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#fattal fest
theswamprag · 7 years
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August 23, 2017 Ripcordz- Party in the Parking Lot Manipulated Outcome- Copy and Paste Riot Porn- Solitude Parasytes- Reckless Metalian- Firestorm Gerbia- Jim Jones on the Rocks Ninos Ratas- Demencia Alcohol Fueled- Nuclear War Trashards- Hozer Dozer Bats in the Belfry- Drive Hard Up- Bite the Hand Fister- Prances With Unicorns Shit Tax- Skunk Idiocrates- Présomption D’innocence Endform- Godless Life Act of Disorder- Destroy Offensive Mindset- Boomerang FullMT- God Does Not Exist Discorp- Termitator http://ift.tt/2vhM9JG
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Manipulated Outcome at Fattal Fest, August 2016
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w/amelia
           Cᴏʀɪɴɴᴇ ᴀɴᴅ Aᴍᴇʟɪᴀ            Nᴇᴡ  Yᴏʀᴋ  Cɪᴛʏ            ᴊᴜɴᴇ,  20  2012             ━━━━ ⋆ ⋆ ⋆ ━━━━                Poco più di un mese era trascorso da quando Corinne, intraprendente e discussa figlia dell’ambasciatore francese Dubois, aveva sollevato l’ennesimo scandalo che mise in imbarazzo suo padre e la famiglia. Era bastato un viaggio di lavoro a Las Vegas in compagnia del suo datore di lavoro, James Taylor-Dimon, un po’ di alcol di troppo con cui avevano buttato giù una pastiglia di non ricordava bene cosa e una fuga dall’hotel per portare alla luce una notizia che i paparazzi avevano venduto al migliore offerente. Che la relazione fra James e Corinne fosse ampiamente seguita dalle riviste scandalistiche non era una novità: lo scapolo da 1.3 miliardi di dollari e la ribelle parigina che aveva insegnato alle americane l’eleganza della moda d’oltreoceano. In conclusione, non si può passare inosservati se sei l’erede del CEO della più importante società finanziaria americana e vai in giro con una bionda che adora mettersi in mostra. Fatto sta che dopo quel matrimonio all’insegna dell’irrazionalità (perché sì, questa era stata la notizia che li aveva seguiti nel viaggio di ritorno da Las Vegas) il padre di Corinne aveva preso le distanze dalla figlia, mentre questa nutriva le tasche di chi scrive a discapito delle vite degli altri. Per un mese, la notizia fu sulla bocca di tutti, fintanto che i due non siglarono il divorzio con il pacifismo di chi ha più maturità in seno di quanta ne voglia dare a vedere. Ciò però non era bastato a far riavvicinare il padre e la figlia, che adesso discutevano in un angolo della sala ricevimenti del Palace Hotel.
«Ma che vuoi che ne sappia perché James è qui, Armand. È il figliastro di Dimon, qualcuno li avrà invitati, no? Si sa che la politica si fa nel retro delle banche,» sbuffò la figlia al rimprovero dell’Ambasciatore, intimandolo con lo sguardo zaffiro di smettere. Distoglieva l’attenzione dal Valentino color cipria che aveva deciso di indossare per l’occasione.
«Smettetela voi due,» li interruppe Frédérique, la madre di Corinne e di cui portava il nome, «piuttosto, vedete la ragazza laggiù? E’ la figlia del Console Clarke a detta di Mary, la moglie di Keane.»
Dopo quella notizia, l’attenzione di Corinne si spostò sulla figura che la madre aveva discretamente indicato e il chiacchiericcio dei genitori divenne soltanto un sottofondo alle sue considerazioni. Se era davvero la bambina che aveva conosciuto quando abitava ancora a Parigi, Corinne non avrebbe saputo dirlo. Troppi anni a dividerle. Così passò all’azione, come suo solito, si incamminò verso la ragazza, attirandone l’attenzione con un colpetto sulla spalla.
«Perdona l’interruzione, sei la figlia di Clarke?» chiese senza troppi convenevoli o giri di parole la bionda francese in un inglese fin troppo macchiato dalla melodia della lingua romanza.
Amelia Elisabeth Clarke: Viaggio di cortesia, era così che i suoi genitori aveva convinto la giovane ragazza a prendesse il primo volo per la lontana America, per tornare in patria dalla propria sgretolata famiglia, e tornare alla ribalta in politica con il proprio partito repubblicano. Per fare questo grande passo c’era bisogno di unitarietà tra tutti i membri della famiglia cosa che negli ultimi anni era venuta a mancare, dopo il disappunto di Geneviève nelle scelte amorose della sua primogenita, troppo trasgressiva per le esigenze dell’etichetta e del partito che rappresentavano. Era da tempo che non partecipava ad una delle famigerate feste dell’alta società, quasi non ricordava nemmeno il comportamento ed il portamento che una signorina del suo rango doveva tenere. Sua madre l’aveva costretta a rappresentare la propria famiglia, in solitudine, a quel gala. Avrebbe ripreso contatto con dei vecchi amici di famiglia, ormai dimenticati e con i soliti ficcanaso che non avrebbero esitato a chiederle dei suoi ultimi vent’anni, dove li avesse passati e cosa ne fosse ora della sua vita. Non avrebbe resistito a lungo in una situazione del genere, perciò il suo piano era quello di entrare, rimanere sulla bocca di tutti, stringere qualche mano per poi svignarsela alla svelta. Con la Rolls-Royce di famiglia arrivò al grande palazzo dove la festa era già in atto, chissà se le sarebbero bastati i due whisky pregala per superare quella serata. Alla sua entrata nella calò il silenzio, quasi tutti furono sorpresi di quell’entrata, riconoscere Amelia era difficile, forse era dovuto a quello il silenzio. La sorella l’aveva aiutata con l’abito da indossare, ovviamente niente di troppo pomposo non era nel suo carattere, serio e che fosse di un’importante presenza scenica. Non a caso aveva optato per un abito di Giorgio Armani, uno stilista italiano che ha fatto della sua impresa una tra le firme più conosciute del mondo, e dello stile italiano la sua musa ispiratrice che ogni anno rinnova con perfette creazioni. Aveva sempre amato gli abiti della madre cuciti a mano per le grandi feste che all’ambasciata erano parte della vita mondana, solo lei aveva un gusto così affine a quello di Amelia, peccato che le due non andassero d’amore e d’accordo. Quel abito fatto di tulle nero e ricamato appunto dello stesso colore, sembrava fatto apposta per lei, lungo fino alle caviglie, smanicato e con un delle pieghe lungo la gonna quasi impercettibili. A definire tutto il suo outfit c’erano i suoi amati tacchi a spillo, ne aveva una collezione dalla quale, unicamente per quella serata, aveva indossato le sue Louboutin classiche a punta, in vernice e con la suola rossa. La sala era affollata di aristocratici ben vestiti, pronti a criticare qualsiasi cosa fori posto. Dopo un primo momento di stupore, il chiacchericciò tornò a riempire la sala, era così trasportante la musica classica in sottofondo. Si gettò subito su un cameriere che passava per un bicchiere di champagne, ma un tocco sulla spalla la distrasse, chi era il primo a farsi avanti? Si aspettava una donna di mezza, già un po’ brilla e con la lingua lunga, ma ciò che l’aspettava era tutt’altro. Si girò con eleganza annuendo appena alla domanda fattale da una voce flebile, dall’accento più che riconoscibile francese ma ben deciso. «Ho perso la scommessa con me stessa, avevo calcolato altri cinque secondi prima che qualcuno me lo chiedesse!» La sua lingua tagliente aveva da ridire a proposito ma a tutti gli effetti, era rimasta sorpresa dalla schiettezza della ragazza, si aspettava chissà quale discorso prima della fatidica domanda. «Comunque sì, se tu intendi il signor Clarke burbero, sempre impeccabile e finto francese, allora si sono sua figlia Amelia…» Rispose incrociando finalmente lo sguardo a quello della bionda. Le era un viso famigliare ma ancora non sapeva bene a chi ricondurlo, doveva ritornare ai ricordi di una quindicenne ormai rimossi da una mente così piena di incarichi. 
Non si sarebbe potuta aspettare altro la bionda Corinne se non un commento tagliente, che espresse il ben palesato disappunto dell’essere associata alla figura familiare del padre. Almeno fu quello che la francese dedusse, allargando un sorrisetto soddisfatto, affatto toccata dalla punta affilata di quel sarcastico commento. No, Corinne era così avvezza all’ambiente da capire quanto ciò non solo fosse normale, ma quanto a lei piacesse. Così spostò il peso sulla gamba destra, incrociando le braccia sotto il seno messo in mostra con suadente decoro; no, non avrebbe lasciato andare la ragazza facilmente, non adesso che la sua curiosità poteva esser soddisfatta. Amelia, da quanto ricordava, era una delle poche bambine che riusciva a tollerarla e a tenerle testa, nonché la prima delle due ad abbandonare Parigi. Ma il motivo, Corinne non lo aveva mai realmente saputo. C’erano speculazioni, certo, ma Armand e Frédérique non avevano mai parlato apertamente della faccenda con la figlia, il che aveva portato l’architetto a supporre che neanche loro erano al corrente di quello che era successo alla famiglia Clarke. «Perso la scommessa, dici? E cosa avevi scommesso, di preciso?» chiese Corinne, afferrando due flûte di champagne dal vassoio del ragazzo del catering e porgendone uno alla figlia del diplomatico. Sebbene consapevole che no, probabilmente non aveva mai scommesso con se stessa – anche perché, che senso ha farlo? Si scommette per ottenere – la francese insistette comunque su quel tasto, quasi a voler rimarcare la sua indifferenza all’esposizione del disappunto. «In ogni caso, sì, è proprio lui.» E così la pettegola Frédérique aveva fatto centro, aveva trovato una bambina ormai diventata donna, proprio come Corinne, ma probabilmente meno problematica di lei. Chissà se aveva saputo di come la bambina con la finestra ai denti era diventata donna da paparazzi, pronta a vincere la battaglia contro la limpida coscienza e morale dell’ambasciatore. «Ne è passato di tempo… Come mai il trasferimento?» incalzò ancora, portando alle labbra il bicchiere di fine cristallo di Boemia, «Mio padre continua a sostenere di non saper nulla al riguardo. In caso te lo stia chiedendo, sono Corinne Dubois, i nostri genitori erano intimi amici, un tempo.» Avrebbe volentieri aggiunto un “almeno fintanto che non siete spariti” ma se lo risparmiò, preferendo riconciliarsi con la vecchia amica in modo pacifico e consono alla situazione. Aveva già gli occhi di Armand puntati sull’esile figura a causa della presenza di James, figurarsi cosa sarebbe successo se solo avesse provato a combinare guai.
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kittencvntx · 7 years
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In Toronto for most the summer. Hitting up Rockfest, Spiderfest, and Fattal Fest among other things that come up. Probably going to St.Catherines at some point as well. Met someone amazing before leaving who will be waiting for me when I'm home. Life's not so bad.
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montrealrampage · 7 years
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’77 Montreal Celebrates Punk and Hardcore
’77 Montreal Celebrates Punk and Hardcore
The rock n’ roll subgenre born in basements and dingy bars four decades will be brought to the large open-air stages of Parc Jean-Drapeau on July 28th. The ‘77 Punk Festival will be filling the void left by Heavy Montreal and boasts some big names for its first edition.
Rancid and Dropkick Murphys will be headlining the festival as part of their From Boston to Berkeley tour. For many kids of my…
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