Walker Evans - Parte prima: vocazione scrittore
di Paolo Felletti Spadazzi
--- L'iniziazione alla letteratura
Walker Evans nacque a St. Louis, Missouri, il 2 novembre 1903. Egli, tuttavia, ha sempre sostenuto di essere nato il giorno tre, forse perché corrispondeva al numero romano III posto alla fine del suo nome (Rathbone 1995). Infatti, suo nonno si chiamava Walker Evans (senior), suo padre Walker Evans (junior) e quindi lui, per la precisione, si chiamava Walker Evans III.
1907, Walker Evans jr., Walker Evans III, Walker Evans sr.
Il padre, Walker Evans jr., non era laureato, ma già dai ventiquattro anni lavorava come copywriter, era cioè uno scrittore professionista e stilava testi per la pubblicità. Nel 1908 (Evans aveva 5 anni), a causa di un'interessante offerta di lavoro da parte del pubblicitario Albert Lasker, Walker Evans jr. (il padre) si trasferì con la famiglia da St. Louis a Kenilworth, un villaggio suburbano alla periferia di Chicago, progettato sullo stile dell'omonima cittadina inglese. Lasker era uno degli uomini più in vista d'America nel settore della pubblicità e Evans jr. non poteva certo perdere questa occasione. E poi Kenilworth era pieno di verde e molto adatto per un bambino dell'età di Walker III. Dopo la scuola Walker III ascoltava le letture fatte ad alta voce ai bambini del circondario da una vicina di casa, Fanny Phelps, che avrebbe fatto nascere in lui la passione per la letteratura. Il padre era stato incaricato da Lasker della campagna pubblicitaria per la farina di frittelle Zia Jemima. "Questo incarico avrebbe fatto un'impressione indelebile sul piccolo Evans, che in seguito avrebbe rabbrividito per l'imbarazzo al solo pensiero" (Rathbone 1995).
1909, Le frittelle di zia Jemima, la cui pubblicità fu affidata a Walker Evans jr.
Nel 1914, un'altra offerta di lavoro nel settore automobilistico fece sì che il padre si trasferisse a Toledo con la famiglia. Walker, che si affacciava allora all'adolescenza, fu traumatizzato da questo nuovo trasloco, poiché lo sradicò dal verde villaggio di Kenilworth, troncò i suoi legami col suo migliore amico e quelli con la signora Phelps e le sue letture ad alta voce, proiettandolo in un ambiente ostile, metropolitano e multietnico.
1915, Walker Evans poco dopo il trasloco a Toledo.
Nove in inglese e quattro in latino
Nel 1918 il padre lascia la famiglia per andare ad abitare con Louise Hower, una vicina di casa con la quale aveva da tempo una relazione e, l'anno seguente, sua madre si trasferisce a New York con la sorella di Walker. Walker viene mandato alla Loomis Chaffee School, che dista circa 200 km da New York.
Walker nutre una immediata antipatia per Batchelder, il preside della scuola (chiamato mister B.). Il suo profitto è insoddisfacente: i voti migliori sono in inglese, mentre in latino i risultati sono totalmente insufficienti. Dato lo scarso rendimento e la forte depressione che lo affliggeva, i genitori, d'intesa con il preside, decidono di cambiare scuola, iscrivendolo dapprima a una scuola pubblica di New York e poi all'Accademia di Mercesburg (1921).
Cartolina del 1910. L'edificio più antico della scuola di Loomis.
Però, dopo meno di un anno, Evans si trasferisce alla Phillips Academy di Andover, dove desiderava andare, probabilmente perché aveva letto che da lì proveniva il maggior numero di laureati di Yale. La Phillips è tuttora considerata “il collegio più elitario d’America” e vanta tra i suoi alumni ben cinque premi Nobel. Nel 1922 la sua richiesta di iscriversi a Yale fu respinta, perché i voti conseguiti alla Phillips erano troppo bassi. Allora Evans ripiegò sullo Williams College, università privata di arti liberali situata a Williamstown. Fu durante il suo primo anno alla Williams che divenne quello che in seguito lui stesso descrisse come "un bibliofilo patologico" (Rathbone 1995). Evans, infatti, "saltava le lezioni per ritirarsi nella biblioteca a coltivare i suoi interessi letterari".
Il viaggio in Europa
Quando tornò a New York per le vacanze di Natale del 1923, Evans probabilmente sapeva che non sarebbe più tornato a studiare allo Williams College. A New York lavora in una libreria in lingua francese e alla New York Public Library.
Il 6 aprile del 1926, grazie al sostegno economico della famiglia, Evans parte per un gran tour in Europa. Visita Parigi, Versailles, Marsiglia, Cannes, Juan les Pins, Genova, Napoli, Roma, Firenze, Ventimiglia. Nell’agosto e settembre 1926, mentre si trova a Parigi, frequenta lezioni di letteratura alla Sorbona e cerca, senza successo, di scrivere dei racconti brevi.
L'idea che, per uno scrittore americano, fosse quasi obbligatorio fare un viaggio a Parigi non era certamente una novità. Inoltre poteva costituire un'attrattiva il fatto che, mentre in America c'era il proibizionismo, in Europa si poteva dare libero sfogo ad eventuali inclinazioni alcoliche.
1926-1927 Evans in Francia in amena compagnia e con un fiasco di vino.
Tra 1910 e il 1911 troviamo a Parigi il poeta Thomas Eliot, uno degli idoli di Evans. Dal 1921 al 1924, vi abitava Francis Scott Fitzgerald e, nei primi anni '20, Ezra Pound. Facevano tutti parte di quella lost generation che gravitava attorno al salotto di Gertrude Stein. Ernest Hemingway, che nel 1933 sarà compagno di bevute di Evans all'Avana, si trovò diverse volte a Parigi tra il 1921 e il 1931. Anche Man Ray, che faceva parte del gruppo surrealista, lavorava a Parigi dal 1921. Non risulta, tuttavia, che, durante il suo soggiorno, Evans abbia incontrato qualcuno dei suoi scrittori preferiti. Dall'intervista con Paul Cummings (Cummings 1971) apprendiamo che Sylvia Beach propose a Evans di presentarlo a James Joyce. Evans nutriva un'ammirazione reverenziale per il personaggio ma, al momento dell'incontro, preferì sottrarsi. Racconta a Cummings: "Era il mio dio. Anche questo mi ha impedito di scrivere. Volevo scrivere così o per niente".
Tra i letterati del passato che ebbero maggiore influenza su Evans vi sono certamente Flaubert e Baudelaire. Nell'intervista a Katz del 1971 Evans afferma: "Il metodo di Flaubert credo di averlo incorporato quasi inconsciamente [...]. Ma spiritualmente è Baudelaire che ha avuto più influenza su di me" (Katz 1971).
Durante il viaggio in Europa Evans aveva scattato alcune foto con una Kodak portatile. Tornato a New York nella primavera del 1927 incominciò a prendere sul serio la fotografia, anche con l'aiuto del fotografo e film maker Ralph Steiner (1899-1986) che condivise con Evans l'interesse per i soggetti vernacolari e gli insegnò a maneggiare gli apparecchi di grande formato.
Il primo articolo su Hound & Horn
In quell'epoca Evans incontra anche Lincoln Kirstein, che diventerà un suo grande amico e che avrà grande influenza sul suo lavoro. Kirstein, fin da quando è studente ad Harvard, ha fondato insieme a Varian Fry la rivista Hound & Horn, dove vengono pubblicate le foto di Evans e, nell'ottobre 1931, il suo saggio La ricomparsa della fotografia (Evans 1931).
Hound & Horn, le copertine di due numeri contenenti foto di Walker Evans (autunno 1930 e luglio-settembre 1934).
L'articolo, che contiene le recensioni di alcuni libri di fotografia, delinea la posizione di Evans nel panorama fotografico dell'epoca e costituisce quasi un programma per la sua successiva attività.
A proposito di Steichen the Photographer (1929) di Carl Sandburg, Evans scrive: "Steichen è la fotografia fuori dai binari nel nostro modo reiterato di imponenza tecnica e di vuoto spirituale [...] la sua caratteristica generale è il denaro".
Di Foto-auge (1929), curato da Franz Roh e Jan Tschichold (dove compariva anche una foto di Atget), dice: "è un libro nervoso e importante".
Di Die Welt ist schön (1928) di Renger Patzsch, dichiara: "Le cento foto di Renger Patzsch rendono il libro emozionante da sfogliare in negozio e deludente da portare a casa."
In merito ad Atget photographe de Paris (1930) asserisce: "La sua nota generale è la comprensione lirica della strada, l'osservazione allenata di essa, la sensazione speciale per la patina, l'occhio per i dettagli rivelatori, su tutti i quali viene lanciata una poesia che non è "la poesia della strada" o "la poesia di Parigi, "ma la proiezione della persona di Atget".
Quanto a Antlitz der Zeit (1929) di August Sander, scrive: "E' più di un libro di "studio di tipi umani"; un caso in cui la fotocamera guarda nella giusta direzione tra le persone", "uno dei futuri predetti da Atget", un "montaggio fotografico della società, un processo clinico”.
Fotografia e scrittura: un matrimonio problematico
Molti dei libri fotografici di Evans vennero realizzati in collaborazione con scrittori.
Tuttavia Evans pretese quasi sempre che le sue fotografie rimanessero separate dal testo, raccolte generalmente alla fine o all'inizio del libro. Anche in American Photographs, libro edito dal MoMA e impaginato da lui stesso, le didascalie delle foto sono raccolte alla fine della sequenza delle immagini. Sembra quasi, cioè, che Evans rifugga da una contaminazione tra i due mezzi espressivi, quello della sua vocazione giovanile e il suo sostituto, per il quale è diventato famoso.
Il primo in ordine di tempo è il libro di poesia The Bridge (1930) di Hart Crane. In questo caso non si può parlare di una vera e propria collaborazione, perché Crane, che era amico di Evans, gli chiese di inserire nel volume alcune sue fotografie del ponte di Brooklyn, che erano già state scattate da Evans e che Crane conosceva.
1930 The Bridge di Hart Crane, con foto di Walker Evans.
Nel 1933 Evans realizzò insieme a Carleton Beals, scrittore, storico e attivista politico americano, il libro The Crime of Cuba, che contiene 31 foto selezionate tra le diverse centinaia che Evans scattò durante il suo soggiorno all'Havana.
1933 The Crime of Cuba di Carleton Beals con foto di Walker Evans.
Forse il suo libro più famoso fu quello realizzato insieme a James Agee e pubblicato nel 1941, dal titolo Let Us Now Praise Famous Men. All'inizio del libro vi sono 61 foto fuori testo, che ritraggono tre famiglie di coloni dell'Alabama e che furono scattate cinque anni prima della pubblicazione, quando Agee ed Evans si recarono nel Sud su incarico della rivista Fortune, per documentare l'ambiente contadino durante la Grande Depressione. Il lavoro non venne mai pubblicato da Fortune, ma, solo cinque anni dopo, dall'editore di Boston Houghton Mifflin.
941 Let Us Now Praise Famous Men (con foto del 1936).
Infine, nell'autunno del 1941, esegue 32 foto per li libro di Karl Bickel The Mangrove Coast: The Story of the West Coast of Florida. Le foto, che compaiono alla fine del libro, non sono direttamente in relazione con il testo e illustrano aspetti sociali e vernacolari della Florida, luogo di ritiro per pensionati benestanti.
1942 The Mangrove Coast: The Story of the West Coast of Florida.
Tra il 1943 e il 1945 Evans scrive diverse recensioni su libri, film e opere d'arte per la rivista Time.
Dal 1945 al 1965 lavora per la rivista Fortune dove raggiunge una posizione con autonomia sempre più ampia, riuscendo a controllare interamente i propri progetti e curando, oltre alle foto e alla loro impaginazione, anche i testi.
Contemporaneamente, negli anni '50, scrive anche per il New York Times.
Vorrei essere un letterato
Nell'intervista rilasciata a Paul Cummings nel 1971, l'intervistatore sottolinea il fatto che Evans fotografa spesso oggetti che recano molti segni e gli chiede se sia interessato alle lettere alfabetiche e alle parole. Evans risponde che i caratteri e segni sono molto importanti per lui, che hanno infinite possibilità, sia decorative in sé che come arte popolare, e anche dal punto di vista simbolico e del significato, o anche del doppio significato.
Allora Cummings gli chiede: "Sai perché sono importanti per te?"
Evans risponde: "No, non so perché. Penso che in verità mi piacerebbe essere un letterato. [...] I segni sono solo un simbolo visivo della scrittura."
Bibliografia
Agee, James e Evans, Walker (2002). Sia lode ora a uomini di fama, Milano: Il Saggiatore (ed. or. 1941)
Crane, Hart (1930). The Bridge. New York: Horace Liveright
Beals, Carleton (1933). The Crime of Cuba. Philadelphia: J. B. Lippincott
Bickel, Karl A. (1942), The Mangrove Coast: The Story of the West Coast of Florida, New York: Coward-McCann Inc
Cummings, Paul (1971), Oral history interview with Walker Evans, Oct. 13-Dec. 23, Archives of American Art, Smithsonian Institution
https://www.aaa.si.edu/download_pdf_transcript/ajax?record_id=edanmdm-AAADCD_oh_212650
Evans, Walker (1931). The Reappearance of Photography. In Hound & Horn (Oct.-Dec. ): 125-28.
http://photohelios-team.blogspot.com/2009/02/essay-walker-evans.html
Evans, Walker (1966). Many Are Called, With an introduction by James Agee, Boston: Houghton Mifflin
Katz, Leslie (1971) in Bertrand, Anne - ed. (2017). Walker Evans. Le Secret del la Photographie. Entretien avec Leslie Katz, Parigi: Centre Pompidou
parzialmente riportata in: https://americansuburbx.com/2011/10/interview-an-interview-with-walker-evans-pt-1-1971.html
Punket, Robert (2000), Walker Evans: Florida, Los Angeles: Paul Getty Museum Publications
https://www.getty.edu/publications/resources/virtuallibrary/0892365668.pdf
Rathbone, Belinda (1995). Walker Evans: A Biography, Boston: Houghton Mifflin Harcourt
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IL CIRCO RUSSO CONTRO GLI ATTACCHI ANIMALISTI
IL CIRCO RUSSO CONTRO GLI ATTACCHI ANIMALISTI
Dopo un attacco strumentale da parte di animalisti russi nei confronti dei fratelli Zapashny, è stata indetta una conferenza stampa a San Pietroburgo il 16 novembre da parte dei dirigenti del circo russo per portare alla luce la verità sulla vita degli animali circensi e sui metodi di trasporto e addestramento. A questa importante riunione è stata invitata a parlare anche la nostra Maily Monni che da qualche anno lavora con elefante e cavalli.
Vi riportiamo degli stralci di questa riunione in cui spicca la presenza di Edgard Zapashny e di Gia Eradze.
L'intera industria circense si è opposta al divieto dell'uso degli animali nel circo. Secondo loro, né gli animali stessi, né gli artisti, né gli spettatori, né l'arte circense in generale ne trarranno beneficio. Ciò è accaduto durante una tavola rotonda al Circo Ciniselli, che si è svolta nell'ambito del Forum culturale internazionale di San Pietroburgo.
Nel mese di ottobre, il deputato della Duma di Stato russa Alexey Nechaev ha proposto di vietare l’uso degli animali negli spettacoli circensi. Sono ora in corso le cosiddette letture zero del disegno di legge con un ampio coinvolgimento del pubblico.
“I grandi artisti circensi sovietici e russi hanno sempre lavorato con gli animali, motivo per cui il nostro circo è famoso in tutto il mondo. E molte persone vengono al circo per guardare gli animali. Guarda le nostre esibizioni, allo spettacolo dei fratelli Zapashny, i biglietti sono sempre esauriti ovunque. Credo che dovrebbe esserci un circo con animali; se a qualcuno non piace, queste persone semplicemente possono non andarci. Non obblighiamo nessuno da nessuna parte", ha detto Gia Eradze, regista e direttore artistico del centro di produzione "Royal Circus of Gia Eradze", che ha molti animali nelle sue esibizioni.
Il direttore della compagnia circense statale russa (Rosgostsirk) Sergei Belyakov ha confermato che l'interesse del pubblico per gli spettacoli circensi in cui sono coinvolti animali è significativamente più alto rispetto a quelli in cui non lo sono. “La prima cosa che chiedono gli acquirenti dei biglietti è: “Quali animali ci sono nel programma?” Se alla gente non piace il circo con gli animali, allora non vada. Ci sono molte più persone a cui piace questo circo”, ha assicurato.
Dimentica Dumbo
I partecipanti alla tavola rotonda hanno convenuto che ci sono alcune persone nel circo che trattano crudelmente gli animali, ma sono solo poche.
“Come si suol dire, in famiglia c'è una pecora nera, ma nella stragrande maggioranza, almeno nei circhi statali, gli animali vivono in condizioni confortevoli. Coloro che abusano degli animali devono essere puniti, senza dubbio, su questo nessuno lo mette in dubbio", ha assicurato Sergei Belyakov.
Il direttore del Grande Circo Statale di Mosca in Vernadsky Avenue, Edgard Zapashny, ha osservato che i cittadini comuni a volte vedono pura crudeltà sugli animali anche nel normale trattamento degli animali, e ha ricordato la scandalosa registrazione video che ha suscitato scalpore nell'ottobre di quest'anno. Sono state effettuate riprese di prove in cui i predatori venivano bagnati con l'acqua dei tubi e fatti oscillare con dei bastoni. Subito dopo la comparsa del video, Edgard Zapashny ha dichiarato di averlo pubblicato da solo, anche se diversi anni fa. E ciò che i non iniziati consideravano crudeltà sugli animali era solo un tentativo di separare i predatori combattenti.
“In natura i predatori combattono fino alla morte, quindi per separarli bisogna ricorrere a metodi duri se gli altri non agiscono. Oleg Zubkov, il proprietario del parco Taigan, dove ogni anno due o tre leoni morivano nei combattimenti, è stato affermato che non aveva interferito in questo. Interveniamo e cerchiamo di prevenire la morte, ma a loro ancora non piace”, ha osservato Edgard Zapashny.
Allo stesso tempo, ha continuato l'addestratore, anche le cose più innocenti possono essere mostrate negativamente. “Prova a realizzare per la prima volta un video di un cane con la museruola e il guinzaglio. A nessun cane piacerà questo, si lamenterà e resisterà, e il suo proprietario sarà semplicemente uno scuoiatore".
Il direttore artistico del Grande Circo di Mosca in Vernadsky Avenue, Askold Zapashny, è sicuro che il problema sia la “scarsa consapevolezza” della popolazione.
“Le persone sanno così poco della natura vivente che sono costrette a dire cose ovvie. Secondo alcuni, la fauna selvatica è quella raffigurata nel cartone animato "Dumbo", ma non è così, la natura è molto crudele. Mi chiedo cosa accadrebbe a chi si spaventasse davanti al nostro video se vedesse un piccolo ippopotamo con la pancia squarciata mentre viene beccato da un uccellino. Quindi qualsiasi circo o zoo è un conforto per gli animali. Naturalmente possono anche essere buoni e cattivi, e quelli cattivi devono essere affrontati, ma vietare tutto del tutto non è la soluzione”.
L'artista circense italiana, addestratrice di elefanti, cavalli e persino oche Maily Monni ha espresso disaccordo con coloro che credono che gli animali da circo soffrano costantemente.
“La mia elefantessa Mara ama stare vicino alle persone perché portano sempre i suoi dolci preferiti: mele e banane. Abbiamo fatto le prove, dopo di che sarebbe dovuto iniziare un tour con i bambini. Ha visto i bambini anche prima della fine delle prove, ha capito tutto e ha cominciato a muovere le orecchie in attesa. Quando ho provato a portarla via, mi ha guardato con uno sguardo triste, che diceva chiaramente: "È davvero ora?".
Maily Monni ha inoltre esortato a non considerare tutti gli addestratori come dei mostri. “Amo moltissimo i miei animali; quando sono malati mi preoccupo non meno che per i miei figli. Le persone diventano addestratrici perché amano gli animali e vogliono prendersi cura di loro”, ha sottolineato.
“Non lasciare che le tue tradizioni e la tua cultura vengano rubate. Un circo senza animali non è un circo”, ha affermato l’addestratore di animali guatemalteco Carlos Bresciani.
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