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#Quadro Diario
quadrodiario · 5 months
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plassocean · 10 months
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Oggi sono stato con una mia amica per circa tre ore nella piazza di Piscinola, proprio nel luogo in foto, alchè una signora, passando, ci ha fermato dicendo: "Siete un quadro bellissimo"
Togliendo quanto mi abbia fatto sciogliere tale frase, m'ha fatto anche riflettere su quanto noi "giovani" tendiamo a soffermarci su cose come "Gli anziani che si tengono per mano", contemplando la bellezza di quei momenti che non appartengono a noi ma che speriamo un giorno siano momenti condivisibili anche da noi( insomma tutte quelle immagini molto Tumblr dei vecchietti che vedo pubblicare costantemente, anche se ormai ciò che vedo pubblicato qui su Tumblr sono solo foto di culi seni peni e sesso che,per carità, normalizzazione e sessualità sono concetti importanti però mi mi sono un po' rotto il cazzo della monotonia di questo social che ormai più che un social è diventato un diario per me), sottovalutando però quanto gli anziani facciano la stessa cosa nei nostri confronti, probabilmente il doppio di noi, e quanto questo possa essere un ottimo reminder per ritrovare semplicità o semplicemente apprezzare il bello, respirando, assaporando i momenti, o quantomeno, se proprio non si sa godere quasi di niente (come me), cercare di aver sempre presente che possiamo ancora essere noi stessi e ricominciare, con calma.
È anche interessante che una signora anziana, passando, si sia soffermata prima e fermata poi a dirci le belle cose che ci ha detto, dandoci tanta Gioia, e probabilmente provandola anche lei, seppur attraverso la malinconia, per il solo fatto di aver condiviso con noi quello che sentiva, laddove noi al massimo scattiamo una foto da lontano, o di nascosto, la postiamo su Tumblr perché "yo, questa foto è Deep, la devo condividere" e non condividiamo quella sensazione con i diretti interessati, perché magari loro non ci possono capire o boh, abbiamo vergogna.
La foto sopra è nata perché incuriositi dalla frase della signora, abbiamo chiesto a un altra passante di farci una foto cercando di ricreare tale situazione.
Ci siamo fatti na risata, ne è uscita na cosa carina, quasi vera come la precedente, seppur finta.
Mi piace come quella signora apprezzasse l'inarcatura della mia schiena e della sua solo perché vera. E come se sputasse in faccia a tutta la finta perfezione propinata oggi. È uno sputo in faccia a tutte le cose brutte e a tre quarti della nuova apparenza tossica di questa generazione. Non c'è niente di Tumblr, di Parigino/bolognese, Americano, artistico. Non ci sono poesie, non le stavo donando una rosa, non stavamo cantando come usignoli. Eppure abbiamo commosso il cuore di una persona con un immagine quasi tipica, statica, imperfetta.
Evviva i vecchi,
Evviva i giovani.
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vecchiorovere-blog · 2 years
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-°- Juan Vicente Piqueras
Tutto è pronto
la valigia
le camicie
le mappe
la fatua speranza.
Tutto è pronto: il mare, l'atlante, l'aria.
Mi manca solo il quadro
un diario di bordo
il dove
le carte di navigazione
venti a favore
il coraggio e qualcuno che mi ami
come non so amarmi io.
-°- [Opera di Peregrine Heathcote]
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... io serbo nel luogo del cuore,
come un clessidra,
il sussurro prefissato del sangue,
la mia perdizione,
la mia infanzia affondata,
la sorgente di una sete sconosciuta.
Tutto è pronto; la valigia,
le camicie, le mappe, la fatua speranza.
Tutto è pronto: il mare, l’atlante, l’aria.
Mi manca solo il quadro,
un diario di bordo, il dove, le carte
di navigazione, venti a favore,
il coraggio e qualcuno che mi ami
come non so amarmi io
La nave che non esiste, lo sguardo,
i rischi, le mani della meraviglia,
il filo ombelicale dell’orizzonte
che sottolinea questi versi sospensivi…
Tutto è pronto: davvero, invano.
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Juan Vicente Piqueras
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diario-quase-mensal · 12 days
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Diario do dia 15 de abril de 2024 (segunda-feira)
Hoje foi um dia BEM ruim pra mim
Desmaiei ontem sem me preparar pra hoje meu despertador me acordou 5:40 (40 min atrasada)
E com 5% de bateria
O dia estava chuvoso e frio
Minha calça estava estava úmida da chuva no varal e eu tive que pegar uma calça velha e batida no fundo da gaveta fundo da gaveta
Sai de casa muito atrasada meu irmão também demorou pra acordar
Perto do ponto vejo duas mensagens
iris: não manda mensagem estou sem internet
Grupo ônibus: esta tendo manifestação na rota do ônibus o motorista vai tentar outra rota
Perfeito o onibus também esta atrasado vou chegar a tempo
Meu pai e meu irmão me deixam no ponto e eu espero con os outros
notificação
Olho o grupo do ónibus
mensagem: o ônibus quebrou
Mas vi uma informação pior:
2% de bateria
Depois de rir de desespero com meus colegas de ponto ligo pro meu pai avisando a situação enquanto os outros pegam carona em outros ônibus com o mesmo destino
Enquanto meu pai me diz que vai levar minha mãe a escola que ela trabalha e depois me buscaria pra me levar a escola de carro me senti péssima por fazer ele fazer isso mas nada que eu falasse faria ele desistir de me ajudar
Nesse momento estava sozinha em um ponto de onibus em uma parte da cidade que não estou acostumada sem poder contactar minha amiga que tá se não mais tão perdida quanto eu
Aviso meu pai: 1%
Fiquei mais 30 minutos naquele ponto o que não é muito mas a sensação de solidão e ansiedade fez parecerem 2 longas horas
Meu pai chega e avisa que minha mãe demorou um pouco pra chegar na escola então eu coloquei meu celular pra carregar imediatamente e peguei o meu celular pra ligar pra Iris ela já tinha desistido e chegado em casa buscamos ela e meu pai nos lavou na maior velocidade possível finalmente cheguei na escola saio correndo como louca com Íris
Chego na sala com a cara mais vermelha que tudo
mas todo já sabia que tinham muitos problemas na estrada
Me sento pego meu caderno pra anotar a matéria no quadro
Escrevo um pouco e percebo
Deixei meu celular no carro largo tudo enfio a mão na mochila de íris e olho as horas meu pai definitivamente já estava na estrada de volta pra cidade
Felizmente eu passei o numero do meu pai pra ela um tempo atrás
Mando mensagem avisando e pedindo desculpa por ser tão avuada
ri muito de tristeza com Íris e agente não entendeu o por que agente tava tão determinada pra ir pra escola sendo que tinhamos todas as desculpas possíveis
As aulas foram monotonas mas comvesei bastante com o povo
esse dia foi realmente um azar sem fim
Fim.
(demorei o dia todo pra terminar de escrever)
Tchauuuu!!!
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diariovisivo · 5 months
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Quelle come me - Le artiste di Plinio il Vecchio
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Le testimonianze della pittura greca sono andate in gran parte perdute: resta qualche traccia di quella murale ma della pittura da cavalletto non è giunto a noi nulla poiché era uso dipingere su legno, un materiale molto deperibile. Questa perdita ha portato con sé la scomparsa dei capolavori di cinque pittrici greche classiche ed ellenistiche. È Plinio il Vecchio (23 - 79 d.C.) nel suo Naturalis Historia a parlarci di loro e a descrivere le loro opere. Si tratta di figlie d'arte, cresciute nelle botteghe del padre. Esse si dedicarono alla pittura di temi sacri ma anche a ritratti, nature morte e scene di genere. Timarete, figlia di Mikon il Minore, pittore siracusano vissuto nel III sec. a.C., dipinse un quadro dedicato ad Artemide, dea della caccia, degli animali selvatici e della foresta.Miniatura di Timarete tratta dalle illustrazioni del De mulieribus claris di Giovanni BoccaccioMiniatura di Irene tratta dalle illustrazioni del De mulieribus claris di Giovanni BoccaccioAristarete, figlia di Nearkos, dipinse Esculapio, dio della Medicina: Plinio non riporta alcun dato biografico su di lei.  Irene, figlia di Cratino, visse tra il III e il II sec. a.C. e dipinse il ritratto di una fanciulla, forse Proserpina. Kalypso si specializzò nel ritratto di anziani, maghi e ballerini che seppe connotare rappresentando le emozioni e quindi il loro lato più umano. Iaia di Cizico, forse una sacerdotessa, attiva a Roma nel I sec. a.C., divenne famosa per la velocità con cui sapeva fare i ritratti.  Olympias è ricordata perché divenne insegnante di pittura ed ebbe allievi maschi, cosa talmente straordinaria che Plinio ritenne importante segnalarlo sul suo testo. Di Timarete e di Irene parla anche Giovanni Boccaccio nel suo De mulieribus claris (italiano: Le donne famose), opera composta in latino tra il 1361 e il 1362, che raccoglie le biografie di 106 donne famose dell'Antichità e del Medioevo. Chissà di quante altre artiste avrebbero potuto parlarci Plinio e Boccaccio. Chissà quante delle opere che ammiriamo nei musei furono realizzate da donne. Il dubbio diventa certezza se ci soffermiamo ad osservare il vaso a figure rosse su fondo nero attribuito al cosiddetto Pittore di Leningrado e datato al V sec. a.C.. Egli raffigurò una bottega d’artista e incluse tra gli artigiani intenti a decorare i vasi anche una donna: impegnata a dipingere, capelli raccolti sulla nuca, comodamente seduta nella stanza di una vasaio (e infatti sulla sua testa sono appesi diversi vasi), questa figura femminile ci conferma e documenta la presenza delle donne al fianco degli uomini protagoniste della produzione artistica.Pittore di Leningrado, Hydria attica a figure rosse, 470-460 a.C., Vicenza, Collezione privata Banca Intesa San Paolo
Laboratorio
Qui sotto trovate la sesta scheda del colouring book "Quelle come me", stampabile su un foglio A4. Nell'immagine a sinistra potete vedere un particolare della miniatura dedicata a Timarete, tratta dal De mulieribus claris di Giovanni Boccaccio (1361-1362). Nell'immagine a destra, tratta dal medesimo testo, l'immagine di Irene. Ora che conoscete la storia delle artiste di Plinio il Vecchio, potete divertirvi a colorare questi due disegni e fare una piccola galleria d'arte in classe dedicata a "Quelle come me", o una doppia pagina nel vostro Diario Visivo. In questo modo le artiste invisibili che scegliamo di conservare staranno con noi e dentro di noi e favoriremo la diffusione di una storia dell'arte fondata su una vera parità di genere. Buon lavoro!
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theladyorlando · 5 months
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Frontone
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Cesare Pavese a Fernanda Pivano (Gressoney, 30 agosto 1942)
Cara Fernanda,
mi vengono in mente alcuni bei pensieri, che non c’è ragione perché non Le comunichi. È il solito problema di quanta fantasia un luogo possa contenere. Sono qui davanti a una parete ripida e irta di pini (o abeti che siano), ma un paretone grandioso, impervio, rigato di un’inaccessibile cascatella bianca che adesso pare un rivolo di sudore ma per tutta la notte mi ha fatto credere che piovesse a morte.
Di questi luoghi non ne ho mai veduti se non, raggentiliti, in fondo a qualche quadro toscano. Né ho mai sentita la Wally che pare li contenga. I wonder che cosa posso farne ‒ s’intende, in fantasia. Se, per esempio, raccontassi qualche faccenda che fosse in qualche modo condizionata da questa parete. Qualche misteriosa avventura che avesse luogo qui sotto, dove i pini, la cascatella, i prati sospesi a mezz’aria, le cicatrici rosso-brune della roccia, fossero il setting, l’antefatto, la realtà, il «ricordo» nella vita interiore delle persone. Giacché le persone di un racconto devono essere radicate nella loro realtà circostante da innumerevoli radici che sono i loro ricordi, la loro vita fantastica. Ora, io non ho ricordi di questi luoghi, di questa natura, di questa realtà: per me è un mondo gratuito, vuoto, oggettivo, come una persona veduta la prima volta. È evidente che non ho nulla da dire su di esso.
E allora, che storiella è mai questa, che tutti vantano i luoghi, i paesaggi, insoliti e belli, che costituirebbero appunto il «bello naturale»? E ci si sposta, si viaggia, per trovarne e ammirarne? Un interesse per questo colpo d’occhio inaudito è innegabile che lo provo, e un interesse creativo, badi bene, fatto dello sforzo per costruire queste impressioni in un racconto, in una fantasia. Nel che ‒ per ora almeno ‒ non riesco.
In montagna a casa dei miei. Non c'è niente qui che mi parli di me, tutto è, seppur bello, come estraneo, alieno, qualcosa ancora da imparare, quasi fosse la prima volta che le vedo, le montagne, dopo venti anni che ci vengo a passare qualche giorno d'estate. Mi è sempre sembrato come se il cielo fosse troppo grande qui, troppo pesante, come se non ci fosse riparo alcuno al suo penderti, gravoso, sulla testa: sempre sul punto di franare. Ora che mio padre non c'è più è anche peggio, è come starsene appesi in una specie di amnesia: ma le more, poi, si potevano mangiare qui su? E la passeggiata al bosco va fatta per forza col bastone? Questa non è la nostra terra, nessuno di noi viene da qui, e i locali fanno di tutto per fartelo sentire per bene: hanno quell'atteggiamento di difesa che forse gli viene da una vita trascorsa su un cratere, su una faglia che ogni tanto butta giù un paese intero che a te piace solo la prima quindicina di agosto. E invece noi siamo stati bravi, noi non ci siamo mai venuti per Ferragosto qui in montagna, perché ai miei piaceva il silenzio, la pace di un paese che non ha nemmeno il bar per un caffè: la seconda quindicina, insomma. A pensarci bene mio padre era l'anello che legava la mia famiglia dalle origini più disparate alle gole del Velino e alle sue cime nascoste, perche lui trovava una ragione buona in tutti posti: il giusto motivo. Quando saliva su per la strada di tornanti, inchiodava improvvisamente e gridava alla ghiandaia come al miracolo, e io lo chiamavo Charles Darwin: anche lui stava imparando? E infatti era lui che accendeva il fuoco con calma, senza fretta, ché tanto qui non c'era niente da fare in fondo, lo aveva capito; lui che si prendeva il suo posto sul tavolo della cucina per scriversi il diario, ogni mattina, con molta calma; lui che tirava fuori la sdraietta e intratteneva conversazioni incuriosite e cordiali con lo sparuto vicinato: per imparare. Mio padre sapeva di avere qualcosa da imparare da tutti i paesi che incontrava. E così andava a finire che anche lui si trovasse addosso qualcosa da dare ad ogni posto che toccava. Quello che tocca a me, invece, è ancora il duro lavoro di discente alle prime armi con il suo studio dell'alfabeto, io qui ho soltanto da imparare, e sento, senza di lui, di doverlo rifare tutto daccapo. C'è però qualcosa di buono nel fare tabula rasa: così estraneo mi è sempre sembrato questo posto che non ci ho mai passato una notte spensierata, qui in cima ho sempre pensato al terremoto, al buio fuori casa, agli animali selvatici in giro. invece ora mi sento come in pace col mondo fuori da questa casetta che è solo scale, che se ne sta seduta in verticale in cima a un paese senza neanche un bar. La morte di mio padre ha come normalizzato le disgrazie, e il terremoto può infuriare quanto gli pare, ormai per me è messo in conto, lo tollero come una delle tante eventualità su cui nessuno, tantomeno io, ha controllo alcuno. Qui dentro mi sento al sicuro, forse perché mio padre qui dentro c'è anche più di prima.
Ma io dove sono, invece?
L'altra sera siamo scesi al paese qui sotto per una passeggiata. Un paesotto che è quanto di più simile alla civiltà si possa immaginare, perché se ne sta a cavallo della via Salaria, ed è quindi un passaggio obbligato per chiunque la percorra a scavallare l'appennino, da Roma ad Ascoli Piceno: qui il bar c'è, e ce n'è anche più di uno, dunque la civiltà. La passeggiata al paese è uno dei pochi diversivi che offre la zona, e la vasca del corso va fatta sotto lo sguardo giudicante dei locali che, abbronzatissimi e vestiti di tutto punto ti tanano inesorabilmente dalle loro postazioni di favore ai tavolini, proprio quelli dei bar: guarda quelli di Roma, eccoli. Girando per le strade del paese mi è successa una cosa singolare: le case qui sono variamente assortite, alcune di pietra, con un'aria inconfondibile di appennino, alcune persino di cemento del più becero, forse prefabbricate. Altre sono palazzine eleganti, con le loro ricche finestre, i loro balconi in ferro lavorato, i loro bei portoni: il loro nome. Altri ancora sono comunissimi condomini, palazzine senza nome stavolta, che si sono trovate per caso nelle gole del Velino con la loro vile batteria di citofoni in alluminio: allo maniera di quella di Loreto, sono giunte in volo un giorno dalla periferia sud di Roma e qui hanno deciso di stabilirsi per nidificare. In mezzo a quelle costruzioni, camminando per il corso e guardando in alto il cielo tra i cornicioni, è successa la cosa singolare: mi sono ricordata di me.
È stato come ritrovarmi improvvisamente quando mi credevo persa sotto un cielo che pesava troppo, tutta presa ad impare qualcosa che mi era estraneo. Invece il cielo fra due cornicioni io posso pure sopportarlo, ho scoperto. E se poi i cornicioni sono quelli di due palazzine belle, qualcosa di più del progetto conveniente di un geometra di paese, magari il disegno di un piccolo architetto di provincia, allora tanto meglio. Mi sono trovata sotto a una fila di finestre che qualcuno, a un certo punto della storia senza grandi pretese architettoniche di questo paese, prima ancora che un muratore mettesse mano alla calce e al legno per impalcarle, ha ritenuto degne persino di un frontone. Una fila di frontoni triangolari, stupendi. Non so davvero da dove venga la mia ossessione per i frontoni e per i timpani, soprattutto quelli delle finestre, perché che una chiesa sia degna di un frontone mi pare un affare più che ovvio. Ma una finestra? Trovo semplicemente affascinante che in architettura questi siano stati elementi decorativi da dare persino per scontati: a questa fila mettiamo il frontone. punto. così, senza cerimonie. E in effetti mi sembra impossibile che non si trovi su internet un mare di informazioni su una decorazione che nella mia città è più nutrita degli stessi sampietrini a terra. E invece niente, sono avvolti in uno stupendo mistero della rete, i frontoni. In mezzo a queste case dimesse, tra questi vicoli già un po' tristi ad agosto e che in inverno devono far venir voglia di scappare correndo a piedi per la Salaria, ci sono delle file di finestre bellissime, di brave finestre, così brave che si sono meritate un frontone, così lontano da Roma. E così lontano da Roma c'ero io. E c'è in effetti una cosa segreta, nella bella architettura, che mi piace, che mi parla come all'orecchio. C'è che il frontone di una sola finestra di un paesotto sulla Salaria è una cosa incredibilmente grande se paragonata alla mia piccola vita. C'è che io ci passo sotto oggi e potrebbe essere l'ultima volta che lo vedo, così bello, così degno: e lui, invece, di fronte alla mia piccola vita, è come immortale. Per me un frontone di provincia è persino più immortale di una montagna che se ne sta lì da quando si è sollevato l'Appennino; più immortale della montagna che ha assistito alla sua posa sulla finestra e che, a suo discreto piacimento, deciderà quando creparlo con una bella scossetta dei suoi fianchi di pietra. Per me il frontone è più di una montagna, perché in lui c'è la mano buona dell'uomo, quella che vuole lasciare una traccia degna del suo passaggio, un passaggio non solo convenientemente operato, ma pregevole, mirabile: significativo agli occhi degli altri uomini. E questo mi commuove. Questo mi ricorda di me stessa, del riparo che mi serve quando sono lontana da casa, delle cose segrete che cerco per la mia strada e dove trovarle. Un portone di pietra male illuminato mi fa venire un nodo alla gola, e così un piccolo lucernario ovale scavato nella parete profonda di una vecchia casa. Così io sto misurando la mia piccola vita contro quella degli altri, che trovo incisa, scolpita, imbiancata sui muri di una abitazione. Il frontone forse è diventato la personale unità di misura della mia anima contro quella degli altri.
O forse sono semplicemente una snob delle palazzine eleganti, e mi piace fermarmi a guardare le loro file di finestre agghindate e dirmi compiaciuta, mentre sto ferma come una fessa in mezzo alla strada, che sembrano affacciarsi sul corso proprio per me, solo per me, mentre i locali dalle loro postazioni di vantaggio ai tavolini del bar scuotono la testa e mi additano ormai senza alcuna discrezione.
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Decisão do STF altera cenário de responsabilização jornalística
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Em uma decisão histórica que remodela as responsabilidades da imprensa no Brasil, o Supremo Tribunal Federal (STF) abriu um novo precedente legal. Por uma maioria significativa, o Tribunal decidiu que as entidades jornalísticas, sejam elas impressas ou digitais, podem ser responsabilizadas pelo conteúdo das suas entrevistas, especialmente se estas contiverem declarações difamatórias, caluniosas ou insultuosas. Esta decisão, decorrente de um caso que remonta a 1995, marca uma mudança fundamental no cenário da mídia no Brasil. Antecedentes do Caso O caso que levou a esta decisão inovadora envolveu uma entrevista publicada pelo jornal "Diario de Pernambuco" em 1995. Nesta entrevista, um indivíduo acusou Ricardo Zarattini Filho (1935-2017), figura da história do Brasil, de de participar de um atentado a bomba no aeroporto dos Guararapes em 1966, ataque que resultou tragicamente em três mortes. Essa acusação, não comprovada e potencialmente difamatória, tornou-se o foco da deliberação do STF. A decisão do Tribunal Numa votação decisiva por 9 a 2, o STF concluiu que as empresas de comunicação social são legalmente responsáveis ​​pelas declarações feitas pelos seus entrevistados. Esta decisão implica que as entidades jornalísticas devem exercer maior cautela e diligência nas suas reportagens, especialmente quando publicam alegações potencialmente prejudiciais. A decisão não foi tomada de ânimo leve; seguiu-se a extensas discussões que passaram de uma sessão plenária virtual para uma sessão plenária física devido à complexidade e importância da questão. Implicações para o Jornalismo Futuro Esta decisão não se refere apenas a um único caso; estabelece um quadro jurídico para incidentes futuros. Serve como princípio orientador para casos semelhantes que estão atualmente no sistema judicial ou que podem surgir no futuro. A decisão sublinha a importância do jornalismo responsável e a necessidade dos meios de comunicação social verificarem a informação que divulgam. Detalhes da sessão e processo de tomada de decisão A sessão, realizada em 29 de novembro de 2023, viu o Ministro Alexandre de Moraes mesclar sua tese com a do Ministro Roberto Barroso. A responsabilidade pela elaboração do relatório final foi atribuída ao ministro Edson Fachin, que propôs uma tese de mediação. Além disso, sugestões de Zanin e Cármen Lúcia foram incorporadas à decisão final, refletindo uma abordagem colaborativa e abrangente a esta questão complexa. Conclusão A decisão do STF é um momento significativo na jurisprudência brasileira, destacando a natureza evolutiva da responsabilidade da mídia na era digital. Enfatiza a necessidade de integridade jornalística e a consideração cuidadosa do impacto do conteúdo publicado. À medida que o Brasil navega neste novo cenário jurídico, a decisão do STF terá, sem dúvida, implicações duradouras na forma como as notícias são noticiadas e divulgadas no país.   Read the full article
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motolesechloe · 6 months
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Tecnica di Turner
La tecnica di Turner non mancava di sollevare una certa curiosità. Come i pittori dell'epoca, avidi di ricette, di inven- zioni, di trucchi del mestiere di cui poter approfittare, anche il vecchio accademico Joseph Farington andava ad informarsi nello studio del pittore. Ecco gli appunti del suo diario: Turner dipinge su fondi molto assorbenti preparati da Gran- di (Sebastian Grandi, il suo assistente) che lui stesso poi leviga con la pomice. Questo fondo assorbe ancora la pittura a olio dopo quattro passaggi. Quando il quadro è terminato bisogna stendervi tre o quattro mani di mastice perché i colori tengano. Egli non utilizza l'olio normale, ma quello di lino. Con questa tecnica riesce ad ottenere l'aria, che gli evita l'aspetto rugoso»> Quindici giorni dopo Farington è ancora nello studio di Turner e descrive nel suo diario, con una certa meraviglia, il numero limitato di pigmenti colorati di cui il pittore si serve: «bianco, ocra, giallo, terra di Siena e terra di Siena bruciata, rosso veneziano, cinabro, terra d'ombra, blu di Prussia, blu nero, blu oltremare. Soltanto olio di lino» (Finberg). Come nota John Walker, questa maniera di dipingere sembra
ham (1799)
essere stata efficace poiché le tele di quel periodo hanno resistito meglio all'invecchiamento. Le tele successive dipinte, pare, con minor precauzioni, si rovinarono più facilmente sono oggi causa di gravi preoccupazioni specialmente per i curatori della Tate Gallery. Recentemente il visconte Dunluce, direttore del reparto restauri del museo, ha dichiarato: «In alcuni casi i deterioramenti sono dovuti ai metodi personali di lavoro di Turner. Su alcuni dipinti ha lavorato molto, su altri ad intervalli che vanno dai due ai tre anni. Quando si rimetteva al lavoro su queste tele c'erano degli strati induriti, gli strati di pittura nuova non erano legati, ed ecco il motivo per cui oggi si staccano dei pezzi di pittura» (Observer, 25-12-1980). Ma l'interesse per i metodi di lavoro del giovane artista non modificò il giudizio di Farington, che riprese le accuse di evaghezza» e di «disordine» lanciate nel 1802 da True Briton nei confronti di alcune opere di Turner. «Turner ricerca lo strano e il sublime ma non ha la forza di condurre in porto ciò che intraprende. I suoi quadri hanno molte qualità, ma ciò che manca loro è la tecnica e la precisione accademica di un Poussin quando egli si rivolge allo stile epico. Inoltre, nelle scene con soggetti navali gli manca il gusto dell'abilità, del tratto preciso, che sono le qualità per eccellenza dei maestri olandesi e fiamminghi».
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quadrodiario · 5 months
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lamilanomagazine · 8 months
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Fabroni Sound Garden: il “giardino d’autore” di Palazzo Fabroni diventa teatro sonoro
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Fabroni Sound Garden: il “giardino d’autore” di Palazzo Fabroni diventa teatro sonoro. Pistoia, dall'8 al 12 settembre alle ore 19.00 nella seconda edizione di “Fabroni Sound Garden”, tre saranno le performance sonore aperte a tutti, con artisti internazionali e azioni concepite per il giardino. Per il secondo anno consecutivo, un giardino di suoni e performance si anima nel cuore di Palazzo Fabroni, all’insegna del linguaggio contemporaneo nel progetto Fabroni Sound Garden, realizzato da Tempo Reale, con la collaborazione del Comune di Pistoia/Musei Civici/Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni, e con il contributo della Fondazione Cassa diRisparmio di Pistoia e Pescia e della Regione Toscana. Tempo Reale porta a Pistoia in questa seconda edizione idee e progetti inediti e dal respiro internazionale: il massimo compositore acusmatico Hans Tutschku, conduce il pubblico tra i suoni del Giappone. Inoltre, l'americano David Moss, tra i più innovativi cantanti della musica contemporanea, presenta il suo lavoro, prodotto con Tempo Reale e presentato alla Biennale di Venezia, Many more voices. Nella terza giornata una performance originale ispirata al gioco dei “4 cantoni” fa giocare il pubblico con i dodici musicisti del Tempo Reale Electroacoustic Ensemble. L’edizione 2023 è dedicata a Michele Fiesoli, progettista del giardino prematuramente scomparso. La missione di Fabroni Sound Garden è quella di far dialogare l'architettura e lo spazio con la musica, sperimentare una forma di teatro sonoro in nuovi luoghi per un nuovo pubblico trasversale e curioso. Così il “giardino d'autore” diventa teatro di tre giorni di ricerca, attraverso artisti e performer che danno voce al presente, in performance aperte a tutti. Le tre azioni sonore sono specificamente concepite per il giardino. Nella prima azione il tedesco Hans Tutschku, esponente della composizione acusmatica di oggi, presenta un diario esperienziale, fatto dei materiali sonori più disparati, in una sorta di sinfonia fantastica sul Giappone, fruita in maniera totalmente immersiva dagli spettatori all’interno del giardino, che, con un sistema di altoparlanti, diviene teatro di un paesaggio immaginario pieno di simboli e significati ancestrali, ma anche strumento di approfondimento e conoscenza di tradizioni sonore lontane. Nella seconda azione sonora, il protagonista assoluto è David Moss, la cui voce si interfaccia con l’elettronica. In “Many more voices” Moss interagisce con l’universo digitale senza confini dei musicisti di Tempo Reale, con riferimenti alla musica di consumo e alla sperimentazione sonora più profonda. Il tutto in un quadro tecnologico d'avanguardia che impiega nuove tecniche di trasformazione dal vivo dei suoni. La terza azione è dedicata al rapporto tra il tema del gioco e quello dell’improvvisazione musicale, con i “4 cantoni” il giardino si trasforma in un laboratorio a cielo aperto dove gli spettatori sono calati in un’atmosfera giocosa fatta da musica libera e imprevedibile. Impegnati in questo gioco sonoro sono i dodici musicisti del Tempo Reale Electroacoustic Ensemble (che si è già esibito nella prima edizione del Fabroni Sound Garden) guidati da tre “conductor”. Programma: Venerdì 8 settembre 2023, ore 19 : HANS TUTSCHKU | REMEMBERING JAPAN Domenica 10 settembre 2023, ore 19 :DAVID MOSS & TEMPO REALE | MANY MORE VOICES Martedì 12 settembre 2023, ore 19: TEMPO REALE ELECTROACOUSTIC ENSEMBLE | QUATTRO CANTONI Edizione di Fabroni Sound Garden dedicata a Michele Fiesoli, progettista del giardino prematuramente scomparso Eventi a ingresso libero. In occasione della rassegna: Giovedì 7 settembre, ore 18, Villa Strozzi – Firenze Hans Tutschku, “Artifical Intelligence for Sound Composition” seminario aperto Da sinistra Elena Testaferrata, direttrice Musei Civici di Pistoia; Sara Nocentini, presidente Tempo Reale Centro di Ricerca Produzione e Didattica Musicale; Francesco Giomi, direttore Tempo Reale Centro di Ricerca Produzione e Didattica Musicale; Benedetta Menichelli, assessore alla cultura e Cristiana Pasquinelli, consigliera di amministrazione Fondazione Caript.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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livornopress · 1 year
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Roberto Rugiadi all'Enriques per raccontare la Shoah
Roberto Rugiadi all'Enriques per raccontare la Shoah
Livorno 27 gennaio 2023 Nel quadro delle attività legate al Giorno della Memoria, tutte le classi prime del Liceo Enriques parteciperanno a un ciclo di incontri con Roberto Rugiadi, figlio di Frida Misul, sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz e autrice a suo tempo di uno sconvolgente diario di questa esperienza. Da tempo Rugiadi, intervistato di recente da Sky-TV insieme alla figlia…
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capillariesposti · 1 year
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Cos'è nella notte
Nel sussurro sulla pelle di un vento appena vento di dicembre
Che mi porta a voler essere masticata e rimasticata, rimacinata, mai inghiottita
Una caloria non assimilata, perenne estasi senza sonno
Un momento che ha senso, utilità
Che vive di bisogno e piacere, li mescola e li fa danzare davanti ai miei occhi
Figurine perfette
Fosse solo la notte
Ascolto musica triste di una vita e traccio un percorso vago, forse striminzito di dove le mie lacrime si sono poggiate
Ne ricavo un quadro di un non nulla, un vuoto che mi chiama in modo canzonatorio ma bonario e di rimpianti che son cresciuti così tanto da avere gambe, braccia, mani e piedi
Uno di loro ha una famiglia e dei figli, lavora in un supermercato
Voglio ancora farmi del male, quello il mio unico vero, grande amore
Dopo tutti questi anni voglio ancora farmi del male
Come quando a 11 anni mostravo tronfia a mio fratello quanto non mi facesse male la torcia pesante del nonno martellata sulle mie braccia come una fetta di manzo
Vuoi vedere? Vuoi vedere
Come diventerà viola e gialla, una melanzana
Vuoi vedere come sono brava?
Come non riuscirò ad alzare il braccio
Come posso correre per strada nel traffico
Come mi arrampico sulle rocce in alto, sempre più in alto
Mi sbuccio le ginocchia
Confronto sconosciuti a mezzanotte nelle sconosciute vie della città
Giro per un hotel in Grecia con un coltellino rubato
Mostro il dito medio a dei tizi che importunano le mie compagne di classe prima di dovergli scappare, preda imperfetta
Come scorre il sangue
Sulle braccia, le gambe, la pancia, le mani, il collo
Mi chiedo a volte se finirà mai
Questa chiamata
Prima ho finito i gettoni e poi gli sms ed i minuti
Internet non funziona bene
Abbastanza bene per cercare consigli su come ammazzarmi e come trasformare il mio disturbo alimentare da grassa in un disturbo alimentare da magra
E patetica creatura che sono
Mi ostino a trasformare il mio dolore in spettacolo, a scrivere qui e non in privato, su di un diario
Su un cazzo di blog sconosciuto almeno
Urlo ed urlo ed urlo
"Salvatemi, venite a prendermi, AMATEMI PER FAVORE MIO DIO AMATEMI, DITEMI CHE SONO SPECIALE, CHE VALGO QUALCOSA, CHE SONO BELLA ED INTELLIGENTE E SIMPATICA E AFFASCINANTE E CHE NON CONOSCETE PERSONA MIGLIORE O PIÙ INTRIGANTE E CHE MI VOLETE, MI DESIDERATE, ANIMA E CORPO E MENTE"
E non voglio fare la vittima, detesto fare la vittima ma la faccio sempre
Raccatto pietà in modo osceno, mi butto in piazza sapientemente e prendo i miei due centesimi di apprezzamento
Ma alla gente non importa e fa bene
Sono un non nulla, niente e meno di niente, una spettatrice, un residuo di liquido amniotico sviluppatosi con il solo obiettivo di autodistruggersi
Vuole vivere ma conosce solo la morte
Che grande paradosso
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stilkritik · 1 year
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È tempo di consuntivi. Non vedevo l’ora che arrivasse stasera per scriverlo. Non è forse anche un po’ questo il senso del mio diario tumblerino? Cioè poter scrivere qui tutto ciò che, a causa del vincolo formale dello stile saggistico (quello di questo inciso, per inciso), mi è vietato scrivere la mattina al computer…. Oggi mi baloccavo con l’idea che questi post potranno, alla lunga, purgare tutti i miei vizi di forma quando scrivo “seriamente”. Che bello sarebbe!!! Per ora resto vittima delle locuzioni imbellettate, soprattutto dell’invidia che provo quando leggo altri impiegarle con disinvoltura. Voler essere come gli altri: la legge del mio universo privato. Oggi ho rivisto mio cugino… “Come mi ha fatto sentire?” Non saprei, c’è sempre poca autenticità con noi. Credo che dovremmo parlare per ore e ore e ore prima di poterci volere bene come un tempo. Mi sento un po’ distante da lui, ecco tutto. È stata comunque una serata abbastanza piacevole (forse perché ho notato che mi ascolta quando parlo? Avrei voluto parlare di più… mi stavo quasi sbloccando). Non penso che potremo mai tornare a provare quel vecchio senso di famiglia. Mio papà rovina un po’ il quadro: si lascia trattare proprio come un handicappato, fino a farsi addirittura accarezzare e canzonare. Sempre meglio di quando si nascondeva o era intrattabile… Quando mia mamma è serena per la sua salute il mio cervello è in pace. Prova ne è che ho scritto anche quando siamo tornati a casa, col buio. Piccolo riepilogo: non sono arrivato a citare deleuze, ok, ma ho scritto un bel po’, prendendo una deviazione che credo fosse necessaria; ho anche inserito delle poesie, finalmente; andrà sgrossato tutto, è chiaro. Una cosa liberatoria sarebbe lasciarmi andare alla sciatta ripetizione, perché in fondo io stesso sono ripetitivo, lo so. Vorrei scrivere male male male male male, in culo alla variatio. Se tutto ciò un giorno non mi darà pane, come potrò perdonarmelo? Meglio non pensarci… Argomenti che mi straziano: i soldi e l’amore. Ho pensato poco all’amore, oggi. Si vede che sono stato impegnato (ahah). Associo Tumblr a lei, questa timeline mi riporta alla mente brutti ricordi… Credo che non la rivedrò mai o, non so perché ne sono convinto, se la rivedrò sarà incinta. Meglio non accada mai. Non ci tengo, però, ad “andare avanti”, mi fa schifo quel modo di pensare all’amore. Non andrò mai avanti a lei, semmai di lato, e per questo dovrò cambiare molto. Ho ancora margine per cambiare ancora e, tuttavia, riuscire vero agli occhi degli altri? Ma se già mi sento un pupazzo… :/ Domani torno a lavoro, bella merda. Ormai tutti hanno capito che non sono un dottore, e io, che trovavo in quell’illusione una forma di possibile rispetto per la mia persona, vedo svanire anche quella chance. Solo i dottori godono di rispetto??? A quanto pare sì, altrimenti non verrei guardato come una schifezza senza valore e, per giunta, nemmeno salutato. Ottima decisione quella di non salutare che mi saluta: è rancorosa ma autentica. Per me possono pure morire… Per il momento lei, con quel nome pseudo floreale, è un buon motivo per tornare a lavoro. Scarse possibilità di vederla domani; nulle possibilità di vedere una svolta. Cosa pretendo? Che dicendo “sono questo e questo… mi occupo di questo e questo” lei possa guardarmi con occhi diversi? Sono troppo brutto, non si transige su questo. Bene, credo di essermi avviluppato abbastanza attorno a questa spirare di rimuginazioni a perdere. Buonanotte ^_^
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reading-marika · 2 years
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We Are The Ants - Shaun David Hutchinson
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“We Are The Ants” è un romanzo young-adult scritto da Shaun David Hutchinson nel 2016. L’edizione a cui si fa riferimento è la prima in inglese, della casa editrice Simon Pulse. Il libro in questione appartiene alla categoria young-adult, cioè una categoria di libri dedicati ai ragazzi/adolescenti.
There’s an amazing world out there for you to discover, but you have to be willing to discover yourself first. - Diego Vega
La storia è ambientata negli Stati Uniti in Florida, in particolare nella cittadina Calypso, in un periodo contemporaneo a quello della scrittura del libro, 2015-2016. La scelta di una piccola cittadina può ricordare la scelta di Henry nel prendere una decisione così importante come salvare il mondo, quindi molto casuale, come se la grandezza di una città non equivalga alla sua importanza, bensì, sembra quasi che l’autore voglia mettere sullo stesso piano le città. Il tempo, come già detto, è contemporaneo alla scrittura; tale scelta fa riflettere sull’impossibilità dell’uomo di prevedere e programmare il futuro: noi esseri umani non sappiamo ciò che succederà, per quanto ne sappiamo il mondo potrebbe finire domani.
Il romanzo narra la storia di Henry Denton, un ragazzo che frequenta le superiori, che ha alle spalle una storia quasi tragica, nonché la possibilità di salvare il mondo. Infatti, è da un po’ di tempo che viene rapito dagli alieni e viene utilizzato come oggetto di ricerca. Ma la storia effettiva del romanzo è proprio la vita di Henry: si raccontano i problemi famigliari, la situazione a scuola, sotto una forma introspettiva di un ragazzo delle superiori.
I personaggi principali sono Henry Dalton e Diego Vega. Henry è il protagonista della vicenda, nonché il narratore di essa. Henry è l’immagine di molti ragazzi che, alla sua età, soffrono di bullismo, problemi famigliari, insicurezze e traumi, il cui più importante è stato il suicidio del suo fidanzato Jesse. Inoltre, la sua esistenza è segnata dall’incontro con gli alieni, di cui sarà spesso cavia, ma a cui verrà affidata la scelta di salvare il pianeta. Diego è un personaggio che affianca il protagonista, non lo si può definire un personaggio secondario. Entra in scena a vicenda già iniziata, come un qualcosa di inaspettato, che sconvolgerà l’esistenza del protagonista. Diego è un personaggio misterioso, che non si identifica in etichette o in stili, ma ama cambiare, ama aver la possibilità di scegliere chi essere. Il suo carattere gli permetterà di avvicinarsi a Henry, con il quale instaurerà un rapporto prima di amicizia, poi in amore.
Lo stile utilizzato, proprio perché si tratta di un romanzo young-adult, è molto semplice e scorrevole. La narrazione è alternata da pagine di diario, scritte in prima persona, e capitoli che escono dalla trama, per raccontare e mostrare come potrebbe finire il mondo; in questi capitoli il lessico risulta essere più specialistico e si nota un approfondimento da parte dell’autore sugli argomenti proposti. In altri casi è stato utilizzato un lessico più scientifico: in alcune pagine di diario, Henry inizia a scrivere parlando di scienza, utilizzandola come topos letterario, per poi scrivere di sé.
I’ll die, you’ll die, we’ll alle die, and the things we’ve done, the choices we’ve made, will amount to nothing. - Henry Dalton
Durante la lettura si inciampa in diverse tematiche che, ancora oggi, sono molto sentite. La scelta è proprio quella di far immedesimare il lettore nel protagonista, idea non proprio ben riuscita, ma per quali motivi? La quantità di tematiche trattate è eccessiva per un romanzo di questo genere e ha portato ad una trattazione non equa di temi che necessitano di un grande approfondimento. I problemi famigliari sono un esempio: la tematica è stata affrontata in maniera molto approfondita e, nel corso della lettura, i pezzi del puzzle vengono messi al proprio posto e il quadro della situazione si fa più chiaro. In realtà, all’interno della problematica famigliare, tematica complessa e ampia, sono stati inseriti temi che necessitano di un ulteriore perfezionamento, quali l’abbandono del padre, l’alzheimer, la perdita di un figlio, la solitudine materna, che, presi singolarmente, potrebbero essere i soli protagonisti di un romanzo. Ovviamente, la quantità eccessiva non permetteva una ricerca così dettagliata per tutte queste tematiche, soprattutto tenendo conto del pubblico a cui è consigliato. Se, però, la tematica famigliare, tutto sommato, è stata approfondita, il tentato stupro no: è stato un dettaglio scelto come movente per arrivare ad un’altezza di drammaticità in poco tempo, in grado di far concepire al lettore una grande pietà. In realtà, è un misero dettaglio per com’è stato inserito e affrontato. Un altro argomento poco affrontato è il ricovero in un centro psichiatrico, o quel che effettivamente era, infatti si è detto poco e tutto il periodo di ricovero, che equivale a qualche settimana, viene affrontato con una leggerezza, come se fosse facile il percorso da seguire. Però, l’elaborazione del lutto è la tematica che viene ben perfezionata, poiché accompagna la lettura sin dall’inizio; verso il finale sfuma, ma non è la tragedia maggiore. Proprio la scelta di scrive il libro in prima persona, sotto forma di diario, permette all’autore di far riflettere il lettore sui sentimenti provati dal protagonista. Il pretesto degli alieni è una buona idea, peccato che non venga descritta in maniera completa, infatti, viene lasciata a sé stessa alla fine del libro. Il finale del libro è aperto, scelta letteraria che può piacere e non piacere: la riflessione che l’autore porta ai lettori è molto importante e non è una riflessione dedicata o indirizzata solamente ai ragazzi, ma a chiunque, però è stata affiancata ad una serie di interrogativi sulla trama stessa, che all’interno di uno young-adult è stata inaspettata e lascia abbastanza insoddisfatti. Ma voi, se aveste la possibilità di salvare il mondo, lo fareste?
You spend your life hoarding memories against the day when you’ll lack the energy to go out and make new ones, because that’s the comfort of old age. The ability to look back on your life and know that you left your mark on the world. - Nana
6/10
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despertcomp · 2 years
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C/C/C/C
OS 4C'S
CARNE:
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carne substantivo feminino 1. parte do corpo do homem e dos animais, esp. os vertebrados, composta esp. de músculos, à exceção de vísceras, ossos e tegumentos. 2. carne (acp. 1) comestível de mamíferos, aves, peixes.
carne (simbologia) "A carne humana está na cultura bíblica associada à ideia de tentação e pecado e surge, no Antigo Testamento, como oposição à ideia de espírito, alma ou pureza. Esta mesma característica dada à carne é também observada na maior parte das religiões orientais, embora existam filosofias orientais que não dissociam a carne, ou corpo, do espírito, considerando-os ambos de natureza divina. No Antigo Testamento, a carne tem sempre um significado oposto ao do espírito: ela é frágil e transitória enquanto que ele é eterno e forte. Talvez por estas razões, a carne é humana e associada ao pecado, enquanto que o espírito é divino e passível de salvação. No Novo Testamento, a carne é a manifestação humana de Cristo mas mantém a sua dissociação do espírito, incapaz de ser sagrada e tendendo sempre ao pecado. São frequentes as histórias e representações de santos a desprezarem e a mortificarem o seu corpo, como é o caso de S. Jerónimo. A expressão "diabo no corpo" é bem exemplificativa desta crença da maldade e impureza intrínsecas da carne, como é demonstrado no quadro Tentações de Santo Antão de Jerónimo Bosch."
A PRINCIPIO A CARNE FOI CRIADA PELO SER SUPERIOR, COM INTUITO DE REALISMO E REALIZAÇÕES, POREM, EM ALGUM DESCUIDO, A MESMA, SE TORNOU ALVO DE DESEJOS E TENTAÇÕES, NAS QUAIS SE ENQUADRARAM COMO FORMAS DE DOMINIO PARA SEUS OPOSITORES. O PRAZER CARNAL, LIBERA SUBSTANCIAS QUE ENIBEM TODO O CORPO, DANDO ENTÃO A SENSAÇÃO DE PRAZER SUPREMO… E ATÉ O PRAZER DIARIO MAIS SIMPLES, COMO DEFECAR, ACABA ENQUADRANDO ESSE DOMINIO. LEVANDO NOSSO CORPO MATERIAL AO "COMODISMO"
COMODISMO:
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comodismo substantivo masculino 1. caráter ou modo de proceder do comodista.
Significado de Comodismo
substantivo masculino Comportamento de quem é egoísta, estando sua satisfação acima de tudo. Caráter do comodista, de quem evita assumir responsabilidades ou de quem se afasta de dificuldades. Etimologia (origem da palavra comodismo). Cômodo + ismo.
O COMODISMO É A FORMA QUE O PRAZER SUPREMO ENCONTRA PRA SABOTAR SEU CORPO MATERIAL, TE DESIGNANDO A SE ACOSTUMAR COM A MONOTONIA, EM TROCA DE SENSAÇÃO PRAZEROSAS DIARIAS, ENIBINDO SUA CARNE DE NECESSIDADES MINIMAS E SUFICIENTES… E ASSIM, SOB O DOMINIO DO PRAZER CARNAL, VOCE SABE QUE NAO PRECISA SE ENTUPIR DE COMIDAS INDUSTRIALIZADAS, E CARNES VERMELHAS, POIS, SE SOMOS UMA ESPECIE DE MAMIFEROS EVOLUIDOS, ISSO SERIA CANIBALISMO…MAS MESMO ASSIM FAZ!!! O CORPO HUMANO ESTA SE ADAPTANDO A CORRUPÇÃO CARNAL, E MESMO SABENDO QUE VOCE NAO NECESSIDA COMER CHURRASCO, SOBREMESA, REFRIGERANTE, ALCOOL, VOCE FAZ , SOMENTE E ESPECIFICAMENTE PRA UM PRAZER MOMENTANEO. RAPIDAMENTE TIRANDO SEU SER INTERNO DO CONTROLE CORPORAL, E A UNICA MANEIRA DE CONSEGUIR VOLTAR A TER O AUTO-CONTROLE, É TENDO A CONSCIENCIA DAS NECESSIDADES BASICAS HUMANAS, E TRABALHANDO OS INTINSTOS MINIMALISTAS…
CONSCIENCIA:
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consciência substantivo feminino 1. sentimento ou conhecimento que permite ao ser humano vivenciar, experimentar ou compreender aspectos ou a totalidade de seu mundo interior. 2. sentido ou percepção que o ser humano possui do que é moralmente certo ou errado em atos e motivos individuais. "agiu conforme sua consciência."
O que a filosofia diz sobre a consciência? A consciência é a essência do ser humano e fonte de conhecimento e de verdade. De acordo com Descartes, e o seu princípio "penso, logo existo", a consciência surge como fundamento e modelo de todo o conhecimento. Através dela sabe-se que se existe e que se é, ou seja, uma coisa pensante, uma alma separada do corpo.
VOCÊ NAO TEM UMA ALMA, VOCÊ É UMA ALMA, VOCÊ SO TEM UM CORPO, ANALISANDO O JOGO DESSE ANGULO, VOCE CONSEGUE ENTENDER, QUE O LIVRE ARBITRIO NADA MAIS É QUE A CONSCIENCIA, E APARTIR DO MOMENTO QUE SUA MENTE ENTENDE QUE SUA ALMA QUE ESTA A CONTROLE DO SEU CORPO, E ELA NAO NECESSITA DESSAS SENSAÇÕES CARNAIS PARA SE SATISFAZER,ENTÃO, O CORPO AUTOMATICAMENTE ENTRA EM COLAPSO, E O FATOR DE PRAZERES DIFUNDIDOS EM COISAS QUE NAO FAZEM SENTINDO, FAZEM COM QUE O CORPO COMEÇE A PROCURAR FORMAS NATURAIS DE PRAZES, SE AMPARANDO NOS SEUS INSTINTOS PRIMITIVOS… O MINIMALISMO ELEVA SUA VIDA CARNAL, FAZENDO COM QUE VOCE ATINJA O NIVEL SUPERIOR DE JOGABILIDADE, TENDO ASSIM O PODER DA COINCIDENCIA…
COINCIDENCIA:
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coincidência /o-in/ substantivo feminino 1. igualdade, identidade de duas ou mais coisas. 2. ocupação do mesmo espaço; justaposição.
O que é coincidência?
Coincidência é o substantivo feminino que significa o ato de coincidir, indicando acontecimentos que ocorrem em simultâneo. É sinônimo de coexistência, concordância e simultaneidade.
O que as coincidências querem dizer?
Jung observou que as coincidências significativas iam além de uma probabilidade de acasos. Ou seja, para ser sincronicidade, é preciso que dois ou mais eventos aconteçam simultaneamente, sem relação de causalidade ou lógica de tempo e espaço, e transformem a vida de algum jeito.
SE SOMOS MATERIA E ENERGIA, APARTIR DO MOMENTO QUE O AUTOCONTROLE COMEÇA SE MANIFESTAR, O PODER DA COINCIDENCIA, FAZ COM QUE NOSSA COCRIAÇÃO ENERGICA, COINCIDE O QUE DESEJAMOS EM ALGUM MOMENTO NA NOSSA REALIDADE MATERIAL. BASICAMENTE, SOMOS O QUE EMANAMOS, PORTANTO, SE SUA MATERIA PASSA POR UMA DESENTOXICAÇÃO CARNAL, E SUA ENERGIA DOMINE O CONTROLE CORPORAL, TUDO O QUE VOCE PEDE MENTALMENTE, REALIZA MATERIALMENTE, TENDO COMO FORMA DE REALIZAÇÃO A "COINCIDENCIA". E SEU UNIVERSO COMEÇA A FICAR MAIS MANIPULAVEL, INDIVIDUALMENTE, E COLETIVAMENTE. VOCÊ EMANA PAZ E PAZ TERÁS…
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