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#Cammela
effepicomunicazione · 5 months
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Teatro Il Parioli: l'attrice Anicito in "Cammela e il gruppo delle mamme"
CAMMELA E IL GRUPPO DELLE MAMME è lo spettacolo con la divertentissima CHIARA ANICITO, che andrà in scena il 23 dicembre 2023 ore 18.00 al Teatro Il Parioli. Carmela o meglio come ama puntualizzare lei “Cammela con due M come Mammellata” è una mamma siciliana popolare e semplice, che cresce due figli Santino di 9 anni e Agatuccia di 2, assieme a suo marito Placido. Attraverso monologhi, musica e…
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tifatait · 2 years
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Il Vescovado - Per tutti "Cammela", la siciliana Chiara Anicito vince a Salerno lo Charlot Giovani. È la prima donna a conquistare il Premio | www.ilvescovado.it
Il Vescovado – Per tutti “Cammela”, la siciliana Chiara Anicito vince a Salerno lo Charlot Giovani. È la prima donna a conquistare il Premio | www.ilvescovado.it
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dimensionesogno · 2 years
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ELLA O ELLO FU
ELLA O ELLO FU
La Globalizzazione? Chi è costui o costei? Un Carneade o una Carneade? Costui o costei era, non è e non sarà. Magari! La Globalizzazione è finita. Ella o Ello fu, passò, transiit, ha statu, s’inni fuiu cu Cammela a cinisi o cu Cammelu u rumenu e non è più tornata o tornato, c’est fini. La troia o il troio è andata o andato in gran stramona di bagascia o di bagascio. Magari! E voi, o popolo…
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sciatu · 5 years
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PASTE DI MANDORLE - Il senso poetico delle paste alle mandorle.
Per te vorrei creare una grande poesia d’amore, di quelle i cui versi finiscono nella carta dei cioccolatini, o che vengono scritti con lo spray sui muri delle case popolari, tra un “Cammela buttana”  e “Suca”.
Vorrei scrivere qualcosa che ti fermasse il cuore e ti facesse brillare gli occhi, rendendoti l’unica donna del mondo anche se sei con altre dieci donne chiusa in un ascensore dell’ospedale.
Vorrei scriverti un verso, una rima, che anche chi non va a scuola conosca a memoria e che tutte le pubblicità dei profumi e degli assorbenti cercherebbero di copiare perché semplicemente sentendoli, ogni donna diventa felice.
Vorrei scriverti delle parole che nessuno potrebbe comprare su Amazon, e che nessuna droga riuscirebbe a farmi ricreare, qualcosa che non vincerebbe nessun festival ma che nessuno potrebbe mai dimenticare.
Qualcosa di semplice ed eterno, di banale e geniale, di assoluto e un po' volgare.
Ma forse basterebbe comprare un vassoio di paste alle mandorle e osservarti mentre felice le mangi una ad una guardandomi negli occhi come a dirmi che ognuna di quelle paste è il verso sublime che cercavo, l’essenza dell’amore che volevo dirti. Poi vedendo  le tue labbra coperte di zucchero al velo lascerò le mie labbra pulire le tue capendo che il cuore di una donna non ha bisogno di parole per sentire, per capire od amare e che due paste alle mandorle rendono ogni uomo, un grande immortale poeta, o per lo meno, un po' meno coglione di quanto lo era prima.
For you I would like to create a great love poem, of those whose verses end up in the paper of chocolates, or which are written with spray on the walls of public housing, between a "Carmen is a Bitch" and "Suck". I would like to write something that will stop your heart and make your eyes shine, making you the only woman in the world even if you are with ten other women locked in a hospital elevator. I would like to write you a verse, a rhyme, that even those who do not go to school know by heart and that all the advertisements for perfumes and sanitary napkins would try to copy because simply by hearing them, every woman becomes happy. I would like to write to you words that no one could buy on Amazon, and that no drug would be able to make me recreate, something that no festival would win but that nobody could ever forget. Something simple and eternal, of banal and brilliant, of absolute and a little nasty. But perhaps it would be enough to buy a tray of almond pastries and watch you happy as you eat them one by one looking at me as if I am telling me that each of those pastas is the sublime verse I was looking for, the essence of the love I wanted to tell you. Then seeing your lips covered with sugar at the veil I will let my lips clean yours, realizing that a woman's heart does not need words to hear, to understand or love and that two almond pastries make every man, a great immortal poet , or at least, a little less asshole than it was before.
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haventee · 4 years
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Wolf Since you know it all you should also know when to shut up shirt
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sciatu · 7 years
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Lei, Lui e le paste
Lei camminava nervosamente per strada con tutto il suo corpo, che era “troppo” ( troppo seno, troppo fondoschiena, troppa pancia, troppi capelli, troppi peli superflui e occhiali troppo grandi) che sussultava perché ad ogni passo che faceva, sentiva salire onde di nervosismo lungo tutto il corpo, onde che le facevano ballare le cosce, la pancia e il seno. “ da rannissima buttana – pensava – da sucaminchia chi appena dicu na cosa subbitu eccu c’ avi diri a soi e ci avi rumpiri i cugghiuni chi nun haiu”  pensava con evidente rabbia ben amalgamata con una cattiveria a cui non era abbituata. Entrò con furia dentro la pasticceria e vedendo lui e suo padre cercò di darsi un contegno. Fece un sorriso di circostanza e schiarendosi la voce per non farla sentire alterata chiese “Ciao, mi dai un chilo di paste con i babà?”
Lui la vide entrare come una furia chiedendo con voce alterata e quasi isterica le paste. L’osservo con il corpo tutto fremente, il volto serio e gli occhi cattivi, ingranditi dagli occhiali che sbattevano nervosi. Notò che erano di un nocciola denso simile al colore della crema gianduia. Senti anche il suo profumo che gli arrivò di colpo sorprendendolo: un odore di uva fragola matura, inteso, erotico, a metà tra innocenza e sesso proprio come gli appariva. Come, piacevolmente, gli appariva. Non la ricordava così; era stata sempre una delle tante nello sfondo del paese, ma ora a vedere i suoi occhi magnetici, il suo grande petto alzarsi ed abbassarsi con un piccolo neo sul seno destro che si avvicinava a allontanava, si senti tutto rimescolare con l’amico la sotto che d’improvviso si lamentava che era troppo stretto. “Subito Concettina – fece per superate quell’improvvisa vampata che sentiva diffondersi nelle vene  – stasera ci sei alla notte bianca di Santa Teresa? “ voleva sentirla parlare, voleva vedere muoversi le sue labbra ed avere su di se i suoi occhi.
Lei noto scocciata che aveva guardato come tutti quell’enorme, inutile ed ingombrante pacco di carne che era il suo seno. Rispose fredda. “ no forse andiamo al Faro alla discoteca” fece con un tono ironico perché lei non voleva finire in un angolo del locale ad evitare ragazzi ubbriachi, stando attenta a non muoversi troppo per non eccitare quei buridda (sbarbati) con l’oscillare del suo seno. Aveva proposto alle sue amiche di andare alla notte bianca, ma quella troooia di Cammela l’aveva trattata come una pezza per le scarpe dicendo che era una cosa da zalli e pezzenti, convincendo tutti ad andare al Faro perché le piaceva  il disk jokey della discoteca a quella  rannissima sucaminchia voleva stare con lui. E tutti a darle ragione cosi solo lei era rimasta a difendere la notte bianca di Santa Teresa facendo alla fine la figura della zalla di paese. “ io ci andrei – fece come parlando con se stessa per un improvviso senso di ribellione – ma non ho la macchina” constatò delusa e seccata
Lui urlo al padre “papà i baba li devo dare a Concettina, lasciali li; pu dutturi pigghiali arreti” fece seccato verso il vecchio che gli rispose con un’occhiataccia perché u dutturi gli curava la sciatica e se ne andó borbottando nel laboratorio di dietro contro l’ingratitudine dei figli. Lui continuo tranquillo parlando alla ragazza “e che ci fa, vieni con me Gino e Ruggero. Stiamo un po’ li; ci sono i Beddi e Mario Venuti e tante cose da vedere. Torniamo presto, io alle due devo infornare i cornetti così ce li mangiamo caldo caldi” e la guardò sott’occhi per vedere l’effetto delle sue parole.
Lei era rimasta sorpresa perché aveva difeso i suoi babà, come se lei fosse più importante del dottore del paese. Lo guardo attentamente. Non si ricordava il suo sorriso, ma le sue labbra le piacevano ed aveva un buon odore di vaniglia. “Ma non viene Lorenza?” Chiese maliziosa. Voleva fare u bavalaci ma lei lo sapeva che lui e Lorenza stavano insieme da una vita. E dentro di se aggiunse “purtroppo” stupendosi lei stessa di questo commento.
Lui scosse la testa facendo la faccia triste. “ Si Lorenza… lo sai che è a Torino che studia per fare l’avvocato e che si è fidanzata con uno di la” fece chiudendo subito l’argomento fingendo di concentrarsi sulla vaschetta dove c’erano i babà, per non parlarne. Si era biliato abbastanza dietro a quella stronza, era meglio non parlarne più.
Lei lo guardò ancora più sorpresa per la tristezza che gli coprì gli occhi e si meravigliò di non sapere nulla. Carmela, che era cugina di Lorenza, non le aveva detto niente. Forse la voleva coprire perché una che lascia lo zito appena esce dal paese deve essere proprio na ranni bottana. D'altronde degna di sua cugina. “Non lo sapevo….scusami “ fece con un senso di colpa enorme. “Ma allora -pensò velocemente dentro di se- non sta facennu u bavalaci. Gli interesso proprio” ed un ondata di calore la invadeva tanto che le sembrava che stava per fondersi li di fronte a lui “Ma si, dai, a Santa Teresa magari vengo”  e nello stesso tempo si chiese “Ma che minchia fai? questo ti invita e tu subito accetti, dovevo fare più scena, simulare ritrosia e disgusto” ma pensando a Carmela si disse che aveva fatto bene : “fanculu a da rannisima  troooia e a da bottana di so cugina” concluse.
Lui fini il pacchettino e usci dal dietro al bancone porgendoglielo delicatamente. “Non ti preoccupare, mio padre dice che una pasta può essere grande o piccola ma vale per la crema che ha dentro: se la crema è acida bisogna buttarla anche se sembra bellissima - e la guardò negli occhi sorridendo-  allora ci vediamo qui alle otto e andiamo a Santa Teresa”
Lei senti il suo sguardo che scendeva nei suoi occhi fino alla parte più delicata della sua anima; lo percepì come un’onda di calore che l’avvolgeva e riscaldava. Voleva dire che anche se era grossa a lui non gli importava? Che lei andava bene cosi come era anche se non era come quella sadda sicca di Lorenza? Fu una rivelazione improvvisa che si apri nel suo cuore come un fiore al sorgere del sole: era lui, ora ne era sicura, era lui quello che cercava da tanto tempo, aveva fatto bene a dire che andava, lui era la felicità che aspettava, che l’avrebbe voluta per come era e malgrado i suoi difetti, perché lui già l’amava, era questa certezza che le aveva illuminato il cuore. E anche lei lo amava anche se non lo sapeva ma ora, con quel vassoio di paste, lei lo aveva capito. “Va bene - disse fingendo indifferenza - ci vediamo dopo allora “ e salutando tutti usci
Lui la segui mentre se ne andava con una camminata che gli fece avvampare il sangue e lasciando dietro di sé una folata del suo profumo che e sapeva di dolce ed intensa carnalità. Pensò alle sue labbra rosse, sottili e lunghe come le ali di un cigno e gli venne da chiedersi cosa avrebbe provato a baciarle, lentamente e intensamente. Perché non l’aveva notata prima? perché era corso dietro ad un falso, inesistente amore? o forse era morto solo per l’abitudine a stare sempre insieme senza dirsi nulla di quello che si aveva o provava dentro. Mentre lei era li che lasciava dietro di sé la sua scia di tenerezza e sesso? Prima che scomparisse all’angolo della vetrina notò che si era voltata velocemente per vedere se lui l’osservava ancora. Sorrise. “L’amore è una caccia in cui non sai mai se sei la preda o il cacciatore” si disse, ma era contento di provare quanto da tempo non provava più quella sensazione di eccitamento e desiderio, che non era solo voglia di sesso, ma di avere qualcuno a cui pensare, che lo pensava, che restituiva con la stessa intensità e complicità quello che lui provava.
Lei vide che la stava ancora guardando! La stava seguendo con gli occhi! Era vero allora, non era una sua idea, lui era interessato, probabilmente già innamorato. “Madre mia penso e ora che faccio, devo farmi i capelli e mettere lo smalto alle unghie… Oddio le otto sono già qua, devo muovermi… ho tante cose da fare…. Cosa mi metto? Il vestito azzurro? Quello nero… Oddio mi guardava…” senti ancora i suoi occhi sulla sua schiena e la cosa le dava piacere, voleva dire che la desiderava! L’amava veramente? Era troppo presto, lo sapeva. Eppure lei voleva che già l’amasse: “Era stato cosi carino - si diceva -  cosi gentile, solo chi ama è gentile in quel modo! …e la storia delle paste: lui non mi vede come sono fuori, con questo corpo troppo-troppo, lui vuole la mia crema, quello che sono dentro.! E io? Io lo amo?  - Si fermo di colpo stupita, disorientata, impaurita, con il vassoio di paste che emanava il suo profumo di vaniglia e subito continuò convinta - si io l’amo, o sto iniziando ad amarlo, lo amo madonna mia, lo amo ne sono sicura, l’amo da adesso per sempre, per tutta la mia vita…..-  ed incomincio a camminare di fretta - devo farmi la doccia, asciugare i capelli, mettermi lo smalto,  devo essere splendida, lui merita il meglio perché lui….lui mi ama! Ne sono sicura minchia! Sicurissima!”
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haventee · 4 years
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sciatu · 7 years
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Lei, Lui e il Torrone
Lei stava depilandosi le gambe quando suo fratello Sabbuccio entrò in casa e passando di fronte alla porta del bagno le disse “ti saluta a to amica”. Intanta a spalmare la colla non gli fece caso e chiese senza pensarci “e cu era?” Il fratello ricomparve con un brick di succo di frutta che succhiava rumorosamente. “A to amica… cosa… Enza, a cuscina i Cammela” “ ma Cammela nun avi na cuscina chi si chiama Enza” “ eh chi ni sacciu jo – fece seccato Sabbuccio – mi spioi ‘ Unn’è to soru’ e ci dissi chi eri a casa chi ti tiravi i pila, e idda mi dissi ‘ Salutimmilla’ e poi si giroi e sinn’annoi vessù a piazza” contento di aver detto tutto quello che sapeva Sabbuccio se ne usci nuovamente “ma chi minchia capisti!! Si tuttu babbu (scemo) penso lei rassegnata. D’improvviso le venne l’illuminazione: “ e se l’amica fosse stata Lorenza, la ragazza che prima stava con lui? Che motivo aveva di chiedere a Sabbuccio di me? Ci conosciamo appena! - Continuò a tirare sempre più nervosamente le strisce per togliere i peli poi si fermò -  “Sabbuccio ha detto  che si è girata e se ne è tornata  verso la piazza. E perché una volta che aveva saputo che ero a casa impegnata era tornata in piazza?” Tirò ancora una striscia e si fermò. “ in piazza c’era la pasticceria di lui e lei sta andando li” Per un secondo il mondo si fermò. Poi presa da una improvvisa frenesia si alzò di scatto buttando tutto all’aria e gridando “malanova chi mi avi da rannissima buttana” si mise con una certa difficoltà il jeans e così com’era, senza reggiseno e con una gamba depilata ed una no, in pantofole e maglietta, scappò fuori.
Lui fece un passo indietro e guardò sul bancone di marmo la sua opera. “E’ perfetto” si disse soddisfatto. Se ci fosse stata lei avrebbe detto “tu si n’artista” la sua memoria tornò a quel momento in cui lei per la prima volta lo disse. Si erano nascosti su una spiaggia  scogliosa, tra due file di alti flangi flutti di cemento e nessuno li poteva vedere. Lui era sdraiato pancia all’aria e lei era stretta a lui sdraiata su un fianco alla sua destra. Lei gli aveva chiesto come mai non aveva fatto l’università e lui si era incazzato “incominci anche tu come a d’otra che ogni due minuti mi diceva di iscrivermi con lei a Torino a ingegneria. Ma io l’ingegnere non lo voglio fare. Io ho già un mestiere dove uso le mani e a me questo piace” e aveva fatto la faccia seccata. Lei era stata in silenzio e poi si era seduta su di lui, proprio dove c’era l’amico la sotto che a sentire quel morbidume incominciò a reagire “ti ho fatto una domanda mica volevo offenderti – gli disse guardandolo severa dall’alto con i due seni che pendevano sulla sua faccia -  Poi se a te. Piace usare le mani e creare, a me va bene, se sei un artista! allora fa una scuola da artista, che ne so una scuola di alta pasticceria come quella di Parma. Questo volevo dire, se vuoi seguire la tua strada, seguila, ma per essere il migliore,  non per fare solo  quello che tuo padre ti ha insegnato quando avevi dieci anni e che continuerai a fare nello stesso modo per il resto della tua vita. Fra vent’anni ti sentirai solo un frustrato perché non hai fatto di più, non hai aggiunto niente a quello che tuo padre ha fatto. Questo volevo dirti, non c’è bisogno di arrabbiarsi” e gli aveva dato un bacio di quelli dove le lingue si tucciuniavanu (contorcevano) tutte. Sorrise al pensiero di quello che era successo dopo. Suonò il campanello del negozio, qualcuno era entrato. Sbuffò perché odiava mollare tutto per andare a servire i clienti quando era in laboratorio a creare. Guardò sorridendo la sua opera, spense la luce del laboratorio e passò in negozio. V vide di spalle una signorina tutta elegante “desidera” chiese mentre pensava che quel culo lo conosceva. Quando lei si voltò e vide che era Lorenza restò di stucco. Lei sorrise maliziosa come una serpe sorride ad un topolino prima di ingoiarlo  “ma come, non mi riconosci più ?” Fece lei mentre per lui era come se qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco.
Lei cercò di camminare più veloce che poteva ma era senza reggiseno e doveva stare a braccia conserte per tenerlo fermo e non far venire un colpo ai vecchietti seduti per strada.”buttana, buttana, buttana – pensava con violenza – si mu tocca o s’avvicina ci cavu l’occhi, ci cavu. Ma picchi nun sinni stava a Turinu sta rannissima sucaminchia ! e chi ci vinni a manciaciumi (prurito) da sutta pi veniri ca ora?”  Vide che c’era il prete, rallentò e facendo un sorrisino di circostanza mentre lo superava lo salutò “vossiabenedica” e il prete le fece ciao con la mano. Dovendo rallentare per il prete le vennero i primi scrupoli.   “Ma che sto facendo? - si chiese – è come se non mi fidassi di lui: lui la manderà a fanculo” si disse e pensò a quando erano sulla spiaggia e lei era seduta su di lui e si erano baciati e lei a quel punto gli chiese  “ma ti piaccio proprio?” E lui con gli occhi nei suoi ma con la mano nel suo seno le rispose quasi stupito di questa domanda “Concettina a mia mi piace tutto di te” “puru si sugnu rossa comi na balena” insisté lei “ ma quali grossa e balena, a mia mi piaci accussi” e le diede un bacio sulle labbra  restando quasi stordito dal profumo di mela cotogna che il suo seno aveva. La guardò negli occhi mentre con la mano lo accarezzava e scese lentamente dentro la maglietta e il reggiseno “lo sai che di notte sogno a te, il  tuo seno , e sogno il tuo sedere e mi sveglio con lui la sotto che è alto e dritto come l’apollo 13 ?” “Davvero – fece lei maliziosa mentre lui le toccava un capezzolo che s’irrigidiva – ma anche adesso non è male” disse lei incominciando a sfregarsi contro l’amico là sotto. Lei si ricordava bene quel momento, era stato un altro inizio o forse un punto d’arrivo, ma tutti e due lo cercavano, lo desideravano, forse lo temevano e volevano anche quell’inizio. Era stato anche il momento in cui lei aveva càpito che il suo corpo, anche se era troppo ed aveva curve dappertutto e peli che nascevano a mai finire, a lui piaceva e a lei piaceva l’effetto che su di lui faceva e le sensazioni che quel corpo le dava quando lui lo stringeva; da bambina pensava di essere come Dumbo e si chiedeva sempre quando sarebbe venuto il momento in cui avrebbe incominciato a volare, ad essere apprezzata ed amata,  ecco ora lui la stava facendo volare abbracciata a lui, in quella spiaggia ventosa, in un pomeriggio di settembre, in un sogno che finalmente viveva. Lui non avrebbe fatto niente e Lorenza perdeva solo il suo tempo!! Però continuò a camminare sempre più velocemente.
“Sono qui di passaggio – disse mostrando i suoi denti troppo bianchi per essere veri – e mi sono detta perché non prendere il tuo famoso torrone per gli amici di Torino” Lui la guardò serio.  La prima cosa che gli venne in mente era che non era Concetta. Concetta aveva una luce che le veniva da dentro, il suo sorriso era come i suoi occhi: sinceri ! Lorenza invece non mostrava mai quello che provava, né i suoi pensieri o i suoi sentimenti. dentro aveva solo qualcosa di cupo che per anni lui aveva cercato di illuminare ma che per Lorenza era un modo di essere perché per lei mostrare i suoi sentimenti, era una debolezza. Concetta era diversa, lei dava luce come un sole, Lorenza era un sole nero che assorbiva la luce perché voleva solo l’amore degli altri come se fosse dovuto, senza dare niente del suo, Concetta sulla spiaggia quella volta lo lascio fare quando lui liberò l’amico, lei incominciò solo a  muoversi su di lui lentamente,  mentre lo baciava sugli occhi, sulle labbra,  donandogli il suo seno, facendolo immergere dentro di lui a cercare con le labbra sensazioni da regalarle. Tutto succedeva lentamente come quando si mangia una torta da tempo solo immaginata.  Nel vento che li accarezzava lui sentiva il profumo dei suoi capelli, il suo collo vibrare sotto le sue labbra su cui lentamente si posavano, il calore del suo corpo passare nelle sue mani, i vestiti stropicciarsi come il loro passato, perché da quel momento in poi sarebbero stati diversi, ognuno avrebbe rubato all’altro un pezzo di anima e l’avrebbe unita alla sua.  Non l’aveva mai fatto cosi con Lorenza con complicità, sensualità, desiderio, come se non fosse un sali e scendi meccanico, ma un cercare, un donare,  un volere per dare, un naturale bisogno, un affascinante esplorare per capire, per scoprire, per possedere e appartenere. Tutto questo era stato perché Concetta era come lui la sentiva, come lui l’amava. E quando alla fine Concetta incomincio a mugolare dal piacere, lui non capì più nulla e fu come se la testa d’improvviso scoppiasse e si svuotasse e lui affondasse nel silenzio di un mare caldo e morbido, senza suoni o luce, eppure luminosissimo, un mare denso come miele che era poi sempre lei, solo lei. Lorenza non era cosi, e ora ripensando a quel giorno sulla spiaggia con Concetta, capi che lui a Lorenza non l’amava, non avrebbe mai potuto amarla. “Cosa vuoi – chiese serio – non sei venuta qui per il torrone, sei venuta solo a provocare e rompere i cugghiuni!” “Ma cosa dici! Sei sempre il solito cafone,  volevo vedere se stavi bene….non posso neanche farti una visita amichevole con la colomba della pace ?” “Vattene – gridò lui arrabbiato perché lei non capiva  che lui non la voleva davanti – vattene che se no ti butto fuori” e in volto si fece brutto, come se lui veramente fosse capace di farlo. E forse lo era veramente. Quante volte l’aveva cercata per telefono per capire, per parlare, per chiarire e lei se rispondeva diceva evasiva “ti richiamo, ora non posso…” quante volte aveva pregato sua cugina Carmela di parlarle, di spiegarle, di dirle e aveva avuto solo risposte vaghe, giustificazioni, fino a che aveva lasciato perdere e aveva cercato di rassegnarsi per poi scoprire che stava con un altro.  E ora si presentava qui con la colomba della pace!!? Ma chi sinn’annassi a fanculu!! Che pensava? Che lui era ancora li in adorazione della madonna Lorenza?! Era venuta solo per provare il piacere di vederlo saltare ogni volta che schioccava le dita, ma lui non era più quello che lei conosceva.
Lei si chiese, “ se è cosi, se lui non farà niente con lei.  perché stai andando da lui? Che ci fai li con loro due. Se sei sicura di lui te ne dovresti tornare indietro!” Cercò dentro di se una risposta. “ devo andare,  perché lui di tutto questo soffrirà” ricordando come ogni volta che il discorso cadeva su Lorenza lui si incupiva, perché era stato tradito, era stato usato, perché chi uccide le nostre illusioni uccide sia noi che la speranza dei nostri domani e lui dopo Lorenza  aveva smesso di pensare che la felicità potesse esistere. Doveva andare, non poteva lasciarlo solo, non doveva lasciarlo; era il suo uomo, doveva dividere tutto con lui. Era sul lato del marciapiede dove c’era il negozio che distava una cinquantina di metri e vide aprirsi le porte e qualcuno uscire come se fosse stato spinto fuori. Era una ragazza magra e alta che girandosi verso chi l’aveva spinta fuori grido cose abbastanza volgari. Poi si mise a posto e si diresse nella sua direzione. Per un minuto ebbe la gioia di pensare che le avrebbe potuto riempire la faccia di timpuluni (schiaffi). Poi pensò che erano in piazza e le chiassate li di fronte a tutti I frequentatori del bar, al paraciprete (arciprete) che era dietro di lei e al negozio di lui era meglio evitarle. Già la gente aveva visto come era uscita e magari aveva già incominciato a cuttighiare (spettegolare).  Così per non incontrarla entro nel primo negozio che c’era alla sua destra scoprendo che era una panetteria ed ordinò della mollica giustificando l’abbigliamento dicendo che stava facendo le melanzane ripiene e le era finita e quindi era uscita di corsa a comprarla. Sentì passare Lorenza sulla strada con il suo passo nervoso, e le mandò mille malanova (maledizioni).Quando Lorenza si allontanò lei uscì e si  diresse alla pasticceria ed entrò.
Lui intanto in testa aveva una tempesta “Stronza, pensava che arrivava lei e le buttavo le braccia al collo” e per calmarsi aveva incominciato a passare un panno sul bancone dei pasticcini. Poi si fermò e prese il cellulare e lo accese guardando la foto sullo schermo dove lui era dietro di lei e l’abbracciava e insieme sorridevano felici a chi aveva scattato la foto.  Restò indeciso se chiamarla o meno, ma lasciò stare, l’avrebbe vista dopo, era inutile farla incazzare parlandole di Lorenza, era meglio se anche lui si calmava. Il campanello della porta suonò ancora e apparve Concetta. Lui la guardò stupito. Lei restò ferma sulla porta quasi non sapesse che dire o fare come una bambina sorpresa a rubare la marmellata “fini a muddica e vinni ca accanto ma pigghiu” e mostrò il sacchetto che aveva in mano per provare quanto diceva. Lui l’osservò. Era vestita da casa , addirittura con le pantofole vecchie. Non sarebbe mai uscita cosi, o sarebbe uscita cosi solo se ci fosse stato un serio motivo, un motivo più importante che comprare un sacchetto di mollica. Lei sapeva. Forse aveva anche visto lui che buttava fuori a Lorenza. Era venuta perché sapeva il giramento di palle che aveva o per controllare che lei non se lo portasse via. Era venuta per amore, solo per amore, solo perché l’amore fa fare queste cose senza senso e per pura passione.   Lui andò e la baciò, cosi com’era, e prendendole la mano le disse solo “vieni” e se la tirò nel laboratorio portandola a tentoni vicino al tavolo di marmo e solo allora accese la luce
Lei restò a bocca aperta osservando cosa c’era sul tavolo mentre lui da dietro l’abbracciava e le sussurrava in un orecchio “ti piace”. Sul tavolo c’era una copia della foto che lui usava come salvaschermo sul telefonino, ma era una copia fatta con torrone, anzi con torroni di tutti i tipi a seconda di dove serviva un colore chiaro o uno più scuro, di dove c’era la pelle fatta con il sesamo o i capelli di lei (nocciole), o quelli di lui (mandorle) o i denti (mandorle sbucciate) o i vestiti (torrone di pistacchio) Il torrone prendeva tutto il tavolo e splendeva luminoso sotto la lampada al neon “ti piace ?” Ripeté lui con una certa ansia. E lei non rispondeva stupita da quella istantanea della loro felicità fatta con nocciole e mandorle.  La sua testa le diceva che era qualcosa di originale,  forse un po’ pacchiana, magari inutile, esagerata e chissà poi cosa avrebbe detto suo padre a veder consumare così tutto quello zucchero e quelle mandorle solo per lei. Ma il suo cuore le diceva che era una cosa bellissima, dolcissima, che nessun mai avrebbe potuto fare qualcosa di simile e dirle senza parole quello che aveva dentro di se, quello che per lui, lei era, quello che loro due erano. Il suo cuore che batteva a mille le diceva che chi era tanto folle da fare quella cosa per lei non poteva non essere innamorato. Sinceramente innamorato. Assolutamente innamorato. Lei non aveva motivo di dover dubitare, non poteva dubitare, non voleva più dubitare. Loro due in quel modo, infantile e dolcissimo valeva più di un anello di fidanzamento. Strinse le mani che l’abbracciavano sorridendo “amore, si n’artista……”
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