Tumgik
#illustrator immortalis
fieriframes · 1 year
Note
Dans la béatitude sans cesse. Dans les cieux dans son royaume. Dans son règne sans cesse. Pour toujours dans la béatitude. Dans la gloire en une infinité. Dans la béatitude à perpétuité. En une infinité pour toujours. Dans la béatitude irrévocablement. Dans son royaume sans cesse. Pour toujours dans la béatitude. Dans la félicité à tout jamais. Dans la béatitude un monde sans fin éternellement à perpétuité. Dans son royaume dans son règne. (?)
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
[Misericors magnus. Illustrator immortalis. Redemptor arbiter. Dominus omnipotens. Aeternus deus. Incompraehensibilis pacificus. Aeternus imperator. Rex dominus. Conctipotens conseruator. Imperator sempiternus. Optimus deus. Incompraehensibilis immortalis. Imperator auctor.]
25 notes · View notes
goldammerchen · 10 months
Text
in my stuff you will know when *someone* has off-screen entirely renounced to his immortaly or died when *someone else* becomes the new owner of a wild bird
Tumblr media Tumblr media
(x)
i wish these jar illustrations were finished, these two above and these.
4 notes · View notes
thebeautycove · 11 months
Text
Tumblr media
Un ultimo straordinario ritratto. La Fenice di Klimt.
.
Il 1918 segnò la fine della ‘Golden Age’ viennese con la scomparsa del suo talento più illustre, Gustav Klimt, a soli 55 anni. Subito dopo la sua prematura dipartita alcuni amici dell'artista visitarono il suo studio nella periferia di Vienna e qui fecero una straordinaria scoperta. Ancora poggiato sul cavalletto, come in attesa di essere ammirato, il sorprendente ritratto di una donna sconosciuta, la ‘Dama con Ventaglio’, l'ultimo grande ritratto di Klimt, un capolavoro consegnato al tempo e alla memoria di un'epoca che svaniva. La dama accenna un sorriso, il suo sguardo è lontano, veste un kimono che lascia arditamente scoperta una spalla e tiene tra le mani un ventaglio diplomaticamente accostato al busto. La figura si staglia al centro, dietro di lei compare un vorticoso ensamble di decori asiatici, un fagiano dorato, una gru, fiori di loto in boccio e una fenice cinese in volo che, come per il giallo utilizzato nello sfondo, sono emblematici di buona sorte. Misteriosa l'identità della donna, alcuni sostengono essere Johanna Staude, amica di Klimt che posò spesso per lui e per Schiele. Anche in quest'opera, come per tutte le figure femminili rese immortali da Klimt, è evidente una ricercata rappresentazione di modernità, sia nella forma che nella sensibilità pittorica. Le sue donne hanno una inequivocabile potenza espressiva, sanno essere tenere e dirette, erotiche e vulnerabili, eleganti e selvagge. Sempre trionfalmente seducenti.
.
Scelte per assonanza olfattiva quattro fragranze che contemplano il benaugurante fiore di loto nei loro accordi…
.
L’opera sarà battuta all’asta da Sotheby’s London il prossimo 27 Giugno. È attesa un’aggiudicazione da record.
Tumblr media Tumblr media
2 notes · View notes
iandsharman · 1 day
Text
Immortalis #8 on DriveThruComics!
Out now from Markosia on DriveThruComics!Immortalis #8“THE AX FORGETS, BUT THE TREE REMEMBERS” – The beginning of Pierce’s backstory, set against the Western Front of World War 1.Written by Shawn Lewis and Rion Mosley and illustrated by Samanta Delarosa Batllori, click HERE to download Immortalis #8 on DriveThruComics now!
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
therrothekid · 6 years
Photo
Tumblr media
Tensain V Disaru, Son of the Hollow King. The main character from a story I an developing titled “ Immortalis”
5 notes · View notes
Photo
Tumblr media
Nuovo post su https://is.gd/DGwjww
La settecentesca accademia di S. Vito dei Normanni (2/2)
di Armando Polito
La settima riunione si tenne, come mostra la c. 213r di seguito riprodotta, il 1° gennaio 1738, cioè, almeno stando a quel che risulta registrato, a sette anni dalla precedente. Lacuna volontaria o no nella registrazione oppure sintomo di una progressiva stanchezza (fenomeno frequente per le accademie dopo l’entusiasmo e la prolificità dei primi anni)? Troppo il lasso di tempo per non credere nella prima ipotesi e la conferma viene dal fatto che più avanti (c. 221r) è riportato un sonetto di Ortensio De Leo e in calce una nota che recita: Il sopradetto Sonetto fu rappresentato nell’Assermblea Accademica per il compleanno del Signor Principe, tenuta nel palazzo di detto Signore a 7 Gennaio, Sabbato giorno di Santo Antonio Abbatead ore 21 1733. 
  Problema Accademico. qual fosse il motivo principale della Santità di Santo Francesco Xaverio: l’umiltà di sé stesso, ovvero la carità esercitò verso del Prossimo. Tenuta la presente Accademia nella Chiesa Vecchia a primo del 1738 giorno di Giovedì, e Capo del’anno ad ore 20, l’apertura della quale si fe’ dal Reverendo Andrea De Leonardis
Questa volta il problema accademico non è discusso in prosa ma trattato direttamente nelle cc. 214r-231v nei componimenti di Ortensio De Leo (6; l’ultimo, a c. 221r, in realtà è del 7 gennaio 1733, come riportato in una nota aggiunta in calce e del quale ho detto poco fa), Teodomiro De Leo (4), Ortensio De Leo (3).
L’ottava riunione ebbe luogo il 12 febbraio 1738, come si evince dall’incipit di c. 228r.
S’invitano li Pastori della nostra Arcadia a festegiare le felicissime nozze del nostro invittissimo Regnante D. Carlo Borbone, Rè delle due Sicilie, etc. colla Serenissima Real Principessa di Polonia Donna Maria Amalia Primogenita del Rè Augusto 3 di Polonia. e Duca della Serenissima Casa di Sassonia nella presente Assemblea Accademica, che si celebra quest’oggi li 2 di Febraio 1738 giorno di Domenica.  
Seguono a partire dalla stessa carta fino a c. 231v tre componimenti di Ortensio De Leo.
Si direbbe che le riunioni dell’accademia, almeno quelle registrate, terminino qui, perché la c. 232r non fa nessun riferimento specifico ad una tenuta nella data che pure è indicata (giugno 1738).
Seguono (cc- 233r-244r) i componimenti di Giovanni Battista Notaregiovanni, Ortensio De Leo, Giovanni Scazzioto (3) di Brindisi, Vito Ruggiero, Lorenzo Cavaliere, Lorenzo Ruggiero (2), Carmine Ruggiero (2), Francesco Ruggiero (2), Pietro Matera di Francavilla (3), Padre Piertommaso Barretta di S. Vito Baccelliere dei carmelitani, un autore il cui nome è illegibile (c. 242r), dottor fisico signor Carlo Evaranta (?) di Francavilla, un autore il cui nome risulta abraso.
Dopo aver angustiato il lettore con questa descrizione che pure era necessaria per avere contezza del documento e conoscere nomi di poeti poco noti se non ignoti sui quali varrà la pena in seguito approfondire [(solo alcuni di loro, per giunta parzialmente, risultano pubblicati in Pasquale Sorrenti, La Puglia e i suoi poeti dialettali : antologia vernacola pugliese dalle origini ad oggi, De Tullio, Bari, 1962; ristampa Forni, Sala Bolognese, 1981 (1 copia nelle biblioteca “Achille Vergari” di Nardò)], concludo, nella speranza che non si sia già dileguato, con un assaggio per così dire, divertente e anticonformista. Divertente perché riguarderà due componimenti che potremmo inquadrare nell’enigmistica; anticonformista, come è la stessa raccolta, perché, cosa inusuale in quelle di altre accademie, essa contiene pure sei componimenti in vernacolo, e ne leggeremo uno.
c. 134r
In lode dell’Eccellentissimo Signor D. Giuseppe Marchese
Eloggioa latino
                                                       I
                                                 oseph
                                                 illustri
                                              Marchese
                                           edito familia
                                      vestigiis maiorum
                                    consequuto suorum,
                                 miris patris santi gestis
                                   virtute, iustitia, clementia,
                         charitate, magnanimitate atque robore
                            insigni praecellenti celebris tantae
            probitatis specimemb, onusto gloriae immortalium
               donanti cunctis per Orbem concelebrantibus
              ad piramidis insta relogium hocce Leo per me  
                        struitur            erigitur     dicatur
                                                        dello stesso Signor Carmine de Leo    
  _________
a Forma che s’incontra anche nei libri a stampa dei secoli passati. b Errore per specimen.
Traduzione: A Giuseppe Marchese nato da illustre famiglia. che ha seguito le orme dei suoi antenati, le mirabili gesta del padre santo, che per valore, giustizia, clemenza, carità, magnanimità e forza, insigne, eccellentissimo, conosciuto, che, carico della gloria degli immortali,  dona a tutti coloro che nel mondo lo festeggiano un esempio di tanta onestà, ecco, questo elogio a forma di piramide da me Leo viene costruito, eretto, dedicato.
Il componimento dal punto di vista iconografico appare ispirato dal carme ropalico [dal latino Rhopalicu(m), a sua volta dal greco ῥοπαλικός (leggi ropalicòs), derivato  di ῥόπαλον (leggi ròpalon)=clava], gioco metrico-grafico praticato già in Grecia a partire dal IV secolo a. C. poi in ambito latino presso i poeti neoterici del II secolo d. C., consistente nel costruire un verso con parole in cui ognuna ha un numero di sillabe pari a quello della precedente più uno, in modo che, sistemando le parole una sotto l’altra, esce fuori una forma che ricorda quella della clava. Qui, come si nota, rispetto al modello originale l’aumento progressivo delle sillabe è rispettato solo nelle tre righe superiori e la forma finale (che non è quella della clava ma della piramide) è ottenuta anche con un’opportuno ingrandimento o rimpicciolimento dei caratteri (ragion per cui nella mia trascrizione, avendone adottato una dimensione fissa, la piramide è andata a farsi benedire. Oltretutto nelle composizioni latine similari la prima parola, anche e costituita da una sola lettera, doveva avere un senso compiuto. Qui, invece l’iniziale I (che in latino, imperativo presente del verbo ire, avrebbe significato va’) è parte integrante del successivo oseph: insomma, un giochetto di origine dotta ma furbescamente semplificato.
c. 138v
  il medemo soggettoa
Programma
Donno Fabio Belpratob Marchese
Anagramma purissimo letterale
Febbo nomar se po’ perch’è natal dì 
________
a Festeggiamento del compleanno di Fabio Marchese..
b Vedi la nota n. 2  
Anche qui il purissimo con cui l’autore (Ferdinando De Leo) definisce il suo anagramma è velleitario, come appare a contare solo il numero di lettere che compongono la frase di partenza (26) e quella anagrammata (27), la quale, inoltre, presenta una p in più, una p  invece di b e una e invece di o.
c. 73r
Dellu patre Rusariu Mazzottia Letture domenicanu pe’ la muta addegrizzab di tutti l’emminic, e le fimmene de santu itud pe’ la enutae de lu segnore Princepe donnuf Fabbiug Marchese 
Sunettu 
Oh quantu ndé presciamuh, ch’è benutu
Fabiu lu Sirei nesciuj, e lu Segnore!
Staamuk propriu propriu senza core
penzando ndé le fosse ntravenutu.
Nui Santu itu nd’è preammul mutu
cù lu ziccam pe’ ricchian, e caccia foreo
de Napul’, e lu nducap quae a do ore
pur’a fazza la mosciaq, ci ae pè utur.
Se ndé varda cu’ l’ecchi, nò ndé sazia!
E vol’à se la mbarcias n’autrat otau?
Potta de craev, í  com’olew à nde strazia!  
Deh Santu itu fermande ddax rota
de la fortuna, e fandey st’autraz raziaza:
middzb‘anni a mienzuzc á nui cù se reotazd.
_________ 
a Di Brindisi.
b Da notare in questa parola, nella penultima del terzultimo verso e nella prima dell’ultimo la grafia di dd, in cui ciascuna lettera appare tagliata a metà da una barretta orizzontale. È come se il copista con quel segno diacritico avesse voluto precisare che il gruppo dd (esito di ll) nel dialetto brindisino presenta una pronuncia ben diversa dalla cacuminale retroflessa del leccese (perquest’ultima vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/08/01/il-solito-dubbio-di-trascrizione-per-un-fonema-salentino/).
c Plurale di ommu, che a prima vista potrebbe sembrare un francesismo (da homme). Tra l’altro gli etimologi considerano l’italiano uomo derivato dal latino homo, che è nominativo, contravvenendo alla regola che vuole i nomi formatisi dall’accusativo (hominem), mentre il plurale uomini mostra chiaramente la sua derivazione dall’accusativo plurale homines. Credo che proprio in –mm– stia la spiegazione dell’apparente stranezza, ipotizzando la seguente trafila: homine(m)>homne(m) (sincope)>homme (assimilazione)>ommu (regolarizzazione della desinenza; simile il napoletano ommo attestato ne Le Muse napoletane di Giambattista Basile (XVI-XVII secolo); lo stesso fenomeno, mediato dalla lingua parlata, avrebbe coinvolto uomo.
d Per apocope da Vito; da notare in itu l’iniziale minuscola, quasi la parola si ricordasse dell’aferesi e sottintendesse V.
e Per aferesi, come nel precedente itu,  da venuta.
f Parallelo al donno dell’italiano antico, dal latino dominu(m) attraverso il sincopato domnu(m) e l’assimilato donnu(m).
g Incoerenza grafica (non errore ortografico a quel tempo, perché in testi a stampa dei secoli passati si legge, per esempio, Fabbio Massimo)  rispetto al Fabiu del primo verso. 
h Alla lettera ci pregiamo che, cioè siamo onorati che. Nel salentino il verbo è usato anche assolutamente (sta mmi prèsciu=mi sto rallegrando) e il sostantivo prèsciu come sinonimo di gioia.
i Nel dialetto salentino sinonimo di padre. La voce è dal francese antico sire, a sua volta dal latino senior, comparativo di senex=vecchio. Qui probabilmente si carica ulteriormente del significato che la parola, di uso letteraria e oggi obsoleta, aveva in italiano, anche se il successivo Segnore sembrerebbe, se non escluderlo, almeno limitarlo.
j Passaggio str>sci abituale nel salentino (maestra>mèscia, finestra>finescia, etc. etc.).
k Per sincope da stavamo.
l Da priare, dal latino precari, con aspirazione, evanescenzae scomparsa della c, a differenza di quanto successo per l’italiano pregare.
m Da (z)ziccare, corrispondente all’italiano azzeccare, che è dal medio alto tedesco zecken=menare un colpo. La voce salentina ha il significato di prendere, afferrare.
n Per aferesi da orecchia.
o Nel salentino è usato anche col significato di in campagna e, col valore di sostantivo (enallage), in espressioni del tipo fore mia=la mia proprietà rurale.
p Da ‘nducire, dal latino indùcere
q Vedi la nota j.
r Aferesi per voto.
s Da mbarciare (a sua volta per dissimilazione da mmarciare, che è per aferesi da ammarciare (a sua volta per assimilazione da ad+marciare). il riferimento è al camminare impettito, ostentando serietà e, per traslato, togliersi d’impaccio facendo finta di nulla e continuando imperterrito.
t Da notare l’esito al>au, come nel francese hautre; in altre zone del Salento, invece, è in uso aḍḍa, che fa pensare ad una derivazione dal greco ἄλλη (leggi alle).
u Per aferesi da volta e consueta caduta di l come in càutu=caldo, motu=molto, etc. etc.
v Potta d’osci (vulva di oggipotta è voce fiorentina d’incerto etimo; osci è dal latino hodie)  e potta de crae (crae è dal latino cras) sono entrambe interiezioni. Non sorprenda che un uomo di chiesa abbia inserito un’espressione volgare: evidentemente già all’epoca lessa era tanto inflazionata dall’uso che aveva perso gran parte, se non tutta, della sua valenza oscena. Piuttosto è da notare come solo ai nostri giorni il suo corrispondente maschile (cazzo!) sia stato sdoganato nella lingua parlata e in quella scritta.
w Da vole, terza persona singolare dell’indicativo presente di ulìri, con abituale aferesi di v-.
x Per aferesi da chedda (=quella); per la grafia di dd vedi la nota b.
y Per dissimilazione da fanne (fà a noi).
z Vedi la nota t.
za Per progressiva lenizione da grazia attraverso crazia (sottoposto poi ad aspirazione di c-) in uso in altre zone del Salento.
zb Vedi la nota b.
zc Per dissimilazione -zz->nz.
zd Da riutare, composto dalla particella ripetitiva re– e da utare, che, come l’italiano voltare, è per sincope dal latino volutare (=concamerare, cioè fabbricare a volta; può significare anche ), a sua volta da    A Nardò il verbo è usato con riferimento al vento che cambia direzione (sta rriota=sta rivoltando).
  (Del Padre Rosario Mazzotti lettore domenicano per la muta allegria di tutti gli uomini e le donne di San Vito per la venuta del signore principe Don Fabio Marchese
Sonetto
O quanto ci rallegriamo perché è venuto/Fabio  il padre e il signore nostro!/Stavamo proprio proprio senza cuore/pensando che non sarebbe intervenuto./Noi ne pregammo molto san Vito/perché lo prendesse per l’orecchio e lo spingesse fuori/da Napoli e lo conducesse qui in due ore/solo per mostrare che ci va per voto./Se ci guarda con gli occhi, non ci sazia!/e vuole svignarsela un’altra volta?/Puttana di domani, come lui vuole straziarci!/Oh san Vito ferma per noi quella ruota/della fortuna e facci quest’altra grazia:/che possa vivere mille anni in mezzo a noi)   
Prima, a c. 53r lo stesso tema era stato trattato in latino da Scipione Ruggiero in un componimento latino in sette distici elegiaci (numero che ricorda quello dei versi che compongono un sonetto).
Reverendi Domini Scipionis Ruggiero ad Eccellentissimum dominum nostrum Principem in eius reditum a Neapoli ad Patriam 
Principis adventum cives celebremus ovantes.
Laeta dies, nobis plaudite laeta quiete.
Viximus in tenebris, venit lux aurea ab Astris,
novimus ac cuncti, quam decet atque iuvat.
Omnes laetamur merito, sed maxime servus
qui vitam praebet pro sanitate tua.
Partenopesa, redeas, orat, nam bella moventur,
dextera tuta tua, te duce, seque tenet.
Vota, precesque deo dabimus ut proelia sistant.
Sic aderit nobis pax, et amica quies.
Quam tua nos hilares, Princeps, praesentia reddat,
en spectare potes, quo obsequio colimus.
Permaneas Patriae, cunctos solare rogantes
o domine, aspectu civica corda beas 
(Del reverendo don Scipione Ruggierob all’ eccellentissimo nostro signor principe per il suo ritorno in patria da Napoli
  Cittadini, celebriamo esultando la venuta del principe. È un giorno lieto, applaudite per la calma a noi lieta. Vivemmo nelle tenebre, una luce aurea è venuta dagli astri e tutti sappiamo quanto conviene e giova.  Tutti ci rallegriamo a buon diritto, ma soprattutto il servo che offre la vita per la tua buona salute. Partenope prega che tu ritorni perché vengono mosse guerre e, sicura della tua destra, si difende. Rivolgeremo voti e preghiere a Dio perché cessino i combattimenti. Così verrà per noi la pacee l’amica quiete. Ecco, o principe, puoi vedere quanto la tua presenza ci renda allegri, con quanto rispetto ti onoriamo. Resta in patria, tu, o signore, rendi felici con lo sguardo tutti quelli che chiedono consolazione, i cuori dei cittadini)
_________
a Per Parthenopes.
b Era parroco della chiesa di S.Maria della Vittoria, in cui si tenne, come sopra s’è riportato, l’accademia del 14 marzo 1731. La cronotassi degli arcipreti, per la stessa chiesa, registra anche i nomi di Carmelo Ruggiero (1757-1759) e di Francesco Ruggiero (1760-1775), quasi una dinastia …; Per quanto riguarda Francesco, poi, egli non è cronologicamante incompatibile con il Francesco Ruggiero registrato come principe dell’Accademia del 5 marzo 1730.
  Per la prima parte: https://www.fondazioneterradotranto.it/2020/04/25/la-settecentesca-accademia-di-s-vito-dei-normanni-1-2/
0 notes
marcusberesford · 4 years
Photo
Tumblr media
Visto "La Pianista Perfetta" e devo dire che Guenda Goria è assolutamente perfetta nella parte.  L’attrice non risparmia nulla e alla preparazione attoriale, somma la sua esperienza di musicista, suonando dal vivo composizioni immortali. Il disegno è così compiuto in scena, delineando la storia di Clara Schumann nello spettacolo-concerto diretto da Maurizio Scaparro, che della pianista tedesca omaggia l’opera e la vita, piena d’amore per il marito compositore Robert Schumann. Recensione: Buona la prima per Guenda Goria, in scena al Teatro Off di via Giulia con “La Pianista Perfetta”. Al debutto, l’altra sera, non potevano mancare i genitori Maria Teresa Ruta e Amedeo Goria - in prima fila accanto all’autore della pièce Giuseppe Manfridi, illustre firma del teatro - emozionati davanti a tanto talento. In sala anche Pino Strabioli, l’attrice Cristina Sciabbarrasi, Anna Teresa Rossini e l’attore Daniele Quistelli. Mentre il tempo si dilata e lo spazio diventa soffocante, Clara ripercorre gli anni d’amore appassionato con Robert, trepida d’ansia per i figli, smania per i contrattempi del pianoforte scordato e della sala inadeguata. Altera e consapevole del proprio valore, suona compulsivamente le sonate composte dal marito del cui genio musicale è stata musa ispiratrice, rivolgendosi a lui in un intimo colloquio di amorosi sensi. Entra in sintonia con la sua anima smarrita nei deliri attraverso la musica da lui composta, eseguendo incessantemente degli a solo pianistici, come un appuntamento quotidiano in cui la musica va all’unisono con i loro cuori.  #lapianistaperfetta #guendagoria #talentopuro #viveremomentiunici #pianoforte #pianomusic #teatrodiqualità #offofftheatre #robertshumann #marcusberesford #carpediem #musicapianoforte #beautyofrome❤️❤️ #loveitaly🇮🇹 (presso Off/Off Theatre) https://www.instagram.com/p/B9L45t2KhnB/?igshid=bs9q2dxsbxlq
0 notes
svevascoulture · 5 years
Text
sine seneca?
Mi fingo Paolino mentre leggo quanto mi scrive l’amico Lucio Annea, soffermandomi in alcuni punti:
1.
La maggior parte dei mortali, o Paolino, si lagna per la cattiveria della natura, perché siamo messi al mondo per un esiguo periodo di tempo, perché questi periodi di tempo a noi concessi trascorrono così velocemente, così in fretta che, tranne pochissimi, la vita abbandona gli altri nello stesso sorgere della vita. Né di tale calamità, comune a tutti, come credono, si lamentò solo la folla e il dissennato popolino; questo stato d’animo suscitò le lamentele anche di personaggi famosi. Da qui deriva la famosa esclamazione del più illustre dei medici, che la vita è breve, l’arte lunga; di qui la contesa, poco decorosa per un saggio, dell’esigente Aristotele con la natura delle cose, perché essa è stata tanto benevola nei confronti degli animali, che possono vivere cinque o dieci generazioni, ed invece ha concesso un tempo tanto più breve all’uomo, nato a tante e così grandi cose. Noi non disponiamo di poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. La vita è lunga abbastanza e ci è stata data con larghezza per la realizzazione delle più grandi imprese, se fosse impiegata tutta con diligenza; ma quando essa trascorre nello spreco e nell’indifferenza, quando non viene spesa per nulla di buono, spinti alla fine dall’estrema necessità, ci accorgiamo che essa è passata e non ci siamo accorti del suo trascorrere. È così: non riceviamo una vita breve, ma l’abbiamo resa noi, e non siamo poveri di essa, ma prodighi. Come sontuose e regali ricchezze, quando siano giunte ad un cattivo padrone, vengono dissipate in un attimo, ma, benché modeste, se vengono affidate ad un buon custode, si incrementano con l’investimento, così la nostra vita molto si estende per chi sa bene gestirla.
2.
Perché ci lamentiamo della natura delle cose?Essa si è comportata in maniera benevola: la vita è lunga, se sai farne uso. C’è chi è preso da insaziabile avidità, chi dalle vuote occupazioni di una frenetica attività; uno è fradicio di vino, un altro languisce nell’inerzia; uno è stressato da un’ambizione sempre dipendente dai giudizi altrui, un altro è sballottato per tutte le terre da un’avventata bramosia del commercio, per tutti i mari dal miraggio del guadagno; alcuni torturala smania della guerra, vogliosi di creare pericoli agli altri o preoccupati dei propri; vi sono altri che logora l’ingrato servilismo dei potenti in una volontaria schiavitù; molti sono prigionieri della brama dell’altrui bellezza o della cura della propria; la maggior parte, che non ha riferimenti stabili, viene sospinta a mutar parere da una leggerezza volubile ed instabile e scontenta di sé; a certuni non piace nulla a cui drizzar la rotta, ma vengono sorpresi dal destino intorpiditie neghittosi, sicché non ho alcun dubbio che sia vero ciò che vien detto, sotto forma di oracolo, nel più grande dei poeti: “Piccola è la porzione di vita che viviamo”. Infatti tutto lo spazio rimanente non è vita, ma tempo. I vizi premono ed assediano da ogni parte e non permettono di risollevarsi o alzare gli occhi a discernere il vero, ma li schiacciano immersi ed inchiodati al piacere. Giammai ad essi è permesso rifugiarsi in se stessi; se talora gli tocca per caso un attimo di tregua, come in alto mare, dove anche dopo il vento vi è perturbazione, ondeggiano e mai trovano pace alle loro passioni. Pensi che io parli di costoro, i cui mali sono evidenti? Guarda quelli, alla cui buona sorte si accorre: sono soffocati dai loro beni. Per quanti le ricchezze costituiscono un fardello! A quanti fa sputar sangue l’eloquenza e la quotidiana ostentazione del proprio ingegno! Quanti sono pallidi per i continui piaceri! A quanti non lascia un attimo di respiro l’ossessionante calca dei clienti! Dunque, passa in rassegna tutti costoro, dai più umili ai più potenti: questo cerca un avvocato, questo è presente, quello cerca di esibire le prove, quello difende, quello è giudice, nessuno rivendica per se stesso la propria libertà, ci si consuma l’uno per l’altro. Infòrmati di costoro, i cui nomi si imparano, vedrai che essi si riconoscono da questi segni: questo è cultore di quello, quello di quell’altro; nessuno appartiene a se stesso. Insomma è estremamente irragionevole lo sdegno di taluni: si lamentano dell’alterigia dei potenti, perché questi non hanno il tempo di venire incontro ai loro desideri. Osa lagnarsi della superbia altrui chi non ha tempo per sé? Quello almeno, chiunque tu sia, benché con volto arrogante ma qualche volta ti ha guardato, ha abbassato le orecchie alle tue parole, ti ha accolto al suo fianco: tu non ti sei mai degnato di guardare dentro di te, di ascoltarti. Non vi è motivo perciò di rinfacciare ad alcuno questi servigi, poiché li hai fatti non perché desideravi stare con altri, ma perché non potevi stare con te stesso.
3.
Per quanto siano concordi su questo solo punto gli ingegni più illustri che mai rifulsero, mai abbastanza si meraviglieranno di questo appannamento delle menti umane: non tollerano che i propri campi vengano occupati da nessuno e, se sorge una pur minima disputa sulla modalità dei confini, si precipitano alle pietre e dalle armi: permettono che altri invadano la propria vita, anzi essi stessi vi fanno entrare i suoi futuri padroni; non si trova nessuno che sia disposto a dividere il proprio denaro: a quanti ciascuno distribuisce la propria vita! Sono avari nel tenere i beni; appena si giunge alla perdita di tempo, diventano molto prodighi in quell’unica cosa in cui l’avarizia è un pregio. E così piace citare uno dalla folla degli anziani: “Vediamo che sei arrivato al termine della vita umana, hai su di te cento o più anni: suvvia, fa un bilancio della tua vita. Calcola quanto da questo tempo hanno sottratto i creditori, quanto le donne, quanto i patroni, quanto i clienti, quanto i litigi con tua moglie, quanto i castighi dei servi, quanto le visite di dovere attraverso la città; aggiungi le malattie, che ci siamo procurati con le nostre mani, aggiungi il tempo che giacque inutilizzato: vedrai che hai meno anni di quanti ne conti. Ritorna con la mente a quando sei stato fermo in un proposito, quanti pochi giorni si sono svolti così come li avevi programmati, a quando hai avuto la disponibilità di te stesso, a quando il tuo volto non ha mutato espressione, a quando il tuo animo è stato coraggioso, che cosa di positivo hai realizzato in un periodo tanto lungo, quanti hanno depredato la tua vita mentre non ti accorgevi di cosa stavi perdendo, quanto ne ha sottratto un vano dispiacere, una stupida gioia, un’avida bramosia, una piacevole discussione, quanto poco ti è rimasto del tuo: capirai che muori anzitempo”. Dunque qual è il motivo? Vivete come se doveste vivere in eterno, mai vi sovviene della vostra caducità, non ponete mente a quanto tempo è già trascorso; ne perdete come da una rendita ricca ed abbondante, quando forse proprio quel giorno, che si regala ad una certa persona od attività, è l’ultimo. Avete paura di tutto come mortali, desiderate tutto come immortali. Udirai la maggior parte dire: “Dai cinquant’anni mi metterò a riposo, a sessant’anni mi ritirerò a vita privata”. E che garanzia hai di una vita tanto lunga? Chi permetterà che queste cose vadano così come hai programmato? Non ti vergogni di riservare per te i rimasugli della vita e di destinare alla sana riflessione solo il tempo che non può essere utilizzato in nessun’altra cosa?Quanto tardi è allora cominciare a vivere, quando si deve finire! Che sciocca mancanza della natura umana differire i buoni propositi ai cinquanta e sessanta anni e quindi voler iniziarela vita lì dove pochi sono arrivati! 
10.
Se volessi dividere ciò che ho esposto e le argomentazioni, mi verrebbero in aiuto molte cose attraverso le quali posso dimostrare che la vita degli affaccendati è molto breve. Soleva affermare Fabiano, il quale non fa parte di questi filosofi cattedratici ma di quelli genuini e vecchio stampo, che contro le passioni bisogna combattere d'istinto, non di sottigliezza, e respingerne la schiera (delle passioni) non con piccoli colpi ma con un assalto: infatti esse devono essere pestate, non punzecchiate.Tuttavia, per rinfacciare ad esse il loro errore, bisogna non tanto rimproverarle ma ammaestrarle. La vita si divide in tre tempi:passato, presente e futuro. Di questi il presente è breve, il futuro incerto, il passato sicuro. Solo su quest'ultimo, infatti, la fortuna ha perso la sua autorità, perché non può essere ridotto in potere di nessuno. Questo perdono gli affaccendati: infatti non hanno il tempo di guardare il passato e, se lo avessero, sarebbe sgradevole il ricordo di un fatto di cui pentirsi. Malvolentieri pertanto rivolgono l'animo a momenti mal vissuti e non osano riesaminare cose, i cui vizi si manifestano ripensandole, anche quelli che vengono nascosti con qualche artificio del piacere presente. Nessuno, se non coloro che hanno sempre agito secondo la propria coscienza, che mai si inganna, si rivolge volentieri al passato; chi ha desiderato molte cose con ambizione, ha sprezzato con superbia, si è imposto senza regola né freno, ha ingannato con perfidia, ha sottratto con cupidigia, ha sprecato con leggerezza, ha paura della sua memoria. Eppure questa è la parte del nostro tempo sacra ed inviolabile, al di sopra di tutte le vicende umane, posta al di fuori del regno della fortuna, che non turba né la fame, né la paura, né l'assalto delle malattie; essa non può essere turbata né sottratta:il suo possesso è eterno e inalterabile. Soltanto a uno a uno sono presenti i giorni e momento per momento; ma tutti (i giorni) del tempo passato si presenteranno quando tu glielo ordinerai, tollereranno di essere esaminati e trattenuti a tuo piacimento, cosa che gli affaccendati non hanno tempo di fare. È tipico di una mente serena e tranquilla spaziare in ogni parte della propria vita; gli animi degli affaccendati, come se fossero sotto un giogo, non possono piegarsi né voltarsi. La loro vita dunque precipita in un baratro e come non serve a nulla, qualsiasi quantità tu possa ficcarne dentro, se non vi è sotto qualcosa che la raccolga e la contenga [come un recipiente senza fondo], così non importa quanto tempo è concesso, se non vi è nulla dove posarsi: viene fatto passare attraverso animi fiaccati e bucati. Il presente è brevissimo, tanto che a qualcuno sembra inesistente; infatti è sempre in corsa, scorre e si precipita; smette di esistere prima di giungere, e non ammette  indugio più che il creato o le stelle, il cui moto sempre incessante non rimane mai nello stesso luogo. Dunque agli affaccendati spetta solo il presente, che è così breve da non poter essere afferrato e che si sottrae a chi è oppresso da    molte occupazioni. 
12.
Chiedi forse chi io definisco affaccendati? Non pensare che io bolli come tali solo quelli che soltanto cani aizzati riescono a cacciar fuori dalla basilica, quelli che vedi esser stritolati o con maggior lustro nella propria folla di clienti o più vergognosamente quella dei clienti altrui, quelli che gli impegni spingono fuori dalle proprie case per schiacciarli con gli affari altrui, o che l'asta del pretore fa travagliare con un guadagno disonorevole e destinato un giorno adincancrenire. Il tempo libero di alcuni è tutto impegnato: nella loro villa o nel loro letto, nel bel mezzo della solitudine, benché si siano isolati da tutti, sono fastidiosi a se stessi: la loro non deve definirsi una vita sfaccendata ma un inoperoso affaccendarsi. Puoi chiamare sfaccendato chi dispone in ordine con minuziosa pignoleria bronzi di Corinto, pregiati per la passione di pochi, e spreca la maggior parte dei giorni tra laminette rugginose? Chi in palestra(infatti, che orrore!, neppur romani sono i vizi di cui soffriamo) siede come spettatore di ragazzi che lottano? Chi divide le mandrie dei propri giumenti in coppie di uguale età e colore? Chi nutre gli atleti giunti ultimi? E che? Chiami sfaccendati quelli che passano molte ore dal barbiere, mentre si estirpa qualcosa che spuntò nell'ultima notte, mentre si tiene un consulto su ogni singolo capello, mentre o si rimette a postola chioma in disordine o si sistema sulla fronte da ambo i lati quella rada? Come si arrabbiano se il barbiere è stato un po' disattento, come se tosasse un uomo! Come si irritano se viene tagliato qualcosa dalla loro criniera, se qualcosa è stato mal acconciato, se tutto non ricade inanelli perfetti! Chi di costoro non preferisce che sia in disordine lo Stato piuttosto che la propria chioma? Che non sia più preoccupato della grazia della sua testa che della sua incolumità?Che non preferisca essere più elegante che dignitoso? Questi tu definisci sfaccendati, affaccendati tra il pettine e lo specchio? Quelli che sono dediti a comporre, sentire ed imparare canzoni, mentre torcono in modulazioni di ritmo molto modesto la voce, di cui la natura rese il corretto cammino il migliore e il più semplice, le cui dita cadenzanti suonano sempre qualche carme dentro di sé, e di cui si ode il silenzioso ritmo quando si rivolgono a cose serie e spesso anche tristi? Costoro non hanno tempo libero, ma occupazioni oziose. Di certo non annovererei i banchetti di costoro tra il tempo libero, quando vedo con quanta premura dispongono l'argenteria, con quanta cura sistemano le tuniche dei loro amasi, quanto siano trepidanti per come il cinghiale vien fuori dalle mani del cuoco, con quanta sollecitudine i glabri accorrono ai loro servigi ad un dato segnale, con quanta maestria vengano tagliati gli uccelli in pezzi non irregolari, con quanto zelo infelici fanciulli detergano gli sputi degli ubriachi: da essi si cerca fama di eleganza e di lusso e a tal punto li seguono le loro aberrazioni in ogni recesso della vita, che non bevono né mangiano senza ostentazione. Neppure annovererai tra gli sfaccendati coloro che vanno in giro sulla portantina o sulla lettiga e si presentano all'ora delle loro passeggiate come se non gli fosse permesso rinunziarvi, e che un altro deve avvertire quando si devono lavare, quando devono nuotare o cenare: e a tal punto illanguidiscono in troppa fiacchezza di un animo delicato, da non potersi accorgere da soli se hanno fame. Sento che uno di questi delicati - se pure si può chiamare delicatezza il disimparare la vita e la consuetudine umana - , trasportato amano dal bagno e sistemato su una portantina, abbia detto chiedendo: “Sono già seduto?” Tu reputi che costui che ignora se sta seduto sappia se è vivo, se vede e se è sfaccendato? Non è facile dire se mi fa più pena se non lo sapeva ose fingeva di non saperlo. Certamente di molte cose soffrono in realtà la dimenticanza, ma di molte anche la simulano; alcuni vizi li allettano come oggetto di felicità; sembra che il sapere cosa fai sia tipico dell'uomo umile e disprezzato; ora va e credi che i mimi inventano molte cose per biasimare il lusso. Certo trascurano più di quanto rappresentano ed è apparsa tanta abbondanza di vizi incredibili in questo solo secolo, che ormai possiamo dimostrare la trascuratezza dei mimi. Vi è qualcuno che si consuma a tal punto nelle raffinatezze da credere ad un altro se è seduto! Dunque costui non è sfaccendato, dagli un altro nome: è malato, anzi è morto; sfaccendato è quello che è consapevole del suo tempo libero. Ma questo semivivo, a cui è necessaria una spia che gli faccia capire lo stato del suo corpo, come può costui essere padrone di alcun momento?
14.
Soli tra tutti sono sfaccendati coloro che si dedicano alla saggezza, essi soli vivono; e infatti non solo custodiscono bene la propria vita: aggiungono ogni età alla propria; qualsiasi cosa degli anni prima di essi è stata fatta, per essi è cosa acquisita. Se non siamo persone molto ingrate, quegli illustrissimi fondatori di sacre dottrine sono nati per noi, per noi hanno preparato la vita. Siamo guidati dalla fatica altrui verso nobilissime imprese, fatte uscire fuori dalle tenebre verso la luce; non siamo vietati a nessun secolo, in tutti siamo ammessi e, se ci aggrada di venir fuori con la grandezza dell'animo dalle angustie della debolezza umana, vi è molto tempo attraverso cui potremo spaziare. Possiamo discorrere con Socrate, dubitare con Carneade, riposare con Epicuro, vincere con gli Stoici la natura dell'uomo, andarvi oltre con i Cinici. Permettendoci la natura di estenderci nella partecipazione di ogni tempo, perché non elevarci con tutto il nostro spirito da questo esiguo e caduco passar del tempo verso quelle cose che sono immense, eterne e in comune con i migliori? Costoro, che corrono di qua e di là per gli impegni, che non lasciano in pace se stessi e gli altri, quando sono bene impazziti, quando hanno quotidianamente peregrinato per gli usci gli tutti e non hanno trascurato nessuna porta aperta, quando hanno portato per case lontanissime il saluto interessato[del cliente verso il patrono, ricompensato in cibarie], quanto e chi hanno potuto vedere di una città tanto immensa e avvinta in varie passioni?Quanti saranno quelli di cui il sonno o la libidine o la grossolanità li respingerà! Quanti quelli che, dopo averli tormentati a lungo, li trascureranno con finta premura! Quanti eviteranno dimostrarsi per l'atrio zeppo di clienti e fuggiranno via attraverso uscite segrete delle case, come se non fosse più scortese l'inganno che il non lasciarli entrare! Quanti mezzo addormentati e imbolsiti dalla gozzoviglia del giorno precedente, a quei miseri che interrompono il proprio sonno per aspettare quello altrui, a stento sollevando le labbra emetteranno con arroganti sbadigli il nome mille volte sussurrato! Si può ben dire che indugiano in veri impegni coloro che vogliono essere ogni giorno quanto più intimi di Zenone, di Pitagora, di Democrito e degli altri sacerdoti delle buone arti, diAristotele e di Teofrasto. Nessuno di costoro non avrà tempo, nessuno non accomiaterà chi viene a lui più felice ed affezionato a sé, nessuno permetterà che qualcuno vada via da lui a mani vuote; da tutti i mortali possono essere incontrati, di notte e di giorno.
16.
Molto breve e travagliata è la vita di coloro che sono dimentichi del passato, trascurano il presente, hanno timori sul futuro: quando saranno giunti all’ultima ora, tardi comprendono, infelici, di essere stati a lungo affaccendati, pur non avendo combinato nulla. E non vi è motivo di credere che si possa provare che essi abbiano una lunga vita col fatto che invochino spesso la morte: li tormenta l’ignoranza in sentimenti incerti, che incorrono in quelle stesse cose che temono; perciò invocano spesso la morte, perché la temono. Non è neppure prova credere che vivano a lungo il fatto che spesso il giorno sembri ad essi eterno, che mentre arriva l’ora convenuta per la cena si lamentino che le ore scorrano lentamente; difatti, se talora le occupazioni li abbandonano, ardono abbandonati nel tempo libero e non sanno come disporne e come impiegarlo. E così si rivolgono a qualsiasi occupazione e tutto il tempo che intercorre è per essi gravoso, proprio così come, quando è stato fissato un giorno per uno spettacolo di gladiatori, o quando si attende il momento stabilito di qualche altro spettacolo o piacere, vogliono saltare i giorni di mezzo. Per essi è lungo ogni rinvio di una cosa sperata: ma è breve e rapido quel tempo che amano, e molto più breve per colpa loro; infatti passano da un posto all’altro e non possono fermarsi in un’unica passione. Per essi non sono lunghi i giorni, ma odiosi; ma invece come sembrano brevi le notti che trascorrono nel vino o nell’amplesso delle meretrici! Di qui anche la follia dei poeti, che alimentano con le loro favole gli errori umani: secondo loro pare che Giove, sedotto dall’amplesso, abbia raddoppiato il tempo di una notte. Cosa altro è alimentare inostri vizi che attribuire ad essi gli dei quali autori e dare al male giustificata licenza mediante l’esempio della divinità? Possono a costoro non sembrare brevissime le notti che acquistano a caro prezzo? Perdono il giorno nell’attesa della notte, la note per paura del giorno.
(Traduzione di Luigi Chiosi)
0 notes
0rlandocurioso-blog · 5 years
Text
Lucain et Michel de Marolles 
ou la Liberté de l’artiste
Après une dizaine d’années de recherches infructueuses, j’ai pu acquérir la première traduction de Lucain donnée en 1623 par l’abbé Michel de Marolles (1600-1681), ouvrage assez rare. Inviter à partager mon plaisir n’est pas le seul motif de cette petite communication. Car il m’est apparu que l’un des deux portraits gravés par le célèbre Léonard Gaultier (1561-1635?) pour cette traduction pourrait être une… blague et, par là même, un témoignage iconographique qui justifie un signalement. 
Voici la description de ce livre :
Michel de Marolles, Les Œuvres de M. Annee Lucain poete illustre ou L’Histoire des guerres civiles entre César et Pompee, et les principaux combats qui se passerent en la sanglante journee de Pharsale. Mises en prose par M. de Marolles, Abbé de Bogerais (sic). A Paris, De l’Imprimerie de François Huby, rue St. Jacques à la Bible d’Or. M.DC.XXIII. 
1 vol. pet. in-8° (174 x 116 mm) ; (8)ff.736pp.(12)ff.(2)ff.bl. Frontispice et deux portraits (Louis XIII et Lucain) gravés par Léonard Gaultier. Dédicace (5 pages) au roi Louis XIII. Vélin ancien (reliure de l’époque).
Premier ouvrage publié par l’Abbé de Marolles, alors abbé de Baugerais. Le frontispice et les portraits sont d’une grande qualité. Il se pourrait qu’un retirage de la présente édition ait été fait en 1624 car un exemplaire à cette date existerait à la Bibliothèque de l’Arsenal (non vérifié). 
Marolles, traducteur injustement décrié de toute la poésie latine ancienne, se disait mécontent de cette première traduction et devait publier plus tard au moins quatre autres traductions de la Pharsale (1647, 1649, 1654, 1655), éditions juxtalinéaires en latin et en français, dont certaines n’êtaient que des tirages remis en vente avec un titre à date modifiée. 
Outre le très beau portrait du jeune Louis XIII, ce qui présente de l’intérêt dans cette première édtion de 1623 est que le portrait de Lucain gravé par Léonard Gaultier ressemble beaucoup à ce qu‘aurait pu être le portrait du jeune abbé de Marolles en 1623. 
Il existe deux portraits de Michel de Marolles gravés par des artistes réputés, l’un de Claude Mellan exécuté en 1648 et l’autre de Robert Nanteuil daté de 1657. Regardons ces deux portraits, comparons-les à celui de Lucain, en prenant en compte « l’inévitable outrage » des ans… L’ecclésiastique « installé », de 48 ou de 57 ans, abbé un peu empâté de l’importante abbaye de Villeloin, et le fringant Lucain au visage émacié et aux cheveux frisés ne pourrraient-t-ils pas n’être qu’une seule et même personne ?
Certes, Léonard Gaultier, gendre présumé d’Antoine Caron et possible blagueur dans notre hypothèse, est sexagénaire lorsqu’il grave ce cuivre ; il est fameux et n’a pas l’âge des gamineries. Aurait-t-il pu se prêter à cette supercherie ? Vous en doutez…
↑  Portrait de Marolles par Mellan, en 1648.
←  Portrait (prétendu) de Lucain, par Léonard Gaultier, pleine page dans l’édition de 1623.
↓  Portrait de Marolles par Robert Nanteuil, 1657.
Mais il y a le nez… 
Regardez le nez !… Et les yeux, et les sourcils, et la bouche, nonobstant la largeur et la tenue de la moustache qui varient d’un artiste à l’autre…
Ce nez !… Qui pourra confirmer que je vois un peu plus loin que le bout du mien ? Ni Lucain, ni Gaultier, ni Marolles, respectivement morts vers 65, après 1635 et en 1681, ne sauraient me contredire. Je ne dois donc me fonder que sur ma conviction…
Je n’hésite pas à l’étayer avec une scène facile à imaginer :
« — Monsieur l’Abbé, je suis ennuyé… Je n’ai pas de modèle pour le portrait de Lucain…
— Pas de modèle ?… Est-ce si grave ? Avez-vous  besoin d’un modèle ?
— Sans modèle, je suis un peu désarmé… 
— Mais, mon ami, je n’ai personne sous la main à vous proposer…
— Vous-même feriez bien l’affaire, Monsieur l’Abbé… Cela ne prendra pas très longtemps…
— Pourquoi pas ?… Que faudra-t-il que je fasse ?
— Nous allons trouver une pose… et dégager votre cou pour vous dessiner en Romain avec un léger drapé qui évoquera l’antique… Je suis sûr que cela sera très bien… »
Hélas, je n’étais pas là. Mais connaissant mon abbé, je me dis qu’il ne devait pas se sentir mécontent d’être immortalisé en grand poëte aux côtés du Roi de France, lequel ne manquerait pas de le reconnaître, non plus que quelques courtisans. 
Enfin, je vous laisse juge… Mais ma conviction est que nous avons identifié le modèle de circonstance qui posa pour le portrait de Lucain en 1623.
R.C. déc. 2018
0 notes
spaziozut · 6 years
Photo
Tumblr media
degustazione vino e reading
WINEBOOK
Domenica 23 Settembre alle ore 18.00
FolignoLibri presenta
WINEBOOK "Iran, poesia e vino: omaggio alla poetessa persiana Forugh Farrokhzad"
E’ solo la voce che resta tradotto dalla prof. ssa Faezeh Mardani (Università di Bologna) – Riccardo Condò Editore Letture di Stella Piccioni e musiche Joe Rehmer
Ingresso Libero
Degustazione opzionale di tre vini Syrah in purezza selezionati da Marta Gammarota, presentazione vini a cura di Federica Ricci.
Mini-aperitivo a cura di Forno Pizzoni - Foligno e ZUT Gallery a € 15.
Max 35 persone su prenotazione infoline 3287288108
WINEBOOK
"Guarda, la cera della notte si scioglie goccia a goccia sulla nostra via. Al tepore della tua ninnananna dal calice nero dei miei occhi trabocca il vino del sonno. Forugh Farrokhzad – E’ solo la voce che resta"
Non possiamo affermare con assoluta certezza che il vino Sirah-Shiraz abbia le sue origini nell’antichissima cultura Persiana, come d’altronde sostengono in molti, ma è certo che passeggiando per le rovine di Persepoli - a qualche chilometro di distanza da Shiraz appunto – si trovano scolpite, limpide e immortali, le celebri giare di vino che vengono offerte all’imperatore nei bassorilievi del palazzo di Apadana. Il vino è un topos centrale della cultura Persiana sin dalla più remota antichità, e in special modo è stato cantato dai più grandi poeti classici: da al Walid ad Abu Nawas, da Hafez a Kayyam. Vino come una chiave di volta astronomica, ragione o alibi per un incontro, elemento che avvicina gli spiriti, i cuori e le labbra, che va gustato, cantato e decantato. Vino che è presente anche nella poesia di Forugh Farrokhzad (1935 – 1967) a cui è dedicato questo incontro. Figura illustre della poesia persiana del novecento, e tragicamente scomparsa a soli trentadue anni, Forugh è tutt’oggi uno dei simboli dell’animo rivoluzionario persiano, amata trasversalmente da tutte le generazioni, non solo da quella che ha vissuto da protagonista gli anni precedenti alla Rivoluzione Islamica. La sua poesia, matura e complessa – per anni censurata ma sempre sopravvissuta in edizioni clandestine - rappresenta uno strappo con le convenzioni classiche della poesia persiana, ed ha incarnato la voce di tante donne dell’Iran denunciando una società oppressiva, l’ipocrisia delle relazioni di genere e liberando i corpi in una lirica che gioca sovente con l’erotismo. Del 1962 è un bellissimo documentario in stile neorealista – La casa è nera - girato all’interno di un lebbrosario di Tabriz che vinse diversi premi internazionali e rese la poetessa molto celebre oltreconfine; durante un suo viaggio in Europa, passò per l’Italia dove incontrò tra gli altri il regista Bernardo Bertolucci.
Le poesie di Forugh Farrokhzad, tradotte in italiano da Faezeh Mardani (Università di Bologna) per Riccardo Condó Editore saranno lette dall’attrice Stella Piccioni accompagnate dal musicista Joe Rehmer.
Da qui parte il nostro viaggio sensoriale, per il prossimo Shiraz-WINEBOOK dove si gusteranno tre tipologie di vino Sirah in purezza: 1. Stefano Amerighi Toscana 2015 2. Crozes-Hermitage Calendes Bio Ferraton Francia 2015 3. Adamantis - Dominamiccina Sicilia 2016
0 notes
colospaola · 6 years
Text
Gli scout, una delle associazioni per ragazzi più amate in tutto il mondo, hanno una storia che parte da molto lontano, per la precisione dalla figura di Robert Baden-Powell, colonnello dell’Impero Britannico che, nel 1899, durante l’assedio della città di Mafeking in Sud Africa, trovandosi circondato dai Boeri, con un gruppo di ragazzi riuscì a resistere al nemico per 217 giorni.
Al ritorno in patria, dove venne promosso maggior generale, Baden-Powell scrisse Aids to Scouting, che in pochi anni divenne un bestseller tra gli educatori, portando l’ex soldato a concepire l’idea di un gruppo di ragazzi che, grazie a una serie d’iniziative, formassero tra di loro un legame duraturo di amicizia e fiducia.
Fu cosi che, nel 1907, il maggiore, con 20 ragazzi di ceti sociali differenti, partì per Brownsea, un’isoletta del sud dell’Inghilterra all’interno di un’insenatura del mare nell’entroterra, dove si tenne il primo campo scout, con i ragazzi divisi in pattuglie, forgiando tra di loro dei legami che confermarono in pieno l’idea dell’eroe di Mafeking.
Era nato così lo scautismo, di cui Baden-Powell sarebbe stato il comandante supremo fino alla morte, avvenuta in Kenia nel 1941, con le sue regole ispirate al Libro della Giungla di Kipling e la divisione in Lupetti, Esploratori e Capi, ben illustrate in saggi come il classico Scautismo per Ragazzi, Manuale dei Lupetti e Il libro dei Capi.
In Italia lo scautismo arrivò nel 1926, con la fondazione dell’Associazione Scout Cattolici Italiani, preceduta solo pochi anni prima dal Cngei, l’associazione aconfessionale.
Ma il 24 gennaio 1927 Papa Pio XI dovette sciogliere l’Associazione Scautistica Cattolica Italiana, poi il 9 aprile 1928 tutto lo scautismo fu soppresso dal Consiglio dei ministri.
I gruppi scout Milano II e Milano VI dovettero deporre le loro insegne, ma una parte di loro si rifiutò di cessare ogni attività e, con messaggi in codice, i ragazzi continuarono a ritrovarsi, tenendo anche i campi scout estivi, in Val Codera, in provincia di Sondrio, e svolgendo alcune attività scout.
Erano nate le Aquile Randagie.
Li guidarono Andrea Ghetti, del gruppo Milano 11, detto Baden, e Giulio Cesare Uccellini, capo del Milano 2, che divenne Kelly durante la resistenza ed ebbe il soprannome di Bad Boy, affibbiatogli da J.S. Wilson, all’epoca direttore del Bureau Mondiale dello Scautismo.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, le Aquile Randagie diedero vita all’Organizzazione Scout Collocamento Assistenza Ricercati per il salvataggio di perseguitati e ricercati di diversa nazione, razza, religione, con fughe in Svizzera, come quelle di Indro Montanelli, per poi, dopo la fine del conflitto, aiutare i fascisti pentiti.
Alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1945, un grande raduno dei capi scout a Roma sancì il ritorno dello scautismo in Italia, dove ancora oggi continua ad avere grandi consensi.
Traendo spunto dalla storia delle Aquile Randagie, lo scrittore per ragazzi Tommaso Percivale ha scritto il romanzo Ribelli in fuga, edito da Einaudi Ragazzi.
La storia, ambientata a Pruneto, un paesino alle pendici dell’Appennino, inizia nel 1928, quando il fascismo scioglie le associazioni scout e chiede ai ragazzi di diventare balilla.
Ma cinque ragazzi non ci stanno e, con il supporto di alcuni abitanti del paese, si danno alla macchia, alla ricerca di un covo segreto, lassù tra le montagne.
Dopo aver trovato un rifugio, i ragazzi vengono braccati dai loro vecchi compagni, che si sono convertiti alla causa della camicia nera, ma l’epilogo sarà davvero inaspettato.
Come definirebbe Tommaso Percivale?
Definire se stessi è come cercare di colpire un bersaglio appeso alla propria schiena tirando con l’arco. Preferisco essere conosciuto attraverso i miei romanzi, ciascuno dei quali è un pezzo di me. Gli ideali cui sono ispirati, per esempio la libertà, la parità tra i sessi, la giustizia, appartengono alla mia visione di mondo ideale, e per questo cerco di diffonderli.
BP diceva di voler lasciare il mondo un posto un po’ più bello di come l’aveva trovato. Questa massima mi ha colpito così tanto che me ne sono impadronito, e cerco di fare del mio meglio attraverso la scrittura.
Perché un romanzo per gli scout e in particolare sulle Aquile Randagie?
Perché è una storia bellissima che parla ai cuori di tutti. Una storia di quasi cento anni fa, eppure attuale come poche. Meritava di essere raccontata, e non perché parla di scout ma perché parla di ragazzi, ragazzi come tanti, che un giorno si sono trovati a fare una scelta e l’hanno fatta, sacrificando tutto e pagandone le conseguenze in nome della libertà. La libertà, questa parola così importante che racchiude il senso della nostra vita e delle nostre azioni.
Però non volevo scrivere una biografia. Volevo scrivere un romanzo. E dunque, per rispetto nei confronti di chi quei giorni li ha vissuti di persona, ho preferito inventarmi luogo e personaggi. Ho preferito la libertà di raccontare quelle esperienze nel mondo e nel modo che ritenevo migliori. Non per questo le sensazioni sono meno vere.
E quando don Giovanni Barbareschi, Aquila Randagia leggendaria, mi ha chiamato per dirmi che aveva letto il libro e si era profondamente commosso, ho capito di avere fatto la scelta giusta. “Non hai parlato di noi, ma hai parlato di noi”, ha detto. È stato un momento importante per me.
A parte i testi sullo scoutismo in Italia, sulle Aquile Randagie si sa davvero molto poco….
Purtroppo è così. Il mito delle Aquile è poco conosciuto, e soprattutto poco raccontato, anche nell’ambiente scout. Gli straordinari ricercatori dell’Ente educativo Mons. Ghetti-Baden sono forse i più impegnati a diffondere la loro storia. Se avete la possibilità di ascoltare per una sera Emanuele Locatelli, non perdete l’occasione.
In Ribelli in fuga c’è una netta opposizione tra i fascisti, che cercano di unire tutti i ragazzi sotto la camicia nera, e i cinque protagonisti, che si oppongono con tutte le loro forze a una situazione disperata…
C’è una disperata lotta per difendere la propria ideologia. Il grandissimo Giovanni Barbareschi scrive: Il fascismo è una mentalità nella quale la verità non è amata e servita perché verità, ma è falsata, ridotta, tradita, resa strumento per i propri fini personali o del proprio gruppo o del proprio partito.
Un vero scout potrebbe accettare questa mentalità?
Perché ha scelto di usare un’ambientazione così suggestiva, come i monti dell’Appennino in pieno inverno?
Il contatto con la natura è essenziale per comprendere il mondo che ci circonda. È dentro di noi perché noi ne siamo figli. L’essere umano che tende la mano verso la natura ha l’occasione di crescere e conoscersi nel suo intimo più segreto.
Come si è documentato per scrivere Ribelli in fuga?
Per quanto riguarda il mondo scout, devo ringraziare il fantastico Capo Emanuele Vignolo, del reparto di Ovada. Mi ha messo sulla strada giusta e poi ha lasciato che facessi le mie ricerche. Da bravo topo di biblioteca ho letto e studiato tantissimo, soprattutto i testi di BP. E naturalmente ho passato mesi a studiare il momento storico, un periodo, quello a cavallo tra le due guerre, di cui esiste pochissima letteratura. È stato un lungo viaggio di ricerca storica e sociologica, un’immersione molto intensa.
Dalle Aquile Randagie a Nelson Mandela, passando per Alfonsina Strada, spesso nei suoi romanzi i protagonisti sono adolescenti in lotta contro un mondo che non li capisce…
Sono tutti personaggi cui vengono imposti limiti arbitrari, limiti e divieti che avvantaggiano qualcun altro a scapito della loro libertà, e che non possono accettare quei limiti perché ingiusti.
Loro hanno combattuto le loro battaglie e il mio modesto contributo è quello di ricordarle. Spero, però, di poter ispirare qualche nuovo Signor No.
O, meglio ancora, rendere più visibili le sbarre della gabbia che ci imprigiona tutti. Per essere davvero liberi è infatti necessario, prima, capire che non lo siamo.
Crede che i valori dello scoutismo, in un mondo come quello di oggi, così ricco di tecnologia, siano ancora attuali?
Certamente! Sono valori immortali.
La tecnologia non è altro che uno strumento, come un coltello o un bordone. Sta a noi scegliere il modo migliore per usarla.
Tra Milano, la Valtellina e Pavia si sta girando un film sulle Aquile Randagie? Cosa ne pensa?
Che è una magnifica iniziativa e che non vedo l’ora di potermelo gustare al cinema.
I diritti di Ribelli in Fuga sono stati opzionati da un’altra casa di produzione per cui è possibile che, tra poco, si cominci a parlare un po’ di più delle Aquile Randagie.
Che ruolo avrebbe come scout? Lupetto, Esploratore o Capo?
Data la mia età, penso che l’unica possibilità sia quella del Capo, ma non penso che ne sarei all’altezza.
Ho conosciuto la vita lontano dallo scoutismo, anche se il lavoro che ho fatto per il romanzo mi è entrato sottopelle. Mi impegno a camminare sul sentiero dei valori tracciati da BP, ma nel limite della mia individualità.
Essere scout ieri e oggi: domande a Tommaso Percivale Gli scout, una delle associazioni per ragazzi più amate in tutto il mondo, hanno una storia che parte da molto lontano, per la precisione dalla figura di…
0 notes
pangeanews · 6 years
Text
Ora mi incazzo davvero: in libreria non trovo mai i libri che voglio leggere. Esiliano Majakovskij e ci impediscono di diventare immortali
Poi comincio a incazzarmi. Nelle mie peregrinazioni bibliografico-antartiche inciampo in Ultimo confine del mondo. Lo ha scritto, 70 anni fa, E. Lucas Bridges, figlio del primo missionario inglese che ha colonizzato Ushuaia, la città più australe al mondo. Il libro non è stato tradotto da un oscuro editore di provincia troppi lustri or sono. Einaudi, 2009. Nove anni fa. Il libraio non sa di cosa parlo. Contatto Einaudi. Posso inviarti il pdf, mi dice l’ufficio stampa, gentilissima. 590 pagine illustrate. In pdf. No grazie. Dico. Pago qualsiasi cifra, fammi spedire una copia in giacenza. Non ne hanno. Amen. Cercherò di rubarlo in qualche biblioteca pubblica. Tento con un altro titolo. I Lusiadi. Il poema nazionale portoghese, l’epopea delle esplorazioni di Vasco de Gama, scritto da quel ribelle di Luís de Camões quasi 600 anni fa. I Lusiadi è per i portoghesi la stessa cosa che Shakespeare è per gli inglesi, per intenderci. In Italia il poema è stato tradotto e pubblicato. Prima da Mursia. Poi, nel 2001, da Rizzoli. Introvabile. Ormai ci ho fatto il callo. In libreria non trovo i libri che voglio. In libreria ci sono solo i libri di merda che legge il 40% degli italiani che legge almeno un libro all’anno e sarebbe meglio non leggesse neppure quello. Ora mi incazzo. Oltre all’Antartide e – genericamente – all’arte narrativa della fuga, m’interessa, per deformazione estetica, la poesia russa. Ho già scritto un tot di tempo fa, su il Giornale, che mi sembra una spudorata puttanata che nessun editore ristampi la Poesia russa del Novecento, magistrale percorso antologico costruito da quel gran genio di Angelo Maria Ripellino. Uno strumento indispensabile – e scritto divinamente, in modo seducente, mica accademico – per fare slalom tra Mandel’stam e Achmatova, Esenin, Pasternak, Cvetaeva, Majakovskij, cioè la generazione di poeti più folgorante del secolo, di sempre. Stampata da Guanda nel 1954, costantemente ristampata da Feltrinelli, ora, probabilmente, ci ritengono troppo cretini per poterla leggere. Eppure. Fino all’altro ieri Ripellino era lettura d’obbligo per chi s’avventurava, letterariamente, ‘oltrecortina’. Esempio. Majakovskij e il teatro russo d’avanguardia. Stampato da Einaudi nel 1959. Testo fondamentale per capire il titanico Vladimir. Esempio. Lo sapevate che il vero ‘Mistero buffo’ non l’ha scritto Dario Fo, ma proprio Majakovskij, alla russa suona Misterija-buff, proprio cento anni fa? Esempio. Lo sapete che il biglietto di Cesare Pavese, a sigillo del suicidio, è il 1950, “Perdono a tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”, è il calco dello stesso cartiglio vergato da Majakovskij vent’anni prima, prima di spararsi al cuore (“Non incolpate nessuno della mia morte e, per piacere, non fate pettegolezzi. Il defunto li odiava”)? Per carità, questo è gossip. Le pagine più belle ritraggono Vladimir nei cafè di Pietroburgo, che in quel vorticoso Diciassette proliferavano come grandine (“Dalla sua bocca quadrangolare volavano non parole, ma pietre tonanti d’un torrente alpestre… le sue idee sono cosmogoniche, ma non è Dante, è Walt Whitman”, scrive un impaurito cronista, il 17 dicembre 1917), ricostruiscono i rapporti tra Majakovskij e il cinema e quelli, pre-felliniani, tra Majakovskij e il circo (“Majakovskij desiderava recitare i suoi versi in groppa a un elefante”, ricorda Vasilij Kaménskij nel 1940). Volete il libro? Fottetevi. Ristampato nel 2002 da Einaudi, ora è introvabile, dovete aggirarvi nei sottosuoli digitali e comprare (a caro prezzo) tra gli avvoltoi del modernariato. Esempio declamato e definitivo. Una generazione che ha dissipato i suoi poeti. Il pamphlet di Roman Jakobson che andrebbe sventolato in faccia alla Storia, è il vangelo dei poeti. “Noi ci siamo gettati con troppa foga e avidità verso il futuro perché ci potesse restare un passato. S’è spezzato il legame dei tempi… neppure il futuro ci appartiene”. Il grande linguista russo si scontra con il problema capitale. Perché un tempo gravido di novità (il Diciassette, la Rivoluzione russa) ha finito per schiacciare i poeti del cui immaginario, del cui slancio utopico si è abbeverato? “Nel corso degli anni Venti periscono in età dai trenta ai quarant’anni gli ispiratori di una generazione, e in ognuno di essi v’è la coscienza dell’ineluttabile condanna, intollerabile nella sua lentezza e precisione”. Perché un governo, per assolversi, per giustificarsi, deve uccidere il poeta, l’essere più misero? Jakobson, con furia analitica, disseziona Il problema Majakovskij. Perché il poeta sulle cui spalle, si può dire, gravava l’idea stessa della Rivoluzione russa si è ucciso, nel 1930? Eppure, lo credevano immortale. Eppure, Majakovskij era ossessionato dalla morte e dall’immortalità. “Nella primavera del 1920 tornai a Mosca, stretta nella morsa d’assedio. Portai nuovi libri europei e notizie sul lavoro scientifico dell’Occidente”, racconta Jakobson. Il grande studioso porta in Russia anche gli studi di Einstein sulla “teoria generale della relatività”. Majakovskij ne è impressionato. “La liberazione dell’energia, la problematica del tempo, la questione se la velocità superiore a quella della luce non sia un movimento a ritroso nel tempo, tutto ciò appassionava Majakovskij. ‘E tu non credi – mi domandò a un tratto – che così sarà conquistata l’immortalità’. Io lo guardai stupito e borbottai qualche parola d’incredulità. Allora con un’ostinatezza ipnotizzante, che certamente è nota a tutti quelli che hanno conosciuto più da vicino Majakovskij, disse, serrando le mascelle: ‘Io sono assolutamente convinto che la morte non ci sarà. I morti saranno resuscitati’”. Che brano incredibile. Il poeta, con l’ansia dominante del poeta, vuole conoscere Einstein, vuole conoscere la teoria della relatività, vuole divorare e vincere la morte. E si uccide. Questo libro determinante, pubblicato da Einaudi nel 1975, ristampato da Se nel 2004, risulta “non disponibile”. Ora comincio ad incazzarmi. (d.b.)
L'articolo Ora mi incazzo davvero: in libreria non trovo mai i libri che voglio leggere. Esiliano Majakovskij e ci impediscono di diventare immortali proviene da Pangea.
from pangea.news http://ift.tt/2DcAKhP
0 notes
meudigia · 7 years
Photo
Tumblr media
L’iniziativa culturale Nuove Frontiere dell’Arte Sostenibile. Carlo Caldara & True Story, ideata e curata da Marco Eugenio Di Giandomenico, è organizzata il 17 maggio 2017 a Milano presso Palazzo Marino (Sala Alessi), dalle ore 10:30 alle ore 13:00, da ARD&NT Institute (Accademia di Belle Arti di Brera e Politecnico di Milano) (www.ardent-institute.it) e ETHICANDO Association (www.ethicando.it), in collaborazione con la Scuola di Nuove Tecnologie dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e Oltre Confine Association di Anselmo Chizoniti.
E’ un interessante momento di approfondimento su alcuni aspetti della sostenibilità dell’arte, argomento per sua natura multidisciplinare esplorato da illustri accademici ed esperti, nonché da varie personalità della cultura.
In particolare il convegno analizza le nuove modalità espressive delle arti in chiave sostenibile nell’era delle nuove tecnologie, sia in termini di bridging (ponti) tra le arti medesime, sia in termini di valoriali, vale a dire in termini di capacità dell’opera d’arte di farsi portavoce di un messaggio sociale e/o di promozione artistico-culturale sostenibile con ricadute positive sulla collettività e su tutti gli stakeholder coinvolti.
Sul tema interviene Marco Eugenio Di Giandomenico, critico ed economista della sostenibilità dell’arte, Roberto Favaro, noto musicologo e preside del Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate nonché vice direttore dell’Accademia di Brera, Marcella Caradonna, presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano, Roberto Rosso, illustre fotografo e direttore della Scuola di Nuove Tecnologie dell’Arte e del master della fotografia dell’Accademia di Brera, oltre a prestigiosi critici, intellettuali e storici presenti all’evento.
Filippo Barberis, da sempre sensibile ai temi di valorizzazione della città di Milano soprattutto in termini di nuove opportunità di occupazione ed espressione per i giovani, illustra la sua esperienza di amministratore pubblico in materia.
Momento centrale del convegno la promozione dell’arte di Carlo Caldara presente all’evento, medico e artista eclettico, che con la sua opera diffonde messaggi sociali, dei moniti all’umanità nell’era delle nuove tecnologie. Dopo il grande successo della sua esposizione artistica nel 2016 nell’ambito della XXI Esposizione Internazionale Triennale di Milano, il 2017 e il 2018 sono per lui gli anni di sviluppo internazionale con mostre calendarizzate a Roma presso il MACRO, a Venezia presso il padiglione del Guatemala della 57ma Esposizione Internazionale d’Arte alla Biennale di Venezia, a Parigi presso il Museo dell'Orangerie, e poi in Cina e negli USA.
Carlo Caldara è un artista sostenibile in quanto le sue opere hanno un impatto edificante sugli stakeholder, utilizza materiali riciclati, realizza il bridging tra le arti, osmotizzando fotografia, pittura, scrittura, scultura.
L’evento fa parte della piattaforma comunicativa Betting On Italy (BOI), diretta da Marco Eugenio Di Giandomenico, la quale promuove iniziative di ricerca, formazione e mediatiche su temi di valorizzazione e promozione del made in Italy nel mondo.
Federica Kluzer partecipa all’allestimento delle opere di Carlo Caldara in esposizione a Palazzo Marino durante l’evento.
*******
Carlo Caldara nasce a Milano negli anni sessanta, vive e lavora a Vigevano.
L’innato spirito umanitario e la sensibilità alle problematiche sociali trovano nella sua personalità una duplice declinazione: una professionale, laureandosi in medicina e svolgendo brillantemente l’attività di medico odontoiatra, l’altra artistica, frequentando la Scuola di Nudo dell’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, con la produzione di opere d’arte al tempo stesso affascinanti e inquietanti, in quanto tutte portatrici di un messaggio planetario, di un monito all’umanità su Verità epocali incontrovertibili, che non possono che rivelare se stesse nell’evolversi dei percorsi umani e sociali.
Non ancora venticinquenne inizia esporre le sue opere in Italia e all’estero.
Tra le mostre personali degli ultimi anni, tutte capaci di trasmettere l’incontaminato sentimentum attraverso gli inconfondibili cromatismi e i riflessi specchiati tra diciture a mo’ di slogan, ricordiamo nel 2016 “Living your dream”, presso la Triennale di Milano, nell’occasione della XXI Triennale Internazionale, e “Lose your mind”, presso Palazzo Flangini a Venezia, nell’occasione della XV Biennale d’Architettura di Venezia, nel 2014 “Qualcosa d’Impatto”, presso il Castello Litta Beccaria e Villa Necchi Gambolò (PV), e nel 2013 “Gli Immortali”, presso il Palazzo del Senato, Archivio di Stato a Milano. Andando un po’ più indietro, la mostra “Qui ed Ora”, presso il Museo di Finale, Chiostri di Santa Caterina a Finale Ligure (SV), segna un giro di boa della sua arte, con nuove consapevolezze estetiche ed escatologiche.
Nel 2017 l’opera di Carlo Caldara trova una importante dimensione istituzionale e internazionale con la mostra personale itinerante “True Story”. Tra gli appuntamenti calendarizzati il MACRO a Roma, il padiglione del Guatemala della 57ma Esposizione Internazionale d’Arte alla Biennale di Venezia, il Museo dell'Orangerie a Parigi. Il 2018 è la volta della Cina, con esposizioni a Pechino e a Shanghai, e degli USA (New York).
 ******************************* 
Per informazioni:
Associazione ETHICANDO, via Uberto Visconti Di Modrone n. 38 – 20122 Milano
www.ethicando.it
0 notes
iandsharman · 23 days
Text
Immortalis #7 on DriveThruComics!
Out now from Markosia on DriveThruComics! Immortalis #7 “BABI” – While battling the Egyptian god Babi, a thread from Pierce’s past appears. Written by Shawn Lewis and illustrated by Rion Mosley, click HERE to download Immortalis #7 on DriveThruComics now!
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
Text
FERRARA FILM COMMISSION  Dal 21 al 31 marzo la mostra di bozzetti e locandine nel salone d'onore del Municipio Un ferrarese a Cinecittà: "Sandro Simeoni: pittore cinemato-grafico"
« Vai alla ricerca
Cultura Turismo Giovani
FERRARA FILM COMMISSION - Dal 21 al 31 marzo la mostra di bozzetti e locandine nel salone d'onore del Municipio
Un ferrarese a Cinecittà: "Sandro Simeoni: pittore cinemato-grafico"
16-03-2017 / Giorno per giorno
Un artista ferrarese è l'autore dei bozzetti per i manifesti dei grandi film del cinema italiano: "Profondo Rosso", "La Dolce Vita", "I racconti di Canterbury", "La lunga notte del '43". E' stata presentata giovedì 16 marzo nella sala dell'Arengo della residenza municipale, la mostra dedicata a "Sandro Simeoni-Pittore CinematoGrafico", che verrà allestita nel salone d'onore del Municipio. La rassegna, curata da Francesca Mariotti e Luca Siano, è organizzata in concomitanza con il 'Ferrara film festival 2017'. La mostra sarà visitabile a ingresso libero dal 21 al 31 marzo nel Salone d'onore del palazzo municipale (da lunedì a venerdì ore 9-18).
All'incontro con i giornalisti sono intervenuti il vice sindaco e assessore alla Cultura del Comune di FerraraMassimo Maisto, l'assessora alla Cultura del Comune di Fiscaglia Melissa Romani, il presidente dell'associazione Ferrara Film Commission Alberto Squarcia, il presidente onorario della Ferrara Film Commission Paolo Micalizzi, la segretaria dell'associazione Ferrara Film Commission Margherita Pasetti e Francesca Mariotti curatrice della mostra insieme con Luca Siano.
LA SCHEDA a cura degli organizzatori Dal 21 al 31 marzo 2017, nel magnifico Salone d'onore del palazzo municipale di Ferrara, saranno esposte numerose opere originali del maestro Sandro Simeoni. In mostra per la prima volta al pubblico bozzetti, grafiche e affissioni cinematografiche dell'illustre artista ferrarese. L'esposizione proseguirà dopo Ferrara, dall'8 al 18 aprile 2017, alla Sala del Centro polifunzionale, di viale Matteotti, del Comune di Fiscaglia loc. Migliarino, ospite del Comune di cui Simeoni fu il concittadino più illustre. Sandro Simeoni, un maestro italiano, ambasciatore di Ferrara nel mondo, ha dipinto per quasi mezzo secolo tra il '50 e il '95, creando le più note immagini cinematografiche (e non solo) per le più importanti case di produzione italiane e straniere. Attraverso schizzi, pitture e grafiche originali, tutti provenienti dalla collezione di Luca Siano, ripercorriamo la vita e le opere di Simeoni, (che amava firmarsi con la Y per rendere più facile la pronuncia del suo cognome agli Americani!). "Brutti, sporchi e cattivi", "Profondo Rosso", "La Dolce Vita", "I racconti di Canterbury", "La lunga notte del '43", "Gola profonda", sono solo alcuni dei circa 3000 titoli che Simeoni ha illustrato per il cinema italiano. Nasce a Ferrara, precisamente a Migliarino, nel 1928, ancora giovanissimo inizia a collaborare con alcuni giornali locali come caricaturista. Si trasferisce a Roma agli inizi degli anni '50 dove inizia la sua attività di cartellonista collaborando con le maggiori case cinematografiche, sia americane che italiane: Paramount, Warner Bros, Columbia, CEI Incom, Cineriz, PEA, Titanus, ecc. Un grande artista sempre pronto ad evolversi e a trasformare il suo linguaggio e il suo stile pittorico in grafico, Simeoni talvolta riesce addirittura ad anticipare i gusti e gli stilemi del suo tempo. La sua è un'arte che coinvolge più sensi e crea una "sinestesia" fatta di continui rimandi tra suoni e immagini piena di atmosfere violente e cupe, ma anche sensuali e solari. Analizzeremo il suo prolifico lavoro attraverso generi e stili cinemato/grafici. La tecnica del maestro è quella di puntare sopratutto sul colore, sulla rappresentazione di una idea che catturi l'attenzione, piuttosto che al ritratto del protagonista; in ciò dimostra di essere un artista molto versatile toccando con originalità tutti i generi cinematografici. Simeoni è mancato qualche anno fa, nel 2008 a Roma, dimenticato dal mondo del Cinema a cui aveva dedicato la sua professionalità. Resterà per sempre nella storia del cinema come un grande artista che ne ha esaltato e reso immortali le immagini ed i protagonisti. Curatori sono la Dott.ssa Francesca Mariotti della Ferrara Film Commission, ente organizzatore dell'evento, e Luca Siano, art director e motion designer di professione. Siano è un vero connoisseur ed esperto riguardo i pittori di cinema, cosiddetti "cartellonisti". Nello specifico da quasi dieci anni la sua ricerca è focalizzata in modo "ossessivo" su Sandro Simeoni (alias Symeoni o SYM) tanto da diventarne al momento uno dei più grossi esperti e conoscitori. Per l'evento sarà pubblicato un catalogo della mostra.
0 notes
iandsharman · 1 month
Text
Immortalis #6 on DriveThruComics!
Out now from Markosia on DriveThruComics! Immortalis #6 “IF YOU WANT WAR…” – While Pierce leans into training Tam (to her detriment), Amphion, son of Zeus, learns that the Deicide has returned. Written by Shawn Lewis and illustrated by Rion Mosley, click HERE to download Immortalis #6 on DriveThruComics now!
Tumblr media
View On WordPress
0 notes