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#Lucio Giunio Bruto
greciaroma · 1 month
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I MISTERI SULLA LA MORTE DI CESARE: UN COMPLOTTO PIÙ COMPLESSO DI QUANTO SI PENSI
Nuove ricerche mettono in luce il possibile ruolo di Decimo Bruto Albino, uomo di fiducia di Cesare e suo luogotenente, dunque uno dei più grandi suoi alleati nell'assassinio del dittatore. L'articolo esplora le motivazioni degli assassini, le dinamiche del complotto e le sue conseguenze sulla storia romana. Un enigma storico affascinante che continua ad essere oggetto di studio e dibattito...
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personal-reporter · 29 days
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Lucrezia, artefice della fine di Tarquinio il Superbo
Moglie di Lucio Tarquinio Collatino, membro del primo collegio consolare, con Lucio Giunio Bruto, Lucrezia è una delle donne più note della storia romana, legata  alla cacciata dell’ultimo Re di Roma, Tarquinio il Superbo. La leggenda su Lucrezia è narrata da Tito Livio, che racconta come l’ultimo Re di Roma, Tarquinio il Superbo, aveva un figlio di nome Sesto Tarquinio. Continue reading…
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sottotraccia · 5 months
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"Avrà il regno chi per primo bacerà la madre. Tito e Arrunte seppur intelligenti e svegli si concentrarono poco sul responso, anzi gli sembrò anche troppo facile: correremo a casa e senza dire nulla a Sesto, il terzo fratello, baceremo insieme nostra madre e così avremo il trono tutto per noi. Facile. 
Decisero quindi di ripartire in fretta e furia. Fu allora che presi dai preparativi videro Bruto inciampare e cadere per terra. Non c’era proprio nulla da fare, era troppo goffo e stupido… mentre i due ridevano a crepapelle sfuggì loro un nuovo dettaglio, ancora più importante del precedente: Lucio Giunio aveva fatto finta di cadere. 
In realtà aveva posto le labbra sul terreno e senza farsi vedere, con la delicatezza di un amante esperto, diede un bacio alla Terra. La madre comune di tutti gli uomini".
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mariapace2010 · 10 years
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Lo stupro che dette la spinta alla caduta della Monarchia di Roma
Lo stupro che dette la spinta alla caduta della Monarchia di Roma
Naturalmente, quell’atto di violenza su una donna fu solo la scintilla scatenante di un fuoco che bruciava sotto la cenere. Come andarono i fatti e chi furono i protagonisti di quella tragedia? Regnava Tarquinio il Superbo, uomo assai superstizioso, oltre che assai superbo. Un inquietante prodigio aveva sconvolto la superstiziosa corte etrusca: un enorme serpente era comparso nella Reggia,…
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t-annhauser · 7 years
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Storia di Roma: La Repubblica sotto assedio
Dove morto un eroe se ne fanno altri, Publio Valerio tergiversa, si duella all’ultima spada e you shall not pass, you shall not pass! Eroismo di Muzio Cordo, detto il Mancino
509 a.C., Lucio Giunio Bruto, fiero sul suo cavallo da guerra, comanda l’esercito romano presso la Selva Arsia, un boschetto fuori le mura di Roma al confine con la città etrusca di Veio (nord-ovest di Saxa Rubra, est dell’Olgiata). L’esercito veiente è in grigio, il suo colore di battaglia. A fronteggiare Bruto uno dei figli del Superbo, Arrunte Tarquinio (Arruns Tarquinius), che attacca subito a ricoprire l’avversario di insulti riversando frasi oltraggiose sulla di lui madre. Giunio Bruto come suo solito prende subito fuoco e sprona il suo cavallo contro il vile calunniatore, il quale parte a sua volta alla carica senza pensarci su due volte. I due, come in una singolar tenzone, vengono alla spada nel medesimo istante trafiggendosi contemporaneamente al costato, i corpi ricadono a terra stecchiti avvinti dall’abbraccio della morte. Fine di Lucio Giunio Bruto, il fondatore della Repubblica, e fine del secondo figlio del Superbo che in un’imboscata già aveva perso Sesto, lo stupratore di Lucrezia.
L’altro Console, Publio Valerio, ritornante vittorioso seppur di un soffio da una speculare battaglia contro i tarquinesi, predispone funerali solenni e una parata di trionfo per onorarne la memoria e le vittorie sul campo. Tirandola un po’ per le lunghe, al punto da far pensare ai romani che stesse tramando per mantenere da solo il potere, Publio Valerio si risolve dopo alcuni giorni carichi di tensione a nominare il sostituto, la scelta ricade su Spurio Lucrezio Tricipitino, il padre di Lucrezia, che però data l’età avanzata e forse anche l’emozione muore di lì a pochi giorni. Al suo posto viene allora eletto Marco Orazio Pulvillo, anch’esso suffectus, cioè facente funzioni fino al termine del mandato.
Nel frattempo il Superbo si rifaceva sotto appoggiandosi a un famigerato e spavaldo condottiero etrusco, Lars Porsenna. Le loro truppe erano lì lì per superare il ponte Sublicio e penetrare così nella carne viva dell’Urbe quando un valoroso eroe romano si fece avanti piantandosi a gambe large sul ponte come Gandalf sull’abisso di Khazad-dûm: you shall not pass, you shall not pass!: il suo nome era Publio Orazio, detto il Coclite per aver perso un occhio in battaglia. Publio, che si diceva discendente dagli Orazi che avevano sconfitto i Curiazi ad Alba Longa, pur con un occhio solo affrontò da solo l’esercito nemico menando fendenti a destra e a manca dando così il tempo all’esercito romano di riorganizzarsi. Stremato dal formidabile sforzo si gettò infine nel Tevere, dove di lì a poco venne recuperato dai commilitoni, acciaccato e con una gamba rotta, così che da quel giorno venne chiamato, oltre che l’Orbo, anche lo Zoppo.
Ma non è finita qui, mancava ancora all’appello il monco. E infatti si fece avanti un illustre quanto coraggioso comandate romano, Muzio Cordo, il quale aveva in animo di penetrare nell’accampamento del Porsenna e di pugnalarlo a morte fingendosi un disertore (già vista). Ormai disperati, i romani si dissero d’accordo di tentare l’impresa. Muzio riuscì in effetti a penetrare nel campo e ad estrarre il coltello, ma tradito dall’oscurità e dalla toga porporata che lo faceva sembrare il capo dei capi pugnalò invece l’uomo sbagliato scambiandolo per Porsenna. Arrestato e posto davanti al comandante, Muzio dimostrò inventiva e forza d’animo: egli si disse così amareggiato e così pronto al supplizio che mise la sua mano sinistra, quella usata per pugnalarlo, su di un braciere fino a consumarla, aggiungendo che lui era solo il primo di 300 valorosi coscritti che avevano giurato morte a Porsenna, e che uno dopo l’altro sarebbero comunque giunti ad attentare alla sua vita. Mentiva, ma la minaccia, unita alla grande impressione che aveva destato l’atto valoroso di incenerirsi la mano, ammansì il condottiero, che all’istante lasciò perdere l’assedio e si lasciò generosamente ricompensare da Roma per il gradito pensiero.
Da quel giorno Muzio venne chiamato lo Scevola, cioè il Mancino.
[continua]
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