Tumgik
#è la prima e l'ultima volta
Ringrazio, per così dire, la sadica @vpervaffanculo
Rules: Pick a song for every letter of your url and tag that many people
T - There Is a Light That Never Goes Out - The Smiths
H - Hurricane - Bob Dylan
E - Enjoy the Silence - Depeche Mode
U - Una Storia Sbagliata - Fabrizio De André
N - Now You're Taken - Mogwai
B - Blister in the Sun - Violent Femmes
E - Ekki Múkk - Sigur Rós
A - Anonimo - Lucio Battisti
R - Rock the Casbah - The Clash
A - Alison - Slowdive
B - Bluebird of Happiness - Mojave 3
L - Lullaby - Low
E - Enver - Offlaga Disco Pax
L - L'equilibrio - Scisma
I - Incenerate - Sonic Youth
G - Grace - Jeff Buckley
H - High and Dry - Radiohead
T - Transmission - Joy Division
N - No Time No Space - Franco Battiato
E - Ecstasy - Soviet Soviet
S - Stranamore - Roberto Vecchioni
S - Stella di Mare - Lucio Dalla
O - One of These Days - Pink Floyd
F - Fade Into You - Mazzy Star
B - Breed - Nirvana
E - E Penso a Te - Lucio Battisti
I - I'm the Ocean - Neil Young
N - Nuvole Senza Messico - Giorgio Canali
G - Goodbye Stranger - Supertramp
Non taggo nessuno perché di alcuni avrei paura a vedere gli abbinamenti
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phjlavtia · 9 months
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madre perché mi devi chiamare battona solo perché ho le tette
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friabile · 4 months
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non mi ricordo l'ultima volta che ho riso di gusto e non riesco più a capire chi sono io, quali sono i miei interessi? una mia passione? un argomento in cui spacco che se mi chiedi qualcosa ti so rispondere nulla assolutamente nulla sono completamente vuota mi sento completamente persa non ho la minima idea in quale direzione andare piango spesso ultimamente sono apatica non c'è nulla che sia in grado di smuovermi emotivamente mi sento una pesantezza addosso un macigno è da una settimana che dopo cena mi viene la nausea e prima delle tre di notte non riesco ad addormentarmi
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libero-de-mente · 5 months
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2023 - Sintesi
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- Ho cominciato l'anno con speranza e fiducia (come quasi sempre)
- Ho perso velocemente sia la speranza che la fiducia (come quasi sempre)
- Non ho baciato.
- Ho dato l'ennesimo taglio ai rami secchi, escludendo persone inconcludenti e approfittartici.
- Ho ascoltato, tanto.
- Ho deluso una persona.
- Ho guadagnato la stima di una persona.
- Ho riscritto il testo di una canzone.
- Ho letto.
- Ho avuto il mio bellissimo "Audio Libri" personalizzato.
- Ho accettato richieste d'amicizia.
- Sono stato bannato poco dopo perché poco "intraprendente".
- L'Ansia ha confermato il contratto di collaborazione con me, per almeno un biennio.
- Ho pensato alla morte.
- Ma ho pensato soprattutto a come sarebbe bella la vita se vissuta in pace con chi vuoi bene.
- Anche nel 2023 non ho seguito nessun influencer.
- Non ho guardato per tutto l'anno neanche un telegiornale.
- Nel 2023 ho perso Minù, una delle mie due bimbe. Così chiamavo le chihuahua.
- Sono stato aiutato. Tanto.
- Ho aiutato. Come ho potuto.
- Ho abbracciato i miei figli mentre piangevano.
- Sono stato a mia volta abbracciato mentre piangevo, dai miei figli.
- Ho ancora caparbiamente sognato.
- Il 2023 si è portato via anche Alvin, il gatto che mi aveva scelto come suo umano nella vita.
- Entrando in un negozio una commessa mi chiese "Buongiorno, desidera?", avrei voluto risponderle "Si, tantissimo".
- Ho imparato che anche le cose belle devono finire, per poterne cominciare di migliori.
- Anche quest'anno un pezzetto di fiducia nell'umanità è esplosa, come le bombe.
- Mi sono convinto che uno dei miei cinque sensi sia il senso di fame.
- Credo che la prima cosa che farò nel 2024 sarà quella di guardare l'ultima creazione di Hayao Miyazaki: Il ragazzo e l'airone.
- Ho rivalutato il sostantivo "sopportazione".
- Ho lavato amorevolmente il corpo di mia madre.
- Guidando in montagna ho letto un cartello stradale "Attenzione frana", l'ho preso sul personale.
- Sono rimasto fedele al team pandoro.
- Ho ascoltato tantissima musica.
- Ho scritto delle mie emozioni, esperienze.
- Ho provato la sensazione di essere una sicurezza, per una persona sconosciuta soccorsa da me di notte.
- Ho abbandonato definitivamente alcuni ideali.
- Ho compreso che la giustizia non ha colore. Se ha un accenno di colore non è giustizia ma un favore.
- Rimpiango una voce che mi chiamava "grumo".
- Anche quest'anno mi vorrò bene l'anno prossimo.
- Passerò il Capodanno tenendo la mano di un figlio ammalato.
Visto che siamo su un social.
Penso a tutti quelli che anche per qualche secondo mi hanno letto, dandomi un riscontro con un semplice like o un commento. A chi c'era e a chi non c'è più. Sono stati per me comunque consigli o insegnamenti. Ringrazio tutti.
Non so se basterà un mio augurio affinché il 2024 sia per tutti voi un anno bello. Però come spesso si dice, basta il pensiero. E io ne ho per ognuno di voi.
Buona fortuna e un abbraccio forte forte, siate meravigliosi siate illuminati.
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dramasetter · 2 months
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Ciao nonna,
Tutto questo non me lo aspettavo proprio, non ora. Io non ero pronta. Non lo si è mai, certo, ma io pensavo che mia nonna avrebbe vissuto altri 50 anni.
Scusa nonna, perché alla fine non mi hai mai insegnato a fare i tuoi ravioli di patate o i cian. E scusa per tutte le volte che mi facevi trovare il budino o la ciambella sapendo che mi piacevano e io non li mangiavo perché in fissa con il mio peso. Lo so che tu nel modo più dolce ci hai sempre provato.
Grazie nonna per tutte le volte che mi portavi su dalle vigne e mi facevi scegliere un coniglietto tra quelli piccini da poter coccolare per tutto il tempo che restavamo lì. E grazie per tutti i racconti di quando eri bambina che ci riportavi la sera prima che io e F dormissimo.
Grazie nonna, perché fino all'ultimo la tua preoccupazione è stata "ma Federica sta uscendo?" no nonna, non sto uscendo, ma posso prometterti che farò del mio meglio per cercare di uscire di più. Scusa, perché a volte quando son venuta a trovarti ero triste e non riuscivo a trasmetterti il bene che ti voglio. Ma io spero che tu lo sappia. Vorrei potertelo dire un'ultima volta perché non trovo giusto non aver avuto la possibilità di salutarti, di dirti quanto tu sia stata speciale come nonna.
Ora mi fa tutto un po' paura, oltre alla tua perdita immagino che ci sarà un momento in cui entrerò in quella casa e sarà l'ultima volta che la vedrò senza saperlo. Non so cosa ne sarà della casa, del paese, niente. Quella parte delle nostre origini?
Però una cosa lo so. Io sarò sempre la tua bina, la tua ninina.
E ti voglio bene nonna
Tanto
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belladecasa · 10 months
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Fiore mio, fiore della mia anima
20 aprile 2017
Arianna è l'espressione carnale e verbale del fiore e tutte le cose fresche, rosee e luminose sono linguaggi di Arianna. Arianna è il mio unico linguaggio, l'unico mio mezzo di comunicazione con il mondo.
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Se dovessi definire la solitudine, direi che è lo spazio che mi separa da te.
Quando ti sei laureata volevo scriverti qualche parola che esprimesse quanto sono orgogliosa dei risultati che raggiungi, sempre con umiltà, modestia, con la banalità della perfezione, anche se la tua perfezione è la sola che io non trovi banale. Ma se Dio o un algoritmo eterno - io non so cosa sia Dio come non so cosa sia un algoritmo - non t'avessero dato la tua perfezione, i tuoi capelli, la tua pelle di quarzo, la simmetria milimetrica del tuo viso, la tua simpatia innata, io ti avrei voluta e riconosciuta anche dentro al corpo più informe, anche dentro al più profondo fallimento, nelle parole più volgari, come una figlia per la madre.
Come una madre per la figlia, io mi prenderei ogni tuo dolore perché tu non lo subisca, ogni momento in cui ti sembra che non ne valga la pena. Mi metterei a costruire una strada, ogni volta che senti mancarti la terra sotto i piedi. Eppure posso solo sdraiarmi vicino a te come quella volta in terza media in cui sul prato del giardino di casa mia pensavamo al futuro guardando il cielo, l'ultima volta in cui non era ancora un macigno, una follia, una truffa. Prima che sentissimo caderci quel cielo sopra, e le rondini, come in una personale Apocalisse - ognuno vive la sua e io credo che la mia, come ogni parte della mia vita, la stia vivendo con te - e il prato si dissolvesse da sotto le nostre schiene; finché ora precipitiamo come Alice nella tana del coniglio, nell'etere del caos, del disordine. Ma Alice era sola, invece noi siamo in due e possiamo ridere di tutto quello che è fuori posto e di noi.
Quella volta ai Giardini Margherita, quando avevamo appena saputo che Beatrice era morta, io ti leggevo negli occhi il senso della vita che ne andava. Volevo sollevarti e non potevo, così ti ho lasciata nel silenzio; ma tu, in quel silenzio mi hai inclusa prendendomi la mano e allora ho visto che siamo ancora come in terza media, ma sui macigni, sulla follia, sulla truffa del futuro ci siamo sedute. E non mi interessa se è caduto il cielo, le rondini, il prato, perché le mie risposte le trovo in te, o meglio: sei solo tu la mia risposta, il mio unico linguaggio.
#s
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chouncazzodicasino · 5 months
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Sono seduta qui, in questa bella stanza che sarà il nuovo studio di mia madre a ordinare la sua libreria. Stanza condivisa, per la prima volta nella sua vita. Il ché non è profondamente un peccato visto che mi auguro per lei che si possa permettere in vecchiaia di lavorare sempre meno e magari sempre meno al centro di Roma, ma è oggettivamente un peccato. La fine di una era per tutti, soprattutto per lei che a vent'anni pur di pagarsi l'affitto di uno studio quando aveva solo uno o due pazienti, faceva la donna delle pulizie per tutti i palazzi del centro. Mia madre è una donna meravigliosa, una professionista eccezionale. Ha sempre avuti studi bellissimi, "sono il mio bigliettino da visita", "mi posso permettere di non truccarmi perché il mio trucco è questo palazzo", così dice sempre. Ed è vero. Parte della mia fortuna dell'aver vissuto case e palazzi stupendi che mi hanno abituata al gusto del bello e all'arte è dovuta anche a questi studi che fin da piccola ho vissuto come seconde case. Ora si cambia un po' registro. Non sarà più il suo ma sarà un "appoggio" condiviso. E io faccio di tutto per caricarla e dirle che è stata bravissima, che per com'è lei che se le tocchi la casa e lo studio crolla, invece questa volta è stata brava, molto reattiva ed è andata bene, ma effettivamente anche io ho il magone. Qui su questa poltrona di questo nuovo studio molto carino e dalla bella atmosfera che però non è il suo studio nel palazzo storico del centro.
Aaa quel palazzo storico, seconda casa questo era. Se si voleva dormire a Roma dopo una serata in centro si andava lì, ci ho portato fidanzati, avventure, tante amiche che avevano bisogno di una boccata d'aria e di bellezza, tanti amici di tutto il mondo che venivano a visitare la città. In quel palazzo storico del centro ho passato tantissimo tempo. Prima in un appartamento strano, sotto il livello della strada, con le chiavi che portavano ai cunicoli sotterranei di Roma (prima che le belle arti se ne rendessero conto e ce le togliessero), poi in quest'ultimo, bellissimo, luminoso, che sapeva tanto di gusto della mia mamma, bellissimo davvero. La mia festa di laurea con gli amici l'ho fatta lì, nell'atrio, con i vicini di sopra che mi hanno riscaldato le lasagne e i pittori dell'appartamento vicino che mi hanno regalato un ciondolo a forma di maschera di Agamennone, l'atrio pieno di palloncini con dentro una lucina led (che per i tempi era avanguardia pura) e un'atmosfera bellissima.
Mi mancherà molto, ma questo a mamma non posso ancora dirlo.
Mi mancherà molto, ma oggi mentre lo guardavo per l'ultima volta, gustandomi questa struttura unica che verrà smandrappata per fare il solito nuovo e banale posto "chic", pensavo a quanto cazzo sono stata fortuna a poter "vivere" un ambiente del genere. Queste sono veramente fortune. Le case, gli ambienti, gli studi, sono forse poche delle cose che mi restano aggrappante dentro anche dopo anni e cazzo come mi sento fortunata ad averli vissuti. Gli scorci, i profumi, i pavimenti, le finestre, i legni, le pietre, le scheggiature, i rumori, i portoni, i sanpietrini, le colonne, i colori, le maniglie, i pomelli, le modanature, i libri, le polveri, i quadri, le stampe, le sensazioni, le atmosfere, spero di ricordare bene ogni angolo e ogni dettaglio di te.
Ti metterò nella lunga lista delle case che hanno cresciuta, mio caro studio.
Grazie.
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donaruz · 9 months
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Ti ho pensato proprio ieri, quando ho scritto il mio post sull'Acca Laurentia e il possibile collegamento con la nostra Sacra Accabadora.
Ho pensato a quanti inorridiscono a sentirne parlare, come se fosse un'assassina legalizzata da una comunità di incivili, come spesso, ancora ci definiscono.
Pensavo a quanta Bellezza nelle tue parole, per raccontarla, e a quanto le parole hanno potere.
Parole che non si vogliono sentire.
Perché certe verità sono scomode, e la donna deve restare sempre un passo indietro.
Hai deciso di andare via e ritornare alle stelle, da cui sei arrivata, proprio nella notte di San Lorenzo.
Forse la tua 'Accabadora interiore, ti stava chiamando.
Perché ogni vera Donna Sarda, lo è.
Colei che capisce i Misteri della Vita e della Morte, perché è "bogadora" e "accabadora".
"Come sopra, sotto"
L'equilibrio è stato ristabilito
A me, mancherai. Tanto.
Grazie per tutta l'abbondanza e la dignità.
Buon ritorno, Michela💖🌟
"Parlare è un potere e dare potere alle donne è sempre stata una cosa problematica nei monoteismi. «L’unico femminismo che ci piace è quello silenzioso della Madonna, – scriveva nell’editoriale prenatalizio del 2020 il giornalista di un quotidiano sovranista improvvisatosi teologo, per poi proseguire – è una madre giovane, semplice, dolce, il cui pianto non diventa mai piagnisteo e che ci insegna l’importanza della riflessione interiore». Il silenzio è una virtú, ma solo se sono le donne a praticarlo. Agli uomini nessuno chiede di tacere le loro riflessioni interiori, anzi sono cosí sollecitati a condividerle che è lecito sospettare che prima di parlare parecchi di loro non abbiano riflettuto a sufficienza. Invece al sesso femminile è consigliato di fermarsi alla fase del pensiero afono, proprio come la Maria di Nazareth che, secondo una certa ermeneutica strumentale tradizionalista, ci venne raccontata come creatura talmente annichilita dalle conseguenze dell’unica volta che ha aperto bocca da non voler aggiungere piú una parola per tutta la vita, dalla mangiatoia di Betlemme alla croce del Golgota".
Tratto da "Stai zitta" di Michela Murgia
Sei nata tu forse da sola, Maria? Sei uscita con le tue forze dal ventre di tua madre? O non sei nata con l'aiuto di qualcuno, come tutti i vivi?
- Io ho sempre... - Maria accennò a replicare, ma Bonaria la fermò con un gesto imperioso della mano.
- Zitta, non sai cosa dici. Ti sei tagliata da sola il cordone? Non ti hanno forse lavata e allattata? Non sei nata e cresciuta due volte per grazia di altri, o sei così brava che hai fatto tutto da sola?
Richiamata alla sua dipendenza con quello che le parve un colpo basso assestato con cattiveria, Maria rinunciò a replicare, mentre la voce di Bonaria si abbassava fino a diventare una litania priva di qualunque enfasi.
- Altri hanno deciso per te allora, e altri decideranno quando servirà di farlo. Non c'è nessun vivo che arrivi al suo giorno senza aver avuto padri e madri a ogni angolo di strada, Maria, e tu dovresti saperlo più di tutti.
L'anziana sarta parlava con la sincerità con cui si fanno le confidenze agli sconosciuti sul treno, sapendo che non si dovrà sopportare mai più il peso dei loro occhi.
- Non mi si è mai aperto il ventre, - proseguì, - e Dio sa se lo avrei voluto, ma ho imparato da sola che ai figli bisogna dare lo schiaffo e la carezza, e il seno, e il vino della festa, e tutto quello che serve, quando gli serve. Anche io avevo la mia parte da fare, e l'ho fatta.
- E quale parte era?
- L'ultima. Io sono stata l'ultima madre che alcuni hanno visto.
Tratto da "Accabadora" di Michela Murgia
Maldalchimia.blogspot.com
Tiziana Fenu ©®
Figlie della Madre
*Un grande libro che non si dimentica *
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susieporta · 5 months
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QUANDO NOSTRO PADRE COMINCIA A MORIRE
Quando il padre invecchia e comincia a trotterellare come se fosse nella nebbia. Lento, lento, impreciso.
È quando uno dei genitori che ti teneva stretta la mano quando eri piccolo non vuole più restare solo. È quando il padre, un tempo fermo e insormontabile, si indebolisce e fa due respiri prima di alzarsi dal suo posto.
È quando il padre, che un tempo aveva comandato e ordinato, oggi non fa altro che sospirare, solo gemere, e cerca dove siano la porta e la finestra: ogni corridoio è ormai lontano.
È quando un genitore precedentemente volenteroso e laborioso non riesce a indossare i propri vestiti e non ricorda i farmaci che ha preso. E noi, da bambini, non faremo altro che accettare di essere responsabili di quella vita. Quella vita che ci ha dato i natali dipende dalla nostra vita per morire in pace.
Forse la vecchiaia del padre e della madre è curiosamente l'ultima gravidanza. Il nostro ultimo insegnamento. Un'opportunità per ricambiare la cura e l'amore che ci hanno donato per decenni. E proprio come abbiamo adattato la nostra casa per prenderci cura dei nostri bambini, bloccando le prese della luce e montando dei box, ora cambieremo la distribuzione dei mobili per i nostri genitori.
La prima trasformazione avviene nel bagno.
Saremo i genitori dei nostri genitori che ora metteranno una sbarra sotto la doccia. Il bar è emblematico. Il bar è simbolico. La sbarra inaugura il “detemperamento delle acque”. Perché la doccia, semplice e rinfrescante, è ormai una tempesta per i vecchi piedi dei nostri protettori. Non possiamo lasciarli per nessun momento.
La casa di chi si prende cura dei propri genitori avrà dei rinforzi ai muri. E le nostre braccia saranno estese sotto forma di ringhiere. Invecchiare è camminare aggrappandosi agli oggetti, invecchiare è anche salire le scale senza gradini. Saremo estranei a casa nostra. Osserveremo ogni dettaglio con paura e ignoranza, con dubbio e preoccupazione. Saremo architetti, designer, ingegneri frustrati. Come non prevedere che i nostri genitori si sarebbero ammalati e avrebbero avuto bisogno di noi?
Rimpiangeremo i divani, le statue e la scala a chiocciola. Rimpiangeremo tutti gli ostacoli e il tappeto. E a nostro padre si saluta un po' tutti i giorni...
Un uomo di nome José accompagnò suo padre fino ai suoi ultimi minuti.
In ospedale, l'infermiera stava facendo la manovra per spostarlo dal letto alla barella, cercando di cambiare le lenzuola quando José gridò dal suo posto: - Lascia che ti aiuti! - . Raccolse le forze e prese suo padre sulle ginocchia per la prima volta.
Appoggiò il volto di suo padre al petto. Ha messo sulle sue spalle il padre consumato dal cancro: piccolo, rugoso, fragile, tremante. Rimase abbracciato a lungo, il tempo equivalente alla sua infanzia, il tempo equivalente alla sua adolescenza, un tempo bello, un tempo infinito.
Dondolando suo padre da una parte all'altra.
Accarezzare suo padre.
Calmare suo padre.
E gli disse sottovoce:
- SONO QUI, PAPÀ!
Ciò che un padre vuole sentire alla fine della sua vita è che suo figlio è "lì" per dirgli... Vacci piano. Ti diamo il permesso, non preoccuparti... Andrà tutto bene! 🙏🏽
Queste meraviglioso testo lo aveva trovato anni fa. Dopo la morte del mio padre. Non ho potuto arrivare in tempo prima che lui mancase.
Grazie papà ovunque la nel spazio infinito sta te e tutti mie antenati. Mi manchi.
Xiukiauitzincheko Escandon
Nagual Sciamano dell’anima
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lostaff · 2 months
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Ch-ch-changes
🌟 Novità
Stiamo lentamente implementando una funzione che permette di usare Blaze per tag specifici.
Nel Centro assistenza c'è una nuova sezione dedicata a Patio.
🛠 Correzioni
Abbiamo risolto un problema su iOS per cui l'ultima risposta visualizzata a volte veniva tagliata.
La spaziatura intorno al tuo avatar nell'editor dei post web è ora più coerente.
L'ultima volta abbiamo notato che le esportazioni dei blog richiedevano più tempo del previsto. Ora il problema dovrebbe essere risolto.
🚧 In corso
Niente di cui parlare, al momento.
🌱 In arrivo
Oggi non abbiamo lanci da annunciare.
Hai riscontrato un problema? Invia una richiesta di supporto e ti risponderemo il prima possibile!
Vuoi condividere il tuo feedback su qualcosa? Dai un��occhiata al nostro blog Work in Progress e avvia una discussione con la community.
Vuoi supportare Tumblr con una donazione diretta? Scopri il nuovo badge Sostenitore in TumblrMart!
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aurorasword · 3 months
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Ho sempre creduto al karma, sempre. Forse era un po' la mia ancora, quando succedevano le cazzate mi dicevo "ma sì, ci penserà il karma", "ciò che semini raccogli", "1 volta a me 3 volte a te". Ma alla fine chi cazzo ha pagato per le coltellate che mi hanno inflitto? Alla fine a chi cazzo è fregato del mio dolore, della mia sensibilità, della mia vita? Non so se ce la faccio più, non so se ce la faccio ancora a credere che qualcosa possa andare meglio, non so perché continuo, non so perché vivo. Non so perché continuo a non dormire di notte, a piangere in silenzio di notte, a piangere in macchina, ad urlare a squarciagola aspettando che qualcuno mi senta. Io i miei urli di aiuto li ho fatti, innumerevoli volte, ma non sono serviti, non cambierà niente ormai, c'è qualcosa che non va in me, e a questo punto, dopo tutti questi anni, direi che non sia "solo una fase", non è "solo l'adolescenza", non devo "farmi le ossa", le ossa me le stanno solo martoriando. Non è bello vivere così, non è bello pensare ogni giorno ad uccidersi, non è bello provarci, non è bello non riuscirci, non è belli piangere, soffrire, sentire il cuore lacerarsi, le mani che tremano, il cuore che scoppia. Non è bello non sentirsi all'altezza, non è bello sapere che non sarai mai niente e nessuno, non è bello pensare che sia passato e poi essere ringhiottiti dal buio. Non è bello toccare il fondo, riuscire a risalire a fatica e poi essere ributtato giù, se prima avevo un sacco attaccato alle gambe, ora ne ho due, da due passano a tre, da tre a quattro. Sarà sempre così? E alla fine chi me lo fa fare di vivere così? Lo chiami vivere questo? È vero, tutti affrontano problemi nella loro vita, tutti portano pesi, ma ci sono alcuni che ne portano più di altri. E magari si, dimmi che non ho la forza di rialzarmi, la forza di vivere, hai ragione sai, non ce l'ho più, me l'hanno portata via, ogni singola persona nella mia vita me l'ha portata via. A volte sei talmente fragile che anche una parola di troppo ti uccide, una frase mancata, un abbraccio non dato, un rimprovero, qualsiasi cosa ti disintegra. Il dolore fortifica? È vero, ma ti anestetizza, sai che tanto niente sarà peggio, e ti capita qualcosa di peggiore. Si sono presi tutto, il mio corpo, la mia mente, la mia anima, il mio cuore, come fosse loro, come se io non valessi. Mi sento solo una flebile farfalla tenuta forzatamente per le ali, solo per dare piacere agli altri. La colpa non è di qualcuno in particolare, forse non è di nessuno, forse è solo la mia, che non riesco ad essere normale, a sopportare la vita. So solo che alcune cose che mi sono successe non sono normali, non è normale la violenza, non è normale lo stupro, non è normale essere giudicati, ma viviamo in un mondo a cui tutto ciò sembra più normale di quanto non lo sia. Non sono fiera di niente nella mia vita, non riesco più a fare qualcosa di utile per me e gli altri. Non ne vado fiera, non vado fiera di essere diversa dagli altri. Vedo così tante persone dare 10 esami in una volta, e a me ne spaventa solo uno, tutto ciò mi sta logorando, mi logora dover rispondere alle continue domande sul mio futuro, io non ho un futuro, e mai lo avrò se resterò qui. Tutti avranno meno pensieri senza di me, meno problemi di cui preoccuparsi, l'ultima cosa che dovrete pagare per me sarà il funerale. Ricordatemi come un'onda del mare, che si schianta sulla riva violentemente, riflette il sole, fa divertire, ma a volte fa anche paura.
(A)nima(P)asseggera
Aurorasword
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blogitalianissimo · 6 months
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Oracolo, ha vinto l'Arabia Saudita per l'expo 2030: thoughts?
Onesta reazione
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Detto questo, ovviamente sappiamo tutti che paesi che non rispettano i più basilari diritti umani non dovrebbero ospitare eventi del genere, ma non è la prima volta che il vile denaro fa chiudere occhi, e non sarà l'ultima.
Per il resto per me abbiamo saltato un fosso, l'expo di Milano è stato un fallimento, praticamente soldi pubblici bruciati, e non credo che Roma si sarebbe mossa diversamente.
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catsloverword · 5 months
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-Ciao, è da tanto che non ci vediamo, ma quanti anni saranno passati?
- Ciao, credo un bel po'... Tre anni almeno.
- Già, ricordo che l'ultima volta stavi con lui e progettavate una vita insieme.
- Sì...
- E come è andata a finire tra di voi? Siete andati finalmente a vivere insieme?
-beh...
- Che significa questo beh?
- Beh, vedi...io e lui eravamo proprio belli insieme, ci amavamo ed eravamo felici, e tanto anche.
Insieme eravamo tutti matti, ma...
- Ma cosa?
- Ma prima o poi le cose belle finiscono così come sono cominciate.
- E tra voi è finita?
- E tra noi... tra noi è finita sì!
Uno dei due ha mollato, non è stato forte abbastanza da credere a quel "noi".
- Eppure avrei giurato che un amore come il vostro sarebbe durato in eterno!
- Già, lo pensavo anch'io, ma a crederlo ero solo io...
Non sognava più lo stesso sogno mio e a lottare per tenerlo forte ero solo io.
- Assurdo! Ma come ha potuto lasciarti andare via così?
- Eppure lo ha fatto.
Senza nessuna esitazione, senza neanche lottare decidendo alle parole il silenzio.
Non ha capito che io volevo solo essere tenuta forte.
- Hai saputo più nulla di lui?
-Certo che ho saputo qualcosa..
So che da qualche tempo ha una donna fissa.
Mi hanno detto però una cosa strana...
- Cosa?
-Che non l'hanno mai visto baciare e abbracciare lei per la strada come faceva con me...mah!
So anche che passeggia da solo e siede nella nostra panchina, e sta lì per ore come se aspettasse qualcuno, poi prende e se ne va per la strada che eravamo soliti percorrere noi, ma chi lo ha visto, dice e giura che ogni volta è come se cercasse qualcuno tra i passanti.
-Chissà, forse aspetta e cerca te! magari, spera ancora di vederti in quella via, e tra la gente, spera ancora di ritrovare te.
-Già...spera, ma senza mai trovarmi.
-E chi può dirlo? forse un giorno vi rincontrerete.
-Se lui vuole, sa dove trovarmi:
Lì dove mi ha lasciata.
Ivy Ferrara 🌸
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filorunsultra · 2 months
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SciaccheTrail TRC Expedition 2024
Ogni anno c'è il weekend di Sciacche, e ogni anno c'è un pezzo su questo blog intitolato così (qui il primo, qui il secondo). Ah, avvertenza: ho scritto di getto e senza rileggere. Lo faccio quasi sempre su questo blog (mai altrove, beninteso). Poi ci ritorno sopra nei giorni successivi. Cosa imperdonabile, lo so, ma qui mi permetto sciatterie altrove vietate. Facile insomma che se rileggete un articolo dopo qualche tempo, cambi qualcosa.
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Io, la Chri, Pass, Marta e Amanda Basham, durante un'intervista per Coltellate all'Alba, la domenica mattina, al negozio del Nic e la Chri di Manarola.
Dunque, partiamo dall'inizio. L'anno scorso, il giorno dopo la gara, io e il Pass ci recammo a Riomaggiore per la conferenza stampa di presentazione di una nuova distanza, la 100k, che si sarebbe aggiunta alla classica 47k. Andammo alla presentazione e c'era già un'idea di percorso, l'idea: unire il mare all'entroterra, da cui, parrebbe, provengano le vere origini dei popoli delle Cinque Terre. Qualche mese fa il Nic mi invitò a correrla e io intelligentemente rifiutai (perché continuo a essere convinto che non riuscirei a preparare una 100k dura per fine marzo). Il Pass invece ci credeva e si è iscritto, e io sono andato a fargli da pacer, un po' per lui, un po' per la gara, a cui, comunque, in qualche modo avrei voluto partecipare. Un anno dopo sono a Cognola, dopo una corsa in Argentario e una pastasciutta a Povo (che in primavera suscita ancora più nostalgia), con il Metti e la Marta, ad aspettare la Leti che esca di casa tutta trafelata dopo aver "smontato" il turno in comunità. Comunque la strada per Monterosso è lunga e brutta e la Cisa fa davvero schifo. Alla fine arriviamo all'imbrunire, trovando il Pass nel suo furgone, parcheggiato nel carissimo parcheggio sul mare a Monterosso, cercando di dormire in vista dell'imminente parenza. Andrea è qui dal giorno prima e ha già ritirato il pettorale, così accompagniamo Marta a ritirare il suo, trovando il Nic già completamente andato (lo dice lui) ma galvanizzato dal weekend che sta per iniziare. Poi andiamo a mangiarci una pizza in paese, dove ci sono seduti anche Kathrin Goetz e suo marito, e dove soprattutto incontriamo il grande Jacopo Bozzoli che avevo visto l'ultima volta al Morenic e sono super contento di rivedere. Dopo la pizza torniamo in macchina ad aiutare il Pass a prepararsi lo zaino.
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I letti per la prima notte: la Leti sopra, nel tendalino, io sotto, nel furgone, Marta e Metti nella macchina del Metti. Il Pass non c'è perché è in gara e la sua partenza è a Riomaggiore a mezzanotte. Dopo aver fatto lo zaino, la Marta va a letto, visto che il giorno dopo deve correre la sua prima ultra e ha programmato di svegliarsi esageratamente presto per fare colazione. Prima che parta, io, il Pass e la Leti ci chiudiamo in furgone per ammazzare il tempo guardando il documentario di Jeff Browning a Moab 240 (Jeff è il mito del Pass). Poi lo accompagniamo alla stazione di Monterosso per prendere il treno che lo porterà alla partenza a Riomaggiore, ad appena 13 minuti di treno più in là. Non glielo dico, ma ho programmato di svegliarmi verso l'una e mezza di notte per vederlo passare al suo 17esimo chilometro a Monterosso, così io e la Leti andiamo a letto per provare a dormire. Due ore dopo la sveglia suona ed è orribile. Mi metto le Birkenstock e vado al ristoro, dove i primi devono ancora passare. In generale i tempi stimati sono tutti più lenti e così passa un'ora prima che Andrea arrivi. Poi alla fine distinguo la sua corsa sbucare dall'oscurità e gli chiedo come va. Ha scavigliato un paio di chilometri prima, si fa una fasciatura ma per il resto sta bene; è contento di vedermi e faccio con lui un chilometro fino al parcheggio. Torno a dormire. La seconda sveglia è dannatamente presto, appena quattro ore dopo. Facciamo la prima colazione e poi accompagniamo Marta alla partenza. Ci sono Kuba, Mau e la Raffaella Ressico, sono contento di vederli. Nel frattempo mi arriva un messaggio dal Pass che dice di aver scavigliato di nuovo, ha perso una ventina di posizioni ed è rimasto solo, percepisco che sia vicinissimo a ritirarsi ma non glielo chiedo: se sta male sarà lui stesso a dirmelo, ma non sarò io a dargli l'idea. Intanto la 47k parte e io, il Metti e la Leti andiamo a fare una seconda colazione. Poi loro partono di corsa verso Manarola, io resto in macchina e poi prendo un treno, per raggiungerli, prezzo di 5 euro (per fare circa 8 minuti di treno). A Manarola la Marta passa in sesta posizione e sta benissimo, siamo contenti di vederla e le facciamo un po' di tifo, forse troppo perché affronta le scalette dopo il paese con eccessivo entusiasmo. Mangiamo un panino vegetariano di rara bontà e riprendiamo il treno per Monterosso.
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Qui iniziano i casini: il primo treno che prendiamo non ferma in paese e così ci ritroviamo a Levanto. Il controllore non ci fa la multa e per pura casualità non mi controlla il biglietto che non ho, perché non avevo fatto a tempo a farlo in stazione. A Levanto dobbiamo aspettare venti minuti e iniziamo a pensare di non riuscire ad arrivare in tempo alla aid station di Riccò del Golfo, dove dovrei iniziare a fare da pacer al Pass. Quando arriviamo finalmente a Monterosso spostiamo tutte le cose della Marta nel furgone del Pass, con l'idea di prendere la macchina del Metti con cui la Leti dovrebbe accompagnarmi a Riccò, mentre Metti resterebbe in paese per aspettare l'arrivo della Marta. Saliamo finalmente in macchina, la Leti gira la chiave ma la macchina non si accende. Proviamo un paio di volte ma la batteria è chiaramente andata. Nel frattempo il Metti si è aperto una gamba contro un pezzo di ferro arrugginito che spunta da terra nel parcheggio, ma non ha tempo per preoccuparsene e non gli fa nemmeno tanto male. Andiamo in cerca di un paio di cavi e dopo dieci minuti finalmente li troviamo in un bar vicino, ma non funzionano. L'unica è andare col furgone del Pass, che però la Leti non si sente di guidare. Così chiudiamo tutto, rispostiamo le borse, abbassiamo il tendalino, e io e il Metti partiamo. Il furgone del Pass non ha benzina e i freni sono andati, ma in qualche modo, tra incidenti e tornanti, arriviamo a Riccò. Scendo al volo e il Metti riparte. Da qui le nostre strade si dividono. Una volta tornato indietro, mi racconteranno, il Metti avrebbe chiesto una medicazione ai medici della gara, poi sarebbe andato al pronto soccorso di Levanto, pagando altri 5 euro di biglietto del treno (nelle Cinque Terre il biglietto costa sempre 5 euro, che tu faccia una o cinque fermate, sempre 5 euro). In ospedale gli avrebbero fatto la profilassi antitetanica chiedendogli consenso soltanto dopo avergliela iniettata. Nel frattempo avrebbero trovato altri cavi con cui far partire l'auto. Il buon Tommi Maggiolo, un nostro amico ligure che abbiamo conosciuto alle Group Runs del mercoledì, aveva deciso di raggiungerci da Chiavari per vederci arrivare. Non aveva calcolato gli scioperi dei treni e così sarebbe rimasto bloccato a Monterosso e costretto a dormire con noi in furgone la notte successiva.
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Nel frattempo alla aid station di Riccò del Golfo aveva iniziato a piovere. La Chri era arrivata ma del Pass ancora nessuna traccia. Resto ad aspettarlo lì per delle mezz'ore quando finalmente lo vedo comparire nel tracking della gara e decido di andargli in contro. Riesce a correre in salita ma gli fa male la caviglia. Si cambia, mangia qualcosa, e ripatiamo. I primi chilometri dopo la aidstation sono i migliori che avremmo trovato nei successivi 40. Il tempo fa schifo e, ammettiamolo, anche il paesaggio. Comunque proseguiamo, inseguendo il fantasma della Chri 10 minuti avanti a noi (solo poi sarebbero diventate mezz'ore, e infine ore). La prima discesa sembra il Vietnam, è piena di fango e il sentiero non è davvero un sentiero. Raggiungiamo finalmente il ristoro di Biassa e poi affrontiamo il Telegrafo, che non tarda ad arrivare. Superata quell'ultima cima e il relativo ristoro, ritorniamo sul versante del mare, da cui risbucano dalle nuvole gli ultimi raggi di sole della giornata. Il tramonto arriva definitivamente a Riomaggiore: il Pass è carico e sente profumo di arrivo, ma è ancora lunga, 8 chilometri più lunga di quello che avremmo immaginato. Addenta comunque le salite di Riomaggiore e di Manarola, ma le discese sono un'interminabile agonia. La caviglia gli fa male e le rocce bagnate dall'umidità del giorno sono diventate delle saponette. La discesa da Volastra è forse il pezzo peggiore della 47k, quando lo si affronta con appena 40 chilometri sulle gambe, figurarsi con 80 e una caviglia malmessa. Ciononostante, arriviamo a Corniglia. Da qui a Vernazza dovrebbe essere veloce ma non lo è. Inizio a guardare l'ora poco prima di arrivare in paese, conto di fargli tirare dritto il ristoro per chiudere sotto le 24 ore, ma quando scorgo un'altra ansa della costa da dover superare mi convinco che non ce la possiamo fare. Ogni chilometro è interminabile e Andrea non si capacita di come possano esserlo: è normale amigo, gli dico. Le gare lunghe sono così. Ci sono due tipi di ultra, quelle in cui, grossomodo, la media è di 10km/h, e cioè quelle in cui tendenzialmente corri, chilometro più chilometro meno, e ci sono quelle da 5km/h, in cui cammini. Puoi andare più lento o più veloce ma grossomodo la media è quella. Ne mancano più di 6, e al nostro passo significa due ore. Così affrontiamo l'ultima discesa a Vernazza e poi quella fino a Monterosso. Terribile resta terribile, ma è l'ultima. Sul sentiero a picco sul mare, illuminato solo dalla luna e dalla sua frontale semiscarica (di quattro che ne avevamo, solo quella che mi aveva prestato il Metti era rimasta accesa, e io mi ero ritrovato a correre gli ultimi 20km senza frontale) — sul sentiero a picco sul mare, dicevo, illuminato dalla luna, fermo il Pass e gli faccio notare la bellezza del momento: siamo solo io e lui, di notte, con la luna piena, a guardare la scogliera sotto di noi. Lui è sbudellato e non sono certo che se ne accorga, ma ci tengo a farglielo notare perché spesso quando soffriamo non riusciamo del tutto a assaporare le cose belle. E in alcuni momenti anche io avrei voluto avere qualcuno accanto che mi distogliesse dalla gara e dalla sofferenza e mi facesse guardare quel pezzo di mondo coi suoi occhi. Sussurra qualcosa di sconfortato, si ripete che è ancora eterna: gli dico che lo è, che soffrirà ancora, ma che domani mattina sarà la persona più felice del mondo.
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Nel frattempo i nostri cellulari si sono scaricati e siamo completamente isolati dal mondo. L'ultimo chilometro è lunghissimo e talmente lungo che nemmeno l'adrenalina riesce ad accorciarlo. Così tratteniamo il respiro, poi prendiamo le scalette sul mare, e infine arriviamo in paese. Il gonfiabile d'arrivo è stato smontato e c'è solo un bellissimo archetto di rami di vite e pampini. L'arrivo è intimo: ci sono Metti, Leti, Marta, Tommi, Nic e la Chri, che dopo essere arrivata è rimasta ad aspettare gli ultimi, da buona americana. Mangiamo un sacco al luculliano terzo tempo della gara, in cui siamo rimasti solo noi. L'orologio segna mezzanotte e mezza, il paese è deserto. Ci raccontiamo le storie della giornata, di quanto sia stata bellissima e orribile. Di quanto il Pass sia stato un duro a chiuderla, mosso da un solo sentimento: il desiderio. Ha chiuso SciaccheTrail 100 perché ci teneva da morire, per il Nic, per la Chri, per chi si è sbattuto a organizzarla. Voleva farlo e lo ha fatto, scavando nel profondo. Dio se ha scavato, posso garantirlo. Così raccattiamo le nostre cose e ci incamminiamo per quell'ultimo chilometro tra l'arrivo e il parcheggio. Ci facciamo la doccia e andiamo a letto: io e la Leti nel tendalino, e il Pass e Tommi di sotto.
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La mattina è dolce e il Pass è la persona più felice del mondo, come avevo detto. Salutiamo quattro volte il Tommi che per quattro volte ci saluta per andare a prendere il treno, per poi tornare indietro ogni volta constatando che anche quello è stato annullato. Facciamo colazione e poi Tommi se ne va davvero. Raccattiamo le cose e andiamo a Manarola dove abbiamo un appuntamento con Amanda Basham e sua sorella, il Nic e la Chri per cercare di registrare un podcast che non abbiamo preparato. Non sono mai entrato nel negozio del Nic perché di solito la domenica è chiuso e l'unico momento in cui avrei il tempo è dopo la gara: di per sé è molto carino e accogliente anche se ora è invaso dagli scatoloni. Facciamo l'intervista e parliamo di cose che non ricordo, poi andiamo a mangiare nello stesso posto in cui abbiamo mangiato il giorno prima. Spendiamo in modo irragionevole e mangiamo in modo irragionevole. Poi ripartiamo: Riomaggiore, Spezia, Cisa, Parma, Modena-Brennero. Io e il Pass ci stiamo addormentando e siamo rimasti solo io e lui, ancora una volta. Sono contento perché questo pellegrinaggio ormai per tradizione è nostro. Parliamo di tante cose, animatamente, felici, concordi. Sono contento, anche lui e adesso lo sa. Ci vediamo l'anno prossimo.
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koolxokat · 3 months
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Sono innamorato per la prima volta e per l'ultima volta
lei è la mia vita, la mia morte. lei è bella. L'ho incontrata e dimentico chi sono senza di lei. mi preoccupa ma non importa. lei è il mio mondo. stare senza di lei significa non essere vivi.
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diceriadelluntore · 24 days
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Integerrimi
Racconta Tito Livio:
La censura si era resa necessaria non solo perché non si poteva più rimandare il censimento che da anni non veniva più fatto, ma anche perché i consoli, incalzati dall’incombere di tante guerre, non avevano il tempo di dedicarsi a questo ufficio. Fu presentata in senato una proposta: l’operazione, laboriosa e poco pertinente ai consoli, richiedeva una magistratura apposita, alla quale affidare i compiti di cancelleria e la custodia dei registri e che doveva stabilire le modalità del censimento. (Ab Urbe Condita, IV, 8).
La magistratura Censorea venne istituita nel 443 a.C., durante il regime repubblicano di Roma: Censura deriva da una concrezione tra CĒNSEŌ, “dare un’opinione, giudicare, valutare” e il suffisso -TŪRA, necessario per formare un sostantivo a partire da un verbo. I magistrati censori non solo facevano i censimenti (necessari sia per il sistema fiscale che per quello militare), ma erano anche guardiani della CURA MORUM, cioè i costumi del singolo e della collettività ed avevano poteri particolari: erano decisivi nelle assegnazioni degli appalti per i lavori pubblici, ed erano loro a concedere in affitto i terreni statali e avevano incarico di nominare i candidati che si potevano candidare al seggio del Senato, Massima Istituzione di Roma, nelle famose Lectio Senatus.
Il significato odierno si deve ad uno di questi poteri antichi, e ad uno rinascimentale: si racconta che i censori potevano tagliare con una cesoia apposita gli abbellimenti che ritenevano troppo distante dalla Cura Morum, tanto che come antonomasia dell'integerrimo amico della sobrietà si ricorda Marco Porcio Catone, detto il Censore, proprio per il ruolo che svolgeva al tempo.
Durante il Rinascimento, precisamente nel 1515, Papa Leone X, nato Giovanni di Lorenzo de' Medici, secondogenito di Lorenzo Il Magnifico, emanò una bolla, Inter Sollicitudines, dove si stabilisce che essendo la stampa "inventato per la gloria di Dio, la crescita della fede e la propagazione delle scienze utili” ma con la paura che possa diventare “un ostacolo alla salvezza dei fedeli in Cristo”, decide che nessuno può stampare un libro senza l'autorizzazione del vescovo locale (o del Vicario del Papa, se si tratta di libri da stampare nello Stato della Chiesa), sotto pena di scomunica. Nasceva così l’imprimatur, ossia il visto ecclesiastico per la stampa dei libri. Di pochi anni dopo, nel 1559, è il primo Indice dei Libri Proibiti, il quale fu per l'ultima volta aggiornato nel 1959 prima del Pontificato di Papa Giovanni XXIII.
Gli uomini potrebbero fare a meno dell'arte, ma non i censori. Stanisław Jerzy Lec
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