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piovra · 4 days
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Roma - Bayer Leverkusen
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piovra · 15 days
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Charlotte, intenta a buttarsi nella fontana della Peschiera, a Villa Borghese
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piovra · 18 days
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Avanti Roma 🟨🟧🟥
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piovra · 22 days
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Forza Evan!
https://x.com/ASRomaEN/status/1779602127943352367
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piovra · 25 days
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FORZA GRANDE ROMA!
via ASROMA official Twitter
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piovra · 26 days
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piovra · 30 days
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piovra · 1 month
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Si gode ad oltranza.
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piovra · 1 month
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Roof Gardens in Rome
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piovra · 1 month
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Ispirato al vintage 90s lanciato nello spot dell’asroma con il mitico SuperMarco Delvecchio. Il walkman è un Sony ed è proprio del 98/99. Le cuffie son moderne, ma non ho più nulla dell’epoca con l’archetto. Giravo con gli auricolari, sempre Sony.
Maglia stupenda comunque. L’Adidas non ne sbaglia una, ma per me non si dovrebbe osare inserendo questi pattern presenti in altre squadre.
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piovra · 1 month
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Rudino cerbiattino🤎
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piovra · 1 month
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Mi piace la bellezza nei suoi dettagli, cercare quelle piccole imperfezioni che segnano la personalità di una persona. Mi dissocerò sempre dalle mode dei social, filtri predefiniti che vi rendono incellofanate. La mia intimità nel lavorare le immagini e nel ritoccarle consiste nel rispettare ciò che siete realmente, senza eccedere, senza farvi passare per pupazzi di gomma. Posso ridurre un difetto e cercare di esaltare le vostre qualità, ma non cancellandole del tutto perché sarebbe un oltraggio a ciò che siete veramente. Non lo accetto nella vita, nei miei ideali e sentimenti, figuriamoci nelle mie fotografie.
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piovra · 1 month
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Buona Pasqua a tutti!
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piovra · 1 month
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Simba 🤎
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piovra · 1 month
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Oggi è mezzo decennio senza mia mamma. È volato il tempo, ma gli ultimi momenti come i più belli sono ben nitidi nei miei ricordi. La voglio ricordare così, in quel Roma Inter del 27/03/2010, esattamente nove anni prima che morisse.
Quel giorno eravamo in tribuna monte Mario. Ci siamo abbracciati per tre volte: ai due goal (DDR e L. Toni) e al fischio finale. Stavamo per vivere un altro sogno, che poi fu soltanto sfiorato per pochissimo.
Mia madre è sempre stata al mio fianco quando giocava la Roma. Preferivo stare più con lei che coi miei amici. La sentivo più romanista di tanta gente che segue la maggica soltanto quando il vento soffia a favore. Con lei invece no, me la ricordo al mio fianco sia nei momenti di gloria che in quelli più drammatici, tipo il quasi fallimento della società post Ciarrapico. Lei seguiva le radio. Sapeva tutto. Era più facile che fossi io a chiederle notizie della squadra che lei. Lei, nella sua umiltà, mi chiedeva soltanto gli aspetti più tecnici e tattici perché: “io non ho giocato a pallone, magari ci capisco meno, ma secondo te quello è bravo? Secondo te l’arbitro ci ha visto giusto?” Se uno crede che una donna non può seguire il calcio, beh non ha conosciuto mia madre. Girava spavalda senza nessuna vergogna con la roba della Roma addosso: dalla giacca alla borsa, fino alla capigliatura rossa e le mesh gialle, lei non si nascondeva da nessuno. Faccia a faccia si misurava coi laziali e juventini e non ricordo nessuno che la odiasse. Lei stava al gioco, non era volgare, ascoltava e ribatteva. Ha campato per una vita intera a fianco di un laziale malato fracico, dunque era ben addestrata a saper confrontare e sfidare anche il suo peggior rivale. E ai derby, sapeste come lei gli teneva testa... Già, i derby li vivevo a casa, ciò che respiravo era talmente fantastico e surreale che non necessitavo di andare allo stadio: era giusto che il mio posto lo vivesse qualche altro sfegatato romanista. Io ero impegnato sul fronte domestico, a fianco di mia madre. È stato così sin da piccolino, quando fu lei a strapparmi da mio padre che mi voleva tifoso biancoceleste. Il retroscena della mia scelta risiedeva in un confronto tragicomico tra i miei. Iniziava dalle feste natalizie, con mio padre che tentava di sedurmi con “segui la Lazio, perché c’è Babbo Natale che ti darà tutto ciò che vuoi. La Befana non c’ha un soldo!” Dall’altra, mia madre, nella veste della Befana: “sono più buona e la roma è più forte e bella della Lazio. Perdono sempre e stanno in B!”
Mio padre me lo ricordo bene quand’ero piccolo, isolato nel salone a seguire la sua Lazio negli anni più bui, su Teleroma56, triste e incazzato. Quasi inavvicinabile. Empatia zero assoluto. Tutto ciò credo abbia spinto il sottoscritto a disprezzare tutto ciò che aveva a che fare col mondo-Lazio. Mia madre, dall’altra, seguiva la Roma con una radiolina rossa in un’altra stanza. Io preferivo stare con lei perché parlavamo e tollerava anche la mia vivacità.
Così è stato ogni sacrosanta Domenica: la tachicardia ad ogni urlo di Pato e poi negli anni a seguire anche di Zampa, au goal dei nostri eroi giallorossi, me li ricordo benissimo.
È nato così l’amore per la Roma per me, coi colori che incantavano i miei occhi e i cori del CUCS che cantavo a pappagallo, imparandoli quando trasmettevano la Roma in tv nelle partite di coppa, e mamma mi comprava le cassette per registrare tutte le partite della Roma. Mia madre era sempre lì, al mio fianco. Solo quando andavo allo stadio non era con me, ma sapevo che seguiva la Roma alla TV. Quella sua presenza costante l’ho voluta ripagare negli anni successivi, quando ero ormai cresciutello, portandola per la prima volta a vedere la Roma quando avevo circa 18 anni: la Roma di Zeman contro l’Inter di Ronaldo. La ricordo senza fiato una volta arrivata al gate della Tevere centrale. Quel “Che meraviglia” e il suo sorriso non me lo dimenticherò mai. Non riusciva a parlare per l’emozione. Quel giorno sarà indimenticabile per lei, anche se perdemmo 5-4. Da quel momento è voluta venire sempre con me. Tale era l’entusiasmo che parlò di queste esperienze anche ai suoi colleghi: uno di questi, carissimo amico di vecchia data, le regalò tanti di quei biglietti che ci permisero anche di seguire la Roma nell’anno dello scudetto, coronato in quel 17 giugno con quell’abbraccio intenso in lacrime, dove le ripetetti più volte: “ce l’abbiamo fatta, mamma, non ci posso credere!”
Non era la prima volta che vidi la Roma vincere lo scudetto: quello dell’83 l’ho vissuto da pupetto, girando sulla carrozzina proprio con lei per le vie del Fleming, noto quartiere laziale, dove i romanisti fecero l’incredibile ai danni dei laziali, ornando segnaletiche e serrande dei negozi con colori giallorossi. Potrei dire che da lì è iniziato il mio percorso con la Roma, conquistato da quei colori e tra le sue mani, e non c’è stato giorno senza lei che non la seguissi. E se nell’83, lei girò per il quartiere per respirare la gioia dei romanisti, io ricambiai il gesto portandola in ogni quartiere di Roma per tutta l’estate del 2001.
Tale è stato il nostro amore che non abbiamo mai perso una partita, amichevoli comprese, anzi a dire il vero era più facile vedere lei sveglia a guardare le partite estive alle 2 di notte che il sottoscritto (ve le ricordate le partite negli States durante l’era Pallotta?).
È sempre stato così. La Roma al di sopra di ogni cosa. Non mollò di un metro nemmeno quando le diagnosticarono il tumore e non stava molto bene: doveva presenziare a tutti i costi le partite, anche quelle allo stadio. Me la ricordo in quella di Champions, a Dicembre, dove camminava a fatica, tenendo stretto il mio braccio e tremava dal freddo, e io che le dicevo: “Non fa’ così, ma’, ora tocca il motorino! Sei forte! Tieni duro!” Quella è stata l’ultima volta che mamma ha visto la Roma all’Olimpico con me. Nei mesi successivi, durante le cure, cercava di seguirla in TV nonostante fosse a pezzi. Io ero sempre al suo fianco. Non giocavamo bene, c’era la Roma di Fonseca, orfana del suo amato Totti e prossima a salutare De Rossi. Erano intoccabili e sacri per lei, come fossero suoi figli. L’ultimo suo commento fu l’eliminazione agli ottavi contro il Porto: “Che amarezza. È una pena così.” Poi calò il silenzio.
Le cure troppo forti e forse azzardate, hanno portato via mia madre prematuramente il 27 Marzo del 2019 e hanno devastato la mia esistenza. La prima allo stadio senza di lei è stata un’agonia. Il Roma Napoli perso a 4-0 fu accompagnato da un mio tweet pieno di dolore e lacrime che non lasciò indifferente nemmeno il profilo ufficiale dell’AS ROMA, che l’ha voluta ricordare affettuosamente. Da tutta Italia ho ricevuto vicinanza. Fu una cosa bellissima che non dimenticherò mai nonostante il dolore terribile.
Ho provato ad alzare la testa solo pochi mesi dopo, tornando allo stadio, ma il vuoto è rimasto incolmabile. Nessuno ha saputo riempirlo. Purtroppo ci convivo con quel vuoto, per tutta la vita. Mia madre era, anzi è la Roma e lo sarà anche domani. Tutto ciò che indosso, che porto, che canto e che difendo, porta anche il suo nome. Ho imparato tanto da lei. Anche all’ultimo saluto, ho portato con me la sciarpa della Roma addosso e ho letto la lettera guardandola perdutamente in quella meraviglia di rose giallorosse che avevamo scelto assieme a mia sorella per coprire l’intero feretro. Il giallorosso erano i suoi colori e come tale andava ricordata così. Porto sempre qualcosa di lei quando gioca la Roma. Lo faccio all’Olimpico come l’ho fatto al Puskas Arena. Non esiste che veda la Roma senza mia madre. Continuo a ripeterlo anche oggi, a distanza di 5 anni che è volata via. Lei è qui. Lei è la Roma, per me, anche se mi sento terribilmente da solo quando non sento il suo abbraccio. Una cicatrice vivente che resterà incisa per tutta la vita.
Ciao Ma’
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piovra · 1 month
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Il fascino della palla.
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piovra · 1 month
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La lupa scorre nel suo sangue… 🐺🟧🟥
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