietà
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Attaccata a ogni cazzata che ti dà la vita
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Con il pisello che dà virilità
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Ma preferivo la mamma all'antica
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Nel ritornello fa finalmente la sua comparsa la parola Mamma! La critica va alle mamme. Le donne con figli sono definite tali. Quando hai un figlio non sei più semplicemente una donna ma una mamma. La mamma non è un ruolo. È una condizione. Le mamme non dovrebbero badare alla moda o agli oggetti materiali o alle proprie esperienze di vita personali. C'è qualcosa di più importante: i figli. Il mondo di una madre dovrebbe girare intorno a loro come per le madri di un tempo.
Strofa 2
Mamme moderne, single eterne
Ricche di petto, scarse di cervelletto
La critica riprende questa volta contro le donne che, sebbene abbiano dei figli, non si sposano o, se lo fanno, si comportano comunque come se fossero single. Cosa che, se hai figli, non dovresti fare.
La seconda barra fa invece riferimento al classico stereotipo della donna stupida ma con un grosso seno.
Non lavorano a ferri, ci si metton sotto
Queste madri non lavorano a maglia come facevano quelle di un tempo (che l'artista preferisce) ma bensì si sottopongono ad interventi di chirurgia estetica per cambiare il proprio aspetto. Anche qui, come per la messa in piega, il discorso è più ampio e ne parleremo meglio in seguito.
Sottometton manager con corpicini Schwarzenegger
Qui si criticano, di nuovo, quelle donne che circuiscono uomini di potere o con fisici scultorei. Costoro, nonostante il ruolo e la posizione che ricoprono, finiscono per essere sottomessi da chi qui si critica.
Streghe 'mbriaghe, alito tipico strong lager
Vengono descritte come ubriache e vengono chiamate streghe. Di nuovo un riferimento alla birra che, ricordiamolo, se sei madre non puoi bere.
Un breaker lo pulisce meglio il pavimento
Persino io se mi cimento quando scopo sto più attento
Non sono neppure brave a tener pulita la casa. Persino Caparezza, che è un uomo, se si mette d'impegno, può fare meglio. Come puoi tu, donna, e per giunta madre, essere da meno?
Inoltre qui si fa riferimento al verbo scopare come sinonimo di fare sesso e si intende che è in quello che dovrebbero stare attente le donne, per non rimanere incinte.
Sognano amori alla via col vento
Felici e contenti con certi
Clark Gable perdenti
Che passano alimenti
Ancora si parla di quelle donne che cercano l'uomo bello e impossibile per poi spennarlo.
Anche gli anni passano, i bimbi crescono
Le mamme imbiancano a vista
Di fisso dall'estetista
Qui abbiamo una citazione a un brano di Bennato. Quando la donna madre invecchia, le vengono i capelli bianchi e allora ecco che corre dall'estetista per sembrare di nuovo giovane. Cosa criticata perché le madri di un tempo erano invece fiere del loro aspetto. Solito discorso del parrucchiere che approfondiremo...
Questa mamma del cosmo, con passioni lesbo
Elogia la follia più di Erasmo da Rotterdam
L'"elogio della follia" è una delle opere più conosciute del filosofo olandese Erasmo da Rotterdam. Capa etichetta come follie le avventure omosessuali che talvolta queste donne hanno.
Vuole un palace tipo Buckingham
Mastica chewing gum
Figli come Ricky Cunninghum
E invece caga rospi tipo Ranatan dal deretan
E ballerebbe il Can Can pure con il premaman
Queste madri di oggi vorrebbero vivere in dimore principesche come Buckingham Palace e avere dei figli perfetti come lo era Ricky Cunninghum nella serie Happy days mentre hanno dei figli che paiono dei rospi. Inoltre si critica il fatto di masticare chewing gum e di ballare durante la gravidanza sempre perché ciò andrebbe a ledere quell'immagine raffinata che la madre dovrebbe trasmettere.
Ritornello
Mamma alla moda mamma senza pietà
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Attaccata a ogni cazzata che ti dà la vita
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Con il pisello che dà virilità
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Ma preferivo la mamma all'antica
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Strofa 3
Son tutte belle le mamme del mondo, hai ragione
Ma fanno figli solo se il seme strappa il goldone
Le donne qui criticate sono quelle che fanno figli non perché li vogliano, ma perché capita, quando ad esempio, si rompe il profilattico. In caso contrario non lo farebbero mai. La maternità non è vista da costoro come un valore ma come un incidente.
Funziona che quando il bimbo ha fame e geme
Imbocca la tetta col latte al silicone e buona colazione
Si critica ancora chi fa ricorso alla chirurgia estetica per rifarsi il seno. Da madre, questo è mal visto perché il tuo corpo dovrebbe essere al servizio della prole che ha bisogno di allattare e non può essere costretto a sentire un sapore di silicone.
Mamma preziosa più di una gemma della Golf
Che chiama la colf pure per spostare un bicchiere
Questo tipo di mamme per Capa non vale nulla. Come la gemma catarifrangente dell'auto (la Golf) in contrapposizione a una gemma preziosa appunto.
Sono donne svogliate che rifuggono la fatica chiedendo alle cameriere di compiere per loro anche i lavori più semplici.
Vuole miliardi di mariti ammucchiati da guinness dei primati
Presi e lasciati in una botta, tipo patata quando scotta
Quel che queste donne vogliono è cambiare l'uomo con cui stanno di continuo. Passando da un matrimonio all'altro nel più breve tempo possibile come se fosse il gioco della patata bollente.
L'aria butta male quando la mamma appare sfinita
Per queste donne le cose si fanno complicate quando, con la vecchiaia, non sono più capaci di mantenere un tale stile di vita.
Ha preso Liz come modello di vita e non c'è riuscita
Si è tatuata dappertutto, sembra un galeotto
Al posto della bocca c'ha un canotto
Vorrebbero essere come Liz Taylor: icona femminista che ha sdoganato il concetto di donna come figura sessualmente potente e consapevole ma non ci riescono. Al più si riempiono di tatuaggi e si ingrossano le labbra.
Qui i tatuaggi vengono visti come una cosa negativa tipica dei galeotti e si demonizzano ancora i ritocchi estetici.
Ed il suo motto è me ne fotto della famiglia sono moderna
Come hobby colleziono campioni di sperma
Queste donne moderne non pensano affatto alla famiglia (che viene vista come il valore più importante per una madre). Preferiscono piuttosto cambiare in continuazione partner sessuali dando più importanza al sesso che ai figli.
Ferma nelle mie opinioni con scassacoglioni come prole
La donna in questione è colei che considera i propri figli come una palla al piede.
Di mamma ce n'è una sola ma quante mamme restano sole? Eh?
Qui abbiamo un cambio di rotta. Di mamma ce n'è una sola è una celebre commedia degli anni 70 ma è anche un modo di dire abbastanza noto per dire che la madre è unica. Al contrario il partner e le amicizie cambiano. Si contrappone questo concetto col fatto che molte mamme rimangano sole, abbandonate dai propri figli che si allontanano da loro crescendo. Forse proprio perché seguendo questo stile di vita si sono dimostrate madri terribili.
Ritornello
Mamma alla moda mamma senza pietà
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Attaccata a ogni cazzata che ti dà la vita
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Con il pisello che dà virilità
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Ma preferivo la mamma all'antica
(Oh mamma, mamma mia, mamma mia mammà)
Le critiche insensate
Sempre per il fatto che siamo in un gruppo frequentato da persone tutto sommato intelligenti, voglio credere che nessuna delle critiche mosse qua dentro sia dei tipi qui elencati.
Caparezza dice che tutte le madri moderne sono così ma non è vero!!!
Certo che non lo è, e Capa non lo dice MAI. Non si criticano tutte le donne/mamme moderne ma solo alcuni specifici tipi di donne.
Caparezza critica la donna in carriera!!!
Ma anche no! Ancora, si criticano le donne che davanti alla famiglia mettono il proprio benessere personale, l'apparire, non la carriera. Una cosa non esclude l'altra, è vero, ma nel pezzo non si fa alcun cenno al lavoro. Viene forse fuori un po' dal sottotesto in alcune barre ma non è assolutamente quella la critica che viene mossa nel pezzo!
Caparezza è maschilista!!!
Certo che no. Non lo è. Basti pensare a "Un vero uomo dovrebbe lavare i piatti" MA questo brano ha al suo interno tracce di maschilismo, o di sessismo. Ne parleremo meglio in seguito. Ciò però non significa che Capa sia maschilista. Semplicemente è un brano scritto da un ragazzo di 28 anni che viveva in una società in cui l'ostentazione criticata era preponderante e la sensibilità su alcuni temi era profondamente diversa. Ripeto... ne parleremo più avanti.
Le critiche sensate
Messe da parte le critiche insensate che sicuramente nessuno in questo gruppo si sognerebbe di sollevare, rimangono quelle, invece, ben supportate da fatti, argomenti e opinioni costruite nel corso di una vita. Tali critiche, già solo per il fatto di essere concepite con criterio, meritano rispetto, anche da parte di chi vuol difendere il brano a spada tratta, a patto, certo, che vengano esposte con educazione. Etichettare chi prova ad argomentare e spiegare cosa non vada nel brano come unə stupidə, dice molto più di voi che di ləi.
Per esporre e argomentare le critiche sensate partirò dall'inizio del brano citando i pezzi che per primi sollevano determinate obiezioni. Per poi concludere con le critiche sul pezzo in generale.
Prima però devo fare una doverosa digressione sul concetto di Morte dell'Autore.
La Morte dell'Autore
È importante aver chiaro questo concetto per non cadere nel banale errore di citare le interpretazioni date al brano da Caparezza stesso. Mi spiace dirvi che quel che Caparezza dice del suo stesso pezzo non ha alcuna importanza. Chi lo ascolta non lo fa con l'autore di fianco che gli spiega, parola per parola, il messaggio che si voleva dare. È un concetto molto noto in letteratura che serve a far capire che un opera è tale in quanto viene interpretata da ciascuno a suo modo. Se il testo è facilmente equivocabile non si può fare una colpa a chi lo equivoca di non aver letto il pensiero dell'autore in merito. Badate bene che mi riferisco a testi interpretati con criterio, raziocinio e attenzione, non a chi interpreta "Fuori dal tunnel" come se si parlasse di droga o a chi pensa che "Vieni a ballare in Puglia" sia un brano allegro. Mi riferisco a chi, come i membri di questo gruppo, spende ore e ore ad analizzare i testi di un artista che ama per sviscerarne ogni significato nascosto, ogni riferimento celato, ogni gioco di parole geniale. L'operazione Exuvia Experience e le interviste rilasciate da Capa con l'uscita dell'ultimo album sono apprezzabilissime e forniscono tantissimo materiale di discussione tra noi appassionati ma non aggiungono né tolgono nulla, NULLA, ai brani di quell'album che possono e devono essere analizzati dettagliatamente senza tener conto di queste informazioni aggiuntive che al più possono abbellire l'analisi con qualche aneddoto ma non possono e non devono cambiare l'interpretazione che un fruitore dell'opera si sente di dare.
Bene. Chiarito questo, cominciamo.
Ostentare non è sempre sbagliato
Cominciamo subito col primo pezzo in cui si critica questa voglia di apparire, questo attaccamento a oggetti materiali o ad esperienze di vita costose.
Come ho già detto, ad esempio, il viaggio ad Ostuni può essere un'esperienza di vita importante, di arricchimento personale. Perché una persona dovrebbe privarsene solo perché madre? E perché dovrebbe essere sbagliato fumare sigari?
Il senso di questo incipit sta tutto nella frase "Tieni più ai nani da giardino che al tuo piccino" che è un po' il tema centrale dell'intero brano ma quest'accozzaglia iniziale di cose messe a caso lascio spazio a troppi fraintendimenti. Ho già detto, di nuovo, che lo si fa per rimarcare un concetto di voler apparire a tutti i costi ma non funziona perché non tutte le madri che fumano o viaggiano ad Ostuni lo fanno per quello.
Badate bene che non sto dicendo che il pezzo non funziona o che il messaggio è fraintendibile per questo. Dico solo che è una critica sensata e che vale la pena discuterne anziché tacciare di stupidità chi la solleva, a prescindere. Anche perché, le discussioni, non devono per forza finire con una parte che prevale sull'altra, con una parte che convince l'altra. È anche possibile che si discuta per uscirne entramb3 più consapevoli, arricchiti culturalmente e intellettualmente, pur rimanendo delle proprie idee.
Detto questo, c'è anche una seconda questione, che da il titolo a questa sezione. Se diamo per assodato che tali viaggi siano fatti e tali sigari siano fumati per apparire, questo sarebbe un lecito motivo di critica e di indignazione?
Apparire per molti significa essere, e questo è considerato, da una buona fetta di persone, come sbagliato, se non addirittura oltraggioso! "Tu sei ciò che sei! Non ciò che ostenti". Ed è sicuramente vero. La cultura dell'apparire, però, nasce da un esigenza che il terzo millennio e, soprattutto, gli ultimi anni hanno generato in frotte sempre più greme di giovani. Quelli di uscire vittoriosi dall'inevitabile confronto sui social network, dove tutt3 sono perfett3. Vi linko un video di Breaking Italy (che spero conosciate) recentissimo in cui si parla proprio di questo fenomeno. Sotto sono anche riportate le fonti. In un mondo del genere, in cui chi non riesce ad apparire al pari o superiore ai suoi coetanei, spesso si suicida, possiamo davvero sentirci in pace con la coscienza nel criticare così aspramente un tale comportamento? Non sarebbe meglio affrontare il problema di petto e cercare di capirne le cause? Trovare delle adeguate soluzioni? Piuttosto che additare il prodotto di una società malata come, appunto, malato, sbagliato?
Anche stavolta faccio la stessa raccomandazione di cui sopra: è un problema reale al quale alcun3 danno peso. Se non è un problema per te non significa che non esista o che la critica non sia sensata e che non se ne possa discutere, anche fuoriuscendo dal contesto Caparezza.
Faccio notare infine che questo particolare problema non esisteva, o per lo meno non in maniera così marcata, quando il pezzo uscì, quindi ci sta che all'epoca la cosa fosse percepita diversamente.
La differenza di genere
Altra questione spinosa è quella della differenza di genere percepita in alcuni punti del testo.
Ovviamente non mi riferisco nello specifico al fatto della pettegola di cui ho già accennato nell'analisi ma tutto ciò che a questo divario fa riferimento anche dopo. La figura della donna che sputtana il marito è uno stereotipo a cui siamo certo abituati ma dobbiamo renderci conto che se questo è un male (e lo è), spesso e volentieri si verifica l'opposto. Quanti mariti ci sono che parlano male delle proprie mogli con disinvoltura magari alludendo al fatto che non sappiano cucinare o al fatto che a letto siano frigide o che non sappiano guidare etc. Ai tempi delle mamme pancine sappiamo anche quante donne spesso debbano chiedere il permesso al marito prima ancora di poter parlare. Chiaro che questo non sia il tema di questo pezzo e che non ci sarebbe stato modo di parlarne in questo frangente ma scegliere di rimarcare questo comportamento com quello di una cattiva madre quando nessuno si sognerebbe di fare il contrario per definire un cattivo padre può essere visto come un problema. Se un uomo tratta male sua moglie è un cattivo marito ma non un cattivo padre. Per la donna è diverso perché madre significa, per forza di cose, anche moglie. Ed è questo il problema. Quest'associazione per nulla scontata che invece viene trattata come tale! La donna non può certo mettere il benessere personale (il mantenere la piega) davanti ai doveri coniugali! I desideri sessuali del marito vanno soddisfatti altrimenti non sei una buona madre. (Su questo torniamo dopo perché è più complesso.)
Un uomo può ovviamente bere birra e ruttare ma una donna, soprattutto se madre, non può farlo perché perde quell'aura di raffinatezza che gli uomini non sono tenuti a rispettare.
Soprattutto la questione pulizie è molto indicativa di questo concetto. La donna, la madre, deve sapere spazzare il pavimento come si deve. È tenuta a farlo. Non può certo essere il marito, uomo, ad avere questo compito. Il paragone con Capa che lo farebbe meglio di loro è certamente goliardico ma il messaggio è quello: io uomo non ho necessità di spazzare il pavimento eppure vi riesco meglio di te, donna, che invece dovresti sapere come si fa perché il tuo posto è quello.
Il fatto poi di dover essere LEI quella attenta quando si strappa il profilattico è ancor più indicativo. Si stanno criticando le donne che non vogliono avere figli? (Sarebbe gravissimo, ma ne parliamo meglio dopo.) O semplicemente si critica la ragazzina che non fa sufficiente attenzione durante il rapporto sessuale? No, perché in questo secondo caso, l'uomo che fine fa? Non ha nessuna responsabilità? È solo lei a dover stare attenta? Lui non partecipa al concepimento?
Concludiamo questa disamina con l'accenno al cambio continuo di mariti e di partner sessuali. Consapevoli che nel 2021 questo non è o non dovrebbe essere un problema in generale, nel momento in cui comunque lo diventa, lo è solo per le donne. La celebre frase "Una chiave che apre tutte le serrature è una grande chiave ma una porta che si fa aprire da tutte le chiavi è una porta di merda" immagino la conosciate tutti. Sì perché per l'uomo é moralmente e socialmente accettato il fatto di cambiare spesso partner ma la donna che lo fa è certamente una puttana. E se madre è ovviamente ancora peggio!
Per ora chiudiamo temporaneamente l'argomento ma lo riprenderemo nell'analisi della prossima critica.
La madre come condizione
Questo è probabilmente il problema più grosso. L'elefante nella stanza. È il motivo principale per cui, un pezzo del genere, non può essere preso come un pezzo incriticabile.
Nell'analisi del testo ho cercato di parlare quasi sempre di donne con figli prima che di mamme. Questo perché essere madre è un ruolo che la donna ricopre tanto quanto l'essere un medico, una manager, una casalinga, una sportiva, una a cui piace la musica o il teatro e chi più ne ha più ne metta. A differenza degli altri è un ruolo che, una volta ricoperto, non abbandoni per tutta la vita ma rimane un ruolo. Non una condizione. Nessuna donna è tale in quanto mamma. Nessuna mamma é una madre PRIMA di essere donna.
Questa suddivisione nel brano si perde completamente. La donna viene annientata per far posto alla madre, che deve smettere di essere sé stessa. Deve smettere di divertirsi, smettere di avere rapporti occasionali, smettere di drogarsi, di fumare, di bere. Soprattutto deve smettere di essere o comportarsi da single. Perché dal momento del concepimento, lei è diventata una madre e, in quanto tale, il suo unico scopo è quello di crescere la propria prole nel miglior modo possibile.
È un messaggio gravissimo se si considera il numero enorme di donne che oggi soffre di depressione post parto. Una condizione che incorre quando la donna si sente svuotata del suo essere, si annienta in favore dei figli. Sente di essere stata una mera incubatrice per nove mesi e una mera fonte di cibo nei mesi successivi.
Ed è grave anche perché la società fa pesare alle donne l'allontanamento dai figli. E lo fa in maniera diseguale. Se una madre, oltre a star dietro ai propri figli, riesce ad avere una carriera (diciamo 50 e 50), sta facendo un po' meno di quanto dovrebbe fare, perché dovrebbe stare un po' più coi figli. Se invece a farlo è un padre (stesse percentuali) allora è il padre dell'anno perché wow, è anche riuscito a trovare il tempo per i propri figli!!!
Queste disparità esistono e se anziché prenderne le distanze, rimarchiamo concetti come quelli espressi in questo pezzo non facciamo altro che esacerbare questa sensazione di inadeguatezza in tali donne.
Ancora una volta voglio ribadire il concetto che non parliamo di una verità assoluta. Non è che è così e basta. Se siete convint3 che la donna madre debba annientarsi per i figli va bene. Cioè non va bene ma parliamone, discutiamone, creiamo un dibattito su questo. Ma non potete pretendere che la vostra visione del mondo sia imposta agl3 altr3 che devono sottostarvici. Così come chi scrive non può pretendere che tutti riescano a capire un concetto terribile come la depressione, per fortuna. Tuttavia quel che si chiede è, ancora una volta, di non uccidere il dibattito in partenza pretendendo di aver ragione. È più complicato di così.
La demonizzazione degli interventi estetici
Concetto un po' antiquato è quello che prevede che per essere se stessi bisogni essere genuini. Per essere veri, per essere di esempio e soprattutto per essere madri, bisogna non pensare alle apparenze. A come ci si presenta. A come ci si vede allo specchio. Quindi al bando tutti gli interventi estetici come rifarsi il seno o le labbra. Al bando i tatuaggi. Al bando addirittura la messa in piega dal parrucchiere.
Il problema è che, finché ti vedi bellə va tutto bene. Ma appena inizi a dubitare di te stessə, del tuo seno, delle tue labbra, del tuo naso, la tua pancia, allora stai sbagliando. Non hai niente da correggere. Sei perfettə così come sei.
Ma non è sempre facile. Essere a proprio agio col proprio corpo è una questione fondamentale per vivere bene e se è vero che la psicoterapia può aiutare ad accettare quelli che fino a prima si riteneva difetti estetici è anche vero che in una società ideale (che immagino sia quella a cui aspiriamo) ogni essere umano dovrebbe esimersi dall'esprimere qualunque tipo di giudizio estetico sull'altro e soprattuto dovrebbe esimersi dall'esprimere qualunque tipo di giudizio morale sulle scelte altrui. Perché se una persona vuole, per se stessa, per stare meglio nella vita di tutti i giorni, rifarsi il mento, il naso o il sano, chi siamo noi per dirle che sbaglia? Per dirle che deve tenersi il corpo che la natura le ha concesso? Puoi tagliare i capelli anche se la natura ha voluto che crescessero per sempre e smaltare e tagliare le unghie ma guai a toccarti altre parti del corpo! E perché mai?
Ovviamente non stiamo dicendo che tagliarsi i capelli e rifarsi il naso abbiano lo stesso impatto. La prima decisione è facilmente reversibile. La seconda no. Per questo motivo è molto importante portare avanti un discorso culturale di consapevolezza. E decisioni del genere andrebbero prese dopo un consulto psicologico sempre e comunque. Tuttavia smettiamola di puntare il dito e decidere noi cosa vada bene e cosa no dall'alto della nostra personalissima morale.
L’uscita infelice sull’omosessualità
Qui si potrebbero anche chiudere gli occhi perché si tratta di un’unica frase ma il fatto che si dia per scontato che se hai avuto figli, non puoi in realtà essere omosessuale è davvero un’uscita infelice.
Conclusioni
Con questo mio post non voglio far cambiare idea a nessuno. Spero solo che sia chiaro che spesso non si critica qualcosa per ignoranza o per stupidità ma semplicemente perché siamo divers3. Abbiamo opinioni diverse sulle cose che nascono da esperienze di vita diverse e nessuno detiene la verità assoluta. Affrontate sempre le discussioni non per far prevalere la vostra visione ma per rendere gl3 altri3 partecipi che tale opinione esiste. Starà poi a loro valutare se possono farla propria, ripudiarla o raggiungere un compromesso ma ne usciranno arricchit3 e lo stesso farete voi se ascolterete gl3 altri3 con la stessa attenzione che vorreste loro dessero alle vostre parole.
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