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#Rita la zanzara
movierx · 1 year
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Rita the Mosquito dir. Lina Wertmüller (1966)
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genevieveetguy · 2 years
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This generation of females, who feel the impulse to learn how to kick males, I believe is dangerous. It’s more than matriarchy! This is the prelude to the Apocalypse.
Rita the Mosquito (Rita la zanzara), Lina Wertmüller (1966)
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Quando ho nervi mando terremoto in mare di Napoli oppure compro tante caramelle e Nike militari mimetiche perché umani sono tutti merde atei comunisti infami e meritano fuoco eterno tutti quanti senza cassazione ne appello.... Tutti nessuno escluso... I più merde sono coloro che conosco amici e parenti più infami di tutti.... Rai movie Rita la zanzara, de Filippo pavone Valori e Giannini.... padre mio manda cancro infatti tumori a chiunque mi ostacola a loro parenti da 1 a 99 anni, maschi o femmine, a chi parla a mie spalle a chi invidia sti schiavi operai della fiat di MERDA.... Lasciali senza lavoro senza casa senza donne e pieni di malattie.... Amen come hai salvato messia e Maometto e Mosè e abramo e NOÈ e lot, AFFOGALI come faraone sterminali come Sodoma disyruggili come nemici di Salomone e Davide. Non dar tregua loro alcuna non avere pietà come non ne hanno avuta dei tuoi servi preziosi e guide purissima.... CONTRO IL MALE DELL. INVIDIOSO QUANDO INVIDIA dice il poema.... Basta non resisto un minuto a vedere picchiare animali ne sgridarlo per nessun motivo né resto a guardare loro bottiglie di vetro rotte ovunque e loro parolacce di sti ignoranti parlano solo di soldi lavoro sesso e cibo PADRE AUMENTA COVID E ALTRE PIAGHE SU OGNI genere di miscredenti... Ogni secondo perso a giocare sia per loro mille anni nel fuoco eterno.... Sti stronzi inutili... (presso Don Vito's Cats Bar Home) https://www.instagram.com/p/CQkg6lHpUs_/?utm_medium=tumblr
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giallofever2 · 7 years
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🇮🇹 Italian Filmography I basilischi (1963) Il Giornalino di Gian Burrasca (1964-1965) - serie TV in 8 episodi Questa volta parliamo di uomini (1965) Rita la zanzara, accreditata come George H. Brown (1966) Non stuzzicate la zanzara (1967) Il mio corpo per un poker, accreditata come Nathan Wich (1968) Mimì metallurgico ferito nell'onore (1972) Film d'amore e d'anarchia - Ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..." (1973) Tutto a posto e niente in ordine (1974) Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto[8] (1974) Pasqualino Settebellezze (1975) La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (1978) Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici (1978) E una domenica sera di novembre (1981) - film TV documentaristico Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante da strada (1983) Sotto.. sotto.. strapazzato da anomala passione (1984) Un complicato intrigo di donne, vicoli e delitti (1985) Notte d'estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico (1986) Imago urbis (1987) - documentario collettivo Il decimo clandestino (1989) - film TV In una notte di chiaro di luna (1989) Bari, episodio del documentario 12 registi per 12 città (1989) Sabato, domenica e lunedì (1990) Io speriamo che me la cavo (1992) Vivaldi, episodio della serie TV documentaristica L'encyclopédie audio-visuelle (1993) Ninfa plebea (1996) Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica (1996) Ferdinando e Carolina (1999) Francesca e Nunziata (2001) - film TV Peperoni ripieni e pesci in faccia (2004) Mannaggia alla miseria, accreditata come Lina Job Wertmuller (2009) - film TV Roma, Napoli, Venezia... in un crescendo rossiniano (2014) - cortometraggio documentaristico
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don-vito-rap · 4 years
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Poco come Noe tanti come nemici di Noe ecce homo ecce merde,,,,Rita la zanzara troie dal 1946,,,,viva dice e basta,,,, (presso Don Vito's Cats Bar Home) https://www.instagram.com/p/B-ZvXZaJumN/?igshid=1l715wqzsy9sd
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giancarlonicoli · 6 years
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9 lug 2018 16:49 1. DAGO FA 70: ''FINALMENTE SONO DIVENTATO GIOVANE - LA PRIMA SCOPATA? PROSTITUTE, CON PROFILATTICI SIMILE A COPERTONI DI CAMION. QUANDO SCOPAVI SENTIVI IL BATTISTRADA 2. LA FESTA DI NOZZE “ROVINATA” DALLA FEMMINISTA PIVANO – ALL’OSPEDALE CON RENATO ZERO – IN BANCA CON IL CLIENTE ENRICO NICOLETTI – LA DOCCIA DI SPUTI DEI FASCISTI – UNA MARZIANA A ROMA: LIZA MINNELLI – MAMMA E PAPA’ IN CORO: 'ABBIAMO IL FIGLIO FROCIO' 
Alessando Ferrucci per il Fatto Quotidiano
"Mica vorrà parlare dei miei 70 anni". Un po'. "Questo tipo di chiacchierate rischiano di diventare sgradevoli". Perché? "Alla fine sei costretto a stilare un bilancio della vita, e i bilanci sono sempre pesanti, tra attese iniziali e risultati finali; tra castelli di sabbia e realtà di cemento. Non quadra mai tutto", riflette Roberto D' Agostino mentre si accende un sigaro, si sistema la camicia bianca aperta quasi fino all' ombelico, si accomoda in poltrona.
Con lui i tatuaggi sono solo l' apparenza più esplicita, ultima traccia di un' esistenza giocata su note simili a un romanzo di avventura, con venature da saggio esistenziale, o satira di costume. È una sorta di rigattiere delle esperienze, le più diverse; una lavatrice assemblata senza la classica attenzione al bianco o alle tinte: non importa, va benissimo il color-Dago.
Il suo ufficio è come un quadro pop-art: Elvis è appeso al muro e suona a ogni cader di ora; la foto con Renzo Arbore, o quelle nude di Patty Pravo. Forme falliche ovunque. Santini. Falce e martello, il vecchio computer della Apple diventato un soprammobile. Una Simmenthal gigante come tavolino.
Ieri sono diventati 70.
La differenza con i 30 o i 40 anni è la consapevolezza di essere finalmente diventati giovani. E reinventarsi è l'unico modo di stupire sempre se stessi.
Quante volte ci è riuscito?
In tre o quattro casi: l' obiettivo era trovare un lavoro piacevole, costruito intorno a una passione, solo così la fatica non arriva.
Ha iniziato in banca
Entrato nel 1968, felicissimo: la certezza di mettere insieme il pranzo con la cena, e ben 16 mensilità.
Dove viveva?
A San Lorenzo, quartiere unico e proletario, ma solo prima dell' arrivo dei barbari.
I barbari, sono?
Gli studenti universitari. Lì sono cresciuto in una realtà particolare, chiusa, ci conoscevamo tutti e tutti eravamo alle prese con lo choc dei bombardamenti: i miei non andavano da Pommidoro (ristorante noto anche per Pasolini), perché il cantinone era stato un rifugio dove avvenne una carneficina. Una sorta di paesone.
Ognuno con un soprannome.
Il suo?
A 14 anni avevo gli occhiali ed ero balbuziente: mi chiamavano Quattrocchi o Tartaja.
Deriso.
Fino a quando ho pregato mia madre di portarmi dal logopedista e ho impiegato anni per risolvere il problema, o almeno arginarlo: ancora oggi dico "pissicologia".
La sua fuga dalla balbuzie?
Mi rifugiavo nelle letture e quando i libri non bastavano, "comunicavo" con i pugni.
Questione di sopravvivenza.
Il primo rapporto sessuale.
Un' impresa a metà degli anni Sessanta. Con un gruppo di amici siamo andati al Mandrione (periferia romana), dove c' erano le baracche delle prostitute, tutti armati di profilattici simili a copertoni di camion. Quando scopavi sentivi il battistrada, ma già l' idea e la vista di una donna nuda, bastavano.
Così difficile avere un rapporto?
 Dago 1965 a Londra
A bocce ferme, lo possiamo dire: l' unica rivoluzione che è diventata realtà non arrivò dalle ideologie ma dalla farmacia, dalla scienza, a partire dagli anni Settanta grazie alla pillola, e poi con il Viagra - siano sempre benedetti.
Torniamo a San Lorenzo e gli studenti
Un giorno mi fottono la 500, vado al bar da Er Patata, entro incazzato: 'Ma questi che vojono rubà a casa dei ladri?'.
E il Patata?
Affranto, risponde: 'Si sono sbagliati, scusa'. Poco dopo ritrovo l' auto.
(Scocca l' ora, Elvis canta "Hound dog")
Cosa leggeva?
Io e Paolo Zaccagnini (critico musicale), il fratello che non ho avuto, nel 1964/65, eravamo prigionieri felici dei libri della Beat Generation, il nostro manifesto di vita era l'introduzione di Fernanda Pivano a ‘’On the road’’ di Kerouac, poi fui stregato dal situazionismo e dal profetico ‘’La società dello spettacolo’’ di Guy Debord.
Come ha conosciuto Zaccagnini?
Nel 1965 frequentavamo gli stessi due posti: lo studio radiofonico di Bandiera gialla e il Piper; in particolare al Piper si è formato un gruppo di "reietti sociali", capelloni con abbigliamento considerato perfetto per il gay pride, tra cui brillavano Nicoletta (Patty Pravo), Renato (Zero) e Loredana (Bertè).
Chi era il più talentuoso?
Nessuno. Ma non per mancanza, solo perché tutto il mondo attorno a noi era lontanissimo dalla nostra sottocultura pop.
Innamorato della Pravo?
No.
Della Bertè?
Aveva le gambe più belle, uno stacco di coscia che accendeva sogni proibiti: quando entrava al Bandiera gialla gli occhi erano solo per lei.
Chi era il leader?
Paolo era trascinante, mentre io, ancora balbuziente, ballavo, tanto da finire tra i Collettoni di Rita Pavone, e poi comparsa in un paio di film di Lina Wertmüller (“Rita la zanzara”). E sempre con Paolo nel 1965, vado a Londra senza il becco di un quattrino: dormivo per terra nella sua stanza, felice.
Conosceva l' inglese?
Mi arrangiavo con un vocabolario circoscritto ai testi dei Beatles, Bob Dylan e Rolling Stones: compravo Sorrisi e Canzoni e traducevo i loro pezzi Fino al 1968 è stato un periodo felice, culturalmente effervescente, ogni giorno una sorpresa; poi dal '68 al '78, dieci anni folli, salvati solo dalla liberazione sessuale.
Il primo film porno?
A casa di un collega di banca, era organizzato con il proiettore sparato su una parete bianca; all' epoca esisteva un contrabbando di pellicole hard, visioni che riservavano dei coccoloni ormonali, mentre per scopare dovevi frequentare i gruppuscoli politici.
Il più fecondo?
Lotta continua, il migliore per promiscuità, mentre Potere Operaio era zeppo di maschietti picchiatelli. In Lotta continua alla fine comandavano le donne. Furono loro, nel 1978, al congresso di Rimini, a chiudere la baracca.
La prima volta si è sposato nel 1972.
A 24 anni con Tina Semprini. Mia madre morì a 50 anni per un tumore, mio padre, saldatore alla Breda, la pagò con un cancro al polmone. Volevo una famiglia.
Grandi festeggiamenti?
In chiesa con i familiari e serata in casa con gli amici. Bisboccia "rovinata" dalla mitica Pivano; a un certo punto, chiede silenzio: 'Ora i maschietti vanno in cucina a lavare i piatti, pulire i bicchieri, mettere a posto. Noi donne restiamo qua a chiacchierare'.
Anche Zero in cucina?
Non c' era, ma con Renato ho condiviso molto altro.
(Abbassa la testa e mostra una cicatrice sul cranio)
Cosa è successo?
Correva l’anno di grazia 1965 e correvamo di notte con la 500 di un amico. All' incrocio di via Sicilia, una precedenza non rispettata e veniamo travolti da un' altra vettura: entriamo direttamente dentro un negozio di pompe funebri.
Ci spacchiamo la testa. Sanguinanti, arriviamo in ambulanza al Policlinico e lì accade un altro incidente: io al reparto maschile mentre Renato, in pantacollant glitterato, capelli sulle scapole, lo portano dalle donne.
Roba da scenetta comica.
Urlo: 'Cosa fate! Non lo vedete che ha il cazzo?'. Gli infermieri non erano omofobi, erano davvero convinti del fascino femminile di Renato, che era bellissimo, usciva di casa vestito "normale", arrivava da me, si cambiava nel portone, e prendevamo la circolare direzione Piper.
Matrimonio finito per?
Anche per eccessi sessuali: allora è successo di tutto.
Vuol dire?
Totale sregolatezza, comprese le droghe di qualsiasi tipo: c' erano persone che tornavano dall' India con le palline di oppio in tasca, i finanzieri neanche capivano.
In banca come la guardavano?
L' agenzia era a Centocelle, quartiere inzeppato di immigrati del sud; dopo un anno si erano abituati alle mie stravaganze, compresi i capelli lunghi; l' unico accenno di aperta insofferenza, per gli zoccoli olandesi: troppo rumore.
In quegli anni a Centocelle viveva Enrico Nicoletti, poi cassiere della Banda della Magliana.
Lo conoscevo benissimo, in teoria aveva una concessionaria d' auto, in realtà prestava soldi a chi non otteneva fidi dalla banca: uscivano da me con un "no" e si rifugiavano da lui che staccava assegni.
Tipo losco
Simpatico, come capita spesso ai delinquenti. Un giorno lo accompagno nel caveau: 'Come mai hai due pareti di cassette di sicurezza?'. E lui: 'Apri'. Obbedisco, e mi ritrovo davanti a una distesa di sterline oro: unica valuta non tracciabile.
Vero professionista.
Ribadisco, uno simpatico e con regole: una mattina ero allo sportello, servivo un cliente, arriva il figlio, mi interrompe. 'Un attimo e ti do retta'. Il ragazzo inizia a insultarmi e Nicoletti parte con due schiaffoni al figlio: 'Porta rispetto'.
Nicoletti è stato carabiniere.
L' ho visto accompagnato da un generale dell' Arma tutto impennacchiato: 'Ti hanno arrestato?' 'È il mio autista'. Così nessuno lo fermava.
Passo indietro: Bandiera Gialla. Lei ha dichiarato: "Arbore non si tocca, un mito, mentre con Boncompagni non ho mai legato troppo".
A quei tempi Gianni era già straordinario e forse noi sbarbatelli gli risultavamo noiosi, fragili culturalmente; è andata meglio quando a metà degli anni Ottanta ho partecipato alle sue Domenica In: ero cresciuto e abbiamo legato.
Si sente un numero uno?
In assoluto no, però in alcune occasioni ho dimostrato coraggio e incoscienza, specialmente nel 1978 quando mi sono licenziato dalla banca. Avevo tutti contro, sa il posto fisso…
Partecipò all' Estate romana dell' allora assessore Nicolini
Renato è stato fondamentale per uscire da quegli anni Settanta di paura e morte, dove la gente la sera restava in casa, atterrita da pallottole volanti e scontri con la polizia.
Ha permesso ai romani di riconciliarsi attraverso la cultura: sola e unica politica.
Ha sentito la paura?
Una mattina, con l' eskimo d' ordinanza, passo in piazzale Clodio e vedo uscire dal tribunale un gruppo di fascisti. Non scappo, tranquillo della presenza delle forze dell' ordine. Col cazzo. Mi circondano e iniziano a sputarmi, uno schifo non descrivibile.
Partecipava alle manifestazioni?
Una volta con mia moglie Tina per scappare dalle cariche e dalle molotov in piazza Santa Maria Maggiore ci rifugiamo con altri compagni all' interno dell' Upim; fuori ci aspettavano i celerini, mia moglie era disperata, 'ti buttano fuori dalla banca', così prendo al volo un completo grigio, entro nel camerino, lo indosso, pago. Esco. Sembravo davvero un bancario.
Si ritiene sopravvissuto?
Solo uno che ha vissuto, con i suoi errori, e con la fortuna di essere nato nel 1948 e di aver goduto di decenni fantastici, compresa l' attuale rivoluzione digitale.
I suoi anni Ottanta
Grazie a Quelli della notte, sono entrato nei famosi salotti romani, ho iniziato a frequentare persone in grado di maciullarti con una sola battuta, personalità come Ettore Scola o Paolo Villaggio, Sergio Corbucci e Achille Bonito Oliva. La prima regola? Dissacrare il banale e la retorica.
Sempre, chiunque.
Una sera arriva Liza Minnelli, girava a Roma un film e doveva restare in città almeno tre mesi. Finita la cena le chiediamo di cantare, lei ci rivolge uno sguardo semi-schifato. Torna qualche giorno dopo, stessa scena. Alla terza cede, va al pianoforte e intona qualche pezzo.
Scalpo ottenuto
Dalla volta successiva inizia a cantare a ripetizione, e noi pronti a sciabolare cinismo: 'Che palle, questa ricomincia, vedi, ora fa ‘Money Money’, non c' è nulla in Tv?'; quando Scola appariva sulla soglia del salotto di Irene Ghergo, esclamava: 'Deve essere stata davvero un’impresa mettere insieme tanta brutta gente'. E tra i presenti c' erano Alberto Moravia, i Rosi, Ruggero Guarini, Dario Bellezza, ecc.
Quanti anni ha impiegato per sentirsi a suo agio?
Avevano una cultura strepitosa: uno come Federico Fellini mi intimoriva, così come Enrico Lucherini o Sergio Corbucci.
Corbucci non amava Sergio Leone.
Rivali di spaghetti western. L' aveva soprannominato: "Francis Ford Caccola". Ma le cene erano battaglie: chi partecipava si preparava a casa con aneddoti e battute, non si andava impreparati, mangiare era un optional.
Lei timido
Da trentenne, da adulto solo con Alberto Arbasino e Federico Zeri.
Insieme a Zeri ha scritto un libro.
Un lavoro di sei mesi, e vivere con lui è stata un' esperienza non replicabile. Un genio. Magari parlava in inglese, la barzelletta in tedesco, la battutina in francese, la calata in romanesco.
Quanto ha lottato con la calvizie?
Colpa dei capelli verticali.
Eh?
Fine anni Settanta, parto per New York, dovevo assolutamente vedere lo Studio54 – all’epoca era come il Colosseo a Roma. Ci riesco. E incontro John Sex (performer) con il suo grattacielo tricologico, un fantastico monumento al pidocchio selvaggio.
Un' illuminazione.
Per anni ho mantenuto la stessa acconciatura e con degli sforzi improbi, coadiuvati dalla lacca Cielo Alto. Potentissima. Dopo il buco dell’ozono, ha bucato pure il cervello. E per mantenere la forma dormivo con i piedi fuori dal letto.
Una mandrakata.
Quando mi rendo conto di non poter più tamponare il crollo, mi affido a un guru statunitense. Arrivo nel suo studio romano e scopro che è pelato. Ohiboh.
Si presenta il figlio, anche lui calvo. Altro boh. Ma il meglio è stata la moglie: aveva quattro capelli in testa!
Se n' è andato
No, ho provato lo stesso, mi hanno spalmato in testa dei prodotti osceni e puzzolenti; alzo la testa e accanto a me c' era Federico Fellini, un genio tormentato dal boccolo in caduta libera.
Del gruppo anni Sessanta, chi frequenta ancora?
Sono legato a tutti, insieme abbiamo attraversato l' ostilità della società: quegli anni valgono più di un grado di parentela. (Si ferma, sorride) Con Paolo sono stato cacciato di casa.
Per cosa?
Nel 1967 andiamo al concerto dei Rolling Stones e restiamo folgorati dall' abbigliamento di Brian Jones: pelliccia di lupo e scarpine rosa.
Impossibile non imitarlo.
Torno a casa, apro l' armadio di mamma e le prendo una orribile pelliccia di astrakan, lastricata di vermoni pelosi; Paolo fa lo stesso, con un visone. Usciamo, direzione Piper. Al ritorno trovo i miei sul balcone e in lacrime hanno sentenziato: 'Abbiamo il figlio frocio'.
Negli anni le hanno dato spesso del gay.
In particolare ai tempi di Quelli della notte. Non mi andava di salire in cattedra con tanto di bacchetta a giudicare il look degli altri. Ero il primo a mettermi in gioco.
Si piace?
Se mi piacessi intellettualmente, raggiungerei il massimo dell' imbecillità.
(Sulla parete ha affisso al neon una frase dei Nirvana: "Nessuno muore vergine, la vita fotte tutti". Auguri)
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cento40battute · 6 years
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A Casalbeltrame. Semplicità e ricchezza
Un gruppo di case contadine si stringe a cerchio a rievocare il ricordo della protezione dei suoi abitanti sotto attacco; l’eco lontana del Medioevo risuona ancora. Intorno, uno specchio d’acqua riflette i profili delle grandi cascine circostanti, nascondendo al proprio interno il segreto e silenzioso germogliare di uno dei più semplici frutti della terra. Ogni chicco di quel riso racchiude una storia che si tramanda e la fedeltà al territorio: ci troviamo nella campagna della provincia novarese, a Casalbeltrame. Il piccolo paese, che conta poco più di novecento abitanti, è entrato nel novero delle città slow. Adagiato sulla grande piana piemontese, Casalbeltrame fa parte di quel panorama carico di un «fascino discreto e struggente», come hanno annotato Teresa Scacchi e Gianfranco Podestà nel loro libro-guida Viaggio in Piemonte. Lo sguardo dello spettatore si distende lungo la pianura, per risalire poi i contorni del maestoso Monte Rosa e perdersi nelle tinte del tramonto durante le sere di bel tempo. Discendendo nuovamente verso Casalbeltrame, l’attenzione ci porta a scoprire, passo dopo passo, tante piccole perle che fanno la ricchezza di questo centro.
Cultura come cibo e cibo come cultura
Medioevo, rinascimento ed epoca moderna si uniscono a Casalbeltrame, tanto nelle testimonianze storiche quanto nella cultura. Le case si raccolgono intorno al ricetto, struttura tipica del medioevo piemontese, mentre all’interno dell’abitato troviamo tracce di storia più recente nell’ottocentesco Palazzo Bracorens di Savoiroux, che ospita, oltre alla sua bellezza intrinseca, diverse mostre di arte pittorica e scultorea. L’imponente costruzione, eretta su tre piani, è inoltre sede di Materima, il progetto per la creazione di una “cittadella della scultura”. Materima si estende per più di ventimila metri quadri nel comune di Casalbeltrame, all’interno del Parco delle Lame di Sesia, occupando diversi luoghi, tra cui un’antica cascina appositamente restaurata e una parte del Palazzo Bracorens. L’idea di fondo è quella di dare vita a una sorta di bottega rinascimentale dove scultori e artigiani possano mettere in atto la propria creatività trovando a disposizione attrezzi e mezzi per ogni esigenza: spazi e strumenti pratici per la lavorazione dei materiali, ma anche spazi teorici, grazie alla messa in comune delle conoscenze e al progetto di una biblioteca a tema “scultura”. La calcografia è invece in funzione nella seconda delle cinque chiese “matrioska”, una fila di cinque edifici disposti in ordine decrescente che delinea una particolarissima struttura architettonica.
Le chiese “matrioska” – Casalbeltrame
Le chiese “matrioska” delimitano lo spazio di uno storico cascinale che coniuga cultura e buon cibo: in un’ala, infatti, trova accoglienza il museo etnografico L’civel, il quale, grazie alla presenza di storici carri e attrezzi agricoli unita ad attività multimediali, racconta il lavoro contadino di un tempo; nell’altra ala, invece, il lavoro agricolo di oggi si trasforma in pietanza, servita ai tavoli del ristorante Pane, amore…Poderia. “Semplicità, cura e gioia” è il motto di questo ristorante, che offre un menu diverso ogni mese, proponendo piatti tradizionali spesso rielaborati in modo da venire incontro all’esigenza “moderna” e diffusa di una dieta sana.
Dando uno sguardo alle proposte gastronomiche, possiamo imbatterci in una gustosa focaccia di riso Venere accompagnata da lardo alle erbe, ma anche in una più leggera insalatina di risi aromatici con verdure di stagione. Nelle varie portate, spicca sicuramente come elemento centrale il riso: si potrebbe dire che questo cereale fa tutt’uno con il territorio piemontese orientale, o, quanto meno, con la sua cucina locale, e ai fornelli di Pane, amore…Poderia non si pone limite alla fantasia nell’utilizzarne ampiamente tutte le varietà. Il riso “classico” è utilizzato nella preparazione dei “risutin” e della “paniscia”, piatto tipico fatto di fagioli, salame dell’olla, pomodoro e, naturalmente, riso. Il riso Venere, introdotto nella coltura dal 1995, viene impiegato nelle insalate, nei pizzoccheri e persino nei dolci! Una fetta di Torta Paradiso o di Sacher, entrambe al riso Venere, attendono gli ospiti a fine pasto. Inoltre, ogni pietanza è servita con focacce di riso Ermes e Venere, nonché con il trio di immancabili ingredienti: “semplicità, cura e gioia”. L’intento di Roberta e Fabio, proprietari di Pane, amore…Poderia, è proprio quello di creare un ambiente di gioia semplice e condivisa, all’insegna del buon cibo e del buon vino: «Pane, Amore…Poderia è uno spazio alternativo di condivisione in cui ritrovare il tempo per noi stessi, la libertà di scegliere e il piacere di gustare insieme». Un intento, dunque, in piena linea con la filosofia slow e che ha contribuito a rendere tale Casalbeltrame.
Pane, amore … Poderia - Vicolo della chiesa 4 - Casalbeltrame (NO) - Italy Tel: 3471084179 - e-mail [email protected] www.paneamorepoderia.com
Il ciclo delle stagioni, il ciclo del lavoro
In queste zone di campagna, il lavoro agricolo segue i ritmi dei cicli stagionali e dona al paesaggio aspetti e colori diversi: lo scintillare dell’acqua che inonda le risaie in primavera, l’oro delle spighe in estate, l’argento delle brine invernali… Proprio l’inverno è il momento più adatto per godersi il calore di una cena in compagnia e assaporare i risultati della risicoltura. A Casalbeltrame e dintorni sono numerosissime le aziende che si impegnano nella coltivazione di risi di qualità, che finiranno sulla tavola dei ristoranti elaborati in gustose ricette. C’è anche chi, in aggiunta, ha pensato a pranzi e cene “casalinghi”: l’azienda agricola Sala Rita, specializzata nella produzione dello zafferano, ha combinato la passione per questa spezia con l’alimento locale tradizionale, preparando risotti pronti di tutti i tipi (alle zucchine, ai carciofi, al radicchio…), senza mai dimenticare un pizzico di zafferano.
La pratica della coltivazione del riso ha radici lontane in Piemonte e negli anni le tecniche di coltura e di irrigazione si sono sviluppate sempre più, raggiungendo un’efficienza da primato. Nonostante l’introduzione di pesticidi e macchinari moderni, lo spirito pare rimasto inalterato nel tempo e, talvolta, anche alcuni mezzi: l’azienda Falasco di Casalbeltrame, ad esempio, è attiva da generazioni nella selezione dei migliori tipi di riso, con un occhio di riguardo a quelli meno comuni, e si avvale tuttora della manodopera stagionale. L’attenzione all’ambiente e la ricerca del particolare sono caratteristiche di questa azienda, che propone anche prodotti derivati a base di riso come biscotti, pasta e farine.
Tradizione e novità si combinano anche nell’attività dell’azienda Riso Buono di Luigi e Carlo Guidobono Cavalchini, situata sempre a Casalbeltrame nella tenuta La Mondina. La famiglia Guidobono Cavalchini ha le sue origini nobili nella stirpe dei Gautieri, i quali si trasferirono nel novarese verso la fine del Seicento, introducendo innovazioni nei metodi di coltivazione e irrigazione. Le generazioni che si sono susseguite hanno portato avanti questo lavoro con successo e ora si producono tanto risi classici come il Carnaroli quanto varietà particolari quali l’Artemide (un incrocio tra il Venere e un riso di tipo Indica).
L’abbraccio del silenzio fuori dal tempo
La cura e l’amore per il territorio si mostrano non solo nei campi, ma anche nel preservare certe zone naturali caratteristiche, come la Riserva naturale speciale. Quest’ultima fa parte della Riserva naturale della Palude di Casalbeltrame e accoglie più di duecento specie di uccelli nei vari periodi dell’anno; l’altra area della riserva è denominata Riserva naturale Orientata ed è adibita a coltura.
Il silenzio avvolge queste terre, ricche di acque che bagnano le risaie, tratti di natura pura e piccoli centri densi di cultura e storia. Il corso del tempo, per certi aspetti, pare quasi essere arrestato in paesini come Casalbeltrame, con il suo modo di vivere slow. La ricerca dell’abbraccio del silenzio era stata fatta propria dallo scrittore Sebastiano Vassalli, che aveva finito per trovarla nella piccola frazione Marangana di Biandrate, a pochi chilometri di distanza da Casalbeltrame. Qui possiamo osservare quella che era la sua abitazione, con un’iconica scritta sulla porta d’ingresso: “i soli stanno soli e fanno luce”.
L’inseguimento della quiete e della solitudine si accompagna all’amore per i luoghi in cui queste vengono raggiunte e all’accettazione anche dei suoi elementi più…scomodi: fuori dalla casa di Vassalli compare una curiosa scultura, il “monumento alla zanzara”, in ferro battuto e dorato. Anche le zanzare, complici l’abbondanza di acqua e l’umidità, fanno parte per Vassalli dell’ambiente novarese, gli appartengono da sempre, e in quanto tali vanno accettate o, per lo meno, sopportate.
Casalbeltrame e le piane novaresi sono tutto questo: semplicità, paesaggi talvolta melanconici che variano ciclicamente insieme ai ritmi della natura e del lavoro e una tranquillità avvolgente, punteggiata però da luoghi di convivialità e gioia, come Pane, Amore…Poderia.
Gloria Bargigia
Per imparare a conoscere il riso attraverso l'analisi sensoriale www.acquaverderiso.it
Tutte le immagini di questo articolo sono di  ph. Giovanna Dal Magro  – sito www. ART-PHOTO-IMPACT.Giodal.it
Casalbeltrame e pane, amore…poderia A Casalbeltrame. Semplicità e ricchezza Un gruppo di case contadine si stringe a cerchio a rievocare il ricordo della protezione dei suoi abitanti sotto attacco; l’eco lontana del Medioevo risuona ancora.
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movierx · 1 year
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movierx · 1 year
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Rita the Mosquito dir. Lina Wertmüller (1966)
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movierx · 1 year
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Rita the Mosquito dir. Lina Wertmüller (1966)
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