Tumgik
#Cioè ha funzionato al contrario per lui o non si spiega
thegrandslam · 2 months
Text
Tumblr media
Bro...
0 notes
spettriedemoni · 1 year
Text
Solo un cane
Lo scorso inverno ho deciso di prendere un cane.
Sono andato al canile comunale, che a Milano sta in via Corelli.
Per arrivarci bisogna passare davanti al centro di detenzione dei migranti, che è lì accanto.
Banale quanto inevitabile notare che persone e cani sono tenuti in cattività così simili e vicine. Peraltro, entrambi privi di alcuna colpa.
Amen.
Al canile di Milano sono molto seri, non è che vai lì e prendi il cane. Devi compilare moduli, sottoporti a interviste, indagini psicologiche, diverse visite perché possano decidere qual è il cane che va bene per te, o meglio il contrario.
Dopo la terza visita mi hanno fatto scegliere tra due. Ho scelto il più anziano, per solidarietà anagrafica.
Poi ho dovuto, giustamente, fare altre sei o sette visite per familiarizzare con lui, il cane dico.
Ogni volta passavo davanti al carcere per migranti. Ma questo si è già detto.
Ogni volta poi passavo tra le gabbie dei cani, a cui lì non manca nulla di concreto ma stanno tutto il giorno in gabbia da soli.
Il problema è la solitudine, mi spiegavano i ragazzi del canile. I cani, come gli esseri umani, hanno l'affettività alla base della loro piramide dei bisogni, al pari di cibo e acqua. Ma al canile, con più di 200 cani da curare, su quella cosa possono farci poco.
Dopo un po' di settimane mi hanno dato il cane, finalmente. La solitudine per lui era finita.
Ho chiesto, uscendo, se potevo avere informazioni sulla sua vita precedente, sui sette anni che gli avevano imbiancato il muso da bastardo. Mi hanno detto solo che stava al canile da qualche mese, che il proprietario precedente era morto, ma niente di più perché c'è la privacy.
Il cane e io, dopo, abbiamo fatto il nostro normale percorso di amicizia - e chi ha avuto un cane ne conosce l'assoluta bellezza. Ma io non ero ancora formalmente il suo padrone, c'è un periodo di solo affido, per essere sicuri che l'adozione funzioni.
Ha funzionato, quindi un po' di tempo fa mi è arrivata la carta del passaggio di proprietà. E c'era su scritto il nome del padrone precedente. Fine della privacy. Qui, chiamiamolo T.
Vado al pc e lo googlo, per innata curiosità.
Trovo solo due cose.
Una è la sua pagina Facebook abbandonata. Ma non abbandonata perché era morto, proprio abbandonata da sempre. L'aveva aperta nel 2017, zero "amici" e non ci aveva postato neanche una parola. Solo tre foto: del cane, il mio cane, quando era giovane e il muso era ancora tutto nero. Una era in montagna, il cane pareva contento.
Mi ha fatto piacere.
L'altra cosa che ho trovato su di lui, googlando, era una pagina recente della Gazzetta Ufficiale in cui si affidava a un tal avvocato la ricerca di suoi familiari, per "eredità giacente".
C'era anche la data di nascita di T., sulla Gazzetta Ufficiale, e la residenza a Milano (che buffo, stava vicino alla radio dove lavoro adesso) e il codice fiscale. Scopro così che siamo quasi coetanei, anzi lo eravamo.
Faccio il giornalista, per eccesso di curiosità.
E così telefono all'avvocato che deve gestire "l'eredità giacente". È gentile, mi spiega che lui non conosceva il defunto e che dalle indagini per trovare eredi non sta cavando un ragno dal buco: non risultava aver alcun parente, il vecchio padrone del mio cane. Né aveva fatto testamento.
Un giorno, uscendo dalla radio, per via della consueta curiosità decido di passare dalla casa dove abitava il mio cane.
Mi presento alla portinaia.
Gentilissima - e commossa quando le dico che il cane ora sta con me e sta bene.
T., mi dice, viveva per lui, anche perché non aveva nessuno.
Non lavorava: viveva o sopravviveva grazie all'eredità dei genitori, ma faceva esistenza modesta.
Non aveva amici, nessuno, dice la portinaia.
Usciva tutti i giorni a pascolare il cane, e basta.
È morto in casa, da solo, l'estate scorsa.
Cioè, non era proprio da solo: c'era anche il mio cane.
Dopo un po' di giorni che non lo vedeva uscire col cane, la portinaia è salita a bussare.
Ha risposto solo il cane, con un disperato guaito.
Lei allora ha chiamato la polizia.
Hanno sfondato la porta. T. era disteso accanto al letto con una confezione di medicine in mano.
Il cane tremava come una foglia, mi ha detto. Lei gli ha dato da bere e da mangiare, lui ha solo bevuto.
Poi lo hanno portato al canile.
Fine.
Già.
Il problema è la solitudine. La questione dell'affettività, che è alla base della piramide dei bisogni.
(Alessandro Gilioli)
106 notes · View notes
Text
Capitolo 50 - Xanadu, Donna Summer e i pantaloni di pelle di Dave Gahan (Seconda parte)
Nel capitolo precedente: Eddie porta Angie a casa sua e durante il viaggio la ragazza non può che ammirare la bellezza del cantante, esaltata dal sole californiano e dal suo abbigliamento più “ridotto”. Angie scopre di non poter cambiare i biglietti ed è quindi costretta, per risparmiare, ad acquistare un biglietto dell’autobus per il ritorno a Seattle. Nel frattempo Eddie la porta a spasso in un piccolo giro turistico, tra le altre cose le svela perché hanno scelto il nome Pearl Jam e le fa visitare Balboa Park e solo dopo le rivela che alcune scene di Quarto potere, un film che lui sa essere caro ad Angie, sono state girate lì. La ragazza è felicissima della sorpresa di Eddie. Alla sera, i ragazzi si ritrovano uno alla volta allo Yates club, la squallida discoteca scelta da Eddie per la scommessa-Village-People, Eddie chiede subito di Angie appena arriva e non crede ai suoi occhi quando la vede ballare su uno dei tavoli dei locale.
***
Sul momento non riesco a dare un senso alle parole di Stone e continuo a cercare il volto di Angie alle spalle della figura che si muove lentamente durante l'intro di I feel love di Donna Summer e che incidentalmente ha una camicia dello stesso colore di quella che ho fatto comprare ad Angie prima di portarla all'albergo e lasciarla lì con Stone, mentre io andavo a fare un minimo di spesa per offrirle una colazione decente la mattina dopo. Solo quando un movimento sinuoso della ragazza la fa voltare verso di me collego il tutto e capisco che si tratta proprio di lei. Sorride a un'altra ragazza di fronte a lei mentre esegue dei movimenti meccanici della testa, delle spalle e delle braccia in stile robot alternati a quelli morbidi e flessuosi dei fianchi che, diventano più veloci e quasi serpeggianti col crescendo della musica. Sono praticamente ipnotizzato e sembra la scena idiota di un film adolescenziale di serie C, ma mi avvicino alla pista senza praticamente accorgermene mentre il suo corpo si muove in maniera così sensuale, a tempo con questa musica elettronica che mi fa cagare, ma che in questo momento contribuisce a una specie di allucinazione mistica. La cosa bella è che Angie non sta assolutamente cercando di essere sexy, al contrario della tipa ammiccante di fronte a lei in tuta leopardata, e probabilmente della maggior parte della gente che è qui stasera, uomini o donne che siano. Lei lo è e basta, mentre piega languidamente le ginocchia e ancheggiando scende lentamente fino quasi a toccare terra, per poi tornare dritta in piedi, così concentrata sulla musica come a voler essere un tutt'uno con essa, che non si guarda nemmeno attorno e quando non fa cenni d'intesa alla compagna di tavolo ha gli occhi quasi perennemente chiusi o persi in alto, tra le luci colorate del locale, e un sorriso estasiato sul volto. Non si accorge nemmeno quando un tizio sale sul tavolo con l'aiuto dell'altra ragazza e inizia ad agitarsi scompostamente alle sue spalle. Non si accorge nemmeno di me, impalato in mezzo alla pista a fissarla come un coglione. Vorrei avvicinarmi e salutarla, ma allo stesso tempo non ho la minima intenzione di interrompere il magnifico spettacolo che mi sta offrendo senza saperlo, perciò mi limito ad aspettare che si volti casualmente da questa parte e noti la mia statica presenza.
“EDDIE!” sento urlare il mio nome proprio mentre il volume della canzone viene abbassato di colpo e qualcos'altro accenna a partire in contemporanea, per poi essere tolto subito dopo. Mi ricordavo che i dj qui facessero cagare, ma non così tanto.
“Ehi, cia-” faccio in tempo a vederla saltare giù dal tavolo e se non mi è volata addosso è stata quesione di pochi centimetri. Purtroppo. Compensa però questa mancanza buttandomi le braccia al collo subito dopo. Sto cominciando a prenderci gusto con questi abbracci...
“Sei un incrocio tra David Cassidy e Tony Montana, stai bene!” mi chino leggermente per permetterle di urlarmi nelle orecchie e sovrastare il volume della musica.
“Non era esattamente l'effetto che cercavo, pensavo più a David Bowie nel video di Life on mars...” ma che cazzo me ne frega, potrebbe pure dire che sembro il pupazzo dello sposo sulle torte nuziali e io dovrei rimanere solo zitto, perché puntualizzare?
“Ma guarda che Al Pacino è un figo, eh?” spiega mentre continua a ondeggiare con la disco music e il fatto che non smetta di muoversi mentre mi parla mi provoca un certo turbamento.
“Allora mi stai dicendo che sono figo anch'io?” che cazzo faccio, mi metto a flirtare?
“Non serve che te lo dica nessuno” Angie scuote la testa senza ovviamente rispondermi, maledetta!
“Mi piace come... insomma... quello che ti sei fatta... sulla faccia” indico il mio volto e il suo, ripiegando sui gesti perché a quanto sembra non so più parlare.
“Vuoi dire il trucco”
“Sì! Esatto! Ti sei truccata bene” ma che cazzo sto dicendo?
“Grazie, potresti ripeterlo davanti a Meg la prossima volta che la vedi? Mi dà sempre dell'incapace. Adoro questa canzone!” inizia a saltare rendendo più difficile la conversazione che già da parte mia non è esattamente fluida. Faccio sì con la testa e accenno ad agitarmi anch'io, ma in maniera molto più scomposta.
You make me feel mighty real...
“Mi piace il tuo rossetto, è un bel colore” come se fosse quello ad attrarmi e non le sue labbra.
“Ahahah l'ho scelto per il nome. Sai che i nomi dei colori nei cosmetici sono tutti allucinanti? Cercano di fotterti creando delle suggestioni assurde per farteli comprare” spiega sempre urlando ed eseguendo dei movimenti circolari con le spalle mentre fruga nella sua microborsetta.
“E nel tuo caso ha funzionato alla grande”
“Nel mio caso funziona sempre, il 90% delle mie scelte di acquisto si basa sui nomi e sull'estetica delle confezioni.” solleva gli occhiali a cuore sulla testa e continua a cercare nella borsa, finché non ne estrae uno stick argentato “Eccolo! Siren in scarlet...”
“Una sirena eh? Che non sa nuotare però” scherzo mentre vedo il tizio sul tavolo alle spalle di Angie ballare con le mani sui fianchi della tipa e cerco di studiare un modo per arrivare allo stesso punto con Angie, ma in maniera più subdola e senza sembrare un porco.
“Per forza, mentre le altre imparano a nuotare lei perde tempo a truccarsi” risponde mimando il gesto di mettersi il rossetto con lo stick chiuso.
“Però ne vale la pena, il risultato merita” continuo a fare battute agghiaccianti che non mi porteranno da nessuna parte, mentre le mie braccia sono ancora ben lontane da lei e quasi adese al mio corpo imbalsamato.
“Ahah ne vuoi un po' anche tu?” suggerisce con un sorrisetto che se non la conoscessi definirei malizioso e io me la immagino a infilarmi la lingua in bocca impiastricciandomi di rossetto sbavato.
“Certo” deglutisco rumorosamente prima che Angie apra il rossetto e faccia per avvicinarmelo alle labbra.
“Non devi sorridere, devi aprire la bocca. Aspetta ahahah, non così tanto! Un po' meno, ecco, così” Angie smette di ballare per mettermi questo cazzo di rossetto e io con la scusa di avvicinarmi per renderle più facile il lavoro le appoggio una mano su un braccio.
“Sono ancora figo?”
“Molto. Fai così” fa il verso un pesce boccheggiante e io la imito, finché non la vedo annuire soddisfatta e chiudere lo stick per riporlo nella borsa.
Il disco cambia di nuovo e il pezzo che segue viene suonato a un numero chiaramente eccessivo di giri per stare a tempo con quello che l'ha preceduto, per poi rallentare a caso.
“Io però pensavo a un altro sistema” sento le parole uscire dalla mia bocca, ma il mio cervello non ha dato nessun comando in tal senso, cioè io non l'ho dato, deve aver fatto tutto da solo, mentre io ero concentrato a far scivolare subdolamente la mano dal braccio a dietro la sua schiena.
“Che sistema?” Angie riprende a muoversi a tempo di musica mentre io cerco di fare lo stesso senza sembrare un burattino di legno e con l'altra mano le prendo la sua.
Don't know why I'm survivin' every lonely day...
E' a quel punto, quando mi guarda finalmente di nuovo negli occhi e regge lo sguardo per più del solito mezzo secondo alla volta, che mi sembra di entrare davvero in sintonia con questa musica di merda, con le parole sdolcinate e le dichiarazioni struggenti, i sintetizzatori e le sezioni d'archi; mi sembra di capire veramente il senso di quello che sta cantando questa tizia, di poterlo rapportare alla mia situazione, perché Angie sarà anche molto giovane e probabilmente io sono la persona meno adatta per lei, che è anche la migliore amica di quelli che potrebbero farmi perdere il lavoro da un giorno all'altro, nonché la ex di un collega, e amico, ma io... la voglio. E non voglio nessun'altra, non riesco a immaginarmi con nessun'altra e se non posso averla allora preferisco stare da solo e accontentarmi di averla nei miei sogni e nelle mie fantasie. Ma i sogni potrebbero anche avverarsi...
“Un sistema per non sembrare Boris Karloff in Frankenstein quando balli?” domanda ancora mentre sono perso nei miei cazzo di ragionamenti.
Sorrido e distolgo lo sguardo da lei per pochi istanti, giusto il tempo di guardare alla mia destra e constatare che il nostro gruppetto di amici ci sta guardando, ovviamente, e di stabilire che non me ne frega un bel niente. Mi giro di nuovo a guardarla e per un fottuto mezzo secondo sono deciso a chinarmi su di lei e baciarla qui davanti a tutti, in questo posto orrendo, con questa musica imbarazzante che sarò costretto a ricordare per sempre come la colonna sonora del nostro primo bacio, finché non mi sento picchiettare sulla spalla, una, due volte.
“Ehi Ed” mi giro pronto a fulminare con lo sguardo chiunque abbia deciso di mettersi tra me e le labbra di Angie e mi trovo di fronte Mike Starr.
“Sì?”
“Posso?” mi chiede ammiccando.
“Eh?” ovviamente non capisco un cazzo.
“Posso o...?” indica Angie e se stesso per poi rivolgersi a lei con un sorriso smagliante “Mi concedi questo ballo?”
“S-sì, certo...” Angie lo guarda stranita, poi guarda me, poi ancora lui, che mi scansa in un attimo, la prende per la mano, le fa fare una piroetta e immediatamente si ritrova con lei nella stessa posizione che io ci avevo messo un quarto d'ora a guadagnare, una mano nella sue e appoggiata sulla parte più bassa della sua schiena, ma devo ammettere che lui si muove decisamente meglio di me. Sarà per questo che Angie arrossisce, ma sorride e si lascia condurre nelle danze da un partner sorprendentemente più esperto, per fortuna senza accorgersi di me che resto lì impalato come un cazzone a fissarli per chissà quanto, almeno fino a quando Jeff, mosso a pietà, non mi viene a prendere per portarmi al bar.
*****************************************************************************************************************************
“Ma lo vedi?? Ti sembra possibile una cosa del genere?!” esclamo incredulo.
“Per un cazzo...” risponde Sean scuotendo la testa “Chi l'avrebbe mai detto che Mike sa ballare?”
“Che cazzo me ne frega se sa ballare o no!” sbotto finendo la mia birra e sbattendo la bottiglia vuota ben poco delicatamente sul tavolo.
“Calmo, Jerry. Ok che è un posto di merda, ma non mi sembra il caso di distruggerne il mobilio” commenta Layne appoggiando le mani sul tavolino di fronte a noi e controllando che non traballi più di quanto non facesse prima.
“Se non te ne frega di che cazzo stiamo parlando allora?” mi domanda Kinney e non so se davvero non capisce, se lo fa apposta per farmi incazzare di più o per farmi ammettere quello che sto provando per un suo gusto sadico personale.
“Mah, non lo so, forse del fatto che sta facendo il lumacone con la mia ex?”
“Ahahahah ma figurati!” Layne la butta sul ridere “Stanno solo ballando”
“Ballano anche bene! Cioè, io non ne capisco un cazzo, però-” Sean sente di intervenire di nuovo, ma non ha ancora capito che non deve mettersi in mezzo.
“Appunto, se non ne capisci un cazzo allora stai zitto!”
“Ok, ok, non ti scaldare. Non capisco perché te la prendi tanto, fossi in te mi sarei preoccupato più per Vedder che per Mike, stando anche a quello che ci hai raccontato” non so nemmeno perché gliel'ho riferito, più che altro volevo sapere se loro ne erano al corrente e se sì perché non mi avevano detto un cazzo. Layne ha parlato per tutti, dicendo che aveva notato solo che Eddie ed Angie avevano fatto subito amicizia ed erano spesso assieme, ma secondo me un sospetto l'aveva. Sean aveva fatto il finto tonto e Mike era ancora troppo intossicato dall'alcol per poter esprimere un pensiero coerente, limitandosi a definire Eddie un tipo fortunato.
“Eddie non ha cercato di toccarle il culo”
“Non ancora”
“Beh, Eddie non è un amico che conosco da dieci anni, quindi può fare quel cazzo che gli pare, a differenza di Mike” a dire il vero un po' mi ha dato fastidio questa cosa di Eddie, anzi, molto più di un po'. Perché Eddie non sarà di certo uno dei miei migliori amici, ma è comunque un amico, o almeno, lo stava diventando, anche perché in questo tour ho imparato a conoscerlo un po' meglio e mi stava piacendo come tipo. Sono arrivato anche a confidarmi con lui a proposito di Angie e lui era così disponibile e grazie al cazzo mi viene da dire adesso, così poteva tenere sotto controllo la situazione. Che merda di uomo. Ma mai quanto Mike, che con la scusa di far fare un casqué a Angie le infila praticamente il naso tra le tette.
“CHE FIGLIO DI...”
“Jerry, rilassati, stai dando spettacolo” Layne si guarda attorno e mi da un paio di pacche sulla spalla per calmarmi, ma io non sono calmo per un cazzo.
“A Mike non piace Angie, non fare il geloso” anche Sean tenta di rincuorarmi e Layne gli da man forte.
“E a Angie non interessa Mike”
“Si stanno solo divertendo” ribadisce il batterista e io lo so che ha ragione, si divertono, come Mike si diverte a fare battutine e allusioni su Angie e le sue abilità a letto da quando mi è scappato di tessere le sue lodi davanti a suo padre e gliel'ho stupidamente raccontato.
“Beh io no” sbuffo e mi diverto ancora meno quando parte un lento, credo dei Bee Gees, e quello stronzo di Starr solleva una alla volta le braccia di Angie per allacciarsele dietro al collo e le insinua le sue dietro ai fianchi per poi piazzarle le mani direttamente sul culo.
“QUESTO E' TROPPO” mi alzo e mi dirigo spedito verso Tony Manero e Stephanie Mangano, senza preoccuparmi dei miei altri due soci e della gente attorno.
“Ehi Jer, che caz-” lo prendo praticamente per il collo, a tradimento.
“Scusa, te lo rubo un secondo!” Angie mi guarda come se fossi pazzo mentre trascino Mike verso i cessi, che sono forse la parte migliore del locale.
“Che diavolo stai facendo?” mi chiede lo stronzo quando lo sbatto al muro, quasi ridendo, come se non avesse capito.
“Che sto facendo io? Cosa stai facendo tu, brutto idiota!” lo incalzo tenendolo per le collane e sbatacchiandolo ancora un po'.
“Ehi vacci piano con quelle mani...” si lamenta non appena mollo la presa.
“Potrei dirti la stessa cosa: TIENI A POSTO QUELLE CAZZO DI MANI” do un pugno al muro a un centimetro dalla sua faccia e non so se il muro si sia fatto male, io un pochino sì.
“Dai, lascialo stare” la voce di papà Layne arriva forte e chiara alle mie spalle, seguita da quella di Sean.
“Stava solo cazzeggiando, lo sai com'è fatto”
“Cazzeggiava con la ragazza sbagliata” ringhio mentre Mike mi guarda quasi divertito, facendomi venire voglia di riservargli lo stesso trattamento del muro.
“Sei proprio un coglione, invece di ringraziarmi fai tutta questa scena del cazzo”
“Ringraziarti?? Per cosa? Perché ti strusci sulla mia ex?”
“Non mi stavo strusciando... sì beh, forse un po'...”
“LO SENTITE? POI DITE CHE NON LO DEVO PICCHIARE!” carico un gancio che però rimane sospeso a mezz'aria, bloccato da Kinney, e non arriverà mai a destinazione.
“Sì però, Mike, anche tu...” borbotta Layne allargando le braccia.
“Va beh, cazzo c'entra, ballando è normale, mica facevamo il minuetto”
“A proposito, dove cazzo hai imparato a ballare?” gli chiede Sean, ancora impegnato a trattenermi.
“Ho preso lezioni, qualche annetto fa...”
“Lezioni?? Quando? E soprattutto perché?”
“Quando uscivo con la bionda, con gli occhi a mandorla, non ti ricordi? Ha insistito tanto, era proprio fissata con questo latino-americano...”
“Ah sì! Quella che lavorava al Rock Candy! Come cazzo si chiamava... Gail... Greta...”
“Gwen”
“Gwen! Me la ricordo eccome, gran figa. Che fine ha fatto?”
“Non lo so, penso che-”
“NON FREGA UN CAZZO A NESSUNO DI GWEN, POSSIAMO TORNARE AL FATTO CHE VOGLIO SPACCARGLI LA FACCIA?!” mi libero dalla presa di Sean e interrompo la loro simpatica e inutile conversazione.
“Perché? Perché ho spedito via il tuo rivale e ho tenuto la tua bella lontana dalle sue grinfie per un po'? Oh sì, merito proprio di essere pestato per aver cercato di aiutare un amico”
“E in base a che cosa dovrei preferire le tue grinfie a quelle di Eddie?” mentre glielo chiedo lo domando anche a me stesso. E' ovvio che chiunque ci provi con Angie sia destinato a starmi sul cazzo a priori, ma quello che ho detto a quell'infame di Eddie qualche giorno fa è vero: vorrei vederla felice, anche con un altro, e se proprio un altro ci deve essere, tra tutti quanti Eddie non è certo il peggiore, non è certo un puttaniere come Starr. O come me. Insomma, se escludiamo il suo essere stato un cazzo di Giuda nei miei confronti, è un tipo a posto, uno serio, che si fidanza e sta con la stessa ragazza per sette anni. Sette anni? Dovrei aspettare così tanto prima di poterci riprovare con lei? Siamo sicuri che non sia meglio una botta e via con Mike? Per quanto mi faccia schifo il solo pensiero.
“Perché le mie grinfie sono innocue”
“Da quando?” gli chiedo poco convinto.
“Da quando non sono minimamente interessato a lei” Mike si sente ormai al sicuro e si stacca dal muro, facendo per tornare verso la pista.
“Però mi sembravi mostrare un certo interesse per il suo culo”
“Faceva parte del ballo!” protesta alzando gli occhi al cielo.
“Ti hanno insegnato a palpare le chiappe della tua partner a lezione?”
“Tu hai le visioni, non ho palpato un bel niente” risponde allontanandosi, seguito dai miei compari di band.
“Lo sappiamo entrambi che stai facendo il cretino con Angie per stuzzicarmi, per lo meno ammettilo!” Mike si blocca e mi guarda con una faccia da schiaffi più del solito.
“Non è vero, non lo faccio per stuzzicarti... Lo faccio per puro sfizio e basta!” risponde candidamente prima di scappare via, inseguito da Sean e Layne e inizialmente anche da me, che però decido di lasciarlo perdere quasi subito.
Opto per accendermi una sigaretta e andare a pisciare, già che sono qui. Il bagno degli uomini è quasi vuoto, c'è solo un tizio agli orinatoi e, a giudicare dai sospiri e dai mugugni, qualcuno che sta trombando in uno dei cessi chiusi. Scelgo il posto più lontano dal tipo, anche se se ne sta già andando, e faccio quello che devo fare. Sento la porta aprirsi due volte alle mie spalle, dei passi, qualcuno che si avvicina e... cazzo, puntualmente sceglie il pisciatoio vicino al mio. Ma perché cazzo? Sono tutti liberi, proprio qua ti devi mettere? Questa cosa mi fa sempre girare i coglioni in una maniera assurda. Ignoro il compagno indesiderato di pisciata e mi metto a fischiettare Rock with you che risuona in lontananza mentre questo si tira giù la zip. Spero che il tizio non lo interpreti come un invito.
“Ehi Jerry” il tipo mi saluta e no, non è un guardone, è soltanto un pugnalatore di schiene.
“Eddie”
“Com'è? Uhm credo che Stone abbia appena richiesto i Village People al dj, quindi tra un po' tocca a voi”
“Perfetto”
“Sarà un gran bello spettacolo”
“Già” rispondo scrollando e rimettendo il tutto al suo posto nei pantaloni.
“Angie lo adorerà” commenta e il solo fatto che la nomini e pensi a lei mentre ha il suo arnese in mano mi fa incazzare.
“Beh di cosa piace a Angie te ne intendi parecchio mi pare” butto lì e faccio per andarmene perché se restassi finirei per litigarci e con tutta probabilità farci a botte, lo so, e non ne verrebbe fuori niente di buono.
“Cosa?” risponde lui accennando a voltarsi e così facendo probabilmente pisciando un po' in giro a caso.
“Lo sai benissimo cosa”
Mi raggiunge quando sono già fuori, ho schiacciato la sigaretta sotto la punta dello stivale e ne sto accendendo subito un'altra.
“Che succede Jerry?”
“Me lo dovresti dire tu che succede, anzi, avresti dovuto dirmelo qualche sera fa, quando parlavamo di Angie. O meglio, quando io parlavo e tu raccoglievi informazioni” cerco di rimanere calmo, camminando avanti e indietro per il corridoio che collega i cessi alla sala da ballo, con Eddie che mi segue come un cagnolino irritante.
“Di cosa stai parlando?”
“Secondo te? Magari del fatto che state insieme?”
“IO E... ehm, io e Angie non stiamo insieme” alza la voce per un breve istante, per poi zittirsi subito dopo.
“Per ora”
“Per? Guarda che ti stai sbagliando”
“Sì sì, certo. Senti, risparmiati la commedia, lei ti piace e tu piaci a lei. Dimmi solo da quanto va avanti questa storia, sono curioso”
“Pensi davvero che io le piaccia?”
“Non me lo stai chiedendo davvero, giusto? Perché se così fosse saresti un pazzo che non ci tiene a vivere”
“Non eri il tipo civile e moderno che voleva solo la sua felicità anche a discapito della propria?”
“E tu non eri l'amico che nonostante tutti i casini combinati dal sottoscritto mi capiva e volentieri raccoglieva il mio sfogo offrendomi dei consigli sinceri e totalmente disinteressati?”
“Non sapevo cosa fare!”
“Senti, a me non da fastidio se ti fai una storia con Angie. Cioè, sì, mi da fastidio, ma quelli sono cazzi miei e non è questo il punto. Mi da fastidio essere stato preso per il culo, potevi dirmelo che hai una cotta per lei, non ti avrei mica mangiato”
“E' così evidente?”
“Sì”
“Sei tu che mi hai chiesto di lei! Che dovevo dirti? Angie sta bene, ha superato gli esami. Ah, a proposito, sai che mi piace da morire? E' stato imbarazzante anche per me. Tu che avresti fatto al mio posto?”
“Probabilmente non ti avrei detto un cazzo nemmeno io, ma avrei cambiato argomento alla velocità della luce. Invece tu mi hai dato corda, per scoprire le mie intenzioni”
“Non è così. Beh, sì, forse un po'”
“Ha!”
“Ti ho pure detto che non usciva con Dave! Se avessi voluto fare lo stronzo mi sarebbe bastato lasciarti credere che se la facesse con lui, perché darti una falsa speranza?”
“Già, perché? Perché ci hai tenuto tanto a dirmelo?”
“Non lo so, perché era la verità, perché ti stavo parlando in maniera onesta, sincera”
“Omettendo giusto un piccolissimo particolare”
“Sono in tour con te, non volevo fare casini, non sapevo come avresti reagito!”
“Beh adesso lo sai... comunque da quanto?”
“Cosa?”
“Da quant'è che siete... così?”
“Vuoi sapere se mi piace da quando stavate ancora insieme?”
“Sì”
“No” lo dice convinto, quasi quasi ci credo.
“Ok”
“Davvero, non ci pensavo neanche, non mi sarei mai azzardato” dire che non si sarebbe azzardato è una cosa, che non ci pensava nemmeno è un'altra. Ma non ho voglia di fare polemiche.
“Va bene, ti credo. Ma anche se fosse, non avrei il diritto di incazzarmi”
“Non ci provo con una che ha il ragazzo, a prescindere”
“Ti ho detto che va bene così” però un pensierino l'avevi già fatto secondo me.
“Ok, ma voglio che ti fidi”
“Mi fido” non mi fido per un cazzo.
“Allora siamo a posto? Insomma, è tutto ok tra di noi?”
“Certo, io non dico a nessuno che ti piace Angie e tu non dici niente del fatto che ci stavo assieme e del casino che ho combinato”
“Praticamente ci pariamo il culo a vicenda”
“Esatto”
“Ci sto... però forse è meglio evitare l'argomento Angie d'ora in poi”
“Per non creare ulteriori casini”
“Esatto, per quieto vivere”
“Sono totalmente d'accordo!”
“Perfetto, allora niente più Angie”
“Angie chi?” gli faccio, fingendo di non conoscere la ragazza che ci ha fatto perdere la testa, uno dopo l'altro. La mia attenzione viene poi catturata da una ben nota sezione di fiati “Uhm, mi sa che tocca a me!”
La stupida scommessa di Stone e Jeff si rivela un'ottima scusa per allontanarmi da questa imbarazzante conversazione, scappo di corsa verso la pista, senza sapere se Eddie mi sta seguendo o no, e quando arrivo vedo Sean, Dave e i due Mike già ai loro posti sulla pedana che è grande più o meno come quella su cui poggiava la cattedra della mia maestra delle elementari. Li raggiungo con un salto al volo, proprio nel momento in cui inizia la canzone e la nostra coreografia. Sì, perché ne abbiamo studiata una. Si parte con una specie di finta scazzotata da saloon, che parte già male perché Starr si butta a terra ancora prima che il soldato Dave stringa la mano a pugno, mentre Sean prende male le misure e nello sferrare un calcio a McCready lo manca, beccando me sullo stinco. Non ci lasciamo scoraggiare, incitati dagli sguardi incuriositi della gente nel club, e ci riprendiamo subito.
Together we will go our way Together we will leave someday
Nel playback siamo perfetti. I passi a destra e sinistra, i giri sotto braccio, le piroette, i calci rotanti in aria e gli sculettamenti ci vengono abbastanza bene, come anche la lap dance attorno alle aste immaginarie di microfoni altrettanto inesistenti. Dove pecchiamo un po' è nel ritornello.
Go west, life is peaceful there
Il problema è che non riusciamo a metterci d'accordo su dove sia questo benedetto ovest: chi indica a destra, chi punta a sinistra, chi in alto, io che per non sbagliare indico un terzetto di credo quarantenni o giù di lì che mi sembrano piuttosto interessate alle mie movenze da quando ho iniziato ad esibirmi. Le donne a quell'età sono al top, ancora fighe, ma con in più l'esperienza. E nella maggior parte dei casi vogliono solo scoparti senza tante complicazioni, il che non è mai un male. Dopotutto chi dovrei indicare? Angie che ci guarda con una faccia a metà tra il divertito e lo schifato, col braccio di Eddie allacciato al suo collo come un boa di piume? Meglio concentrarsi altrove, ora specialmente su come pestare i piedi a Sean per ricambiare la pedata di prima. Il batterista continua la coreografia su un piede solo, mandando in visibilio il pubblico, ma mai quanto McCready che nel mimare l'autostop ficca un dito nell'occhio a Krusen per sbaglio e lui inizia a rincorrerlo attorno alla pedana minacciandolo con una pistola giocattolo, mandando avanti il teatrino fino alla fine del pezzo.
“Sapevo che dovevo portarmi la videocamera” Stone ci accoglie così, mentre raggiungiamo la nostra combriccola sui divanetti, avanzando tra due ali di folla (beh si fa per dire...) che ci applaude entusiasta.
“Perché non l'hai portata tu, Angie?” le chiede Craig, l'amico di Eddie, che deve essere arrivato mentre ero al cesso, ancora paonazzo in faccia per via delle risate.
“Perché sento che descriverò questa scena dal lettino di uno psicanalista un giorno?” Angie ci guarda uno per uno sconvolta.
Io invece ho la sensazione che, se mai dovessi ritrovarmi da uno strizzacervelli, il nome di lei sarebbe un motivo ricorrente delle nostre sedute.
***********************************************************************************************************************************
Sono sveglia o, per lo meno, la mia mente lo è, in parte. Il mio corpo è ancora addormentato e immobile e gli occhi sono ben serrati e non ne vogliono sapere di aprirsi. Avverto la sensazione di tepore delle lenzuola, quasi troppo, tanto che trovo la forza di rotolare verso l'altro lato del letto per trovarle un po' più fresche. Sempre ad occhi chiusi faccio per sfilare il piede da sotto le coperte per lasciarlo penzolare giù dal letto, cosa che faccio spesso, ma in questo modo finisco per mollare un calcione alla parete, svegliandomi definitivamente. Apro gli occhi e mi accorgo di quel muro che qui, a un palmo dal mio naso, non ci dovrebbe stare. Mi volto di scatto dalla parte opposta, mentre con una mano massaggio la punta del piede dolorante e le strisce luminose proiettate dalla finestra attraverso la veneziana sulla parete opposta della stanza mi fanno fare immediatamente mente locale su chi sono e dove mi trovo. Mi metto a sedere sul letto mentre provo a risalire all'ultimo ricordo nitido della serata di ieri e penso a quando sono salita sulla macchina di Craig assieme a Eddie e a qualcun altro e lì mi devo essere addormentata alla grande. Poi ho come dei flash di Eddie che mi porta in casa a braccetto e mi dà qualcosa da mettere per dormire, visto che non ho un pigiama. Mi guardo addosso e scopro di aver dormito in una maglietta bianca con la scritta Loser a caratteri cubitali sul davanti, che mi sembra ironicamente molto azzeccata, e dei pantaloncini rossi e bianchi dei Bulls col numero 23 stampato su una gamba. Entrambi i capi sono abbastanza comodi e mi chiedo cosa ci faccia un secco come Eddie con degli indumenti di questa taglia. Eddie. Dove sarà? Mi alzo dal letto a fatica, non perché sia stanca, in realtà una volta rientrata in possesso delle mie piene facoltà mentali mi sento abbastanza bene, ma perché per l'appunto sto di un bene in questo letto comodissimo e mi ci tratterrei volentieri un altro po'. Ma sono un'ospite e non posso fare il cazzo che voglio, no? Perciò abbraccio per un'ultima volta il cuscino annusandolo di nuovo, sentendo solo un buon profumo di detersivo misto a una leggerissima traccia del mio shampoo, e scendo dal letto. Una volta constatato che in bagno non c'è nessuno, ci faccio una capatina, faccio pipì e mi lavo la faccia velocemente, almeno per togliermi le cispe dagli occhi e rendermi così vagamente presentabile. La cosa si rivela tuttavia inutile quando arrivo in cucina e non trovo nessuno nemmeno lì. C'è una coperta verde sul divano dove deve aver dormito Eddie, sfrattato dalla sua camera dalla sottoscritta, invece ad aspettarmi sul tavolo della cucina ci sono delle brioches in un vassoio di cartoncino, coperte da un tovagliolo, del succo d'arancia, un bicchiere vuoto e una tazza altrettanto vuota con dentro un pezzo di carta. Prendo il biglietto e lo leggo, non so perché, ad alta voce:
Buongiorno Maestà,
sono in spiaggia a prendere qualche onda, tanto per cambiare...
Il caffè mi è venuto stranamente bene, io ne approfitterei se fossi in te.
Però fai in fretta, ti aspetto.
E.
Mi giro per un'occhiata alla macchina del caffè e noto che la caraffa è piena per più di metà. Me ne verso due tazze, accompagnandole con altrettante brioches, prendendomela un po' comoda, dopottutto so bene che Eddie ci passerà tutta la mattinata su quella spiaggia. Sono più veloce in doccia e nella vestizione, anche perchè la scelta dei capi mettibili è ridotta ai jeans di ieri e l'unica altra maglietta pulita che ho. Sono le dieci quando raggiungo la spiaggia e la trovo ancora piuttosto tranquilla, con poche persone intente a passeggiare o correre qua e là e pochissimi surfisti in acqua, tanto che individuo Eddie immediatamente, con la muta gialla e nera, mentre cavalca un'onda di media altezza. Mi siedo sulla sabbia e mentre incrocio le gambe e continuo a seguire le gesta del surfista con lo sguardo mi chiedo come cazzo facciano a stare in piedi su quelle cose e a muoversi in maniera così fluida e aggraziata. Persino quando cadono rovinosamente nell'acqua sono eleganti e armoniosi. Eddie sembra proprio essere in totale armonia con l'oceano, come se fosse il suo elemento naturale, e in questo momento mi diverto a pensare a lui come a una creatura marina prestata alla terra e non viceversa. Potrei scriverci su qualcosa. Ma forse sarebbe meglio finire prima gli altri quindici progetti di scrittura che hai iniziato e non ancora portato a termine, che dici? Ora Eddie è seduto sulla sua tavola e si guarda attorno, probabilmente in attesa di un'altra onda, che non tarda ad arrivare. E a questo punto vedo tutto l'iter dall'inizio alla fine ed è qualcosa di incredibile: Eddie punta l'onda e si sdraia sulla tavola, remando con le mani per avvicinarsi, prima lentamente e poi sempre più veloce, in un crescendo che quasi affanna anche me; non appena l'ha raggiunta fa uno scatto in due tempi e si alza in piedi sulla tavola, tenendo le ginocchia leggermente piegate e la affronta senza problemi, come se si trovasse su un tappeto mobile tipo quelli in aeroporto e non a pelo d'acqua, come se non facesse altro da tutta la vita e probabilmente se non è così poco ci manca.  La corsa di Eddie termina praticamente a riva e a pochi metri da me, tanto che se non incrociassi il suo sguardo stupito di vedermi penserei l'abbia fatto apposta.
“Ehi, sei già qui?” mi chiede raggiungendomi e piantando la tavola nella sabbia e io quasi mi sento in colpa per averlo spinto a uscire dal suo habitat naturale.
“Già? Sono le dieci passate”
“Appunto, ieri abbiamo fatto tardi, pensavo avresti dormito un po' di più”
“Ma se mi hai scritto di fare in fretta!”
“Ma no, io scherzavo! Guarda che potevi stare quanto volevi, era per-” fa per sedersi accanto a me, ma si blocca in ginocchio.
“Eheh lo so, tranquillo, anch'io dicevo per scherzare. Adoro dormire, ma è difficile che io mi alzi così tardi, sono piuttosto mattiniera. Oggi è già stata un'eccezione”
“Dormito bene?” domanda sorridendo e mettendosi finalmente a sedere sulla sabbia alla mia destra.
“Come un sasso, tutta una tirata, non ho neanche sognato. Praticamente più che un sonno era un coma” spiego mentre lui si strizza i capelli gocciolanti.
“Mi sa che eri un po' stanca”
“Il viaggio e i giri turistici mi hanno provata”
“Perché i balli no?” aggiunge a fossette spiegate.
“Oh sì, anche quelli, con tutta la fatica che ho fatto per evitare che mi pestassi i piedi...” e per evitare di scivolare sulle scie di bava lasciate dalla sottoscritta sulla pista. Ieri con quel vestito azzurro faceva davvero la sua porca figura.
“Dai, non sono così male”
“No, è vero, devo riconoscere che coi lenti te la cavi abbastanza bene” ero io a cavarmela meno bene, specialmente le mie coronarie.
“D'ora in poi balleremo solo quelli allora”
“Ahah va bene, ricordamelo alla prossima scommessa” pur di ballare con Eddie, i piedi sono disposta a farmeli schiacciare anche sotto le ruote della macchina.
“Nah, non ci serve una scommessa”
“Giusto, direi che per il momento basta così, con le scommesse di Jeff e Stone abbiamo già dato”
“No, intendevo dire che non mi serve un pretesto per ballare con te” mi dà una piccola spallata, ma io non mi muovo di un millimetro, forse perché ci sono rimasta di sasso.
“Ah. Beh, no, certo” anche le parole scarseggiano e lo sguardo preferisce rivolgersi verso l'orizzonte.
“Possiamo ballare in qualsiasi momento, anche qui adesso”
“Qui?”
“Sì”
“Sulla sabbia?”
“Sì”
“Il mio nome non è Rio, lo sai?” ribatto nel modo che mi riesce meglio: scherzando e cambiando argomento.
“Guarda che non mi lascio scoraggiare facilmente, neanche con una citazione dei Duran Duran”
“Eheh lo terrò presente per le prossime citazioni” rispondo, mentre gli occhi di Eddie sono fissi sulla sabbia che scorre tra le sue dita dei piedi quando le muove. Resta in silenzio per un po', prima di aprire ancora bocca.
“Che vuoi fare oggi?” mi chiede inchiodandomi d'un tratto con quei cazzo di occhi azzurri nei miei a tradimento.
“Beh, per prima cosa andare a pranzo da Jack in the box. Me l'hai promesso”
“Eheh va bene, sarà fatto. Poi?”
“Poi mi dovresti portare al supermercato”
“Al supermercato? Che ti serve?”
“L'occorrente per fare una torta. Per te. Per sdebitarmi”
“Non devi sdebitarti di nulla”
“Allora diciamo che voglio farti una torta tanto per, ok?”
“Una torta fine a se stessa?”
“Per il puro gusto di fartela”
“Chi sono io per impedirtelo?”
“Poi arriva la mia amica”
“La tua amica?”
“Sì, Dina, te l'ho accennato ieri”
“Ah sì, alla fine viene stasera?”
“Certo, non può mancare! Comunque arriva nel pomeriggio, quindi dovrai studiare un altro giretto turistico anche per lei”
“Ah, viene così presto?” domanda rabbuiandosi in modo strano, di colpo.
“Sì... è un problema? Immagino che avrai un sacco di cose da fare, poi c'è il concerto, avrai anche il soundcheck e dovrai essere sul posto prima”
“Ma no, non c'è nessun problema”
“Guarda, tanto siamo d'accordo di beccarci al faro di Point Loma, basta che mi scarichi lì poi mi arrangio con lei, non voglio essere di peso”
“Non sei di peso e non ho intenzione di scaricarti da nessuna parte”
“E allora perché fai quella faccia?”
“Perché... beh, pensavo di avere la torta tutta per me e invece la dovrò dividere con la tua amica...” scuote la testa strizzando gli occhi per poi riaprirli su di me, con un'espressione serena in volto, e spara una domanda così dal nulla “Da quant'è che balli?”
“In che senso?”
“Quanti sensi ci possono essere?”
“Boh mi capita, ogni tanto, non è che ballo costantemente”
“Capito, è un'altra cosa che non sai fare come il basket e la batteria” alza gli occhi su di me e un sopracciglio è chiaramente inarcato dalla perplessità.
“No beh, è diverso, quelle cose non le so fare, ma ho preso lezioni”
“Perché di ballo no?”
“No”
“Stronzate” replica serissimo.
“Ahah no, giuro! A meno che non vogliamo considerare come lezioni le ore passate davanti alla tv guardando Soul Train e Saranno Famosi. E i video di Michael Jackson”
“Sei un'autodidatta”
“Mi piace ballare, tutto qui”
“Si capisce. E non ti imbarazza? Insomma, tu sei sempre così timida e trattenuta, è fantastico vederti scatenata e libera una volta tanto. Però è anche strano, voglio dire, non è da te” nemmeno arrampicarsi sullo Space Needle mi sembrava una cosa da te, che sei sempre così tranquillo e pacato, eppure l'hai fatto. Ognuno ha le sue stranezze.
“Non mi imbarazza se sono in un locale pieno di gente”
“Uhm questa ha tutta l'aria di essere un controsenso” Eddie si lascia andare all'indietro fino a sdraiarsi sulla sabbia, piegando leggermente le ginocchia.
“Non lo è. In una discoteca affollata non ti caga nessuno, sei solo una persona fra tante, nessuno ti presta attenzione, sei uno dei tanti corpi in movimento. E poi ballano tutti, dai più nell'occhio se stai fermo in un angolo”
“Lo dici tu che non ti cagano”
“E poi ballare è anche un gioco, lo puoi fare anche in maniera scherzosa, nessuno ha delle aspettative su di te. Vedi i Village People ieri”
“Tu però mi insulti per come ballo” controbatte e mi lancia un pugnetto di sabbia che mi finisce sui jeans.
“Eheheh va beh, ma è per scherzare. E comunque hai altre qualità” rispondo al fuoco voltandomi tirandogli un po' di sabbia addosso.
“Ah sì, e quali?” si ripara gli occhi dal sole con una mano e mi prende in contropiede su una cosa detta giusto per dire. Perché era solo per dire, vero?
“Mmm non saprei... Il gusto nel vestire, ad esempio”
“Vaffanculo, Angie” Eddie si rimette seduto e mi lancia un'altra manciata di sabbia addosso, che contraccambio prontamente.
La cosa degenera velocemente e nel giro di pochi secondi siamo nel pieno di una lotta all'ultimo sangue in spiaggia. Ovviamente vince lui, che mi spalma sulla sabbia e mi punta un ginocchio sulla schiena.
“Ok, ok, hai vinto! Lasciami andare”
“Non prima di sentire tutte le mie qualità”
“Ahahahahah”
“Tutte eh, non devi dimenticarne nemmeno una”
“Mmm vediamo... Hai dei bei capelli. E bei denti”
“Questa l'ho già sentita. Poi?”
“Beh, hai una bella voce. Non solo per cantare, hai una voce molto piacevole, in generale” Eddie sarebbe in grado di darmi la notizia più brutta del mondo e farla sembrare comunque meno sgradevole. Spero che ogni brutta notizia che riceverò in futuro mi verrà data da Eddie.
“Voce, capelli, denti e...?”
“Beh anche gli occhi”
“Tutta roba dal collo in su insomma”
“Anche il resto!” esclamo forse con fin troppa enfasi “Insomma, il tutto si può riassumere dicendo che sei un bel ragazzo”
“Grazie”
“E sei anche una bella persona. Sei gentile e ospitale. Per non parlare delle qualità artistiche che sarebbero un capitolo a parte”
“Ok, può bastare” Eddie molla la presa e io posso rialzarmi e scrollarmi di dosso tutta la sabbia e mentre lo faccio lui resta a terra e mi guarda con un'espressione trionfante e soddisfatta.
“Tu sei tutto matto”
“Non sai quanto”
“Confermo!” esclama una voce femminile alle mie spalle.
Mi giro e vedo una delle ragazze più belle che io abbia mai visto in vita mia, con una tavola da surf sotto braccio. In realtà quando mi giro le vedo praticamente le anche dato che è altissima e mi tocca alzare la testa per inquadrarla tutta: bionda con lunghissimi dreadlock, più chiari sulle punte, occhi verde mare, lentiggini che sembrano dipinte sulla carnagione abbronzata, piercing al naso e orecchini multipli; ha il fisico da sportiva, il fisico perfetto, magro ma muscoloso e tonico al punto giusto, la sua muta è senza maniche e lascia scoperte anche le gambe dal polpaccio in giù, mostrando numerosi tatuaggi; ha perfino degli anellini molto carini alle dita dei piedi. E ha un sorriso abbagliante. Insomma è una gran figa, una surfista figa e alternativa e non è che mi manchino già di mio i complessi di inferiorità, ma di fronte a questa qua io col mio pseudo-cambio di look mi sento davvero una merdina, una bambina che si è colorata i capelli con la bomboletta per Halloween. Non mi dire che è...
“Ehi, non farmi cattiva pubblicità” Eddie salta su in piedi e si scrolla anche lui la sabbia dalla muta impanata.
“Ciao, io sono Mitch!” la ragazza decide di rivolgermi la parola per prima e presentarsi, visto che io sono ancora lì zitta a fissarla con gli occhi fuori dalle orbite. Per un attimo ho pensato potesse trattarsi di Beth, la ex di Eddie. Beh, potrebbe esserlo comunque, magari Mitch è un soprannome, anzi, ha proprio tutta l'aria di esserlo.
“A-angie, piacere” balbetto prendendo la mano che mi ha allungato e stringendola.
“Ah! E così sei la famosa Angie, finalmente ci conosciamo” Mitch dà un'altra stretta forte alla mia mano che stava per mollare la presa e non so se prenderlo come un buon segno o no.
“Famosa? Perché famosa? Non avrai fatto vedere le foto anche a lei?” borbotto preoccupata rivolgendomi a Eddie.
“Foto? Che foto?” chiede lei stranita, poi continua “Famosa perché abbiamo sentito parlare di te”
“No, è che anche Craig le ha detto una cosa del genere... Sai... Sei la famosa Angie, cose così”
“Beh non è colpa nostra se Eddie da quando è tornato ci ha fatto una testa-”
“Comunque lei è Michelle, una mia vecchia amica”
“Vecchissima, saranno più o meno vent'anni che conosco questo elemento” scherza appoggiando a terra la tavola, avvicinandosi a Eddie e dandogli un paio di pacche sul petto. Sono carini insieme.
“E stasera ci sei anche tu a vedere il concerto di questo... elemento?” provo a sciogliermi un po' giocando la carta della battuta, perché finora ho fatto solo la figura della deficiente che non sa mettere due parole in fila.
“Certo che sì! Perché sono una vera amica io, non come te che quando suono io non ci sei mai” Mitch fa partire una terza pacca che però è ben più forte delle precedenti, diciamo pure che gli assesta una bella mazzata che gli toglie il fiato. Quindi è figa, simpatica, forte, è simpatica ed è pure musicista. Praticamente la sua donna ideale.
“Siete voi che suonate proprio quando io non sono a San Diego, non è colpa mia” protesta Eddie tra un colpo di tosse e l'altro.
“Va beh, com'è l'acqua oggi?” gli chiede recuperando la sua tavola.
“Ottima. Non tantissime onde però”
“Poche, ma buone...” commenta lei allontanandosi verso il mare per poi voltarsi nuovamente “Che fai, ti fai un altro giro?”
“No, per oggi basta, poi io e Angie abbiamo un impegno” Eddie rivolge prima lo sguardo verso l'oceano e verso la ragazza da sogno che ci sta davanti, poi verso di me e io mi sento improvvisamente di troppo.
“Guarda che puoi andare se vuoi, io intanto vado al market all'angolo e-”
“NO. Vengo con te” Eddie mi prende per il polso in maniera decisa, probabilmente per ancorarsi a me e impedirsi di riacchiappare la sua tavola e correre verso le onde, perché anche se è quello che vorrebbe realmente fare ora come ora, non gli sembrerebbe educato.
“Ok,” Michelle fa spallucce, si tira su completamente la cerniera della muta e prosegue verso il bagnasciuga “ciao ragazzi, a stasera!”
“Comunque puoi fare surf ancora un po', è ancora presto” insisto mentre guardiamo la ragazza tuffarsi in acqua.
“Non così presto quanto vorrei” risponde indirizzandomi un sorriso enigmatico.
“In che senso?”
“Lascia stare, andiamo. Sbaglio o mi hai promesso una torta?”
8 notes · View notes
paoloxl · 6 years
Link
Nell’intervista a Sistema Torino ho detto che i media classici non avrebbero cambiato il loro atteggiamento sulle olimpiadi del 2026 o 2030 rispetto a Torino 2006. Quello che sta accedendo lo conferma: continuano a non mettere in crisi il potere, nessuna domanda difficile. Da tenere sempre in considerazione. Di questi ultimi 15 giorni il massimo lo toccano Marco Imarisio e Sergio Chiamparino. Intervista sul Corriere della Sera del 13.3.2018, Chiamparino: “…Il Toroc, il comitato per l’organizzazione dei Giochi invernali del 2006, ha finito in attivo…”. Nessuna replica, passaggio oltre. Quale sarebbe dovuta essere la domanda difficile di Imarisio? Mi scusi, ma non è vero che lei può parlare di attivo solo se ci dice anche che 250 milioni di € di debiti li scorporaste dal bilancio del Toroc per metterli a carico di Italia Evolution e altri enti pubblici? Ma Imarisio la domanda che mette in difficoltà non la fa. E siccome non la fa, chiunque abbia letto l’articolo – il consigliere comunale, il sindaco, il comico-capo politico, il cittadino qualunque – ha incamerato ancora una volta il dato rassicurante che il comitato organizzatore delle olimpiadi del 2006 chiuse con i conti a posto. Un dato che influenza il dibattito in corso su un punto ignoto ai più, cioè come sono andate le cose sul fronte finanziario, e che ha peso perché proviene da una persona dotata di formale autorevolezza e che in quanto servitore pubblico, il grande pubblico presume che dica la verità: governatore da molti anni della Regione, uomo multifunzione in Torino 2006 come sindaco della città, membro del CdA di quel Toroc di cui parla, membro della cabina di regia. Alle pagg. 60-65 del nostro libro spiegavamo 13 anni fa il meccanismo che ha spostato i debiti da Toroc. Qui sotto le trovate scansite, buona lettura. Ai consiglieri M5S un invito: se proprio volete fare qualcosa per le olimpiadi, create una commissione di indagine su quelle del 2006… Stefano Bertone, co-autore de Il libro nero di Torino 2006. OLIMPIADI BIS: INTERVISTA ALL’ AVVOCATO STEFANO BERTONE da Sistema Torino – Vi ricordate la nostra intervista di due anni fa all’ Avvocato Stefano Bertone, autore del libro “Il libro nero delle olimpiadi di Torino 2006“? Bene, di fronte al nuovo entusiasmo olimpico che ha abbracciato tutto l’arco costituzionale cittadino (esclusi alcuni dissidenti pentastellati che non si sono dimenticati le loro origini critiche nei confronti di Grandi Eventi e debiti a cinque cerchi) abbiamo deciso di tornare da lui (ringraziandolo infinitamente per la disponibilità) per “rinnovare” le domande relative a una eventuale candidatura per le Olimpiadi invernali 2026. Buona gustosa lettura! Il presidente del CIO che assegnò le olimpiadi a Torino era Samaranch, il secondo dopo la signora vestita di bianco. Per i non vedenti: fanno tutti il saluto romano. 1) Incredibile ma vero, Torino ripresenta oggi la candidatura olimpica della città mentre si lecca ancora le ferite per le conseguenze, in termini di debito e di devastazione ambientale, dei Giochi invernali 2006. Stefano Bertone, ti abbiamo intervistato due anni fa, quando Torino si preparava a ricordare il decennale di quel mega evento. Cosa ne pensi di questa inaspettata proposta? Non mi stupisce che vi sia gente che si prefigura già nomine, appalti, subappalti e il proprio futuro a posto per i prossimi 40 anni. Credo che, in questo momento, ci siano diverse aspettative. Ci sono sicuramente ideatori mossi da un grande ottimismo. Poi, una piccola fetta di persone che ha ben chiara la questione: avvantaggiarsi, o economicamente o per acquisire peso sociale, in prima persona. Questa è, inoltre, una proposta che potrebbe risvegliare l’appetito delle famiglie ‘ndraghetiste radicate in Piemonte da quasi 50 anni: miliardi di euro pubblici sono pronti a frusciare in mille rivoli. C’è, infine, una grande maggioranza, ignara oggi come 20 anni fa, delle informazioni fondamentali necessarie per poter esprimere una libera e ponderata scelta. In assenza di questo tassello basilare, se intervisti i torinesi, ti diranno in larga parte che, a proposito del 2006, avevano percepito un evento ottimo e non saprebbero indicarti effetti collaterali; ti direbbero dunque perché non bissare? Fin qui, tutto nella norma. Quello che cambia rispetto a venti anni fa sono i Cinque stelle, che però stanno rapidamente prendendo una piega governativa, un atteggiamento molto ordinario. 2) Molti membri della attuale Giunta e della maggioranza consiliare, compresa la sindaca Appendino, quando erano all’opposizione si espressero in modo contrario all’organizzazione di questi grandi eventi: oggi invece, aldilà delle speculazioni giornalistiche, sembrano ondeggiare e tendere verso il Sì. Che cosa sta succedendo secondo te? Staranno probabilmente dicendo “bene, dimostriamo cosa siamo capaci di fare”. Ripeto quello che ti dissi nell’intervista di due anni fa: sono vittime anche loro di una propaganda fenomenale che ha protetto Torino 2006 per venti anni dipingendola per quello che non è stata. Questo è il punto centrale. Il popolo di tutte le condizioni sociali e reddituali, e quindi anche loro, è rimasto all’oscuro dei veri costi, dei debiti assunti, delle morti sul lavoro, dei disboscamenti, delle compromissioni con produttori di armi, dei conflitti di interesse, delle garanzie non rispettate, dell’identità del CIO e del contratto capestro che impone a tutte le città candidate. 3) Però in termine di pubblico e di immagine massmediatica l’Olimpiade ha funzionato. Il risultato televisivo di Torino 2006 fu così inferiore alle attese che Nbc si ritrovò con clienti, che avevano acquistato spazi pubblicitari, largamente insoddisfatti, tanto che il network pensò di offrire spazi gratuiti in futuro. Questo l’avete mai letto da qualche parte? I turisti stranieri, rispetto a quel che si è detto negli anni successivi, sono rimasti stabili. Il numero dei biglietti venduti fu mediocre, largamente inferiore alle previsioni. Gli accessi alle piazze e agli stadi furono pesantemente limitati da ordinanze di polizia e autentiche barriere. E tra i divieti per il pubblico ricordo quello di indossare negli stadi indumenti con loghi di produttori diversi dagli sponsor olimpici, oltre al divieto di portarsi panini da casa. Si tratta di condizioni contrattuali imposte cui gli organizzatori diedero il loro assenso già sette anni prima dell’evento. Mi fermo qui con la lista. I due maggiori editori presenti a Torino tacquero, magnificarono, invece, ogni fase del pre e del durante. Sia il proprietario di Repubblica che quello della Stampa hanno avuto interessi immobiliari legati a Torino 2006. RAI 3 regionale fu uno strazio, il che fu peggio essendo in mano pubblica. Come puoi pretendere che l’ambiente cittadino oggi non sia influenzato da questo silenzio che ha lasciato trasparire solo luci? La propaganda dei promotori ha perpetrato una lobotomia collettiva. Questo spiega lo stato di ignoranza, ma non lo giustifica. Quando hai assunto un potere esecutivo locale, e siedi in consiglio comunale, o regionale, hai il dovere di informarti. Qualcuno di loro, leggo, lo sta facendo. Ottimo. Le possibilità, per tutti, oggi sono moltissime, molte di più di venti anni fa. Abbiamo scritto un libro, tenuto aperto un sito internet per quindici anni, di tanto in tanto lo riattiviamo quando escono notizie di questo genere. In rete circola materiale scientifico più che sufficiente per capire che bisogna tenersi al largo. 4) Secondo te come mai a Torino il Movimento 5 Stelle sembra tergiversare, mentre a Roma la Raggi e il suo entourage si espressero in modo contrario da subito? Vedo un po’ di ragioni diverse. Credo che gli M5S romani abbiano fatto un lavoro di studio serio, documentale, e quelli torinesi, quantomeno molti di loro giudicando dai risultati di queste ore, no. Le frasi di Raggi in conferenza stampa sul perché non si dava Roma in pasto al business delle Olimpiadi sono state nette, sfrontate, profondamente giuste, un autentico boato. A Torino sembra di avere a che fare con un’entità distinta, nonostante Torino 2006 sia costata al contribuente più di Atene, Atlanta, Salt Lake City. Adesso c’è anche l’apertura di Grillo che avrebbe dichiarato che sia possibile farle “sostenibili e a costo zero”. Se ha proprio dichiarato così, o è ignorante oppure sta tradendo quella sua parte sana che ha determinato il successo del M5S. Anni fa i cavalli di battaglia del comico erano le tematiche ambientali, il risparmio di denaro pubblico; Grillo ridicolizzava le bugie dei burattinai che, invece, oggi avvalla. L’antitesi di se stesso. In più, fa davvero specie che l’attenzione sia soprattutto sul contenimento dei costi. E il modello che propongono le Olimpiadi? Gli eventi culturali sponsorizzati da Finmeccanica produttore di armi? Gli sponsor olimpici che entrano nelle scuole pubbliche come pacchetto educativo? Il retaggio nazista della torcia olimpica che prosegue ancora oggi come simbolo di pace? Ma lo sanno chi è stato, e chi è il CIO? L’approccio di Grillo è ancora più grave perché proviene da una persona che negli anni passati aveva espresso idee nette e capacità critica. D’altronde, questa giunta comunale ha accettato e fatto partire la sperimentazione 5G con TIM e in nessuno dei documenti ufficiali che ho visto si cita la questione, estremamente seria, degli effetti sulla salute collettiva dell’inquinamento elettromagnetico. Mentre la riduzione, oltreché essere doverosa sotto molti punti di vista, è anche parte del loro programma! Forse M5S ha dentro un po’ di tutto, così trovi chi vuole ipertecnologie moderne, ma anche chi ne combatte i riflessi su salute e ambiente. Ho come l’impressione che nel medio termine si arrivi alla progressiva scomparsa della linea ecologista. 5) Per quello che avete potuto studiare voi, ci sono garanzie che le promesse e gli impegni presi in fase di candidatura siano poi rispettate nella fase di realizzazione, e non ci si ritrovi con strane sorprese? Cosa puoi dire del caso precedente? Dovresti intervistare Chiamparino, o se vuoi Castellani, Mercedes Bresso, Enzo Ghigo, Saitta, o più in generale tutti quelli che hanno messo le loro firme a favore di Torino 2006. Credo che saresti capace di metterli in enorme difficoltà. In fase di candidatura in documenti ufficiali trovavi scritto, in corrispondenza di molti dei progetti degli impianti: “l’unicità della struttura ne garantisce il riutilizzo futuro”. Documenti realizzati da un’associazione costituita da enti pubblici e finanziata con soldi pubblici. Hai visto come è andata, sia in città che in montagna. Lo sapevano bene. Dopo, hanno fatto gli equilibristi. Pragelato, fine degli anni ’90. Intervengo in un’assemblea pubblica e chiedo a Castellani, che da un’ora ripeteva “se saremo bravi… se saremo bravi…”: e se invece non sarete bravi, che ne sarà dello stadio del trampolino, chi lo pagherà? E lui, candido. “Se non saremo bravi, lo vedremo alla fine.” Non disse “pagheremo noi amministratori, di tasca nostra, perché saremo stati incapaci”. Non disse “visto che non siamo sicuri che saremo bravi, allora questo obbrobrio non lo costruiamo”. Disse vedremo poi. E proseguirono dritto. Oggi che siamo alla fine, possiamo dire che Castellani e il Toroc non sono stati bravi. Però li senti ancora dire di guardare altrove, dire che non è colpa dei comuni della valle se gli impianti sono abbandonati. Non ci pensano nemmeno a riconoscere una loro grande incapacità. C’è un’intervista a Chiamparino intorno a fine gennaio 2006, L’Espresso gli dice “In ogni Olimpiade, con la costruzione di nuovi impianti, si rischia di creare cattedrali nel deserto…”, e lui: “Il villaggio olimpico sarà adibito in parte a edilizia pubblica, in parte a centro servizi. Il nuovo Palasport avrà una funzione polivalente, ma, insieme con l’Oval, ospiterà soprattutto convegni ed esposizioni”.  E di tutti gli altri impianti – trampolino, bob, biathlon, freestyle, per centinaia di milioni di euro? Non parla. Nessuno gli chiede, e lui glissa. La morale è che nessuno li ha mai veramente messi in difficoltà tra quelli che avrebbero potuto causare reazioni pubbliche, ad esempio in quel caso l’Espresso non gli ha chiesto conto delle altre innumerevoli opere con destino segnato, e se questo non fosse ampiamente previsto. Nessuno ha mai preteso che giustificassero un tale collasso rispetto alle premesse. Hanno fatto un debito di un quarto di miliardo di euro,  a favore di un ente privato come Toroc, ma affermano di esserne usciti con solo 11 milioni di disavanzo. Come è possibile? Nessuno chiede loro del marchingegno finanziario creato per far accollare la maggior parte del debito ad altri soggetti, e farli uscire quasi puliti nei loro conti. Castellani oggi riesce anche a dire che Toroc ha restituito dei soldi alla città. Ma che bravi. È anche per questo che puoi trovarli in posizioni di potere, presidenza della Regione, direzione del Museo Egizio, circondati da un’aura di fascino. Hanno dominato la scena politica, amministrativa e mediatica, senza avversari. 6) Si parla di Olimpiadi lowcost, una parola che sembra tornare di moda per far digerire il debito futuro. Low cost come la Torino Lione. Ti sembra una proposta credibile? Naturalmente no e questo rende ancora più ridicola l’apertura di Grillo. Ti darò una risposta un po’ lunga. Innanzitutto potrà sembrare banale, ma conta molto la moneta, è un po’ una mia fissazione. L’unità anziché le decine di migliaia: 1 miliardo, 2 miliardi. Quanto è più forte dire 2.000 milioni, 4.000 milioni? Molto. È la stessa genialità secolare che trovi a ogni trattativa nei suk dei paesi nordafricani ed è la stessa che trovi anche nel caso del progetto Tav. Prima idea: costerà – diciamo – 20 miliardi di euro. E tutti “Ohhh ma è tantissimo”. Valore àncora, con l’accento sulla prima a. Qualche anno e qualche manganellata dopo, i proponenti ti dicono, ok, ci abbiamo ripensato, nuova versione low cost, costerà solo 8 miliardi. E tutti “Wow, grande risparmio!”. Quell’otto miliardi, cioè sedicimila miliardi di lire, diventa piccolissimo, quasi trascurabile, perché tu – è provato da una scienza comportamentale – con la testa continui a rimanere al valore àncora, e vedi quanto hai risparmiato sui 20 miliardi (12 miliardi), non quanto costano 8 miliardi di euro. A proposito, ti consiglio uno splendido libro che si chiama Priceless, The hidden psychology of value, di W. Poundstone (Oneworld, 2010), si raccontano tanti esperimenti compiuti da diversi team di studiosi per dimostrare la totale insensatezza e irrazionalità delle scelte che compiamo ogni giorno intorno ai numeri e ai valori. Stessa cosa per questa nuova idea di Olimpiadi al ribasso, che peraltro nasce in ambito CIO (non è una proposta dei torinesi) proprio perché è sempre più difficile trovare polli che vogliano farsi spennare. Dicono i promotori: sarebbe costato 3 miliardi di euro in circostanze normali, ma siccome abbiamo già gli impianti, allora ne costa solo 2. Mettiamo che sia vero. Un miliardo di euro risparmiati. Psicologicamente hai come primissima reazione, non l’attenzione ai due miliardi di euro, ma al miliardo risparmiato. Verrebbe quasi da ringraziarli. Invece io dico, tralasciando per un secondo le questioni culturali: state proponendo di spendere 4.000 miliardi di lire togliendoli agli asili comunali? All’incremento dei medici di pronto soccorso? Mi sembra fenomenale. 7) Beh, ma stavolta è diverso: i 5 Stelle vigileranno! La storia ha sempre insegnato – e noi lo documentammo prima che iniziassero a piantare il primo chiodo – che le spese crescono sempre vertiginosamente rispetto alle previsioni. È successo anche qui, ma se vai a vedere i bilanci definitivi, quasi non te ne accorgi. Roba che Grillo non avrà letto. A Torino cosa è successo? Come ti dicevo, il Toroc, il Comitato Organizzatore, è fallito e ha avuto bisogno di ricorrere a pesanti finanziamenti pubblici, di diversa origine, alla fine mi pare che fossero nell’ordine del quarto di miliardo di euro. La cosa stupefacente è che nessuno ha mai indagato nonostante una magistratura locale attentissima….su altri temi. 8) Molti sostengono che la formula della doppia Olimpiade negli stessi luoghi è una formula vincente, poiché i costi in qualche modo vengono contenuti a fronte di una doppia esposizione mediatica e turistica: cosa c’è di fondato in questa teoria? Non so chi lo sostenga e su che basi. Però ricordo bene che la popolazione austriaca delle zone intorno a Innsbruck ha bocciato ripetutamente, l’ultima volta pochi mesi fa con un referendum, qualunque proposta di ricandidatura. E non mi pare che sia l’unico caso. Penso che questa teoria potrebbe avere un senso, mi sto sforzando, se la manifestazione si ripetesse subito dopo, che ne so, a poche settimane di distanza, con impianti ancora agibili e un’organizzazione presente. Anni dopo, è inimmaginabile. Peraltro, e tocco un altro pezzo di “sogno”, questa famosa esposizione turistica e apertura verso il mondo è stata annunciata, scritta, ma è ancora una volta solo propaganda. Non è provata. I dati regionali del 2012 dimostravano che i viaggiatori stranieri che avevano raggiunto Torino nel 2011 erano 140.000: meno del 2010, del 2007, del 2006, del 2005, del 2002. E si fermavano tutti, in media, sempre tre giorni. Sia prima, che dopo i famosi Giochi. Quindi a cosa era servito? A convincere i torinesi di essere internazionali? 9) La grancassa mediatica sta ricominciando a suonare forte e all’unisono in favore del “nuovo sogno olimpico”: quanto spazio vi sarà per una informazione diversa e alternativa dell’evento? Si è vero, ho visto che ricompaiono queste parole ingannevoli come ‘sogno’, che tocca le emozioni e induce alla smaterializzazione dei costi sociali, ambientali, economici. Comunque, per quanto riguarda i canali più tradizionali, Stampa e Repubblica, i cui diversi proprietari nel 2006 avevano interessi economici diretti, ora hanno una regia aziendale unica. Dubito che l’editore pretenderà giornalismo d’inchiesta dopo aver volontariamente dormito e con ragione sull’edizione precedente. Me li vedo perciò ripercorrere le loro vecchie tracce. La novità rispetto a vent’anni fa, lancio della candidatura e anni successivi, è il Fatto Quotidiano. Se proprio devo stare ai media tradizionali e più consultati, è il Fatto quello da cui mi aspetterei di più in termini di garanzia di diffusione dell’informazione non allineata. Passando al pubblico: la RAI è stata una realtà deprimente. Non solo il regionale, ma RAI 3 nazionale riuscì a stoppare un servizio tra l’altro molto equilibrato di Fulvio Grimaldi, un giornalista d’inchiesta vecchio stampo. Il problema Torino però era più vasto. Neanche Report si è attivato quando era l’ora di farlo – e cioè prima che si costruisse e sprecasse -, nonostante avessimo sottoposto di persona a Giovanna Boursier diversi elementi di indagine. Erano gli anni dei progetti e delle prime gare d’appalto, le prime violazioni delle leggi sugli appalti pubblici, e la risposta fu che non vedevano al momento ragioni di interessarsene. Non so se abbiano fatto servizi dopo. Molte testate hanno messo in cantiere servizi critici sulle cattedrali nel deserto, a evento finito. Comprese Repubblica e La Stampa. Facile a stadi abbandonati, ma dov’erano nei dieci anni precedenti, avevano chiuso la redazione di Torino? Sono convinto che Ranucci di Report capirà di avere una responsabilità sociale per denunciare prima che un evento avverso accada e se sarà così potremo aspettarci che Report, ad esempio, indaghi e riporti nella fase di candidatura. 10) Da più parti sembra emergere l’ipotesi di un referendum a riguardo della candidatura, come avvenuto altrove: quante possibilità di successo avrebbe a tuo parere? Credo che se venisse messa a disposizione un’informazione chiara, il referendum direbbe di no. La storia è per i comitati contrari. Dove non ci sono referendum, dove domina il meccanismo della delega anche a livello locale, si organizzano Olimpiadi sui cittadini, senza la loro condivisione ed appoggio. Comunque, dove si è votato, ti basti ancora il caso di Innsbruck pochi mesi fa, su una proposta “low cost” si è detto “ciao Olimpiadi!”. Perché il promotore non deve aver dalla sua solo i capigruppo consiliari e regionali di 3 o 4 partiti, ti ricordo che a Torino in comune votarono tutti a favore tranne tre consiglieri di RC, Avanzi, Contu, Alfonzi, e i caporedattori dei giornali e TV locale. Deve convincere 4 milioni di persone. Su un numero così grande, la maggioranza non crederebbe a garanzie di riutilizzo “basate sull’unicità dell’opera”, non accetterebbe che il pubblico si accolli in bianco, sempre e comunque, come condizione giuridica, ogni deficit del comitato organizzatore a favore di un’associazione privata che sta in Svizzera. Grazie Avvocato per la disponibilità e alla prossima! Nota finale: se i nostri lettori volessero “surfare” dentro i vecchi archivi di documenti relativi a Torino2006 può accedere a questo sito: http://nolimpiadi.mysite.com/mainita.html con una avvertenza temporanea: dentro il sito dovrete sempre sostituire la prima parte fissa dei link vecchi (http://nolimpiadi.8m.com) con la parte fissa dei link nuovi (http://nolimpiadi.mysite.com)
4 notes · View notes
giancarlonicoli · 6 years
Link
7 set 2018 16:02
L'IMBARAZZANTE INTERVISTA DI GILBERTO BENETTON, ASFALTATA DA MELETTI: ''STUDIA, MAMMA ADDOLORATA: SE PERDI UN FIGLIO NEL CROLLO DI UN VIADOTTO E IL PADRONE DELLA SOCIETÀ CHE DOVEVA GARANTIRE LA SICUREZZA MANCO TI SI FILA PERCHÉ HA LA GRIGLIATA A CORTINA, DEVI SAPERE CHE A TREVISO ESPRIMONO COSÌ IL CORDOGLIO'' E BELPIETRO: '' LE TRE SETTIMANE DI SILENZIO SONO SERVITE SOPRATTUTTO A PARLARE CON GLI AVVOCATI E STUDIARE COME SCARICARE LA RESPONSABILITÀ SUI MANAGER''
-
1. BENETTON, L'URLO DELL' ARRICCHITO
Estratti dall'articolo di Giorgio Meletti per ''il Fatto Quotidiano''
Dobbiamo essere onesti. Chiunque, se si stesse arricchendo da vent' anni alla faccia di un' intera nazione silenziosa e prona, comincerebbe a pensare di essere circondato da un popolo di scemi. E quindi non dobbiamo sorprenderci se Gilberto Benetton, in una lunga intervista con lacrimuccia artificiale al Corriere della Sera di ieri, da scemi ci ha preso e da idioti ci ha lasciato.
Con l' arroganza di chi pensa di essere l' unico intelligente tra 60 milioni di tonti, egli parla come se il ponte di Genova fosse venuto giù per una fatalità o per qualche causa misteriosa da indagare. E fa anche il severo: "Verrà fatto tutto ciò che è in nostro potere per favorire l' accertamento della verità e delle responsabilità dell' accaduto".
Tutti i 60 milioni di presunti idioti pensano che la responsabilità sia della società Autostrade per l' Italia, che incassa fior di pedaggi per garantire la manutenzione e la sicurezza e che, con tutta evidenza, non ha garantito né l' una né l' altra. Ma Benetton, l' unico intelligente, ha un' idea più profonda dei destini del cemento armato.
(…)
E così, pensoso, il grande imprenditore ci spiega che "il disastro di Genova dev' essere per noi come azionisti un monito perenne, a non abbassare mai la guardia e continuare a spingere il management, che ha la responsabilità della gestione (brigadiere verbalizzi, ndr), a fare sempre di più e di meglio, nell' interesse di tutti, e ripeto tutti". Il mondo va così. I viadotti crollano, si sa, e la famiglia Benetton spinge il management a fare sempre di più per arginare l' inarrestabile e pernicioso fenomeno.
E noi, par di capire, dobbiamo ringraziarli.
(…)
Benetton ammette che a 24 ore dalla carneficina la famiglia non ha voluto rinunciare alla tradizionale festa di Ferragosto a Cortina, però dice che è "un' insinuazione". Occuparsi dei propri ospiti e non dei 43 morti di Genova è dettato da un imperativo etnografico: "Sa, dalle nostre parti il silenzio è considerato segno di rispetto". Egli viene forse da qualche plaga rurale, e i genovesi sono avvertiti, e anche le famiglie dei morti: Atlantia è una società quotata che straparla di crescita e internazionalizzazione, ma l' azionista Benetton rivendica codici tribali.
Studia, mamma addolorata: se perdi un figlio nel crollo di un viadotto e il padrone della società che doveva garantire la sicurezza manco ti si fila perché ha la grigliata a Cortina, devi sapere che a Treviso esprimono così il cordoglio.
E agli ignoranti che pensano che ai Benetton le autostrade siano state quasi regalate e poi trasformate da tutti i governi degli ultimi 20 anni in un bancomat per gli azionisti, lo stratega Gilberto risponde irridente che Romano Prodi aveva disperato bisogno di vendere e nessuno le voleva, e allora loro si sono sacrificati "offrendo una cifra che allora fu giudicata spropositata". Lo ha detto: "Avremmo potuto fermarci molto tempo fa, goderci la vita". E invece no, si sono sacrificati, e la vita se la sono goduta i sudditi.
(…)
2. AUTOSTRADE INDAGATA PER IL PONTE MA I BENETTON CI PRENDONO IN GIRO
Maurizio Belpietro per ''La Verità''
Rientrato dalle vacanze che ha trascorso sul suo yacht (un panfilo di quasi 50 metri battente bandiera inglese, of course), Gilberto Benetton ha deciso di occuparsi in prima persona del crollo del ponte Morandi costato la vita a 43 persone. Lo ha fatto il giorno in cui sono arrivati 20 avvisi di garanzia, con un' intervista al Corriere della Sera, il cui succo si riassume in una riga: la strage dev' essere un monito per i prossimi anni. Sì, avete letto bene.
Nessuna scusa, nessuna ammissione che qualcosa non abbia funzionato al meglio, anche solo nelle ore immediatamente successive alla disgrazia, quando Autostrade, ossia la concessionaria del viadotto, diramava comunicati in cui la preoccupazione era rivolta non tanto ai morti, ma a precostituire una linea difensiva. No, tutto giusto, anche il ruolo del management oltre che quello degli azionisti. Dopo di che il disastro che ha sepolto intere famiglie è un avvertimento da tenere presente per il futuro. Un ammonimento da trasmettere a chi si occupa di sicurezza autostradale: occhio, vedete di non ricascarci.
E il silenzio? L' assenza di dichiarazioni durata giorni, mentre tutta l' Italia vibrava di indignazione per quello che era successo? Un segno di rispetto. Siamo stati zitti, non abbiamo fatto neppure le condoglianze ai parenti delle vittime, ma solo perché siamo rispettosi. Dalle nostre parti si usa così. Eh, già. In Veneto, a Ponzano, quando manca una persona, invece di far visita al defunto si fa finta di niente. È morto tizio? Zitto, porta rispetto. Se vedi un familiare dello scomparso, scantona: si sa mai che trovandotelo davanti ti scappi di farfugliare «condoglianze».
No, meglio il silenzio (del resto di non parlare lo consiglia anche papa Francesco, a proposito del memoriale Viganò sui vescovi pedofili). Gilberto, che è considerato il più furbo della famiglia, o per lo meno quello che ha fatto fruttare meglio i miliardi guadagnati con i maglioni, al Corriere ha spiegato che la loro holding alla fine ha parlato, ma lo ha fatto a voce bassa, «perché la discrezione fa parte della nostra cultura».
I Benetton, il cui fratello Luciano, essendo discreto, all' alba dei sessant' anni si fece ritrarre come mamma l' ha fatto per la copertina di Panorama, sono così riservati che il giorno della tragedia e anche il giorno dopo hanno fatto festa.
Alla prima, cioè quando a Genova si scavava per tirar fuori i corpi, a Cortina «qualcuno ballava sui tavoli e la musica a tutto volume è andata avanti fino a tardi», come ha testimoniato chi c' era, la seconda invece ha riunito una settantina di persone a cui sono stati offerti un menu di pesce e un po' di vino. Insomma, festa sì, ma riservata, in ricordo di un fratello scomparso, mica degli scomparsi sotto il ponte Morandi.
Nell' intervista, Gilberto Benetton però rivendica di aver fatto diramare 48 ore dopo un comunicato della holding con parole inequivocabili: «Forse non siamo stati sentiti». Eh già, forse c' era la musica a tutto volume che ha coperto tutto. Il resto, come i commenti sull' insensibilità manifestata nelle ore successive al crollo, sono solo «insinuazioni».
«Ero in vacanza, come credo la maggior parte degli italiani». Sì, ma la maggior parte degli italiani non ha a disposizione un aereo o un elicottero per rientrare dalle vacanze in caso di disgrazia, e soprattutto, al contrario di un signore che le vacanze le ha proseguite tra Cortina e il suo yacht, con la società Autostrade non ha guadagnato miliardi.
Il meglio del colloquio con il Corriere arriva però quando si arriva alle responsabilità. E lì si capisce bene che le tre settimane di silenzio sono servite soprattutto a parlare con gli avvocati. Già, perché se da un lato elogia la competenza e l' eccellenza dei vertici di Autostrade, dall' altro Gilberto Benetton ci tiene a separare il destino degli azionisti da quello dei dirigenti, segnalando che i soci, cioè lui e i fratelli, «non si sono mai sostituiti ai management». Se sono stati commessi degli errori, la colpa non può dunque essere attribuita alla famiglia di Ponzano. Chiaro il concetto?
Insomma, nulla da rimproverarsi, anche perché loro, i Benetton, hanno investito un sacco di soldi in sicurezza. Fa niente che quel sacco di soldi non sia uscito dalle loro tasche, ma da quelle di chi ha pagato il pedaggio, mentre nelle loro tasche di quattrini ne siano entrati a palate, prova ne sia che Autostrade è una delle società che ha distribuito dividendi a pioggia.
Fa niente neppure che quando fu privatizzata, l' azienda sia stata comprata a debito, cioè con i soldi delle banche, e poi questo debito sia stato scaricato tutto sui conti di Autostrade, liberando gli azionisti da qualsiasi peso, se non quello di incassare ogni anno la remunerazione dell' investimento. No, questo è secondario. Perché come Gilberto ha spiegato a più riprese nell' intervista, il compito di un imprenditore è la creazione di valore. E i Benetton di valore ne hanno creato.
«Avreste potuto fermarvi prima?», gli chiede Daniele Manca, il giornalista. Risposta: «Sì, avremmo potuto fermarci molto tempo fa, goderci la vita con quello che avevamo creato. Invece siamo ancora qui». Abbiamo capito: altro che metterli sul banco degli imputati, i Benetton li dobbiamo ringraziare. Perché non se la godono.
0 notes