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#il silenzio prima del centro commerciale
veroves · 11 months
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breve stop tra commissioni e lavoro.
riuscirò davvero ad alzarmi da qui e andare a lavoro?
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sciatu · 3 years
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Siracusa - Ristorante Macallè
Un amore in tre atti unici - Atto terzo
GIUGNO 2021 - CONOSCERSI
Per lei era stata, scusate l’espressione, una giornata di minchia. Al mattino nell’ufficio postale dove lavorava ecco che si presenta una che sembrava una “baraccota” una di quelle che vivono ancora nelle baracche di Messina, a cui la vita ha negato tutto e che affrontano ogni persona con le unghie pronte a graffiare e i denti abituati a strappare il cuore.
“Posso aiutarla?”
Aveva chiesto lei presentendo guai in arrivo
“Grazie no” rispose la belva guardando in cagnesco Concettina, la sua collega. Ti ho già detto nel racconto precedente che quest’ultima aveva una lista di spasimanti che occupava tutta la memoria del telefonino e che identificava i vari soggetti con nomi quali “Vittorio meno di 18” “Enrico più di 24” “Gianni quasi 30” dove il numero non era ovviamente legato all’età dell’individuo ma a particolari caratteristiche anatomiche prettamente maschili. Concettina, che grazie alle sue relazioni ed esperienza conosceva la vita e le figure umane che della vita sono il frutto o i relitti, non esitò e da dietro il bancone dei Pacchi e Raccomandate attaccò immediatamente
“Picchi lei i mia chi boli?”
“Io niente è lei chi non avi boliri nenti i me maritu”
“Mi su tinissi strittu e u sazziassi a so maritu e non vinissi chìù a sconcicari i personi pi beni”
“ A lei si a me maritu u sazziu o menu nun sunnu cosi ca ci ‘nteressanu! Lei pinsassi a fari chiddu chi ci veni megghiu fari stradi stradi e lassassi stari cu teni famigghia”
“È so maritu chi m’avi lassari in paci chi mu trovu sempri a rumpiri chiddu chi mancu iddu avi”
“ Nun mi pari chi nun navi vistu chi ci canusci boni i soi e chiddi i menzu paisi”
“ Cu canusciu o non canusciu, cu rispettu parrannu, su cazzi mei, mi pinsassi a so maritu chi chiuttostu i vidiri u so cuzzaru siccu si spariria, picchì cu jè vecchiu e laidu s’aviria mettiri u cori in paci! ”
A questo punto l’escalation di offese era ormai all’ultimo livello ed il rituale prevedeva che iniziasse la parte violenta dello scambio d’idee, così la parte offesa, cioè la moglie cornuta, partì alla carica per strappare gli occhi alla rivale. Per fortuna però, davanti allo sportello di Concettina vi era una fila di vecchi che dovevano ritirare la pensione; il gregge di capelli bianchi si frappose tra loro due cercando di calmare l’una e l’altra con la paura di perdere il posto in fila e ritardare così il prezioso pagamento della pensione e conseguente pagamento delle bollette arretrate. Lei aveva già chiamato i carabinieri e proprio in quel momento entrò l’appuntato Pino-25-con-gusto che incominciò ad urlare più delle due donne e si portò via la moglie tradita. Vi fu di nuovo calma e Concettina tornò a lavorare in silenzio ricevendo l’approvazione delle vecchie pensionate secondo cui la moglie doveva prendere a bastonate il marito traditore e non una brava ragazza come lei che dava la pensione anche in pezzi da 20 o da 10. Più tardi Simone-non-ne-vale-la-pena prese il posto di Concettina e quest’ultima se ne andò nello sgabuzzino sul retro dell’ufficio a fumare. Lei la raggiunse dopo qualche minuto e vide la sua gran massa di capelli ricci in un angolo, quasi nascosta che fumava guardando per terra.
Tra loro due vi era una forte complicità fin da quando si erano incontrate. Concettina sapeva della violenza che aveva subito da giovane e la rendeva complice di tutte le sue storie in cui trattava gli uomini come giocattoli, forse pensando che questo suo modo di disprezzare gli uomini usandoli, potesse darle un qualche vendicativo piacere.
“tutto bene?”
Le chiese preoccupata.
Concettina sollevò la testa e vedendola sorrise.
“Mariì Tutto bene, non ti preoccupare. Era una scena che quella doveva fare per rispetto a sé stessa.”
Lei la guardò preoccupata.
“Scusa se faccio la mamma, ma non è meglio se lasci stare questa tua collezione di maschietti in calore e ti trovi qualcuno che ti voglia bene veramente?”
Diventò seria
“Mariì, lo so che lo dici perché mi vuoi bene, ma per me va bene cosi”
“Ma alla fine sei sempre sola, nessuno ti dura più di tanto”
Alzo le spalle
“Tutti muoiono soli, nessuno prende mai la tua croce e ne divide il peso – disse di un fiato facendo oscillare i suoi riccioli - l’amore poi è solo un attimo e il sesso è l’unico modo per illudersi che esista qualcosa che ci unisca a qualcuno – restò in silenzio qualche secondo - Gli uomini poi sono i fratelli di Giuda e di San Pietro, tradire per loro è motivo di vanto, perché dovrei fare la santa se chi mi ama pensa solo a se stesso? Io sono così e resterò così: non farò la fine di mia madre maltrattata da suo marito e sfruttata dai suoi figli. Io credo solo all’inferno in cui sono cresciuta, tra botte e litigi e come vita familiare mi è bastata quella – tirò una boccata di fumo che fece uscire lentamente dalle labbra – Allora ero piccola, pensavo che i miei avessero sempre ragione ed avevo paura di tutto. Ora però non ho più paura di niente, faccio quello che voglio e ho capito che sfruttare la mia libertà, è l’unico modo che ho per esistere!”
Simone-non-ne-vale-la-pena apparve sulla porta dicendo che c’era l’appuntato Pino-25-con-gusto che voleva parlare con Concetta. Quest’ultima, buttò subito la sigaretta e si passò il lucidalabbra, che portava nei jeans aderentissimi, mostrando il suo sorriso più seducente. Mariì se ne tornò nel suo ufficetto concentrandosi sulla chiusura di fine mese per non pensare alle parole di Concetta, ed evitando di chiedersi se il suo Giuseppe fosse anche lui fratello di Giuda. Chiuso l’ufficio aveva diverse cose da fare, dall’andare dall’estetista che finalmente riapriva a passare dalla sarta e quindi dal centro commerciale anche lui riaperto di sabato dopo mesi di chiusura per covid. Finalmente si diresse verso il ristorante di Giuseppe che riapriva dopo la triste lunga serrata a causa del virus. Giuseppe aveva aumentato i tavoli fuori dal ristorante ma lei riconobbe subito il suo che aveva nel mezzo, in un piccolo vaso di cristallo, una rosa appena sbocciata. Andò a prendere possesso del suo posto da cui poteva osservare tutti gli altri tavoli, ed aspettò Giuseppe. Arrivò invece il nipote che era il secondo cameriere. La salutò contento e le riempi il bicchiere con in prosecco dell’Etna. Le disse che lo zio era occupato e scomparve a prendere un’ordinazione. Mentre beveva il prosecco vide Giuseppe aggirarsi tra i tavoli poi fermarsi a quello dove era seduta una bionda e mettersi a scherzare con lei mentre le versava l’acqua. Mariì sentì come una fitta nell’anima e l’osservò cercare di essere divertente, sorridere, parlare, cosi come aveva fatto con lei quando l’aveva conosciuto. Aveva ragione Concetta? Era un altro fratello di Giuda? La bionda lo ascoltava quasi indifferente e lui per reazione, cercava invece di interessarla, di farla ridere, perché una donna che ride è sempre più vulnerabile. Osservò la ragazza e la trovò giovane e carina, mentre lei era pure più vecchia di lui. Che futuro avrebbero avuto loro due? In aggiunta, il suo corpo, devastato dalle cicatrici, non sarebbe invecchiato ancora più velocemente? Non si sarebbe stancato di lei prima del dovuto? E se è vero quello che diceva Concetta, che l’amore dura finché dura il sesso, quanti anni avevano davanti a loro? Cinque? Otto? Dieci? E poi? Sarebbe andata anche lei a litigare con l’amante di allora? Era meglio fare come Concetta, vivendo alla giornata, del poco e subito? Ma Mariì dentro di se si diceva che lui non era così come stava vedendo e immaginando ! O forse non lo conosceva veramente perché nessun traditore si palesa per tale! Stava cadendo nella paranoia assoluta. Non sapeva se dovesse andare a prendere a sberle la bionda o prendersi la bottiglia di prosecco e andarsene a casa a piangere sul letto. Se lo ritrovò davanti con un piatto di antipasti misti
“Ciao amore come è andata oggi”
Le chiese tutto serio
“Ah – disse piccata – ti sei finalmente ricordato di me, quale onore…”
E lo guardò severa.
Giuseppe fece finta di niente e si giro a guardare la bionda che osservava fisso il bicchiere vuoto.
“È mia cugina Anto – fece sottovoce – il suo zito l’ha lasciata ieri con un SMS mentre lo aspettava a casa dei suoi per presentarglielo. Non ti dico come si sente…. È apparsa qui e non ha detto una parola. Io lo so che soffre…. Ma cosa le posso dire? Ho impiegato anni a superare quando quell’altra mi ha lasciato e ho trovato pace solo ora con te! Cosa le posso dire per tirarla su? La vita è questa? Pensa alla salute? Qualcuno prima poi lo trovi? A me queste cose mi snervano: vedi qualcuno che annega e non sai come salvarlo”
Lo guardò. Era veramente seccato. Lui per gli altri avrebbe dato l’anima ma quando si trattava di sentimenti si muoveva come un bradipo. Giuseppe Lasciò gli antipasti poi mise a posto il cestino del pane e la bottiglia d’acqua e lei capì che era turbato, che voleva stare con lei perché in lei trovava la sicurezza che gli serviva. Poi qualcuno lo chiamò e lui senza dire o fare scomparve. Lei mangiò lentamente pensando a lui, a come si era comportato e a quello che aveva fatto. Bevve un sorso e guardò la ragazza che fissava il nulla facendo palline di mollica di pane. Ebbe come un flashback e si ricordò che mentre i demoni la usavano sul velluto sporco e attaccaticcio del treno regionale in cui erano, qualcuno aveva aperto la porta che divideva le due carrozze, forse aveva visto, aveva capito, aveva sentito i mugolii con cui gridava aiuto, poi aveva richiuso velocemente la porta ed era scomparso. Non era questo quello che facevano in tanti? Voltarsi dall’altra parte, per non vedere, per non sentire, per stare tranquilli. Forse se qualcuno allora fosse intervenuto prendendo a moffe (sberle) quei tre, la sua vita sarebbe stata completamente diversa. Ripensò alla porta dello scompartimento che si chiudeva mentre diventava tutto buio.
Si alzò con il bicchiere in mano e si diresse verso la bionda. Fece due passi, si fermò e tornò indietro, prese la rosa e andò spedita verso il tavolo di Antonella dove si sedette di fronte a lei che la guardò meravigliata.
“Ciao sono la zita di Giuseppe, tu sei sua cugina Antonella non è vero?”
E dopo aver posato la rosa vicino a lei, allungò la mano per salutarla. Lei la guardò stupita e disorientata, guardandosi intorno per vedere se c’era suo cugino che potesse confermare quell’inaspettata intrusione. Alla fine, allungò la mano e strinse quella che era rimasta ferma e decisa ad aspettare il suo benvenuto.
A Mariì venne il panico? Che cosa aveva fatto? Perché era li?
La porta dello scompartimento si stava chiudendo….
“Non sono il tipo che si fa i fatti degli altri, ma ho capito che stai soffrendo. Una volta ho visto un cane investito per strada e un suo compagno correre tra le macchine e sdraiarsi su di lui per proteggerlo finché qualcuno non fermò la macchina e si occupò del suo compagno ferito. Allora mi sono detta che nessun uomo l’avrebbe fatto. Che a veder qualcuno per strada prima di andare ad aiutarlo si guarda il sesso, il colore, i vestiti, quanti followers ha e poi forse si decide…”
Antonella sorrise
“Per questo sono qui perché se un uomo vede soffrire una donna o scappa, o ne gode o fa finta di niente o resta disorientato e imponente. Giuseppe fa così perché il dolore degli altri lo sente suo e ne rimane prigioniero. È così che mi ha amato ed è per questo che lo amo. Lui, in questo momento non sa cosa dire perché sente che stai soffrendo e la cosa lo disorienta – osservò Giuseppe arrivare al tavolo dove era prima con un piatto di calamari ai ferri, guardò stupito la sedia vuota e si mise a cercarla nei tavoli intorno. Lei alzò una mano per dirgli dov’era e lui si avvio verso di loro sconcertato – Per questo sono venuta. Non perché sono un’esperta di problemi sentimentali ma perché ho sofferto e so cosa vuol dire soffrire da soli. Vivere con dentro l’anima un fuoco che nessuno vede ma che lentamente ti consuma”
Bevve un sorso sorpresa del discorso che aveva fatto. Sorrise a Giuseppe che arrivato al tavolo la guardava stupito
“Amore mi porti anche il vino? Io e Antonella stiamo facendo conoscenza”
Gli disse sorridendo. Lui la guardò e poi osservò lo sguardo incerto di sua cugina
“ Si vado… vado - disse alla fine , poi si voltò verso la cugina – è la mia zita: è una che parla poco ma dice le cose giuste! ”
e si allontanò felice di non dover affrontare il dolore di Antonella.
“Lo vedi… lui capisce quanto soffri e la cosa gli fa male perché ti vuole felice. Ecco, a me è capitato di soffrire moltissimo, di provare vergogna per quello che sentivo. Ma il dolore non è mai una fine, il permanere di una punizione immeritata, ma è uno stimolo, è un principio e l’ho capito quando Giuseppe mi ha chiesto di parlarne. Io gli ho raccontato tutto! Proprio tutto e nel dire, nel mettere una dietro l’altra tutte le lacrime che ho avuto ho capito il mio dolore, ho incominciato a fare due più due e ad avere la somma della mia vita, capire quello che ha senso e quello che era il riflesso di quanto avevo avuto e che non era vita, perché la vita è uno scorrere un continuo fluire cambiando giorno dopo giorno: fermarsi in una situazione passata, in un ricordo, non è vivere. Penso che se ti và, puoi fare lo stesso: rivedere quello che è successo insieme a qualcuno che non ti giudica ma semplicemente ti ascolta e che se può, ti consiglia.”
Antonella guardò davanti a sé il cimitero di palline di mollica che aveva fatto.
“Non c’è nulla da dire. Da che c’era a che non c’è più, senza un perché, una ragione… “
e continuò così a dire a descrivere, a parlare e ogni volta che si fermava, Mariì chiedeva, commentava, spiegava e Antonella riprendeva a fare lo stesso racconto in modo diverso. Giuseppe le osservava parlare in modo fitto e ogni tanto si avvicinava e portava la frutta, un dolcetto, il limoncello, i biscotti, un cioccolatino e loro ancora a parlare a dire ora quasi piangendo ora invece ridendo ora tutte serie, ora una stupita e incredula e l’altra che parlava con fare convincente. Giuseppe vide il ristorante svuotarsi ed incominciò a portare dentro tavoli e sedie, ma loro due restavano a parlarsi come se il tempo non passasse. Alla fine disse loro che per il coprifuoco dovevano andare e Mariì propose di accompagnare Antonella a casa e tutti e tre si avviarono verso la casa della cugina, le due donne avanti a parlare e lui dietro come un cane senza un padrone. Lasciata la cugina, Mariì si strinse a lui e camminarono in silenzio per qualche minuto.
“Allora tutto bene?”
Chiese lui per capire come era andata con la cugina
“Questa mattina avevo la sensazione che l’amore non poteva esistere. Ad inizio serata ne ero convinta. Poi però ho capito che non è così. Se non esiste perché ti fa soffrire? Perché ti fa morire e rinascere? E che cos’è alla fine l’amore?”
Restò in silenzio guardando il selciato
“e sei riuscita a darti una risposta?”
Lei sorrise, si fermò e lo baciò
“Si, l’ho capito con Antonella. L’amore è il domani, l’attesa del nuovo giorno che mi porterà a te. Il passato, il presente, sono la vita subita, la vita che scorre spesso travolgendoti e distruggendoti, ma l’amore è la certezza che domani troverai pace, avrai qualcuno che non scomparirà appena ti volti, dimenticherai il dolore di oggi, potrai creare, dare e avere felicità. Il sesso è adesso, un istante che viviamo e muore lasciandoci felici ma vuoti. Ma tutti abbiamo bisogno di un domani per continuare a vivere ed è questo che l’amore ci dona: sapere che ci sarà in altro domani in cui saremo felici come oggi. È l’assenza di questa certezza che ci umilia e ci fa morire.”
Lui la guardò tutto serio.
“avevo ragione a dire ad Anto che parli poco ma che dici le cose giuste…”
Ripresero a camminare verso il loro domani.
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artide · 3 years
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Per arrivare a Calaluna puoi usare il sentiero. Due ore di cammino in mezzo alla macchia mediterranea profumo di elicriso, oppure metterci mezz'ora a fragu e benzina, e far parte del nuovo centro commerciale che è diventata, con musica a tutto volume all'arrivo e un molo che neanche Ellis Island.
Ho scelto la prima opzione e bivaccando li, ho potuto assaporarmi l'alba, il mare calmo ed uno snorkelling mozzafiato con la spiaggia ed il mare in religioso silenzio.
Alle nove del mattino comincia il delirio di barche e gommoni che agitano continuamente il mare, sporcandone il fondale e facendo scappare i pesci. Un turismo da instagram di turisti spesso incivili che con la fretta del tutto non si godono nulla e non conoscono il mare calmo tanto è mosso dalle barche, e quel paradiso immobile da copertina non possono nemmeno immaginarlo: il paradosso. Una babele di lingue, ammassati come carne al macello entrano a far parte di un parco a tema che sono le cale dell'Ogliastra. Arrivano anche quattro barche in contemporanea e poi gommoni privati e Yacht attraccati al largo. Questa è la Rimini Sardegna piegata alle logiche del capitale senza rispetto della terra.
Ieri ho incontrato un mascheraio Mammuthones di Mamoiada che ha parlato delle rondini del cielo e della sua osservazione. Basta rallentare, ha detto, basterebbe frenare questa giostra e la natura si riprenderebbe il suo spazio. Lui tiena in vita un rito che serviva a propriziare il raccolto a cavallo di primavera, si chiedeva alla terra frutti e solo il necessario per vivere in cambio il suono dei campanacci, vestiti mascherati per scacciare via gli spiriti maligni l'uomo si sacrificava diventando altro, prendendo il contatto e la sintonia con le forze della natura. Si offriva qualcosa alla terra, se stessi, ora sappiamo solo prendere e prendere e un giorno senza sconti ne pagheremo il conto.
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nnins · 3 years
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Neil non é mai stata una persona abituata al contatto fisico. Almeno non prima di aver incontrato le volpi.
Il primo ad aver abbracciato Neil é stato Matt. Neil esitò, facendo un passo indietro. Non aspettandosi le braccia di Matt così all'improvviso.
Dopo molti altri tentativi Neil si rese conto di quanto avesse bisogno di questo contatto.
La seconda persona é stata Dan ma Il primo passo questa volta lo fece Neil, quando Dan salutò sia Matt che Neil per andare nel suo dormitorio dopo una serata trascorsa a vedere film della disney. Neil l'abbracciò. Ne rimase sorpresa, ma ricambiò subito.
Il terzo é stato Nicky. Conoscendo quando per lui il contatto fisico sia importante. É una persona affettuosa e l'abbraccio con Neil lo stava aspettando da anni. É successo quando Neil era seduto sul divano e Nicky in cucina a prendere del gelato. Neil si alzò raggiungendolo e dopo diversi minuti di riflessione abbracciò Nicky. Quest'ultimo ricambiò l'abbraccio senza rendersi contro subito che si trattasse di Neil. Quando però portò lo sguardo sulla sua testa rossa si bloccò di scatto spalancano la bocca. Neil alzò lo sguardo imbarazzato per poi staccarsi e ritornare sul divano a studiare biologia.
Ci volerlo diversi minuti prima che Nicky realizzasse cosa fosse appena successo. Subito dopo urlò e andò subito a spargere la voce di quello che era appena successo.
La quarta e la quinta furono Allison e Abby. La prima durante un giro per negozi al centro commerciale. Aveva, non si sa per quale motivo, addosso l'odore di Mary. Non si rese conto di averla abbracciata fino a quando Allison non prese il cellulare scattando una foto. La mandò prima ad Andrew, per dispetto poi la pubblicò su i social. Abbracciò Abby per lo stesso motivo la sera seguente, durante una visita per una lieve slogatura.
+ La foto di Allison ricevette tanti commenti e mi piace lmao.
Il sesto, strano ma vero, fu Kevin. Sotto lo sguardo di Andrew. Erano sul divano, Kevin e Neil a guardare una partita di Exy analizzando ogni mossa. Drew invece era immedesimato in uno dei suoi libri. Neil senza accorgersene appoggiò la testa sulla spalla di Kevin, continuando a commentare la partita. Kevin si era irrigidito, neanche lui non abituato a questo genere di cose. La realizzazione di cosa stesse facendo lo colpì quando Kevin tossí tra il disagio e l'imbarazzo di quella troppa vicinanza. Drew si era bloccato con il libro a mezz'aria scrutando il suo ragazzo. Neil si alzò di scatto chiedendo scusa per poi rifugiarsi in camera senza che drew lo seguisse.
Con Renee non ci fu un vero e proprio abbraccio, proprio come con Kevin. Ma si avvicinarono di più dopo che Neil diminuí il disagio e la paura nei suoi confonti.
Neanche con Aaron, ma questo perché lo considerava un idiota.
Come settimo ci fu Wymack. Durante un momento di panico e confusione. Neil era abbastanza stanco ed esausto quella sera, aveva avuto un piccola discussione con Andrew e il reporter non aveva smesso di far domande sulla sua famiglia. Più precisamente su suo padre. Aveva risposto a tono, passando poi ad ogni altro giornalista in quella stanza che facesse domande non inerenti all'exy, ma in altro. Per fare Glossip. Wymack aveva aspettato dal fare la ramanzina, almeno fino a Palmetto. Quando tutti si sedettero al loro solito posto. Aveva alzato la voce, non di troppo, ma qualcunque cosa in quel momento a Neil sembrava più grande. Drew sentí Neil irrigidirsi ma non si mosse e non disse nulla. Quando poi Wymack si avvicinò per passare diversi fogli Neil si tirò indietro distinto. Vedendo per qualche secondo la faccia di suo padre al posto di quella del suo Coach. Quando aprí pian piano gli occhi rendendosi conto di dove si trovasse si ritrovò gli occhi di tutti addosso. Andrew in piedi tra Neil e Wymack. Quando l'incontro finí Neil aspetto che uscissero tutti, rimanendo solo con il Coach. Si fissarono per vari minuti e tutto ciò che avevano bisogno di sentire lo fecero con il loro sguardi. Poi Neil fece qualche passo avanti, lo abbracciò per qualche secondo. Parlarono per un po' prima di salutarsi e andare a dormire.
L'ultimo fu Andrew, sul tetto della torre. Andrew era già seduto e Neil lo raggiunse un ora dopo. SI sedette accanto e subito si scambiarono la sigaretta come sempre. Neil senza fumarla, ma per ricordare una persona che aveva perso. Rimasero in silenzio a guardare tutto ciò che avessero dipronte, poi Neil cominciò a fissare Andrew. Limitavano sempre i contatti fisici fuori da un bacio. Neil però chiese il permesso quella sera. Si o no. E Andrew rispose con si. Appoggiò la testa sulla sua spalla dopo essersi scambiati l'abituale bacio. Se in un primo momento Andrew si irrigidí, secondi dopo portò una mano tra i capelli di Neil. Si rilassarono così. Neil socchiuse gli occhi stanco. Andrew invece vigile e attento, ma quasi più lontano dai suoi demoni.
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corallorosso · 4 years
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Se dovessi scrivere un post su tutto quello che mi fa incazzare e che trovo miserabile ne dovrei scrivere almeno 20, quindi li riassumo. Protestate pure, a me fate solo incazzare e nelle vostre palestre non ci verrei mai, a prescindere. Nei vostri ristoranti, uguale e le t-shirt le comprerò online. Finché sono pacifiche avete ogni diritto a protestare ma, io ricordo, che i vostri nonni erano verosimilmente agricoltori e il mazzo se lo sono fatto senza frignare. I veri poveri, quelli delle case popolari esistevano - ignorati da tutti - prima del covid e, continuano, in silenzio ad esistere e a sopravvivere. Loro hanno dignità. Sfilate, lanciate strazianti grida di dolore, con i soldi evasi, verosimilmente, sotto il materasso e gridando alla dittatura che inibisce attività fondamentali come lo spritz. Tutto questo mi dice solo che eravamo molto decaduti, come civiltà occidentale se andare dall'estetista (peraltro restano aperti) è considerato un bene primario. Io sono cresciuta in una famiglia contadina, i miei nonni si facevano 12 ore al giorno nei campi, so cos'è la fatica per cui i piagnistei di un popolo senza dignità, mi fanno solo pena e un po' anche schifo. Ma protestate pure, contro un virus, non contro il governo. Protestate per voi stessi, non per la "libertà". E la palestra, zio belva non è un'attività fondamentale. Prendete due ceppi di legno o vangate che il fisico ve lo fate uguale. Ecco, protestassero pure, finché sono pacifici è un loro diritto a me fanno una grande antipatia e li piglierei a calci in culo, uno a uno, ma cazzi loro. Però, quando leggo che nella mia città, Rimini, hanno rigato e spaccato i vetri a 60 macchine di infermieri e medici perchè "accusati" di fare terrorismo, ecco non mi sta più bene. Popolo di mediocri viziati. La mia migliore amica fa l'infermiera in quell'ospedale, fatela voi la loro vita. Vivete con una paura vera che è, nel migliore dei casi, quella di non rivedere, per un tempo indeterminato, vostro figlio e facendo tamponi ogni 3 settimane mentre richiamano i medici in pensione a lavorare e tutti i reparti tornano ad essere reparti covid e le vostre porchette, dio santo, so io dove ve le metterei. Ieri c'era una fila mostruosa non per il centro commerciale ma per fare un tampone all'ospedale. Egoisti ed esaltati. Che poi a me viene sempre il sospetto che dietro tante lancinanti proteste ci sia la paura di non trovare più la bamba, e basta. Mae Sciutti
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altroveeeee · 4 years
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non ci portare chiunque a vedere il mare,che non è una cosa da niente..è una cosa importante. andare con qualcuno a vedere il mare ,non è come andarsene in un bar, al centro commerciale o al parco, è davvero molto di più. a vedere il mare portaci qualcuno perfetto per condividere momenti di silenzio , momenti di felicità, momenti di assoluta tranquillità.. è difficile trovarlo, ma se lo trovi non hai scampo , lo vedi in un altro modo , il silenzio, e te ne innamori. portaci qualcuno con il quale non devi parlare per forza , perché il mare è un film muto che ti sorprende per i colori , per le sensazioni che ti provoca e non tanto per il rumore delle onde..anche si, ma , quel che veramente conta del mare sono le sfumature. come di ogni cosa bella d’altronde. portaci chi è stato in grado di dimostrarti che tu vali molto di più di quel che pensi. portaci qualcuno che faccia di te una priorità e non un passatempo. che riesca a sentire le tue tragedie di dentro senza pensare che siano cose banali o poco rivelanti. portaci, a vedere il mare, chi ti sa capire senza parlare, chi ti sa capire e parlare con gli occhi. chi ti viene a prendere , se ti allontani. chi ti lascia appoggiare sulla sua spalla quando ti senti cadere. chi se guarda nei tuoi occhi, incredibilmente, vede un po’ di mare. chi quando alza lo sguardo al cielo e legge il tuo nome. portaci qualcuno così, che ti faccia sentire dentro un caos perfetto, meraviglioso. portaci qualcuno che ti faccia alzare al mattino con il sorriso stampato sulle labbra. qualcuno che ti faccia sentire bella come le cose proibite. portaci qualcuno così e ti sembrerà di vedere il mare per la prima volta nella tua vita , perché così bello non l’avevi mai visto prima.
-altrove.e
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lamomodicecose · 4 years
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E’ questione di Libreria
Ciao a tutti e buon Mercoledì.
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c’è chi si ricongiunge a congiunti con o senza congiuntivo,
e chi come me va a fare la spesa.
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Spesa di Libri si intende.
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Ai tempi del Covid non c’è niente di meglio che nutrire sia corpo che mente, e con concorsi che sembrano sbucare per diventare una maestra over 9000 direi che sia un’ottima occasione per investire nella cultura dell’Educazione e test come se piovessero.
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E’ stata anche una scusa per poter fare anche un giro diverso dalla solita corsetta mattutina che ormai intraprendo tutti i giorni, ma intanto ho rivisto un centro commerciale che non vedevo da due mesi.
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Vedere tutti i neozi chiusi tranne farmacia, elettrodomestici, alimentari e liberia è stato molto strano. Poca gente in giro, fino a quando non trovi la fila per fare la spesa. Tutta transennata  e con le indicazioni per le distanze di sicurezza tra le persone. La cosa più strana è stata quando sono entrata in libreria, ma con il buon senso e il proprio senso del dovere ormai ogni cosa strana sta pian piano diventando routine: un massimo di 4 clienti aal volta, guati monouso, e igienizzante. Tutto giustamente per non toccare libri in giro e doverli disinfettare ogni volta dato che immagino il casino a bagnare la carta.
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Comunque ho trovato tutto e anche di più: tre libri di quiz per insegnante, un libro di Stephen King, due sulle wiccan di cui uno cazzata e l’altro un po’ più serio e tecnico (mi servono spunti per fare illustrazioni nuove, non pensate che voglia fare sortilegi verso di voi anche se mi piacerebbe!).
Soddisfata di aver speso un bel centino di euro, con tanto di regalo di un libro illustrato davvero bellissimo, e una rivista di cucina.
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Nel frattempo che questo momento si stava concludendo entra un tipo che farfuglia cose ed è molto scocciato:
“MA PERCHè DOBBIAMO TENERE LA MASCHERINA!? PERCHè DOBBIAMO METTERE I GUANTI!? MA INSOMMA NON SE NE PUò PIU’, CHE PRIGIONE...” eccetera eccetera, mentre si avvicinava alla commessa che supplicava al tizio di starle lontana.
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Ci sono purtroppo persone che non si abitureanno facilemnte alla condizione in cui siamo ora. E forse per loro sono sincera...meglio se stiano in casa ancora un po’, fino a quando la loro sanità mentale non si sia stabilizzata.
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D’altronde non è facile per nessuno.
Se prima eravamo abituati a guardare un libro in due ora dobbiamo guardare un libro uguale ognuno per conto suo.
Se prima eravamo abituati ad avvicinarci ora ci dobbiamo ricordare di stare lontani e un saluto con la manina a distanza.
Sì, non è facile e di sicuro per i più paranoici non è una passeggiata.
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Ma dobbiamo andare avanti, con il nostro lavoro, i nostri incontri, e le nostre letture.
Comunque è stato interessante poter vivere questa prima esperienza in libreria ai tempi di Covid: non c’era fila, eravamo in due clienti e la commessa, e potevo stare dentro il tempo che volevo nel silenzio. Tutto ciò che un tempo era davvero impensabile.
Sono tornata a casa soddisfatta, con un bel bottino e sono pure riuscita a studiare due orette.
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Sì, poi ho chiuso perchè mi stavo per addormentare.
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Ma come primo passo dopo anni che non studiavo davvero è tanta roba.
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E voi siete già stati a fare shopping in libreria? Cosa avete acquistato!?
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pangeanews · 4 years
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L’avventura di due sposi al tempo del Coronavirus. Una riscrittura di Italo Calvino
Alle nove di sera, l’operaia Elisa, tornando a casa dal lavoro dopo un lungo viaggio in tram da parte a parte di Milano, annunciò al marito: “La sai la novità? Da domani si sta a casa tutto il giorno!”.
Italo Mazzoni, turnista di notte, raggiunto da una notizia così incredibile mentre stava indossando il giaccone impermeabile per andare in fabbrica, mormorò, con gli occhi ancora spenti e appannati di sonno: “Ti hanno licenziata?”.
“Ma no! È a causa del virus che sta infettando mezza Italia. Il padrone non ha sanificato gli ambienti ed è stato denunciato e costretto a chiudere la fabbrica”.
“La fabbrica! Dio, ho fatto tardi?” urlò Italo, e come un automa si allontanò senza neppure guardarla, con in mano le chiavi della macchina e l’immancabile pacchetto di sigarette.
Elisa ebbe un attimo, appena un attimo di smarrimento nell’accorgersi che lui non l’aveva ascoltata, ma poi gli corse dietro e lo raggiunse sulle scale. Disse: “Amore, non hai capito. La fabbrica rimarrà chiusa per un mese”.
Allora Italo, improvvisamente scosso dal suo ipnotico torpore, intuì che qualcosa di grosso era accaduto. Un disastro o un evento fortunato? Prima che potesse iniziare a darsi una risposta, la sua attenzione si concentrò sulle mani di lei, sporche di cioccolata.
“Ma cosa hai fatto?”.
“Sono stata al centro commerciale, ho preso due dolci. Uno anche per te”.
Infilò una mano nella borsa e tirò fuori una ciambella al cioccolato. Disse: “Volevo festeggiare. Mi vergogno un poco perché fuori la gente sta morendo e il rimedio contro questo maledetto virus non l’ha ancora trovato nessuno. Ma finalmente avremo tempo per stare insieme. Sei contento?”.
Italo allargò le braccia in un gesto che manifestava tutta la sua sorpresa. Disse: “Non dovrò più andare in fabbrica di notte? E neanche tu, di giorno?”.
“Esatto. La produzione è stata bloccata. Siamo in cassa integrazione fino a nuove disposizioni del Governo. E a me sta bene”.
“Dormiremo insieme?”.
“Dalla sera alla mattina”.
Si strinsero forte e pensarono le stesse cose: niente più caffè presi al volo, niente incontri fugaci sulla porta di casa, niente corse nella nebbia, niente grane sul lavoro.
Erano trascorsi quattro mesi da quando il coronavirus aveva fatto la sua comparsa in città, dando il via a quella che nel giro di poche settimane sarebbe diventata un’epidemia diffusa. Nelle famiglie obbligate a rimanere in casa, il bollettino dei morti era diventato un argomento di conversazione perfino più ricorrente della crisi economica. Per evitare l’ulteriore diffondersi del virus, il Governo aveva reagito con misure draconiane, chiudendo scuole, negozi, ristoranti e ora anche quelle fabbriche dove gli operai erano costretti a lavorare gomito a gomito. Ai cittadini era stato ordinato di limitare i contatti sociali.
Stando tutti e due a casa, Elisa e Italo avrebbero finalmente vissuto la vita da sposini che il lavoro gli aveva sempre negato: andare a letto insieme, nudi e un po’ eccitati, scambiarsi qualche parola oscena e poi fare l’amore ogni sera, con la stessa emozionante e convulsa serialità.
Vivevano a Sesto, periferia industriale di Milano, in un monolocale di 40 metri quadri. Il cucinino era umido e buio, il bagno aveva la finestra a tetto, ma Elisa diceva di essere innamorata di quel posto perché gli ricordava Un amore in soffitta, un telefilm che guardava da ragazza.
Italo invece amava l’agricoltura, e se avesse avuto una casa in campagna e un fazzoletto di terra da coltivare non si sarebbe fatto pesare qualche ora di auto in più per raggiungere la fabbrica. Tuttavia, per non mettere in difficoltà sua moglie, che era stata bocciata alla scuola guida un numero impressionante di volte, si era adattato a quello spazio angusto che gli dava ansia.
Ormai erano sposati da sette anni ma non avevano mai vissuto insieme per più di qualche ora al giorno. La chiusura della fabbrica li proiettava in un territorio sconosciuto, una convivenza vera che non li spaventava, poiché volevano viverla con tutto l’amore che erano stati a lungo costretti a reprimere.
La prima notte insieme fu meravigliosa. Senza bisogno di parole, riuscirono a darsi esattamente ciò che volevano: una brama di interezza mai provata, una passione incandescente, tanta pace.
La notte successiva ci fu un piccolo imprevisto. Elisa si accorse che Italo russava. Non era cosa da poco, perché la costringeva a prendere sonno con un concerto di tromboni nelle orecchie.
Questa piccola scoperta la turbò, come una nuvola nera apparsa in un giorno di sole.
Lui dal canto suo, era abituato a dormire da solo nel letto a due piazze, e aveva molta difficoltà a condividere il materasso. Ripensava con nostalgia a quando si coricava e, dopo qualche minuto, piano piano si spostava dalla parte di Elisa, assorbendone l’assenza e il tepore. E così s’addormentava.
Ora invece, se provava a uscire dal suo confine, veniva ricacciato indietro con parole di fuoco: “Italo, non riesci a stare fermo? Ogni volta che sto quasi per dormire, sento che mi tocchi una gamba e perdo il sonno!”.
Poi a Elisa sembrò che suo marito avesse l’alito pesante. Fu indecisa se dirglielo, per paura che lui la prendesse male, ma poiché quel difettuccio non passava, dopo quattro notti nelle quali ebbe l’impressione di dormire con un ubriaco che si era bevuto un cocktail di superalcolici e aglio, si fece coraggio e gli suggerì di lavarsi i denti prima di mettersi a letto.
Ma lui si offese e ribatté: “Ieri notte ti è scappato un peto”.
“Non è vero!”.
“Sì, è così. Avrei voluto aprire la finestra ma ho preferito non svegliarti per non essere insultato”.
“Quando ci vedevamo poco, l’amore c’era”, disse lei, in tono amareggiato.
Lui annuì: “Ora le cose dovrebbero andare meglio, e invece è il contrario”.
Si tennero il muso per ore, ma la sera, passando in rassegna gli inconvenienti che erano accaduti, pensarono che in fondo si era trattato di piccoli malintesi, equivoci senza importanza.
Convennero che anche nella persona che amiamo di più al mondo può esserci qualcosa che non ci piace ma che non deve mandarci il sangue alla testa in un secondo. Bisogna comprendere e pensare al buono. Così la rabbia finisce lì, senza emozioni distruttive.
Si promisero pazienza, ma non servì.
Da quando faceva i turni di notte, a causa delle alterazioni del ciclo sonno-veglia, Italo era ingrassato ― ormai sfiorava i cento chili ― e dopo una piccola corsetta il cuore gli batteva all’impazzata. Come se non bastasse, aveva sviluppato un’ipertrofia prostatica che lo faceva correre al bagno appena sentiva lo stimolo. Se dentro c’era Elisa, gli montava il nervoso e cominciava a dare pugni alla porta.
“Amore, mi scappa! Lo sai che sto male! Non posso fare la pipì sul pavimento, fammi entrare! Se non mi fai entrare, spacco tutto!” gridava, come un bambino capriccioso.
Elisa era furiosa. Tra i mille oltraggi cui non amava sottoporsi, il peggiore era trovarsi sulla tazza del cesso con un pazzo che le chiedeva di fare in fretta. Ma anche Italo aveva le sue ragioni: la vescica che scoppiava non era il suo unico problema. L’abitudine a riempire le giornate con il lavoro era così consolidata che, dovendo restare chiuso in casa, si sentiva morire di noia e, per quanto odiasse la fabbrica, la preferiva a una stanza in cui camminare avanti e indietro come una belva in gabbia.
Di giorno non aveva sonno e non sapeva che fare. Accendeva la tv e si innervosiva nel vedere che tutte le trasmissioni parlavano del coronavirus. Metteva qualcosa a cuocere e la dimenticava sul fuoco. Sfaccendava, creando un gran disordine. Accendeva la stufa anche se non faceva freddo. Elisa cominciò a temere che prima o poi l’avrebbe visto impazzire.
E infatti una sera, alle nove e tre quarti, Italo prese il portavivande, il termos, si mise l’impermeabile e uscì.
“Dove vai?” chiese lei. “A quest’ora i supermercati sono chiusi. C’è il coprifuoco”.
“Vado in fabbrica”.
Elisa capì che la vita a volte offre dei regali. Era stanca di litigare. Proprio stanca. Perciò non provò a fermarlo. Disse solamente: “Aspetta, prendi la mascherina”.
E lo salutò con un bacio.
Italo corse giù velocemente, in modo macchinale, infrenabile, ma non riuscì a dare un passo fuori dal portone perché un militare armato di mitra gli fece cenno di tornare indietro.
Scoraggiato, rimase per un tempo incalcolabile seduto sulle scale, con la mente perduta in una zona d’ombra tra l’alienazione e la fuga. Poi gli venne sonno e si addormentò.
Anche Elisa, rimasta sola, spense la luce e andò a letto.
Accucciata sotto le coperte, nel silenzio riconquistato, allungò un braccio verso il cuscino di suo marito e lo portò verso di sé.
Meditò su quell’amore che aveva bisogno di non essere mai del tutto con lei.
Sentì il veleno della nostalgia, doloroso e incurabile, dentro al petto.
Francesco Consiglio
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teredo-navalis · 5 years
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Oggi* è stata una buona giornata
16/09/19
Oggi, nel complesso, è stata davvero una buona giornata. Anche se ho dovuto stravolgere i miei piani, e quindi arrivare alle otto in centro e aspettare un'ora e mezza perché aprissero i negozi, ho lasciato la powerbank a casa e avevo il telefono al 57%, ho preso il pullman sbagliato e ho dovuto camminare un bel po', arrivando strasudata a destinazione + autista viscido, etc. Diciamo che ai vari scazzi si sono alternate cose positive:
-ho ricevuto un ask da un* anon dolcin*
-ho salvato una libellula che si era incastrata in una vetrina (questa cosa mi ha svoltato veramente la giornata) e la proprietaria del negozio e la dipendente(?) erano contentissime come me e mi hanno ringraziato all'infinito, si vedeva che era proprio di cuore
-(in seguito a successivo scazzo) ho incontrato per strada un bambino indiano con una maglia con la scritta "oggi è un bel giorno" e lo stavo già mandando a quel paese mentalmente ma mentre camminava ballava ed era troppo carino e non ho potuto fare a meno di sorridergli + con ancora il sorriso stampato sulla faccia ho incrociato lo sguardo del padre(?) del bimbo e lui mi ha sorriso di rimando, che è una cosa che adoro troppo awwww
-ho trovato dei jeans troppo belli e dei pantaloni con le tasche anche sulla gamba come piacciono a me
-nel viale della scuola ho incontrato due mie vecchie prof che mi hanno detto che gli dispiaceva un sacco che non fossi uscita con cento e "ho sofferto in silenzio", l'Abb. questa
-ho incontrato al centro commerciale la mia ex-crush, in modo del tutto inaspettato, l'ho salutato e mi ha salutata col sorriso
-avendo il cell ormai al 1%, e lontana due ore di pullman da casa, ho raccolto tutta la pochissima capacità di chiedere che ho e ho chiesto al commesso il favore grandissimo di caricarmi il telefono, lui ha accettato di buon grado ed è stato gentilissimo anche perché io ovviamente non avevo il cavo e ha usato il caricatore del palmare; anche la commessa che c'era quando ho pagato e mi sono fatta ridare il telefono è stata carinissima, sì vedeva proprio che la cosa non la disturbava minimamente, e io che mi ero fatta un sacco di problemi prima di chiederlo
-ho provato, con estrema curiosità, dei pantaloni push-up: il culo mi sembrava né più né meno che il solito, ma mi pushuppavano i polpacci. Questa cosa mi ha fatto alquanto ridere.
-nel pullman una signora mi ha chiesto se ci sarebbe stata la partita stasera, non ne avevo la più pallida idea e l'ho cercato su internet, da qui è partita una discreta conversazione; mi piace parlare con vecchiette/i nel pullman
-ho comprato la famosa gonna, seeeeh ce l'ho fatta!! Di tutte le gonne che c'erano il mese scorso era rimasta solo la mia, ma mancava giusto la mia taglia. Ho chiesto, senza un briciolo di speranza, alla commessa se per caso ci fosse anche la S e ne aveva giusto due in magazzino e me le ha portate *.* menomale che erano due perché la prima che mi ha detto aveva un difetto
-nell'ultimo pullman che ho preso, mentre ero fuori perché non si respirava e avevo già occupato il posto, una signora antipatica mi ha chiamata "che perdi il posto" perché era entrata una coppia (di colore, forse era questo il problema, bho) con bambino piccolo e carrozzino al seguito e la mamma col figlio si era seduta accanto al mio posto, quindi sono rientrata e, come avevo già pensato di fare (ma con più gusto, sapendo di dare anche uno smacco alla vecchia sindacante), ho preso le mie cose e ho detto alla donna che no, non volevo passare, mi spostavo che tanto c'era posto e poteva far sedere suo marito lì. È stato un gesto semplicissimo ma mi ha riempito di gioia 1) per la gratuità del far del bene e 2) perché si vedeva nei suoi occhi che anche lei era contenta
- dopodiché mi è venuta troppo voglia di ascoltare joyful joyful, dj sister act, ed è proprio quello che ho fatto
-last but not least, ho ceduto il posto ad un vecchietto nel pullman affollato; non è stata un'operazione semplice ma ne è valsa la pena
Tutto questo per dire che:
1) il bambino indiano aveva ragione
2) oggi, sono grata
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bringmeoverthelove · 4 years
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Sto leggendo un libro, no? La ragazza nella nebbia, di Donato Carrisi.
-ooooh, il solito commerciale
-è lì solo perché è parente di..
-non sa scrivere
-letto e riletto
Tralasciando tutti gli stupidì ed ottusi commenti che uno scrittore del genere potrebbe ricevere volevo focalizzarmi su una frase che mi ricorda tanto il Big Black Brother del miglio verde quando si avvia al patibolo conscio della verità: “carne morta, si ripetè il professore mentre il silenzio calava nella cella”.
Se aveste intenzione di leggere il libro, si, c’è uno spoiler ma in realtà non me ne frega un cazzo di farvi spoiler, perché tanto siete tutti degli asettici vermi ma, sproloqui a parte, “carne morta”. Mi fa senso, sarà che sono un pizzico più fragile stasera. Il professore sapeva che sarebbe andata a finire così, sin dall’inizio, da prima che la troia della Honer gli dicesse che tutto era già stato deciso, che se avesse continuato a ribellarsi avrebbe solo prolungato la sua agonia, sarebbe dovuto scendere a patti e accettare una verità che lui è l’unico a non sostenere, persino contro l’evidenza e tutto questo, scusate, da dov’è scaturito?
Vogel.
Lo sbirro che, troppo preso dall’assecondare la sua vanità, l’ha fatto incarcerare: lui doveva assecondare i media, una reputazione in calando, non poteva permettere che il suo status di “poliziotto modello”, pluridecorato e tante belle medagliette del cazzo che servono come specchietto per le allodole, venisse macchiato. Lui aveva una reputazione da difendere, un nome inattaccabile.
Allora che ha fatto lo stronzo? Si è procurato delle prove e ha contaminato la scena con il sangue del prof. Risultato? Prof innocente, abbandonato dalla moglie e dalla figlia in piena crisi adolescenziale che va dai 16 ai 60 anni per le donne, senza una lira è ancora, picchiato e malmenato dagli altri detenuti (è stato commesso un rapimento su minore). Ora non so ancora la fine, ma spero che a Vogel scoppi il testicolo sinistro, giusto per restare calmi.
Un assurdità. Un assurdità trovarmi a fare un parallelismo tra la vita del professore, distrutta in ben 16 giorni e la mia, distrutta in almeno 16, si, ma di ore. Una vita scivolata così, dalle mani, senza la possibilità di far nulla, un destino già deciso, preso a priori, dato del bugiardo, sedotto ed abbandonato dalla moglie che, si è scoperto, avergli fatto le corna con un avvocato (anche lei lo era), quindi uomo più affascinante e di modo rispetto a suo marito che in cambio poteva solo offrirle risate attorno ad un tavolo con al centro una bella insalata. Oltre al danno, sapete qual è la beffa? Che lui la perdonò dicendo che se sua moglie aveva fatto quello con con quella persona, era giusto così e allora, per via de “la cosa”, i due si trasferirono in questo paesino.
Io non credo che sarei tanto calmo e pacato come il professore, ma di questo non frega niente a nessuno. Lo sfogo delirante di un tragicomico lettore sul bus, mentre tutti gridano “al virus!”.. e a proposito, lavatevi le mani che è meglio, schifusi.
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Roll the dice, puntata 3
Sopporto i seguenti sette chilometri per tornare a casa con rassegnazione, chiacchierando con Rob perché Felicita non è andata giù la storia che quel suo gesto non mi sia piaciuto. Arrivati a casa sono stanco e mi butto nel netto in attesa di ciò che mi è stato promesso per mesi. Avrei dovuto capire che quel tentativo di Felicita di fuggire dalla nonna morente in vacanza non avrebbe fatto nient'altro che ricordargliela, ma bruciavo di desiderio, non resistevo, e lei non capiva che nella solitudine della mia camera  quelle promesse d'amore erano state per me le parole di un angelo alle quali aggrapparsi per sopportare il dolore ed avere un minimo di forza di volontà durante gli esami.  Felicita non aveva fatto altro che dirmi almeno una volta al giorno che voleva fare l'amore con me, innescando una sorta di processo di odio e amore che provavo verso chi mi prometteva tutto, senza poter darmi di fatto niente, data la distanza, il che sfociava per me sempre in una serie di seghe che riuscivano a calmarmi e farmi procedere negli studi. Ma la figa era la sua, e io non potevo farci niente. Rimasti soli, non succede nulla di ciò che era stato promesso, ci sono solo tante coccole e una sega, nulla di più, a quel punto inizio a  pensare che Felicita non m' ama più. Questa e mille altre umiliazioni che ho dovuto sopportare avrebbero reso necessarie almeno un paio di battute per giustificare quel comportamento e invece niente, solo rabbia da parte sua. Io dovevo perdonare per forza. Ma dove sta scritto che un amante debba mandare giù tutta la merda del mondo all'infinito? Questo non è dato sapere.
L'indomani ci svegliamo in tarda mattinata, verso le undici e tre quarti, le sue tette mi fanno ombra, ha una quarta di seno, sta guardando svogliatamente la home di Facebook dallo smartphone, con la faccia morta. Dio quanta invidia, lei ha internet e lo da per scontato, io no. Resto nel letto a coccolarla tentando un approccio mentre lei mi scansa. Poi entra Lataika, e inizia a preparare il pranzo, io vado in terrazzo a fumarmi un sigaro. Le guardo preparare il pranzo, mentre nella pentola per dieci persone l'acqua fatica a bollire,  puliscono l'insalata tirando dietro di loro i resti di quella. Mettono in tavola dicendo "Ne abbiamo fatto in più per te, così non ti arrabbi". Era un pranzo triste, pieno di tensione, potevano evitare di rinfacciarmelo,  loro buttavano via decine di euro nei bar la sera, e io per poche decine di centesimi venivo accusato di mangiare troppo. Essere stronzi è facile, e sorridere agli stronzi è un passatempo che non mi toglierò mai. I piatti e la cucina devo pulirli io, o meglio avrei dovuto pulirli insieme all'altro ragazzo ma era un'umiliazione tropo grande da  dividere in due: ci sono resti ci caffè, insalata e polvere per terra, negli spazi angusti di quella cucina, tre metri per due, sbatto in continuazione con la scopa, metto su i Tool per calmarmi e far sembrare la cosa un po' più piacevole, ma resta una merda. La pentola per dieci persone devo lavarla in piedi sopra una sedia e poi scendo per finire a sciacquarla, il portafrutta-scolapasta mi consuma ettolitri d'acqua, è come dover sottostare alla loro stupidità in silenzio, loro c' hanno messo mezz'ora a cucinare il pranzo, io tre ore a pulirne le conseguenze. Lataika e Felicita restano tutto il pomeriggio a chiacchierare, vogliono guardare la televisione ma non funziona, io vado al mare, mi tuffo in acqua che dopo la mareggiata è diventata torbida piena di meda fuoriuscita dalle fogne e legna che la marea ha guadagnato chissà dove: sembra di nuotare in un immenso fiume pieno di merda, esco dall'acqua e mi stendo al sole sopra un tombino di cemento armato, di fianco all'acciottolato della strada e rimasto lì, mi addormento finché non vengo svegliato dall'odore di piscio che emana quella lastra di cemento sotto al sole, riprendo le scarpe e la maglietta e torno a casa, mi faccio una doccia, che Lataika commenta con un  "Almeno ti lavi!". Uscito dalla doccia gli altri stanno discutendo su cosa fare la sera, io penso che il giorno dopo avrei dovuto inviare un racconto per mail  e non avevo la Wi Fi. Decidiamo di fare un giro in centro, così mi sorbisco altri sette chilometri a piedi, Felicita non mi vuole parlare, è arrabbiata per il mio comportamento negativo in vacanza, parlo con Bob di non ricordo cosa. Dovevo aver bevuto molto quella sera a cena perché non ricordo niente, ricordo solo il freddo, lo sguardo cattivo di Felicita, Bob Lataika e Felicita che bevono al tavolo e che cercano di darmi dei consigli per il racconto che devo scrivere per un concorso, consigli che poi verranno bocciati dal banditore del concorso, ricordo il freddo, ricordo Felicita che mi fa una sega sotto le coperte, ricordo che voleva un po' di coccole ma ero stufo di lei e del suo modo di fare, per così appena venuto mi addormentai con lei al mio fianco infuriata.
Ecco il motivo per cui sto dedicando questa domenica a rileggere questo scritto dopo almeno sei anni : loro provano ad accettarmi a modo loro, o almeno a tollerarmi, ma io non la sento questa accettazione. Di notte la guardo dormire e  scrivo su un pezzo di carta "Ti chiudi muta, alla speme vuota e preghi che una carezza venga a svegliarti dal tuo immobile sonno. Non ricordo più il volto della delicatezza, ma trema la mia mano quando la cruna della matita sfiora, immergendosi nel foglio”. Il giorno dopo mi alzo presto, verso le sei del mattino, Felicità si sveglia e non vuole che vada, ma alla fine mi lascia fare. Faccio colazione con un bicchiere di Rum, e m'incammino con il computer in borsa verso un bar con la Wi Fi che avevo visto il giorno prima, dopo quasi nove chilometri lo raggiungo, completamente distrutto, entrando ordino un pezzo di pizza e aggiungo "Ti prego, la Wi Fi!" invio il racconto il più corretto possibile per non ricevere riscritture dell'ultimo momento da fare, notifiche e uso di internet non mi sarebbero state concesse, non da Felicita almeno che passava due ore al giorno a guardare la home di Facebook. Io le dicevo “Ma se tu carichi una foto se ti metto un pdf dentro il cellulare, e il pdf pesa meno di una foto, che problemi avresti a inviarlo? Lei rispondeva che il suo cellulare si sarebbe bloccato, ma se ogni giorno carichi file più pesanti come le immagini, come fa il cellulare a bloccarsi con un file più leggero? Misteri della fede. Torno a casa, loro preparano il pranzo ed io pulisco come il giorno prima, il pomeriggio decidiamo di andare al centro commerciale, Lataika finalmente prende la macchina. Mentre andiamo al centro commerciale chiedo a Felicita “Perché non porti gli occhiali?”, mi risponde “Per sembrare più bella”. Felicita credeva che potesse risolvere ogni nostro problema con le seghe, illusa, ci sono anche i pompini nella vita. Arrivati al centro commerciale Bob commenta una macchina da ventimila euro dicendo “Vorrei tanto fosse la mia macchina", mentre io penso che vorrei ventimila euro, ma devo essermi scoperto perché Bob mi guarda male. Implicita nel mio pensiero l’idea che io sappia spendere i soldi meglio di Bob. Dentro il centro commerciale io e Bob restiamo due ore dentro la libreria, imparo a memoria tutti i titoli dei libri presenti e compro un libro su Napoleone, vado a fumare e con Bob decidiamo di andare a fare la spesa, compriamo birre di qualità, gelato e altre cose. Le ragazze dopo aver visto la spesa vogliono pagarne solo la metà, "Il gelato non lo pago oppure si se stasera ci facciamo cena.... tu che dici Felicita?" Mi lasciano lì e tornano a fare le loro compere, mi butto sotto in bancone dell'ufficio assistenza e inizio a tentare di collegarmi col telefono alla Wi Fi del posto, senza riuscirci. Io a Giugno avevo risparmiato sull'unghia cinquanta euro, stando in una camera  che faceva ventotto gradi di notte e trentaquattro di notte, soffrivo d'insonnia e non avevo i soldi per curarmi, stavo sveglio ventisei ore al giorno, poi svenivo per quattro e ricominciavo da capo con vomiti, ansie e capogiri che mi facevano vivere dei momenti di vuoto terribile, avevo bucato una pipa a fumandola sei volte al giorno con due grammi di tabacco per volta. Felicita aveva vissuto in una situazione diversa ma non aveva dovuto fronteggiare questo, le avevo già dato trenta euro tra regalie di vario genere. Lei ritorna dallo shopping dopo aver speso tutti i soldi che aveva ricevuto in più per la vacanza con un costume da mare e un orrendo paio di scarpe. Non è per tirchieria, se dici d' amare una persona non ti metti sempre in condizione d'aver bisogno di soldi e risparmi, e se hai qualcosa non devi dividere tutto a metà, ma un ovetto Kinder o un libro ad un euro fanno capire che apprezzi il gesto, lei non ci pensava, diceva " Ho pensato di regalarti una maglietta l'altra mattina", io con il pensiero di una maglietta non ci curo l'insonnia. Quella sera usciamo a fare due passi dopocena e rincasiamo presto, poi ognuno in camera sua, ricordo che appena a letto chiedo a Felicita d'indossare il bikini, si rifiuta, e iniziamo a parlare della nonna che sta male. Cerco di dirle che è normale riconsiderare un parente prima della morte, lei due anni prima mi aveva confessato che non gliene fregava niente di lei, in quell' anno però l'aveva riconsiderata venendo a sapere tutto ciò che aveva fatto per Felicita, e non voleva che morisse adesso che i loro rapporti potevano cambiare. Una sera ero a casa sua, lei risponde al telefono ed era la nonna, lei le prometteva di andare al mare, di mangiarsi una pizza insieme, non gli piaceva farsi sentire debole, dopo un quarto d'ora chiuse la chiamata. La morte è inevitabile, purtroppo l'idiozia pure, non si può pensare di riuscire di realizzare la morte di una persona cara anche se si sa che morirà, questo è un dolore, è una mancanza con la quale bisogna imparare a convivere,  tra l'irrazionale e l'umano. Nessuno era capace di dirle una cosa del genere, e lei se ne sbatteva di ciò che dicevo io. Lei piange a dirotto e io la sto per cingere a me quando entra Lataika, che la vuole consolare, la strappa da me e lei si butta tra le sue braccia, la fa calmare ed inizia a giocarci a carte.
Per qualche motivo prendo il fatto che le mie parole vengano ignorate in quel momento come un’offesa personale, ma ancora non só se possa essere considerata un’offesa. Forse il fatto di togliermi dal centro dell’attenzione mi da qualche problema, fatto stá che Felicita mi ama e allo stesso tempo si sente meglio giocando a carte con Latakia e non pensandoci troppo.
Chiedo a Lataika cosa sia successo per vedere se c' ha capito qualcosa , mi risponde "È tutto apposto". Ci corichiamo di nuovo, io non riesco ad addormentarmi senza una sega, la chiedo a Felicita che è così gentile da farmela, ci coccolammo un po ' , penso di vuotare il sacco, lei non vuole sentire ragioni, dice che vuole Lataika, che le manca il padre. Mi sembra  ovvio a questo punto che questo genere di bestie viva in funzione di un gruppo con strette regole. Io non c'entravo niente con quella gente. L'indomani io e Felicita litighiamo, urliamo come forsennati, inizio a farmi le valigie, Felicita mi dice "Tu non sai cosa vuol dire essere poveri!". Mia madre da piccolo  mi picchiava  per lo stress da lavoro, mio padre pur essendo dottore si arrangiava facendo l'imbianchino, credo di essere stato il primo a vivere una situazione disagiata, se non  agli estremi economici, sicuramente psicologicamente.
Solo che io come i miei ci siamo dotati delle armi per uscirne, abbiamo fatto sacrifici e ce l’abbiamo fatta. Quindi si, so cosa vuol dire essere povero, ma faccio di tutto per non restarci. A due anni avevo già lividi su gambe  e braccia che facevano pensare che mia madre mi usasse come una palla anti stress, altri eventi invece li ricordo. Ma non porto rancore, voglio davvero bene alla mia famiglia anche se non riesco a viverci assieme.  Io le dico che era un ipocrita a fregarsene della nonna solo perché per il suo diciottesimo compleanno le aveva dato dei soldi, lei mi da uno schiaffo e mi sputa in faccia, vorrei rispondere con lo stesso trattamento, ma non lo faccio. Poi entrarono Bob e Lataika in camera, dico solo " L' ho lasciata", Lataika mi chiede sulla porta di casa cinque euro per gli ortaggi della nonna - Ma perché tua nonna paga un ticket per entrare nel suo orto? -. penso che sono gli ultimi soldi mal spesi della mia vita, prendo la mia valigia e me ne vado. Vago per cinque ore alla ricerca della stazione, ma finalmente ero solo, lungo i campi che portano dalla spiaggia alla città mi sento forte, penso che altri uomini avrebbero accettato di vivere una vita fatta di sigari, bugie,  pipe e pippe. Non mi rendevo conto di quanto quella donna mi avesse rammollito. Arrivo alla stazione facendo il giro della città a piedi, sono sudato, ordino una birra al bar e il biglietto del ritorno da un distributore per biglietti ferroviari che accetta solo monete, il treno sarebbe arrivato  due ore dopo, raccatto il tabacco nella tabacchiera, foglie di salvia e mozziconi di toscanelli, il sapore è forte, acre, a metà pipa butto via tutto e vado a vomitare. Pioveva ed ero felice, avevo sprecato due anni della mia vita con una persona inutile, ma la cosa non si sarebbe ripetuta. Alla stazione d'arrivo riesco a prendere un bus in sosta che  deve  andare in revisione, mi da un passaggio fino a casa, poi da lì di nuovo per i campi a piedi, e di nuovo a casa. Racconto che  Felicita è voluta tornare a casa, che mi ha portato Lataika a casa. Lei che nel frattempo aveva riportato Felicita a casa, diceva che mi ero comportato da stronzo. Lo so, trovare persone che non siano servi completi della fica a questo mondo non è facile, purtroppo per lei ne aveva trovato uno. Quel pomeriggio esco con un mio amico, andiamo a prenderci un aperitivo e gli racconto tutto, lui mi aggiorna sulle nuove nozioni che aveva appreso, su come investire. Ero felice, ero tornato nel mio  mondo di spostati, mi parlava a terra, di fianco ad un museo chiuso, fumando un sigaro alla menta, sembrava un fachiro indiano sopra l'acciottolato, con la faccia segnata ancora dall'acne e dagli eritemi. Poi venne il vuoto, avevo lasciato la mia ragazza e non avevo più i miei scritti.
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Capitolo VIII
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Un anno fa, in questo periodo, cominciavo l'ultimo anno di liceo.
Come all'inizio di ogni anno scolastico, ero propositivo: questa volta avrei cambiato rotta, avrei studiato un sacco, mi sarei accaparrato i miei voti alti e una conseguente borsa di studio per l'immatricolazione all'Università di Zaricci.
Non so come mai, ma nonostante queste mie intenzioni positive sono sempre finito a non fare abbastanza. Ho avuto mesi e mesi per cambiare il mio futuro, per aprire i libri invece di guardare video deficienti su Facebook. Pur sapendo fosse l'unica possibilità che avevo per frequentare l'università, non sono mai riuscito a fare più del minimo indispensabile.
C'è poco da dire: non ho mai preso una borsa di studio, non sono riuscito a scappare. Mi ritrovo incatenato a Cordello, in questo autunno statico che mi ingloba in una nebbia tanto fitta quando tipica di questa terra troppo paludosa e umida.
Mentre mi avvio verso casa, tremando dal freddo rigido, mi accorgo che a malapena riesco a percorrere l'incrocio di casa mia. Sono circondato da un'atmosfera grigia che si estende per metri e metri, quel tipo di nebbia così accecante da non permettere di capire a occhio nudo che ora sia. Come se, a differenza del mondo intero, non avesse una vera e propria scadenza.
Appena apro il portone d'ingresso è come se riuscissi a scappare dall'ingordigia indistinta che lascio là fuori. Sembra quasi voler entrare in salotto giusto per ingabbiarmi ancora per un po', inglobarmi in sé come se fossi io stesso la foschia.
Il mondo esterno a questo salotto fetido e malmesso è ora fosco e invivibile, ma in questo periodo stare a casa mia non mi fa sentire al sicuro.
Mio padre e mia madre stanno continuando a litigare, è da giorni che dalla veranda sento le loro grida furiose e rumori di mobilia che si spacca. A volte mi fermo a fissare i passanti dalla finestra per vedere se notano a loro volta le urla; comportamento che, devo ammettere, è tipico di mia mamma, troppo preoccupata di crepare la sua reputazione da casalinga agiata.
Come sempre, supero il soggiorno e corro verso le scale, premendo le dita sui lacci del mio zaino sciupato. Tengo lo sguardo basso, come se rischiassi di guardare in faccia Medusa. Le parole delle due belve diventano un minestrone, si mischiano al punto di non permettermi di comprendere manco una frase.
Sento dei passi pesanti venire verso di me, proprio nel momento in cui alzo la suola della mia scarpa sinistra per raggiungere il primo gradino.
Mio padre mi strattona, quasi buttandomi a terra.
"L'hai detto a qualcuno?" mi urla in faccia mio padre. La sua, di faccia, è ora mostruosa, venosa e sudata. Un demone pronto a risucchiarmi l'anima.
Mia madre ci raggiunge, preoccupata e scandalizzata dalla mossa di papà.
"A chi cazzo l'hai detto?" ripete, a voce ancora più alta.
"Lascia stare Christian!" strilla debolmente Morena, tenendosi una mano sulle labbra. Trema come il suolo durante un terremoto.
"Non fai un cazzo da mattina a sera e vai anche a sputtanare la tua famiglia in giro! La tua famiglia, ti rendi conto? Tu non sei mio figlio!"
Sbraita con una voce molto rauca, rovinata dalle migliaia di sigarette che ha fumato negli ultimi trent'anni. Ha una macchia di tempera bianca sullo zigomo sinistro, e mi devo concentrare su quello per non scoppiare.
Non mi viene da piangere, non sono neanche così sbalordito. E' un ometto triste, un clown deprimente che cerca di atteggiarsi da capofamiglia dignitoso.
"Non ho detto niente a nessuno, allontanati, per favore" gli dico, con calma, mettendo il palmo della mia mano sul suo petto.
Lo spintono leggermente, il giusto per potermi scagionare e procedere verso la cucina.
Una serie di bottiglie di birra vuote circondano il tavolo, e l'odore di tabacco che ho sempre trovato piacevole è ora la puzza della grotta di un ciclope.
"Che cazzo ti è saltato in testa? Tu sei da curare!" gli dice mia mamma, quasi bisbigliando. Non so con che coraggio si avvicini a quell'uomo, che da un giorno all'altro ha cominciato a comportarsi come un bambino viziato preso da attacchi d'ira incontrollabili.
Ho un bruttissimo presentimento, come se sapessi che da qui a breve accadrà qualcosa di brutto e inevitabile. Per questa ragione, probabilmente sovrappensiero, apro l'armadietto in legno di fianco al frigo ed estraggo una bottiglia mezza vuota.
Il Porto Colheita del 1989. Osservo quel vino come lo studiavo anni fa, quando lo rubavo di nascosto perché dovevo andare alle feste ma non avevo neanche i soldi per comprarmi delle birre sottomarca al supermercato. Un gusto orrendo, ma faceva il suo sporco lavoro.
Appoggio la bottiglia nel lavabo, prima di prendermi un bicchiere e versarmi dell'acqua dal rubinetto.
"A lavoro lo sanno tutti. E chi cazzo pensi l'abbia detto in giro, eh?" rialza il tono mio padre. Il suo respiro si fa sempre più pesante, come se si stesse trasformando in un licantropo.
Infine, esplode. Urla come non ho mai sentito nessuno urlare in vita sua: "io lo ammazzo, Morena, lo ammazzo, lo ammazzo, lo ammazzo!"
Sento la sua rincorsa verso di me. Mio padre è ora un toro da corrida e io non sono altro che uno sventurato del pubblico che è stato preso di mira.
Mia mamma cerca di fermarlo, gemendo di dolore e pregandolo.
Lo scorgo entrare in cucina.
Si avvicina, sembra non respirare da diversi minuti. E' così accaldato da non essere manco bordeaux: è viola, come un alieno uscito da un romanzo di fantascienza. Ha i tipici occhi rossi e umidicci di un vecchio uomo che non riesce a darsi la colpa della sua stessa rovina.
La sua mano enorme si eleva verso il soffitto crepato, pronto a colpirmi.
Chiudo gli occhi, coprendomi il viso con le braccia nell'inutile tentativo di proteggermi.
Ci sono poche cose a farmi davvero sentire in pericolo, e l'immagine di un muratore ubriaco e arrabbiato è una di quelle.
Quando mia madre vola tra me e suo marito, riapro le palpebre.
Blocca il braccio di papà, pur rimanendo vulnerabile come poche altre volte in vita sua.
Mio padre le dà della stupida, la spinge di lato e le tira uno schiaffo. Mia madre si spiattella sul muro, colpisce la testa.
Metto le mani dietro la schiena, e dopo alcuni futili tentativi, riesco ad afferrare il collo del Porto Colheita.
Mio padre, quando andavo alle medie, mi accompagnava spesso alle competizioni scolastiche di lancio del giavellotto. Quando c'è il tiro, bisogna fare un movimento circolare su sé stessi, per aumentare la potenza del tiro. Si lamentava spesso di come potevo esercitarmi per tirare meglio. "E' come quando cacci le farfalle con il retino: devi catturare l'aria."
Nessuno dei due avrebbe mai pensato che questo suo spronarmi mi sarebbe tornato utile anche dopo i dodici anni. Lo colpisco sopra l'orecchio destro con una potenza tale da farlo cadere sul tavolo. I ciotti di bottiglie di birra decorano ora il pavimento come una costellazione alcolica, mentre mia madre si riprende, alzandosi da terra a fatica e venendo ad abbracciarmi.
Singhiozza a ritmo irregolare, non riesce quasi a respirare. Mio padre cerca di alzarsi a sua volta, ma scivola col piede su una bottiglia e ritorna a terra, sbattendo violentemente il mento.
Afferro Morena per un braccio, notando che la spallina del suo vestito floreale è distrutta al punto di lasciare il reggiseno nero in bella vista. Scappiamo verso la porta d'ingresso, in extremis riesco a raccattare le chiavi della macchina sul tavolino della sala. Mentre mio padre lancia dei lamenti che riecheggiano dalla cucina alle nostre orecchie, non riesco a lasciare la mano di mia mamma.
Torno bambino, quando le stritolavo il braccio durante il primo di giorno di elementari. Mi sono fatto accompagnare fino alla classe perché avevo paura di perdermi.
Lei, che mi segue senza forze, riesce a malapena a chiudersi la porta alle spalle, come se avesse difficoltà ad abbandonare quella bomba ad orologeria che chiama casa.
"Devi chiamare la polizia" le dico, inserendo le chiavi della macchina nella fessura della portiera.
Lei nega, visibilmente pallida e tremante. Si siede dietro, come se si aspettasse che mio padre si metterà alla guida.
"Chiamali o li chiamo io."
Lei continua a negare con il capo, scuotendolo sempre più velocemente. Il suo petto va all'infuori e torna a dimensioni normali con un'alternanza spaventosa, veloce e repentina: "non si deve sapere quello che è successo lì dentro."
La porta di casa si riapre di colpo, creando un rumore simile a quello di un tuono, ma non scruto nessuno. Parto senza troppi ripensamenti.
La nebbia è ancora molto fitta, di conseguenza anche con gli abbaglianti non si riesce a vedere molto. Non so dove sto andando, ma sicuramente non lascerò me e mia madre a marcire tra le vie di Cordello.
Continuo a percorrere le strade della mia terra con fare frettoloso, come se davvero non potessi stare calmo davanti all'evidenza che per la prima volta scapperò dal paesino che per troppo tempo ho dovuto definire come mio.
In macchina c'è un silenzio tombale, ma nelle nostre teste, sono sicuro, c'è un caos di voci, paure e rimpianti che proprio non riesce a estinguersi.
Gli abbaglianti colpiscono in pieno il cartello che indica l'uscita da Cordello, illuminando la foresta alla mia destra e il burrone alla mia sinistra. Come per scaramanzia, mi tocco i coglioni e faccio un respiro profondo.
Una scritta in oro annuncia "Grazie e arrivederci!" come se fossimo in un villaggio turistico o all'uscita di un centro commerciale. Cordello sa essere basica anche negli addii.
Basta quel mio sguardo disgustato verso l'insegna per investire in pieno una persona che stava attraversando la strada.
Mia madre comincia a urlare, io sterzo immediatamente.
Colpiamo in pieno un albero, che ci fa scuotere prima all'indietro, poi in avanti, come due piñatas distrutte dopo la festa di compleanno di un bambino messicano.
La macchina si ferma, il fumo che esce dal motore si confonde con la foschia che circonda il perimetro attorno alla scena dell'incidente; una scenografia di asfalto rovinato da enormi buche e macchie di sangue troppo rosso, troppo reale, troppo vivo.
Mi tocco il naso, non esce sangue.
Mi giro e vedo mia madre, con gli occhi così spalancati che sembrano sul punto di cadere a terra. Si preme la pancia.
Lo stesso cartello che guardavo fino a poco fa scompare nelle tenebre, come se non fosse mai stato costruito e fosse solo un frutto maledetto della mia immaginazione.
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Sondaggio del 14 Settembre 2019 alle 3:17 PM
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frommyhurricane · 5 years
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Non so nemmeno perchè sto scrivendo questa cosa in realtà, ma continuo a leggere cazzate dopo cazzate in un momento in cui dovremmo tutti stare zitti e rispettare il dolore degli altri e sinceramente basta. BASTA.
E non mi sforzo nemmeno ad usare l'inglese perchè ho solo bisogno di tirare fuori quello che ho dentro prima di farmi soffocare.
La mia è sempre stata una famiglia molto legata, siamo in pochi e siamo sempre stati un'unica cosa. Quando il primo dei miei nonni ci ha lasciati è stato all'improvviso. Io avevo 17 anni e non avevo mai vissuto un lutto nella mia vita. Il giorno del funerale ho preso le mie cuginette più piccole e le ho portate a mangiare un gelato e a fare una passeggiata. Stavo morendo dentro ma la gente mi ha vista in giro a sorridere con le bambine.
Qualche anno dopo ci ha lasciati anche mia nonna. Io avevo già iniziato l'università e la mattina prima del funerale avevo una revisione importante, per un progetto a cui avevo lavorato per mesi. Non andare mi avrebbe impedito di fare l'esame nella sessione successiva. Mia mamma e mia zia mi hanno presa da parte e mi hanno ricordato che nonna non avrebbe voluto mai che io mettessi in pausa la mia vita e rimanessi a casa a piangere. Ho preso il treno e sono andata in università. Ho fatto la mia revisione, ho chiacchierato con i miei colleghi e si, ricordo di avere anche sorriso. Ho pranzato in un locale e poi sono tornata a casa giusto in tempo per il funerale. Amavo mia nonna con ogni fibra del mio essere e il vuoto che mi ha lasciato non si riempirà mai, ma la gente quella mattina mi ha vista vivere la mia vita come se nulla fosse successo.
Poi, l'anno scorso, ho perso anche l'altra mia nonna. Stavolta non è stata una cosa improvvisa, stava male da mesi e nelle ultime due settimane era peggiorata parecchio. Tutti sapevamo che era questine di giorni. Era aprile dell'anno scorso e io avevo nel cassetto il biglietto per il concerto di Harry a Bologna. Ho pensato tanto a cosa fare, se rimanere a casa per la paura che succedesse qualcosa mentre ero via, o andare lo stesso. Sono partita. Sapevo che, anche se non poteva più dirmelo, era quello che mia nonna avrebbe voluto. Se fosse successo qualcosa nelle 24 ore in cui ero via sarei entrata lo stesso in quella arena. Avrei cantato e avrei sorriso e poi sarei tornata a casa sapendo di aver reso mia nonna fiera di me. Alla fine lei mi ha aspettata, è morta quattro giorni dopo e io ero là con lei. È stato devastante ma la vita non si ferma. Anche se vorresti lo facesse non si ferma e ci sono cose da fare, e quando sei un adulto non puoi più metterti in un angolo e aspettare che gli altri si occupino di tutto. Vuoi aiutare e vuoi togliere un po' di pesi dalle spalle delle persone che ami. La gente che quel giorno, solo un'ora dopo, mi ha vista girare per il centro commerciale e scegliere delle scarpe, non saprà mai che quelle scarpe servivano per mia nonna. Non saprà mai che io a malapena riuscivo a parlare, che dovevo tenere le mani in tasca strette a pugno per smettere di farle tremare. Sapranno sempre, solo quello che hanno visto, e quello che si vede spesso non si avvicina nemmeno minimamente a tutta la verità.
Quindi basta. Basta commentare il dolore degli altri. Basta giudicare, basta criticare, basta anche solo discutere. Non sappiamo nulla e non dobbiamo sapere nulla. Ognuno vive il dolore a suo modo, ognuno cerca di reagire al dolore come meglio può e come meglio crede e non è interesse di nessuno tranne che di se stesso. Liam, Niall, Harry, Calvin, Gemma, Anne.. tutti hanno perso una persona che faceva parte della loro vita. Credo che l'unica cosa che possiamo offrire loro è il nostro rispetto. E rispettare a volte (spesso) è rimanere in silenzio.
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madeinpop · 5 years
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Made In PoP™ ǁ eventi Rock in Veneto dal 4 al 10 Aprile 2019 ǁ stagione 16 ǁ
Ciao Made-In-PoPpers, ci permettiamo di usare lo spazio di Made In PoP per annunciare l'uscita del terzo disco "Love Songs for Insensitive People" per gli HEATHENS raffinato sestetto che si muove in territori introspettivi tra indierock e trip hop alternative, questo disco esce per l'etichetta japponese RICCO Label e per SHYREC. CHECcO & LoRIS «Sostenete la Musica, Andate ai Concerti» ► Made In PoP segnala ◄ VENERDì 19 APRILE >>> VINILE Club via Capitano Alessio 92 ROSÀ (Vi) evento organizzato da quei grandi del LAST NITE Party, scenderanno le scalette del rinomato club vicentino i mitici ART BRUT. https://www.facebook.com/events/2033962273358195/ ► SETTIMANA ◄ ► GIOVEDÌ 4 Aprile Ϫ MARZOLO Occupata Portello via Marzolo 4 PADOVA super evento questa sera con tre super band DESTROY ALL GONDOLAS black surf punk HALLEY DNA trashwavepunk e The FLAMINGZ garage'a'billy. Ϫ IRRUZIONI Festival varie location PADOVA in questo weekend si terranno una serie di incontri di letteratura, musica, poesia, performance artistiche nel territorio urbano. http://www.irruzioni.it/programma-2019/ Ϫ Birreria ZUITA via Garibaldi 56 CAERANO S.Marco (Tv) La Sotterraneo organizza una nuova rassegna di band underground, con il duo GANZ & RICH e gli ottimi NEMO. Ϫ HOCH HOLLE via S.Andrea PADERNO del Grappa (Tv) psychedelia mescolata a trip hop in modo grasso e morbido per NASHMAHIJIRI e BRIXMAN. Ϫ Osteria dai KANKARI via Fossa Donne 93 MARANO di Mira (Ve) lo scrittore Paolo MALAGUTI presenterà alcune sue opere letterarie tra le canzoni dei DO'STORIESKI. Ϫ DRAGONFLY via del Lavoro 11 SALZANO (Ve) rassegna band emergenti con I PLEBEI folk teatrale e i DOUBLE SHUFFLE blues. Ϫ POMOMERO osteria creativa via Castelletto 84 MAROSTICA (Vi) tornano qui i RUE ROYALE duo anglo/americano folk cantautoriale. Ϫ EL CABALLITO via Pastrengo 17 BUSSOLENGO (Vr) festaiolo gargae beat twist & shake per Gli AMMUTINATI del Rock'n'Roll. Ϫ Osteria AI PRETI via Interrato Acqua Morta 27 VERONA il romantico indiepop cantautoriale dei ravennati COMANECI (Tannen records). ► VENERDÌ 5 Aprile Ϫ ALTROQUANDO Osteria Musicale via Corniani 32 SANT'ALBERTO di Zero Branco (Tv) Serata di selezioni per l'AREZZO WAVE Contest 2019, si contenderanno un posto in finale CAU, BORED BYRON e la cantautrice LIL'ALICE. Ϫ BISTROCK via Rometta 13/L San MARTINO di Lupari (Pd) sarà qui il supergruppo GROOVERS guidati da Redy Mik che ha chiamato a raccolta diversi musicisti della scena rock/psych. Ϫ FESTIVAL Snack Bar via del Plabiscito 82 PADOVA questa sera il sound stoner/grunge/alternative dei BLIND MARMOTS. Ϫ HALL via Nona Strada 11b PADOVA farà tappa qui il tour dei LOW in giro a presentare il nuovo emozionante disco "Double Negative", in apertura i LULLABIER, biglietti sold out. Ϫ HOCH HOLLE via S.Andrea PADERNO del Grappa (Tv) passa di qua il ritorno sulle scene degli storici venexiani TACABANDA e il loro combact folk. Ϫ EDEN Cafè via XV Luglio TREVISO tornano ad onorare il palco dell'Eden i RUE ROYALE duo anglo/americano folk cantautoriale. Ϫ KRACH Club via Madonna 3 MONASTIER (Tv) warm up per Weedout Festival con le stoner/doom band MUON, TEVERTS (Bn) e The HAUNTING GREEN. Ϫ HOME Rock Bar via Fonderia 73 TREVISO presentazione nuovo disco "Stato Brado" per il cantautore elettronico Davide VETTORI Ϫ La STAZIONETTA via Borgo Pieve 109 CASTELFRANCO (Tv) Sweet Noise presenta i TABASCO SHOT alternative rock al peperoncino. Ϫ OUTSIDER Pub via S.Cassiano 72 QUINTO di Treviso (Tv) torna ad esibirsi qui il SILENZIO Trio. Ϫ LIGHTHOUSE Pub via Noalese Sud 2 NOALE (Ve) esibizione in acustico per i giovani DROP OUT punk/alt-rock a km zero. Ϫ ARGO16 via delle Industrie 27 parco tecnologico VEGA MARGHERA (Ve) per la rassegna JazzVega ospite l'acclamato PAOLO ANGELI dalla Sardegna che presenta il progetto "22.22 FreeRadioHead", in apertura SADE&GREG OSBY dalla Sicilia. Ϫ CENTRO STABILE di CULTURA via Leogra 4 S.VITO di Leguzzano (Vi) a presentare il recente album uscito per Woodworm label, EDDA, ex Ritmo Tribale, rock alternativo. Ϫ Circolo MESA via L.Da Vinci 50 ALTE di Montecchio Maggiore (Vi) tornano sulle scene con un disco nuovo gli accattivanti The ROCK'n'ROLL KAMIKAZES capitanati da Anty Hormonauts, a seguire Arrogante dj. Ϫ CHILLOUT lounge bar viale della Pace 248 VICENZA evento di arte e musica Awesome Wave con i concerti per JUNKSTREET alt/rock ODD-REY rock/funk The LIZARDS'INVASION alt/rock e l'ottimo ALBERTO ALMAS synthpunk. Ϫ RIVE Jazz Club via Rive 14 CARTIGLIANO (Vi) etnojazz energico per la talentuosa JENNIFER CABRERA. Ϫ Club IL GIARDINO via Cao di Prà 82 LUGAGNANO di Sona (Vr) evento prog/rock/jazz con il passaggio del Soul Redemption tour di JERRY MAROTTA (Us) e FLAV MARTIN(Us). Ϫ COHEN Pub via Scarsellini 9 VERONA la bravissima one/woman/band ELLI De MON rock shamanico tra chitarre, grancassa, rullante e sonagli. Ϫ Colorificio KROEN via Pacinotti 19 Zai VERONA Tavernello Party con la musica scassata dei BAZOOKA garage psychopunk dalla Grecia/Slovenly records e dei TACOBELLAS duo femminile postpunk da Modena. Ϫ MUSICA ATTIVA il programma radio che promuove la musica indipendente veneta dalle 21 alle 23 ogni quindici giorni ormai da molti anni, con intensità, in studio per l'intervista il progetto A RED IDEA (Venezia/Beautiful Loser) folk cantautoriale, per ascoltare la diretta o 94 MHz o in streaming http://www.radiogammacinque.it/ ► SABATO 6 Aprile Ϫ ALTROQUANDO Osteria Musicale via Corniani 32 SANT'ALBERTO di Zero Branco (Tv) THREE BLACKBIRDS ospita stasera in versione duo i NORMAN raffinato indiepop, in apertura il combo APPLESOUP. Ϫ GEKYGIO via Alberese TREMIGNON di Piazzola sul Brenta (Pd) l'ottimo rock psychedelico per il combo emiliano EVIL KNIEVEL in giro a presentare il primo disco. Ϫ BAHNOHF Live via Sant'Antonio 34 MONTAGNANA (Pd) nuovo appuntamento Fuzz(o)Rama con ospiti i toninesi TONS sludge/doom, in apertura MEGATHERIUM (Vr) e ADOM (Vi). Ϫ RICKY’s Pub via Commerciale 12 ABBAZIA PISANI di Villa del Conte (Pd) freschi di pubblicazione del terzo disco, saranno qui a presentarlo i MAD FELLAZ sestetto progressive rock. Ϫ LOCANDA della BIRRA via garibaldi 105 PIOVE di Sacco (Pd) festa per la presentazione del nuovo ep per i ROLLING CARPETS rock alternative. Ϫ Circolo NADIR piazza Gasparotto 10 PADOVA ospite la giovane cantautrice torinese GINEVRA intimità tra passaggi elettronici e chitarristici. Ϫ HAITI Bar piazza Caduti della Repubblica FIESSO Umbertiano (Ro) dalle 18 serata di rock elettronico con live per i FRANK SINUTRE (nuovo disco) gli ottimi ROMEA e poi Scarlett Groove, Demonology HiFi (Casacci/Ninja Subsonica) e djset. Ϫ Osteria da TOCCHETTO via Risorgimento 27 MONTEBELLUNA (Tv) 8bit night con tre progetti lo-fi GAS1312, DECADE e da Pescara i MERU. Ϫ NASTY BOYS via Pellicciao 4 TREVISO un tuffo nei sixties più sfrenati con gli ONDE BEAT. Ϫ OXIGEN viale Repubblica 7c VILLORBA (Tv) serata live Rock Imprinting che vedrà l'esibizione dei gruppi MEZZA BRUSCA VIOLENTA e SEA MUNKEES rock alternativo. Ϫ KRACH Club via Madonna 3 MONASTIER (Tv) serata metal con The SHANDING e The MOOR che presenteranno i loro ultimi dischi. Ϫ Cs RIVOLTA via Fratelli Bandiera 45 MARGHERA (Ve) dalle 15 e fino a domenica sera nuova edizione di VENYL la grande Fiera del Disco di Venezia, oltre ai dischi da collezione anche esibizioni artistiche e live. Ϫ ORVETT Space via Vittoria 75 MUSSOLENTE (Vi) UGLYDOGS Aps ospitano la presentazione del nuovo disco "Indiani e Cowboy" per CISCO (ex leader dei Modena City Ramblers) impegnato in un set acustico. Ϫ Bar SMERALDO viale Venezia 6 VICENZA Springless party per i FusiDiFesta crew che vedrà il live dei LÄSER progetto alternative rock e djset La Giò/Perez/Breeoze. Ϫ Csa ARCADIA via Lago di Tovel 18 SCHIO (Vi) l'ACCADEMIA MUSICALE di Schio organizza la prima rassegna per le proprie band: DELEROCK, LAME STEP, SIX & the CITY, The FLOODS e The HIGHSCHOOL CRAP MATES. Ϫ Bar ASTRA contrà Barche 14 VICENZA stasera indierock con i locals LO-FI POETRY che presentano il nuovo EP. Ϫ FA BEMOLLE borgo Madonna di Pol PASTRENGO (Vr) evento death metal con le band DISAGIO, SADIST, DIABOLICAL MINDS, DISTRUZIONE, EFYD ed ERESIA. Ϫ Bar the BROTHERS via Olimpia GREZZANA (Vr) uno dei talenti più interessanti del panorama blues, non solo nazionale, DANY FRANCHI da Genova. Ϫ IL TRENTA feelgood bar via XXX Maggio 21 PESCHIERA del Garda (Vr) festa di compleanno del locale con il gipsy balkan folk dei O'CIUCCIARIELLO. Ϫ JACK the RIPPER via Nuova 9 RONCÀ (Vr) stoner space rock per i loclas KAYLETH. Ϫ COHEN Pub via Scarsellini 9 VERONA tra folk britannico e tradizione americana si esibirà Simone Romei ovvero DES MOINES. Ϫ Colorificio KROEN via Pacinotti 19 Zai VERONA vaporwave night con esibizioni live per ELECTRIC DREAMS e djset Pherdy e i suoi ospiti. ► DOMENICA 7 Aprile Ϫ Spazio NADIR contrà Santa Caterina 20 VICENZA ore 11 vernissage per l'apertura della mostra LOST IDENTITY dell'illustratore surrealista Nicola Stradiotto, ci sarà anche la performance musicale per MMRK (noise sperimentale da Bergamo). Ϫ FRESH MEAT week via Bettini 10 PADOVA la squadra di Roller Derby CRIMINAL BULLTES vi aspetta dalle 15 per provare questo sport inclusivo per tutte le appassionate di pattini, skate, tatuaggi e musica rock/punk/alternative. Ϫ PUNKY REGGAE Pub via Barbarigo 15 LIEDOLO di S.Zenone degli Ezzelini (Tv) dalle 17:00 aperitivo punkrock con i locals Fratelli RAPINA e, da Tenerife, i PORNOSURF. Ϫ BISTROCK via Rometta 13/L San MARTINO di Lupari (Pd) dalle 18 festa Dischi SOVIET Studio con brevi showcase per le band dell'etichetta INFUSO, The JUNCTION, HEAVEN or LAS VEGAS, LO STRANO FRUTTO e VALENTE, il tutto per celebrare i quarant'anni del presidentissimo Mare. Ϫ Spazio SCUDERIA via Rubelli San ZENONE degli Ezzelini (Tv) dalle 18 presso Villa Albrizzi Marini la rassegna QuattroPuntoUno con composizioni elettroacustiche, performances e live con ospiti LAURA AGNUSDEI (Bo) Simone CASTELLAN e BRANDO. Ϫ Osteria AL CASTELLO via Rossi A. 15 CHIUPPANO (Vi) dalle 19 aperitivo il progetto HOFAME di Crstiano Alberici, fuoriuscito dagli X-MARY. Ϫ GROOVE via Martiri Libertà 8 LUGO di Vicenza (Vi) aperitivo groovoso con il collettivo ROMEA trip-hop jazzy indietronico. Ϫ spazio CATAI ponte San Leonardo PADOVA ore 20 ci sarà il live per il duo MODRA rock elettronico. Ϫ CA'SANA Cibo Arte Cultura via SS. Fabiano Sebastiano 13 PADOVA dopo cena con il gipsy jazz del combo variabile MINIMAL KLEZMER. Ϫ HOME Rock Bar via Fonderia 73 TREVISO per la serata unplugged stasera ospite l'ottimo DAMIEN McFLY. ► LUNEDÌ 8 Aprile Ϫ ridimensioniamoci. ► MARTEDÌ 9 Aprile Ϫ ACROSS the UNIVERSITY parco delle Mura PADOVA dalle 21 prende vita il festival universitario con i concerti di CLAVDIO (Bomba Dischi) voce profonda e testi amaro-ironici e, in apertura, MÈSA cantautrice romana (Bomba Dischi). Ϫ BOCCIODROMO via A.Rossi 198 VICENZA all'interno del festival Luoghi Sospesi live performance per il quintetto GIASTADAGEN. ► MERCOLEDÌ 10 Aprile Ϫ ACROSS the UNIVERSITY parco delle Mura PADOVA dalle 21 presenteranno il loro disco nuovo nuovo HEATHENS ultima uscita di casa SHYREC in collaborazione con la japponese RICCO Label per cui hanno pubblicato il terzo album + djset. • https://telegram.me/madeinpop/ • https://www.facebook.com/Shyrec/ • https://www.facebook.com/threeblackbirdsfree/ • https://www.facebook.com/NewsletterMadeinpop/ • http://shyrec.bandcamp.com/
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emmalynthewriter · 2 years
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A un ritmo tutto suo
                                                A un ritmo tutto suo 
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Se Kiana avesse dovuto descriversi a parole, specie incontrando qualcuno di nuovo per strada, o più semplicemente online, come peraltro faceva di solito, non avrebbe esitato a dire che no, non era come le altre ragazze. Era strano a dirsi, tanto da farla ridere, eppure vero. Se a loro piacevano le feste, lei preferiva il silenzio, se la loro idea di un’uscita in compagnia le portava a pensare istintivamente al centro commerciale, lei invece preferiva di gran lunga la sua stanza. Piccola, certo, ma comunque accogliente. In molti le avevano dato della sciocca, dell’asociale, della secchiona, a volte perfino della muta, ma contrariamente alle aspettative di ognuno, lei non aveva mai reagito. In fin dei conti perché farlo? Il desiderio di quelle ochette e dei suoi bulli era proprio quello di vederla reagire e nutrirsi del suo dolore, mentre lei, tranquilla e sicura di sé stessa, li lasciava lentamente, e metaforicamente, era chiaro, morire di fame. Poteva sembrare crudele, lei lo sapeva, ma a volte il solo pensiero bastava a divertirla. Il suo segreto? Un paio di cuffie e della buona musica, e in un attimo diventava sorda al resto. Restava sola con i suoi pensieri, o come ormai capitava sempre più spesso, seduta in biblioteca con un libro davanti, una matita in mano e tante, tantissime cose da studiare. Non che le dispiacesse, anzi, forse l’appellativo di secchiona era forse l’unico a calzarle come un guanto. A sedici anni era la prima della classe in più di una materia, e c’era da dire che dovendo scegliere fra il pratico e l’umanistico avrebbe sempre optato per la seconda delle due cose. Aveva provato e riprovato negli anni, elaborato ogni volta stratagemmi tutti suoi, ma proprio non ci riusciva. Tante erano state le volte in cui il suo professore di matematica aveva cercato di avvicinarla al mondo dei numeri, ma questi proprio non andavano giù. Ce la metteva tutta, ma ogni tentativo si rivelava vano. Sempre, senza alcuna eccezione. Esattamente come gli altri, anche quello un motivo per i bulli di agire e prenderla in giro, e nonostante la tristezza, lei si sforzava di ignorarli come poteva, ricorrendo spesso proprio alla musica. Fra i tanti artisti che apprezzava, nelle sue cuffie risuonava spesso la voce di Venus Love, che con il tempo, fra un successo e l’altro, era diventata la sua preferita. Anche quel pomeriggio non era diverso da tanti altri, e di nuovo immersa nella quiete della sua stanza, studiava, non riuscendo nel mentre a smettere di sorridere. Non solo l’argomento del giorno era interessante, anzi, il cellulare sembrava averle letto nel pensiero, e Musify, la sua applicazione di fiducia in fatto di brani, le aveva appena suggerito il nuovo pezzo della cantante. Si intitolava Flower, e incuriosita, lasciò andare la matita che ancora stringeva, poi si mise in ascolto. A dirla tutta aspettava già da tempo una sua nuova uscita, e no, non se la sarebbe lasciata sfuggire. L’interrogazione di storia poteva aspettare, aveva comunque quasi finito quell’ennesimo ripasso. Così, con gli occhi fissi sullo schermo del telefonino, lo sfiorò appena con un dito, e la canzone ebbe inizio. L’introduzione fu lenta, caratterizzava da qualche nota al piano e alcuni schiocchi di dita, che ben presto, del tutto presa, si ritrovò ad imitare. A seguire ci fu la melodia, e anche allora, il leggero e dolce suono del piano, e solo dopo, il testo. Curiosa, ascoltò senza parlare, spostandosi appena con la sedia per stare più comoda e sentendo uno dei fili della felpa colpirle il petto. Nessun dolore, soltanto un lievissimo tonfo. Di lì a poco, anche il ritmo la coinvolse, sempre così tranquillo eppure goliardico, e con un ennesimo sorriso in volto, scostò appena la cuffia per ascoltare ancora meglio, nonché impedire al suo cerchietto preferito, bianco e con due orecchie di topo, di scivolarle.
 You thought I’d be broken,
Minutes right after you left.
But honey, I don’t need no other,
Just as happy by myself.
And if you’re thinking of exceptions,
Mediocrity’s your level best.
Zeroed in on my own passions,
Ready to take on the world,
Proud to be stuck on this atom,
Now, my reflection’s my best friend!
Quella era soltanto la prima strofa, ma per Kiana il messaggio era già chiaro. Un approccio tranquillo e rilassato al pop, quasi mischiato al rap che non apprezzava e allo stesso tempo non disdegnava, e fra una parola e l’altra, un vero inno all’unicità. A quel solo pensiero, la ragazza sorrise. Non ne parlava spesso, a dire il vero soltanto se qualcuno chiedeva la sua opinione o cercava di informarsi sui suoi gusti, ma quella era solo una delle ragioni per cui amava Venus, rispettandola immensamente come artista. Nei suoi testi si scorgeva sempre qualcosa di nuovo, di fresco e di innovativo, aveva un modo di scrivere canzoni e usare le parole che la sorprendeva ogni volta, quasi come se, dimenticati la base e il ritmo, dietro ogni riga non ci fossero che poesie. E Flower, appena iniziata, era una quelle.
 And let, let, let me talk to her now,
She sheds no tears, no more of that.
Learned to smile and hold her own,
Yeah, she’s much stronger than she was!
No need for crying like a child, no, she's all grown up, that moment’s passed.
And some believe she still needs help, admire her crown as she walks past.
But if you try to hold her gaze, you can't, be careful what you wish,
Her past is under lock and key, now, not on anyone’s playlist!
Il secondo verso poi fu quello che la colpì davvero. Se il primo sembrava concentrarsi sulla cantante stessa, apparendo come autobiografico, il secondo sembrava rivolgersi a un ascoltare generico, o meglio, ascoltatrice, o in altri termini a una ragazza e alla sua immagine riflessa nello specchio. Un brano fatto di forza oltre che di dolore, Kiana doveva ammetterlo, che continuò ad ascoltare in silenzio, mentre il libro di storia, ancora aperto ma ormai dimenticato, aspettava. Di lì a poco, fu la volta del terzo verso, quello finale, o come a Kiana piaceva dire, scherzando con le amiche, il momento della verità. Strano, forse stupido, lo sapeva, ma per lei del tutto normale. Il suo ragionamento, poi, era sempre lo stesso, e non faceva una grinza. Perché ascoltare una canzone se non nella sua interezza, e soprattutto, senza capirne il testo e carpirne il significato? A quel punto, tutto diventava inutile. Seguendo il ritmo, però, attese.
And now, remember, my young lady, you're no toy, no one to impress,
Just a growing little flower, who found time to bloom again!
Yes, your petals may be soft, your perfume sweet, your roots still frail,
But that don't mean you won't be happy, mistress of destiny great!
 So hold your head up, little flower, no one can ever rip you up,
Cause you've got thorns at your disposal, stab your enemies in the back!
Leave in your wake a trail of stardust, each tear a diamond has become,
Oh, they all tried to drown you out, but yet they lost and you still won,
You can do anything you want to, mess with you? Their funeral!
E proprio alla fine, eccolo. Non se lo aspettava, ma eccolo. Il messaggio di speranza che aspettava di sentire da tanto, forse troppo tempo, specie quando, già anni prima, i bulli non facevano che tormentarla, e tutte quelle dannate ochette isolarla e denigrarla. E perché? Semplice. Non capiva. Non certo stupida, era ovvio, ma spesso silenziosa e dedita a passatempi diversi dai loro, non sarebbe mai riuscita a capire di cosa, insieme, tutti gli altri compagni avrebbero finito per parlare. Era diversa, sì, e decisamente troppo per i loro gusti. Le cuffie giganti a sfavore di quelle più piccole e simili a tappi? No. I capelli corti che le incorniciavano il viso anziché ricaderle sulle spalle? Neanche. Il loro colore, bianco a causa di una caratteristica genetica presentatasi solo alla nascita e che non aveva mai cercato di correggere? Anche quello non andava. I suoi tre amici criceti, adottati al posto di un cane o un gatto, silenziosi eppure amanti tanto della quiete come dell’avventura esattamente come lei? No, come si permetteva? Perché non era come loro? Proprio come le altre, anche quella una domanda priva di senso, a cui, ormai aveva già deciso, non avrebbe più risposto, e anzi, ispirata dalle parole della cantante, ignorato completamente, concentrandosi invece su ciò che più la rendeva felice. A suo parere la vendetta più dolce, in special modo il giorno dopo, quando, cuffie sulle orecchie e tre piccoli roditori al seguito, non si presentò in biblioteca sorridente, felice e senza più paura di niente e nessuno, men che meno di nascondere chi fosse la vera Kiana, plasmata nel tempo da passioni, interessi e desideri in tutto dissimili dal resto di quelli che tanto la disprezzavano. Abbandonata per una volta l’aria studiosa, poi, aveva iniziato a ballare da sola proprio nella sala studio della biblioteca, e come alcune compagne notarono, divertite, coinvolto anche i criceti, a loro volta dotati di seppur finti auricolari uguali ai suoi, uno perfino di minuscolo MP3 ricavato da una scatolina di latta in precedenza piena di mentine. Finalmente felice, Kiana non smise di ballare, e anzi, nel mentre intonò a squarciagola proprio Flower, la canzone che dopo tutto quel tempo l’aveva incoraggiata a vivere la propria vita come voleva, e muoversi, come diceva proprio la cara Venus, a un ritmo tutto suo.
Image Credits: https://www.deviantart.com/cryptid-creations/gallery
Beat used to create the song: https://www.youtube.com/watch?v=WRBRA3ZZ1cM
Special thanks to @lu-march​ for coming up with the first verse :)
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supercalifriigida · 6 years
Text
La prima lacrima la voglio da adesso
La seconda quando penserai che ancora ti interesso
La terza col rancore di chi piange troppo spesso
La quarta piena d'amore, la quinta piena di sesso
La prima la voglio la mattina in dormiveglia
La seconda un secondo dopo che suona la sveglia
La terza poi la voglio in classe davanti a tutti
La quarta quando non ceni, la quinta quando ti trucchi
Nera, la prima lacrima la voglio enorme
La seconda sincera, come una bimba che dorme
La terza con la rabbia, la quarta a naso chiuso
La quinta nel silenzio di una donna con il muso
Vedi, la prima ti accarezzerà la faccia
La seconda lascerà una striscia nera sulla guancia
La terza è piccola come una stella
La quarta è come sabbia, la quinta poi ti muore sulle labbra...
Questa è la nostra ultima buonanotte
Stanotte dormono anche gli angeli
Io valgo cinque lacrime e una buonanotte
E quindi adesso dormi e piangimi
Questa è la nostra ultima buonanotte
Stanotte dormono anche gli angeli
Io valgo cinque lacrime e una buonanotte
E quindi adesso dormi e piangimi
Piangimi, guardati per noia la partita
Fai presenza a scuola solo quando si va in gita
Chiuditi nel bagno e in gola mettiti due dita
Vola in comitiva e fatti dire che sei dimagrita
Parla con tua madre per una volta
Parlaci più sciolta
Chiama qualche amico che ti ascolta
Esci, buttati nel centro commerciale
Guarda quelle scarpe belle che non potrai mai comprare
Sdraiati, levati quelle alte, quelle scialle
Fallo da distratta senza neanche più slacciarle
Mangiati le unghie, mangiati le mani
Strappati i capelli mentre urli che mi ami
Pulisciti la cipria con le maniche
Poi fatti strappare dal barista un sorriso tra le lacrime
Pensa che hai ragione e che sono io quello di ghiaccio
E prima di dormire leggi cinque volte il mio messaggio Io valgo cinque lacrime e poco di più
Io valgo cinque lacrime e poco di più
E quindi amore mio non devi stare giù
Perché io valgo cinque lacrime e poco di più
E mentre piangi la città che si spegne
Se dormono pianeti, palazzi, bambini e insegne
Sono sveglie solo le macchinette del caffè
Solo guardie, ladri, fontanelle e te
- La morte di RINquore;Rancore
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