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#È una cosa che può accadere ovunque
dolianet2022 · 2 years
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fragilityisavirtue · 4 months
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È come già sapere cosa ti sarà necessario scontare, per colpa di una vita che troppo spesso sbaglia i momenti. Perché il mio maggior difetto è quello di essere arrivato sempre fuori tempo. Così noi due spariremo dalla storia ma non dalla memoria e tu ricorderai, perché lo sai, che ho le pieghe delle tue mani ancorate fra le mie e non le smuove neppure l’inquietudine che ci accompagna sempre ovunque un po’.
Le volte che tu vai da sola al mare e le volte che io ho bisogno di correre in autostrada per pensare. In mezzo a tutte le luci della notte che mi abbagliano, so sempre riconoscere dove sia la tua, se pure sembra assurdo che possa arrivare da laggiù ad oscurare tutto il resto che ho intorno. Così poi scopro d’improvviso che è qui dentro che ho la forza di difenderti, è il resto fuori ad essere un contorno. Il resto accentua la mancanza. Eppure è meraviglioso accorgersi di quanto un’unica donna nella vita di un uomo possa fare la differenza.
Le volte che ti atterro nel cuore, leggero, come un fruscio indefinito che non dà dolore e ti accorgi che ti penso. Ti penso e cambia il senso del vento dentro me.
Io lo so cosa proverò domani, quando cercherò di convincermi che a cambiarci la vita non può essere la sensazione di un solo momento, mentre attraverso i tuoi occhi ora scorgo quello che prima non vedevo. E non potrò più dirmi di no, e non potrò più dirmi di sì.
Si resta sempre un po’ intrappolati nelle cose non vissute, anche quando si è liberi dentro e non ci si ferma mai con facilità. Ogni tanto niente non è davvero niente. Chiudi solo gli occhi e assapori un dispiacere.
Ti parlerò di tutto, d’ora in poi, di te, di me, ma non di noi. Eppure io avrei voluto essere il solo a capire come salvarti e dirti: “Non dovrai più avere paura di ciò che potrà accadere. Ci sono io, ti sveglierai con me. E invece accadrà tutt’altro. Noi due saremo felici, ma non insieme.”
M. Bisotti
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canesenzafissadimora · 8 months
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Io lo so cosa provi.
Ora non puoi amarmi ma sai già che domani mi rimpiangerai.
È come già sapere cosa ti sarà necessario scontare, per colpa di una vita che troppo spesso sbaglia i momenti.
Perché il mio maggior difetto è quello di essere arrivato sempre fuori tempo.
Così noi due spariremo dalla storia ma non dalla memoria e tu ricorderai, perché lo sai, che ho le pieghe delle tue mani ancorate fra le mie e non le smuove neppure l’inquietudine che ci accompagna sempre ovunque un po’.
Le volte che tu vai da sola al mare e le volte che io ho bisogno di correre in autostrada per pensare. In mezzo a tutte le luci della notte che mi abbagliano, so sempre riconoscere dove sia la tua, se pure sembra assurdo che possa arrivare da laggiù ad oscurare tutto
il resto che ho intorno.
Così poi scopro d’improvviso che è qui dentro che ho la forza di difenderti, è il resto fuori ad essere un contorno.
Il resto accentua la mancanza.
Eppure è meraviglioso accorgersi di quanto un’unica donna nella vita di un uomo possa fare la differenza. Le volte che ti atterro nel cuore, leggero, come un fruscio indefinito che non dà dolore e ti accorgi che ti penso.
Ti penso e cambia il senso del vento dentro me. Io lo so cosa proverò domani, quando cercherò di convincermi che a cambiarci la vita non può essere la sensazione di un solo momento, mentre attraverso i tuoi occhi ora scorgo quello che prima non vedevo.
E non potrò più dirmi di no, e non potrò più dirmi di sì.
Si resta sempre un po’ intrappolati nelle cose non vissute, anche quando si è liberi dentro e non ci si ferma mai con facilità.
Ogni tanto niente non è davvero niente. Chiudi solo gli occhi e assapori un dispiacere.
Ti parlerò di tutto, d’ora in poi, di te, di me, ma non di noi.
Eppure io avrei voluto essere il solo a capire come salvarti e dirti: – Non dovrai più avere paura di ciò che potrà accadere.
Ci sono io, ti sveglierai con me.
E invece accadrà tutt’altro.
Noi due saremo felici, ma non insieme.
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Massimo Bisotti
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diceriadelluntore · 1 year
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Virtuosi del ‘22
Bisogna volere quando si può, perché il momento e l'occasione non aspettano nessuno. Non bisogna procedere nella vita secondo regole generali, tranne nel caso in cui si debba seguire la virtù; né si possono imporre leggi assolute alla volontà, perché può accadere di dover bere domani l'acqua che oggi si disprezza.
Baltasar Gracián y Morales, Oracolo manuale e arte della prudenza, 1647
Un anno che lascia il sapore amaro della consuetudine della guerra, per il nostro vizio moderno di abituarci a tutto e non ricordare più niente. Ci Lascia una che è andata ad urlare ovunque che è una donna, madre, cristiana etc etc ma poi si fa chiamare “Il Presidente”. Gente che dell’antifascismo nella Costituzione non se ne è mai fregato, e che doppiamente se ne frega dopo averci giurato sopra. 
Vorrei che scegliessimo meglio l’uso e il significato delle parole, per non fare la confusione tra “umiliazione” e “umiltà”. Vorrei che, senza spargimento di sangue, si arrivasse ad una definizione tangibile per quanto approssimativa di cosa sia e cosa debba fare la “sinistra” senza definire fascista chi ne ha una accezione diversa (questa mi rendo conto è l’utopia dei decenni a venire). Vorrei che non si definisse analfabeta funzionale quello che ha capito un’altra cosa leggendola da quello che si è pensato di capire leggendola (questa è sottile). Vorrei che non venissero rinchiusi dei tizi in una finta casa facendo credere ancora a qualche milione di telespettatori che è il Grande Fratello. Vorrei meno diatribe sui piatti tipici, e sul fatto che il problema più grave del nostro paese sia la mancanza di camerieri. Vorrei che non parlassero sempre le stesse persone, di cose che hanno ampiamento dimostrato di non saper definire, nè contrastare nè risolvere.
Vorrei che non si usasse con leggerezza “caso umano”, dato che lo siamo tutti per definizione. E la fine di un amore sia la fine di un amore, non un invito alla tragedia.
Vorrei che questo posto trovi un modo per impedire a persone finte di definirsi nel “5% dei migliori creatori di Onlyfans”.
Vorrei più sorrisi, sebbene mi renda conto ci arrabbiamo per sempre più cose, situazioni, notizie, parole, quando per la verità la maggior parte di queste cose non sarebbe nemmeno da degnare di considerazione.
Vorrei darvi la mano, per la compagnia che mi fate.
Auguri!
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susieporta · 1 year
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Una riflessione pubblica.
In questi giorni mi è capitato di dire più volte a una bambina che i voti non contano. Che non sono quelli a definire chi sei.
Gliel'ho detto non perché questa bambina vada male a scuola, dunque per rassicurarla, l'ho fatto per il motivo esattamente contrario: a scuola è bravissima e ha tutti voti eccellenti, in ogni materia. Una media quasi irreale. Dunque tutto bene, direte voi.
No. Proprio per niente.
Il fatto è che mi sono reso conto che dei voti le importa troppo. Questa bambina ci tiene a essere sempre la prima, la migliore, la più preparata. Ieri mi ha confessato che vuole avere la pagella più alta dell'intera scuola. E, credetemi, io penso che potrebbe farcela sul serio.
Il punto, però, è che a quest'obiettivo sacrifica troppo, ultimamente quasi tutto il resto: si alza alle sei di mattina per ripassare bene, perdendo una preziosa ora di sonno, si porta libri e quaderni ovunque, durante i viaggi in auto, dai nonni, ripassa mentre guarda la tivù e spesso dopocena, a volte perfino in pizzeria, va in ansia e non si perdona quando non riesce a ottenere il massimo da se stessa. Un massimo, sia chiaro, che lei sola ha stabilito, che nessuno le ha mai richiesto. Nessuno nella sua famiglia ha mai preteso che fosse la prima, nessuno l'ha educata all'eccellenza o morte, anzi, nella sua famiglia manca proprio l'attitudine a questo tipo di atteggiamento perché i suoi genitori sono caduti e hanno fallito così tante volte che non riescono nemmeno a contarle. E benedicono ciascuna di queste loro cadute, perché dalle loro sconfitte, dai loro apparenti fallimenti, hanno imparato più che da qualunque vittoria. E sanno bene, anche, che a volte, dietro il vestito dell'eccellenza, l'emozione che prevale può essere la paura.
Questa è la ragione per cui, ieri, ho guardato negli occhi questa bambina e le ho augurato di prendere un brutto voto.
Non gliel'ho proprio augurato, in verità, ma le ho garantito che succederà. Perché a volte, anche quando ti impegni con tutto te stesso, può accadere una cosa che non ti aspetti. Perché il tuo meglio può non essere sufficiente. Altre volte, è semplicemente la vita a essere ingiusta, perché non è sempre vero che i migliori ce la fanno. Ho detto alla bambina di prepararsi a questo, e di chiedersi cosa farà quando succederà. Perché non si tratta di "se", ma di "quando": è solo questione di tempo. Lei mi ha detto: "Ma io non voglio che succeda", e mi è toccato precisare che la vita, ahimè, se ne frega di quel che vuoi, che spesso le cose accadono e basta. Ma le ho detto, anche - e non era una sterile rassicurazione, ma una cosa nella quale credo profondamente - che quando accadono cose che non vuoi non è affatto detto che sia un male, anzi. Significa che la vita ti sta offrendo un nuovo punto di vista che magari non avevi considerato. Vuol dire che a volte il mondo, per renderti più forte, ha prima bisogno di renderti fragile. E forse la nostra più grande forza sta proprio nella nostra fragilità, nella nostra attitudine a "romperci", perché è proprio quella che ci impedisce di restare chiusi dietro ai nostri muri, protetti dalle nostre convinzioni. La fragilità è ciò che ci permette di aprirci al nuovo. Che ci fa mettere in discussione. Non si è rasserenata del tutto, ma ho avuto l'impressione che avesse capito quel che stavo cercando di dirle. Di essere riuscito ad aprire una crepa. Mi sono ricordato quella frase di Leonard Cohen che dice che è proprio dalle crepe che entra la luce. Me lo sono fatto bastare.
La cosa che non mi lascia tranquillo, però, è che in realtà io so bene che a questa bambina ho mentito. Perché non è vero che i voti non contano.
I voti, purtroppo, per com'è strutturata la nostra società, contano eccome. Contano, per certi versi, più di tutto il resto. Ci educano, sia a scuola che sul lavoro, da sempre al successo, a provare a essere i migliori, a sacrificare quasi tutto sull'altare di una (presunta) perfezione, perfino a calpestare gli altri se possono rappresentare degli impedimenti per il raggiungimento dei nostri obiettivi. E anche noi genitori abbiamo assorbito questi modelli e questo tipo di mentalità, è inutile negarlo. Del resto: come avrebbe potuto essere altrimenti, dopo che ce li hanno inflitti a nostra volta? Ecco perché ci può accadere, magari, nonostante tutte le attenzioni, di far sentire i nostri figli involontariamente sbagliati, o non all'altezza, o di spingerli a primeggiare in discipline o in materie che magari nemmeno amano, a perseguire obiettivi che non desiderano davvero. Di mostrarci eccessivamente delusi quando il risultato non è quello sperato. O di pensare, al contrario, che i problemi non ci siano quando il risultato ci conforta. Magari non lo facciamo in modo esplicito, non lo facciamo in maniera del tutto consapevole, ma li educhiamo implicitamente a questo.
Pensiamoci: qual è la prima domanda che rivolgiamo loro quando tornano da scuola? Quasi sempre chiediamo: "Com'è andata?", e quasi sempre come risposta otteniamo l'immancabile: "Bene", davanti al quale ci fermiamo. Perché la verità è che vogliamo solo essere rassicurati. La domande giuste, invece, lo sappiamo tutti, sarebbero altre. Solo che sono domande che costano.
"Come stai oggi?", "Come ti senti?", "Cosa ti ha reso/a felice o cosa ti ha messo in difficoltà?". E sono domande difficili, certo. Sono domande che tendiamo a evitare, o che facciamo troppo poco, perché non vogliamo sentire davvero le risposte. Non li vogliamo sentire mentre magari ci dicono: "Sto una merda", "Mi sento solo", "Mi sento inadeguata", "Cerco di coprire la mia ansia prendendo tutti voti alti", oppure, al contrario, "Vado male a scuola perché forse solo così mi vedrai, solo se sarò un problema per te ti occuperai davvero di me, e non ti farai bastare le solite risposte di circostanza".
Invece la realtà in cui viviamo immersi converge verso un'unica convinzione: ti ameremo, ti ameranno, solo o soprattutto quando farai il bravo/a. Quando corrisponderai alle aspettative. E ci convincono troppo presto che l'amore sia quella roba lì, che abbia a che fare con il merito, e forse non a caso se questa parola è stata, ultimamente, così spesso fraintesa e tirata in ballo a sproposito.
"Ti vorrò bene solo se farai o desidererai le cose giuste", ecco il messaggio che continuerà a passare se resteremo schiavi di questo modello. Ecco il principale elemento della crisi che sta toccando moltissimi adolescenti. Ciò che li fa sentire invisibili, rifiutati, spesso poco adatti.
L'amore vero, quello sano, invece ti vede e ti accoglie proprio quando cadi, fallisci o perdi. Quando ti trovi davanti a qualcuno che non capisce bene chi è o cosa vuole diventare. Quando quel qualcuno non ha le ambizioni che speravi tu. Quando non esistono risposte giuste. Soprattutto allora. Perché non è evitare la polvere che ci salverà, non è evitare un cinque o un quattro o un due. È più probabile che, invece, lo faccia il riuscire a guardare in faccia quel cinque o quel quattro o quel due, oppure quel dieci, riuscendo a vedere il bambino o la bambina spaventati e affamati d'amore che ci stanno dietro. È a loro che bisogna parlare, a quella paura, a quel terrore, è loro che dobbiamo riuscire ogni volta a raggiungere.
Non solo quando quelle bambine o quei bambini sono i nostri.
Perfino quando quei bambini siamo noi.
Matteo Bussola
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letizia-bollini · 2 years
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Odiatori, nella vita come nella Rete. L’ondata di cattivismo che sta infestando il dibattito pubblico rischia di sovvertire millenni di etica, con i samaritani del 2000 disprezzati, accusati di salvare vite e occuparsi dei fragili, come fosse una colpa anziché ciò che ci fa uomini. Rigurgiti odierni di “aporofobia” (disgusto verso i poveri), fenomeno mai visto prima...
Ho finito le guance. Ho già porto anche l’altra, non ne ho più; ormai è uno stato di isteria, una malattia effettiva e affettiva. Rabbia e paura ci hanno drogato, ci hanno alterato quasi chimicamente, fino alla patologia. L’odio nasce da un cortocircuito, avvenuto per poter scaricare una rabbia che è stata preparata accuratamente.
Credevamo di avere gli anticorpi contro tutto questo, che gli errori del passato ci avessero resi irrimediabilmente migliori. Invece assistiamo al trionfo della ci/viltà, l’anonimato è la forza con cui si esprime oggi chi odia: ti insulto tanto io non so chi sei e tu non sai chi sono io. È la ci/viltà dei social, dei media, la viltà da dietro un vetro. Come ha scritto Zamagni su Avvenire, il potere ha paura dei solidali, colpevoli di trovare soluzioni che toglierebbero il dominio alla nuova economia. Allora avalla questo delirio di impotenza, questa fame di diffamare... Mi dai l’inimicizia su Facebook?
Così ci si assuefà a tutto e può anche accadere, a Manduria per esempio, che un anziano debole sia seviziato per mesi da baby bulli, fino alla morte, nel silenzio osceno di tutti. L’anonimo è vile perché è forte della debolezza altrui, macchia la tela bianca e sa che la tela non potrà rispondere. La povertà è invisibilità, se la si vede la nascondiamo, inchiodiamo i ferri sulle panchine per non far sedere i mendicanti, per non farli ri/posare. I Comuni dicono ci pensi lo Stato, ma lo Stato è confusionale e allora chi ci pensa è il terzo settore, il volontariato, quello odiato, che però è all’elemosina, perché il potere non si può permettere un’economia sociale... E allora tocca per esempio all’Elemosiniere ridare non solo quella luce (una vera Illuminazione) che non nasconde più nel buio il bisogno, il disagio e la vita, ridando altra energia a quelli a cui l’abbiamo tolta da troppo tempo e che dobbiamo difendere con ogni costo a tutti i costi per non continuare a vergognarci.
Chi esprime tenerezza diventa quasi un nemico, mai nel passato la Croce Rossa o Medici senza Frontiere o la Caritas erano stati insultati in quanto umanitari... Ci vuole un cambio di frequenza che muova da dentro, da dove parte la tua idea di vergogna: quando parlo di diritti non regge più la sola Costituzione, manca una sana costituzione interiore. I partiti hanno creato questo momento storico, hanno acceso il fuoco perché potesse bruciare, perché si calpestasse il pane purché non andasse ai rom: quando arrivi a questo è già tardi, bisogna agire nelle scuole, raccontare lì il tema della paura che nasce da una mancanza d’amore, e raccontare il mistero degli Interni, il mistero della Giustizia, il mistero della Salute, il mistero dell’Istruzione. La libertà di parola quali condizionamenti può avere? Davvero ognuno può scrivere tutto? Ognuno può offendere? C’è una sproporzione umana che chiede una condizione di sovrumanità, altro che sovranismo! E poi perché vogliono depotenziare la storia a scuola? Questo è lavorare sull’annientamento della memoria, renderci poveri, sì, ma di idee, il potere è malato, teme gli spiriti liberi della solidarietà, perché dimostrano che la povertà può diventare ricchezza. In questo momento c’è un Dna del buio.
Cosa possiamo fare, allora? Cambiare il linguaggio, gridare la tenerezza e la compassione, urlare nei teatri, sui libri, ovunque, contro questa cultura in vitro – il vetro della tivù e dei computer – che non la tocchi e non la annusi, che non ha sensi. Ma c’è una nuda verità che viene prima: essere o essere? Questo mi interessa. Attenzione, il volontariato verso i bisognosi esiste, anche a Bologna ne vedo tanto, ma oggi occorre indossare questa povertà, abitarla, sentirla con un settimo senso, ecco il cambio di frequenza che tocca a noi, non ci sta più solo la denuncia e la manifestazione. C’è un fare l’impossibile e un fare l’impassibile, io devo fare il mio volontariato quotidiano che è lo sguardo, il non avere paura d’avvicinarmi. Il mercato ci ha detto cosa dobbiamo avere per mantenere il nostro benessere e il suo benestare, senza cadere mai sotto la famosa soglia della povertà... Invece no, dobbiamo attraversarla avanti e indietro questa soglia, ognuno come può, lavorare sulla nostra santità, altra parola che fa tanta paura. Invertiamo la rotta, mettiamocela addosso questa santità, per combattere il morbo dell’aporofobia c’è bisogno di uno scatto, un moto a luogo, altrimenti poveri... noi.
Di che cosa si accusa il povero? Mai visto nella storia un accanimento come oggi. Il povero... non ti ha fatto assolutamente nulla. Semplicemente ti accanisci contro questa condizione inerme e sai che non reagirà. E siamo pure arrabbiati perché stiamo male, a differenza di chi sta male: quello che vive sotto i ponti dà fastidio a noi. Penso ai cartoni animati , quelli dei clochard, con dentro degli uomini... Bisognerebbe aprire l’era del risarcimento per togliere l’in/fame nel mondo e restituire il maltolto, invece su questa gente si consuma la fame di fama che ci vede potenti sui social, dove li disprezziamo e così siamo forti. Pensare che social con una “e” in più diventa sociale, cioè terzo settore, pietà, condivisione. Invece il social è vedo e colpisco. I nativi digitali moriranno tra atroci divertimenti, dipendenti dalla Rete non conoscono la concezione tattile, olfattiva, umana dell’altro, è questo il sacrilegio che vedo. Io auspico il cambio di frequenza dal basso all’altro, e non lo lascio solo alle religioni, tutti noi abbiamo una parte divina che non ci è permesso esercitare: siamo stati lavorati sulla stanchezza, sottomessi a spauracchi con mezzi di distrazione di massa. Liberiamo i nostri figli dalla paura! Diciamogli che la persona disagiata è chi guarda, non chi è nel disagio. Che il cibo è spazzatura, ma per molti la spazzatura è il cibo. Liberiamoci dal conflitto di disinteresse. Il cambio dev’essere esistenziale, non di partito: portiamolo nelle scuole, è lì il vero Parlamento
Alessandro Bergonzoni
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valentina-lauricella · 2 months
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Un post dal gruppo Facebook "Nosso Lar"
La morte è il più clamoroso equivoco della storia umana. Dai più eminenti uomini di scienza dell’ultimo secolo scopriamo che l’Universo è tutto Pensiero e che la Realtà esiste solo in ciò che pensiamo. L’energia è quella manifestazione che fa accadere le cose e gli eventi. Essendo di carattere vibrazionale essa si manifesta in una incommensurabile vastità di forme e di aspetti. Dietro tutte queste apparenze si cela una realtà legata a un campo di frequenze comprese in bande, ciascuna delle quali ha uno sbocco nel panorama delle cose materiali che noi vediamo. Sofisticate tecnologie dimostrano che l’uomo non muore, quando sembra separarsi dalla sua carica energetica che lo vivifica, perché ciò che si stacca dal soma migra e fluisce verso altre locazioni.
Il nostro apparato sensoriale è limitato e quindi inadeguato a permetterci di percepire la realtà al suo livello più profondo. Occorre comprendere che l’anima che sta per trapassare non è il corpo, bensì la vita stessa e che la sua natura non è materica ma spirituale e che al contrario del suo corpo psico-fisico non conosce mutamento, né decadimento. Inconsciamente non possiamo sopportare di morire in quanto sappiamo che non è possibile farlo. Quando l’Io ben centrato ne ha la suddetta visione, allora siamo fuori dal paradigma spazio-temporale. Il tutto dipende dalla qualità del nostro livello di coscienza. Se non modifichiamo il nostro atteggiamento mentale, se non cambiamo lo stato della nostra visione del mondo, non potremo scegliere il mondo successivo, ma ci troveremo a ripetere ciò che siamo qui con le stesse difficoltà e le stesse limitazioni. Il paradiso infine, non è un luogo, ma è una dimensione della coscienza.
Il tempo non esiste. Quando il tempo incomincia a scorrere? L’etimologia della parola ha una derivazione di origine indo-europea che significa dividere. Quando nasce il tempo nasce anche il concetto di morte. Anche il Big Bang non è mai avvenuto. Si è scoperto di recente un “Campo Informazionale” che permea tutto. È infinito. Non ha inizio e non ha fine. Noi vediamo attraverso i nostri occhi tutte le cose divise, frantumate, separate e invece tutto è Uno. Il viaggio dell’evoluzione è dall’inconscio al conscio. Quando mi chiedono cosa c’era prima del tempo e della morte rispondo che tutto ciò che esiste è AMORE. Questa parola non è legata a sentimento, affetto o passione, come lo conosciamo oggi, ma significa A-MORS non morte.
Tutto vive, dall’atomo alla più grande galassia. Abbiamo verificato che anche le piante e i minerali vivono, su piani diversi. Tutto è costituito da una sola sostanza, con manifestazioni diverse. Questa sostanza è fisicamente e psichicamente pensante. Ilya Prygogine, che è stato il più grande chimico vivente (premio Nobel nel 1977), nel corso delle sue ricerche chimiche della materia organica, si è accorto che ogni molecola viveva e sapeva perfettamente quello che faceva ogni altra molecola a distanze macroscopiche. Anche nell’esperimento che fece Pauli (fisico) le particelle separate (fotoni) che si trovavano nello stesso livello energetico o stato quantico, pur lanciate a distanze differenti, rimanevano sempre collegate. Tutto è interconnesso e non-locale (entanglement). Le informazioni sono istantanee, perché abbiamo scoperto che le particelle come possono essere ad esempio gli stessi elettroni/processo o evento, non sono masserelle solide ed inerti, ma nuclei del tutto inconsistenti che rivelano di essere “un bit concentrato di informazione”, andando così a costituire un campo informazionale.
L’unica cosa solida che si può dire di questa materia, che sembrava fatta di “mattoni atomici”, è invece che assomiglia più ad un PENSIERO. Le onde e le particelle (“ondicelle”) in realtà sono le solite. Esse si trovano sia qui che ovunque, Ciò perchè esse, oltre ad essere se stesse, sono anche lo spazio che intercorre tra loro. E quindi non hanno neppure alcun bisogno di comunicare tra loro, perchè sono la stessa cosa dello “spazio”. Ed in più esse non hanno nessuna ragione per doversi connettere, perchè non sono mai state disconnesse o disgiunte. In sintesi, sono un ologramma, un “Tutto-parte”, una versione su scala più ridotta del Cosmo, dell’Intero Corpo organico universale. Una goccia concentrata e indissolubile dell’infinito oceano energetico, detto Coscienza non locale. La Coscienza dunque non sta nel cervello ma nel Campo. Sia la fisica che la neurofisiologia che la quantistica concordano su questo punto. Non è il cervello che produce il pensiero, ma è il PENSIERO o COSCIENZA che edifica il cervello.
Max Planck, padre della teoria dei quanti, scioccò il mondo nel 1944 quando affermò che esiste un’unica matrice energetica “intelligente” da cui ha origine tutto, il visibile dall’invisibile. Con questa implicazione sconcertante il mondo scopriva per la prima volta che Tutto è coscienza. Abbiamo oggi gli strumenti che possono vedere che intorno a noi esiste un globo luminoso. Un nostro prolungamento (un duplicato immateriale). È stato definito un campo di ultra-luce. Noi non lo vediamo con gli occhi e anche con gli strumenti possiamo vedere fino ad un certo punto. Questo campo è milioni di volte più sottile della più sottile materia. Ha una frequenza vibrazionale di 10 alla 26 Hz. Esso è più sensibile e impressionabile della più sensibile ed impressionabile pellicola fotografica. Anche la PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia) ha riconosciuto che gli antichi avevano ragione. Noi siamo un fascio di vibrazioni di cui l’aspetto fisico, la forma fisica è solo il nucleo più denso.
La luce che vedono le persone che hanno esperienze di premorte (NDE), siamo noi stessi, ciò di cui siamo costituiti. Un fenomeno straordinario, che merita di essere chiamato con il nome di AUTOPSIA (composto da “autos”, stesso e “opsis”, vista), cioè “VISTA DI SE STESSO”. E l’Autopsicità (quale può essere quella dell’ esperienza totale del Divino) è una situazione che implica la visione istantanea e diretta di una “partitura” in cui figurano tutti gli aspetti del Libro della Vita, cioè di una composizione universale, disposta in più mondi. Qualcuno ha detto: “Chiarisci il tuo senso e illuminerai il mondo”. Se vuoi sapere come fare, fai come fece il maestro Zen Poshang. Quando gli fu chiesto come si cerca la natura del Buddha (Dio), Egli rispose: “È come cavalcare il Bue, in cerca del Bue”.
(Parziale adattamento da - Prof. Vittorio Marchi)
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𝗟𝗔 𝗠𝗢𝗥𝗧𝗘 𝗘̀' 𝗜𝗟 𝗣𝗜𝗨̀ 𝗖𝗟𝗔𝗠𝗢𝗥𝗢𝗦𝗢 𝗘𝗤𝗨𝗜𝗩𝗢𝗖𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗦𝗧𝗢𝗥𝗜𝗔 𝗨𝗠𝗔𝗡𝗔
(𝗣𝗿𝗼𝗳. 𝗩𝗶𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 𝗠𝗮𝗿𝗰𝗵𝗶)
La morte è il più clamoroso equivoco della storia umana.
Dai più eminenti uomini di scienza dell’ultimo secolo scopriamo che l’Universo è tutto Pensiero e che la Realtà esiste solo in ciò che pensiamo ✨
L’energia è quella manifestazione che fa accadere le cose e gli eventi. Essendo di carattere vibrazionale essa si manifesta in una incommensurabile vastità di forme e di aspetti. Dietro tutte queste apparenze si cela una realtà legata a un campo di frequenze comprese in bande, ciascuna delle quali ha uno sbocco nel panorama delle cose materiali che noi vediamo.
Sofisticate tecnologie dimostrano che l’uomo non muore, quando sembra separarsi dalla sua carica energetica che lo vivifica, perché ciò che si stacca dal soma migra e fluisce verso altre locazioni.
Il nostro apparato sensoriale è limitato e quindi inadeguato a permetterci di percepire la realtà al suo livello più profondo.
Occorre comprendere che l’anima che sta per trapassare non è il corpo, bensì la vita stessa e che la sua natura non è materica ma spirituale e che al contrario del suo corpo psico-fisico non conosce mutamento, né decadimento.
Inconsciamente non possiamo sopportare di morire in quanto sappiamo che non è possibile farlo. Quando l’Io ben centrato ne ha la suddetta visione, allora siamo fuori dal paradigma spazio-temporale.
Il tutto dipende dalla qualità del nostro livello di coscienza.
Se non modifichiamo il nostro atteggiamento mentale, se non cambiamo lo stato della nostra visione del mondo, non potremo scegliere il mondo successivo, ma ci troveremo a ripetere ciò che siamo qui con le stesse difficoltà e le stesse limitazioni.
Il paradiso infine, non è un luogo, ma è una dimensione della coscienza.
Il tempo non esiste.
Quando il tempo incomincia a scorrere? L’etimologia della parola ha una derivazione di origine indo-europea che significa dividere.
Quando nasce il tempo nasce anche il concetto di morte.
Anche il Big Bang non è mai avvenuto
Si è scoperto di recente un “Campo Informazionale” che permea tutto.
È infinito. Non ha inizio e non ha fine. Noi vediamo attraverso i nostri occhi tutte le cose divise, frantumate, separate e invece tutto è Uno. Il viaggio dell’evoluzione è dall’inconscio al conscio.
Quando mi chiedono cosa c’era prima del tempo e della morte rispondo che tutto ciò che esiste è AMORE.
Questa parola non è legata a sentimento, affetto o passione, come lo conosciamo oggi, ma significa A-MORS non morte.
Tutto vive, dall’atomo alla più grande galassia.
Abbiamo verificato che anche le piante e i minerali vivono, su piani diversi.
Tutto è costituito da una sola sostanza, con manifestazioni diverse.
Questa sostanza è fisicamente e psichicamente pensante.
Ilya Prygogine, che è stato il più grande chimico vivente (premio Nobel nel 1977), nel corso delle sue ricerche chimiche della materia organica, si è accorto che ogni molecola viveva e sapeva perfettamente quello che faceva ogni altra molecola a distanze macroscopiche.
Anche nell’esperimento che fece Pauli (fisico) le particelle separate (fotoni) che si trovavano nello stesso livello energetico o stato quantico, pur lanciate a distanze differenti, rimanevano sempre collegate.
Tutto è interconnesso e non-locale (entanglement).
Le informazioni sono istantanee, perché abbiamo scoperto che le particelle come possono essere ad esempio gli stessi elettroni/processo o evento, non sono masserelle solide ed inerti, ma nuclei del tutto inconsistenti che rivelano di essere “un bit concentrato di informazione”, andando così a costituire un campo informazionale.
L’unica cosa solida allora di cui si può parlare di questa materia, che sembrava fatta di “mattoni atomici”, è invece che assomiglia più ad un PENSIERO.
Le onde e le particelle (“ondicelle”) in realtà sono le solite. Esse si trovano sia qui che ovunque, Ciò perchè esse, oltre ad essere se stesse , sono anche lo spazio che intercorre tra loro.
E quindi non hanno neppure alcun bisogno di comunicare tra loro, perchè sono la stessa cosa dello “spazio”.
Ed in più esse non hanno nessuna ragione per doversi connettere, perchè non sono mai state disconnesse o disgiunte.
In sintesi, sono un ologramma, un “Tutto-parte”, una versione su scala più ridotta del Cosmo, dell’ Intero Corpo organico universale. Una goccia concentrata e indissolubile dell’infinito oceano energetico, detto Coscienza non locale.
La Coscienza dunque non sta nel cervello ma nel Campo.
Sia la fisica che la neurofisiologia che la quantistica concordano su questo punto.
Non è il cervello che produce il pensiero, ma è il PENSIERO o COSCIENZA che edifica il cervello.
Max Planck, padre della teoria dei quanti, scioccò il mondo nel 1944 quando affermò che esiste un’unica matrice energetica “intelligente” da cui ha origine tutto, il visibile dall’invisibile.
Con questa implicazione sconcertante il mondo scopriva per la prima volta che Tutto è coscienza.
Abbiamo oggi gli strumenti che possono vedere che intorno a noi esiste un globo luminoso. Un nostro prolungamento (un duplicato immateriale). È stato definito un campo di ultra-luce.
Noi non lo vediamo con gli occhi e anche con gli strumenti possiamo vedere fino ad un certo punto.
Questo campo è milioni di volte più sottile della più sottile materia. Ha una frequenza vibrazionale di 10 alla 26 Hz.
Esso è più sensibile e impressionabile della più sensibile ed impressionabile pellicola fotografica.
Anche la PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia) ha riconosciuto che gli antichi avevano ragione.
Noi siamo un fascio di vibrazioni di cui l’aspetto fisico, la forma fisica è solo il nucleo più denso.
La luce che vedono le persone che hanno esperienze di premorte (NDE), siamo noi stessi, ciò di cui siamo costituiti.
Un fenomeno straordinario, che merita di essere chiamato con il nome di AUTOPSIA (composto da “autos”, stesso e “opsis”, vista), cioè “VISTA DI SE STESSO”.
E l’Autopsicità (quale può essere quella dell’ esperienza totale del Divino) è una situazione che implica la visione istantanea e diretta di una “partitura” in cui figurano tutti gli aspetti del Libro della Vita, cioè di una composizione universale, disposta in più mondi.
Qualcuno ha detto: “Chiarisci il tuo senso e illuminerai il mondo”.
Se vuoi sapere come fare, fai come fece il maestro Zen Poshang.
Quando gli fu chiesto come si cerca la natura del Buddha (Dio), Egli rispose: “È come cavalcare il Bue, in cerca del Bue”.
Prof. Vittorio Marchi
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scienza-magia · 2 years
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Nel multiverso è lo sguardo a creare l'evento reale
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L’esperimento mentale o paradosso del gatto di Schrödinger e la soluzione del multiverso. Il famosissimo esperimento mentale del gatto di Schrödinger genera un vero e proprio paradosso che può essere risolto con la teoria del multiverso quantico. Scopriamo, in modo semplificato, di che si tratta. Chi ha mai capito davvero come funziona l'esperimento del gatto di Schrödinger? Tutti sanno che ha a che fare con un gatto, una scatola e del veleno ma nello specifico ciò che avverrebbe resta, per molti, ancora un mistero.
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Quello che è certo è che in questo esperimento nessun gatto reale è stato preso e chiuso in una scatola con oggetti potenzialmente letali. Il paradosso del gatto di Schrödinger, ideato nel 1935, è infatti un esperimento mentale, quindi basato sull’immaginazione, che serviva al fisico austriaco Erwin Schrödinger per mostrare l’assurdità del terzo principio della meccanica quantistica: il principio di sovrapposizione degli stati. In questo articolo vedremo una spiegazione semplificata dell'esperimento, cosa dimostra per la fisica quantistica e una proposta risolutiva collegata al multiverso! In cosa consiste il paradosso del gatto di Schrödinger Partiamo dalle condizioni iniziali, gli "ingredienti" del nostro esperimento. In una scatola ci sono: un gatto, una fiala di veleno, una fonte radioattiva e un meccanismo che aziona un martello. Cosa può succedere? Se la fonte radioattiva, decadendo, emette una radiazione si genera un effetto a catena per cui si attiva il martello che rompe la fiala di veleno, uccidendo il gatto. Tutto ciò può accadere, ma può anche non accadere. Ragioniamo ora sui dati: la probabilità che il gatto muoia è del 50% mentre il restante 50% di probabilità è che non gli accada assolutamente nulla. Non ci sono altre possibilità: o il gatto è vivo o è morto e non lo sapremo finché non apriremo la scatola. Non pensate di aggirare l'esperimento chiamando il gatto, bussando sulla scatola o muovendola per capire cosa è accaduto: è tutto teorico.
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Stando all'esperimento, finché non guardiamo nella scatola il gatto è in un stato assurdo: è sia vivo che morto. Non solo: nel momento in cui andiamo a sbirciare per capire se il gatto sta bene, il nostro sguardo in un certo senso “forza”, “provoca” l’avvenimento e quindi vedremo il gatto in salute o il gatto passato a miglior vita. Ma com’è possibile che il gatto sia contemporaneamente sia vivo che morto finché non lo vediamo con i nostri occhi? E soprattutto, in che senso l'azione di guardare attivamente il contenuto della scatola determina ciò che accadrà all'animale? Le basi fisiche dell'esperimento Cerchiamo di capire cosa dice la fisica. La materia è formata da una serie di elementi di cui fanno parte le cosiddette particelle quantistiche, microscopiche parti della materia che rispondono alle leggi della meccanica quantistica. Semplificando, sono particelle che hanno una doppia natura: si comportano come corpuscoli o come onde. Secondo la meccanica quantistica se non sappiamo dove si trova una di queste particelle, c’è una probabilità statistica che ognuna si possa trovare in più punti diversi. Finché non ci mettiamo a guardare esattamente dove una delle particelle si trovi, essa esiste in tutte le possibili posizioni. In questi casi si dice che le particelle sono in una “super-posizione” perché stanno ovunque nello stesso tempo. Dopodiché, quando la particella viene osservata e misurata, le super-posizioni collassano su un’unica posizione definita.
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Ed è proprio su questo che si concentra Schrödinger quando teorizza la sua famosa funzione (o equazione) d’onda con cui descrive lo "strano" comportamento delle particelle: tenta di descrivere tramite un'equazione le posizioni delle particelle in termini di probabilità. Detto in soldoni ci fa capire che “è probabile che la particella si trovi in questa, questa o quest’altra posizione” senza però saperlo per certo. La stranezza delle particelle quantiche sta nel fatto che esse siano ovunque e che si materializzino localmente solo nel momento dell'osservazione. Se vi sembra impossibile dovete sapere che allo stesso Schrödinger questa cosa pareva davvero assurda! L'interpretazione di Copenaghen Altri due scienziati tentarono di capire come mai le particelle quantiche si comportassero in questo strano modo: Niels Böhr e Werner Karl Heisenberg formulano nel 1927 una tesi nota come "L’interpretazione di Copenaghen". Secondo loro è il fatto stesso che ci sia un’interazione, un rapporto, tra la particella e un osservatore a restituirci una posizione definita della particella. E’ come se fotografassimo la particella bloccandola in quell’unico frame. Quando misuriamo la particella siamo noi a modificare la realtà! Ma come si fa a conciliare la teoria fisica dei quanti con la realtà di tutti i giorni? Sta proprio qui la difficoltà. Un esempio nel quotidiano Facciamo un esempio per capire meglio: per la fisica tradizionale – quindi quella che studia gli oggetti macroscopici – se parcheggio la macchina in un determinato posto, questa occuperà una precisa posizione nello spazio tant'è che, quando vado a riprenderla, la troverò esattamente dove l’ho lasciata. Semplice.
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Per la meccanica quantistica, invece, la macchina – se la consideriamo come una particella quantistica – si trova contemporaneamente in tutti i parcheggi della città: quello “giusto” diventa visibile solamente quando scendo in strada per andare a controllare dove ho lasciato l'auto. In un certo senso c'è e non c'è, esiste e non esiste finché io non lo verifico. Ora torniamo al nostro gatto e cerchiamo di rivedere l’esperimento in termini fisici.
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Abbiamo capito che secondo l’interpretazione di Copenaghen (che altro non è che una conseguenza diretta degli studi di Schrödinger) la fonte radioattiva nella scatola si comporta come una particella quantica e rimane nella sua “super-posizione” finché la scatola non viene aperta. Ecco: finché non andiamo a guardarne il contenuto, la scatola sarà in una sorta di stato di sovrapposizione dei due risultati possibili e dunque il gatto sarà allo stesso tempo vivo e morto.  Quando apriamo la scatola, invece, la superposizione collasserà e noi troveremo il gatto in uno dei due stati. Strano forte eh? Poiché questo esperimento mentale divenne un vero e proprio paradosso da cui sembrava impossibile uscire, alcuni fisici proposero teorie risolutive. L'interpretazione connessa al multiverso quantico Nel 1956 è stata proposta “L’interpretazione a molti mondi” teorizzata dal fisico americano Hugh Everett III. Questa teoria sostiene che tutto ciò che può succedere, succede di fatto in mondi diversi. Ma questo che vuol dire per il gatto? Vive o muore? Il punto, in questo caso, è che quando apriamo la scatola l’universo dovrebbe subire una sorta di "scissione", uno split. Si dovrebbe dividere in due universi diversi con storie alternative. Si tratta di due mondi paralleli: uno in cui il gatto è vivo e uno in cui è morto.
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in foto: Immagine esplicativa, i due lati della pellicola sono come i due mondi che si separano. Questo, secondo Everett, dovrebbe accadere ogni qualvolta osserviamo un oggetto nel mondo e lo misuriamo, ogni volta che stabiliamo un rapporto con qualcosa. Tutto accade parallelamente in mondi diversi. Ma se ci sono due (o più!) universi noi non possiamo esistere in entrambi, altrimenti saremmo in grado di vedere la sovrapposizione degli stati e quindi entrambi i casi. L’idea sostanziale è quindi che per ogni universo ci sarà anche una versione diversa di noi con cui non entriamo in contatto!
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Ad ogni bivio la realtà si divide in infiniti mondi generando un "multiverso quantico": tanti universi vicini in cui ci sono infiniti noi stessi che vivono tutte le possibili strade che si aprono ad ogni bivio. Spider Man e Doctor Strange vi ricordano qualcosa? Read the full article
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inesistenzadellio · 2 years
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Nell'ultimo mese, mese e mezzo, non so di preciso perché ormai il tempo ha perso un po' della sua teoretica coesione per me, ho dentro un sentimento molto forte di gratitudine, sono gratitudine. Il mio mondo, la mia realtà, mi si pone davanti nel modo in cui voglio che sia, quindi anch'essa è gratitudine.
Ogni tanto sorge il pensiero, la proiezione, di un qualcosa di indefinito che possa accadere che ponga fine a questo sentimento di gratitudine. Mi chiedo: cosa potrà mai pormi davanti la vita affinché io non sia più grato, me ne dimentichi per un periodo corto o lungo che sia? Penso a possibili scenari poco piacevoli e mi chiedo come reagirei.
Mi rendo conto poi di quanto sia infida la mente, con il suo cercare costantemente una quadratura del suo cerchio, in cui non può esistere qualcosa di indefinito come la gratitudine. Cos'è per la mente se non un corpo estraneo, del tutto fuori da ogni logica, il cui effetto è quello di mostrare quanto la mente stessa sia sciocca nel suo imprigionarsi nelle sue proiezioni e recinti, al fine di salvaguardarsi?
Visto tutto ciò, smetto di chiedermi se potrà mai esserci qualcosa che possa porre fine alla mia gratitudine, perché è lo stesso pensiero di cosa possa accadere che mi allontana da essa.
Vedete, ogni sentire vive solo se non ha a che fare con la mente. Nell'era dell'esaltazione del mentale, la grande scoperta è che la mente, usata come ci hanno insegnato, come vediamo ovunque, rappresentata da un groviglio da cui non si esce mai, psico-analisi costante auto indotta che è come un cane che si morde la coda, ecco, questa mente, è inutile. Tutto ciò che ognuno di noi vuole, a qualsiasi livello, è assolutamente irraggiungibile attraverso le dinamiche che ogni giorno si svolgono nel nostro mentale. Anzi, è proprio il mentale l'ostacolo più grande, il nostro grande nemico, perché gli abbiamo dato il trono di tutto noi stessi, di tutto il nostro mondo, ciechi riguardo al fatto che l'essere umano non è solo mente, e soprattutto, che l'essere umano è tale solo quando si percepisce e percepisce gli altri come esseri umani, a se stanti, completi nell'incompletezza, ma portatori, ognuno, di una scintilla, un'essenza, che la mente, nel suo bel recinto, non è capace di cogliere da sola.
Pensiamo di aver dato il controllo di noi stessi e del mondo a chi ci vede, ma l'unico occhio buono, è quello del cuore. La mente non è capace di vedere nulla senza mettersi ogni volta occhiali diversi che deformano la realtà in altrettanti modi.
Quindi se ricordo di vedere con il cuore, ogni domanda sulla possibile fine della mia gratitudine diventa insensata.
Un cuore che sa vedere non può provare altro che gratitudine. Non esiste altro.
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pomposita6292 · 3 years
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𝗟𝗔 𝗠𝗢𝗥𝗧𝗘 𝗘̀ 𝗜𝗟 𝗣𝗜𝗨̀ 𝗖𝗟𝗔𝗠𝗢𝗥𝗢𝗦𝗢 𝗘𝗤𝗨𝗜𝗩𝗢𝗖𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗦𝗧𝗢𝗥𝗜𝗔 𝗨𝗠𝗔𝗡𝗔 (𝗣𝗿𝗼𝗳. 𝗩𝗶𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 𝗠𝗮𝗿𝗰𝗵𝗶)
La morte è il più clamoroso equivoco della storia umana.
Dai più eminenti uomini di scienza dell’ultimo secolo scopriamo che l’Universo è tutto Pensiero e che la Realtà esiste solo in ciò che pensiamo.
L’energia è quella manifestazione che fa accadere le cose e gli eventi. Essendo di carattere vibrazionale essa si manifesta in una incommensurabile vastità di forme e di aspetti. Dietro tutte queste apparenze si cela una realtà legata a un campo di frequenze comprese in bande, ciascuna delle quali ha uno sbocco nel panorama delle cose materiali che noi vediamo.
Sofisticate tecnologie dimostrano che l’uomo non muore, quando sembra separarsi dalla sua carica energetica che lo vivifica, perché ciò che si stacca dal soma migra e fluisce verso altre locazioni.
Il nostro apparato sensoriale è limitato e quindi inadeguato a permetterci di percepire la realtà al suo livello più profondo.
Occorre comprendere che l’anima che sta per trapassare non è il corpo, bensì la vita stessa e che la sua natura non è materica ma spirituale e che al contrario del suo corpo psico-fisico non conosce mutamento, né decadimento.
Inconsciamente non possiamo sopportare di morire in quanto sappiamo che non è possibile farlo. Quando l’Io ben centrato ne ha la suddetta visione, allora siamo fuori dal paradigma spazio-temporale.
Il tutto dipende dalla qualità del nostro livello di coscienza.
Se non modifichiamo il nostro atteggiamento mentale, se non cambiamo lo stato della nostra visione del mondo, non potremo scegliere il mondo successivo, ma ci troveremo a ripetere ciò che siamo qui con le stesse difficoltà e le stesse limitazioni.
Il paradiso infine, non è un luogo, ma è una dimensione della coscienza.
Il tempo non esiste.
Quando il tempo incomincia a scorrere? L’etimologia della parola ha una derivazione di origine indo-europea che significa dividere.
Quando nasce il tempo nasce anche il concetto di morte.
Anche il Big Bang non è mai avvenuto
Si è scoperto di recente un “Campo Informazionale” che permea tutto.
È infinito. Non ha inizio e non ha fine. Noi vediamo attraverso i nostri occhi tutte le cose divise, frantumate, separate e invece tutto è Uno. Il viaggio dell’evoluzione è dall’inconscio al conscio.
Quando mi chiedono cosa c’era prima del tempo e della morte rispondo che tutto ciò che esiste è AMORE.
Questa parola non è legata a sentimento, affetto o passione, come lo conosciamo oggi, ma significa A-MORS non morte.
Tutto vive, dall’atomo alla più grande galassia.
Abbiamo verificato che anche le piante e i minerali vivono, su piani diversi. Tutto è costituito da una sola sostanza, con manifestazioni diverse. Questa sostanza è fisicamente e psichicamente pensante.
Ilya Prygogine, che è stato il più grande chimico vivente (premio Nobel nel 1977), nel corso delle sue ricerche chimiche della materia organica, si è accorto che ogni molecola viveva e sapeva perfettamente quello che faceva ogni altra molecola a distanze macroscopiche.
Anche nell’esperimento che fece Pauli (fisico) le particelle separate (fotoni) che si trovavano nello stesso livello energetico o stato quantico, pur lanciate a distanze differenti, rimanevano sempre collegate.
Tutto è interconnesso e non-locale (entanglement).
Le informazioni sono istantanee, perché abbiamo scoperto che le particelle come possono essere ad esempio gli stessi elettroni/processo o evento, non sono masserelle solide ed inerti, ma nuclei del tutto inconsistenti che rivelano di essere “un bit concentrato di informazione”, andando così a costituire un campo informazionale.
L’unica cosa solida allora di cui si può parlare di questa materia, che sembrava fatta di “mattoni atomici”, è invece che assomiglia più ad un PENSIERO.
Le onde e le particelle (“ondicelle”) in realtà sono le solite. Esse si trovano sia qui che ovunque, Ciò perchè esse, oltre ad essere se stesse , sono anche lo spazio che intercorre tra loro.
E quindi non hanno neppure alcun bisogno di comunicare tra loro, perchè sono la stessa cosa dello “spazio”.
Ed in più esse non hanno nessuna ragione per doversi connettere, perchè non sono mai state disconnesse o disgiunte.
In sintesi, sono un ologramma, un “Tutto-parte”, una versione su scala più ridotta del Cosmo, dell’ Intero Corpo organico universale. Una goccia concentrata e indissolubile dell’infinito oceano energetico, detto Coscienza non locale.
La Coscienza dunque non sta nel cervello ma nel Campo.
Sia la fisica che la neurofisiologia che la quantistica concordano su questo punto.
Non è il cervello che produce il pensiero, ma è il PENSIERO o COSCIENZA che edifica il cervello.
Max Planck, padre della teoria dei quanti, scioccò il mondo nel 1944 quando affermò che esiste un’unica matrice energetica “intelligente” da cui ha origine tutto, il visibile dall’invisibile.
Con questa implicazione sconcertante il mondo scopriva per la prima volta che Tutto è coscienza.
Abbiamo oggi gli strumenti che possono vedere che intorno a noi esiste un globo luminoso. Un nostro prolungamento (un duplicato immateriale). È stato definito un campo di ultra-luce.
Noi non lo vediamo con gli occhi e anche con gli strumenti possiamo vedere fino ad un certo punto.
Questo campo è milioni di volte più sottile della più sottile materia. Ha una frequenza vibrazionale di 10 alla 26 Hz.
Esso è più sensibile e impressionabile della più sensibile ed impressionabile pellicola fotografica.
Anche la PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia) ha riconosciuto che gli antichi avevano ragione.
Noi siamo un fascio di vibrazioni di cui l’aspetto fisico, la forma fisica è solo il nucleo più denso.
La luce che vedono le persone che hanno esperienze di premorte (NDE), siamo noi stessi, ciò di cui siamo costituiti.
Un fenomeno straordinario, che merita di essere chiamato con il nome di AUTOPSIA (composto da “autos”, stesso e “opsis”, vista), cioè “VISTA DI SE STESSO”.
E l’Autopsicità (quale può essere quella dell’ esperienza totale del Divino) è una situazione che implica la visione istantanea e diretta di una “partitura” in cui figurano tutti gli aspetti del Libro della Vita, cioè di una composizione universale, disposta in più mondi.
Qualcuno ha detto: “Chiarisci il tuo senso e illuminerai il mondo”. Se vuoi sapere come fare, fai come fece il maestro Zen Poshang. Quando gli fu chiesto come si cerca la natura del Buddha (Dio), Egli rispose: “È come cavalcare il Bue, in cerca del Bue”.
(Prof. Vittorio Marchi)
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bornthisw--gay · 2 years
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Io lo so cosa provi. Ora non puoi amarmi ma sai già che domani mi rimpiangerai. È come già sapere cosa ti sarà necessario scontare, per colpa di una vita che troppo spesso sbaglia i momenti. Perché il mio maggior difetto è quello di essere arrivato sempre fuori tempo. Così noi due spariremo dalla storia ma non dalla memoria e tu ricorderai, perché lo sai, che ho le pieghe delle tue mani ancorate fra le mie e non le smuove neppure l'inquietudine che ci accompagna sempre ovunque un po'. Le volte che tu vai da sola al mare e le volte che io ho bisogno di correre in autostrada per pensare. In mezzo a tutte le luci della notte che mi abbagliano, so sempre riconoscere dove sia la tua, se pure sembra assurdo che possa arrivare da laggiù ad oscurare tutto il resto che ho intorno. Così poi scopro d'improvviso che è qui dentro che ho la forza di difenderti, è il resto fuori ad essere un contorno. Il resto accentua la mancanza. Eppure è meraviglioso accorgersi di quanto un'unica donna nella vita di un uomo possa fare la differenza. Le volte che ti atterro nel cuore, leggero, come un fruscio indefinito che non dà dolore e ti accorgi che ti penso. Ti penso e cambia il senso del vento dentro me. Io lo so cosa proverò domani, quando cercherò di convincermi che a cambiarci la vita non può essere la sensazione di un solo momento, mentre attraverso i tuoi occhi ora scorgo quello che prima non vedevo. E non potrò più dirmi di no, e non potrò più dirmi di sì. Si resta sempre un po' intrappolati nelle cose non vissute, anche quando si è liberi dentro e non ci si ferma mai con facilità. Ogni tanto niente non è davvero niente. Chiudi solo gli occhi e assapori un dispiacere. Ti parlerò di tutto, d'ora in poi, di te, di me, ma non di noi. Eppure io avrei voluto essere il solo a capire come salvarti e dirti: - Non dovrai più avere paura di ciò che potrà accadere. Ci sono io, ti sveglierai con me. E invece accadrà tutt'altro. Noi due saremo felici, ma non insieme.
Un anno per un giorno, Massimo Bisotti.
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toscanoirriverente · 4 years
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Luttwak ad Affari: “L’Italia è in crisi perché è prigioniera di una casta”
(...) Saremo il Paese più colpito d’Europa dalla recessione per il Coronavirus. Cosa dovremmo fare per uscirne, visto che nessuno ci aiuta?
"Secondo le statistiche tra i i 196 Paesi del mondo l’Italia è il numero 8 per ricchezza totale. L’Italia è uno dei Paesi più ricchi del mondo eppure deve andare in giro come un mendicante perché è occupato da una casta. Questa è la ragione del perché lo Stato italiano non può funzionare. E non può funzionare a causa del sistema legale che è il sistema nervoso dello Stato. Ogni volta che qualcuno ha cercato di riformare questo sistema legale italiano, per aver una magistratura europea, viene bloccato dai magistrati che aprono un qualche processo contro di te o un parente".
Lei dice che abbiamo uno Stato burocratico in cui non c’è giustizia e questa è la causa numero uno del suo cattivo funzionamento?
"In Italia non c’è giustizia. L’Italia è un Paese occupato da caste. E la principale casta è quella dei magistrati, uno dei corpi più lenti e improduttivi del mondo. Qualcuno non ti paga, tu lo porti a processo, lui perde, va in appello, riperde, va in appello di nuovo, poi va in Cassazione e il giudice della Cassazione non scrive la sentenza per un anno, per due anni, per tre anni. E’ successo. Se il poveretto che non è stato pagato ormai da 15 anni chiede al suo avvocato di fare una protesta, di fare qualcosa questo gli risponderà “per carità”. Poi il magistrato andrà in pensione e un altro giudice prenderà l’incarico e rivaluterà gli atti. Come può funzionare uno Stato così?"
E che si dovrebbe fare?
"Le faccio un esempio. Uno Stato così nel suo funzionamento, per esempio oggi con l’emergenza del virus, ha emesso un documento per i pagamenti più semplici possibili ed è di 10 pagine. L’equivalente in Canton Ticino sono 4 domande, occupa un terzo di una pagina, perché lì se dici una bugia in 6 mesi sei in carcere. Da un lato il sistema non da giustizia. Quando te la daranno forse sarai morto.
Mentre dall’altro lato a causa della macchinosità di un sistema medioevale non si muove nulla. Non puoi sapere se il giudice, che si prende tutto quel tempo, non scrive la sentenza e lo fa per ignavia o perché è corrotto. Tu non puoi saperlo. Forse l’imprenditore che non ti paga ha passato una mancia al giudice ma tu non puoi saperlo. Non importa se è ignavia o corruzione il risultato è lo stesso e cioè che lo Stato italiano non può funzionare. Il risultato unico è ricorrere alla criminalità organizzata".
Ma i magistrati imputano al non avere mezzi, strutture, personale l’impossibilità di essere celeri e far funzionare al meglio i procedimenti!
"Hanno sé stessi perché i giudici della Cassazione italiana sono pagati molto meglio che la media dei giudici in Europa. Si lamentano? Non hanno i mezzi perché costano troppo, sono molto ben pagati. Troppo. I giudici della Cassazione guadagnano più dei giudici della Corte Suprema americana che sono solo 7. Loro sono più di un centinaio".
E per i fondi da trovare?
"Cassa depositi e prestiti, nella situazione di oggi, potrebbe funzionare come un fondo sovrano e potrebbe dire fate quella strada, aprite quel cantiere, costruire quel ponte, ma non può farlo perché subito interviene qualche magistrato. Poi in Italia è tutto così strano: prima arrestano le persone poi cercano le prove. Quante volte è successo!? Il caso limite in tutta Europa che è stato esaminato e studiato ovunque da tutti è il caso di Calogero Mannino. Viene accusato di mafia nel 1994, viene processato fino a quest’anno (è stato definitivamente assolto nel 2019, ndr).
La Procura di Palermo perde i suoi processi e ogni volta fa appello e poi lo accusano della stessa cosa ma usando un altro nome. Prima era associazione esterna alla mafia poi è diventato negoziato Stato-mafia. Come può funzionare uno Stato così? Negli Stati Uniti una cosa del genere può anche accadere perché ci possono essere procuratori che fanno politica, ma addirittura in Italia c’è qualcuno di loro che si è buttato in politica. Negli Stati Uniti però faranno un processo contro questo magistrato e lo metteranno in galera. Va in prigione perché ha fatto dei processi contro un cittadino senza avere prove".
 Sono sistemi diversi...
"Ma in Italia c’è addirittura la carcerazione preventiva. Da nessun parte accadono cose così come in Italia. Forse in Corea del Nord. Prima il magistrato ti accusa, poi ti arrestano, poi ti sbattono dentro, poi lui cerca le prove, ma dopo, tenendoti in carcere. Non può funzionare. Nell’Unione Europa ci sono Paesi molto più poveri dell’Italia, come ad esempio la Slovacchia, la Polonia, l’Ungheria. Conte è là seduto per terra che strilla “voglio gli eurobond!” ma chi dovrebbe pagare gli ungheresi? Gli slovacchi? L’Italia vuole solidarietà da un gruppo di Paesi che sono molto più poveri di lei".
Visto questo cortocircuito tra burocrazia, casta di Stato, giustizia, cosa devono fare gli italiani per uscirne?
"Gli italiani sono a casa. E’ una buon occasione per riflettere. E dire: siamo un Paese molto produttivo e ricco ma il nostro Stato non funziona perché il sistema legale che è il sistema nervoso di un Paese non funziona. E’ gestito da una classe di persone che non sono europee. La magistratura italiana non è una magistratura europea. Non so da dove viene, forse è una magistratura da Stato arabo e non importa se le cose non funzionano se per ignavia o per corruzione. Il risultato è lo stesso.
Quelli che hanno accusato Calogero Mannino era i nemici politici e il sistema li ha lasciati fare. Certo i procuratori sono controllati da un corpo professionale ma in Italia questo corpo professionale, che è il Consiglio Superiore della magistratura, è lottizzato da differenti fazioni. Gli italiani devono riflettere. Siamo mendicanti perché lo Stato non funziona. Lo Stato non funziona perché non abbiamo una magistratura europea. Dobbiamo finalmente avere una magistratura europea. Un giudice che non scrive una sentenza in un mese o in una settimana deve essere licenziato".
Non mi sembra che i media televisivi abbiano aperto una discussione su questi temi. Non la pensano così…
"L’opinione pubblica quando vede che il paziente sta morendo perché ha la cancrena deve vedere dove è cominciata questa cancrena. I media devono esaminare due cose per capirlo, non mille, non un milione di cose: il processo di Calogero Mannino (chi lo ha fatto e come, in tutto il mondo cose così non si sono mai viste, è un anomalia gigantesca); e il modulo emesso ieri dal governo per chiedere i fondi e compararlo a quello del Canton Ticino. Solo queste due".
Come liberarsi da questa situazione di Stato disfunzionale e pericoloso per i cittadini?
"Quando una persona sta morendo di cancrena guarda dove è iniziata. Comincia tutto dal non avere una giustizia di tipo europea, dal non avere una magistratura europea. Faccio un altro esempio: il sistema legale francese che è quasi simile a quello italiano ha però una differenza: nessun procuratore può muoversi se non autorizzato da un giudice di istruzione che chiede ai magistrati che accusano: 'tu le prove le hai? Per far durare il processo velocemente, tre giorni!? Ed avere così una risoluzione chiara? No!? Allora non disturbare il cittadino!'. Se tu fai una truffa contro lo Stato ti prendono subito, perché non hai un sistema intasato da tutte questa massa di accuse opinabili, lungaggini, cose barocche e fatte per altri motivi. Ti fanno un processo e ti mandano in prigione rapidamente. Quanti italiani sono in prigione per non aver pagato le tasse?"
Pochissimi... credo qualche centinaio, 200 forse...
"Esatto! In America sono 50.000".
Capisco...
"Perché ti beccano. Racconto l’aneddoto di una signora di New York, proprietaria di grandi alberghi. Ha pagato 800 milioni di tasse ma in quell’anno, qualche anno fa, si è fatta comprare un sofà di poche migliaia di dollari, 3400 dollari, e l’ha portato a casa sua e non in uno dei suoi alberghi come dichiarato. Quando è stata beccata dalle tasse ha preso 3 anni di prigione, di solito sono 5. Aveva 76 anni ed è andata in prigione. Il processo è durato circa un’ora".
Noi saremmo felici anche se durasse una settimana...
"Se fosse accaduto in Italia avrebbero aperto un dossier per investigare cosa ha fatto negli ultimi 60 anni. Forse l’ha fatto altre volte? Sa, ci sono molti modi, per la magistratura araba o turca che l’Italia ha, per non fare il proprio lavoro. Ricordo quando Andreotti era accusato di associazione esterna mafiosa. Invece di fare vedere due fotografie, lui che abbraccia il suo grande amico Salvo Lima e Lima che abbraccia qualche mafioso, si è deciso di accusarlo di tutto, compreso l’omicidio di un giornalista (il riferimento è all’omicidio Pecorelli, ndr). In Italia la signora dell’albergo non avrebbe fatto un giorno di galera. Le avrebbero aperto un’indagine per 27 anni".
La maggioranza dei media descrive i problemi italiani in tutt’altro modo. Come è possibile?
"Allora devono spiegare questo mistero in un’altra maniera. Il mistero di avere uno Stato così ricco ma che fa il mendicante".
(...)
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canesenzafissadimora · 6 months
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Io lo so cosa provi. Ora non puoi amarmi ma sai già che domani mi rimpiangerai. È come già sapere cosa ti sarà necessario scontare, per colpa di una vita che troppo spesso sbaglia i momenti. Perché il mio maggior difetto è quello di essere arrivato sempre fuori tempo. Così noi due spariremo dalla storia ma non dalla memoria e tu ricorderai, perché lo sai, che ho le pieghe delle tue mani ancorate fra le mie e non le smuove neppure l'inquietudine che ci accompagna sempre ovunque un po'. Le volte che tu vai da sola al mare e le volte che io ho bisogno di correre in autostrada per pensare. In mezzo a tutte le luci della notte che mi abbagliano, so sempre riconoscere dove sia la tua, se pure sembra assurdo che possa arrivare da laggiù ad oscurare tutto il resto che ho intorno. Così poi scopro d'improvviso che è qui dentro che ho la forza di difenderti, è il resto fuori ad essere un contorno. Il resto accentua la mancanza. Eppure è meraviglioso accorgersi di quanto un'unica donna nella vita di un uomo possa fare la differenza. Le volte che ti atterro nel cuore, leggero, come un fruscio indefinito che non dà dolore e ti accorgi che ti penso. Ti penso e cambia il senso del vento dentro me. Io lo so cosa proverò domani, quando cercherò di convincermi che a cambiarci la vita non può essere la sensazione di un solo momento, mentre attraverso i tuoi occhi ora scorgo quello che prima non vedevo. E non potrò più dirmi di no, e non potrò più dirmi di sì. Si resta sempre un po' intrappolati nelle cose non vissute, anche quando si è liberi dentro e non ci si ferma mai con facilità. Ogni tanto niente non è davvero niente. Chiudi solo gli occhi e assapori un dispiacere. Ti parlerò di tutto, d'ora in poi, di te, di me, ma non di noi. Eppure io avrei voluto essere il solo a capire come salvarti e dirti: - Non dovrai più avere paura di ciò che potrà accadere. Ci sono io, ti sveglierai con me. E invece accadrà tutt'altro. Noi due saremo felici, ma non insieme.
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Massimo Bisotti
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blogitalianissimo · 4 years
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Sono capitata nel tuo blog per caso e sono rammaricata dalle parole di astio e beffa degli utenti sotto i tuoi post. Ho 22 anni, abito in periferia nord di Milano e il Covid19 si è preso tutta la mia famiglia. Ha preso i miei nonni materni che sono deceduti una settimana di distanza uno dall'altro ed ha portato mia madre in terapia intensiva per 26 giorni che grazie al lavoro dei medici tornerà a casa fra qualche giorno. I gentili utenti che puntano il dito verso i milanesi e deridono delle loro
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Per prima cosa ti faccio le mie più sentite condoglianze. Mi scuso per i commenti che ti hanno turbata, onestamente non ho idea a quali ti stia riferendo, può essere che mi siano sfuggiti visto che tumblr mi nasconde buona parte delle notifiche. Se invece ti riferisci a risposte “visibili”, ecco per quanto riguarda questi ask credo che gli anon in questione si siano accaniti (giustamente) contro le parole del sindaco Sala, visto che il suddetto ha letteralmente detto che “i milanesi hanno creato il turismo in Sardegna”, e verso tutti quelli che nelle scorse ore hanno minacciato di “portare i soldi in Croazia e Grecia invece che in Sardegna”, quasi come se i sardi aspettassero ansiosamente i soldi dei turisti.  Quel che è successo e continua ad accadere in Lombardia è tremendo, e non credo che nessuno degli anon in questione ce l’avesse singolarmente con ogni milanese, lombardo, settentrionale ecc., o che avesse minimamente intenzione di sminuire questa orribile situazione. 
Per l’ironia invece non credo di dovermi scusare, il 99% delle volte le mie battute sono rivolte alla giunta regionale lombarda, e l’1% a qualche demente che fa cose stupide (ma tbh queste cose stupide succedono un po’ ovunque di questi tempi).
Detto questo mi dispiace per quello che stai passando, spero che tu e la tua famiglia ritroviate in qualche modo un po’ di serenità.
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laspinanelcuore · 4 years
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SCUOLA
1) Trasporti.
Sono il primo problema. È chiaro che, con la riapertura delle scuole, il distanziamento all'interno degli autobus e degli scuolabus andrà a farsi benedire. Siamo già alle deroghe, infatti: si pensa di equiparare gli alunni di una stessa classe ai congiunti familiari, di rinunciare alla distanza minima di un metro durante il tragitto, di consentire l'affollamento del mezzo se lo spostamento dura meno di 15 minuti. Si ignora cosa potrebbe accadere se, a causa di un ingorgo, il viaggio si protraesse oltre il quarto d'ora: si tira a sorte e si fa scendere chi perde?
2) Temperatura.
La regola nazionale secondo cui il controllo della temperatura dei ragazzi deve essere fatto a casa è «assurda e totalmente inefficace»: il governatore campano Vincenzo De Luca lo ha detto (infatti è corso ad acquistare rilevatori da assegnare agli istituti, e lo stesso ha fatto il presidente della provincia autonoma di Trento), i presidi di tutta Italia lo pensano. Alternative? Nessuna. Lucia Azzolina e Domenico Arcuri non ne hanno previste. E dire che tempo ne hanno avuto. Per il Comitato tecnico-scientifico (Cts), però, va bene così. Per ora.
Compagni congiunti?
3) Mascherine.
A scuola vanno indossate o no? La risposta è boh. Al momento sono obbligatorie negli spazi comuni e quando si è seduti al banco, qualora non sia possibile il distanziamento di un metro. Ma è una soluzione ritenuta inattuabile da molti medici, oltre che dai governatori di regione. E in palestra, quando si farà ginnastica correndo e sudando? Terreno inesplorato. Si attende un nuovo documento del Cts, perché quelli prodotti finora sono inutili.
4) Aule e paritarie.
Quasi ovunque mancano spazi e personale per garantire il distanziamento previsto. Una soluzione ci sarebbe: i "patti educativi" fra le scuole statali e le paritarie, che hanno edifici e dipendenti, consentirebbero una ripartenza sicura in moltissime zone. Bisognerebbe però fare un accordo con gli istituti privati, e Giuseppe Conte e Azzolina non ne hanno intenzione. L'ideologia statalista è più forte del diritto all'istruzione.
5) Banchi monoposto.
Se tutto andrà bene bisognerà attendere la fine di ottobre perché ogni istituto abbia la fornitura promessa da Arcuri. Un mese netto di ritardo sulla tabella prevista inizialmente. Nel frattempo? I presidi si arrangino per trovare qualche soluzione.
6) Responsabilità.
Se si ammala di coronavirus un docente o un bidello, chi è responsabile dal punto di vista penale? Il preside, sempre lui. Ma i direttori d'istituto non ci stanno a pagare per le decisioni (anzi, le indecisioni) altrui. Le loro associazioni chiedono quindi una riforma della legge, che li esoneri quantomeno dalla responsabilità per colpa lieve causata da imperizia. Silenzio dal governo.
7) Sostituzioni.
E se al mattino si scopre che manca un professore? Niente di più facile, giacché le norme prevedono che resti a casa chiunque abbia «temperatura corporea al di sopra di 37.5° C o un sintomo compatibile con Covid-19», che può essere anche una semplice tosse insistente. Sinora la regola è stata quella di distribuire i ragazzi nelle altre classi. Adesso, però, gli obblighi di distanziamento impediscono di farlo. I presidi hanno chiesto lumi al ministero: che facciamo in questi casi? Buio totale.
8) Spostamenti.
Il protocollo dell'Istituto superiore di sanità obbliga i presidi a tenere un «registro degli alunni e del personale», nel quale siano annotati anche «gli spostamenti provvisori e/o eccezionali di studenti fra le classi». Ogni uscita, quindi, dovrà essere documentata. Un ulteriore carico di burocrazia e di responsabilità sulle spalle di chi già ne ha troppi, che però potrà essere facilmente evitato: basterà restare chiusi in aula. Altro che lezioni in teatro, nell'orto e in giro per il quartiere, come andava dicendo la Azzolina.
Test disertati
9) Disabilità.
Nulla è stato pensato per gli alunni con disabilità. Durante il trasporto scolastico molti di questi ragazzi hanno bisogno di assistenza particolare, servirebbero servizi potenziati. E per alcuni di loro le regole di distanziamento sono ancora più pesanti: pensiamo a cosa può significare per un bambino cieco l'impossibilità di avere un rapporto tattile con gli insegnanti e i compagni di classe. Ma non è un problema per la Azzolina, la quale, dovendo stilare il protocollo sulla sicurezza nelle scuole, si è rivolta ai soliti sindacati, ignorando le associazioni della disabilità.
10) Esami sierologici.
Iniziati lunedì, sono volontari per i docenti e il personale tecnico e amministrativo. I primi dati dicono che l'adesione è a macchia di leopardo: in certi istituti li fanno tutti, in altri in pochi. Un terzo degli insegnanti, secondo i sindacati dei medici di famiglia, non sarebbe intenzionato a fare il test. Alcune Asl sono attrezzate e dispongono dei kit necessari; altre, in particolare al Sud, no. Non bastasse, ci sono ambulatori che fanno pagare l'esame, teoricamente gratuito. Un altro trionfo dell'anarchia, insomma.
🤔😳 caos totale !
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