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#Il Lamento della Strega
complexdistractions · 4 years
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Salvatore Mercatante : Il Lamento della Strega
Salvatore Mercatante : Il Lamento della Strega
Sure, October has passed us by and we are steadily approaching our day of thanks and turkey. But this doesn’t mean that all things spooky are gone and left us till next fall. In fact, there is a portion of the population(and many readers of these hallowed digital pages) that Fall and Halloween live within us long after the last of the leaves have been raked and incinerated in a backyard fireball.…
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pizzadoner · 5 years
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Maggio
A Maggio la depressione e l’autismo funzionale sono stati i padroni della mia vita, vuoi anche per le letture. Sono rimasto nel letto senza dormire, meditare o acculturarmi, come un verme, per almeno uno giorno. L’unico libro che mi ha tirato su di morale è stato quello di  Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Il gattopardo
Addio alle armi - Hemingway
Il giuoco delle perle di vetro - Hesse
Una cosa divertente che non farò mai più - D.F.W.
Lamento di Portnoy - Roth
Radiguet - Il diavolo in corpo
Sette brevi lezioni di fisica - Rovelli
Quello che veramente mi ha creato più danni mentali è stato il libro di Roth. Quello di Hesse dovevo leggerlo da una dozzina d’anni, ed è stato molto faticoso. Addio alle armi, beh, è Addio alle armi. D.F.W. bellino. Rovelli mi ha mostrato che sono un coglione. Radiguet meh.
Credo di mollare a breve Hanno tutti ragione di Sorrentino, perché quello che mi interessava era nel primo capitolo. Non male, e si capisce come sia arrivato finalista allo Strega del 2010. Meglio di Acciaio.
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thymeria · 5 years
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La strega - cap. 2 - Il rifugio
I due camminarono per giorni, trovando sentieri sempre più ripidi che costeggiavano dei burroni. Ainara aveva l'immagine della mappa in mente: avrebbe dovuto attraversare i monti del Piccolo Popolo per poter cambiare regno e cominciare nuovamente una vita tranquilla... fino a quando non sarebbe stata cacciata di nuovo. Ainara pensò a tutti i regni che aveva attraversato da quando l'avevano cacciata dalla casa paterna, alle genti dagli usi più disparati, alcuni segregavano le donne, altri gli uomini e in soltanto pochi di questi tutti godevano degli stessi diritti. Ainara aveva passato la maggior parte del tempo in quegli ultimi, ma alla fine era stata costretta ad andarsene. Il sole iniziò a calare e Flicker volò un po' più in alto. «Padrona Ainara, vedo una casa... sembra che sia vuota.» disse l'imp. «Guidami.» comandò Ainara. Flicker la guidò lungo gli alberi sempre più radi e quindi in un prato su cui i fiori si stavano chiudendo per la notte. Anche Ainara riuscì a vedere la piccola costruzione di pietra dal tetto formato anch'esso da lastre di pietra ed il suo passo si fece più leggero. Non vi era alcuna luce alle finestre ed il piccolo orto davanti alla costruzione era abbandonato a se stesso. Ainara socchiuse la porta. «C'è nessuno?» chiese, aprendola e richiamando con uno sforzo di volontà una fiammella sulla sua mano. Nemmeno il vento rispose al suo appello e la donna osservò l'interno, vi erano sole due stanze e quella più distante dall'ingresso conteneva un letto ed un armadio semi-distrutto, mentre quella precedente un tavolo che traballava, un paio di sedie e un caminetto annerito. Lanciò la fiammella verso il caminetto pronunciando qualche parola a mezza voce e le fiamme divamparono, iniziando a riscaldare lentamente la stanza. «Ci fermeremo qui.» disse, andando ad appoggiarsi alla finestra e lanciando un'occhiata all'esterno: il nero della notte era punteggiato soltanto dalle stelle. Il giorno successivo Ainara si trovava già di prima mattina con la zappa in mano. I lunghi capelli rossi erano stati raccolti in uno chignon e le maniche della blusa erano state arrotolate, mentre indossava anche dei pantaloni di tessuto scuro. «Padrona Ainara! Padrona Ainara! Mucche!» gridò Flicker, volando il più velocemente possibile. Ainara sollevò il capo, portando una mano a farsi ombra. «Come “mucche”?» chiese. «Arrivano tante mucche, padrona Ainara, con un pastore.» il piccolo imp ronzava come una zanzara attorno alla donna, non sapendo cosa fare. «Vai sul tetto, se il pastore avesse intenzioni ostili puoi bruciarlo.» gli ordinò e lui sfrecciò come se avesse un sacerdote alle calcagna. Ainara riprese a zappare l'orto e poco dopo udì lo scampanio delle mucche. Sollevò lo sguardo verso i grossi animali con un lieve sorriso e poi vide un giovanotto con una blusa aperta davanti e pantaloni corti, in mano teneva un lungo bastone. Si soffermò sul viso di lui, contornato da corti capelli mori e con i segni di una vita passata all'aria aperta. «Non sapevo ci fosse di nuovo qualcuno quassù.» commentò il giovane, sorpreso. «Come, scusate?» chiese Ainara, perplessa. «Dicono che questa casa sia stregata, siete sola? Avete un bel coraggio a viverci...» Lo sguardo della donna rimase perplesso. «Come sapete che ci vivo?» commentò Ainara, sospettosa e stringendo forte la zappa. «State sistemando l'orto, non credo che qualcuno lo farebbe se non avesse intenzione di restare.» fu la naturale risposta con un sorriso. «Mi fa piacere che qualcuno sia tornato qui: è una bella casa.» il giovanotto si batté una mano sulla fronte. «Perdonate la mia scortesia, se mio padre venisse a sapere che sto importunando una bella fanciulla senza presentarmi sarebbero cinghiate per me: il mio nome è Peter.» Ainara sbatté gli occhi, perplessa dal comportamento del giovane. Evidentemente non doveva aver visto né i suoi occhi né i capelli visto che non stava scappando a gambe levate e non stava cercando di colpirla col bastone... «Non... preoccupatevi... non sarò io a riferirglielo.» rispose la donna, abbassando gli occhi per riprendere a zappare. «Cosa mi potete dire di questa casa?» Peter spostò lo sguardo sulla casa di pietra. «Dicono che ci si sente, allo scoccare della mezzanotte di ogni luna piena tre streghe si ritrovino per compiere i loro malefici e gli spiriti di quanti muoiono ogni anno sui monti vengano a salutarle e a porsi al loro servizio.» Peter ebbe un brivido. «E se riescono a mettere le mani su un bambino, lo aprono per leggere il futuro nelle sue viscere. Dopo essersi accoppiate con un montone tornano da dove erano venute fino alla luna successiva.» La zappa di Ainara colpì un sasso e la donna s'inginocchiò per rimuoverlo. «Non mi sorprende che questa casa sia deserta.» rispose lei, seguendo il bordo della pietra con le dita per scalzarlo. “Sembra la casa adatta a me.” «Potrei sapere il vostro nome?» le chiese Peter, osservandola attentamente. Ainara non riuscì a rispondere che le mucche iniziarono a muggire terrorizzate e scapparono in ogni direzione. Peter lanciò un lamento e si mise all'inseguimento delle bestie, mentre Ainara si rialzava con una pietra tonda in mano. «Ainara, il mio nome è Ainara.» mormorò la donna. Un secchio si avvicinò lentamente a lei, grattando con un rumore metallico quando incontrava un sasso. «State bene, padrona Ainara?» chiese la vocetta gracchiante e un po' metallica di Flicker. «Vi ha fatto del male?» «Sto bene, ho... parlato con una persona senza... che scappasse via...» mormorò, rimanendo come inebetita ad osservare la direzione in cui era scappato Peter. Flicker sollevò il secchio, osservando la donna ferma come una statua a guardare l'orizzonte. Che ne era stato della sua padrona pronta ad aggredire qualunque persona si avvicinasse e partire il prima possibile?
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𝐒𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐝𝐨𝐧𝐧𝐞
[𝐔𝐧 𝐫𝐚𝐜𝐜𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐞𝐬𝐜𝐥𝐮𝐬𝐢𝐯𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐧𝐜𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥'𝟖 𝐦𝐚𝐫𝐳𝐨 𝐚 𝐏𝐨𝐥𝐯𝐞𝐫𝐢𝐠𝐢. 𝐈𝐥 𝐂𝐎𝐕𝐈𝐃 -𝟏𝟗 𝐧𝐨𝐧 𝐜𝐢 𝐡𝐚 𝐩𝐞𝐫𝐦𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐟𝐞𝐬𝐭𝐞𝐠𝐠𝐢𝐚𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐩𝐢𝐚𝐳𝐳𝐚, 𝐦𝐚 𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐫𝐞𝐜𝐮𝐩𝐞𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐚 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨]
La veste era strappata. Aveva steli di fieno ingiallito tra i capelli rossi. Le labbra erano gonfie, l'inferiore spaccato. Il sangue era rappreso sul mento, aveva macchiato anche il collo.
Lo sguardo era brillante, vivido, nonostante la stanchezza. Fiera, si ergeva come una regina ferita, il dolore non l'aveva messa in ginocchio. Non parlò quando due guardie si fermarono oltre le sbarre. Osservò le mani dell'uomo in divisa più anziano. Le dita tremavano attorno alla chiave, mentre la girava nella serratura: era spaventato.
Chissà che cosa immaginava sul suo conto? Una strega, una giovane concubina di Satana, accusata di aver avvelenato l'acqua e fatto morire più della metà degli abitanti. Grande e grosso, il vecchio uomo d'armi era atterrito di fronte a quella che poteva essere sua figlia. Il pensiero curvò le labbra tumefatte di lei, che offrì le braccia alle catene, una volta che la porta di sbarre fu aperta. Accettò la costrizione e, mansueta, si fece guidare lungo il corridoio. Diede uno sguardo stanco all'interno delle celle: visi spenti, occhiate rassegnate, perché tutti loro sapevano che lei non sarebbe tornata. Era un commiato, un gesto di compassione che la donna accettò.
«Siediti», ordinò la guardia più giovane che non aveva parlato fino a quel momento. Le indicò la seduta di legno grezzo, posta accanto a un tavolo sfregiato a fondo. Lei obbedì, si accomodò con delicata eleganza e aspettò che gli uomini agganciassero la catena arrugginita che le legava le mani all'anello che spuntava dal piano del tavolo.
La piccola porta borchiata che si trovava di fronte al tavolo, si aprì e lasciò entrare un uomo. Era alto e smilzo, indossava abiti di velluto verde scuro. I capelli grigi erano legati dietro la nuca da un nastro nero. Il volto era tagliente e allungato, il naso aquilino. Gli occhi erano vitrei, penetranti, vividi, in contrasto con le rughe fonde, segni del tempo. Camminava zoppicando, ma rifiutò l’aiuto delle guardie.
Fece fatica ad accomodarsi sulla seduta di legno di fronte a quella occupata dalla donna, ma mantenne l’espressione ferma, non si lasciò scappare nemmeno un lamento.
«Potete lasciarci soli?», domandò alle guardie che gli rivolsero un’occhiata perplessa. «La strega è stata tormentata e intrappolata. I suoi poteri non possono più nuocermi», constatò con tono piatto, ma duro. Nessuno dei due uomini armati ebbe il coraggio di ribattere, obbedirono a testa bassa, sparendo alle spalle della donna, verso le celle.
«Non pensavo che sareste riuscito a venire, signor Bennett, ma l’ho sperato», e la donna accennò un piccolo sorriso. Le faceva male il volto per colpa delle percosse.
«Posso portarvi fuori di qui, questi erano i miei uomini prima che…»
«No», lo interruppe lei, allungando le mani esili e sporche verso quelle dell’uomo. La catena le impedì di raggiungerle, ma Bennett le strinse. «Rischiereste di morire, voi e la vostra famiglia.»
«Senza di voi la mia famiglia sarebbe già scomparsa», l’uomo scandì bene le parole, ma la donna scosse lentamente il capo.
«Va bene così», parlò calma. Notò delle lacrime cristalline che imperlavano gli occhi di vetro e chiuse con più decisione le mani nelle sue.
«No, non è giusto. Voi non avete fatto niente», la voce di Bennett tremò, nonostante lui combattesse per tenerla ferma.
«Ho fatto molto, in realtà, ma non me ne pento. Voi non dovete essere triste per questo, perché non finirà.»
La giovane si sporse in avanti. Doveva accorciare la distanza e abbassare la voce.
«Voi farete in modo che continui.»
Bennett la guardò perplesso e sospese il respiro quando la donna si sporse a sussurrargli all’orecchio.
***
Non aveva emesso un grido, non si era lamentata mentre le fiamme le mangiavano la carne. Non aveva pianto. Si era trasformata in cenere senza fare alcun rumore. La pira era uno scheletro nero, adesso, sotto la pioggia. La folla urlante si era diradata lasciando un cerchio di vuoto al posto della piazza.
Silenzioso, Bennett osservava il calare del giorno grigio dal rettangolo rigido e stretto della finestra della sua stanza. Stringeva una scatola di legno tra le mani, povera e levigata dall’uso. Odorava di bosco, d’erba fresca e viva, di rugiada, profumava d’alba. Lei era lì dentro, adesso, che aspettava soltanto di continuare a vivere.
***
Le mani sottili erano strette a una coppa di legno piena di un decotto di erbe medicinali. L’orlo appoggiò delicatamente sulle labbra screpolate di una bambina, distesa sul povero giaciglio. Le coperte di lana ruvida non bastavano a farla smettere di tremare. Perle di sudore erano raccolte sulla fronte, appesantivano le ciocche di capelli corvini e le facevano aderire alla pelle.
Con delicatezza, la donna posò la coppa e accarezzò una guancia arrossata della bimba.
«Andrà meglio», mormorò, allungandosi a darle un bacio sulla punta del naso. Sentì il peso dello sguardo del padre della bambina e le venne da sorridere. Ricordava quello del suo genitore, mentre fissava arcigno la figura della guaritrice, la donna dai capelli rossi. Anche lei se ne era accorta e le aveva sorriso, chiedendole di non preoccuparsi.
Le labbra tornarono a rilassarsi, gli occhi si abbassarono sulle mani della piccola, strette alle coperte. Era ora di andare, il suo lavoro era finito. Si alzò in piedi e si distanziò dal letto. Non abbassò lo sguardo quando gli occhi del padrone di casa incrociarono i suoi. L’espressione si irrigidì nel sentire il tintinnio metallico di una bustina di cuoio che penzolava dalla stretta dell’uomo.
«Teneteli, vi prego», affermò decisa, forse brusca.
«Non voglio debiti con una strega», borbottò lui che da vicino sembrava in difficoltà, quasi spaventato. Non tutti gli uomini erano come suo padre, considerò, alcuni non vedevano il bene neanche se si palesava davanti ai loro occhi. La lettera nella scatola l’aveva avvertita.
Prese dunque la bustina, ma non la trattenne più di qualche istante. La affidò alla donna smunta che si trovava a pochi passi dall’entrata, la madre della bambina.
«Usateli per lei», le disse, osservando rassegnata le mani tremule dell’altra che sembravano dover stringere un frammento di ferro bollente. Era stata proprio lei a bussare alla porta della sua casa nel bosco e chiedere disperato aiuto. Aveva gli occhi pieni di paura, ma la giovane guaritrice aveva sperato che fosse capace di vedere meglio di suo marito. Si era sbagliata, purtroppo.
Quando lasciò la casa, sentì il rumore di qualcosa simile a leggeri sassolini che cadevano dietro i suoi passi. Si voltò in modo da guardare la strada appena percorsa e notò che la donna aveva tirato del sale prezioso sulle sue impronte nel fango.
La giovane rimase in silenzio e continuò ad avanzare, mentre la luce del giorno si affievoliva. Il sole invernale si era nascosto già dietro il fitto bosco, disegnando ombre lunghe e rassicuranti. La guaritrice amava la notte, non perché nascondesse chissà quale mistero o magia, ma la faceva sentire a suo agio. Nessuno sguardo, nessun’accusa, in quella tenebra era come se lei non esistesse.
Non importa chi sei, c’era scritto nella lettera, come ti chiami o come sei fatta. Importa soltanto quello che fai. Non ti ringrazieranno, né si complimenteranno con te, anzi, molti ti malediranno e avranno paura di quello che sai.
Pensava fosse più semplice da sopportare, eppure più tempo passava, più aveva bisogno di trovare conforto nelle parole scritte sulla vecchia pergamena. Dopo aver lasciato la sua casa, era maturata al fianco della vecchia guaritrice citata sulla lettera, aveva imparato tutto quello che c’era da sapere ed era andata lontano, fino a un paese pieno di gente che aveva bisogno d’aiuto.
Rischiava di essere denunciata ogni volta che salvava una vita – tante avevano fatto quella fine –, e in serate come quella si chiedeva se valesse la pena.
Il sorriso sulle labbra di chi hai salvato cancellerà ogni dubbio. È merito mio, penserai. Io che sarei destinata a essere inferiore, a non sapere niente e vivere da schiava. Io che dovrei essere una semplice fattrice senza sogni né pensieri, una merce di scambio, un niente senza un uomo a comandarmi e proteggermi.
Ascoltò il rumore dei suoi passi nella notte, solitari, poco più forti del frusciare debole del vento tra le fronde degli alberi. Il paese era lontano e nessuno si incamminava per quel sentiero buio a quell’ora. Era l’unica a farlo, l’unica a sapere abbastanza da essere certa che non ci fosse oscurità così densa da uccidere.
Arrivata alla casupola nel bosco, aprì la porta e si rifugiò all’interno. Il vento era più arrabbiato, adesso, il cielo baluginava di qualche lampo lontano. Il rombo dei tuoni riempiva l’aria. Serrò le finestre, chiudendo gli scuri fatti di assi irregolari di legno e ascoltò l’ululato del temporale, le prime raffiche di pioggia.
Accese una candela già consunta dal precedente utilizzo, appoggiata al tavolo di legno al centro dell’ampia stanza principale. La scatola era lì, profumava ancora di bosco, nonostante tutte le volte che l’aveva aperta. Ne tirò fuori un vecchio foglio, stropicciato, arricciato. Lo scorse veloce con gli occhi, perché aveva bisogno di trovare le righe più importanti. Sorrise con decisione e tirò un sospiro di sollievo quando le rintracciò. La grafia era tremula e incerta, le righe erano sfalsate, ma quelle parole le scaldavano il cuore, raffreddato dal dubbio.
Ricordava a malapena la voce di quella donna, ma le parve di sentirla parlare nella sua testa.
Tu non hai paura, perché sai di essere come una roccia nella tempesta. Supererai le intemperie, il cambiamento, perché anche se non lo sa, il mondo ha bisogno di te. Sei necessaria, per quanto cerchino di sminuirti: sei vita. Madre, sorella, amica: anche chi ti disprezza, ti deve l’esistenza. Sei una e sei tutte, perciò non arrenderti. La tortura non ti spezza, il fuoco non ti uccide: continuerai a esistere come ho fatto io prima di te.
Tu sei me.
Io sono te.
Noi siamo donne.
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‘’la porta della stanza si aprì improvvisamente con la presenza del dottor  Morrigan , tornato per accertarsi che la ragazza stesse bene . ‘’ è sveglia’’ disse avvisando amici e parenti che si scaraventarono frettolosamente alla porta trovando enzo seduto a canto la ragazza  . ‘’come si sente signorina hill?’’ sussurrò il dottore poggiandole una mano sulla spalla . ‘’bene , io sto bene grazie’’ rispose elizabeth con voce tremante quasi assente continuando a cercare un punto sulla quale avesse  potuto posare lo sguardo che non fosse negli occhi dei presenti nella stanza .  ‘’bene signorina hill , per ora è tutto le preparo la carta per la dimissione , vorrei vederla ogni due settimane  per accertare che la gravidanza prosegua bene ,  ha avuto un brutto incidente ed è meglio che lei stia sotto controllo più del dovuto , almeno al momento .’’ il dottore concluse la frase e  andò via , lasciando elizabeth con i suoi cari .  
Araceli fece un passo in avanti presentandosi , dopo aver detto che era sua madre.  dalla ragazza non emerse nessuna reazione , non le importava .
E:’’cosa ti aspetti che faccia ? dovrei crederti ? e anche se fosse per me ,sei un estranea , quindi se pensi di iniziare a recuperare crediti faresti meglio ad arrenderti , sprecheresti tempo  e non è un buon momento per preoccuparmi di altre cose . come se questo non fosse già abbastanza.’’
hanna a quelle parole ridacchiò , sapeva come era fatta sua nipote d’altronde l’aveva cresciuta lei , anche se pur essendo lontane.
AC:’’hai ragione betty , non pretendo che tu mi perdoni subito .’’
E:’’betty ? betty mi chiamano gli amici e i parenti , tu piombi qui dopo tutto questo casino , scusa mi ricorderesti chi sei ? e in  più ti aspetti il perdono ?’’
H:’’tel’ho detto , meglio che tu ti arrenda.’’
AC:’’al posto di incoraggiarla e questo che fai ? me la metti contro ?’’
E:’’ hanna non gioca sporco . se sei davvero mia madre e ci tenevi , non mi abbandonavi per un motivo o per l’altro , se una cosa la si ama la si tiene ma a quanto pare tu dopo diciott’anni fai la tua comparsa e per cosa ?’’
A:’’per tenerti lontano da  klaus .’’
E:’’forse non ti sei accorta che non ho bisogno di te , non sei tu quella che mi ha salvato dai guai , sono state bonnie , caroline  e hanna e questo lo riconosco non ostante io adesso non riesca neanche a guardarle perchè mi hanno nascosto una vita intera . e adesso la mia vita era  già un casino prima figuriamoci ora , ormai sono incatenata all’ansia e al panico e a tutto questo  . sono incinta e non sono neanche a metà college ,  faccio parte del soprannaturale e il padre di mio figlio è un vampiro  e io cosa sono ? un angelo ? perchè non ho le ali ? le hanno dimenticate dove , in paradiso ?  poi vengo a sapere che ho una madre che ha una bella casetta nel’aldilà ha abbandonato la figlia poi spunta e cosa chiede ? il perdono . tu ti rendi conto che questo è assurdo vero? quindi se vuoi aiutarmi , tornatene a contare le nuvole , siamo in troppi e non c’e spazio.’’
araceli  guardò elizabeth dritta negli occhi in quel’istante , poi rivolse lo sguardo verso enzo , a lui quella donna non piaceva proprio  , aveva qualcosa nel profondo del suo sguardo che dava ad enzo un presentimento sinistro , non era come hanna .
la discussione si concluse  con quelle ultime parole di elizabeth , non voleva nessuno attorno a se in quel momento , era spaventata e mancava di fiducia . araceli andò via ma prima concluse una discussione in sospeso con hanna .
E:’’se dovesse tornare dille che è inutile , e che non voglio vederla .’’
H:’’farò di tutto a finchè ti stia alla larga ‘’
L:’’non ho avuto un buon presentimento riguardo a tua madre elizabeth .’’
E:’’lei non è mia madre , abby è mia madre.’’
beth aveva così tanti pensieri nella mente che non le sembrava il momento di pensare anche ad araceli , così decisa di se volle che le stesse alla larga , non poteva occuparsi di tutto in una volta .
tornò a sedersi nel letto sferrando un pugno sul cusicno per poi portarsi le mani sul volto e stringere forte la sua faccia da far diventare la pelle rossa , enzo staccò le mani dal suo viso e la guardò severamente . ‘’basta’’ disse con voce ferma . lei ricambiò con lo stesso sguardo . inteso ma pieno di rabbia .
E:’’credo che mi prenderò una pausa. ‘’
disse beth rivolgendosi a bonnie caroline e hanna .
B:’’cosa intendi per ‘’prenderti una pausa’’
E:’’voglio....starmene un pò da sola , capite ...senza nessuno ..’’
H:’’bonnie intende che vuole stare lontana da noi .’’
C:’ma , come , cosa ...e cosa intendi fare ? ‘’
E:’’affiterò una casa non troppo distante dal college , voglio del tempo per me . per riflettere su tutto questo .’’
C:’’puoi prenderti casa , scappare , non parlarci addirittura odiarci ma spero un giorno capirai cosa significa evitare di farti affondare in una situazione così drastica e pericolosa hai visto anche tu che qui non si gioca abbiamo cercato di proteggerti e tenerti alla larga da tutto questo inferno , ma forse ammetto che non siamo state brave come ci aspettavamo per evitare tutto ciò , non siamo pronte neanche noi . 
caroline pronunciò quelle parole con un nodo che le stringeva la gola , lasciò la stanza istintivamente seguito dalla voce di bonnie che le chiese di fermarsi ma ormai era troppo tardi . faceva male a tutti sopratutto ad elizabeth .
L:’’potresti venire a stare da me’’
pronunciò enzo con tono insicuro guardandosi le mani .
E.’’come scusa?’’
H:’’cosa?’’
L:’’signore per cortesia , non allarmatevi , è solo una proposta non la morderei mica . ho una casa abbastanza grande per non dire enorme con sei stanze e situata in una zona difficile da trovare. come si dice ...una casa da vampiro in mezzo al nulla e poi ha bisogno di essere protetta o voi pensate che gli scagnozzi di quel pazzo non abbiano già fiutato il suo dolce profumo.’’
E:’’proprio perchè una casa da vampiro in mezzo al nulla io ti dico di no ‘’
L:’’davvero ? così , senza neanche pensarci ? o forse ci hai pensato e hai detto  ‘’no’’per orgoglio  elizabeth ?!’’
E:’’se fossi meno presuntuoso forse ci avrei pensato , quando si odia qualcuno è difficile pensare a cosa sia giusto e cosa no !’’
L:’ oh beh , non sembrava mi odiassi fino a qualche istante fa , sono il padre di tuo figlio sei costantemente in pericolo e dovrei lasciarti prendere casa da sola chissà dove e farci stare col pensiero che quel pazzo psicopatico possa trovarti e farti schiavizzare da klaus ? ah , tesoro tu sei completamente pazza !’’
H:’’ lei è un angelo e tu un vampiro  , lo sai che non si può enzo . ‘’
E.’’però ha ragione , lui può proteggermi e  non mi ucciderà , almeno finchè non avrò dato il bambino alla luce , no ?’’
L:’’ ma dico io , sei bipolare ? mi smbra che avessi detto fermamente di no , e poi non ti ucciderei , sei troppo antipatica , avrai il sangue amaro .’’
E:’’ sono stanca ,enzo , stanca per risponderti ,stanca di lottare stanca di arrabbiarmi stanca di sentirmi così , io non dovrei  essere qui . non ho fatto incendiare la mia auto per ritrovarmi nei guai più di prima.’’
H:’’certo , perchè suicidarti avrebbe risolto tutto no ? sei solo una codarda che scappa via dalle situazioni invece di affrontarle.’’
E:’’ io sarò pure stata codarda ma tu mi ha ingannato, tu hanna , la mia famiglia  , tu e voi . tenendomi nascosto tutto questo e io cosa avrei dovuto fare eh ? è successo troppo in fretta ma non si può tornare indietro.’’
B:’’non saresti morta comunque.’’
E:’’che significa.’’
H:’’sei un angelo elizabeth non puro , comunque vada  il dono angelico ti protegge .’’
E:’’quindi adesso sono anche immortale?’’
H:’’diciamo di si.’’
C:’’erano tutti sbalorditi di come tu sia riuscita a sopravvivere a tutte quelle fiamme , tu non lo sai quanto poteva essere grande quel’incendio beth.’’
Elizabeth prese la sua decisione dopo del tempo passato a riflettere sulle sue , seduta sul letto a mordicchiarsi il labbro . sapeva che era in pericolo e avrebbe messo suo figlio e gli altri nei guai se avesse fatto di testa sua non poteva andare a a vivere da sola , non adesso che azriel era a piede libero . 
E:’’ok enzo , accetto la tua richiesta d’aiuto   , voglio una stanza tutta mia , non voglio avere contatti con te , voglio solo stare lontano da loro per ora , tu puoi proteggermi da tutti quelli che mi vogliono viva o morta ....’’
mentre elizabeth  spiegava chiaramente ad enzo  quali sarebbero stati i patti di questa loro convivenza araceli rientrò nervosamente nella stanza sbattendo la porta , sembrava frustata , sembrava come se avesse perso un opportunità , un lamento le usci’ di bocca susseguitosi da una frase che che fece di nuovo tremare il cuore alla ragazza quando , sembrava essersi calmata. 
AC:’’hanna dovevi dirglielo , è stato piu’ forte di me non origliare . c’e’ una cosa  che caelestis non vi ha detto , e sapete perchè dovevo farlo io , sono venuta per questo ma non ho trovato il coraggio . voi lo sapete come funziona . il bene e il male devono stare lontani’’
H:’’araceli no. ha appena provato a suicidarsi vuoi ancora farle del male ? ‘’
AC:’’ lorenzo st.john , io non posso permetterti che tu prenda mia figlia , anche se lei mi odia tu sei il male , lei è un angelo . purtroppo è andato storto qualcosa .’’
E:’’ co..c...cosa..cosa sta dicendo , voi lo sapete ?’’
bonnie  e caroline  si guardarono , sconfitte ancora una volta , sentendosi ormai , sempre più alla deriva . ogni segreto scoperto era un buco nero .
AC:’’ingenua ragazzina , certo che lo sanno . lo hanno sempre saputo e lo sapevi anche tu. gli angeli hanno uno scopo in questa vita , quando nasciamo le nostre anime vengono assegnate a degli esseri umani , per proteggerli , in poche parole elizabeth , la risposta sono io ,non quella insulsa strega , tu ed enzo siete legati perchè tu sei il suo angelo custode , quando lui divenne un vampiro l’ordine dei cieli si rivoltò contro il tuo volere , tu lo amavi ma non potevi stare con lui , luce e buio non possono confondersi , devi rinunciare ad una parte , io non permetterò che tu rinunci al tuo dono , la guerra a mystic falls successe proprio per questo . un vampiro non può avere un’angelo custode.’’
alla fine di quelle parole tutti subirono un duro colpo , bonnie e caroline erano convinte che l’amore fra enzo e beth era talmente forte da non potersi sciogliere , in realtà dietro si nascondeva un segreto più grande . araceli abbandonò la stanza ed elizabeth crollò nel vuoto . 
E:’’adesso ricordo ....ha detto la verità... hanna perchè mi hai fatto questo?’’
lacrime inevitabili , sussguitesi da un attacco d’ansia fecero snervare la ragazza che urlò contro hanna il perchè le avesse nascosto una vita intera di bugie e misteri . elizabeth prese i suoi effetti personali e corse via strappandosi la flebo dal braccio come se fosse nulla , non accorgendosi delle tracce di sangue che stava lasciando per il corridoio , enzo la raggiunse con la sua velocità soprannaturale  ‘’va via’’ le urlò contro elizabeth sferrandogli qualche pugno sul petto , enzo ebbe giusto il tempo di bloccargli le mani prima che sarebbe diventata ancor piu’ aggressiva data la scomoda situazione in cui si trovavano i suoi nervi  , ‘’hanna è qui’’ urlò enzo .  hanna tirò un lungo sospiro di sollievo insieme a bonnie e caroline . 
H:’’ascoltami elizabeth , araceli non è chi dice di essere !’’
E:’’e perchè tu lo sei? ‘’
urlò elizabeth ad hanna la quale le si spezzò il cuore vedendo così sua nipote che quasi considerava una figlia , ed era colpa sua se beth si trovava in quella posizione . 
H:’’ascolta una cosa , Enzo . forse ti ho sottovalutato , non solo i vampiri possono percepire l’aura di un altro essere , anche le streghe . so che non le farai del male , so anche se sbaglierei a lasciartela portare via ,e per questo che non posso lasciarvelo fare , come ho detto araceli non è colei che dice di essere. ‘’
E:’’ segret ,segreti e ancora segreti , maledetti segreti , adesso dimmi cosa vuole quella !’’
H:’’se tu vai con lui far di tutto per riportarti indietro’’
E:’’indietro ..dove indietro.’’
H:’’ok beth , araceli è sata cacciata via dall’ordine dei cieli quest caelestis non te lo ha detto .’’
E:’’perchè la strega mi ha tenuto nascoste queste cose se lei doveva essere la chiave alle mie risposte , tutte quante.’’
H:’’pensaci beth. araceli te lo ha detto forte e chiaro , non permetter che tu ti metta con enzo ,  lei è tornata perchè adesso potrebbe  fare di te la sua marionetta. ‘’
E:’’cosa vuole da me..’’
H:’’è stata cacciata via per aver  aiutato un’uomo ..ad uccidere ...’’
L:’’me.’’
H:’’e tu come fai a saperlo.’’
L:’’visioni. loro parlano.’’
E:’’no ..io ..io ..perche? perchè avrebbe dovuto farmi questo hanna’’
H:’’pensaci ancora beth . hai tutte le carte per arrivarci  , te le dispongo in ordine : enzo muore , tu ti vendichi facendo succedere il  caos , ti vengono cancellai i ricordi , poi tu ritorni e spezzi l’inantesimo facendo riemrgere alla luce ciò che doveva rimanere occulto , caelestis doveva essere la chiave ma non lo è stata , perchè..’’
E:’’araceli . araceli era la chiave , caelestis era un’altra pedina , due prezzi da pagare ... araceli è lei che comanda calestis sapeva che saremo andate da lei .’’
H:’non è tutto tesoro mio ... tua madre vuole farti salire al trono  , l’unico modo per rinunciare alla luce è ...spegnerla ..lei vuole che tu prenda il suo posto . lo ha sempre voluto .’’
E:’’e se io non volessi ?’’
H:’’ devi divenare ....’’
L:’’un vampiro , piccola . ‘’
E:’’ho capito , mi ha portato via enzo in modo da farmi scatenare una guerra. ‘’
H:’’ e da quel giorno all’oscurità e alla luce è stavo proibito solo guardarsi. ‘’
E:’’hanna , c’è un modo per evitare la guerra ?’’
H:’’c’è ma forse è troppo presto ...’’
E:’’io non voglio avere iente a che fare con tutto ciò , ti prego .’’
H:’’. ma il modo piu’ semplice è che enzo ti traformi ...’’
E:’’perchè proprio lui ?’’
H:’’perchè , forse tu non te ne accorgi , ma la elizabeth innamorata che ricordo io avrebbe scelto il suo amore , in tutto e per tutto , non lo avrebbe lasciato mai , nel bene e nel male .’’
E:’’mi stai docendo che non ostante tu sia contro mi sostieni ?’’
H:’’io ti sosterrò sempre , forse è troppo presto , ma se vogliamo evitare l’apocalisse forse dovresti pensare a cosa fare beth . ne prevale anche il futuro del vostro bambino . ‘’
E:’’se io ...morissi...salverei la vita a tutti evitando un altra apocalisse , azriel non se ne arebbe più niente di enzo , araceli marcirà in qualche posto lontano da qui , e io non servirò più a klaus.. una domanda hanna perchè araceli aveva ordinato a azriel di uccidere enzo se azriel è il cagnolino di klaus..?’’
H:’’è qui che ti sbagli beth ...azriel sostiene klaus perchè una volta libero gli avrebbe promesso molto , non chiedere cosa perchè è difficile che si vengano a sapere in giro gli affari di klaus .
E:’’quanto tempo mi rimane per pensarci ?’’
H:’’non molto , elizabeth .’’
E:’’se io dovessi scegliere di ...insomma di ...mio figlio...?’’
H:’’beth , i vampiri non possono procreare ma se un vampiro muore con un bambino in grembo porterà la gravidanza a buon fine , è successo molte volte , questo ospedale non ha accolto solo esseri umani . ‘’
E:’’al momento voglio solo andare via da qui.’’
L:’’ecco , prendi le chiavi della macchina , vai , io sto arrivando  e per la cronaca non è tuo figlio , è nostro figlio.’’
elizabeth sospirò guardando enzo e subito dopo fece come gli venne detto , prese le chiavi e si diresse in macchina , uscita dall’ospedale si rese conto che non faceva più così tanto caldo ,un brivido gli sfiorò la pelle , erano le otto in punto di sera , aprì la portiera e per la prima volta si ritrovava nella macchina del padre dei suoi figli nonchè professore , elizabeth si guardò intorno , era una bell’auto , una dodge simile a quella di sua zia hanna , dentro l’auto c’era un profumo  che le ricordava qualcosa di misterioso e magico , beth guardandosi intorno notò che sui sedili posteriori dll’auto c’erano un paio di mutandine da donna . La verità è che forse era il momento sbagliato o in quel momento si sentiva sbagliata lei ma un senso di fastidio le attraversò la mente .
intanto bonnie , caroline , asteria ed hanna erano in una breve riunione con enzo  , nel corridoio del withmore hospital. 
H:ascoltami , enzo . è in una situazione delicata , non sono propensa a questa sua scelta non per araceli ma per lei stessa , ho paura che faccia quale cavolata, enzo , tu forse non puoi assumerti questa responsabilitòà io ormai sono tutto quello che le resta se dovesse succederle qualcosa io non potrei mai perdonarmelo .
L:hanna , di cosa hai paura ? oggi mi hai visto e per poco non volevi uccidermi , tutti pensate che il problema sia io quando invece è quella pazza psicopatica di sua madre , non le succederà niente , ha mio figlio in grembo e pe quanto io non sia pronto a tutto questo , quante altre probabilità ho di avere una famiglia?
C:’’ quindi stai con lei solo per tuo figlio , dopo che farai la sbatterai fuori di casa , enzo?’’
L:’’ti conviene dosare le parole se non vuoi che ti abbassi i voti al secondo giorno scolastico signorina forbes ,e non dimenticare che io sono il tuo professore porta rispetto e chiamami signor st.john. hanna , per quanto riguarda noi , lei è al sicuro odio essere ripetitivo , ma tu e tutte voi sapete che io posso proteggerla sono un vampiro hanna , un vampiro che è capace di sopportare il dolore e di resistere alla verbena .
H:’’per qualsiasi problema chiamami , te ne prego. ‘’
l’uomo guardando hanna negli occhi fece un cenno dopo di chè saluto le tre ragazze son uno sguardo e si diresse in macchina.
elizabeth vide l’uomo arrivare , dopodichè non riuscì a degnarlo neanche di uno sguardo , regnava il silenzio , intanto i minuti passavano . 
L:’’hai fame?’’
E:’’no! voglio andare a  letto , sono stanca!’’
L:sei una di poche parole eh?!’’
elizabeth non fece cenno a quelle parole , intanto arrivarono a destinazione , nella grande villa di enzo , molto stile vampiro , pensò elizabeth che restò sbalordita allo stesso tempo pietrificata , era bella ma inquietante , vi si accedeva tramite un’enorme cancello susseguito da cespugli e rami cresciuti nel tempo che formarono un ponte , e poi vi era quella gigantesca casa  stile dracula sembrava quasi un castello visto da fuori , non mancavano gli alberi spogli e secchi che rendevano l’area pi tetra e inquietante , scesa dalla macchina elizabeth noto un grande giardino e anche quattro lapidi sotto una vecchia quercia , non ebbe il coraggio di chiedere , così seguì enzo all’interno .
‘’spero che tu non abbia paura dei fantasmi’’ disse l’uomo in modo ironico , ‘’perchè dovrei averne ?’’ rispose elizabeth con aria spaventata e incuriosita allo stesso modo . ‘’questo posto ne è infestato ‘’  disse enzo ridendo , ‘’scherzi?’’ rispose la ragazza irritata , ‘’perchè dovrei ?’’ ridacchiò enzo guardandola . 
L:’’allora , vuoi una delle stanze a piano terra , o vuoi una delle stanze a secondo piano ? ‘’
E:’’questo posto è enorme ...’’
disse elizabeth scioccata . era un luogo enorme ma non era affatto trascurato come prometteva il fuori , dentro era costruita tutta in legno , un legno molto scuro per l’esattezza , così come i mobili , era molto grande e l’illuminazione soffusa del camino che ardeva dava una sensazione di tranuillità e sicurezza . 
E:’’vabene qualsiasi stanza , basta che io abbia la mia privacy ...’’
L:’’tutta la privacy che vuoi bellezza , seguimi .’’
beth seguì enzo su per quelle bellissime  scale a chiocciola  perfettamente pulite e lucide , dunque beth si trovò in uno stretto corridoio con una lunga di stanze , 
L:’’allora tesoro , queste sono le regole della casa , l’ultima stanza in fndo non deve mai essere aperta , la mia stanza è vicino alla tua , qui a sinistra e non devi mai entrarci è vietato gironzolare per casa nelle zone proibite se hai fame puoi andare in cucina , se vuoi rendere aria vai in giardino , ah un ultima cosa , vietato ascoltare musica a tutto volume  , e per soddisfare il tuo desiderio di privacy hai il bagno in camera , quindi non dovrai incontrarmi spesso per casa , bellezza . ‘’
E:’’tutto chiaro , grazie per l’ospitalità’’
L.’’se hai bisogno di qualcosa chiama , io sono in cucina preparo qualcosa , sicura di non aver fame? ‘’
elizabeth scosse la testa , enzo andò via , elizabeth aprì la porta della stanza , ed era enorme , molto curata , molto ordinata , eppure era stranita , enzo non sembrava un’amante delle pulizie . posò il suo zaino , e si sedette sul letto , uscì le cuffiette dallo zaino e si rifugiò in quel breve istante nel suo unico mondo sicuro :  la musica.
‘‘oh , dannazione!’‘ esclamò elizabeth innervosita , ‘‘non va internet , sono fottuta , bene .’‘ beth si accorse che li non c’era campo , non c’era la tv , non c’era praticamente nulla con cui potesse evdare , così non avendo altra scelta prese i libri e dedicò il suo tempo a studiare. 
le ore passavano ,si fecero le undici di sra quando elizabeth udì de rumori che la incuriosirono molto , una voce femminile , ne era sicura . aprì piano la porta della sua stanza e si fermò sulla soglia . non capiva da dove provenivano quei rumori , così in quel momento decise di andare a prendere dell’acqua , come scusa era perfetta , scese le scale piano ,arrivando in soggiorno ciò che vide non le piacque molto .
vide enzo baciare appassionatamente una donna che la teneva stretta dalle cosce , seduta sul tavolo di quell’immensa cucina . ovviamente elizabeth si girò dall’altra parte facendo sussultare i due che sembrava quasi ci stessero andando dentro , elizabeth si sentì quasi in colpa per averli interrotti .
E:’’oh , cavolo mi spiace , volevo solo dell’acqua ...’’
L:’’ehm ...ehm ..non preoccuparti , colpa mia ..
elizabeh si giò e vide perfettamente chi era la donna e sapeva benissimo chi fosse .. 
E:’’a...a...amberlyn?
A:’’elizabeth?’’
L:’’ok amber forse dvresti andare..’’
E:’’non preoccuparti non ho visto niente , vado ...vado via...scusatemi tanto non volevo...’’
elizabeth corse in fretta e in furia nella sua stanza , bene diciamo che il suo soggiorno alla tenuta st.john era iniziato da Dio. 
A:’’che diavolo ci fa lei qui non dirmi che ti scopi anche lei !?’’
enzo afferrò il viso di amber  la guardò negli occhi per soggiogarla :
L:’’ non ricorderai nulla di ciò che è accaduto ,va a casa , sei passata di qui solo per per prendere i libri che ti ho prestato per studiare . adesso va , e non tornare , amberlyn...’’
enzo si scompigliò i capelli con le mani , era proprio una situazione di disagio . decise comunque di recarsi nella stanza di beth .
L:’’posso entrare? 
chiese gentilmente enzo dopo aver bussato alla porta, ma non ottenne risposta , elizabeth aprì la porta ritrovandoselo faccia a faccia :
E:’’ mi dispiace enzo ...’’
L:’ti dispiace del fatto che sapessi che io fossi con qualcuno , o ti dispiace che la storia dell’acqua era una scusa per realizzare la tua teoria che io fossi con qualcuno!’’
E:’’non era una scusa ....hai detto che la cucina è aperta al publico , o vuoi rimangiartelo .?
L:’hai notato le mutandine sul sedile posteriore non è vero ? 
E:’’no , anche se fosse a me non imoirta .’’
L:’’ma a me si , mi prendi in giro elizabeth ? sono un vampiro , so leggerti nella mente e so benissimo quando menti . ‘’
E:’’beh, parlando di regole autoritarie , a te chi diavolo ti ha dato mai il permesso di entrare nella mia testa ‘’
disse elizabeth con tono di sfida mettendosi a tu per tu con lui , posizionando il suo corpo davanti al suo e guardandolo perfettamente negli occhi con sguardi minacciosi e forti che colpirono enzo . 
L:’’cosa c’e, sei gelosa per caso ?’’
E.’’io ? non potrei mai , sei troppo viscido per essere il mio tipo ‘’
L:’’che strano , eppure lo sono  stato , e comunque anche se lo fossi sarebbe inutile , io faccio quello che voglio con chi voglio’’’
rispose enzo ironicamente ferendo elizabeth nell’orgoglio   . 
E:’’sai cosa ? mi da fastidio questo di te , sei presuntuosoe antipatico , evitiamo pure il discorso serietà ma , ti dico una cosa professore , se sei venuto qui per soggiogarmi  e farmi dimenticare che stavi per portarti a letto la ragazza del corso di chimica beh , sappi che con me non funziona .’’
L:’’io non sono venuto qui per soggiogarti  ....o forse si ...’’
E:’’a me non importa con chi vai o da chi vai , sono affari tuoi ...’’
L:’’perchè hai indosso un vestito?
fu allora che enzo notò il vestito di  velluto nero ed attillato della ragazza ,e per un secondo si accorse di quanto fosse bella:
E:’’sto uscendo con due ragazze del corso di chimica ...non devo chiedere il permesso per uscire giusto ?’’
L:’’nuova regola della casa  , chiedere il permesso per uscire , ho promesso di proteggerti , questo non fa parte della privacy .
E:’’ok , allora riprovo ...posso uscire con le mie amiche ?’’
L:’’quelle non sono tue amiche , bonnie e caroline , sono tue amiche non due estrane conosciute stamattina nell’atrio e poi , saranno amiche di ambere poi oltre tutto è tardi per uscire .
E:quindi ?’’
L:’’quindi non essnedoci internet , ti troverai qualcosa da fare nella tua nuova e bella stanza , che ne dici , è emozionante vero ? ‘’
E:’’che..cosa ...cosa significa..’’
L:’’oh bambina , è facile da cpire , significa che non uscirai.’’
E:’’questo è tenere in ostaggio le persone lo sai vero ?’’
enzo a quelle parole scoppiò a ridere , elizabeth per quanto potesse fare l’acida era inevitabile per lei nascondere il suo lato ironico.
l’uomo , dopo esser stato molto chiaro sul da farsi se ne tornò giù per le scale , elizabeth non era facile alla sconfitta , otteneva sempre ciò che voleva .
ma qualche ora dopo:
L:’’hey sei sveglia ? volevo soltanto darti la buonanotte.’’
ma nessuna risposta le venne restituita , anche se poteva essere normale dato che la ragazza si sentiva irritana dalla sua resunzione e dal suo comportamento ma , enzo essendo un vampiro , aveva i sensi più sviluppato di qualsiasi altro essere ,anche  pi delle streghe. così iniziò a bussare alla porta ,non ottenendo risposta spalancò la porta . 
vi era una lampadina con una luce soffusa , e si intravedeva qualcosa sotto le coperte  , pensava stesse dormendo. enzo non sentiva nè il respiro nè il battito cardiaco della ragazza , così si avventò sul letto scostò le coperte...non vi erano altro che dei cusciti ammassati sotto il piumone . 
l’uomo imbestialito prese giacca e chiavi dell’auto e decide di andare a cercare la ragazza .
C:’’enzo ? ti rendi conto di che ora sia ?’’
L:’’quella stronzetta  della tua amica è appena scappata dopo che le avevo proibito di uscire , quindio il suo livello di stupidità è molto alto da non capire il pericolo o...’’
C:’’ è andata a bere sicuramente in qualche pub ,enzo , tu non hai idea di chia elizabeth clara l, vuole autodistruggersi è chiaro , non può sfuggire a questo , farsi del male è più forte di lei con alcol e a volte il fumo . è molto sofferente , in genere per farlo deve aver subito un grande trauma emotivo o un forte dispiacere , e conoscendo i tuoi modi indelicati di fare scommetto che la pria causa sei tu  , vengo a cercarla con te per rimediare ai tuoi casini’’
L:’’no , resta li , non vuole vedere nessuno di voi peggiorereste solo le cose . ‘’
C:’’almeno posso essere partecipe di cosa le hai fatto ?’’
L:’’...conosci amberlyn ?’’
C:’’cooper ? ‘’
L:’’proprio lei ...’’
C:’’oddio , si.. la squaldrina del corso di chimica , scusa ma lei che diavolo c’entra ....oh no , mio Dio aspetta , forse ho capito.’’
L:’’mi ha sorpreso con lei sul tavolo della cucina , si .’’
C:’’sei un maiale enzo!’’
L:’’non solo la proteggo ma adesso non posso fare più quello che mi pare ?
C:’ proteggerla? non mi sembra che fino ad ora tu l’abbia protetta , avanti dai , puoi sforzarti di più  , dopo tutto se ti è scappata di chi  è la colpa prof?
L:’’ma perchè io che colpa ho , dannazione puoi dirmi cosa ho fatto  qui c’è l’avete tutti dannatamente con me?’’
C:’’forse hai dimenticato che voi due avete un figlio  enzo , e che avete avuto una lunga relazione e questo per sua disgrazia è tutto vero , tramite le visioni riesce a vedere alcuni pezzi della vostra vita insieme , non deve essere bello sorprenderti con un’altra , li pensa che tu stia proteggendo tuo figlio , non lei ,è più he certa come tutti del resto , che di lei non ti importi molto. ah enzo , ti conviene portarla a casa viva , sennò il prossimo paletto sarà nel tuo cuore’’
L:’’hai idea di dove diavolo sia?’’
C:’’vediamoci davanti al college  , bonnie può aiutarti a rintracciarla.’’
enzo riattaccò e corse subito al college , lì dove aspettava le due ragazze , mentre il tempo scorreva , guardando l’orologio si rendeva conto che ogni minuto che passava , il tempo scorreva troppo veloce per i suoi gusti , si chiedeva se la ragazza stesse bene , lo sperava , intanto i rimorsi iniziarono a farsi sentire sempre più intensi , sempre più forti ,
enzo si fermò davanti al college dove trovò bonnie e caroline pronte ad incontrarlo. l’uomo era intimorito da ciò che sarebbe potuto uscire  dalla bocca di caroline in quel momento .
B:’’enzo , non ho voluto sprecare un’attimo di più così l’ho rintacciata tramite un suo oggetto , si trova al mystic grill ,cavolo poteva scegliere un luogo meno frequentato . ‘’
C:’’ maledizione non ha ancora capito il rischio che corre esponendosi così’’
L:’’per questo credo sia molto stupida!’’
C:’’tu...maledetto vigliacco dovevi proteggerla non farla scappare , dai la colpa a lei perchè non sei al’altezza , che essere orribile e ripugnante  sei diventato eppure un tempo l’amavi ,sai che c’e enzo te lo dico adesso . più tempo passerai con lei più affievolirà il vostro amore perduto . augurati per te che voglia diventare un vampiro altrimenti il prossimo a soffrire dopo tanto tempo sarai tu .’’
B:’’care ! basta care perfavore’’
bonnie si tevena la testa fra le mani cercando di non entrare in paico e di rimanere stabile , beth era a rischio più che mai e i pericoli erano in agguato.
B:’’veniamo con te , enzo’’
L:’’no ragazze , vado da solo o vi siete dimenticate che per adesso per lei non esistete’’
C:’’dillo un’altra volta e  giuro ti strappo via il cuore’’
B:’’no caroline , ha ragione...’’
L:’’fallo biondina , così ti odierà per sempre , adesso scusate ma devo andare , ho da fare.’’
enzo ripartì sfrecciando nel’oscurità della notte , rimuginando nella sua mente . si dice ‘’non sai di voler qualcosa a fin che  non la perdi’’enzo si sentiva così in parte . dopo tanto tempo ...era riuscito a provare paura , un sentimento umano che non si addice ad un vampiro di grossa taglia come lui ma ciò che lui rinnegava a se stesso , è che lei lo rendeva vulnerabile. 
‘‘bourbon , per favore!’‘ chiese elizabeth al barista con tono stanco . ‘’hey , tu sei la ragazza che qualche giorno fa sei svenuta , mi ricordo di te , come stai ?’’ chiese il ragazzo suscitando interesse per lo stato di salute della ragazza . ‘’oh , ehm..wow si prova imbarazzo in queste situazioni ‘’ rispose elizabeth sforzandosi di ridere si intuiva che la sua voglia di vivere fosse al limite delle sue forze . ‘’sto bene grazie ‘’ rispose mentre prendeva il bicchiere che il ragazzo le porse gentilemtne con un sorriso . ‘’ matt donovan’’ piacere mio . ‘’ehm...mh..mi sembra familiare questo nome , per caso ti ho già visto da qualche parte ? matt ?’’ rispose elizabeth incuriosita . 
M:’’forse ti ricordi vagamente di me quando lo scorso giorno eri qui e parlavi con care’’
E:’’chi ?’’
M:’’care , caroline forbes , qui la chiamiamo tutti così’’
E:’’conosci caroline ? ‘’
M:’’si , molto bene ‘’
D:’’beh . la conosco anch’io . ciao bell’agioletto , per caso le ali ti sono cadute ?’’
un’uomo si avvicinò a lei , accompagnato da un ghigno ironico stampato sul volto . che dire , era un tipo molto attraente : capelli di media lunghezza neri , occhi blu ghiaccio , pelle pallida e un  modo di fare antipatico che gli fece tornare in mente enzo  . e a proposito di enzo stava pensando a come avrebbe reagito quando si fosse accorto che lei erascomparsa , ma forse pensava elizabeth , che non lo avrebbe mai scoperto dopo il discorso di elizabeth sulla privacy .
‘‘tu ...tu ...sei damon salvatore..?’‘ rispose elizabeth irrigidita dal fato che l ‘uomo che avesse ucciso la sua amica fosse proprio a canto a lei . ma del resto non ne era cos’ spaventata . 
E:’’mi ...sembra di ..conoscerti .’’
D:’’beh , veramente ci conosciamo , solo che ..vedi forse non dovrei dire  certe cose , non spetta a me ‘’
E:’’cosa esattamente ? che io sono un’angelo enzo è un vampiro , sono rimasta incinta di suo figlio da quando era ancora umano ? che la mia intera vita sta andando letteralmente a puttane ? o che io non posso nemmeno uscire di casa senza guardie del corpo perchè rischio di venire rapita dallo scagnozzo di un pazzo psicopatico di nome nik .?’’
D:’’beh , innanzi tutto è nikclaus non nik , secondo , sai gia tutto complimenti , o quasi tutto .’’
E:’’quasi tutto ? ancora segreti ? io vengo qui per ubriacarmi e ogni volta che cerco di far migliorare le cose spunta sempre qualcuno con una novità sai cosa mi ricorda tutto questo ? le uova di pasqua.’’
D:’’beh , teoricamente sei incinta  e capisco le tue voglie e ma il bourbon lo prendo io se viene il tuo ragazzo e scopre che non ho fatto niente per non farti ubriacare mi uccide. ‘’
E:’’ma...non ho le voglie , intendevo che per ogni uovo che apri ci trovi qualcosa di diverso , qui è lo stesso ogni persona ha sempre una novità da darmi .’’
D:’’non è nulla di che elizabeth , si tratta di..’’
‘‘elizabeth ?’‘ una voce femminile catturò l’attenzione di elizabeth  , la ragazza non potè evitare di abbracciare la sua amica che non vedeva da troppo tempo . ‘‘betty , non ci credo , sei qui...’‘
un altro ricordo si fece strada nella mente della  ragazza , il dolore era sempre più affievolito , o forse no , magari era solo elizabeth che aveva fatto l’abitudine a tutta confusione .
‘‘elena’‘ sussurrò elizabeth , guardandola in maniera tragica , i ricordi si facevano sempre più intensi ormai non erano più solo frammenti , era qualcosa di deciso , di concreto   pensava che a breve avrebbe potuto avere anche ricordi più intensi su enzo , intanto gli occhi di elena si fecero luci al pensieri di avere elizabeth clara hill ad un passo da lei . 
El:’ti ricordi di me ?
gemette la ragazza quasi con voce assente per l’emozione.
E:’’si ...è una storia più assurda di quanto possa immaginare.’’
El:’’lo so , so tutto , mi hanno raccontato bonnie e caroline , ma anche damon e stefan , forsnon lo hai ancora conosciuto ..è il ..’’
E:’’fratello di damon , lo so .’’
El:’’sono solo felice di rivederti .’’
E:’’mystic queen 2017 , il mio accompagnatore per il ballo era scomparso , così hai chiesto a damon di accompagnarmi per non , ecco , farmi fare una orribile figura . è stato un gesto bellissimo . non è da tutti prestare il proprio uomo .’’
elena prese dolcemente la mano dell’amica dicendogli :
El:’betty , hai ancora tanto da ricordare , noi ci siamo state davvero , sempre , e non ostante tu non voglia parlare a bonnie e caroline loro ci saranno sempre , sapevano che correvano il rischio di perderti ,  successo anche a me . sono sicura che un giorno , quando ricorderai quanto valgono per te , allora le perdonerai , fin d’allora provare rancore pe questa situazione è plausibile .’’
non appena finita quella frase , le campanelle della porta d’ingresso fecero un rumore assordante , la violenza con la quale l’uomo aprì la porta era molta . era enzo che si diresse verso beth come un toro infuriato , togliendole la sigaretta dalle mani e la annegò nel drink.
L:’’sei pazza?’’
le urlò enzo attirando l’attenzone di un’uomo ubriaco che camminò verso di lui : ‘’lasciala stare coglione ! o ti faccio fuori ‘’ disse l’uomo con voce floscia ma non ostante il suo status voleva proteggere ladonna che le sembrava in pericolo . 
enzo , cieco dalla rabbia in quel momento , gli sferrò un pugno sul olto che gli fece sanguinare il naso , lasciando l’uomo steso a terra . elizabeth si alzò dallo sgabello posto vicino al bancone , gli afferrò il braccio , in quel momento una valanga di ricordi la fece sussultare allentando la presa sul braccio di enzo , che si girò , e in quell’istante la rabbia si trasformò in preoccupazione .:
L:’’elizabeth , cos’hai ‘’
E:’’ti amo enzo ! ‘’
elizabeth nemmenò ci pensò a quello che disse , facendo splancare gli occhi dei presenti  e specialmente quelli di enzo .:
E:’’cioè , loro hanno ragione , io ti ho amato , adesso ricordo . non hai ...sentito .. niente quanto ti ho toccato ?’’
il rancore e l’orgloglio di enzo tornarono . :
L:’no , 
non ho sentito niente e se mi ami sappi che è un enorme spreco di tempo . insomma , stupida ragazzina ....mi allontano due minuti e tu scappi ? ti trovo in un bar a bere bourbon e fumare sigarette ,  ha dimenticato forse di essere incinta ? o devo farti un promemoria .’’
D:’’hey , vacci piano bello .’’
damon s’ntromise ,cercando di smorzare la situazione , intanto elizabeth , non abituata a trattenere le lacrime , non le rimase altra scelta che scoppiare , piano , in silenzio . elena le prese sbito le mani , facendole segno di sedersi e con sguardo rassicurante , riuscì a convincerla . 
L:’’stanne fuori . ‘’
D:’’sai , amico gli ho tolto due secondi fa quel drink dalle mani , non stava bevendo avevo convincerla a non farlo , e in quel caso una sigaretta era meno dannosa che prendersi una sbronza . ‘’
L:’’andiamo a casa , forza.’’
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Selene
Si avvicina, velocemente e sine requie. La pazienza dell'uomo nel saper attendere è magnifica. Affronta la paura senza che nessuno gli insegni a farlo, affronta il mondo da solo. Completamente devastato da quello che è stato, e da quello che sa che sarà. Non si interessa. Ha uno scopo, ha una missione, ha un suo fine e un suo profondo obbiettivo da raggiungere.
L'aria fuori dalla finestra è fredda. I vetri sono tutti appannati e si notano vecchi scarabocchi fatti con le dita. Eolo sferza le foglie gonfie facendo agitare i rami degli alberi come marionette impazzite. Il sospiro gelido sogghigna beffardo e si insinua nelle giunture meccaniche delle finestre e della porta. Urla e il suo lamento riecheggia in tutta la casa smuovendo il fuoco che nel camino soffre ed impreca cercando di sopravvivere, di rimanere acceso, di rimanere utile. Nell'aria stantia pesante ed opacizzata dalla fuliggine, la cenere volteggia nell'aria con eleganza andando a creare dei piccoli vortici vicino agli angoli della spessa porte di legno grezzo. Lo scrosciare dello scarico del WC è ovattato dalla porta e dalle pareti spesse in mattoni e tufo che assorbono quasi completamente i suoni rendendo la casa completamente insonorizzata. Il tempo questa mattina è scandito da Tea for the Tillerman che suona indisturbato nel soggiorno donando alla casa una sfumatura fatata. Dal bagno accompagnata da una scia di vapore denso e candido ve ne esce un'apparizione divina. Una giovane nuda. Il freddo degli spifferi combatte contro il tepore emanato dal fuoco che è più vivido e le fiamme sono sempre più alte con le lingue che si intrecciano e i minuscoli lapilli che fluttuano su per la canna fumaria. E' una bellezza rara. I suoi occhi sono zaffiri e la bocca è carnosa e sanguigna.
Da tanto tempo, per alcuni troppo, Selene vive sola, è una ragazza forte, autonoma, piena di aspirazioni e di brio. Una volta da piccola aveva provato a scappare di casa, sentiva la voglia di libertà scorrergli nelle vene, nelle piccole vene blu che ancora oggi disegnano complesse geometrie sui polsi candidi e sul collo morbido e profumato. Aveva organizzato la fuga con delle sue amichette che abitavano nello stesso palazzo. Si erano date appuntamento, le fuggiasche, nel cortile sotto casa tutte armate di fiducia in loro stesse e lo stesso zaino che usavano per andare a scuola ogni mattino stracolmo di oggetti trafugati per casa. Appena fuori dal quartiere la nostalgia di casa, gli affetti familiari, la paura sopraggiungono assieme alla brezza fresca. Erano piccole, erano inermi, erano smarrite dentro alle loro illusioni e al loro desideri. Selene no, era serena, nel suo zaino aveva solo delle coperte spiegazzate che aveva preso dal suo lettino e il suo coniglietto peluche pronto a tutto per proteggerla. Continuò ancora per un po' da sola ma poi più per la solitudine e per la delusione dell'essere stata abbandonata che per la paura e lo sconforto la forzarono a tornare indietro. Quando torno in casa sua mamma non si era accorta di nulla e sebbene Selene gli mostrò il suo zaino e gli rivelò quello che aveva tentato sua mamma rise. Un sentimento di incomprensione e di debolezza la pervase. Notandolo la mamma la prese, la poggiò delicatamente sulle sue ginocchia e la strinse forte forte sussurrandogli all'orecchio sinistro "tanto ti avrei trovato, ovunque tu fossi andata" dandogli poi un bacio sulla fronte con le labbra calde.
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Lunghi capelli corvini ora si adagiano soffici e gonfi sui seni alti e sodi che per gli spiffferi erano turgidi e la pelle d'oca. Ogni suo passo è delicato, è leggero. Il tepore della doccia calda giunge fino alla punta dei piedi facendo sì che sul parquet si formi per pochi istanti l'impronta vaporosa del suo trentanove.
Da piccola voleva essere un animale, ad essere pignoli una volpe, vedeva nel loro modo di vivere qualcosa di puro ed affascinante forse la basicità o forse la semplicità, crescendo ovviamente però tutto questo rimase solo un sogno puerile. Nei suoi gesti si nota tutto il fascino e l'eleganza catturato dall'ammirazione per la nobile famiglia dei felini. Le sue unghie curate ed affilate sono sempre smaltate di colori scuri e il trucco pesante sugli occhi lacera ogni singolo, sventurato pensiero che si annida nella tua mente. Aveva dei turbamenti più che problemi con suo padre. Una specie di amore-odio che la spingeva a volerlo odiare con tutte le sue forze, forse senza un reale motivo. In camera sua c'era un vecchio letto matrimoniale con un'alta spalliera in ferro battuto che riprendeva le decorazioni dello stile liberty. Sopra alle lenzuola bianche vi erano disposti ordinatamente i vestiti per la giornata. Un corpetto nero che spinge e imprigiona i seni donandogli maggiore volume. Dai lati del ventre salivano dei ricami in cotone lucido, sempre nero, che ritraevano i gambi e il fiore di una rosa che si intreccia su se stessa. Sopra al corpetto una semplice e pulita magliettina a maniche lunghe, di trama sottile, con un ampio scollo che permetteva al petto di sporgere e respirare. Un gonna corta e delle calze scure andavano a fondersi con scarpe col tacco e una prorompente zeppa. Le scarpe erano decorate e rifinite nei minimi dettagli. Vi era ritratta anche su di esse l'immagine di una rosa, questa volta colorata, con un bel verde scuro per lo stelo e un rosso purpureo per il fiore. Prima di indossare la gonna Selene fu costretta a sbatterla per togliere i peli neri che Circe, la sua gatta, gli aveva lasciato in un riposino interrotto appena ha sentito la porta della doccia aprirsi. Circa era di razza certosina, il gatto delle streghe, quello che se ti attraversa la strada inizi a maledirlo in tutte le lingue senza una ragione precisa. Si aiutavano e si davano conforto a vicenda queste due ragazze. Era da quando era piccola che Selene voleva essere una strega e Circe le serviva per illudersi un po' e anche il nome, ovviamente, non era dato a caso. Considerava Circe, la strega, la maga di Ulisse, un modello. Una donna capace di piegare ogni uomo al suo volere, al suo piacere. Vedeva in lei un bagliore di purezza e veridicità nella suo modo di trasformare l'uomo in ciò che era realmente, un maiale. Solo Ulisse riuscì ad evitare la triste sorte e lei era in cerca del suo Odisseo. Un uomo a cui donarsi completamente, mente e corpo, a cui donare tutte le sue cure, che la sapesse catturare fisicamente ma soprattutto mentalmente. Voleva qualcuno che le scopasse la testa. Voleva che ad ogni parola gli provocasse un orgasmo intellettivo, un rilascio continuo e costante di endorfine, e in cuor suo sperava di averlo trovato. Era piuttosto tardi e doveva sbrigarsi ad uscire per andare a lavorare. Chiavi, sigarette, accendino, chiavi della macchina, cellulare, riempire la ciotola di Circe, spegnere la luce, chiudere la porta a chiave. Parcheggiata davanti casa era lì ad aspettarla una vecchia automobile degli anni '50 che ogni mattina ed ogni notte faceva fatica a partire per via dell'umidità e del freddo ed ad ogni giro di chiave era come se qualcuno la avesse accoltellata alla schiena per i lamenti macabri che mandava. Però Selene c'era affezionata a quell'auto. Era stata di suo nonno e al momento della morte oltre alla piccola casa gli aveva lasciato anche la macchina perché: "Il primo passo per essere donna è essere indipendenti." e il primo passo per essere indipendenti significava avere una macchina con cui muoversi autonomamente e un'abitazione dove vivere. Il negozio non distava moltissimo da casa, appena dieci minuti se non c'era molto traffico altrimenti poteva arrivare anche a una mezz'ora. Fortunatamente non era una di quelle mattina, probabilmente perché era sabato e la scuola del quartiere era chiusa e i genitori non dovevano svegliarsi all'alba per accompagnare i figli a scuola. Una nebbia finissima, più una foschia aleggiava nell'aria dando alla città un'atmosfera un po' spettrale che le ricordava l'ambientazione del libro che stava leggendo e che la aspettava tutte le sere alla sua sinistra sul comodino. Era un libro da centomilioni di pagine, uno di quei libri che comprati in stock sono convinto è possibile costruirci un grattacielo. Un grattacielo di carta e colla vinilica. Era ambientato in un epoca differente dalla nostra da una parte antica, da una parte futuristica. Non sanno più cosa inventarsi. 
La saracinesca si alza con dei cigolii e il solito pensiero di tutte le mattine salta in mente e Selene "devo oliarla a questa dannata saracinesca, il rumore mi distrugge le tempie tutte le volte" ma ovviamente non lo aveva ancora mai fatto. Svuotate le tasche sul bancone il prossimo passo era il quadro generale per accendere tutte le luci, lampadine, faretti, neon del negozio. Selene gestiva per lo più da sola un piccolo negozio di fumetti, modellismo e abiti alternative. Aveva molto seguito nella sua città e lei era contenta di ciò. Era sempre stata la sua passione oltre a quella della lettura, del disegno e del buon sesso. Spesso alcuni amici e amiche passavano a salutarla e se c'erano molti clienti si fermavano un po' di più per darle una mano. Lei era buona e gentile con tutti, difficilmente perdeva la calma, difficilmente si arrabbiava. Le piaceva definirsi una persona celebrale, una di quelle che ama con la testa tanto per capirsi. Io non c'ho mai creduto, le ho sempre detto che quello era il suo scudo, era la sua armatura. Lei distoglieva lo sguardo e rispondeva neutra "se lo dici tu..."
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tmnotizie · 4 years
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di Antonio De Signoribus
SAN BENEDETTO  – Con questa fiaba,  la settima, si chiude la piccola rubrica targata “Con la fantasia si combatte e si addolcisce il virus”. Ho scelto di chiuderla con il numero sette, un numero magico, religioso, che rappresenta il trionfo dello spirito sulla materia…
( “Vorrei che tu venissi da me una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo”.Dino Buzzati)
L’ Infelice.
Eh sì! Ve la voglio raccontare questa storia un po’ tenera, un po’ particolare, e perché no, anche un po’ filosofica…Adesso, però, non vi distraete. Eccola. C’era una volta un sindaco che,  pur volendo bene ai suoi concittadini e,pur volendo governarli con onestà e giustizia, non ne azzeccava una; per questo si reputava l’uomo più infelice e più disgraziato del mondo. A pensarci bene le cose non andavano bene nemmeno  in famiglia.  Sua moglie, infatti, diceva il popolo, non lo stimava affatto e gli metteva in testa tante di quelle corna che sarebbero bastate a creare una scala infinita tra la sua testa  e il cielo, si fa per dire.
Gli uomini che lo attorniavano, poi, non erano certo stinchi di santo,e spesso sperperavano i soldi destinati alla comunità, per cose inutili.Il povero uomo, si fa per dire, era pur sempre un sindaco, qualche volta li cacciava pure; ma più ne cambiava e più la situazione si complicava. I consigli comunali, poi, erano diventati un vero e proprio teatrino con litigi, cazzotti e calamai pieni d’inchiostro che venivano svuotati per intero su qualche testa poco pensante. Ma in una sola cosa andavano tutti d’accordo, quando dovevano parlare male del sindaco.
Era, inoltre, diventato il più bersagliato dai suoi concittadini come il maggiore responsabile del grande caos che regnava in città. E, ogni volta, che s’azzardava a uscire dal comune per prendere un caffé o  una boccata d’aria, le offese, molto pesanti, erano all’ordine del giorno, qualche volta accompagnate anche da lanci di verdura marcia. Il povero uomo era stanco e non ne poteva più di reggere una situazione diventata insostenibile…A volte pensava di lasciare perdere tutto, e di andarsene via, in un paese lontano, ma gli sembrava una vigliaccheria abbandonare la nave in un momento così difficile.
Per questo era  sempre triste; quando, poi, restava solo, piangeva continuamente e si mordeva le mani perché non riusciva a trovare una vera soluzione ai  problemi della sua città. Chissà quanto avrebbe pagato per fare contenti i suoi concittadini e trovare un po’ di pace e di felicità. E pensa che ti ripensa, un giorno, gli sembrò d’aver trovato una soluzione. C’era in città  una maga tanto rinomata, una specie di strega in pensione, che si diceva avesse dei poteri strabilianti, che guarisse i malati gravi, che azzeccasse i numeri al lotto, che sapesse trovare i tesori nascosti sottoterra, o altre  cose incredibili.
Le persone andavano da lei come ad una processione, ed erano contente e soddisfatte. Il sindaco la fece chiamare e le disse:”Ascoltami, ho bisogno della tua opera. So che sei tanto brava, e che accontenti tutti. E se accontenti tutti, a maggior ragione, devi accontentare anche il tuo sindaco, che ti pagherà bene”.. “Signor sindaco” rispose la maga “per me sarà un onore servirti, basta che io possa arrivare, con la mia arte magica, alla realizzazione dei tuoi desideri. Dimmi, dunque, quello di cui hai bisogno”.
“Tu non ci crederai, ma io, nonostante sia un sindaco, sono tanto sfortunato e infelice…Insomma, hai capito adesso quello che cerco? Cerco la felicità mia e quella dei miei concittadini. Se tu indovini quello che debbo fare per arrivarci, ti regalo una borsa piena di monete d’oro”.La maga, che era furba come il diavolo, gli rispose:”Certo, posso insegnarti il modo di trovare la felicità…Ma…Se non ti dispiace…A casa mia si usa pagare sempre prima…”.
“Giusto!” rispose tutto contento; e gli consegnò una borsa piena di monete d’oro. La maga, appena la vide, se la mise subito in tasca, poi disse: “Se vuoi essere felice e di conseguenza rendere felici tutti i tuoi concittadini, non devi fare altro che indossare la camicia di un uomo che sia davvero felice. Tutto qua!”.A sentire questo consiglio, il sindaco, rimase a bocca aperta perché credeva di dover lavorare chissà quanto per conquistarsi la felicità…E, invece, bastava mettersi una camicia, una camicia soltanto.
E’ vero, che si doveva trovare un uomo felice; ma chissà quanti poteva trovarne tra i suoi amici; e poi chi poteva negargli una camicia? Licenziata la  maga, il sindaco si mise subito in viaggio. Vicino alla sua città governava un ottimo sindaco, suo grande amico. Andò, quindi, a trovarlo arcisicuro d’avere la felicità in tasca. “Io felice?”gli rispose subito l’amico.
“Carissimo, tu hai sbagliato strada. Io ho tanti di quei guai, che se non fosse  il mio orgoglio a tenermi inchiodato alla mia gente, per la disperazione, ti giuro, me ne sarei andato da un pezzo”.“Mi dispiace proprio tanto” gli rispose il sindaco “e dal momento che non puoi aiutarmi vado a trovare altre persone che non fanno il nostro mestiere”. 
Salutato con grande tristezza l’amico, cominciò a girare per città e paesi, in cerca di un uomo veramente felice. Ma chi aveva dei guai con il partito, chi con le mogli, chi con i figli, chi aveva una malattia, chi si arrabbiava perché non aveva un posto di prestigio, chi non trovava pace per paura dei ladri, chi temeva d’essere ucciso per una qualche vendetta; insomma, non ce n’era uno che potesse rispondergli: “Io sono veramente felice”.
Insomma, un vero e proprio disastro. Il povero uomo si dovette tappare le orecchie e con la bile in corpo, sentì proprio il bisogno di fuggire dalla città perché gli sembrava di morire soffocato. Si mise così a camminare per una stradina di campagna. Dopo poco tempo sentì cantare certi stornelli. Erano i contadini che zappavano la terra cantando con una allegria quasi contagiosa.
“Ma guarda come è allegro quel contadino” pensò “fosse l’uomo che cerco? Ma non è possibile. E’ così  povero. Provare comunque, a chiedere non costa nulla”. Gli si avvicinò e lo chiamò:” Buon uomo puoi venire qui un secondo? Dovrei chiederti una cosa”. “Eccomi: di cosa hai bisogno?” rispose subito il contadino un po’ sospettoso. “Dimmi un po’, tu che sei tanto allegro e hai una faccia come una pasqua che consola, sei contento della tua vita?”.  “Grazie a Dio, sì, che sono contento” rispose il contadino.
“Ma è possibile che non hai nessuna disgrazia, nessuna pena e che non desideri più niente al mondo?”. “Io mi accontento di quel poco che mi ha dato il caro Dio. Ho una casetta dove non entra mai il medico, né il veterinario. Il campetto mi basta e assomiglia ad un giardino e,  non faccio per vantarmi, lo so lavorare e non mi lamento mai. Ogni tanto rosicchio qualche pezzo di pane, di tanto in tanto mi faccio una cantatina, che mi fa stare bene, poi torno a casa soddisfatto. La sera, poi, o una spianata di polenta, o un bel piatto di ceci, o un po’ d’erba trovata, o quattro piante d’insalata, non mancano mai a casa mia.
Sapessi, poi, con quanto appetito  mangio e come apprezzo quello che metto sotto i denti. E se, dopo mangiato, stanco morto, mi metto sul letto per un riposino allora sono davvero felice”. “Questo è l’uomo che cercavo” pensò il sindaco. “Dimmi un po’ buon uomo, potresti farmi un piacere? Pagando s’intende! Ecco, guarda: ti regalo una moneta d’oro”. “ Se proprio  mi devi regalare qualcosa, regalami un po’ di soldi, perché le monete d’oro  non le ho viste mai”.“Ingenuo che sei! Se tu questa moneta vai a cambiarla in una banca, di soldi ne avrai almeno Cinquecento”.
“Dici davvero? Cinquecento! Mi basterebbero per delle scarpe nuove che andiamo tutti scalzi e per un po’ di vestiti da regalare a mia moglie… E va bene” disse il contadino “giacché mi regali tutto questo, lo gradisco e ti ringrazio…Adesso dimmi che devo fare?”. “Dovresti darmi una camicia delle tue, tutto qua!”. Il contadino, diventando rosso come un peperone, disse: “ Una camicia, hai detto? Una camicia…Te la darei con tutto il cuore…Ma…Quasi mi vergogno a dirtelo…Io non ho, purtroppo, una camicia”.
“Possibile che tu non hai mai indossato una camicia in vita tua?”. E il contadino si sbottonò la sua uniforme bianca di campagna e gli fece vedere il petto nudo. “ Questa è la mia camicia” disse, poi, con una punta d’orgoglio. Il sindaco, preso dalla rabbia ebbe un malore e svenne; quando si riebbe disse: “L’unico uomo felice che avevo trovato dopo tante ricerche non ha una camicia. Assurdo!”.
Regalò ugualmente la moneta d’oro al contadino e se ne andò via più triste e sconsolato di prima. Ritornò nella sua città, si rinchiuse deluso dentro le sue stanze, e non volle più vedere nessuno. Il giorno dopo, tutti lo cercarono di qua e di là. Ma il sindaco era scomparso e non se ne seppe più nulla. Allora, venne eletto sindaco il figlio maggiore, un giovanotto svelto, istruito, e sicuro di sé, che in poco tempo rimise tutte le cose a posto, con grande soddisfazione sua e di tutti i suoi concittadini. Insomma, era riuscito a fare quello che suo padre aveva sempre tentato di fare…
Dell’infelice? Dopo alcuni anni si seppe, quasi per caso, che s’era fatto prendere come garzone dal contadino. Con l’uniforme bianca di campagna e senza camicia si mise a zappare la terra. Siccome, però, a tante fatiche non era abituato, s’ammalò e se ne andò all’altro mondo, dove si spera abbia trovato la felicità che in questo mondo non era riuscito a trovare.
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evilvenator · 4 years
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Capitolo 35
Il loro nuovo compagno di viaggio emise un lungo e incredibilmente sonoro rutto.
«Ricordatemi perché ce lo stiamo portando dietro...»
Ellena lanciò a Julian uno sguardo di disapprovazione, mentre l’uomo si grattava il fondoschiena fingendosi ignaro. «Diccelo tu, piuttosto. Devo ricordarti che è stata una tua idea?»
Il Venator si strinse nelle spalle. «Mi sono sbagliato. È stato un terribile errore.»
«Sono contenta che tu te ne sia accorto.»
Si voltò verso di lei con una strizzata d'occhio. «Mi farò perdonare.»
La ragazza non poté fare a meno di sorridere in rimando, imbarazzata. Scostò lo sguardo, lieta che la presenza dell'altro potesse distrarla un po' dall'ambiente circostante.
Le Vie Profonde erano peggio di quanto si fosse immaginata.
Un tempo dovevano essere state magnifiche, grandi tunnel di pietra scolpita e levigata che collegavano le città nel sottosuolo, correndo forse per l'intera catena montuosa. Ora, di quel grande e fiero Impero, non restava altro che qualche indicazione incisa nella pietra, ormai quasi irriconoscibile, statue ed edifici in rovina.
«Siamo vicini.» Annunciò il Principe, la voce ferma. Pareva essersi ripreso perfettamente dal veleno e, nonostante i consigli di Lisandra, aveva aspettato solo tre giorni prima di partire alla ricerca di Tarja. L'imboscata che Serkan aveva organizzato alle Prove lo aveva reso ancora più determinato a vendicarsi del fratello.
«Hmpf, era ora... stavo cominciando a pensare che stessimo girando in tondo.» Ribatté Kehr. «Credevo che le mappe di Tarja fossero più chiare...»
«Probabilmente ti sembra di girare su te stesso, visto quanto sei ubriaco.»
«Incredibile, ma sono di nuovo d'accordo con tette di zucchero...» L’uomo non sembrò minimamente offeso, anzi, lanciò a Riful un'occhiata ammiccante. «So che il tuo finto disprezzo nasconde molto di più...»
«Un istinto omicida?» Rimbeccò lei, stringendo il proprio bastone magico con più forza. «Tieni bene a mente il mio avvertimento, ubriacone, perché se ti becco un'altra volta a guardare dove non ti compete...» un'aura violacea si propagò minacciosamente attorno a lei. Non c'era bisogno di aggiungere altro.
L'altro sogghignò per l'ennesima volta, ma lasciò cadere l'argomento.
«Ehi, guardate là.» Li chiamò Senua, indicando qualcosa di fronte a loro.
Avvicinandosi, notarono che era un cadavere di un Falmer. Più avanti giacevano altri corpi, quasi tutti di Falmer. Due erano più grossi: indossavano armature massicce, sulle quali era inciso un simbolo di un elmo barbaro, che spiccava chiaro sull'acciaio grigio scuro.
«La Legione dei Morti.» Spiegò Arsim, indicandolo. «Devono essere passati di qui di recente, un paio di giorni al massimo.»
«Beh ci hanno facilitato il lavoro, si direbbe.» Commentò Kehr, accennando ai cadaveri dei Falmer che giacevano tutt'attorno. «Sai che scocciatura altriment…»
Senua lo zittì con una gomitata, indicando qualcosa che si muoveva nell'ombra, ad una ventina di metri da loro.
Ellena strizzò gli occhi, poco abituata a tutta quell'oscurità. Sembrava una figura umanoide.
Miria estrasse il suo arco, pronta a colpire, ma la donna scosse la testa. Si avvicinò alla creatura lentamente, una mano tesa ad indicare di non avere cattive intenzioni.
L'altra, dietro la schiena, era saldamente stretta attorno ad uno dei suoi pugnali.
 «Ehi, non vogliamo farti del male.» La sentì dire.
Quello, qualsiasi cosa fosse, scappò a gambe levate.
Senua scattò dietro di lui, facendo segno agli altri di seguirla.
Si inoltrarono in una serie di cunicoli labirintici, e avrebbero perso sicuramente la strada non fosse stato per l'abilità di Kehr di orientarsi là sotto. Ellena era strabiliata dal suo “senso della pietra”.
Si ritrovarono in una caverna dal soffitto basso, i segni di un vecchio accampamento tutto intorno.
«No! Siete venuti a prendere la mia roba!»
Il lamento era rauco, quasi animalesco. Ricordava una qualche creatura ferita. Quello che era stato un tempo un uomo, era in piedi su una sporgenza rocciosa, un piccolo pugnale sbeccato in mano. La faccia era butterata e violacea, deforme quasi come quella dei Falmer, così come le mani e quel poco che si poteva notare delle braccia e del collo. Era ingobbito e teneva la testa inclinata da un lato, squadrandoli allucinato.
«No, non vogliamo rubarti niente!» Ribatté Senua cercando di convincerlo, il pugnale sempre ben stretto in mano nel caso quello decidesse di attaccare. «Vogliamo solo farti qualche domanda.»
«Siete venuti a rubare! Trovatevi roba vostra!»
«Questo è andato, non ci servirà a nulla.» Commentò Kehr, guardandolo con un misto di pietà e disgusto. «Quando si perdono qui sotto, impazziscono. Vivono di scarti e finiscono per mangiare qualsiasi cosa trovino.»
Arsim scosse il capo. «Come Falmer. Kehr, pensi sia questo l'accampamento di Tarja?»
L'altro annuì, aggirandosi tra i resti. «Riconosco i segni sulle pietre e sembra abbastanza vecchio da essere loro. Non è della Legione dei Morti, questo è certo.»
«Ruck ha trovato cose, sono di Ruck!» Ringhiò il povero pazzo, agitando in aria il pugnale. «Farete tornare i demoni del buio, e vi rosicchieranno le ossa! Non ruberete le mie pietre scintillanti, non ruberete i miei vermi!»
«Ehi!» Si intromise Julian. Estrasse una piccola moneta di rame, che si pose sul palmo della mano. «Vuoi qualcosa di scintillante, no? Facciamo cambio allora.»
Quello sembrò immobilizzarsi, come ipnotizzato dalla moneta. Abbassò l'arma, protendendosi verso il Venator.
«Julian...» Lo chiamò preoccupata Ellena, ma l'altro le sorrise rassicurante.
«Non mi farà niente. Vero Ruck? È così che ti chiami, no, Ruck?»
L’uomo annuì spasmodicamente, tendendo una mano verso di lui. Julian gli diede la moneta, che Ruck ammirò estasiato.
«Ruck? Puoi dirci da quanto tempo sei qui?» Proseguì il Venator, rovistando alla ricerca di un'altra moneta di rame, che mise davanti al naso dell'altro.
«Cinque... no, sei... troppo tempo, Ruck non ricorda. Fa male ricordare. La luce, una volta che hai mangiato, una volta che hai il buio dentro...» Si sporse per afferrare l'altra moneta, quando sgranò improvvisamente gli occhi. «Tu! Tu lo sai, Ruck lo vede. Vede il buio dentro di te.»
Ellena sentì accapponarsi la pelle. «Cosa intende...?»
«La Corruzione.» Rispose il Venator in tono piatto. «Fa parte del rituale che facciamo per diventare Venator. Non… non dovrei nemmeno dirlo, ma non ha senso nasconderlo, quindi tanto vale.»
Lei spostò lo sguardo su Ruck, il gelo che si faceva strada nelle sue ossa.
Era quello che aspettava tutti i Venator? Un giorno Julian si sarebbe ritrovato in quelle condizioni, perso il lume della ragione, ridotto ad un guscio della persona che era?
«Dove sono i Falmer adesso, Ruck?» Proseguì il ragazzo, dandole le spalle. Allungò al povero pazzo una terza monetina scintillante.
 «Gioia. Molta gioia quando si è svegliato. Ruck voleva andare a vedere la sua bellezza, ma Ruck è un codardo. A Sud, sono andati, lui li ha chiamati, tutti i suoi figli. Ora non chiama più.» Balbettò qualcos'altro di incomprensibile, afferrando la moneta di rame e cacciandosela in tasca.
«Ruck, possiamo dare un'occhiata a quello che hai trovato qui?» Chiese cauto, tendendogliene un'altra.
L’uomo annuì circospetto, prendendo anche quella ed indicando un cumulo di oggetti sparsi poco lontano. «Ruck trova. Tante pietre scintillanti. Amico dare monete per pietre?»
Arsim e Kehr si avvicinarono alla catasta, cominciando ad analizzarla. Dentro un baule ormai quasi distrutto, trovarono un diario, le pagine erose e a stento leggibili.
«Riconosco la calligrafia, l'ha scritto Tarja!» Esultò Kehr. «Ho scoperto oggi che l'Incudine del Vuoto non è stata creata ad Orthan Thaig. Andremo a Sud, oltre le Trincee dei Morti.»
«Antenati.» Grugnì il Principe. «Le Trincee dei Morti brulicano di quei maledetti, non passeremo mai. Nemmeno quelli della Legione sono abbastanza folli da tentare di riprendersi la fortezza.»
«Ehi, dammi un segnale e ce ne andiamo in un attimo, altezzosità.» Commentò tetra Senua. «Non è che siamo qui per te, eh.»
«Se Tarja è andata da quella parte, avrà trovato un modo per passare.» Si ostinò Kehr.
«Oppure troveremo noi i loro cadaveri...»
«Se l'Incudine del Vuoto è oltre queste Trincee, è là che andremo.»
Si voltarono tutti verso Riful. Fino a quel momento, la strega aveva parlato pochissimo, sembrando più di cattivo umore del solito.
«Potrebbe servirci il potere dell’Incudine contro Urthemiel.»
Ellena si strinse nelle spalle. Erano in ballo, occorreva ballare. Se fossero risaliti senza Tarja, non sarebbe stato sufficiente per far eleggere Arsimn, e loro non avrebbero avuto il sostegno del popolo delle montagne. Non avevano altra scelta che andare avanti. Intercettò lo sguardo di Miria, che sembrava rassegnata quanto lei.
«Queste Trincee dei Morti... che sono esattamente?» Chiese Julian. Sembrava aver paura della risposta.
«La vecchia fortezza di Bownammar. La Legione dei Morti se l'è contesa con i Falmer per così tante volte che si è perso il conto, ma quei mostri se la sono ripresa per l'ultima volta diciassette anni fa. Si disse qualcosa su una grande Oscurità in arrivo, e a quanto pare avevano ragione.» Rispose Kehr, sistemandosi l'ascia tra le ampie spalle. Era sovrappensiero, la preoccupazione che gli si leggeva in volto.
Si fermarono a guardare la fortezza di Bownammar: quello che chissà quanti secoli prima doveva essere stato un baluardo contro i Falmer ora era poco più di uno scheletro fatiscente, le mura crollate in più punti, le torri di guardia sventrate e ormai inutili.
Un ruggito terribile si sollevò dal crepaccio che avevano costeggiato per gran parte della giornata.
Si buttarono a terra, strisciando al sicuro dietro una roccia a pochi metri dallo strapiombo.
Ellena non resistette alla curiosità. Si trascinò fino al baratro, guardando di sotto.
Le morirono le parole in gola.
Uno sterminato esercito di Risvegliati marciava sul fondo della gola, qualche centinaio di metri sotto di loro, così lontani e in numero talmente grande da non riuscire a distinguerne le fattezze. Sopra di loro, gli artigli che facevano presa sulla pietra del ponte...
«Urthemiel.»
Dovevano davvero affrontare quel mostro? L'enorme drago nero che si stagliava davanti a loro sembrava impossibile da sconfiggere, anche avendo un esercito intero.
«Antenati...»
«A confronto, quello ad Birchwood era una innocua lucertola.» Mormorò Senua.
«Che ci fa qui sotto...» Ellena si voltò verso Julian. Il Venator non batté ciglio, lo sguardo fisso verso il drago. «Credo stia reclutando forze. Non dobbiamo farci vedere. Aspettiamo che se ne vadano e poi proseguiamo.»
Si trassero di nuovo indietro, cercando un po' di rifugio dietro ad un cumulo di rocce, lieti che i Risvegliati e Urthemiel non riuscissero ad avvertire la loro presenza.
Il frastuono dell'esercito sotto di loro continuò per ore ed ore, e anche quando se ne furono finalmente andati, il rombo continuava a perseguitarli. Il morale a terra, raggiunsero la fortezza avvicinandosi al ponte.
«Guardate là. La Legione!» Indicò loro Arsim, un sorriso stampato in volto.
Un folto gruppo di guerrieri in armatura pesante era accampato poco distante dalle mura.
Li raggiunsero quasi di corsa, lieti di vedere qualche faccia amica.
«Atrast Vala.» Li salutò quello che doveva essere il comandante. «Cosa ci fate qua sotto?»
«Atrast Vala, legionario. Siamo qui per cercare la Campionessa Tarja.» Rispose Arsimn.
«Ah! Tanto vale cercare l'Incudine del Vuoto e una vena di Lyrium infinita!» Rise quello. «Fatemi indovinare, quei culi di pietra nell'Assemblea non riescono a decidersi su qualcosa, e adesso chiedono l'aiuto di qualcuno più in alto di loro?»
«Più o meno... Re Endrin è morto e l'Assemblea non riesce a decidersi sul suo successore.»
Tra gli uomini della Legione si alzarono commenti sorpresi. Da quanto erano là sotto senza notizie dalla città?
«Che la Pietra gli sia lieve. Aveva tre figli, no? Uno dei tre l'avevo incontrato, Volkan mi pare si chiamasse... Avevamo guidato una spedizione insieme all'esercito in un Thaig abbandonato, una decina di anni fa.»
«Morto anche lui. Assassinato dal fratello minore. Stiamo cercando Tarja perché ci aiuti a mettere sul trono qualcuno di degno. Qualcuno che effettivamente faccia del bene al regno.»
«Questa è buona. L'ultima volta che un re si è preoccupato di come stessero tutti i suoi sudditi, e non solo qualche culo di pietra levigata, era forse ai tempi di Bul Kathos... Ma venite, accantoniamo la politica, qui sotto non conta niente.»
Condivisero le provviste con quelli della Legione. La carne secca, conservata in modo ingegnoso per durare molti mesi anche sottoterra in condizioni precarie, e dei grumi di licheni e muschio disidratati erano l'unica cosa da mettere sotto ai denti, accompagnati da birra polverosa e acqua.
Ellena era rimasta sorpresa dalla presenza di alcune piccole fontane situate nei due Thaig che avevano attraversato, da cui usciva acqua pura grazie a delle gemme incantate. Erano così riusciti a fare abbastanza scorte da non doversi preoccupare per un po'.
«Stiamo cercando di riprenderci il ponte.» Spiegò il comandante della Legione, Karol. «Quei bastardi hanno piazzato sentinelle ovunque, siamo accampati qui da giorni. L'avete visto quel drago, vero?»
Annuirono.
«Ecco, ora che se li è portati via dovremmo farcela. Siete diretti dall'altra parte, vi toccherà darci una mano.»
«Assieme abbiamo più possibilità di farcela.» Convenne Arsim.
«Le abbiamo davvero?» Sentì Senua bofonchiare. Era seduta accanto a Miria, e mangiava con scarso entusiasmo. L'arciera non era di umore migliore.
«A quanto sostiene Kehr, dovremmo essere vicini.»
«Siamo davvero sicuri di volerci fidare di quell'ubriacone?» Commentò acidamente Riful.
«Non abbiamo molte scelte, ormai.»
«Ellena ha ragione.» Si intromise Lisandra. Il viaggio la stava affaticando, ma non si era ancora lamentata, mostrando una forza d'animo e volontà rari. «È inutile preoccuparsene.»
Si misero a dormire poco dopo, ognuno perso nei propri pensieri.
Ellena, raggomitolata nel suo giaciglio, non riusciva a togliersi dalla testa il ruggito di Urthemiel.
Dopo un sonno agitato, in cui Julian si trasformava in Ruck e il drago nero distruggeva la grande cattedrale nella piazza di Trisram, la furia del combattimento le alleggerì la mente.
Il Venator sembrava fare di tutto per proteggerla, combattendo spalla a spalla con lei. Ormai avevano consolidato uno stile che permetteva ad entrambi di dare il meglio, colpendo i nemici e parando i colpi a vicenda, in una coordinazione quasi perfetta.
Certo, le mancava avere Tundra al fianco.
Aveva lasciato il lupo, al palazzo di Joritz. “Le vie Profonde non sono fatte per un mastino da guerra, per quanto ben addestrato possa essere” aveva detto Arsim, e a quanto pare aveva ragione.
Combattere senza di lui non era esattamente semplice, dato che l'occhio mancante di Ellena le causava un grosso punto cieco che di solito era coperto da Tundra, ma Julian era ormai abituato e si posizionava sempre dove lei non arrivava.
Girò su sé stessa, colpendo con lo scudo un Falmer e spedendolo a terra, mentre Julian caricava di peso un altro mostro, finendolo poco dopo.
Un urlo di vittoria si levò dalle file dei guerrieri poco avanti a loro.
Vide Karol e Kehr scambiarsi un cenno d'intesa, mentre spalla contro spalla affrontavano gli ultimi Falmer rimasti. Arsim stava liberando l'ascia dal cranio del mostro che avevano appena ucciso, una smorfia affaticata ma trionfante in volto.
Conclusosi lo scontro, Lisandra curò loro le ferite. Fortunatamente, nessuno era rimasto ucciso, anche grazie agli incantesimi provvidenziali della maga.
«Era da tanto che non perdevo uno dei miei uomini in battaglia.» Commentò Karol, una volta che si furono ripuliti. «Vi accompagneremo dall'altra parte della Fortezza.»
Arsim chinò il capo. «Ve ne siamo grati.»
Si fecero strada tra infiniti corridoi e saloni. Le loro forze combinate sbaragliarono senza troppe difficoltà ogni Falmer che incontrarono, riuscendo nel giro di un paio di giorni a raggiungere il lato Ovest della Fortezza di Bownammar. Lì, la Legione dei Morti rimase a presidiare il ponte, mentre il loro piccolo gruppo proseguì dall'altra parte.
L'architettura si fece più modesta. Superarono diverse case abbandonate, la maggior parte ricoperte da uno spesso strato di Corruzione. L'aria si faceva più pesante man mano che si inoltravano attraverso le gallerie.
«Ehi, la sentite anche voi?»
Senua, che camminava alla sua destra, si era fermata di colpo, una mano all'orecchio.
«Il primo giorno arrivano e ci catturano,
Il secondo giorno ci picchiano e ci mangiano...»
«Cosa cavolo...»
Afferrò istintivamente il braccio di Julian. La voce era umana, ma rauca, innaturale.
Il Venator le strinse la mano, in un inutile tentativo di rassicurarla. L'aria puzzava terribilmente, l'odore che si aggrappava alla gola, rendendo difficile respirare.
«Il quinto giorno tocca a una fanciulla di sparire nel nulla...
Il sesto giorno di sognare cerchiamo, ma le sue grida son tutto ciò che sentiamo...
Il settimo giorno lei crebbe, quando in bocca li ebbe.»
Si stavano avvicinando a chiunque stesse cantilenando quell'orrore. Il corridoio che stavano seguendo svoltò a destra, il pavimento reso scivoloso da sangue e chissà cos’altro.
«L'ottavo giorno violentata l'hanno, e noi tutti insieme li odiammo.
Il nono giorno lei sogghignò e quelli della sua stirpe divorò.»
Aprirono una porta, ritrovandosi in una sala.
Il puzzo di cadaveri era tremendo, unito a quello dei Falmer. Un uomo era raggomitolato tra una pila di sporcizia, intento a rovistare tra quelle che sembravano ossa. Si voltò verso di loro, gli occhi velati da una patina chiara. Era una donna, le fattezze deformi e butterate. Aprì la bocca, concludendo la sua canzone.
«E la sua fame non è mai saziata, ora che la bestia lei è diventata.»
Rimasero impietriti a fissarla.
Quella abbassò subito lo sguardo, le mani strette in grembo, voltandosi dall'altra parte.
«No, estranei. Umani. No, ai pasti portano solo la stirpe e quelli del clan. Sono crudele con me stessa. Sogno di volti nuovi, porte aperte. La libertà è amara illusione.»
Kehr lanciò un'imprecazione. «Hespith?»
L'altra sembrò non sentirlo nemmeno.
«I Falmer le hanno fatto questo...?» Balbettò Miria, facendo qualche passo verso di lei.
«Falmer!» La donna si voltò nuovamente, di scatto. «Gli uomini, loro sono impazziti, le loro ferite in putrefazione. Marciano in testa, i primi a morire... non noi. Non Laryn. Noi non veniamo squartate, ma nutrite. Amici, sangue, bile e...» Scosse la testa, raggomitolandosi su sé stessa. «Ho desiderato che Laryn fosse la prima. Così che mi risparmiassero. Ma ho dovuto guardare. Il cambiamento. Come ha fatto Tarja a sopportarlo?»
Kehr si avvicinò a lei di qualche passo. «Hespith, dov'è Tarja?»
«Non parlare di lei!» Sibilò l'altra. «Ero il suo capitano... non l'ho fermata. La sua amante, ma non posso perdonarla... non dopo quello che ha fatto. Per quello che è diventata.»
«Cosa ha fatto Tarja? Hespith, dimmi cosa ha fatto!» Insistette l’uomo, ma quella scosse la testa, strisciando via, farneticando.
Prima che potesse afferrarla e costringerla a parlare, Arsim afferrò Kehr per il braccio, scuotendo la testa. «È inutile. Proseguiamo, la troveremo.»
«Se l'è successo qualcosa...»
«Mi preoccupa più quello che ha fatto agli altri.» Commentò tetra Senua, cercando di tenersi a debita distanza dal cumulo di ossa. «Andiamocene.»
Riful li superò senza voltarsi, aprendo la porta successiva. «No. L'Incudine è qui da qualche parte. Se non avete abbastanza coraggio per proseguire, fate pure.»
Arsim sospirò. «Ha ragione.»
Ellena si scambiò uno sguardo preoccupato con Julian, ma seguì il resto del gruppo senza ribattere. Senua fu l'ultima a varcare la soglia, evidentemente non voleva restare da sola con Hespith.
Dopo qualche rapido incontro con altri Falmer, si ritrovarono di nuovo a percorrere delle gallerie nella roccia.
Il cunicolo scendeva in profondità, di Tarja nessuna traccia.
Svoltarono un'ultima volta a sinistra.
L'orrore di quello che c'era ad aspettarli li avrebbe perseguitati per anni.
Una creatura deforme, enorme e ripugnante, occupava gran parte della grotta. Sul suo corpo spiccavano numerosi seni gonfi e putrescenti, mentre il volto aveva perso la sua umanità, ridotto a poco più che una bocca irta di denti affilati e due occhietti incavati. Numerosi tentacoli partivano da sotto il suo corpo, sparpagliandosi per il terreno.
Avvertita la loro presenza, la creatura lanciò un grido acuto, scagliando su di loro i tentacoli mentre alcuni Falmer accorrevano in suo soccorso.
La battaglia fu feroce ma breve.
Qualunque cosa fosse quella creatura.
Ora era morta.
«È finita. Ce l'abbiamo fatta.»
Ellena afferrò la mano tesa di Julian, riuscendo faticosamente a rimettersi in piedi. Il corpo della creatura giaceva immobile. La ragazza stese la gamba, controllando che l'impacco curativo stesse al suo posto sotto al fasciatura.
Lisandra nel frattempo era china su Kehr, che digrignava i denti mentre la donna gli estraeva la lama di un Falmer dal fianco, lanciando un altro incantesimo curativo.
«Una madre della nidiata.» Grugnì Arsim, massaggiandosi il braccio ferito. «Maledizione...»
«Lo sapevi?» Chiese Senua, che stava ripulendo i suoi pugnali.
L'altro annuì. «L'esercito le incontra estremamente di rado. Siamo stati fortunati a sopravvivere.»
Appena furono in grado di proseguire, si allontanarono più in fretta che poterono da quel luogo. Ellena aveva perso il conto di quanti giorni fossero passati, da quando avevano lasciato la città. Due settimane, tre? Tutto le sembrava un confuso susseguirsi di Falmer, notti infestate dagli incubi, interminabili cunicoli e creature ripugnanti nascoste dietro ogni angolo.
Seguirono un percorso che sembrava avere meno tracce di Falmer.
Finalmente, si accamparono vicino ad un antico condotto di areazione che sembrava funzionare meglio degli altri. Ringraziò il Creatore per l'aria carica di ossigeno, che in alcuni punti era stato talmente scarso da rendere pesante il respiro.
Julian le si sedette accanto, aprendo lo zaino ed estraendone della carne secca. «Ellena?»
«Sto bene.»
«Non sembra. Se c'è qualcosa che posso fare...»
Scosse la testa, serrando l'occhio. Non doveva cedere. «No, va tutto bene.»
Sentì il tuo tocco delicato sulla spalla. Si chinò istintivamente verso di lui, appoggiando la guancia sulla sua mano. Inspirò profondamente, cercando di calmarsi.
Poteva sentire il battito del suo cuore, regolare.
La Corruzione era dentro di lui, come in tutti i Venator, allora com'era possibile che fosse così tranquillo, sapendo che prima o poi sarebbe finito là sotto a morire?
«Non permetterei mai che ti succeda qualcosa di simile, lo sai vero?» Le disse, cingendole le spalle.
Ellena si morse il labbro inferiore. «Non è per me che ho paura.»
Julian sembrò irrigidirsi, ridacchiando forzatamente. «Intendi... beh, se hai paura che diventi come quella cosa, non credo di avere gli attributi necessari.»
Lei non finse nemmeno di sorridere. «Sai cosa voglio dire.»
L'altro sospirò profondamente, appoggiandosi alla parete dietro di loro. «I Venator non vivono a lungo, la Corruzione dentro di noi dopo un po' ci porta ad impazzire, e andiamo a morire prima di perdere del tutto la ragione.»
«Non pensavo fosse così...»
«Ci vogliono anni, però.» La interruppe lui. «Alcuni vivono oltre trent'anni prima di sentire la propria Chiamata, soprattutto quelli che hanno avuto il Vincolo da giovani.»
«Ma è inevitabile.»
Ci mise un po' a risponderle, ma alla fine annuì. «Non c'è una Cura. Le nostre abilità ci rendono gli unici a poterli combattere, ma è una condanna a morte.»
«Perché lo fate?» Domandò allora lei, le unghie conficcate nei palmi delle mani strette a pugno. «Non... sapendo quello che vi aspetta, come fate a…»
«Non ce lo dicono subito, ecco perché. All'inizio sei convinto di unirti ad un Ordine di eroi, e quando ti svelano i dettagli, beh, è un po' tardi per tirarti indietro.» Accennò un sorriso triste. «E comunque non cambia quello che siamo, o quanto ci sia bisogno di noi. Senza Venator, non ci sarebbe nessuno in grado di fermare i mostri che minacciano il nostro mondo. E molti soldati muoiono comunque prima del loro tempo, in battaglia o di malattia, quindi alla fine cambia poco.»
«Cambia tutto invece!» Si oppose lei, alzando la voce. «Non è la stessa cosa!»
«Ma è necessario.»
Ellena lo ammirava. Come si poteva dedicare la propria intera vita ad una interminabile guerra contro il male, sapendo che anche nella vittoria non c'era modo di scampare alla morte?
Si sentì una codarda. «Lo so. Solo, non…»
La verità era che non voleva perderlo. Aveva cercato di dimenticare quel bacio, di pensare ai mille motivi per i quali loro due, insieme, non fossero una buona idea. Era egoista da parte sua mettere in primo piano i suoi sentimenti, sopra i loro doveri verso il Nord.
Si perse per un attimo nei suoi occhi color nocciola, esitante.
Quando le loro labbra si toccarono, incerte, decise che per una volta voleva essere egoista.
Julian la strinse a sé, cingendola tra le braccia, come se oltre a loro non ci fosse nient'altro. Erano solo due ragazzi persi nelle Vie Profonde, due comandanti col destino di un paese sulle spalle.
Lo sentì ritrarsi un poco.
«Siete sicura?»
Potevano combattere l’Orda, salvare il Nord e al contempo scegliere di amarsi.
Ellena annuì accennando un sorriso, accarezzandogli la guancia. Gli era cresciuta la barba, in quei giorni. «Stiamo facendo una scelta terribilmente irresponsabile.»
«Dici?» La baciò di nuovo, ridacchiando.
Rimasero abbracciati tutta la notte. Per la prima volta da quando erano scesi là sotto, Ellena si sentiva tranquilla, al sicuro. Raggomitolata contro il suo petto, trascorse una notte senza sogni.
«Allora...»
Senua ammiccava nella sua direzione, mentre Miria soffocò una risatina composta, una mano davanti alle labbra.
Ellena scosse la testa, sentendo le guance arrossire. «Smettetela.»
«L'ho visto alzarsi in tutta fretta... credo che abbia dovuto lucidare la spada di prima mattina.»
«Senua!»
«Agli uomini succede sempre, di che vi sorprendete?»
Miria le lanciò uno sguardo di somma disapprovazione, che la donna ignorò smaccatamente.
«Vi prego di tacere per sempre, non credo che il mio stomaco possa sopportare oltre.» Commentò Riful schifata. «Ho sentito più che abbastanza.»
L'arciera accennò un sorrisetto divertito. «Girano parecchie storie sulla prestanza dei Venator, sai Riful?»
La strega emise un verso disgustato, sbattendo il suo bastone magico contro il terreno. «Basta!»
Ellena cercò di non ridere, lasciando che la superassero e affiancandosi a Lisandra.
«Temo di non aver mantenuto le mie promesse.»
La maga, che inizialmente le aveva rivolto un cipiglio severo, sembrava essersi addolcita. «Forse mi sbagliavo, su voi due.»
«Che intendete?»
«Da quello che vedo, riuscite a trovare la forza l'una nell'altro, e siete entrambi abbastanza responsabili da capire in cosa vi state addentrando, le difficoltà davanti a voi.» Indicò con un cenno del capo Julian, poco più avanti, che parlava con Arsim e Kehr. «Non lo vedevo così contento da un po'. E in un luogo come questo, per giunta.»
«Ho deciso che non voglio rinunciarci. Per ora, non chiedo altro.» Disse Ellena, la voce ferma. «Se verrà il momento, se la situazione richiederà una scelta, sono fiduciosa che entrambi metteremo al primo posto il bene del paese.»
Lisandra sembrò soddisfatta dalla risposta.
Camminarono per tutto il resto della giornata.
Ellena si ritrovò ad ammirare le venature di Lyrium che zigzagavano sulla roccia. I licheni che crescevano accanto ad esse erano anche loro luminescenti, dal colore leggermente bluastro.
Vide Senua raccoglierne alcuni, tagliando le radici con un coltello e infilandoseli attentamente in borsa.
«A che servono?» Chiese Miria, indicandoli.
«Oh, hanno varie proprietà. Tra cui fare uscire di testa, una volta distillati.»
Riful ne tagliò un po' a sua volta, osservandoli da vicino. «Sono allucinogeni, quindi.»
La guerriera annuì. «Se li mastichi così come sono, ti sballano. In senso buono. Valgono un sacco, se li sai vendere alle persone giuste.» Ne prese degli altri.
«Senua, non mi sembra il caso di perder tempo dietro a...»
I rimproveri del Principe si persero nel vuoto, quando una trappola scattò a pochi passi da loro, piantando una serie di quadrelli nel terreno.
«Vi avverto, dopo tutto questo tempo, la mia tolleranza del galateo è alquanto limitata.»
Una donna alta dai capelli corvini e dal corpo tatuato, li squadrava da sopra un'altura. L’armatura scura che lasciava ben poco all’immaginazione aveva rifiniture dorate. Il volto era stanco e segnato, ma non sembrava portare segni della Corruzione.
Kehr sembrò illuminarsi. «Tarja!»
Tarja squadrò il marito con disgusto malcelato. «Sapevo che prima o poi avresti trovato il modo di arrivare fin qui... spero che troverai la strada del ritorno più facilmente.» Si rivolse poi agli altri. «E voi? Mercenari assoldati da qualche signore di bassa lega, o siete semplicemente gli unici a sopportare l'alito di Kehr?»
«Porta rispetto, donna! Stai parlando ad un Venator e ad un Aducan!» La rimproverò lui.
«Ah.» Il suo sguardo si posò su Arsim. «Quindi Endrin deve essere morto. Non mi sorprenderebbe, aveva già un piede nella fossa quando sono partita.»
«Mio padre è stato assassinato.» Ribatté freddamente il Principe. «E il tuo popolo ha bisogno di un Re.»
Tarja non sembrava impressionata. «Il mio popolo non ha bisogno di un Re. Un Re non servirà a frenare i Falmer, o quella gigantesca lucertola alata. Ne abbiamo avuto uno per quaranta generazioni, e guardate quanto bene ci ha fatto. Vi dirò quello che ho detto a tutti quelli che mi hanno chiesto di metterli sul trono: non mi interessa un accidente, possono dare la corona anche ad un nug ubriaco, per quanto mi riguarda. Il nostro vero protettore, la nostra unica arma, è in mano ai Falmer che dovrebbe contrastare! L'Incudine del Vuoto, il mezzo per forgiare armi e armature invincibili, è qui da qualche parte. Così vicina che posso sentirla!»
«Qualcuno ha perso la testa...» Sentì Riful bisbigliare. Non se la sentiva di darle torto.
Tarja fissò la strega senza rispondere «Il labirinto costruito da Odonor in persona. L'Incudine si trova dall'altra parte. Io e i miei abbiamo cercato di svelarne i segreti, ma abbiamo fallito. Non mi resta nessun altro da mandare oltre le porte.»
«Hai sacrificato tutto il tuo Clan per questa follia?!» Le urlò Kehr, cercando di raggiungerla.
«Volete la mia collaborazione per questa elezione, immagino. Aiutatemi a trovare l'Incudine, prima.»
«Sei ossessionata, Tarja, l'Incudine ti ha cambiata!»
L'altra non lo degnò di un secondo sguardo, prima di inoltrarsi nella galleria di fronte a loro. «Sono il vostro Campione.»
Si scambiarono uno sguardo incerto.
Kehr strinse i pugni. «Non la lascio andare da sola. Ci sarà un modo per farla ragionare.»
Arsim annuì. «Abbiamo bisogno di lei. E può darsi che abbia ragione, l'Incudine sarebbe un'arma potente contro Urthemiel.»
«Allora diamoci una mossa...» Commentò Riful. «…O la pazza ci seminerà.»
L'immensa caverna in cui sbucarono era uno spettacolo.
Colate di lava si gettavano nello strapiombo attorno a loro, illuminando l'ambiente di una luce rossastra e facendo sembrare l'intera sala in fiamme. Sei spiriti illuminati da una spettrale luce azzurra, tre per lato, erano posti a guardia dell'ingresso, mentre due grandi colonne in pietra nera levigata troneggiavano alla loro sinistra.
Uno spirito, molto diverso degli altri, sembrava aspettarli.
«Mi chiamo Odonor.» Parlò quello. «Un tempo, più di quanto non voglia ricordare, ero un Nephilim.»
«Odonor? Il fabbro Nephilim? Vivo?» La voce di Riful tremava un poco.
Arsim sbatté le palpebre un paio di volte, incredulo. Odonor, coluì che creò l’Acciaio era li davanti a lui. Com'era possibile?
«Ah, so bene perché siete qui… volete il potere dell’Incudine.»
«Esatto.» Rispose la Strega delle Paludi.
«Se cercate l'Incudine, ascoltate la mia storia, o sarete condannati a riviverla. Sono stato reso famoso per aver creato l'Incudine del Vuoto, che mi ha permesso di forgiare armi per i miei fratelli. Erano armi invincibili. Armi in grado di uccidere altri Nephilim. Ma non ho mai rivelato quale fosse il prezzo da pagare: nessun fabbro, per quanto abile, ha il potere di creare la vita. Per darla alle mie armi, l'ho dovuta prendere altrove.»
«Fammi indovinare. Prima avete chiesto dei volontari, e poi avete cominciato a costringere la gente a sottoporsi.» Lo interruppe Senua a denti stretti.
Odonor chinò il capo. «Esatto. Ogni arma che ho creato era forgiata dal sangue dei miei fratelli.»
Lo sguardo di Senua lo trafisse come uno dei suoi affilatissimi pugnali. «E ora i Clan vogliono rimetterla in funzione… mi chiedo dove prenderanno i volontari…» Esclamò guardando il principe.
Arsim non poteva darle torto. Nel caso l'Incudine del Vuoto fosse stata rivelata al mondo, alcuni forse si sarebbero offerti, ma la maggior parte sarebbe stata gente senza nulla da perdere. Senzacasta, gente come Senua. E nel caso non si fossero offerti volontari nemmeno gli abitanti dei bassifondi, quanto ci avrebbe messo l'Assemblea a decidere per loro, ad imporgli uno scopo finalmente utile alla società?
«Ho cercato per secoli di distruggerla, ma neppure io ho il potere per farlo. Per questo non ci sono riuscito.» Spiegò Odonor. «Pensate bene a ciò che significherebbe portarla fuori da questa tomba...»
Dei passi sopraggiunsero di corsa. Si voltarono, allarmati.
Tarja, il volto rosso per la fatica, aveva gli occhi che brillavano di cupidigia, folli. «No, l'Incudine è mia! Non mi permetterò di distruggerla!»
«Oh maledizione donna, non capisci che cosa significa portarla fuori di qui?» Esclamò Kehr
Arsim stava per aprire bocca, quando Tarja lo interruppe urlando. «Silenzio Kehr! L’incudine darà al nostro popolo il potere necessario per creare un Impero che durerà in eterno!!»
«Ma a quale prezzo?!» Ribatté Senua ringhiando, le proprie armi già in mano.
«Senua ha ragione, non possiamo permetterlo.» Disse Ellena, schierandosi dalla parte della senzacasta, le braccia incrociate sul petto.
Julian sospirò, annuendo. «Per quanto un esercito con armi Nephilim possa esserci tremendamente utile contro Urthemiel, sarebbe una cosa mostruosa. In quanto Venator della Fratellanza non posso permetterlo.»
Lisandra e Miria annuirono, mentre Riful sbuffò sonoramente, ma sembrava anche lei d'accordo.
Kehr cercò di far ragionare la moglie, facendo qualche passo verso di lei. «Tarja, sei impazzita? Ti sei ossessionata a tal punto da non capire cosa hai perso in questa tua follia?!»
Ma Tarja non lo ascoltò. Si voltò invece verso Arsimn, allargando le braccia. «Guardati attorno. È questo l'aspetto che dovrebbe avere il nostro Impero? Gallerie in rovina piene di Falmer? L'incudine ci porterà gloria! Potresti essere il Re di un nuovo Impero!»
Era pazza. Completamente pazza. Certo, un esercito con armi Nephilim avrebbe reso più facile il riprendersi le antiche città sotto le montagne, ma il prezzo da pagare era troppo alto.
Il Principe scosse la testa. «Sono d'accordo. Va distrutta. Se voglio essere un Re giusto, non posso permettere un genocidio.»
Odonor si inchinò profondamente. «Grazie. La vostra compassione mi riempie di vergogna.»
«No! Non ve lo permetterò!»
Prima che potessero fermarla, Tarja era già partita all'attacco. Kehr tentò di fermarla, cercando di convincerla che non ne valeva la pena di morire per quello, ma era ormai irremovibile.
La donna lo pugnalò in pieno petto, il volto sporco del sangue del marito, un ghigno folle, gli occhi scrutavano tutti loro con fare inquietante.
Pochi istanti dopo due dozzine di Falmer uscirono dalle tenebre mettendosi al fianco della donna.
«Uccideteli miei schiavi! Datemi l’Incudine!!!»
Arsim parti in carica contro Tarja senza pensarci mentre il resto del gruppo lottava contro i mostri. La Campionessa era un'ottima combattente però, dopo pochi scambi ferì il Principe ad un fianco, un affondo della sua spada calò in direzione del coll dell’uomo ma Senua non ci pensò un attimo a frapporsi tra lei e l'arma.
Sentì il metallo della Campionessa cozzare contro i suoi pugnali. Barcollò all'indietro, ma riuscì a rimettersi sulla difensiva. Tarja scattò verso la senzacasta in preda ad una furia animalesca, il metallo gli graffiò il fianco scoperto, recidendo la carne di Senua. La Campionessa gli tirò un calcio in pieno petto.
Senua cadde all'indietro con un tonfo, la vista oscurata per un attimo.
Quando riuscì a rialzarsi, dolorante, Arsim stava respingendo i colpi di Tarja.
Senua corse in avanti per aiutare il Principe, ma un Falmer gli sbarrò la strada. Evitò per un soffio un colpo di spada, schivando di lato e colpendo con i suoi pugnali il ventre del mostro. Un raggio gelido ricoprì metà dei Falmer di ghiaccio, mentre Julian e Ellena li caricavano in corsa con i loro scudi mandando i mostri in frantumi.
Un urlo li fece voltare: Arsim e Tarja stavano combattendo furiosamente sull'orlo della gola, un fiume di lava bollente sotto di loro. Tarja sembrò per un attimo avere la meglio, riuscendo a colpire il Principe alle gambe con il suo scudo e mandandolo in ginocchio, ma Senua sopraggiunse alle sue spalle, conficcandole un pugnale nella spalla.
La Campionessa urlò di dolore, voltandosi a fronteggiarla. Lo colpì con un poderoso pugno, facendola barcollare all'indietro, verso il precipizio.
Arsim la vide perdere l'equilibrio. «Senua!» Urlarono in coro, scattando in avanti mentre quella spariva oltre il precipizio.
Arsim ringhiò di rabbia, ignorando la gamba offesa e scattando colpì Tarja con la sua ascia. La campionessa gemette di dolore prima di colpire il Principe con un pugno.
«Volevo… volove solo… creare un nuovo Impero…» Aprì le braccia e si lasciò cadere nel vuoto.
«Julian, dammi una mano!» Gridò Arsim in ginocchio sul bordo del burrone. Il Venator e tutti gli altri corsero da lui. «Tiratela su….» Disse indicando il baratro.
Aggrappata ad una roccia c’era Senua.
Era ancora vivA. Julian si sporse ad afferrarle la mano, e lA tirò su.
«Sei durA da ammazzare, Senua.» Sorrise Arsim, tendendogli la mano. La aiutò a rialzarsi.
Gli sorrise a sua volta.
Arsim era sinceramente sollevato che fosse ancora viva.
La guerriera si sorprese di se stessa. Chi l'avrebbe mai detto, il principe Arsim Aducan e una senzacasta che si salvano la vita a vicenda, alla pari.
Beh, quasi alla pari.
Si voltarono verso Odonor, che si era avvicinato al corpo di Kehr.
«Un'altra vita persa per colpa della mia invenzione. Vorrei che la storia non ne fosse mai venuta a conoscenza.»
«Ora, è il momento di distruggere l'Incudine.» Disse Julian.
«Aspettate…» Balbettò Kehr. Non gli restava molto da vivere. «Il Principe… ha bisogno di qualcosa che convinca i Clan... Ad avere l'unanimità dell'Assemblea contro quel fratricida di Serkan. Usate la mia anima… date al mio popolo il re che merita…»
«E va bene. Per l'aiuto che mi avete dato, batterò il martello sull'Incudine un'ultima volta, per forgiare una corona che sbaraglierà ogni dubbio.»
E così fece.
La corona che lo Spirito forgiò per Arsim era di splendida fattura, come non se ne vedevano da secoli. Il metallo era lavorato assieme al lyrum e all'oro, nella forma ricordava un elmo da guerra, mentre alla sommità presentava invece delle decorazioni che replicavano le torri della città di Harrogath,
Arsim esitò un attimo prima di prenderla tra le mani, ammirando la straordinaria maestria con la quale era stata creata. «Grazie. Giuro che sarò un re giusto.»
Odonor annuì solennemente. «Avete già dimostrato di esserlo.»
Fu il loro turno. Assieme a Julian agli altri, sollevarono l'Incudine del Vuoto, portandola fino all'orlo del precipizio e lasciando che venisse inghiottita dalla lava.
«È fatta.» Commentò Odonor. «Avete la mia eterna gratitudine.» Lo Spirito si voltò un'ultima volta verso di loro, prima di sparire.
«Che tu possa sempre trovare la tua via nell'oscurità.» Ripeté il Principe.
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Speaking with Salvatore Mercatante, the Artist Behind This Halloween's Haunting New Music.
Speaking with Salvatore Mercatante, the Artist Behind This Halloween's Haunting New Music. @salvatoremerc #horror #music #halloween #danielleotrakji #illamentodellastrega
UMU speaks with Salvatore Mercatante, the artist behind this Halloween’s “Il Lamento Della Strega.”
Earlier this summer, I was fortunate enough to become friends with one of the grooviest of ghoulies working today – a New York City based artist, with a penchant for Italian horror movies and 80’s horror music, Salvatore Mercatante. What instantly clicked in early conversations with Mercatante…
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orgogliocorvonero · 7 years
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Quarto Allenamento Giugno
21:52 21/6 Faunya_Florent [ieri pomeriggio] Una canotta le lascia scoperte braccia che non temono il freddo, non più, non dopo l`ennesima corsetta sfiancante su e giù per i gradoni. Le gambe, deliziosamente doloranti e leggere, avvolte da pantaloni blu scuri, larghi sul cavallo e più stretti sui polpacci là dove finiscono. Scarpe da ginnastica e calzini azzurri solcati da nuvole completano l`aspetto d`una ragazzina dai capelli raccolti, un visetto affaticato ma euforico nell`ascoltare, annuendo, le direttive della Capitana. L`allenamento di oggi è sulla coordinazione con la musica e le compagne, melodia gentilmente offerta da una maginchiglia. Le piace l’idea di poter utilizzare la musica che hanno selezionato assieme, a dirla tutta le piace l’idea di dover danzare su d’una musica in generale. Qualcosa che in realtà ha già fatto di recente così da non farsi trovare impreparata, sfruttando i locali e il grammofono di Radio Hogwarts durante un inconcludente pomeriggio di lavoro. Sgobbare per un lungo anno fra tazze di tè e vinili da etichettare le ha finalmente assicurato qualche privilegio, l’accesso a un tale ricettacolo di sinfonie e tutta la privacy del mondo, circa. E non è andata neanche troppo male, se si esclude quel “piccolissimo” incidente che ha provocato in compagnia di Donnie. Recupera dal mantello abbandonato sui gradoni la boccetta contenente il Distillato Arioso, quindi si reca a prender posto dinnanzi ai compagni, la bacchetta in carpino adagiata momentaneamente sull’orecchio destro. Stappa la fiala, liberando del fumo denso e lattiginoso che va a comporre la figura di una sfera, e con la mano sinistra la sfiora piano da sotto per imprimerle un lento movimento a salire, verso l’alto, sopra la sua testa. La destra si stringe attorno alla bacchetta e si muove piano ad imitare il gesto, cercando di risultar solenne tanto quanto lo è la musica in sottofondo, poi i polsi si incrociano un istante in una posa che serve anche ad accostare la bacchetta al distillato, lo sguardo fisso sul pubblico. Le basta concentrarsi su di un’immagine mentale per cambiarne i connotati, più agilmente rispetto ad una trasfigurazione, trasformando la sfera in un pennacchio fumoso che ricorda uno dei loro nastri da cheerleader. E poi < Convercòloris > per mostrare agli altri, assieme a un largo sorriso, il secondo potere insito nella pozione, che ora assume una sfumatura arancio. Quando riprende a muoversi, uno slancio della gamba destra in avanti a caricare un giro in mezze punte, Faunya lo fa con un po’ di ritardo - sempre, succede sempre, è come se faticasse a staccarsi dalla magia una volta innescata. La prima piroetta risulta perciò frettolosa, imprecisa, nel tentativo di riacchiappare la musica; va molto meglio coi due tentativi a seguire fatti di schiena dritta, testa scattante, la punta del piede tirata che ruotando sembra quasi imprimere quel delicato lamento di violino stesso. Il fumo arancione non ha lasciato neanche per un istante la punta della sua bacchetta, muovendosi in linee ondulate che velano il volto di lei, atteggiato in una dolorosa espressione rapita dalla musica. Se ci fosse un parametro riguardante la passionalità, quanti giri di campo in meno sarebbe costretta a correre! Deve invece accontentarsi di farsi valere come strega, immaginando ora il nastro prender le fattezze di una lepre ancora arancio. Punta verso i compagni di squadra per convincerla a saltellare verso di loro, cedendo in questo modo il testimone a chi volesse raccoglierlo.
22:37 21/6 David_ArangoVillegas I tonfi dei suoi stivali logori sul legno cigolante dei gradini sono state la costante sonora che ha accompagnato la squadra nella corsa lungo la Torretta di Corvonero: tonfi conseguenti ad atterraggi spericolati - tavolta fallimentari - con cui s`è lanciato nella discesa ed ascesa, tra le ombre delle pareti in tela dove tra gli squarci agli angoli s`intrufola la luce del pomeriggio e il filo di vento che scorre sulla vallata. L`estate s`è tramutata in giornate soleggiate che pallida imitazione del caldo afoso vigente nel profondo Sud (... Londra). Respirando a pieni polmoni, lui s`è scolato mezza borraccia d`acqua - come Emma sprona ogni mezz`ora, l`idratazione è importante - e se n`è spruzzato un po` sulla cresta di ricci, oggi particolarmente fitti, che s`erge sulla sommità della testa rasata, molto più indomati e lunghi di quanto fossero mesi fa. Goccioline copiose gli scivolano quindi sulla fronte ambrata scurita già dal sole, andando a incastrarsi tra le rughe d`espressione che mantiene contratta la pelle tra le sopracciglia; è tra il riflessivo e critico, lo sguardo scuro che divaga sul paesaggio circostante visibile lì dall`alto dell`ultimo gradone che ha occupato come di consuetudine. E` stato particolarmente scattante e sempre in movimento, durante tutto l`allenamento, reattivo per la musica e l`umore di starsi avvicinando alla vacanze. Emma al contrario pare sfogare il suo stress da GUFO nella determinazione che impiega invece per guidare la sessione. Non è l`ultimo allenamento dell`anno (vi piacerebbe!) ma uno degli ultimi prima del suo potenzialmente-disastroso piano di fine anno. Già da solo ha battuto le mani un paio di volte seguendo il ritmo della musica e calpestando a tempo con lo stivale destra contro il suo gradone e molleggiando sulle ginocchia. L`invito di FAUNYA è accolto con un sogghigno che accentua increspature sulla guancia verso destra, prima che - assecondando un crescendo di note - decida semplicemente buttarsi proprio al culmine musicale quasi a precipizio sul gradone di EILEEN, per atterrarle ad un solo metro di distanza. Piantato a gambe divaricate, muove un po` la testa a ritmo e poi le chiede: "Fammi un Flagràmus". Si concentrerà sul calore che percepisce sulla pelle, il bruciore dettato dalla tensione muscolare appesantita dal riscaldamento e sul ricordo di quello caldissimo che arriva sul viso a fermarsi dinanzi al camino in sala comune, il crepitio di quelle fiamme sopra la legna. Tutto perché il fuoco sia la sensazioen dominante tra i ricordi e quindi torcere con uno scatto il polso destro, dall`alto verso il basso, la punta diretta alla fiamma evocata per il "Plasma" che scandisce con sicurezza, quasi brama - pazzo di adrenalina - per così assumerne Dominio e innalzarla rapido al cielo in una maniera che spinga la lingua di fuoco ad aprirsi a ventaglio sopra le loro teste l`esatto momento in cui la musica torna ad affrettare il ritmo.
22:54 21/6 Eileen_Walker [20.06] Questo potrebbe essere l’ultimo allenamento dell’anno, pensa Eileen, mentre si prepara alle varie sessioni di strappa-muscoli e rompi-ossa di oggi. Se, ci sperava. In un certo modo, Emma deve scaricare tutta l’ansia dei GUFO ma Eileen, come buona parte della squadra, preferirebbe lo facesse in un altro modo, invece che riversare tutta la frustrazione sugli allenamenti. Con addosso una tuta abbastanza leggera, ma neanche troppo per le temperature scozzesi, Eileen, dopo il riscaldamento, duro come sempre, nonostante sia abituata, si ferma un attimo per prendere il respiro e prendere anche un sorso di acqua. Indossa una maglia larga bianca con sotto una canottiera blu e leggins neri, ai piedi scarpe da ginnastica e i capelli biondi sono legati in un chignon ordinato che è stato infilzato dalla propria bacchetta. Giusto per averla sempre a portata di mano. Con i suoi occhi grigi osserva la Capitana dare il via a FAUNYA che stappa la pozione che hanno fatto insieme. Il tutto accompagnato dalla musica che esce dal grammofono. Eileen osserva sorpresa come la pozione diventa una sorta di palla di fumo che Faunya comanda con la bacchetta e la diventare un nastro a cui poi cambia colore con una trasfigurazione semplice. Eileen si ritrova a sorridere vedendo l’amica ballare e il nastro si trasforma in una lepre, sempre arancione. Mentre è il turno di David, Eileen si sfila le scarpe da ginnastica per infilarsi le punte da ballerina, che è riuscita a farsi mandare da casa giusto qualche giorno prima. Flette un po’ i piedi per riprendere dimestichezza con le scarpe di raso. Soddisfatta, si lega i nastri di raso intorno alla gamba. Il suo stile varia molto da quello di David e di Faunya, più passionale e libero, ed è molto simile a quello di Emma, poiché entrambe hanno fatto danza classica. Ma non può stare tranquilla che deve eseguire un Flagramus su richiesta di DAVID. Punta la bacchetta su di lui, anche se non volentieri, disegnando con il movimento del polso una fiamma, pronunciando, molto attentamente, <Flagràmus> lasciando quella lingua di fuoco sotto il potere di DAVID e avendo tutto il tempo di mettersi in posa, braccia larghe davanti al suo petto, con i gomiti leggermente piegati per dare la forma di un cerchio e le dita delle mani che si sfiorano appena, nonostante la mano destra tenga la bacchetta, testa, collo e schiena dritte, gambe tese. Arrivato il suo turno, Eileen, sfilata la bacchetta dai capelli, prende controllo della pozione e, reagendo ai suoi pensieri, cambia aspetto per diventare un aquila. Giusto per non dimenticare che devono comunque tifare per la propria casa. E, mentre l’aquila inizia a volare intorno a lei, inizia un piqué: gamba destra tesa in avanti, braccia allargate verso sinistra, muove la gamba destra di lato, piega la sinistra che tocca il ginocchio da dietro con la punta del piede e ripete a suon di musica, che inizia a raggiungere la sua parte più lenta. Si muove dalla sua posizione verso EVANNA, finendo in un arabesque verso di lei, con braccio destro e bacchetta tesa verso l’alto, braccio sinistro teso all’indietro, gamba destra ben ferma al suolo, mentre quella sinistra è tesa in aria, e china la testa verso l’amica corvina.
22:58 21/6 Evanna_Winchell [ Ieri pomeriggio ] Il tempo oggi non è male e lo sforzo degli allenamenti ormai è d`abitudine. Indossa la solita tenuta allenamento che consiste in un paio di pantaloni neri, che siano leggins o lunghi più o meno ad altezza ginocchia, e varie canotte/magliette a maniche corte dei più disparati colori. Quella di oggi, per esempio, è rossa. Alle scarpe porta un semplice paio di scarpe da ginnastica mentre i capelli sono legati in una coda alta sistemata alla perfezione. Tranne per qualche piccolo ciuffo ribelle dovuto alla corsa. L`atmosfera è stata addolcita con le note di una canzone scelta insieme che ora, uscendo da una maginchiglia, arriva alle orecchie di tutti accompagnando i loro movimenti graziosi mentre lavorano di coordinazione. E` rimasta incantata per un po` dai movimenti fluidi usati da FAUNYA nel muovere a proprio piacimento la sfera di fumo trasformandola in diverse forme e cambiandole persino colore. Ha già la bacchetta alla mano, pronta per fare un po` sua quella sfera e dedicarsi così alla coordinazione musica/corpo/incantesimo. DAVID tiene impegnata EILEEN per qualche secondo facendole evocare una fiamma che poi decide di modellare a proprio piacimento. Ma l`amica riesce comunque ad impadronirsi della pozione eseguendo le sue figure e trasformando il fumo in un`aquila. Evanna pensa a qualcosa di più semplice ma è sempre bello vedere la creatività delle proprie compagne. Quando EILEEN le passa finalmente il testimone, Evanna lo afferra prontamente con la bacchetta con media facilità. All`inizio, il suo, è tutto un susseguirsi di movimenti di polso che fanno ciondolare a destra e sinistra la sfera incorporea cercando di riprendere il ritmo giusto della canzone che li accompagna. La fa alzare un pochino rispetto alla sua testa concentrandosi per trasformare la palla di fumo in un cerchio di medie dimensioni, leggermente traballante. E da lì è tutto uno stare con la schiena dritta accompagnando i gesti della bacchetta con qualche passo di danza. Qualche sforbiciata qui e qualche doppio passo di là. Il tutto giocandosi il punto forte che possiede, ossia la postura. Quella resta sempre impeccabile. Il tentativo successivo è quello di fare un breve piroetta cercando di trascinarsi intorno al corpo il cerchio fatto di fumo. Ed è così infatti che la bacchetta inizia a muoversi verso il basso mentre, seguendo un ritmo particolare della canzone, Evanna andrebbe a puntare i piedi per darsi il giusto slancio per eseguire una piroetta. Ovviamente qualcosa fa storto e la velocità con cui fa la piroetta le si ritorce contro rendendola instabile e facendola sbilanciare, cosa che oltre a rovinare tutto la scena fa anche rovinare il suo cerchio che ritorna poi fumo nell`aria. A questo punto indirizzerebbe il fumo verso i suoi compagni, per farlo prendere anche a DAVID o magari per ridarlo a FAUNYA.
23:22 21/6 Faunya_Florent [ieri pomeriggio] Le cose si complicano nel momento in cui tutti si uniscono alla danza, dovendo improvvisamente far attenzione anche a non intralciare loro la strada, eppure Faunya non può fare a meno di lasciar cadere la maschera dolorosa di poc`anzi facendosi sfuggire un sorriso, rallegrato, liberatorio come quel loro ballo. Lancia uno sguardo attorno a sé, individuando una porzione di spazio libera, e dilungando le braccia lontano dal corpo, una avanti e l`altra lasciata indietro, prende a compiere due saltelli alla sua destra. Le punte tese, quella dietro a dire il vero non sempre, imprimendo forza e slancio nelle gambe mentre cerca di far fruttare tutti quei mesi di spaccate a terra. Il secondo atterraggio vorrebbe essere un po` diverso, solo la mezza punta destra che raggiunge il suolo, il corpo tremante che si sforza di mantenere la posizione frattanto che la musica, il tempo, si dilatano. Poi una rottura improvvisa, si raggomitola quasi su stessa, scuotendosi qualche volta quasi fosse vittima passiva dei colpi sferrati dalla batteria. Adocchia il cerchio di EVANNA disgregarsi nell`aria, tornando ad esser sfera lattiginosa a piede libero. Dopo un breve cenno d`intesa per la compagna, allunga un braccio e con un movimento ampio porta la nube di distillato a entrare in collisione con la sua bacchetta magica, soffiandone il controllo. Il resto del corpo, le spalle, cercano di seguirne il movimento con altrettanta fluidità. Gli occhi si alzano al cielo reagendo all`improvviso calore, lo spettacolo di fiamme generato da EILEEN e modellato da DAVID è un richiamo troppo impellente da voltargli le spalle come se nulla fosse. Ma la voce di Emma s`intesse con la musica, urlandole una seconda indicazione che la porta ad annuire tra sé e sé varie e volte, riflettendo su come far a conciliare le due idee. Ed è l`immagine mentale di una seconda aquila che spalanca maestosa le sue ali, quella che la ragazzina richiama infine a sé. Avrebbe voluto evocare una Fenice ma, non avendone mai vista una dal vivo, ha dovuto arrangiarsi coi ricordi babbani che possiede. Va dunque a modificare le fattezze del distillato in quelle del suddetto volatile, così da suggerire realmente l`impressione d`un uccello che si erge fra le fiamme. Per poi correre via, a qualche falcata di sicurezza di distanza, la creatura di fumo che la segue passo passo ad ali spiegate anche quando si appresta a lanciare la sua bacchetta per aria. Una volta in cielo però, come già accaduto con Evanna, la sfera riprende le sue normali fattezze non essendovi più nessuno ad impugnare il catalizzatore. Faunya cerca di seguirne velocemente il moto cogli occhi, azzardando una piroetta senza grazia prima di protendersi a ricchiapparla.
23:46 21/6 David_ArangoVillegas A vederli dall`esterno, questo gruppetto di testoline Corvonero - creatività sopra ogni cosa - non risultano esattamente lo spettacolo di coordinazione, ritmo e fierezza che la capitana aveva in mente: una gitana dalle calze annuvolate compie giravolte mezze sinuose (quelle mancate punte!), una fatina bionda danza con troppa concentrazione, una principessa avanza con regalità incertezza e un randagio, scuro e pesante confronto alla leggiadria delle ragazzine intorno, perde troppo tempo a generare il suo incantesimo per incastrarsi con ritmo generale. In effetti, un po` avvulso dall`ordine di coordinazione, lui perde tempo a sghignazzare soddisfatto tra sé dello spettacolo di fuoco che si spalanca sul cielo terso di Giugno. Da brutta persona qual è, inoltre, i suoi riflessi restano allerta sulle persone attorno a lui più che alla complessità della loro coreografia e così, alla perdita di equilibrio di EVANNA, lui abbandona il suo posto per voltarsi verso lei - che sta sul gradino sopra quello da lui condiviso con Eileen - per afferrarla nella `caduta` in cui rischia cedere lei. E` tanto leggera, quella bambina tra le braccia più allenate di lui, che non gli costa molto assecondare la sua inclinazione e poi sospingerla delicatamente nuovamente in piedi, ancora fermo sul proprio gradone sottostante a quello altrui. Le sorride, anche, neanche tra loro ci fosse stata una volontaria posa ritmata invece che la correzione d`una caduta. "Figo." Si complimenta (?) persino. "Ehi, tu ce l`hai una borsa con l`Adduco Maxima da prestarmi?", mentre Emma già lo sgrida per starsene lì impalato invece che muoversi nella musica. "QUESTA CANZONE E` NOIOSA." La ribattuta di lui ricopia commenti già espressi durante la selezione in Sala Comune, in cui ha tirato una smorfia prima di essere battuto dalla maggioranza a favore di quel disco. Ripreso il suo posto accanto ad EILEEN, le fa un cenno del capo alzando la bacchetta verso il fumo che va svolazzando verso loro grazie alla spinta di Faunya. "Tocchiamolo insieme" Esperimenti su esperimenti insomma, lui che si immagina quella palla di fumo allargarsi a cerchi concentrici come nei giochi di forme elaborati dopo una ispirazione di sigaretta.
00:12 22/6 Eileen_Walker Eh già, i loro stili sono così diversi che forse ci vuole una qualche coreografia che li unisca in modo armonioso. Magari Eileen chiede anche troppo, ma leggendo l’espressione sul viso di Emma, ne avranno bisogno. Dopo la sua performance, Eileen si siede su uno degli scaloni, per osservare EVANNA fare la sua parte di danza. E che dire, sono troppi diversi. Ma forse il bello è proprio in questo, pensa Eileen mentre il testimone viene passato da EVANNA a FAUNYA che prova a ricreare una fenice. Bella l’idea e anche bello il lancio della bacchetta. Eileen fa notare a tutti i presenti il suo entusiasmo battendo le mani quando FAUNYA prova a riacchiappare la bacchetta, riuscendo nel tentativo. Ovviamente è poi, di nuovo, il turno di DAVID, che dopo aver preso EVANNA prima di cadere, ritorna al suo posto accanto a lei. Eileen osserva un attimo EVANNA, prima di soffermarsi di nuovo su DAVID, e sorridere. Ovviamente all’unico uomo della combriccola la canzone non piace, ma con maggioranza donne, il risultato è quello. Il fumo ritorna di nuovo dalle loro parti, ed ecco che partono gli esperimenti di DAVID. “Tocchiamolo insieme”. Eileen ride alla nuova proposta e abituata, in un certo senso, a seguirlo fa cenno con la testa di sì, mentre alza la bacchetta, ancora in mano, verso il fumo, immaginando un piccolo stormo di colibrì che vola dentro i cerchi di fumi creati da David. Per aggiungere un po’ più di magia, Eileen pensa intensamente ai colori dei Corvonero, blu e bronzo, e muove la bacchetta da destra verso sinistra pronunciando <Còlor Cangiàntis>. Il risultato dovrebbe essere uno stormo di uccellini che volano dentro dei cerchi concentrici mentre il tutto cambia colore da blu a bronzo e viceversa.
00:27 22/6 Evanna_Winchell [ Ieri pomeriggio ] Il suo tentativo di realizzare una piroetta con tanto di cerchio di fumo attorno non è andata proprio come sperava. La troppa fretta le ha fatto perdere l`equilibrio rischiando quasi di farla cadere. Fortuna vuole che, l`attento DAVID, si sia girato giusto in tempo verso di lei riacchiappandola prontamente. E lasciamo stare che le guanciotte si saranno fatte un pochino più rosse e che, subito dopo essere ritornata in piedi, lo sguardo sia calato giù a guardarsi i piedi invece che guardare il bel viso di DAVID. « Grazie » è quello che mormora compiendo qualche passo indietro e riprendendo possesso del suo corpo. Poi annuisce al commento di DAVID perché effettivamente non sa che dire. « Si, ho la tracolla che uso di solito » risponde alla sua domanda con un po` più di sicurezza alzando lo sguardo. « A che ti serve? » perché vabbè è sempre impicciona. Ridacchia poi quando DAVID grida il suo disappunto per la canzone ma si concentra presto sull`esibizione di DAVID e EILEEN che riescono a mettere in scena una bella figura con la pozione. A questo punto, si accorge, è di nuovo il suo turno. Essendo il fumo occupato e anche cambiato di colore, decide di aggiungere un altro strumento a tutta la composizione andando a raccattare uno dei soliti nastri usati durante gli allenamenti. Ultimamente ci ha perso molto tempo con questa storia del nastro e della mira, tanto da discutere pure con altri - lei, poi. Quindi di sente abbastanza sicura per l`idea che ha in mente. Il nastro giace sul suo stesso gradone, esattamente sopra quello dove si trovano i due ragazzi. Gli uccellini ed i cerchi sono a portata di mano mentre punta la bacchetta contro il nastro. « Locòmotor » pronuncia compiendo un semicerchio ed un piccolo colpo con la bacchetta. L`idea è quella di prendere il controllo del nastro in modo da muoverlo a proprio piacimento. Se l`incantesimo dovesse riuscire, Evanna inizierebbe a far salire il nastro sempre con una certa grazia nei movimenti. Schiena dritta, braccia tese e collo in avanti. La punta della bacchetta guida il nastro attorno alle nuove forme assunte dal fumo ed Evanna, sfruttandone la lunghezza, compie lenti movimenti di polso fino ad attorcigliare il nastro intorno ai cerchi e agli uccellini per aggiungere un po` di movimento.
00:40 22/6 Faunya_Florent [ieri pomeriggio] C`è da dire che alla sua bacchetta, la quale tecnicamente non sarebbe nemmeno sua, piace redarguirla di tanto in tanto. Come in questo caso, non sembrando aver gradito d`essere stata lanciata per aria così, senza preavviso. Perciò quando le dita di Faunya s`allungano a sfiorare l`altra in caduta libera, quella le rifila una piccola scossa facendole ritrarre velocemente la mano, sancendo la propria stessa caduta. Alla tredicenne sfugge un`imprecazione sottovoce, una di quelle che capirebbe soltanto David se non fosse già impegnato a farsi sgridare, e lesta si allunga ad acchiapparla prima che essa possa rotolare giù dal gradone. Approfitta del momento per riprender fiato, ricaricando i polmoni ma soprattutto il feeling con la bacchetta, sulla quale passa una mano come a spolverarla < TU > viene distratta dal dire di DAVID, indicandolo con giocosa superiorità < Sei noioso > traendo una risata che si smorza il tempo di scorgere i minacciosi occhi di Emma gravare su di lei. Torniamo al lavoro, che è meglio. Forse è la vista dei cerchi a scuotere in lei un`idea, o magari il fatto che stiano tutti confluendo al cospetto del fumo per incantarlo o abbellirlo, ciascuno a modo proprio. Sta difatto che lei invece punta la bacchetta in favore della mano libera - anticonformista sino all`ultimo - ruotandola pigramente in senso orario, richiamando alla mente una piccola composizione di cardi scozzesi, fiori che una volta le ha mostrato proprio Eileen < Orchideus > le dita si chiudono con delicatezza attorno ai gambi della neonata composizione, poi si china tutta a lasciare la bacchetta sulla gradinata. Pronti per un momento Esmeralda? Pronti. Poiché il suo contributo alla causa è saltare sul gradone più in basso, raggiungendo i compagni, muovendosi su altrettanti saltelli e piroette, le braccia levate al cielo. Cerca di sfilare fra loro, veloce e leggera come aria, e ad ogni incontro sfila un fiore dal proprio mazzetto per lasciarlo ricadere sui loro capelli, nel caso di EILEEN ed EVANNA, o ad impigliarsi scivolando sui vestiti per quanto riguarda DAVID - semplicemente perché non è abbastanza alta da raggiungergli il capo, non per altro, coff. Così che quando tutti avranno terminato i loro incantesimi, si accorgeranno di essere belli e pure fiorellosi, tanto quanto lei che termina la propria danza mettendosi in posa al centro, il braccio sinistro alzato ad offrire l`ultimo cardo al fumo.
01:04 22/6 David_ArangoVillegas Un guizzo nello sguardo, di possibilità e segreti, mentre un sogghigno s`allarga con falsa innocenza sul suo volto in quella ch`è una silente replica a colei che ha invece tutte le ragioni per chiudere. Non ha bugie o alternative facts da donarle, quindi si limita a sfruttare il richiamo di Emma per abbandonare il discorso. Che sia solo una scusa per depistare Evanna, questa, lo si capisce dalla maniera alquanto melodrammatica con cui perde tempo per risponde all`accusa di FAUNYA: entrambe le mani salgono al torace, zona cuore, mentre con una scossa della schiena arcua le spalle in avanti simulandosi vittima d`una attacco spietato. "A-avadizzarmi così?" Serve la bellissima mano di Emma pronta a lanciargli una fattura a farlo desistere ora da dar ancora spettacolo e per questo lo si vede dopo proseguire nell`esecuzione dell`esperimento con Eileen - cui stramba complicità invece viene notata e applaudita da Emma. Lui il fiorellino se lo ritrova incastrato sullo sparato della felpa: lo osserva col capo reclinato e gli occhi bassi sul torace, l`incertezza di non sapere un po` che farci. Quando però nota Faunya assumere posa finale, lui acchiappa il gambo e, cercata l`attenzione delle altre con gli occhi, lancia il fiore in alto, al centro del cerchio`, così che nella ricaduta - come è andato allenandosi ultimamente - lui possa centrarlo in pieno con il "Diffindo!" che accompagna al `taglio` che imprime col movimento di bacchetta, in modo che l`incantesimo possa beccare la corolla e far cadere scomposti tutti i petali sopra la testolina di Faunya. Le crollerà addosso anche il gambo, ma okay. E alla fine lui è pure fiero del risultato, mentre Emma un po` trattiene il facepalm (sono talmente diversi, questi qua, che vorrà un miracolo per armonizzare), un po` trattiene la commozione (si stanno impegnando tutti e, agguerrita, lei è convinta riuscire a portarli a glorie per ora soltanto sognate).
22/6 Eileen_Walker L’esperimento sembra essere riuscito, anche se Eileen lo ha fatto più per divertirsi che creare qualcosa di puramente artistico. E ogni tanto serve portare del fiero spirito Corvonero, visto che alcuni sembrano dimenticarselo, ma dettagli. Il nastro di Evanna si muove sinuoso in mezzo ai cerchi di fumo ed Eileen ride quando Faunya dà a Davide del noioso, che poi il ragazzo si finge pure offeso e un po’ tradito, suscitando altre risate da parte di Eileen, che se mantiene la concentrazione e non mandi tutto all’aria è già un miracolo. Gli occhi di Eileen si illuminano quando Faunya evoca dei cardi che inizia a dare a tutti. Eileen osserva un po’ malinconica il cardo che riceve –Thistle torna a casa – ma scuote la testa e se lo infila nei capelli, alla base del chignon biondo che ha in testa, anche se poi deve lanciarlo in aria, una volta capito il silenzio messaggio di David mandato tramite gli occhi. Ok, che lui distrugge quel povero fiore con un diffindo, e per questo si riceve un “affettuoso” pugnetto nell’avambraccio vicino ad Eileen, anche se è probabile che non gli fa niente. Anche lei si è allenata con la mira a modo suo e, una volta che avrà lanciato in aria il proprio cardo, prova a prenderlo in aria con una trasfigurazione. Vuole strafare. Si concentra molto bello su quale fiore vuole trasfigurare. Decide in un dente di leone, sperando che la caduta gli faccia perdere i semi. Si immagina come il cardo, si trasformi in uno stelo più minuto, che inizi a perdere i petali e che la parte principale del fiore si ricopra di piccoli semi, ricoperti a loro volta da una peluria che funge da paracadute. Una volta che ha l’immagine ben chiara, con un movimento fluido si sfila il cardo dai capelli, lo lancia in aria e pronuncia <Plansmùto> mentre muove la bacchetta in una spirale oraria, sperando di aver azzeccato il fiore. Se così fosse, il dente di leone trasmutato dovrebbe perdere i suoi semi che cadrebbero intorno a Faunya. Se non fosse così, non succederebbe assolutamente niente, a parte il rimprovero di Emma per non essersi allenata.
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inevitabili30 · 7 years
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Sabrina
Per capire l’origine della mia nerditudine basta sapere l’origine del mio nome! Sì, perchè “Sabrina”, nome di origine incerta il cui significato pare che sia “spinosa” o “affilata, pungente”.  La sua diffusione maggiore si ebbe verso la fine degli anni 50, dopo l’uscita del famoso film “Sabrina” con Audrey Hepburn e Humphrey Bogart. Ma non è da quel film che ha origine il mio nome, del resto ho parlato di nerditudine, no? Dovete infatti andare a cercare nelle serie anni 70/80 per trovare il mio nome... Sabrina Duncan vi dice niente? Ebbene sì, il mio nome deriva da una delle tre... Charlie’s Angels! Quelle originali, ovviamente! Leggenda vuole che la sorella di mio papà fosse una fan della serie e quindi mise fine ai dubbi dei miei sul mio nome, mettendo tutti d’accordo! Io non mi lamento affatto, a me il mio nome piace tantissimo! La parte irritante è arrivata dopo, nel periodo peggiore che un ragazzino possa affrontare ovvero: le medie. Chi non ha mai visto la serie Tv cult degli anni ‘90/2000? Sabrina Vita da Strega. Era ovunque, film, cartoni animati, serie tv. Dopo un po’ era diventato irritante avere la gente che ti cantava alle spalle la sigla tutti i giorni, ma col senno di poi mi fa molto ridere... insomma, avevo la colonna sonora ovunque andassi! Scherzi a parte, no, non era divertente e dopo un po’ avrei volentieri ficcato i calzini sporchi di mio fratello in bocca ai bulli che la cantavano costantemente, ma di tutto il periodo delle medie forse è stata la parte migliore. Se poi sei nata bionda e ami i gatti c’è anche una sorta di ironia... E comunque ho sempre desiderato avere un gatto nero di nome Salem! Per mia fortuna/sfortuna ne ho avuti di molti colori, ma nero mai.  Ma non si sa mai nella vita...
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