Tumgik
#conficcare
thebirdarts · 2 months
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love making a guy then making him look like shit. broken nose & eyebags for days & shadows that look like bruises. It's the stinker himself, Conficcare!
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wip wednesday<3
damn the weeks are going fast.
finally ran out of other writing wips, so heres two chunks of the Conficcare getting the shit beaten outta him fic<3 ft him using his stand to make a guy punch themselves in the face.
warnings for: bad medical/latin joke, mild violence, swearing, description of celia kicking the shit out of someone in the past, and adhd run on sentences. [btw muro is celias other name/alterego]
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“The fuck you smiling at?” He has to try so hard to avoid rolling his eyes, the words echoing through his memories, though most of those memories consisted of harder and tougher wankers than this shite for brains in front of him.
Gravel bites at his back, piercing thin fabric, embedding itself and scraping as he's shoved against the alley wall. 
Unfortunately, these fuckheads were evidently too damn dim to realize the danger that lay in store. After all, you need something between your ears to process sound, and he’s diagnosing these thugs with a severe case of ‘vacuus cranius’- and he will be ever so gracious and give them free treatment.
Dry lips mouthed the magic words, “Boxing Clever,” as his face returned to grinning, teeth flashing, the corners of his mouth stretched unnaturally wide.
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How the times change. Just a few years ago, it was swaggering wankers like these that would suffer a good bashing from C- Muros boots. Ribs cracking and skin turning purple under his relentless assaults, no time to fight back when he gets them to the ground and prone so quickly, nothing they can do except curl up and try and protect their heads- a futile move, just drawing his ire and boot towards whatever they tried to cover. 
Those were the days, when he hid behind he- him, behind them, when he was the weedy voice that told them of whispered rebellion, of under the breath insults. 
But now, now he could stand on his own, as his own man, not just a suck up and voice in the ear. Now- now he was able to defend himself. His cool fingers grip eerily cold metal even tighter.
His muscles contract and loosen, the cold metal in his hand arching into the neck of the leader- and more muscles contract, blue energy taking over from electrical- changing it- the satisfying thud of well worn knuckles connecting with cartilage, the confused cry of someone who just punched themselves in the face, and the dripping of blood escaping from damaged nasal tissue.
He's out of practice, giving himself a split second to admire his handiwork, a split second in which pain blooms in his abdomen as the other fist finds its way to his gut, his back further shoved against the wall. He knows he's gonna have killer scrapes all over, and his top will be barely fit for rags.
Stupid mistake on his part, someone swaggering around on these streets isn't gonna be incapacitated by just a broken nose, he of all people should know- and he of all people should know not to let his thoughts run as hes getting beaten on but well he's never been good at taking anyone's advice let alone his own, cant trust that shifty asshole- ow.
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Se ci fosse un luogo dove conficcare un altro grido
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lacognizionedeltempo · 5 months
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Amarti è stato come conficcare una stella nel vetro di una finestra. Alda Merini
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thelastdinner · 1 month
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Ed attenderti non mi è mai piaciuto.
Cosa devo fare con te?
Tra una sigaretta ed un'altra, seduto su questo letto insipido, guardo impaziente l'orologio.
Scuoto la testa, sbuffo e divoro con una boccata il tabacco rimasto.
Apri la porta, eccoti.
Non posso fare altro che alzarmi e prenderti i capelli per cacciarti tra quelle lenzuola che solo ieri hai desiderato.
Le mie mani come artigli strappano, lacerano quel poco che ti riveste.
Hai fatto tardi, tutto qui, ma ora avrai quello che hai supplicato. Sei bella.
Mi piaci soprattutto quando scivoli tra le mie gambe in cerca di un piacere che spasimi da tempo.
Nei tuoi occhi, la convinzione di essere esattamente nel posto dove hai voluto essere.
Un posto senza luci, senza tempo.
I tuoi seni abbondano sulla mia bocca, mentre il ventre danza sul mio vorticosamente.
Dividiamo la carne, non i sogni, ed è per questo che ciò è l'unico modo possibile per sottrarsi alla Tua.
E’ solo Tua la speranza di infettarmi d'Amore.
Sì, sei Infezione che può diventare cancro, malattia letale che divora ogni spazio ed ogni respiro.
Voglio marchiarti addosso la mia pelle.
Far mio ogni tuo sapore divorandoti. Con gli umori vivi da leccare.
Eppure sei bella.
Ed a volte, mi perdo nel guardarti inarcare la schiena come un arco teso, pronto a scoccare l'urlo di un travolgente orgasmo.
Sì, sei bella e ti possiedo senza ritegno, mescolando la forza col piacere. Il mio.
Il tuo, per me, è relativo.
Così come ciò che desideri e che chiedi.
Sono io. Io che desidero e che pretendo.
E prendo.
Apri la bocca, adesso, e bevi.
Il mio cuore. Io non lo so più dove sia.
L'ho perso insieme alla metropolitana per venire da te.
Avevo studiato meticolosamente il mio corpo davanti allo specchio, lo avevo vestito di pizzo nero e seta morbida sulla pelle, come una carezza.
Per te, che non mi hai lasciato il tempo di un saluto e di dosso mi hai strappato persino la pelle, a divorarmi come un lupo.
E non vedi queste palpebre che mi tremano, né senti i rovesci disperati dentro al petto.
È una gestazione di pelle, la mia, sotto il tuo passo furioso, sparso ovunque su me, così che ti seguo nei solchi e nei lividi che mi lasci addosso, nel tuo fiato dappertutto e nella distanza che metti fra il tuo petto ricoperto di ruvide scaglie e il mio amore fatto cielo, per contenerti tutto.
Tu credi che prendi carne di me, a partire dai seni dolenti nell'artiglio delle tue mani, al loto dischiuso alla tua frenetica lingua. Alla danza del mio ventre sul tuo.
Eppure, io ti offro me, tutta me, tutta intera, come preghiera. Sangue che anela direttamente alla tua vena.
Ma, tu non senti. Non mi senti.
E’ un dolore indicibile, spudorato.
Un incendio di cui tu non t'avvedi, ma che pure bramo. Purché sia tuo il marchio da portarmi addosso, a riempire la forma indigesta della tua assenza.
Mi volti, mi apri e io non resisto quando ti fai spazio. T'insinui, m’inchiodi e io mi lascio conficcare.
Senza mezze misure. Senza riguardo alcuno.
Soffoco grida sul cuscino di cui non ti curi, mentre mi rovesci. Mi pieghi. Mi sradichi da questa terra. T'infrangi contro i miei fianchi come un'onda.
Ed io mi m'inarco sotto la tua afflizione.
Ti cerco, ti vengo incontro e mi do in pasto alla tua fame maledetta.
Maledetto sia l'istante in cui ho frainteso lo sguardo di Zeus con quello di Eros.
Azeruel e Didi
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tradimento-mortale · 1 year
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Amarti è stato come conficcare una stella nel vetro di una finestra.
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sound-of-pain · 9 months
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Non è piú vita.
È sopravvivenza.
È trascinarsi.
È sperare in un giorno leggero.
È decidere quando!
È trascinarsi.
È conficcare l’anima nel corpo, per non farla andare via.
È trascinarsi.
È “non me ne frega un cazzo”, ma tanto non è vero.
È “domani andrà meglio”, ma tanto non è vero.
È “ti prego resisti”.
È trascinarsi.
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sorella-di-icaro · 1 year
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A: Come stai con le emozioni?
B: Vuoi saperlo in generale o in questo periodo?
A: Entrambi
B: In generale, riesco a gestire quasi bene le mie emozioni ma ora come ora vorrei conficcare una forchetta nell'occhio sinistro del mio amico senza una spiegazione concreta perché sono nel preciclo e odio mezzo Pianeta
*Il mio interlocutore fugge via*
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kon-igi · 2 years
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Dovendo raccogliere della frutta a rischio puntura di vespe, può aiutare una tuta integrale tipo quelle da covid o le bestiole pungendo riescono a trapassarla?
Il pungiglione di ape ha una lunghezza media di 1,62 ± 0,18 mm mentre quello delle vespa di 2,67 ± 0,38 mm... che si raddoppia in caso di Vespa crabro (calabrone).
Nel conficcare il pungiglione sviluppano una forza, rispettivamente, di 2–3 mN e 6–8 mN; inoltre il pungiglione della vespa ha una curvatura intrinseca e una nervatura di rinforzo nella sua regione mediale, mentre il pungiglione dell'ape non ha queste caratteristiche.
Una hazmat suit in polipropilene standard ha uno spessore di 100g/m2 quindi inferiore al millimetro.
Potrebbe funzionare se tu sotto indossassi dei vestiti molto spessi ma queste bestiole sono molto sensibili a tutte quelle schifezze che emetti col respiro e quindi se non usi un cappuccio con rete di protezione finiresti lo stesso coll'assomigliare a Sloth dei Goonies.
Ma forse un video vale più di mille spiegazioni...
youtube
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... Uno di quei pomeriggi che si confondono tra loro per la supina inconsistenza, credo nel mese di gennaio di quest’anno, no, forse era già febbraio, non ricordo, comunque era un’ora imprecisabile, mi trascinavo da un minuto al successivo senza alcun entusiasmo, periodi così privi di riferimenti temporali mi rimandavano all’epoca degli studi; quando le giornate in prossimità degli esami erano lastricate di pagine sottolineate e frasi ripetute, date e nomi da conficcare a forza nella memoria e che invece costantemente scivolavano via in tutte le direzioni, come se il cervello diventasse una mano insaponata che tenta di afferrare decine di biglie colorate e per ognuna in più che guadagni, ne perdi due che già tenevi. Nei giorni di studio perdevo la cognizione del tempo, soltanto le pause per il pranzo e la cena scandivano l’avvicinarsi del momento fatale e ammonivano sull’esiguità del tempo rimasto per le ultime ripetizioni. Io e Vic ci eravamo incontrati proprio durante un ciclo convulso e frenetico di studio globale precedente un esame. Precisamente una settimana prima del giorno dell’appello, alla prenotazione. Ero nel dipartimento di Storia, così almeno lo chiamavo io, su un tavolo nell’atrio dal quale si accedeva poi alle varie aule, era adagiato il foglio per le prenotazioni dell’esame di Storia Moderna. Chiaramente parliamo di un’era preistorica in cui le prenotazioni non si facevano on line. Io avevo scritto il mio nome e il numero di matricola su uno dei righi a centro pagina, dopo una decina di altri nomi, e, come mia abitudine, controllavo e ricontrollavo di non aver commesso errori, ogni singola lettera del mio cognome, le cifre della matricola; e poi per sicurezza l’intestazione superiore del foglio che indicava l’esame, il docente e la data dell’appello. I controlli erano particolarmente meticolosi. Maggiore complessità presentava l’esame, maggiore il tempo impiegato per vagliare ogni singolo elemento della prenotazione e rassicurarmi che tutto fosse in regola. Naturalmente prima di questi minuziosi rituali mi assicuravo di essere solo. Mi avvicinavo al foglio quando non ci fossero altri studenti nei paraggi, ma non sempre ci riuscivo.
Ci metti ancora molto? Aveva chiesto una voce alle mie spalle e io ero sobbalzato.
Dalla nebbia la voce era emersa squarciando il panno di solitudine sui vetri e permettendo alla luce del giorno di entrare. Vic era scivolata silenziosa dietro le mie spalle, e attendeva già da qualche secondo per apporre il suo nome alla lista, senza sapere quanto tempo questa operazione potesse richiedere a un suo collega. Mi voltai e la vidi, lei mi lanciò uno dei suoi sorrisi imprecisi e pieni di vitalità, il primo dedicato a me. Comprese di avermi spaventato, anche perché trasecolando avevo lasciato cadere a terra la penna, veloce si calò a prenderla e me la porse. Scusa, non volevo spaventarti. Cercai di frenare il rossore sulle guance: era come fermare una frana con un cucchiaino da dolce. Mi coprii il volto con una mano strofinandomi gli occhi in un gesto immotivato ma in qualche modo utile a restituirmi parte della padronanza di me stesso e farfugliai qualche frase. Aveva gli occhi scuri e larghi, i lineamenti regolari, i capelli corti e un corpo sinuoso che catturò la mia fantasia quando si chinò per trascrivere sul foglio delle prenotazioni il suo nome. Poi mi chiese dell’esame, le mie impressioni, i timori, le possibili domande, gli aneddoti di corridoio che si raccolgono intorno al docente di turno. Era un fiume in piena dopo un nubifragio di ore trascorse a studiare. Usciti dal dipartimento, eravamo scesi in ascensore, avevamo lasciato il cortile alle nostre spalle, ora eravamo in strada; io ero in direzione contraria alla via di casa. Discutevamo di tanti argomenti, l’esame era un’aura mitologica esiliata in un momento indefinibile del tempo. Speranze e aspirazioni per il futuro, incertezze, paure, delusioni, flebili idee politiche. Dopo essere riuscito a liberarmi dal bavaglio dell’imbarazzo, le mie parole fluirono sempre più costanti e regolari, troppo regolari; da brillante che avrei voluto mostrarmi, avvertivo il tono monocorde e soporifero dei miei discorsi seri con inflessioni di saccenteria e accenti di onniscienza. Tutto il contrario dei miei propositi. Temevo di aver sbagliato tutto, ma non fu così evidentemente, poiché lei non mostrava impazienza di andar via. Durante la settimana seguente ci sentimmo telefonicamente un paio di volte, restando a chiacchierare a lungo. Non mancarono alcune velate allusioni personali e qualche complimento smozzicato e incerto che la distanza mi diede il coraggio di gettare lì tra una parola e l’altra. Ci rincontrammo il giorno della verità. Appena terminato l’esame con esiti più che favorevoli mi baciò. Appena terminato il suo esame. Io ero ancora nel pieno della concentrazione e della tensione, lo stomaco vibrava come la cassa armonica di un violoncello, i pensieri erano confusi, percorrevo avanti e indietro l’atrio del dipartimento con l’impazienza di concludere, in qualunque modo purché sia finito.
Avvertii il sapore tenue del suo respiro tra le mie labbra mentre illustravo a un ricercatore abbastanza distratto, la situazione politica europea durante il regno di Filippo secondo di Spagna. Un formicolio sempre più forte risalì lungo la colonna vertebrale fino alla nuca; lei era a pochi metri da me e attendeva che io terminassi. Sei talmente preparato che non avrai nessun problema, mi aveva detto poco prima che venisse chiamato il mio nome; ora ci credevo anch’io, e continuai a parlare con voce sicura, riponendo da parte il nuovo gusto che dalla bocca si diffondeva in tutto il corpo e scioglieva ogni residua esitazione, ogni scoria di incertezza che con lei mi stessi solo illudendo. La sera uscimmo per festeggiare l’avvenuta liberazione da Carlo V e da tutti i suoi allegri compagni di brigata, brindammo in un bar con la vista magnifica del golfo illuminato che dilagava sul tavolato oscuro del mare. Eravamo più leggeri di oltre tre secoli, la guerra dei trent’anni con la sua intricata selva di nomi, date e battaglie tornava a essere una delle tante manifestazioni di insulsaggine umana.
Rimarrà uno dei giorni più belli che abbia mai vissuto. ….
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thebirdarts · 3 months
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Sympathy Pains
art for my fic It makes you hurt the ones who love you, You hurt them like they're nothing [ao3]
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Million years ago/when we were young
short fic [under 400 words] studying Conficcare & Celias relationship, and how her change affects them both. leaning into the poetic and metaphoric with this one, especially at the start. heres where i talk about the part of their relationship im focusing on plainly. title from the two Adele songs that have very similar themes
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When Celia gets home, there's a pile of bird bones on the sofa. Upon closer examination, delicate curved bones expand and contract as fast as rabbits' hearts beat. Paper thin off-white fabric draped over the delicate form, shifting with the movement of hurried breaths.
Heavy steps take her closer to the wreck, floorboards creaking like the building itself is breathing heavy. A reaching hand casts a shadow over the moonlit man, marring the fragile beauty of the moment, as the rabbit heart pauses and beats out of rhythm, bones -ribs- creaking in fearful breaths deep as the endless blue eyes splayed wide open in fear at the disturbance of his misery.
Before she can think she too has recoiled, stepped away from the fear wide eyes, wounded herself at the instinctual flinching, even as she understands it in her heart. 
Words die as they climb up her throat, marching forwards one too light phrase at a time to die in her dry mouth, before she can gain the strength to move her tongue and break the silence.
Eyelids slam down, removing his fear from her sight but yet it does nothing for the petty ache in her heart. Shoetips rise of the floor, weight rolling back onto as heel as she pivots away from the sofa-
Another hand reaches, fingertips brushing against denim, delicate fingers clinging to the back of her jacket, pulling her back, asking her to stay.
When she turns back, they push her away again- push her towards the other place to sit.
Close- but not to close, the message he's sending. Be halfway between the ghost and the monster, let the shadows make you small and weak like him again.
Who is she to deny him the comfort of his old friend, of letting that ghost live again in this late and moonlit hour.
Sometimes she misses that ghost to, before the monster came and changed her.
As she sits and lays back against the cushions, facing him, she lets her eyes fall again, wishing for the moonlit nights of years ago, back when they were young, back before they changed, she changed, and he changed in response. 
Just for tonight, they could both pretend.
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quellochemivadidire · 8 months
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A volte ti sei chiesto perchè tanta cattiveria ti si appigliasse addosso, come ruderi di rose ma ormai già avevi dentro le spine.
Qualcuno ti ha detto "ti auguro il peggio", nonostante tu gli avessi dato il meglio.
Il meglio che dai agli altri non è sempre quello che vogliono da te. Qualcuno ti vuole dentro, altri ti vogliono addosso, altri ancora ti vogliono affianco o semplicemente indietro.
Tu provi tanta rabbia ogni volta che ci pensi. Oggi ti senti in colpa perchè ti sei lasciato far male, ogni volta che succede è uno sterminio a tutte le cose positive che ti alimenta il cuore. Avresti voluto conficcare almeno una spina nel cuore di chi ti ha fatto male.
Ci hai provato tante di quelle volte che ormai hai perso il conto, ma a far male non sei mai stato bravo.
Tu sei cura in un abbraccio, scappa via a chi vuole renderti il cuore di ghiaccio.
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voracita · 9 months
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Tenerti assolutamente ferma, la nuca e i capelli stretti nella mia mano. E conficcare l'eterno nel tuo attimo.
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lamilanomagazine · 1 year
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Francofonte (SR), sparatoria in un pub: i Carabinieri arrestano un 46enne per tentato omicidio
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Francofonte (SR), sparatoria in un pub: i Carabinieri arrestano un 46enne per tentato omicidio. A Francofonte, all’interno di un pub di via dei Combattenti, a quell’ora frequentato da tanti ragazzi, si sono viste scene da “far west”. Un 46enne del luogo, noto alle forze dell’ordine per i suoi trascorsi giudiziari, presumibilmente in preda all’alcol, vede il marito della proprietaria del locale seduto su un divano e lo apostrofa “straniero”. Ma questi, un 49enne originario di Vizzini (CT), residente a Francofonte da diverso tempo, non gradisce l’appellativo. Ne nasce una lite, che degenera quando l’avventore torna armato di una pistola cal. 6,35, affronta il rivale e gli spara un colpo di pistola che lo sfiora, andandosi a conficcare in un muro. Il 49enne di Vizzini, resosi conto dello sparo, lo rincorre e, armato di bastone, lo affronta. La lite si sposta nella vicina piazza Dante dove il 46enne armato spara altri due colpi senza colpire il contendente. Mentre veniva allontanato dai presenti, esplode un ultimo colpo di pistola che ferisce la vittima alla gamba destra costringendolo a ricorrere alle cure dei sanitari del pronto soccorso dell’ospedale di Lentini. Sul posto i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Augusta, dopo aver cinturato la zona, hanno raccolto elementi per la completa ricostruzione della dinamica degli eventi, tra l’altro, ripresi dalle telecamere dei sistemi di videosorveglianza della zona, consentendo alla Procura di Siracusa di disporre il fermo di indiziato di delitto dell’autore del ferimento. Il Tribunale di Siracusa, dopo la convalida, ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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thelastdinner · 1 year
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Ed attenderti non mi è mai piaciuto.
Cosa devo fare con te?
Tra una sigaretta ed un'altra, seduto su questo letto insipido, guardo impaziente l'orologio.
Scuoto la testa, sbuffo e divoro con una boccata il tabacco rimasto.
Apri la porta, eccoti.
Non posso fare altro che alzarmi e prenderti i capelli per cacciarti tra quelle lenzuola che solo ieri hai desiderato.
Le mie mani come artigli strappano, lacerano quel poco che ti riveste.
Hai fatto tardi, tutto qui, ma ora avrai quello che hai supplicato. Sei bella.
Mi piaci soprattutto quando scivoli tra le mie gambe in cerca di un piacere che spasimi da tempo.
Nei tuoi occhi, la convinzione di essere esattamente nel posto dove hai voluto essere.
Un posto senza luci, senza tempo.
I tuoi seni abbondano sulla mia bocca, mentre il ventre danza sul mio vorticosamente.
Dividiamo la carne, non i sogni, ed è per questo che ciò è l'unico modo possibile per sottrarsi alla Tua.
E’ solo Tua la speranza di infettarmi d'Amore.
Sì, sei Infezione che può diventare cancro, malattia letale che divora ogni spazio ed ogni respiro.
Voglio marchiarti addosso la mia pelle.
Far mio ogni tuo sapore divorandoti. Con gli umori vivi da leccare.
Eppure sei bella.
Ed a volte, mi perdo nel guardarti inarcare la schiena come un arco teso, pronto a scoccare l'urlo di un travolgente orgasmo.
Sì, sei bella e ti possiedo senza ritegno, mescolando la forza col piacere. Il mio.
Il tuo, per me, è relativo.
Così come ciò che desideri e che chiedi.
Sono io. Io che desidero e che pretendo.
E prendo.
Apri la bocca, adesso, e bevi.
Il mio cuore. Io non lo so più dove sia.
L'ho perso insieme alla metropolitana per venire da te.
Avevo studiato meticolosamente il mio corpo davanti allo specchio, lo avevo vestito di pizzo nero e seta morbida sulla pelle, come una carezza.
Per te, che non mi hai lasciato il tempo di un saluto e di dosso mi hai strappato persino la pelle, a divorarmi come un lupo.
E non vedi queste palpebre che mi tremano, né senti i rovesci disperati dentro al petto.
È una gestazione di pelle, la mia, sotto il tuo passo furioso, sparso ovunque su me, così che ti seguo nei solchi e nei lividi che mi lasci addosso, nel tuo fiato dappertutto e nella distanza che metti fra il tuo petto ricoperto di ruvide scaglie e il mio amore fatto cielo, per contenerti tutto.
Tu credi che prendi carne di me, a partire dai seni dolenti nell'artiglio delle tue mani, al loto dischiuso alla tua frenetica lingua. Alla danza del mio ventre sul tuo.
Eppure, io ti offro me, tutta me, tutta intera, come preghiera. Sangue che anela direttamente alla tua vena.
Ma, tu non senti. Non mi senti.
E’ un dolore indicibile, spudorato.
Un incendio di cui tu non t'avvedi, ma che pure bramo. Purché sia tuo il marchio da portarmi addosso, a riempire la forma indigesta della tua assenza.
Mi volti, mi apri e io non resisto quando ti fai spazio. T'insinui, m’inchiodi e io mi lascio conficcare.
Senza mezze misure. Senza riguardo alcuno.
Soffoco grida sul cuscino di cui non ti curi, mentre mi rovesci. Mi pieghi. Mi sradichi da questa terra. T'infrangi contro i miei fianchi come un'onda.
Ed io mi m'inarco sotto la tua afflizione.
Ti cerco, ti vengo incontro e mi do in pasto alla tua fame maledetta.
Maledetto sia l'istante in cui ho frainteso lo sguardo di Zeus con quello di Eros.
Azeruel e Didi
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