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#tempo che fugge
dottssapatrizia · 1 month
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I rapporti clandestini sono un microcosmo a parte che si nasconde fra le pieghe di lenzuola sconosciute. Su quei letti disfatti si rinasce, si mangia, si beve, si fa l'amore, si scopa, si raccontano segreti, si complotta, si ride, si piange, si vive, si muore. Tutto nel giro di una manciata di ore, in un albergo a ore.
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chouncazzodicasino · 4 months
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Ieri pomeriggio è venuto papà in negozio, a sorpresa. Così. Non che ci sia nulla di strano, ma un po' mi fa sorridere questa cosa. Io e mio padre non abitiamo vicinissimi, lui abita in centro a Roma, io fuori in un paese. È venuto e abbiamo passato il pomeriggio insieme a chiacchierare mentre lavoravo. L'altro ieri mi ha chiamata per chiedermi un consiglio su alcune delicate dinamiche familiari, questa estate siamo stati molto l'uno di supporto all'altro per queste dinamiche micidiali (non si capisce per quale motivo si dice parenti serpenti e non parenti pezzi di merda). Insomma, nell'ultimo periodo sento che i miei consigli sono per lui importanti e di supporto, sento che ha bisogno di sentire la mia campana e questa cosa mi stupisce piacevolmente ancora un po'.
Negli ultimi anni papà si è smussato. Non voglio dire cambiato perché non sarebbe il vocabolo giusto. Si è calmato? Forse. Si è rasserenato? Eh, dai, forse sì. Sì è rassegnato? In alcuni casi sì. Ma sono tutte accezione positive del termine e io sono una vera sega a parlare quindi meglio di così non riesco a spiegarlo. Penso spesso a quando è cominciata questa sua variazione da "orso" a "orsetto" e non so bene a cosa attribuirla. Un misto di pensione/nonnitudine/vecchiaia e di certo la malattia di nonna. Veder passare una donna da totalmente indipendente, dinamica, con una vita così piena e attiva che se solo ci penso io oggi mi viene il fiatone, ad una nonnina con la testa che fugge e si stacca, che ha bisogno di un aiuto pratico per quasi tutto, nel giro di pochi mesi, è stato devastante. Lacerante. Sono convinta che questo lo abbia molto scosso. Come scuote e percuote me, anche solo a scriverlo, con le lacrime agli occhi. Perché mia nonna è il mastodontico perno di questa grande famiglia chiassosa, stronza e dispersa nel mondo, che nonostante tutto amo. Comunque...
Io e mio padre siamo sempre stati connessi. Culo e Camicia. Quando ci chiamavano così io immaginavo un culetto pallido con dei bottoncini attaccati alla pelle (che ero io) e una camicia azzurro chiara che si abbottonava perfettamente su quei bottoncini (che era papà). Eravamo uguali. Fumantini. Forti. Spigolosi. Tuonavamo. Ma anche molto divertenti e buffi. Poi lui se n'è andato di casa e mi ha lacerato il cuore. "La persona che odio e amo di più al mondo", solo così riuscivo a pensare a lui nella mia mente in quel periodo, in quei merdosissimi anni che la mia mente vuole ricordare solo a sprazzi. In quel periodo ho eruttato come un vulcano violento, contro il mondo, ma soprattutto contro di lui. Poi col tempo, ci siamo ritrovati, ritrovati veramente, dentro, perché fuori non ci siamo mai persi. So che il mio giudizio su di lui in quel periodo ha pesato come un macigno, ma è giusto che sia così. Oggi siamo sempre molto simili, ma siamo entrambi cambiati. Io, come lui, mi sono smussata.
Mi piace questa nuova fase della nostra vita dove oltre a figlia che può essere portata in braccio fuori dai rovi come un cerbiatto delicato, sono anche la figlia che hai bisogno di sentire per un parere, quella che parlando, in un continuo brainstorming incasinato e mal parlato, ti fa riflettere e ti apre finestrelle nella mente che tenevi chiuse senza volerlo.
Se penso a questa nuova nostra fase la prima immagine che mi viene in mente è il giorno di ferragosto di quest'anno. Dopo il classico pranzo sotto le montagne, con le tante famiglie della nostra gigante famiglia, tante risate e tanto buon cibo abbiamo portato nonna a riposare e io ho cominciato a pensare ai miei zii, a cosa si stanno perdendo vedendola poco o niente, a come sono lontani, come cerchiamo di includerli e ci scanzano, la scanzano. Ho raggiunto papà, su una panca vista ghiacciaio, e ho cominciato a parlarne con lui, piangendo. Non per me, sticazzi di me, ma per nonna. Ho rotto i miei argini. Ho pianto per tanto tempo, vomitando bile su questa situazione che ci fa stare una merda, urlando e singhiozzando, quando senti la pelle bollente dalla rabbia e gli occhi rossi, con mio padre che mi ascoltava, mi parlava, mi consolava, mi stringeva la mano, guardava le montagne e piangeva. Un triste e rassegnato consolarsi a vicenda.
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smokingago · 7 months
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🍀
Spesso sto ferma
ad osservare me stessa
per uscire dalle sbarre
di limitata coscienza mentale,
per non sentirmi pianta
prigioniera del suo vaso
e trascendere l'umano ego.
Appesa guardo dall'alto
e vedo frammenti di me
scomposti in mille forme
di variopinti colori.
Bizzarra e difettosa
nei giorni grigi,
saggia e consapevole
allo spuntar del sole.
E mi abitano
tutte le Creature del Mondo.
Mi consola l'eco
che risuona al mio specchio
mentre fugge selvaggio il tempo
dai granelli della clessidra.
Poco il tempo per cambiare una Vita....
Ma tutta una Vita
per attuare il cambiamento.
Emiliana Frassati
da Voli di Poesia
#smokinago
immagine di @monologhidiunamarea
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weeklypoetry · 7 months
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Foscolo, Alla Sera
Forse perché della fatal quïete Tu sei l’immago a me sì cara, vieni, O Sera! E quando ti corteggian liete Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquiete Tenebre, e lunghe, all’universo meni, Sempre scendi invocata, e le secrete Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge Questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure, onde meco egli si strugge; E mentre io guardo la tua pace, dorme Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
Poetic translation (pretty accurate):
Perhaps because of that fatal quiet you are the image so dear to me, you come, O Evening! And when happy summer clouds and the gentle Zephyr are your escort, and when from snowy restless air you throw darkness, and long, into the universe, you descend summoned always, and the secret roads of my heart gently hold.
You make me wander with my thoughts on tracks that vanish into eternal nothing; meanwhile flees this cursed time, and with it, the throng
of worries with which it destroys with me itself; and while I gaze on your peace, sleeps that warlike spirit that within me roars.
Foscolo, my dear love - in poetry only. My guy is wonderful when thoroughly confined to his standard eleven sillables, and starts to become obnoxiously verbose in anything longer than that. Hope you'll forgive me for messing up the methrics in traslation; there's not much i can do about language, and i felt like the meaning was better to carry across than the rhythm. It is to be said that his adherence to the standard forms down to the rhyme - precise ABAB ABAB CDC DCD as it's usual for sonnets - really does add something to the poems. The mix of influences coming from both different art currents (neo classicism and romanticism, mainly) and direct cultures (italian, english, greek) comes in through the content as well as the form.
As his poems often do, this one talks of death, and contemplation of nature. A man pained with sorrows - it's Foscolo, so we're mostly looking at political turmoil, but classic romantic anguish and generic nostalgia are not excluded - takes peace in a quiet evening, taking in his own mortality (as it is death, in the end, that takes away everything). Even then, the poet isn't just sad, isn't abandoned to his own feelings: as every Just Soul would, a quiet anger simmers in his veins, waiting for the right moment.
There's something to be said, as always, on the mechanism phylosphy as a whole - even if it doesn't shine in this poem as well as others (go read De Sepolcri right now actually). Nature can be hard and cruel like it can be soft and summery, but it offers to all the peaceful rest of death, returning in Her. Many call it pessimism, but i personally can't see how being a smell little cog in the big machine of nature would be a bad thing - is it so cruel to be a being who's purpose in life is just to live, and be granted peace to any sorrows?
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tiaspettoaltrove · 10 days
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Dovete parlare, non chiacchierare.
Le persone sentono la necessità della conversazione. Così dicono, almeno. Il problema sapete qual è? Che non conversano, non parlano, ma chiacchierano. Che è ben diverso. Sento conversazioni fatte di pettegolezzi, sempre di “altre persone” (il tizio o la tizia famosa di Instagram o Tik Tok, il “vip” televisivo, ecc.). La costante ricerca di scandali, di scoop. Di qualcosa, appunto, di cui chiacchierare. Si fugge sempre da se stessi. Non si fanno mai discorsi veramente seri, ma si parla sempre per slogan. Anche se si butta in mezzo la politica, le cose che si sentono sono troppo attaccate ai mezzi di comunicazione di massa. Mi manca un po’ di originalità, di verità. Mi mancano le radici perdute. Mi mancano quelle persone che ragionano con la loro testa, che vanno controcorrente, ma che ci vanno veramente. Vedo un sacco di fotocopie, persone tutte uguali, una massa senza carattere. Dov’è il guizzo? Dov’è l’egemonia dell’intelletto? Non la vedo, non la vedo più. Tutti troppo condizionati da altro. Avete annientato voi stessi, in nome dell’accettazione sociale. Cercate sempre un riferimento, che però trovate solo in chi come voi cerca un riferimento. Insomma, niente solidità, ma anime vaganti che non si reggono in piedi. Non parlo di Tumblr, ragazze, parlo della vita vera. Qui si parla quasi sempre di erotismo perché è l’aspetto più immediato e viscerale che s’accende tra due sconosciuti. Ma là fuori è diverso. E nei gruppi di persone non riesco mai a capire il senso: il senso della conversazione, delle opinioni superficiali, dell’idiozia di fondo che mi rattrista sempre in grandi quantità. E penso che, in realtà, il sesso sia proprio il tentativo di compensare questa carenza di spessore. La ricerca di una scarica elettrica che fa uscire dall’ordinario. Non i soliti discorsi triti e ritriti, ma una bella ventenne che arriva d’improvviso e ti bacia in bocca. O quelli che nei luoghi di lavoro si fanno l’amante e vanno nei bagni a divertirsi. Non condivido certi comportamenti, ma comprendo ciò che li scaturisce. Siamo annoiati, ma non facciamo niente per cercare di smettere di esserlo. Vi trascinate nei commenti ai “reality show” visti alla televisione, ma la vostra vita l’analizzate mai? Ci riflettete? Ne parlate con le persone care? E non negli aneddoti trascurabili, ma nelle pieghe più profonde, scomode, peculiari. Li esprimete mai i vostri desideri? Li palesate? E ascoltate con dedizione chi vi dedica il proprio tempo per raccontarvi qualcosa degno di nota? Non userò la retorica del: “Tutti con la testa sul cellulare” e bla bla bla, non c’entra niente, anche quella è solo una conseguenza. Siamo drogati, certamente, ma la nostra droga è la paura. Lo “smartphone” è solamente un espediente, uno strumento nel quale rifugiamo le nostre doppie e triple vite. E sapete perché? Perché non sappiamo vivere quella principale. Iniziate ad essere interessanti. O provateci, perlomeno. Prima o poi qualcuno se ne accorgerà, di questo son certo. E ne gioveremo tutti.
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vento-del-nord · 7 months
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Il tempo intanto scorreva, il suo battito silenzioso scandisce sempre più precipitoso la vita, non ci si può fermare neanche un attimo, neppure per un'occhiata indietro.
"Ferma, ferma!" si vorrebbe gridare, ma si capisce che è inutile. Tutto quanto fugge via, gli uomini, le stagioni, le nubi; e non serve aggrapparsi alle pietre, resistere in cima a qualche scoglio, le dita stanche si aprono, le braccia si afflosciano inermi, si è trascinati ancora nel fiume, che pare lento ma non si ferma mai.
Dino Buzzati, Il deserto dei tartari
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crazy-so-na-sega · 9 months
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Dettaglio "Incendio di Borgo" (Enea fugge da Troia in fiamme portando il padre sulle spalle) - Raffaello
È affascinante riflettere sul fatto che ognuno di noi è il risultato finale di una serie di nascite che si perde negli albori del tempo. Come è avvilente constatare che molti si avviino a diventare il capolinea di questo antico retaggio per squallide contingenze socio-economiche.
-J.A.
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Il tempo fugge. A volte mi dico che dovrei vivere fino all'ultimo respiro, approfittando al massimo degli anni che mi restano. Oggi, guardando le mie rughe, chiunque potrebbe dirmi: “Ma lei è ancora giovane!” Ancora. Quanti anni di “ancora” mi restano? Ci penso, e sono preso dalla fretta, provo l'angosciante sensazione che la vita mi stia sfuggendo, quasi le mie vene si fossero aperte e non riuscissi a fermare il sangue che ne esce. Perché la vita è molte cose insieme (lavoro, denaro, destino, amicizia, salute, preoccupazioni) ma nessuno potrà negare che quando pensiamo alla parola “Vita”, quando per esempio diciamo che “siamo attaccati alla vita”, assimiliamo questa a una parola più concreta, più seducente, senza dubbio più importante: la assimiliamo al Piacere. Penso al piacere (a qualsiasi forma di piacere), e sono certo che la vita sia proprio questo. Ecco perché la fretta, la tragica fretta di questi cinquant'anni che mi tallonano.
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gregor-samsung · 7 months
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" È fondamentale interrogarci su quanto la paura stia deformando la nostra vita e le nostre scelte, e se quel che temiamo di perdere valga veramente la pena che proviamo nel chinare la testa, nel rinunciare a seguire quello che crediamo giusto o che desideriamo. Il personaggio principale di Storia di un impiegato, l’album di Fabrizio De André dedicato ai movimenti giovanili che dal ’68 alla fine degli anni settanta hanno scosso la vita politica italiana, è un uomo che si pone queste domande in ritardo. L’album è uscito [il 2 ottobre] 1973, ed è stato il primo in cui De André abbia dichiarato il proprio orientamento politico; prima di allora le sue canzoni erano uno splendido riflesso del cantautorato francese, elegante e popolare allo stesso tempo. Adesso l’autore genovese affronta direttamente il tema della rivoluzione giovanile, della lotta al sistema: il protagonista dell’album è un uomo ordinario, che non si trova a vivere la sua vita dove vuole che sia, ma dove la pista della proprietà e dei ruoli l’ha portato. È la paura ad aver costruito le sue scelte, e nulla di quello che vive è realmente frutto di una sua decisione. È un uomo realmente così distante dalle nostre esistenze? In quale rigagnolo galleggia la realtà di questo trentenne e fin dove tiene nascosta la faccia, a rischio d’annegare?
Da quanti anni il suo e il nostro mondo s’è ristretto nel bugigattolo dell’ufficio, tra la scrivania ingombra e il muro dall’intonaco ingrigito? Con quanta cura, la mattina, scivola fuori dal letto per non svegliare la compagna? (E una sveglia non gli serve da anni: ormai è la ripetizione di ogni cosa a farlo alzare puntuale.) Quante volte ha fissato il suo volto allo specchio, controllato la rasatura, indossato la camicia stirata la sera precedente, la solita giacca, il solito nodo alla cravatta? Potremmo essere noi. Fuori il Maggio francese non vuole smettere di riscaldare l’aria: da tempo le donne hanno strani monili tra i capelli, sorridono con tranquillità e guardano negli occhi gli uomini. L’impiegato di De André le osserva sulla metropolitana, tiene le mani raccolte tra le cosce, le spalle curve, conta gli anni che lo distanziano da quel mondo: e non ne trova molti, ma ne trova abbastanza. «Eppure i miei trent’anni sono pochi più dei loro», pensa, e questo non gli dà alcun sollievo. L’ufficio è ancora al suo posto, nello stesso quartiere di sempre, allo stesso piano del medesimo edificio. Sarà così anche negli anni successivi, per ogni singolo giorno della sua giovinezza, inoltrandosi nella maturità, fino a costeggiare la vecchiaia: allora la gita sarà finita ed ecco il momento di scendere al molo. Avrà una buona, sicura vecchiaia. È questo che si dice salendo le scale e incrociando gli sguardi dei colleghi. Qualcosa da condividere con i figli, quando ne vorrà avere. Ha ottenuto un buon posto di lavoro. L’ha ottenuto molto presto. Di che dovrebbe lamentarsi? Mentre regola l’altezza della sedia e dispone le pratiche sulla scrivania, mentre comincia a «contare i denti ai francobolli», sente cantare in strada, oltre la finestra dell’ufficio. Un corteo, colori, slogan e intorno la cinta scura della polizia, gli scudi e i manganelli sollevati, le spalle affiancate e i fumogeni. Guarda i manifestanti e pensa che soprattutto le donne, coraggiose e indipendenti, sono bellissime. Prova a immaginarsi in mezzo a loro, e si sente ridicolo: in piazza dietro la muraglia di caschi, schiacciato dai corpi di chi fugge alle cariche. Sarebbe letteralmente «fuori luogo». Nessuno tra quei ragazzi lo conosce e poi, come dovrebbe vestirsi? In mezzo al corteo sembrerebbe un infiltrato della Digos. Ovviamente verrebbe licenziato: come fare a lasciare il posto di lavoro per un motivo simile? E come spiegarsi, più tardi, con la compagna? "
Salvatore La Porta, Less is more. Sull’arte di non avere niente, Il Saggiatore (collana La Cultura, n° 1134), 2018¹. [Libro elettronico]
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somehow---here · 1 year
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Ho paura, e non so di che: non di quello che mi viene incontro, no, perché in quello spero e confido. Del tempo ho paura, del tempo che fugge così in fretta. Fugge? No, non fugge, e nemmeno vola: scivola, dilegua, scompare, come la rena che dal pugno chiuso filtra giù attraverso le dita, e non lascia sul palmo che un senso spiacevole di vuoto. Ma, come della rena restano, nelle rughe della pelle, dei granellini sparsi, così anche del tempo che passa resta a noi la traccia.
Antonia Pozzi
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Con te il tempo vola, fugge in una maniera incredibile. Ci vediamo alle dieci di sera e in un attimo sono le sei del mattino. Ti macini decine di chilometri solo per chiedermi se questa settimana io sia stata insultata abbastanza ("alla peggio rimedio io") e per prendere per il culo i miei progetti architettonici ("come cazzo fa una casa a forma di S a reggere durante un terremoto?"). In realtà lo fai per vedermi sorridere, per evitare che io stia a casa da sola a piangere perché "poi le lacrime ti fanno allergia e sarei un mostro a non intervenire"; però anche quando piango, se ci sei tu mi sento a casa e non c'è reazione allergica che tenga, perché io che una casa nemmeno ce l'ho lo apprezzo tantissimo. Di solito sto così solo con Desi, unica in grado di plasmare lo spazio-tempo e farmi tornare alle quattro del mattino. Mi piacerebbe tanto organizzare qualcosa fuori città e addormentarmi sentendo le storie incredibili sulla guerra in Slovenia combattuta da tuo nonno, su quanto sia stato logorante per te essere esaminato all'università da un Ministro, su quante mucche ci siano nel tuo paese d'origine rispetto ad esseri umani. Da tempo non volevo dormire con qualcuno, perché da tempo non dormo proprio più in modo regolare. Se poi il tempo volasse anche in questi casi e ci risvegliassimo due giorni dopo? Ne sarebbe valsa la pena?
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anaromantico · 8 months
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"L'estate sta finendo, Lloyd"
"Un anno cambierà, sir"
"Ma non era "se ne va", Lloyd?"
"Il tempo fugge solo per chi non ne sa essere padrone, sir"
"Guarda a volte che belle lezioni si trovano nelle canzoni estive..."
"Come ogni volta che ci si ferma ad ascoltare, sir"
🦖
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mucillo · 16 days
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Ubriacatevi” di Charles Baudelaire
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Bisogna essere sempre ubriachi.
Tutto sta in questo: è l’unico problema.
Per non sentire l’orribile fardello del tempo.
Del tempo che rompe le vostre spalle
e vi inclina verso la terra,
bisogna che vi ubriachiate senza tregua.
Ma di che? Di vino, di poesia o di virtù,
a piacer vostro. Ma ubriacatevi.
E se qualche volta sui gradini di un palazzo,
sull’erba verde di un fossato,
nella mesta solitudine della vostra camera,
vi risvegliate con l’ubriachezza già diminuita o scomparsa,
domandate al vento, all’onda, alla stella, all’uccello, all’orologio,
a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme,
a tutto ciò che ruota, a tutto ciò che canta,
a tutto ciò che parla, domandate che ora è;
ed il vento, l’onda, la stella, l’uccello, l’orologio vi risponderanno
“È l’ora di ubriacarsi!
Per non essere gli schiavi martirizzati del tempo, ubriacatevi;
Ubriacatevi senza smettere!
Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro. ”
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vefa321 · 1 year
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❄️❄️✍️C'è così tanto silenzio nel silenzio della notte
Così tanto il buio che sconfina con il mondo dei sogni.
Nell'attimo che fugge al suono della sveglia
Come un vagito atteso senza sapere il quando,
nasce l'ora giusta.
Nel tempo che non dorme tra il sonno che veglia
sulla poca notte rimasta tra le ciglie.
C'è così tanto da comprendere nel carpire il giorno che nasce
Così tanto da ascoltare nel proferire muto discorsi senza voce...
Sulle labbra delle stelle
Parole di luce e sospiri di luna.
Sulle spalle del mondo
Silenzi infranti e cocci cantanti
Come bicchieri che brindano.
C'è così tanta vita nel giorno che rinasce
Nel rumore che risuona come il vento e risolleva le palpebre al dormiente.
C'è il sole che non si vede tra le braccia di una notte fredda e bianca
Come un'amante crudele che abbandona distratta il letto caldo di un finito amore.
Sotto le ore perdute,
Il futuro è un tesoro rinvenuto.
E ogg è ancora venuto.
J.D
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mancino · 2 months
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C'è chi colleziona relazioni, come se fossero francobolli..
È pur vero che non puoi trovare la persona giusta, se non provi prima quelle sbagliate.
Ma penso anche, che quando hai amato veramente, hai bisogno di tempo prima di donare nuovamente il tuo cuore.
Chi non ne ha bisogno, e passa di relazione in relazione.. in fondo fugge da sé stesso, tanto quanto dall'amore.
Ma un giorno pagherà il conto.
E sarà troppo tardi per tornare indietro.
Tutte le collezioni hanno sempre un caro prezzo.
Sera 🥂
Cit" 🌹
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