Tumgik
#casa soleto
ripplefactor · 9 months
Text
Tumblr media
A kitchen at Casa Soleto, Southern Italy .. @casa.soleto ..
3 notes · View notes
arspacis · 10 months
Text
Tumblr media
2 notes · View notes
usunezukoinezu · 9 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
✦ дикими тропами ✦
by casa.soleto
0 notes
lifeonsundays · 2 months
Text
Tumblr media
Casa Soleto
13 notes · View notes
rawideas · 5 months
Text
Tumblr media
CASA SOLETO
11 notes · View notes
disneybritton · 8 months
Text
Tumblr media
Casa Soleto
3 notes · View notes
parislacroix · 5 months
Text
Tumblr media
Casa Soleto - kobu.co
0 notes
italian-malmostoso · 4 years
Text
Scusate, che ho la memoria corta, chi è al governo in Puglia?
Farete una campagna anche contro la sanità di quella regione, vero, cari amici di sinistra?
24 notes · View notes
istanbulperitaliani · 4 years
Text
I legami tra la Turchia e l’Italia.
Tumblr media
Una faccia una razza é un vecchio detto popolare che é stato usato anche nel film - premio Oscar - Mediterraneo di Gabriele Salvatores (1991) per indicare le radici in comune che intercorrono tra i popoli del Mar Mediteranneo.
E’ naturale quindi che tra la Turchia, in questo caso tra la millenaria storia di Istanbul, e molte delle realtà presenti oggi in Italia esistono dei profondi legami.
Iniziamo questo viaggio segnalandovi le numerose chiese di rito bizantino localizzabili soprattutto nell‘Italia meridionale e che risalgono all’epoca in cui questi territori appartenevano all’Impero Bizantino.
Tra le tantissime chiese vi segnalo la graziosa Cattolica di Stilo (foto in alto) in Calabria che faceva parte di un complesso di oltre 300 monasteri bizantini situati tra Stilo e la provincia di Catanzaro.
A partire dal VI secolo i monaci di San Basilio provenienti dall’odierna Turchia e che aumentarono di numero con il tempo, costruirono numerosi edifici religiosi e tra questi l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata, in provincia di Roma, fondata nel 1004 cinquanta anni prima dello Scisma tra cattolici e ortodossi.
Naturalmente anche i capolavori dei mosaici bizantini presenti nell’antica Basilica di San Vitale a Ravenna meritano assolutamente una vostra visita, ricordandovi che questo edificio venne costruito sul modello della Chiesa dei santi Sergio e Bacco oggi la moschea della Piccola Santa Sofia ad Istanbul.
Tumblr media
L’antico flusso migratorio che vi ho accennato prima e proveniente dall’attuale Turchia, non riguardava solo gli ecclesiastici ma anche la popolazione civile che in molti casi é riuscita a mantenere intatte fino ai giorni nostri le proprie peculiarità etniche, linguistiche, culturali e religiose.
Nelle comunità ellenofona in provincia di Reggio Calabria (Bagaladi, Bova, Bova Marina, Brancaleone, Condofuri, Melito Porto Salvo, Palizzi, Roccaforte del Greco, Roghudi, San Lorenzo e Staiti) e in Puglia in provincia di Lecce (Calimera, Carpignano Salentino, Castrignano de’ Greci, Corigliano d’Otranto, Cutrofiano, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollinodove) si parla un dialetto simile al greco detto grecanico, e alcune di esse hanno ricevuto qualche anno fa, visto che adottano il rito cristiano-ortodosso, la visita di Sua Santità l’Arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma e Patriarca Ecumenico Bartolomeo.
Alla comunità ellenofona dobbiamo aggiungere anche quelle arbereshe (arbëreshë) che discendono dagli albanesi che si stabilirono in Italia tra il XV e il XVIII sec. al seguito della caduta dell’Impero Bizantino (1453) e dell’avanzata dell’Impero Ottomano nei balcani.
Questa comunità appresenta una delle più importanti minoranze etno-linguistiche italiane. La più grande si trova a Piana degli Albanesi in provincia di Palermo in Sicilia.
Tumblr media
Foto realizzata da Manfredi Caracausi durante le celebrazioni pasquali con abiti tradizionali albanesi.
E a proposito della Sicilia dobbiamo citare il Duomo di Monreale, altro esempio di arte bizantina in Italia.
Vi invito a visitare i Comuni ellenofoni e i Comuni dell’Arberia durante i loro eventi tradizionali se volete assaporare il fascino di una storia antica che in qualche modo é partita da dove vi scrivo.
Proseguo con il citarvi la quadriga in bronzo sulla Chiesa di San Marco a Venezia che proviene dall’antico Ippodromo di Costantinopoli; la stessa chiesa di San Marco é identica a quella dei Santi Apostoli di Costantinopoli e il tesoro di San Marco ospita preziosi provenienti dall’antica capitale bizantina. Come non dimenticare il gruppo scultoreo dei tetrarchi un tempo a Costantinopoli e trafugato durante la Quarta Crociata del 1204. Oggi un piccolo pezzo é esposto nel museo archeologico di Istanbul.
Tumblr media
La Turchia é la culla del cristianesimo
La Turchia ha ospitato le prime comunità cristiane (Tarso, Laodicea, Pergamo, Efeso, Antiochia per citarne qualcuna), vicino alle rovine di Efeso si trova “la casa di Maria” il luogo dove la madre del Cristo ha vissuto fino alla sua morte; l’Io credo che i cristiani professano durante la messa é nato dai concili di Nicea (Iznik) e di Costantinopoli (Istanbul); il quarto concilio, quello che definisce la natura umana e divina di Cristo, si svolse a Kadıköy (quartiere asiatico di Istanbul) dove sorge la Chiesa di Santa Eufemia.
Le tante reliquie dei santi che oggi vengono venerate in Italia e in Europa un tempo erano custodite nelle chiese di Istanbul, moltissime trafugate durante il saccheggio di Costantinopoli della Quarta Crociata del 1204. Tra le tante ricordiamo le reliquie di Sant’Andrea - il patrono del Patriarcato di Costantinopoli - che si trovano nel magnifico Duomo di Amalfi, città dove il primo settembre si festeggia, con una bella rievocazione storica, il capodanno bizantino!
Tumblr media
Ma non esistono eventi festivi legati alla gloriosa epoca bizantina. Una particolare festa si svolge a Moena, in Trentino, dove c’é il rione Turchia e la gente indossa costumi ottomani in una sorta di Carnevale in stile turco; nelle rievocazioni storiche di Tollo e di Villamagna i protagonisti sono sempre dei turchi. Un uomo vestito con turbante e scimitarra interpreta “il turco” nella Festa dei Gigli di Nola.
Ad Istanbul ho trovato in una chiesa armena un simbolo quaresimale cristiano che serve a scandire i giorni fino a Pasqua simile alle bambole quaresimali usate nelle regioni del sud Italia.
Sapete che il significato di “mettere le corna” viene dalle imprese poco onorevoli dell’imperatore bizantino Andronico I?
Citiamo anche il razzismo o meglio l’Anti-turchismo o la Turcofobia, emblematica la frase “mamma li turchi” risalenti alle incursioni dei pirati turchi sulle coste italiane che hanno ispirato canzoni, poesie, detti popolari, dato nomi a luoghi geografici come la “scala dei turchi” in Sicilia o che sono all’origine di curiosi episodi, come quello della Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli di Agropoli (Salerno), costruita dopo il rinvenimento in mare della statua della Madonna che i pirati turchi avevano trafugato, per poi abbandonarlo lungo il tragitto verso Costantinopoli: l’odierna Istanbul. Sempre in Sicilia abbiamo la Testa di turco di Scicli: è un bignè, grande almeno il triplo di un bignè normale, ripieno di crema o di ricotta. Il dolce nasce nella città di Scicli, nel Ragusano. Le teste di turco sono legate all’antica vittoria dei siciliani sui saraceni nel 1091 ad opera di Ruggero d’Altavilla. La sua forma ricorda un Turbante. Tutto é collegabile all’uso, a partire dal 1500, nella lingua italiana del termine “turco” per indicare qualcosa proveniente da un paese lontano come il “granoturco”.  
“La Turchia non é mai stata Europa storicamente”. Strano. E pensare che Costantinopoli dal 330 d.C. é stata la capitale dell’Impero Romano. La stessa città venne ribatezzata da Costantino come Nuova Roma!
Nota: I lettori più attenti noteranno sicuramente alcune omissioni ma l’argomento é talmente vasto da inserire in un semplice post di un blog che vi invito a svolgere degli ulteriori approfondimenti e, se volete, anche a segnalarmeli. In ogni caso continuo ad aggiornarlo.
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città. Scrivi una e-mail a: [email protected] Seguici anche su www.facebook.com/istanbulperitaliani
5 notes · View notes
ydesperte · 5 years
Text
'Acacias 38' salta a 1913 con renovadas tramas y personajes
Tumblr media
Tras casi cuatro años en emisión de Acacias 38 en La 1, la ficción que producen RTVE y Boomerang TV, dará un salto temporal renovando su popular calle por la que los espectadores seguirán viendo algunas caras ya habituales en el vecindario y otras desconocidas, que traerán muchas novedades en las tramas.
Será a partir del capítulo 961, el 1 de marzo, cuando Acacias 38 dará el salto en el tiempo y avanzará 10 años. Nuevas y apasionantes tramas mostrarán la evolución del barrio en estos años. En esta etapa se incorporan a la serie diez nuevos actores que interpretarán a los personajes que han llegado recientemente a Acacias.
Algunos de los personajes más queridos de Acacias 38 convivirán con los nuevos vecinos, que atraparán con las nuevas y potentes historias.
Samuel Alday (Juan Gareda) vuelve al barrio y no lo hace solo ni soltero. Genoveva (Clara Garrido), una joven sensual le acompaña y se instalará en la casa familiar junto a Carmen, que vuelve al servicio de los Alday. Genoveva dejará a los hombres embobados con su glamour y alegría, mientras que las señoras no verán con buenos ojos su forma de comportarse ni su simpatía con los caballeros. Genoveva intenta integrarse para vivir feliz por primera vez en su vida.
Por su parte, Lucía está casada con Eduardo (Paco Mora), un hombre enfermo e infeliz que finge ser un perfecto marido pero que en la intimidad no trata bien ni a Lucía ni a su hijo Mateo (Adrián Hernández). Lucía vive una vida de amargura y Úrsula se ha convertido en el ama de llaves e institutriz del pequeño, como ya lo hizo años atrás con Cayetana. La rutina diaria se rompe con la llegada de Telmo, que regresa para demostrar su inocencia y recuperar a Lucía.
Además, una nueva familia andaluza ha adquirido recientemente la antigua vivienda de los Palacios. Se trata de la familia Domínguez, que llega a la calle Acacias por todo lo alto. La mujer de la familia es la artista Bellita del Campo (María Gracia), que viene acompañada de su marido, el apuesto José Domínguez (Manuel Bandera) y su doncella de toda la vida, Arantxa (Gurutze Beitia). El matrimonio ha vuelto tras su gira por las américas para estar cerca de su hija Cinta (Aroa Rodríguez), interna en un colegio para convertirse en una auténtica señorita.
También la chocolatería 'La Deliciosa' ha cambiado de manos y ha pasado a ser un restaurante, el 'Nuevo Siglo XX', regentado por la familia Pasamar, compuesta por Felicia (Susana Soleto) que, junto a sus hijos Emilio (José Pastor) y Camino (Aria Bedmar) se han ganado el cariño del barrio, integrándose con total normalidad.
1 note · View note
kiro-anarka · 4 years
Link
En tan sólo siete días, los que van del 14 al 21 de julio, cuatro mujeres han sido asesinadas por sus parejas o exparejas en nuestro país. Así lo reconoció la Delegación del Gobierno contra la violencia de género este martes, cuando incorporó a la fatídica lista los últimos dos casos que mantenía bajo investigación. Se trata de una mujer fallecida en Palma (Mallorca) tras ser agredida por su marido y que permaneció hospitalizada en la UCI en situación crítica y otra mujer asesinada en Santa Úrsula (Santa Cruz de Tenerife) presuntamente a manos de su expareja. Ambos tenían antecedentes por violencia de género.
Estas dos víctimas se suman a otras dos registradas el pasado 14 de julio: una mujer de 20 años en Barcelona cuyo marido la degolló frente a su hijo de tres años en un piso del Raval y de otra mujer de 31 años en Torrejón de Ardóz (Madrid) asesinada a golpes en un polígono industrial a manos de su pareja.
Los cuatro asesinatos registrados en esta semana de julio equivalen a todos los computados durante los últimos tres meses de confinamiento (de abril a junio), periodo durante el cual se registró un mínimo histórico desde que se recopilan datos. Las cifras más bajas de asesinatos de género registrados en el trimestre abril-mayo-junio, sin contar la de este año, se encuentran en 2014, 2015 y 2016, tres años en los que las cifras oficiales registraron diez asesinatos machistas en dicho período. La más alta en ese trimestre se produjo en 2007, con 21 crímenes.
¿Significa entonces que durante el estado de alarma disminuyó la violencia de género? ¿O que estamos ante un repunte de este tipo de asesinatos? La respuesta es más compleja que un sí o un no, y la hemos buscado a través del testimonio de diversos expertos.
Victoria Rosell, Delegada del Gobierno contra la Violencia de Género recuerda que ya durante el Estado de Alarma "nuestro diagnóstico era que el aparente descenso obedecía fundamentalmente al incremento de la violencia de control y de la violencia psicológica durante el confinamiento, y que con la desescalada los agresores que han tenido sometidas a las víctimas durante 24 horas al día iban a tener una sensación exacerbada, desproporcionada,  de pérdida de control, que podría  traducirse en un repunte de la violencia física y los asesinatos", explica a Público.
Este análisis coincide con la apreciación de Miguel Lorente, médico forense y ex delegado del Gobierno contra la Violencia de Género durante el Gobierno de José Luis Rodríguez Zapatero. Para entender lo que ocurre, explica, es necesario entender cómo funciona la violencia de género y el control. "Mucha gente cree que el objetivo de la violencia es lastimar y maltratar. Pero el objetivo es controlar, dominar, someter. Las matan cuando ese objetivo fracasa. El homicidio se produce cuando pierden el control sobre ella y cuanto mayor es esta percepción, con más contundencia la resuelven. Este factor es el que hace que la separación y ruptura de la relación actúen como el principal factor de riesgo para que se produzca una agresión grave y el homicidio".
Por eso, explica este experto, "el confinamiento por la pandemia de la covid-19, que dificultó la salida de la relación violenta de las mujeres que convivían con su maltratador, se tradujo en una prolongación de la violencia, e incluso en un incremento de su intensidad que el agresor la vive bajo una sensación de seguridad e impunidad. La aparente disminución de casos graves y homicidios durante el confinamiento, se puede traducir en un incremento posterior de la violencia, como estamos viendo con la modificación de las circunstancias y a medida que las mujeres vayan ganando cierta facilidad en su salida de esa violencia".
Aunque hubiese menos asesinatos, hay varias formas de medir que la violencia de género no sólo no disminuyó, sino que se mantuvo durante el confinamiento o incluso se incrementó. Entre ellas, Rosell cita un incremento de los partes de lesiones registrados por la Salud Pública, "la cifra de 8.700 detenidos por violencia de género" facilitadas por el Ministerio de Interior, "70.000 llamadas de control a agresores y de 245.000 contactos con casos de víctimas activos en el sistema Viogen. Los servicios del 016 han aumentado considerablemente, hasta un 450% el 016 online", detalla Rosell.
"Yo no lo llamaría repunte a lo que hemos visto en estos últimos días de julio", afirma Marisa Soleto, presidenta de Fundación Mujeres. Se trata de un problema estructural que se acomoda a las circunstancias. Que haya habido menos mujeres asesinadas tiene que ver con lo que se conoce como el paraíso del maltratador: la tengo en casa y no se mueve. Y ellas han rehuido todo lo posible las situaciones de riesgo. Un grandísimo número de mujeres ha retenido decisiones como las de irse o denunciar. Sencillamente porque no podían hacerlo. Por eso hemos visto un descenso de las denunciar por violencia de género durante gran parte del confinamiento".
La contraparte, lo que desmiente que la violencia se hubiera reducido, afirma esta experta, fue el gran incremento de las consultas de información a los recursos contra la violencia, pero aplazando la decisión para más adelante.
Soleto explica que una cosa que si ha hecho correctamente han sido las campañas informativas desde el inicio del estado de alarma y que éstas se hayan mantenido en el tiempo. "Siempre hay cosas que se pueden mejorar, pero las campañas informativas del Gobierno, así como de organismos de Naciones Unidas, han permitido una bajada en los datos de asesinatos. Cuando se ha desconfinado, esos datos han vuelto a subir a niveles habituales. Porque no hay que olvidar que julio es, tradicionalmente, uno de los meses con más incidencia de asesinatos machistas. El problema sigue persistiendo y lo vamos a seguir teniendo", añade.
En el mes de marzo el Ministerio de Igualdad lanzó una campaña en redes sociales bajo el lema "Seguimos aquí, estamos contigo. La violencia machista la paramos unidas", con carteles editables que se imprimieron para comunidades de vecinos, farmacias, supermercados, con recursos abiertos durante el estado de alarma. La campaña apelaba, además, al entorno, incidiendo en la necesidad de la denuncia de aquellos que vieran u oyeran agresiones machistas. También se puso en marcha una campaña publicitaria en medios de comunicación con el mismo lema, se emitieron guías de recursos contra la violencia de género y se aseguró la publicidad de que todos los servicios esenciales (casas de acogida, la línea de ayuda 016...) seguían en marcha o se habían reforzado.
"No hemos parado, porque la covid-19 para las víctimas de violencia, era una pandemia sobre otra pandemia. La emergencia, las urgencias sanitarias, no podían dejar atrás una enfermedad social crónica como es la violencia de género", afirma Rosell.
Graciela Atencio, responsable de Feminicidio.net da también gran importancia al impacto de estas campañas del ministerio. "Han funcionado muy bien durante el confinamiento y esperemos que no bajen la guardia para seguir haciendo difusión y publicidad de las formas en que puede denunciar porque la covid-19 ha puesto a las mujeres en una mayor vulnerabilidad", explica.
Esta experta destaca algunos elementos distintos a tener en cuenta que explican el incremento de los asesinatos en la desescalada. En primer lugar, el factor estacional. "Según nuestro análisis de datos de los últimos diez años, junio y julio son dos de los tres meses que acumulan más casos de asesinatos de mujeres. El incremento de calor y el hecho de convivir más tiempo con el agresor son factores de riesgo", explica Atencio.
El segundo factor a tener en cuenta, resalta, es el hecho que durante el confinamiento, los agresores que no convivían junto a su pareja o expareja tuvieron muy difícil desplazarse, con normas estrictas de confinamiento. "Es importante tenerlo en cuenta porque quiere decir que si se controla al maltratador, las órdenes de alejamiento funcionan. Estas no funcionan bien porque ponen bajo la lupa a la víctima, no al agresor".
Atencio también pone el énfasis en la necesidad de registrar todos los asesinatos machistas, no sólo los que se cometen en las relaciones íntimas. "Estamos empezando a ver que están aumentando otro tipo de feminicidios, como son los familiares. Lo que no incluyen las cifras oficiales es que durante los últimos días dos mujeres han sido asesinadas por sus hijos. No tenemos políticas de prevención específicas para estos casos. Pero tan sólo en la primera mitad de este año han sido asesinadas 14 mujeres a manos de sus hijos. Esta violencia no es visible y en situación de confinamiento la vulnerabilidad de estas mujeres aumenta de forma exponencial".
Feminicidio recoge los datos de todas las asesinadas por el hecho de ser mujeres, no sólo las que lo son por sus parajes o exparejas, como establece la ley de violencia de género de 2004. En este sentido, afirman que se han producido en lo que llevamos de año un total de 51 asesinatos machistas, no los 25 que reconoce oficialmente el Gobierno.
Victoria Rosell estima que veremos un incremento de violencia machista en el desconfinamiento. "Creo que habrá un repunte de la violencia física ahora. Insistimos constantemente en que no podemos bajar la guardia, y lamentablemente los hechos están ahí. Esto contradice de plano a quienes se empeñan en mostrar la violencia de género como un conjunto de casos aislados, patologizando al agresor, hablando de malas personas, de locos, incluso de extranjeros, obviando la realidad de que es una violencia estructural y silenciada, que hunde sus raíces en la desigualdad y en la sociedad patriarcal, que no son excepciones del sistema sino el propio sistema. Por eso insistimos en que la responsabilidad penal por supuesto es individual, corresponde al poder judicial, pero  proteger a las víctimas, y garantizar la igualdad real, que es la única salida a la violencia de género, es una responsabilidad social, nos incumbe a todas las instituciones, públicas y privadas, a toda la sociedad".
0 notes
arspacis · 10 months
Text
Tumblr media
1 note · View note
lifeonsundays · 3 months
Text
Tumblr media
Casa Soleto
18 notes · View notes
Photo
Tumblr media
Nuovo post su https://is.gd/0NgGX0
La pittoscultura di Pasquale Pitardi
di Paolo Vincenti
Cursi, pochi chilometri da Maglie, è la patria delle cave di pietra ed è anche la patria di Pasquale Pitardi, che però vive a Galatina, “poliedrico artista informale nell’anima e nei fatti”, come scrivono di lui, spinto da quella irrequietezza un po’ randagia, che forse è propria di tutti i creativi. Ma i viaggi di Pitardi, oltre che nelle dimensioni temporali del passato, del presente e del futuro, sono viaggi nel colore, nella materia, nella libera creazione fantastica.
“Pittoscultografia” è il neologismo coniato per definire l’arte di Pitardi, o quello che è oggi l’approdo dell’arte di Pitardi. Infatti, l’artista, che provava un senso di profonda insoddisfazione misto alla curiosità e alla voglia di intraprendere nuovi percorsi, ha iniziato a scomporre le sue opere e dalla bidimensionalità, tipica do ogni dipinto, è approdato alla tridimensionalità di quelle che sono oggi le sue pennellate di colore che, come variopinte tavolette votive, si accumulano nella sua casa laboratorio, oppure nelle mostre alle quali partecipa.
Partendo dalla acquisita consapevolezza che la pittura è finzione, e che come tale non lo appagava più, Pitardi ha iniziato a staccare questa pittura dai suoi canonici supporti, a scomporre l’opera d’arte visiva quadro, e a cercare sfondo per le sue pennellate di colore nei materiali più disparati, dal legno alla plastica, che danno comunque al fruitore la percezione tattile di un corpo tridimensionale che fa tabula rasa di ogni menzogna immaginativa, di ogni illusione ottica quale è, fra chiari e scuri, il quadro tradizionalmente inteso.
Per le sue opere, usa acrilico e pennelli di tutte le dimensioni ed offre così al visitatore un’esperienza singolare, perché i suoi prodotti artistici sono tutti originalissimi in quanto pezzi unici, non riproducibili, sfuggono alle omologazioni, a qualsiasi catalogazione. “Sono lì, si vedono, si toccano, hanno la dimensione che è sotto gli occhi di chi guarda; non ci sono illusioni ottiche, non ci sono giochi di prospettive e chiaroscuri ingannevoli, niente è diverso da ciò che colpisce i sensi del visitatore. Non si compongono in immagini. Possono suscitare sensazioni di piacere o di rifiuto, questo importa poco. Non hanno messaggi o significati da trasmettere.
Sono colore puro e sconvolgono con la loro urgenza fisica, con il loro nonsenso”, scrive Maria Rosaria Cesari, in uno dei tanti blog on line sulle mostre del Pitardi. Pasquale Pitardi è stato vincitore a soli 16 anni del concorso di disegno pubblicitario promosso a Milano dalla casa editrice Aldo Palazzi.
Fino al 1986, ha lavorato presso il centro stile design della Fiat, Torino, ma poi ha abbandonato tutto ed è tornato nel Salento, a Galatina, per dedicarsi alla sua arte. Ha tenuto numerose mostre, fra le quali ci piace ricordarne alcune. Nel novembre 1997, presso l’Associazione culturale Amaltea, Lecce, presenta “Differendo. Personale di pittura”. Dal 3 al 21 dicembre 2005, tiene a Lecce, presso i Cantieri Teatrali Koreja, la mostra “Nulla da dipingere: nulla da scolpire”. Una personale, “L’Opera,”, a Spoleto, dal 18 agosto all’8 settembre 2007.
Questo “smontare l’opera pittorica” diventa un po’ la cifra distintiva di Pitardi. Nell’agosto del 2008, a Gagliano del Capo, partecipa alla mostra collettiva su Vincenzo Ciardo. Scrive Massimiliano Cesari, in occasione della “Mostra Bellomo Luchena Pitardi” (che si tiene nell’aprile 2002 a Soleto presso l’Opera Pia ): “E’ apparentemente difficile collocare la produzione artistica di Pasquale Pitardi all’interno di una categoria delle arti figurative, così come la tradizione artistica spesso pretende, e pericolosamente realizza.
L’artista, e lo posso affermare senza perplessità, vive la sua ricerca in una fluttuante zona di frontiera, dove il bidimensionale (allegabile alla pittura su un qualsiasi supporto) si plasma con la tridimensionalità, ricca di vuoti e pieni, della scultura (praticata in maniera quasi classica), alla ricerca del genere artistico universale e completo, lontano dalla contemporanea e diffusa concezione autoptica che comunemente si ha.
E’ una lotta che Pitardi conduce incessantemente con consapevolezza, cosciente dell’importanza che essa detiene su se stesso e che gli permette, attraverso continui impulsi vitali, di concretizzare le ricerche e le sperimentazioni ‘pittografoscultoree’. Una lotta generatrice, quindi, paradossale per certi versi, ma evidentemente emblema di un disagio ricollegabile ad una collettività sempre più distante e sprezzante, nei confronti di chi pratica arte: l’artista ha un bisogno costante, quasi spasmodico, di dialogare con chi si pone davanti all’opera; egli rivendica con forza il ruolo di catalizzatore tra i messaggi figurativi e il comune fruitore, cercando di scuotere e di invadere la coscienza estetica del pubblico”. (pubblicato in Massimiliano Cesari, Bellomo-Luchena-Pitardi: tre percorsi contemporanei, in «Note di Storia e Cultura Salentina»,n.17, Lecce, Grifo 2005, pp. 256-257).
Nel 2011 espone presso la Mediateca Comunale di Melpignano “Peppino Impastato”, con la mostra “Pittoscultografica” l’opera”, curata dalla coordinatrice della Mediateca Ada Manfreda. Qui ha esposto ben 5000 pennellate, mentre nell’ex Convento degli Agostiniani una tela bianca di 570 metri x 146 centimetri e nell’ex Manifattura Tabacchi 39 contenitori. Infatti, negli ultimi tempi Pitardi cerca di distanziare quanto più possibile il contenuto della sua opera dai contenitori, fino a realizzare, ci confessa, il sogno impossibile di distanziarli quanto l’intera circonferenza della Terra.
Come scrive Salvatore Colazzo in I colori caduti. La pittoscultura di Pasquale Pitardi ( pubblicato in “Amaltea”, trimestrale di cultura on line, dicembre 2010, e in “Il Paese Nuovo”, Lecce, sabato 16 aprile 2011), “parlando dell’inaugurazione della mostra ( “La pittoscultura di Pasquale Pitardi”, Galatina, Galleria D’Enghien, 1-30 novembre 2010) l’artista ha tenuto a ribadire la sostanziale identità tra il gesto del pittore e quello dell’imbianchino […] E’ molto concettuale l’idea di materializzare una pennellata e metterla in mostra […] Concettuale è pure l’idea di gettar giù dalla torre di Pisa piuttosto che dal Campanile di San Marco che dal Duomo di Lecce secchiate e secchiate di colori, come fossero coriandoli, solidificati”.
C’è da aspettarsi dunque nuove spiazzanti realizzazioni da questo poliedrico artista dai lunghi capelli contenuti da un cerchietto e dalla bianca barba che lo fanno simile ad un santone indiano oppure ad un mitologico sileno salentino.
0 notes
sauolasa · 4 years
Text
«I nostri nonni soli contro il Covid»Perché a Soleto sono morti 16 anziani
È in corso una inchiesta sulla casa di riposo «La Fontanella», uno dei focolai più drammatici al Sud. Il racconto dei parenti delle vittime: «Un incubo»
0 notes
iafisco1960 · 4 years
Text
«I nostri nonni soli contro il Covid»Perché a Soleto sono morti 16 anziani
È in corso una inchiesta sulla casa di riposo «La Fontanella», uno dei focolai più drammatici al Sud. Il racconto dei parenti delle vittime: «Un incubo» source https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/lecce/cronaca/20_aprile_22/i-nostri-nonni-soli-contro-covid-perche-soleto-sono-morti-16-anziani-ec4a4bc4-847f-11ea-9aa0-0c5f4c956f82.shtml
0 notes