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#accoglienza senza se e senza ma
crazybutsensible · 6 months
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AUSTRALIA DA' LEZIONE DI CIVILTA' A TUTTO L'OCCIDENTE!!
Ai musulmani che vogliono vivere secondo la legge della Sharia Islamica, recentemente è stato detto di lasciare l’Australia, questo allo scopo di prevenire e evitare eventuali attacchi terroristici.
Il primo ministro John Howard ha scioccato alcuni musulmani australiani dichiarando:
GLI IMMIGRATI NON AUSTRALIANI DEVONO ADATTARSI!
“Prendere o lasciare, sono stanco che questa nazione debba preoccuparsi di sapere se offendiamo alcuni individui o la loro cultura. La nostra cultura si è sviluppata attraverso lotte, vittorie, conquiste portate avanti da milioni di uomini e donne che hanno ricercato la libertà.
La nostra lingua ufficiale è l’INGLESE, non lo spagnolo, il libanese, l’arabo, il cinese, il giapponese, o qualsiasi altra lingua. Di conseguenza, se desiderate far parte della nostra società, imparatene la lingua!
La maggior parte degli Australiani crede in Dio. Non si tratta di obbligo di cristianesimo, d’influenza della destra o di pressione politica, ma è un fatto, perché degli uomini e delle donne hanno fondato questa nazione su dei principi cristiani e questo è ufficialmente insegnato. E’ quindi appropriato che questo si veda sui muri delle nostre scuole. Se Dio vi offende, vi suggerisco allora di prendere in considerazione un’altre parte del mondo come vostro paese di accoglienza, perché Dio fa parte delle nostra cultura. Noi accetteremo le vostre credenze senza fare domande. Tutto ciò che vi domandiamo è di accettare le nostre, e di vivere in armonia pacificamente con noi.
Questo è il NOSTRO PAESE; la NOSTRA TERRA e il NOSTRO STILE DI VITA. E vi offriamo la possibilità di approfittare di tutto questo. Ma se non fate altro che lamentarvi, prendervela con la nostra bandiera, il nostro impegno, le nostre credenze cristiane o il nostro stile di vita, allora vi incoraggio fortemente ad approfittare di un’altra grande libertà australiana: IL DIRITTO AD ANDARVENE. Se non siete felici qui, allora PARTITE. Non vi abbiamo forzati a venire qui, siete voi che avete chiesto di essere qui. Allora rispettate il paese che Vi ha accettati”.
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ilpianistasultetto · 1 year
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Io sono Giorgia, donna, mamma e cristiana. Tre sostantivi che oggi gridano vendetta di fronte alla tragedia dei migranti avvenuta sulle coste calabresi. Ma che razza di donna puo' essere una che non ha un briciolo di solidarieta' verso le donne che scappano da guerre e miseria? E che razza di mamma? Ma quale mamma lascerebbe morire annegati i propri figlioletti senza muovere un dito? Cristiana, poi, grida vendetta. Questa e' gente che si riempie la bocca con la cristianita' ma poi non la praticano mai. Non la pratica nella sua "non famiglia", non la pratica verso gli ultimi e verso tutti quelli che hanno bisogno. Questa e' gente che sa praticare solo il fascismo, dove conta solo la razza pura, che sia ariana o italica. Benevola con i potenti e per niente con gli ultimi e i diversi. Questo e' un governo che ha varato decreti pro guerra elargendo decine e decine di miliardi di euro, armi a volonta' e decreti contro le navi umanitarie, costi quel che costi, per risparmiare qualche milione di euro in accoglienza e oggi ha raccolto i suoi frutti: 150 morti, tra cui due gemellini e un neonato. Se Dio fa entrare certi governanti in Paradiso, allora Dio non esiste.
@ilpianistasultetto
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wutternach · 1 month
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Posta non risposta
Ricevo e volentieri ri-pubblico.
Non è una domanda la mia, ma è solo un pensiero di un signore per bene, che prende il the con i pasticcini, da solo o talvolta con la famiglia.
La cittadina di provincia limitrofa a quella dove abito ha una serie di negozi che frequentiamo, centri commerciali, piccoli negozi, servizi utili, ristoranti piacevoli. Tra questi c'è una deliziosa pasticceria, gestita da una coppia, moglie e marito. Una pasticceria dove, oltre ai dolci molto buoni, fanno caffetteria, sala da the, eventi, corsi di pasticceria per tutti, insomma un vero e proprio laboratorio artigianale raffinato. Lui lavora in un'agenzia di viaggi in realtà, ma è molto presente e segue tutta la parte amministrativa e gestionale dell'attività, curandone anche gli aspetti estetici e di accoglienza. Ha un'aria sempre molto cordiale e interessata al cliente, ancora non ho capito bene se fintamente cordiale o meno. Con alcuni aspetti, confesso, che mi stanno un po' sul cazzo, due tatuaggi piccolini stile fighetto finto giovane, un taglio di capelli e barba troppo studiato e delineato ma insomma, particolari estetici, nulla di più. Pare un bravo cristiano, come dicono i coatti romani con aria un po' compassionevole. Lei invece è la mente e il braccio del locale: è la pasticciera, inventa e realizza dolci di gran classe, progetta eventi, attività coinvolgenti e divertenti. Una bellissima donna, capelli corti probabilmente tinti senza darlo a vedere, viso sempre curato, trucco mai esagerato, gonnelline colorate, vestiti eleganti e scarpe di gran classe, sempre in ordine, stile un po' anni venti molto chic, un nome anch'esso molto chic, Carolina. Ascolta spesso Paolo Conte. Molto chic, sì, quasi snob che ti fa venire i nervi.
"Ciao carissimo Alessandro, come stai?" Tanti sguardi e tanti sorrisi.
"Salutami Francesca!" e ancora sguardi e tanti sorrisi cordiali.
"Buon weekend, anche ai ragazzi." Sguardi, sorrisi, sempre tanti.
Gentilezze.
Un gran rapporto cordiale.
Ecco, io, in tutta sincerità, l'elegante Carolina, la scoperei senza nessuna esitazione e tutto sommato con poca cordialità, con gli occhiali rossi da presbite che indossa sempre tenuti al collo con la cordicella raffinata; Ie alzerei le gonnelline fantasia anni venti per scoparla davanti e per scoparla dietro, sul bancone delle preparazioni e farciture; le farei tenere parte dei suoi vestiti eleganti addosso, mentre le lecco la fica nel laboratorio; la riempirei di parole forti, ma da apprezzare per sincerità, mentre mi prende il cazzo nella sua bocca perfetta, elegante, signorile.
Io, Carolina, la voglio sentire che mi chiede di schiaffeggiarle il culo, mentre mi prega cortesemente di venirle sulle tette esibite. La voglio percepire trasformata, mentre gode, quando il suo charme diventa solo un ricordo lontano ma che mi fa venire il cazzo ancora più duro.
Perché no, Carolina, a me Paolo Conte proprio non piace.
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Circe, ammettiamolo una volta buona: tu sei una che ha capito tutto. Sì, certo, hai una brutta fama, figlia mia. «E’ una Circe, è una Circe!» dicono quelli che ti vogliono criticare, e si fermano per farlo a qualche dettaglio di contorno, tipo il fatto che trasformavi gli uomini in maiali. Che poi, anche senza essere maga, ci volesse un granché.
Circe, la grande ammaliatrice, il prototipo della donna fatale e pericolosa, quella ti rovina l’esistenza e la famiglia, un disastro e una jattura.
Ma quando mai? No, davvero, ditemelo, spiegatemelo bene, perché se una si va a leggere l’Odissea, ma tutta tutta, da principio alla fine, sta cosa non si trova, e Circe, al contrario, ne viene fuori come una donna molto ammodo e riservata, anzi persino schiva, che se ne sta tranquilla sulle sue, non seduce, non gattamorteggia. Pure con gli uomini, si fa gli affari suoi quando capita e il tizio vale, ma poi non frigna, non lagna, lo lascia andare via senza drammi e senza patemi, battendo di molte misure le sue discendenti donne in carriera tutte Sex and The City, che però dopo lacrimano come scolarette non appena quello con cui hanno deciso di fidanzarsi parte per un convegno di due giorni a Canicattì e le lascia sole a rimirare l’armadio di Manolo Blahnik.
Certo, la famiglia di provenienza aiuta. Ti chiamano maga, ma in realtà eri la figlia del Sole, e quindi fin da piccola di cose ne devi aver viste di ogni. Dea di prima grandezza, quindi, per ascendenza quasi più antica di Zeus, quel parvenu che s’era preso l’Olimpo con un colpo di mano.
Tu, di antica razza e di antico potere. t’eri ritirata nell’isola tua, ed è difficile darti torto. Ai confini del mondo e soprattutto lontano dalle rotte frequentate, perché gli umani dilagavano ovunque e tu di mischiarti con loro non avevi gana. Snob? Certo, ma non più di qualsiasi vip odierno, e poi la privacy nella nostra società è ipertutelata, perché Circe non ne dovrebbe aver diritto?
Lì, nella tua isola, non dai fastidio a nessuno. Capita invece che molti diano fastidio a te. Ogni tanto qualcuno arriva e da bravo mortale si crede autorizzato a sbarcare e fare come se fosse a casa propria. Tanto tu sei donna, no? Quindi si piazza sulla spiaggia, poi sale al tuo palazzo, e pretende accoglienza, e tavola pronta, e magari anche qualche conforto che va più in là. Tanto tu sei single, no? Quindi, nella testa di questi idioti, sei a disposizione, anzi dovresti pure essere grata se t’invadono e si piazzano lì a farsi servire, che almeno riempiono la tua noiosa vita con la loro imprescindibile presenza.
Tu, che sei una gran signora, mica strepiti o lagni. No, che diamine. Possono scocciarti, ma umiliarti mai. Così li accogli con il più sarcastico dei sorrisi, che loro, scemi, scambiano per ancillare benevolenza. Sei l’ospite perfetta: li curi, li coccoli, servi loro cibo prelibato. Ci mancherebbe altro che ti abbassi a lottare o a perdere la calma. E poi, zacchete, quando meno se lo aspettano, un goccetto di pozione qua e là mischiata ai cibi, li trasformi in ciò che poi è loro vera natura: sono porci invasori, che porci diventino davvero.
Hai torto? No, eccheccazzo. Un giudice equo archivierebbe nell’ambito della legittima difesa, anche se esercitata con somma e perfida intelligenza. Che nessuno riesce mai a battere davvero, poi. Perché persino Ulisse, che con te la sfanga, mica si salva per acume suo: è Ermes a dagli una dritta e fornirgli l’antidoto al tuo veleno. Sennò anche lui, da solo, sarebbe finito a grufolare nel tuo recinto e poi a trasformarsi in porchetta.
Certo, poi tra voi nascono le scintille. E vorrei ben vedere. Lui è Ulisse, uno che ha tanto fascino da riempire l’intero Mediterraneo e oltre. Lo vuoi tra i tuoi trofei. Ma tu sei Circe, però. E infatti, gli stai a fianco ma da pari a pari, e comunque gli fai capire che la distanza c’è. Se Calipso si era umiliata ad offrirgli il matrimonio e l’immortalità, a te manco passa per la testa. E’ uomo, caspita, e tu sei dea. Può essere divertente e intelligente, ma alla lunga è solo un mortale, e viene a noia. Così lo ospiti, finché diverte te, e lo aiuti pure, perché ritrovi la strada di casa, regalandogli anche un’ultima notte di favoloso sesso d’addio. Vuole tornare dalla moglie? E che torni. La dimensione sua è quella là: la casa, la sposa, l’isoletta su cui comandare indiscusso, perché alla fin fine anche il più intelligente dei maschi quello vuole, un posto dove nessuno lo contesti e possa sentirsi re.
Per cui lo metti sulla nave, dopo aver controllato che si porti via ben tutti quegli zotici dei suoi compagni, e gli fai ciao ciao con la manina quando sparisce all’orizzonte.
Poi te ne torni a casa tua, che hai un sacco di cose da fare, non ultimo magari accogliere qualche altro bel marinaio sperduto e più giovane, naufragato qua e là. C’è un mondo, attorno, e tu sei libera ed immortale. E guardando all’orizzonte la barca che si allontana, sorridi.
Perché loro, poveretti, pensano che tu sia una povera donnetta sola senza un uomo. E tu, invece, Circe, sei una dea.
Galatea Vaglio
Illustrazione Circe di Franz von Stuck (dettaglio)
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susieporta · 5 months
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Quattro di Denari.
"Io ti libero dal mio senso di perdita".
Ci sono delle esperienze di relazione che non ci siamo mai concessi di vivere con onestà.
In particolare nella dimensione della coppia.
Memori di antiche sofferenze e tradimenti, la maggioranza delle relazioni ruotano intorno ad un senso di perenne "disillusione", mista ad aspettativa e controllo.
In quest'ottica "non è concesso sbagliare", allontanarsi dallo "schema madre", portare ad evoluzione le energie che vogliono trasformarsi. E neppure ripristinare le originali condizioni di connessione.
Non si riesce proprio a considerare la possibilità che ci si possa amare senza il doloroso bisogno di "controllare l'esperienza dell'altro".
Non si coltiva la fiducia reciproca. Né il confine sacro dei rispettivi spazi evolutivi.
Si controlla costantemente l'altro attraverso la sotterranea o manifesta svalutazione, il giudizio, la sottile imputazione della colpevolezza: "Io sto male perché tu non mi vedi, non ti curi di me, non mi sostieni, non mi ami abbastanza".
O al contrario: "Mi stai troppo addosso. Mi togli l'aria".
O ancor peggio: "Io vedo ciò che mi interessa vedere. Io amo il mio bisogno, non la tua essenza",
Tutto ruota intorno a modelli idealizzati, derealizzati, finti, recitati e definitivamente lontani dalla realtà delle cose.
Quante fratture crea la disfunzione di comunicazione! Quanti traumi irrisolti nella sfera emotiva! Quante incomprensioni e accuse!
Amare è un atto di pura accoglienza.
Ed è una profonda scelta d'Anima e di Cuore.
Si ama cio che è. Non ciò che vorremmo che fosse.
Ed è umanamente complesso.
Perchè ci hanno ingabbiato nell'aspettativa del "per sempre", nella vergogna del tradimento, nella favola della principessa salvata dal principe, nella triste e depauperante sensazione che evolvere e lasciare andare una relazione sia un atto di feroce e crudele disamore.
Evolvere è fondamento della natura umana. Cambiare, crescere, scoprire nuove parti di noi stessi, manifestare nuovi desideri.
Non tutte le relazioni debbono forzatamente durare "per sempre".
L'Amore dura per sempre. Non la relazione.
E l'Amore sente sempre quando il compito evolutivo condiviso è concluso.
Quando è necessaria una separazione per poter permettere ad entrambi una nuova esperienza di se stessi.
Il "per sempre" è nel Cuore.
Se hai amato veramente qualcuno, seppur la relazione fosse minata dalla classica dinamica distruttiva e disfunzionale, quella memoria affettiva ed emozionale non morirà mai.
Perché amare è un atto interiore potente e personale, non appartiene all'altro. Ma a noi stessi.
E come tale ritorna sempre a chi l'ha generato. Sempre.
Perciò lasciate che tutto si rompa quando è destinato a concludersi, quando l'esperienza ha esaurito la sua funzione.
Non è negando l'Amore che si passa oltre, ma riconoscendo la fine di un viaggio insieme.
Ciascuno dovrebbe benedire la strada che l'altro ha scelto di percorrere lontano da noi.
E riempire d'amore e di curiosità la propria.
Ci sarà un momento in cui le Anime si re-incontreranno e si inchineranno l'una all'altra, come segno di rispetto e di devozione reciproca all'altrui spazio evolutivo. Senza giudizio, senza rancore, senza recriminazione. Con Amore, Riconoscimento e tanta tanta Gratitudine per l'esperienza condivisa.
Forse non subito. Non adesso.
Ma accadrà.
Perché non siamo qui per soffrire o per sacrificare i nostri Doni alla gabbia sistemica.
Siamo qui per manifestare la nostra Bellezza.
Per risplendere dei nostri Doni.
Per sperimentare attraverso l'Altro la nostra crescita ed evoluzione.
Per spronare chi amiamo a sentirsi libero di vivere, di sperimentare, di espandere il proprio sogno interiore.
Non certo prigioniero e costretto ad asservirsi alla nostra Ferita.
A quella ci pensiamo noi. Siamo adulti.
In una reciprocità che non ricatta, non sminuisce, non spegne il fuoco interiore.
E' per pochi.
Ma sarà per molti.
Si chiama Amore.
Mirtilla Esmeralda
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licisca-73 · 1 day
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Giulietta e Romeo in chiave moderna.
Vi chiederete come mai abbia intitolato questo racconto così: lo scoprirete strada facendo. Avevo trascorso una settimana infernale: attendevamo un esito importante e, si sa, in quei momenti non si è in forma smagliante. Parlo al plurale perché, anche se la diretta interessata ero io, il mio Padrone non mi ha mollata un attimo, riempiendomi di attenzioni. "Lunedì sarò un coccolone" aveva detto dopo aver appreso l'esito" positivo"tanto sperato. Credevo scherzasse o comunque non davo molto peso a questa sua intenzione ricordando la "durezza" che prevale nei nostri incontri e, invece, mi ha stupito con effetti speciali. Insieme nella stanza del "nostro albergo" ho fatto però di tutto per meritarmi un duro trattamento ...Il mio Porco aveva fatto i conti senza l'oste, come si suol dire: non fraintendetemi, io adoro la sua innata e infinita dolcezza ma, quando riesco a fare emergere il Porco spietato, gongolo fiera. Del resto, ormai è noto, mi piacciono le sfide e vinco sempre... Appreso che vivrò ancora a lungo, il mio desiderio era quello di godermi il mio uomo, di sottomettermi ancora una volta a lui e, perché no, di essere devastata. La mia bocca gli ha riservato una calorosa accoglienza. Non gli ho dato il tempo di sfilarsi i pantaloni: in ginocchio ai suoi piedi, mi sono gustata il suo cazzo che, come sempre, si pavoneggiava gonfiandosi meravigliosamente. Toccava agli altri buchi ma quando me lo ha infilato durissimo in fica ho lanciato un urlo. Non ho la fica stretta, anzi, il suo costante lavoro l' ha resa di ampia vedute. Il mio grido aveva un motivo ben preciso: "Dalle 07.30 non potrai più pisciare" mi aveva avvertita, e io avevo obbedito...Ora però dovevo svuotarmi sul suo cazzo prima di essere scopata in fica e così ho fatto. Seduto sul wc, mentre mi baciava dolcemente ( le promesse coccole), il suo cazzo veniva inondato da un getto caldo rendendolo ancora più duro e appetibile: a mo' di scottex l'ho ripulito per bene e, soltanto dopo che la mia bocca
lo ha reso lindo e pinto, siamo tornati in camera. Descrivervi l'impeto che ha dettato ogni gesto mi risulta difficile perché so che, comunque, non riesce a darvi davvero l' idea di quello che accade quando siamo insieme. Ancora una volta eravamo un incastro di voglie e di corpi, di sguardi e di silenzi loquaci, di parole sussurrate e a tratti "urlate". Avevo vinto la sfida: il mio Porco era lì a sbattermi e abbattere ogni mia minima resistenza fisica. La mia fica, frugata, leccata, sfondata e fistata era una meravigliosa pesca rossa, il mio culo, devastato dal suo cazzo e dalla sua mano, appariva come una perfetta "O", il mio viso un miscuglio di trucco colante e saliva. Abbiamo continuato a sfamarci per ore fino al momento del suo dono. Sempre attento ai miei desideri, così come io ai suoi, mi aveva chiesto "Dove vuoi la sborra stavolta, Tesoro?"
"Nella fica" gli avevo risposto senza esitazione perché lo ritengo forse un gesto intimo come pochi e quell' incontro lo meritava. Sono stata accontentata: sentirlo svuotarsi e poi lasciarsi andare sopra di me è stato bellissimo. Eravamo sfiniti ma soddisfatti. Faceva improvvisamente un gran caldo e la sua voglia di farmi prendere una boccata d'aria non si è fatta attendere. Nuda e affacciata al balcone, sotto il suo sguardo fiero di me, ero la sua Troia in vetrina. Mentre lui scattava foto, io mi guardavo attorno divertita e pensavo a noi: a distanza di quasi un anno siamo complici, amanti e amati...siamo, insomma, Romeo e Giulietta in chiave moderna. L'epilogo però sarà dei migliori: in una relazione molto profonda, quasi quanto i miei buchi, ci vivremo felici e contenti.
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ambrenoir · 8 months
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Circe, ammettiamolo una volta buona: tu sei una che ha capito tutto. Sì, certo, hai una brutta fama, figlia mia. «E’ una Circe, è una Circe!» dicono quelli che ti vogliono criticare, e si fermano per farlo a qualche dettaglio di contorno, tipo il fatto che trasformavi gli uomini in maiali. Che poi, anche senza essere maga, ci volesse un granché.
Circe, la grande ammaliatrice, il prototipo della donna fatale e pericolosa, quella ti rovina l’esistenza e la famiglia, un disastro e una jattura.
Ma quando mai? No, davvero, ditemelo, spiegatemelo bene, perché se una si va a leggere l’Odissea, ma tutta tutta, da principio alla fine, sta cosa non si trova, e Circe, al contrario, ne viene fuori come una donna molto ammodo e riservata, anzi persino schiva, che se ne sta tranquilla sulle sue, non seduce, non gattamorteggia. Pure con gli uomini, si fa gli affari suoi quando capita e il tizio vale, ma poi non frigna, non lagna, lo lascia andare via senza drammi e senza patemi, battendo di molte misure le sue discendenti donne in carriera tutte Sex and The City, che però dopo lacrimano come scolarette non appena quello con cui hanno deciso di fidanzarsi parte per un convegno di due giorni a Canicattì e le lascia sole a rimirare l’armadio di Manolo Blahnik.
Certo, la famiglia di provenienza aiuta. Ti chiamano maga, ma in realtà eri la figlia del Sole, e quindi fin da piccola di cose ne devi aver viste di ogni. Dea di prima grandezza, quindi, per ascendenza quasi più antica di Zeus, quel parvenu che s’era preso l’Olimpo con un colpo di mano.
Tu, di antica razza e di antico potere. t’eri ritirata nell’isola tua, ed è difficile darti torto. Ai confini del mondo e soprattutto lontano dalle rotte frequentate, perché gli umani dilagavano ovunque e tu di mischiarti con loro non avevi gana. Snob? Certo, ma non più di qualsiasi vip odierno, e poi la privacy nella nostra società è ipertutelata, perché Circe non ne dovrebbe aver diritto?
Lì, nella tua isola, non dai fastidio a nessuno. Capita invece che molti diano fastidio a te. Ogni tanto qualcuno arriva e da bravo mortale si crede autorizzato a sbarcare e fare come se fosse a casa propria. Tanto tu sei donna, no? Quindi si piazza sulla spiaggia, poi sale al tuo palazzo, e pretende accoglienza, e tavola pronta, e magari anche qualche conforto che va più in là. Tanto tu sei single, no? Quindi, nella testa di questi idioti, sei a disposizione, anzi dovresti pure essere grata se t’invadono e si piazzano lì a farsi servire, che almeno riempiono la tua noiosa vita con la loro imprescindibile presenza.
Tu, che sei una gran signora, mica strepiti o lagni. No, che diamine. Possono scocciarti, ma umiliarti mai. Così li accogli con il più sarcastico dei sorrisi, che loro, scemi, scambiano per ancillare benevolenza. Sei l’ospite perfetta: li curi, li coccoli, servi loro cibo prelibato. Ci mancherebbe altro che ti abbassi a lottare o a perdere la calma. E poi, zacchete, quando meno se lo aspettano, un goccetto di pozione qua e là mischiata ai cibi, li trasformi in ciò che poi è loro vera natura: sono porci invasori, che porci diventino davvero.
Hai torto? No, eccheccazzo. Un giudice equo archivierebbe nell’ambito della legittima difesa, anche se esercitata con somma e perfida intelligenza. Che nessuno riesce mai a battere davvero, poi. Perché persino Ulisse, che con te la sfanga, mica si salva per acume suo: è Ermes a dagli una dritta e fornirgli l’antidoto al tuo veleno. Sennò anche lui, da solo, sarebbe finito a grufolare nel tuo recinto e poi a trasformarsi in porchetta.
Certo, poi tra voi nascono le scintille. E vorrei ben vedere. Lui è Ulisse, uno che ha tanto fascino da riempire l’intero Mediterraneo e oltre. Lo vuoi tra i tuoi trofei. Ma tu sei Circe, però. E infatti, gli stai a fianco ma da pari a pari, e comunque gli fai capire che la distanza c’è. Se Calipso si era umiliata ad offrirgli il matrimonio e l’immortalità, a te manco passa per la testa. E’ uomo, caspita, e tu sei dea. Può essere divertente e intelligente, ma alla lunga è solo un mortale, e viene a noia. Così lo ospiti, finché diverte te, e lo aiuti pure, perché ritrovi la strada di casa, regalandogli anche un’ultima notte di favoloso sesso d’addio. Vuole tornare dalla moglie? E che torni. La dimensione sua è quella là: la casa, la sposa, l’isoletta su cui comandare indiscusso, perché alla fin fine anche il più intelligente dei maschi quello vuole, un posto dove nessuno lo contesti e possa sentirsi re.
Per cui lo metti sulla nave, dopo aver controllato che si porti via ben tutti quegli zotici dei suoi compagni, e gli fai ciao ciao con la manina quando sparisce all’orizzonte.
Poi te ne torni a casa tua, che hai un sacco di cose da fare, non ultimo magari accogliere qualche altro bel marinaio sperduto e più giovane, naufragato qua e là. C’è un mondo, attorno, e tu sei libera ed immortale. E guardando all’orizzonte la barca che si allontana, sorridi.
Perché loro, poveretti, pensano che tu sia una povera donnetta sola senza un uomo. E tu, invece, Circe, sei una dea.
Galatea Vaglio
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mucillo · 1 year
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Dis.di Dario Fo - 2010.
"Il Profugo" Marco Cinque
Ho venduto la mia storia
a uno scafista vestito di buio
lasciandomi dietro
una terra senza pace
Sono qui
inghiottito dentro un’oscurità sconosciuta
mentre percepisco il mare
venirmi incontro agli occhi
Sono qui, stordito
dall’assordare del motore
dagli spruzzi salati
dai pensieri che schizzano via come scintille
Sono qui, intirizzito
indifeso mentre accarezzo un sogno
col terrore
che si trasformi in incubo
Sono qui
in questa notte interminabile
lunga
più lunga di tutti i giorni della mia vita
Sono qui
dove tutto è riposto
in un orizzonte che non arriva mai
assieme a un ammasso di carne e speranza
Chissà, forse l’acqua che stiamo solcando
è fatta di lacrime piante da quelli come me
e forse è il nostro dolore
la sorgente che alimenta il mare che stiamo attraversando
Questi momenti stanno accadendo
dentro un tempo senza più tempo
dove le nostre vite sfrecciano via silenziose
conficcandosi nella più sordida assenza
Sono ancora qui
nonostante tutto, inseguito
dal riverbero del primo barlume
che mi chiama, mi chiama
come una madre chiama i suoi figli
Ma è troppo tardi, ormai
la mia strada
l’ha comprata uno scafista vestito di buio
che se ne sta lì, a poppa
tra me e il mio passato
Col primo bagliore
arriva anche un frammento di conforto
ma la luce vigliacca si accompagna di vento
e l’acqua adesso è veleno in tempesta
I corpi gridano, si aggrappano, scivolano
terrore e gorgoglii
inabissati tra flutti gelidi
infranti, su lingue taglienti di roccia
Questa terra che abbiamo sognato
sembra avere organizzato una festa
accogliendoci così
nel suo devastante abbraccio
E sono qui, superstite
in un luogo che puzza di civiltà
chiuso in questo campo di prigionia
che chiamano “centro di accoglienza”
L’esistenza di un profugo
è come una scatola cinese
esci da un inferno
per entrare in un altro
e in un altro, e in un altro ancora…
Sono fuggito dalla miseria
ho attraversato terre
mari, continenti
ho passato tutto questo
ma sono sempre qui
sempre qui, sempre qui…
convinto di non essermi mai mosso
Sì, sono sempre qui, accovacciato
con la testa stretta tra le mani
dondolandomi nella canzone degli addii:
“…ascolta le voci… ascolta le voci dal fondo del mare
non sono sirene cantare…”
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Vogliamo ringraziare tutti i soccorritori e i volontari che si sono prodigati in queste ore funestate dal dramma dei migranti di Steccato di Cutro.
Vogliamo ringraziare i cittadini di Crotone e della provincia che hanno portato mazzi di fiori, corone, pensieri scritti su un biglietto, davanti al Palasport della Città dove sono poste le bare in attesa del funerale.
Vogliamo ringraziare gli amministratori calabresi, dal sindaco di Crotone a quello di Catanzaro e tutti gli altri, che si stanno prodigando per dare un sepolcro ai naufraghi che hanno perso la vita e rimarranno per sempre in Calabria.
Ringraziamo i privati cittadini che hanno offerto i loculi e le capelle cimiteriali per ospitare le bare.
Infine, ricordiamo tutti i volontari che si spendono quotidianamente nei centri di accoglienza, nei luoghi di sbarco (in Calabria c'è Roccella Jonica "sotto pressione" da tempo), nelle mense, che si organizzano per raccogliere vestiario, coperte, vivande e quanto è necessario per una prima, degna accoglienza in terra europea.
E facciamo nostro il contenuto di un cartello esposto davanti il Palazzetto dello Sport di Crotone, senza se e senza ma: LE PERSONE IN BALIA DEL MARE SI SALVANO SEMPRE.
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dalla pagina fb "calabria meravigliosa"
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be-appy-71 · 1 year
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Io ti corteggio.
Lo confesso.
Da quando ho capito che mi piacevi, mi piacevi TANTO, non ho mai smesso un solo giorno di corteggiarti.
Nessuna strategia.
Nessun obiettivo.
Mi viene spontaneo.
Come viverti.
Come vivere.
Come sorriderti.
Come sorridere.
Ti corteggio con gesti sottili, di attenzione e cura.
Ti corteggio non perdendo mai di vista il tuo cuore e i tuoi umori.
Ti corteggio con una parola bella, con un pensiero delicato, con il mio semplicemente... ESSERCI.
Ti corteggio facendomi trovare quando mi cerchi.
Ti corteggio lasciandoti libero, non stringendo la morsa, a giusta distanza, dietro qualche angolo di te.
Ti corteggio ascoltandoti.
Anche senza dire nulla.
Perché tu possa raccontarti senza il peso futile di chi giudica, spesso senza capire.
Ti corteggio stando in silenzio, quando vorrei dire troppo...magari di quello che provo per te...tutto quello che provo per te...
Ti corteggio RISPETTANDOTI.
Rispettando la tua vita, i tuoi tempi, il tuo disordine, la tua incoerenza.
Ti corteggio regalandoti la certezza di me, in un mondo di false certezze.
Ti corteggio regalandoti un libro o raccontandoti di un film che non ho visto con te.
Ti corteggio CONDIVIDENDO con te LA MIA ANIMA.
Che è dono assoluto.
Ti corteggio senza regali con fiocchi e lustrini, con le mani vuote di oggetti, ma con i palmi aperti di resa e accoglienza.
Si corteggia per “conquistare” l’Amore.
Io, però, non sono conquistatore.
Non ho le armi, né la veste.
Non ti vivo come meta o traguardo, ma come percorso di vita.
Magica combinazione che ci ha fatto incontrare concedendoci spazio e tempo, inizio e... oggi... e ancora oggi... e ancora oggi...
Tanti OGGI.
Senza domani.
Perché, se pensi domani, rimandi.
E io non voglio rimandare nulla.
Così ti corteggio ogni giorno come fosse l’unico giorno a nostra disposizione.
Ed è la prima volta sempre.
Ti corteggio così.
Perché sia sempre la prima volta di Noi.
Letizia Cherubino
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libero-de-mente · 2 years
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ACCOGLIERSI
Ci sono momenti in cui si ripensa alle volte che nella vita ci siamo fidati, ci siamo aperti a qualcuno lasciandoci andare.
Inevitabilmente poi, non a tutti per fortuna, i ricordi vanno alle nerbate sulle gengive prese a pegno di quell'apertura, di quell'accoglienza data a chi non la meritava.
Si ripensa alla convinzione avuta che, se mai un giorno ci si fosse aperti di nuovo, sarebbe stato per un'autopsia.
Mai più in vita.
Così l'avere fiducia nei rapporti personali viene a mancare, si resta sempre con la guardia alta.
Eppure fidarsi ciecamente, quando sei nelle braccia di qualcuno che davvero ti vuole bene, è magnifico.
Da bimbo facevo un gioco con mio papà, gli davo le spalle e mi lasciavo cadere all'indietro. A peso morto.
Chiudevo gli occhi e sorridevo, come una piccola provocazione, la caduta seppur breve mi muoveva i capelli mossi e durava poco.
Le sua enormi mani ruvide per via del suo lavoro mi afferravano sempre. Sempre.
Che valore ha la parola sempre, le sue mani erano lì ad accogliermi e proteggermi sempre, mi prendevano e mi rimettevano in piedi.
Poi girandomi trovavo a volte un uomo sorridente perché stava giocando con me, altre volte un padre severo e in apprensione perché quel mio gesto folle a volte glielo facevo senza preavviso.
Non caddi mai, non sbattei mai la testa. Lui c'era. Sempre.
Poi nella vita mai più nessuno fu una presa sicura come lui.
Eppure resta quella voglia di sfondarsi le braccia di abbracci, di accoglienza.
Quando la vita, mai per caso, ti pone davanti a una persona che ti sa accogliere lo comprendi quasi subito.
Le mura costruite pietra su pietra, le famose pietre del "mettiamoci una pietra sopra", crollano.
Ti ritrovi a non obbligarti più a seguire le rigide regole che ti sei imposto, ma al contrario segui il flusso di chi hai davanti. Che ha sua volta segue il tuo, quasi incredula anche lei di quello che sta accadendo.
Un flusso di emozioni e sentimenti come pioggia entrano dentro da uno verso l'altra e viceversa dentro, ci si assorbe entrambi, fino all’ultima goccia.
Allora si scoprono a vicenda i lividi e le ferite che si sono nascosti, si toccano con le mani e si cercano di lenire. Di curarle.
Si impara a donare a parlare di quello che si ha dentro, nascosto.
Si ascoltano parole che nessuno prima ha mai sentito.
Aprirsi e non pentirsi.
Una sensazione rara, meravigliosa.
Il cuore si sveglia, con esso i colori della vita.
L'abbraccio cerebrale è l'esperienza più poetica attraverso cui accogliere ciò che per noi è incomprensibile, perché non solo ci si accoglie ma ci si raccoglie.
Oltre la fisicità, oltre l'aspetto, e tutto poi diventa perfetto e proporzionato. Nulla di fuori posto.
Riaggiustandosi e dando un senso alle proprie vite.
Capita nella vita, anche quando non ci si sperava più.
Quando il cuore senza apparente motivo pulsa, quando il tuo cervello ancora non ha compreso e i tuoi occhi non hanno osservato, vuol dire che ti sta abbracciando l'anima con la sua.
Chiudete gli occhi e lasciate che percepiate l'anima in sintonia con la vostra, non usate i sensi fisici, spesso ingannano.
Sentitevi accolti dentro questa persona, con i confini dei vostri corpi che cadono e non esistono più.
Diventando un tutt'uno senza distanze. Anche quando fisicamente si è davvero lontani.
Ci si tornerà ad aprirsi è inevitabile, la vita prima o poi un'accoglienza, una casa per la tua anima, te la propone.
Ascoltatela. Non siate chiusi ermeticamente.
Sarebbe un grave peccato, per entrambi.
Accoglietevi, lasciatevi accogliere
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klimt7 · 9 months
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Alle venti di una calda serata d’agosto accade quel che neanche i più pessimisti sullo stato del servizio pubblico avrebbero potuto immaginare. Accade cioè che il generale Roberto Vannacci, vittima a suo dire del politically correct, della cancel culture, della dittatura delle minoranze e di chissà che altro, appaia nell’edizione principale del Tg1. Senza che gli sia mossa alcuna contestazione, senza una reale domanda, senza un servizio che faccia capire di cosa si stia parlando.
Sgombriamo il campo da bugie e post verità. C’è un principio che non c’entra nulla con quel che sta accadendo intorno al caso Vannacci. Quel principio è la libertà di opinione.
Nessuno di coloro che lo criticano la mette in discussione. Chi lo difende, la tira in ballo come ormai è d’uso a destra: per giustificare qualsiasi dichiarazione abbia a che fare con odio, violenza, discriminazione, razzismo. “Che c’è di male, io la penso così, sono libero di dirlo”.
Non siamo qui a invocare roghi di libri, si tranquillizzi il vicepremier Matteo Salvini. Non siamo qui ad armare cacce alle streghe. Secondo il saggio di Vannacci, del resto, le “fattucchiere” siamo noi: persone secondo cui il ruolo delle donne non è quello di stare a casa per dare figli alla patria e prendersene cura senza gravare lo Stato con i costi di servizi inutili come gli asili nido. E per le quali l’”emancipazione femminile” non è una pericolosa fissazione, ma un sacrosanto diritto sancito dalla Costituzione che parla di eguale dignità. Così come parla di accoglienza dello straniero e del profugo, non accetta distinzioni di sesso, razza o religione, vieta la discriminazione per orientamento sessuale. E in nessuna sua parte mai giustifica la violenza che Vannacci invoca in caso di quella che lui definisce “legittima difesa”, né sancisce il “diritto all’odio e al disprezzo” che il generale rivendica contro la dittatura dell’inclusività.
Non si tratta quindi di libertà di pensiero, ma di etica della responsabilità di un rappresentante dell’esercito chiamato a difendere la Costituzione, non a sovvertirla con i suoi vagheggiamenti di mondi al contrario.
Per questo il ministro della Difesa Guido Crosetto ha fatto quel che doveva fare e per questo chi oggi lo attacca o anche solo ne prende le distanze nella maggioranza, fa qualcosa di molto pericoloso: perché vorrebbe consentire che un simile pensiero, violento, sessista, machista, razzista, possa albergare e cercare proseliti – è il chiaro intento del libro – all’interno delle Forze armate.
Che sono – lo prescrive l’articolo 52 della Carta – informate allo “spirito democratico della Repubblica”. E che quello spirito devono difendere “con disciplina e onore”.
Ora, se le farneticazioni di Vannacci – che è certo libero di esprimerle da privato cittadino, ma non da generale di un qualsiasi settore dell’esercito italiano – si fossero limitate a un libro autoprodotto, ma perfettamente e velocemente editato come ha fatto notare su queste pagine Gianluca Nicoletti, e a qualche apparizione su tv semiclandestine e No vax come Byoblu, potremmo anche non essere preoccupati. Certo, ci sono già i siti che vendono le magliette. E sì, i nerissimi come Gianni Alemanno si sono ringalluzziti. Ma insomma, tutto questo resterebbe nell’ombra che compete ai pensieri eversivi.
Ieri sera però il Tg1 delle 20 – il principale telegiornale del servizio pubblico nell’ora di punta – ha pensato bene di intervistare Vannacci senza in alcun modo chiedergli conto di quanto scritto, né evidenziando nei servizi che hanno preceduto il colloquio il contenuto osceno del suo libro. Quello che hanno visto i cittadini è stato un mite generale che dice di aver servito la patria per 37 anni, di non escludere nulla, in merito a una sua discesa in politica, e di essere certo di non aver leso la dignità di alcuno. Quindi non delle persone omosessuali: “Fatevene una ragione: non siete normali!”. Non di Paola Egonu che non può essere considerata a tutti gli effetti italiana per via dei suoi tratti somatici. E potremmo continuare.
Il tg sovranista per eccellenza ha così fatto il giro completo. Non solo non racconta adeguatamente quel che accade nel Paese per evitare di disturbare la narrazione estiva del governo in vacanza.
Non solo non spiega in alcun modo come questa vicenda stia scuotendo – dividendola – la maggioranza. Per non parlare delle migliaia di minori non accompagnati che arrivano sulle nostre coste senza che un piano adeguato sia stato approntato per loro e per gli oltre 100mila migranti sbarcati.
Ma fa torto perfino alla premier: una donna che lavora, con una figlia, non sposata. Quella che Vannacci definirebbe “una fattucchiera” del mondo al contrario.
Qui non si tratta di denunciare la lottizzazione della Rai e la presa asfissiante della politica e del Parlamento che ne è di fatto l’editore (modello Bbc, dove sei?).
Tutti i governi, a partire da quelli che dicevano di voler cambiare le cose, si sono spartiti direzioni, vicedirezioni, aree di influenza, e i pochi che lo hanno denunciato sono stati messi a tacere.
Questa volta però c’è di più: c’è un totale, pervicace, sorprendente e prepotente sovvertimento della realtà. Senza che questo Paese stia mostrando gli anticorpi che servono a smascherarlo.
Meloni per prima ha molto da temere dai rigurgiti neri che pure il suo partito non riesce ad abbandonare. Potrebbe – se volesse - lasciare il buen retiro pugliese, mettere da parte le interviste soft-pop al settimanale Chi e schierarsi senza se e senza ma con Guido Crosetto.
In difesa del buon senso e della dignità delle Forze Armate. Della Costituzione e del Paese che è stata chiamata a guidare. Potrebbe, se volesse. Ma questo è ancora da capire.
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telefonamitra20anni · 10 months
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Io credo nella fedeltà.
So bene che questa possa sembrarti controversa come affermazione, e so bene quanto possa essere complesso restare fedeli. Scoprirsi solidi in un credo solo. Avere la fede allenata, al concetto virtuoso di essere fedeli ad altri e a se stessi. Cosa non poco semplice. Qualche volta non lo sono stato, e prima di tradire la mia donna, ho tradito me stesso; forse per la poca stabilità emotiva che mi ha portato ad inciampare di tanto intanto, o per la troppa istintività, che ho riscoperto leggera in alcuni casi, ma in tutto questo, resto fedele ad una cosa: al mio credere nella filia. Con un amico sono fedelissimo; ho quello spazio aperto che mi permette di restare libero e legato, senza mai sentirmi costretto, ho il mio giusto confine dove posso lasciare detto e non detto, ritrovarmi e fuggire. Un amico ha comprensione, accoglienza e discrezione. Un amico ha l'occhio sul mondo, che guarda dall'alto. È un occhio che non giudica, ma consiglia, che ti lascia senza sentirti abbandonato e io l'abbandono non l'ho mai tollerato. Ho sempre cercato rifugio e spazio aperto, per necessità. Perché, per quanto volessi sentirmi legato, l'istinto era quello di fuggire sempre un po'. Un amico è un confine aperto, un cuore senza dogana. Un amico è un amante leggero, che non implica imbrogli, è la moglie che non sposeresti, ma a cui resti sempre fedele.
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lamiafavolafinita · 10 months
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Piangere per un Riccio lo posso fare solo io....
Trovati due piccoli ricci senza mamma perché era stata ferita a morte... presi tutte e due i ricchi piccoli portati a casa, il giorno seguente erano scappati tutte e due, ma uno dei due il giorno dopo è tornato... solo che era piccolino...e la notte gli tenevo la borsa dell'acqua calda per farlo stare al caldo sempre fuori ma sotto ad una scatola. Dopo tre giorni ho preso la decisione di portarlo in un centro accoglienza per animali selvatici..i ricci sono animali protetti e non si posso tenere, ed io non lho voluto privare della sua libertà. Ma purtroppo sono fatta male e mi affeziono troppo in fretta a chi specialmente é indifeso e piccolino...
Ho pianto e per qualche giorno il solo pensiero di averlo lasciato lì anche se al sicuro mi farà stare male.
Ciao Spillino...
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Circe, ammettiamolo una volta buona: tu sei una che ha capito tutto. Sì, certo, hai una brutta fama, figlia mia. «E’ una Circe, è una Circe!» dicono quelli che ti vogliono criticare, e si fermano per farlo a qualche dettaglio di contorno, tipo il fatto che trasformavi gli uomini in maiali. Che poi, anche senza essere maga, ci volesse un granché.
Circe, la grande ammaliatrice, il prototipo della donna fatale e pericolosa, quella ti rovina l’esistenza e la famiglia, un disastro e una jattura.
Ma quando mai? No, davvero, ditemelo, spiegatemelo bene, perché se una si va a leggere l’Odissea, ma tutta tutta, da principio alla fine, sta cosa non si trova, e Circe, al contrario, ne viene fuori come una donna molto ammodo e riservata, anzi persino schiva, che se ne sta tranquilla sulle sue, non seduce, non gattamorteggia. Pure con gli uomini, si fa gli affari suoi quando capita e il tizio vale, ma poi non frigna, non lagna, lo lascia andare via senza drammi e senza patemi, battendo di molte misure le sue discendenti donne in carriera tutte Sex and The City, che però dopo lacrimano come scolarette non appena quello con cui hanno deciso di fidanzarsi parte per un convegno di due giorni a Canicattì e le lascia sole a rimirare l’armadio di Manolo Blahnik.
Certo, la famiglia di provenienza aiuta. Ti chiamano maga, ma in realtà eri la figlia del Sole, e quindi fin da piccola di cose ne devi aver viste di ogni. Dea di prima grandezza, quindi, per ascendenza quasi più antica di Zeus, quel parvenu che s’era preso l’Olimpo con un colpo di mano.
Tu, di antica razza e di antico potere. t’eri ritirata nell’isola tua, ed è difficile darti torto. Ai confini del mondo e soprattutto lontano dalle rotte frequentate, perché gli umani dilagavano ovunque e tu di mischiarti con loro non avevi gana. Snob? Certo, ma non più di qualsiasi vip odierno, e poi la privacy nella nostra società è ipertutelata, perché Circe non ne dovrebbe aver diritto?
Lì, nella tua isola, non dai fastidio a nessuno. Capita invece che molti diano fastidio a te. Ogni tanto qualcuno arriva e da bravo mortale si crede autorizzato a sbarcare e fare come se fosse a casa propria. Tanto tu sei donna, no? Quindi si piazza sulla spiaggia, poi sale al tuo palazzo, e pretende accoglienza, e tavola pronta, e magari anche qualche conforto che va più in là. Tanto tu sei single, no? Quindi, nella testa di questi idioti, sei a disposizione, anzi dovresti pure essere grata se t’invadono e si piazzano lì a farsi servire, che almeno riempiono la tua noiosa vita con la loro imprescindibile presenza.
Tu, che sei una gran signora, mica strepiti o lagni. No, che diamine. Possono scocciarti, ma umiliarti mai. Così li accogli con il più sarcastico dei sorrisi, che loro, scemi, scambiano per ancillare benevolenza. Sei l’ospite perfetta: li curi, li coccoli, servi loro cibo prelibato. Ci mancherebbe altro che ti abbassi a lottare o a perdere la calma. E poi, zacchete, quando meno se lo aspettano, un goccetto di pozione qua e là mischiata ai cibi, li trasformi in ciò che poi è loro vera natura: sono porci invasori, che porci diventino davvero.
Hai torto? No, eccheccazzo. Un giudice equo archivierebbe nell’ambito della legittima difesa, anche se esercitata con somma e perfida intelligenza. Che nessuno riesce mai a battere davvero, poi. Perché persino Ulisse, che con te la sfanga, mica si salva per acume suo: è Ermes a dagli una dritta e fornirgli l’antidoto al tuo veleno. Sennò anche lui, da solo, sarebbe finito a grufolare nel tuo recinto e poi a trasformarsi in porchetta.
Certo, poi tra voi nascono le scintille. E vorrei ben vedere. Lui è Ulisse, uno che ha tanto fascino da riempire l’intero Mediterraneo e oltre. Lo vuoi tra i tuoi trofei. Ma tu sei Circe, però. E infatti, gli stai a fianco ma da pari a pari, e comunque gli fai capire che la distanza c’è. Se Calipso si era umiliata ad offrirgli il matrimonio e l’immortalità, a te manco passa per la testa. E’ uomo, caspita, e tu sei dea. Può essere divertente e intelligente, ma alla lunga è solo un mortale, e viene a noia. Così lo ospiti, finché diverte te, e lo aiuti pure, perché ritrovi la strada di casa, regalandogli anche un’ultima notte di favoloso sesso d’addio. Vuole tornare dalla moglie? E che torni. La dimensione sua è quella là: la casa, la sposa, l’isoletta su cui comandare indiscusso, perché alla fin fine anche il più intelligente dei maschi quello vuole, un posto dove nessuno lo contesti e possa sentirsi re.
Per cui lo metti sulla nave, dopo aver controllato che si porti via ben tutti quegli zotici dei suoi compagni, e gli fai ciao ciao con la manina quando sparisce all’orizzonte.
Poi te ne torni a casa tua, che hai un sacco di cose da fare, non ultimo magari accogliere qualche altro bel marinaio sperduto e più giovane, naufragato qua e là. C’è un mondo, attorno, e tu sei libera ed immortale. E guardando all’orizzonte la barca che si allontana, sorridi.
Perché loro, poveretti, pensano che tu sia una povera donnetta sola senza un uomo. E tu, invece, Circe, sei una dea.
Galatea Vaglio
Illustrazione Circe di Franz von Stuck (dettaglio)
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mucillo · 1 year
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Nella foto
IL “GIOVANE PROFUGO” DI JAGO SUL PONTE DI CASTEL SANT’ANGELO, Roma.
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"Il Profugo" di Marco Cinque
Ho venduto la mia storia
a uno scafista vestito di buio
lasciandomi dietro
una terra senza pace
Sono qui
inghiottito dentro un’oscurità sconosciuta
mentre percepisco il mare
venirmi incontro agli occhi
Sono qui, stordito
dall’assordare del motore
dagli spruzzi salati
dai pensieri che schizzano via come scintille
Sono qui, intirizzito
indifeso mentre accarezzo un sogno
col terrore
che si trasformi in incubo
Sono qui
in questa notte interminabile
lunga
più lunga di tutti i giorni della mia vita
Sono qui
dove tutto è riposto
in un orizzonte che non arriva mai
assieme a un ammasso di carne e speranza
Chissà, forse l’acqua che stiamo solcando
è fatta di lacrime piante da quelli come me
e forse è il nostro dolore
la sorgente che alimenta il mare che stiamo attraversando
Questi momenti stanno accadendo
dentro un tempo senza più tempo
dove le nostre vite sfrecciano via silenziose
conficcandosi nella più sordida assenza
Sono ancora qui
nonostante tutto, inseguito
dal riverbero del primo barlume
che mi chiama, mi chiama
come una madre chiama i suoi figli
Ma è troppo tardi, ormai
la mia strada
l’ha comprata uno scafista vestito di buio
che se ne sta lì, a poppa
tra me e il mio passato
Col primo bagliore
arriva anche un frammento di conforto
ma la luce vigliacca si accompagna di vento
e l’acqua adesso è veleno in tempesta
I corpi gridano, si aggrappano, scivolano
terrore e gorgoglii
inabissati tra flutti gelidi
infranti, su lingue taglienti di roccia
Questa terra che abbiamo sognato
sembra avere organizzato una festa
accogliendoci così
nel suo devastante abbraccio
E sono qui, superstite
in un luogo che puzza di civiltà
chiuso in questo campo di prigionia
che chiamano “centro di accoglienza”
L’esistenza di un profugo
è come una scatola cinese
esci da un inferno
per entrare in un altro
e in un altro, e in un altro ancora…
Sono fuggito dalla miseria
ho attraversato terre
mari, continenti
ho passato tutto questo
ma sono sempre qui
sempre qui, sempre qui…
convinto di non essermi mai mosso
Sì, sono sempre qui, accovacciato
con la testa stretta tra le mani
dondolandomi nella canzone degli addii:
“…ascolta le voci… ascolta le voci dal fondo del mare
non sono sirene cantare…”
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