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#aurora lacroix bio
lilacs-diary · 7 years
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/ about. ❛ Potente Kushiel di sferza armato ultimo dei bronzei portali col dardo tuo acuto di sangue macchiato pungi l’occhi ai prescelti mortali. ❜ Correva l’anno 1780 in quel dì francese della Corte della Notte, quando per la prima volta si udì il pianto di un neonato provenire dalla finestra di un’anonima abitazione situata ai piedi della collina: non la massima aspirazione per una donna istruita al lusso, ma sicuramente risultava esserlo per un mediocre mercante dell’epoca. Quella notte la luna era alta nel cielo, e la luce di mille e più stelle illuminava il letto a baldacchino dalle lenzuola color panna: Lilian de Merliot stringeva tra le braccia una creatura dalle dimensioni di un minuscolo fagotto, di cui si riusciva a scorgere esclusivamente un ciuffo di capelli scuri. Poi ci fu il vuoto. La creatura era bella, bellissima, tranne che per una minuscola, crudele imperfezione, che per quanto piccola ed insignificante le costò un’infanzia infelice in un’isolata casa di Grenoble, sino ai cinque anni – sino a quando non fu abbastanza grande da poter essere portata altrove. Il giorno del suo quinto compleanno, difatti, ambo i suoi genitori decisero di portarla alla già precedentemente nominata Corte della Notte, precisamente a Casa Cereo, per tenerla lontana da se stessi e per permetterle di vivere una vita di lussi ed agi, di insegnamenti. « Ma è imperfetta » furono le parole della priora. I lineamenti del suo viso rispecchiavano quelli di sua madre, come una miniatura perfettamente intagliata; l’incarnato, sebbene troppo chiaro per i canoni di Casa Cereo, era di una sfumatura d’avorio più che accettabile. Ed i capelli, che crescevano in una piacevole profusione di ricci, eran più scuri della notte stessa: in alcune Case, questa era vista come una caratteristica affascinante. Gli arti erano dritti e flessuosi, le ossa — una meraviglia di delicato vigore. I suoi occhi, una volta raggiunta la tonalità definitiva, erano della sfumatura che i pittori ed i poeti usan appellare come “acqua marina”: una tinta intensa, profonda e luminosa, simile a quella di uno stagno nel cuore di una foresta, ombreggiato da antiche querce. Turchese, quindi; intenso, liquido & brillante, ma con un’imperfezione. Turchese, eccetto che nell’occhio destro, nella cui iride brillava una macchia di colore differente: rosso, per quanto dire “rosso” non sia sufficiente a descriverne la brillantezza. Meglio definirlo scarlatto, o cremisi, più rosso dei bargigli di un galletto o della mela glassata in bocca ad un maialino arrosto. « Ti prego, Miriam, è figlia mia! » E fu così che ella l’accolse, ma ad una condizione: avrebbe sempre dovuto tenere gli occhi bassi. Mai, mai e poi mai issare lo sguardo in compagnia di altre persone. Fu così, dunque, che ella trascorse i successivi otto anni: istruita e trattata alla stregua di nobili e ricchi, con un’unica, importante, differenza. Gli adepti della Corte eran dunque costretti ad imparare e tramandare attraverso i secoli i doni di Namaah, tant’è che tutti, uomini e donne, venivano istruiti all’arte del dare piacere. Ma come le regole esordivano, non appena compì dodici anni alla porta della sua stanza apparve un uomo di bell’aspetto, più vicino ai trenta che ai venti: era alto, bello, con lunghi capelli bruni ed occhi verdi come il prato. Era lì per adottarla, per acquistarla, nonostante quegli strani occhi cerulei screziati di cremisi – in netto contrasto con i suoi capelli corvini. « Miriam, hai tra le mani un’anguisette*, una vera anguisette! Guarda come trema, persino ora, persa tra paura e desiderio! Dovresti migliorare gli archivi. » Furono queste, le parole che segnarono l’inizio della vita di Aurora Lacroix nó Delaunay. Anafiel Delaunay la accudì e la trattò come una figlia, alla stregua del dolce e bello Anachin, figlio biologico dell’uomo, con l’unica differenza che s’impegnò a fondo per renderla un’ottima amante ed un’egregia spia, riuscendo ad insegnarle come sfruttare al meglio i doni ricevuti, alla nascita, da Kushiel. Le insegnò a percepire i sentimenti delle persone sfruttando le linee di sangue che la univano al Castigatore di Satana, ad udire anche il più sottile dei rumori. Ed Aurora, al contempo, vi si affezionò. A quattordici anni fece in modo di dare una festa in suo onore al Palazzo Reale, comprensiva di un’asta per la sua verginità. Questa la vinse una donna, Mélisande Shahrizai, che fece render conto ad Aurora di cosa significasse in realtà quel dardo posato nella sua iride destra, e che la fece innamorare – per poi spezzarle il cuore. Da quel momento, venne da sempre considerata ed appellata come “l’anguisette di Delaunay”, la “spia della regina Ysandre” e la miglior cortigiana del Regno. Tutto ebbe fine, però, mentre un giorno tornava alla villa di città a seguito di un’assegnazione: l’intera Grenoble era in subbuglio, a causa della morte dell’amante del principe Rolande. Aurora trovò il suo corpo nell’enorme libreria di casa insieme a quello di Anachin, ed era intenta a piangere sul suo corpo martoriato quando il buio l’assopì. Al suo risveglio, che probabilmente avvenne dopo ore o forse giorni, la sua natura era mutata: non era più una semplice umana, e per vivere aveva bisogno di sangue. Sarebbe rimasta una ventunenne per il resto della sua esistenza. Iniziò dunque a vagare in giro per il mondo senza meta alcuna, lasciandosi alle spalle una scia continua di sangue, morte e distruzione. Fu solo secoli dopo che riuscì a stabilirsi nuovamente. La sua ultima tappa fu Londra, dove con forza e coraggio rimise insieme i pezzi del suo cuore martoriato, riuscendo a gettarsi alle spalle la vita ch’aveva vissuto. Ciò avvenne, soprattutto, grazie ad una famiglia di lupi che con coraggio ed amore l’adottò, donandole un fratello che ella amerà sempre, senza se e senza ma, forse persino più di quanto si dovrebbe. Ma ad aiutarla fu sicuramente il suo vecchio amante, colui che Aurora ha nel tempo amato più di chiunque altro ed al di sopra di qualsiasi altra cosa – colui che l’ha aiutata a crescere, a maturare, ad essere più di un’eterna giovane donna; colui che l’ha compresa, accettata, amata. Colui che dalle spalle le ha risollevato il peso di una terribile maledizione, colui grazie alla quale ella, in futuro, potrà osservare il proprio riflesso nello specchio senza doversi necessariamente piegarsi alla volontà di quella macchia scarlatta. Colui grazie alla quale nelle sue vene tutt’oggi scorre sangue demoniaco. Colui che l’ha portata ad andare via, a ritornare alle vecchie abitudini, nel momento in cui le loro strade si sono separate. Prima che ella si decidesse a tornare. *anguisette: mortali scelti da Kushiel, il Castigatore di Satana, per impostare un ritorno di equilibrio nel mondo. Essi sono marchiati con un granello rosso negli occhi, indicato come una ferita non guarita. Sono essenzialmente masochisti estremi, che trovano piacere nel dolore, ed hanno il vantaggio di guarire rapidamente. Chi uccide un’anguisette sarà all’inferno tormentato per mille anni; tuttavia, se il killer è un rampollo di Kushiel, sarà tormentato per diecimila anni. ‧ ( © ) ━ text. mansione a George Craig per l’ultima parte di trama ;
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