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#2agosto40anni
ypsilonzeta1 · 4 years
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dueagosto · 4 years
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“Sono le 10.24. Nessuno dei volti che si affrettano a salire sui treni, nessuno dei ferrovieri che si allentano un bottone della camicia perché lavorare in divisa in estate è una tortura, sa che questo giorno passerà alla Storia. Non lo sa Berta che estrae un fazzoletto dalla borsa. Non lo sa Lina che chiude il libro e fa per alzarsi. Non lo sanno Rosina e il marito per mano. Non lo sa Angela che continua a guidare il trattore, Maria e Verdiana che le accarezzano i capelli. Non lo sa Mauro, che finalmente ha trovato la parola che cercava e la scrive. Non lo sa Paolino. Non lo sa Giuseppe che rincorre, attraverso i finestrini, le tre straniere. E non lo sanno le sette ragazze della Cigar sedute in ufficio. Il caldo sale – dall’asfalto, dai binari. Nessuno di loro immagina che la Storia possa anche solo sfiorarli. Non si è mai interessata a loro. Non gli ha mai chiesto un parere. Ne ignora i nomi, l’anima. Il semaforo diventa verde, il capotreno fischia, il conduttore solleva il braccio destro per far partire l’Adria Express dal primo binario. Non è un sabato qualunque, è l’inizio delle vacanze. Il principio in cui ogni cosa è perfetta e infinitamente giusta perché sta per avverarsi. Invece esplode.” Silvia Avallone. 
Che cosa significa il 2 agosto per Silvia Avallone? “Il 2 agosto 1980 non ero ancora nata. Bologna non è la mia città di nascita. Ci sono approdata nel settembre del 2003 per scelta, per studiare all’Università, e qui è dove ho proiettato il mio futuro, i sogni. Bologna è un porto di mare, pur senza il mare. Perché accoglie, unisce, chiama a cambiare e a realizzarsi. Per questo ho avuto paura a misurarmi con la strage della stazione: perché una pagina di Storia tanto buia non poteva essere accaduta in luogo tanto luminoso. Pure, conoscere questa strage, la vicenda processuale e non solo: le storie delle vittime, le testimonianze dei sopravvissuti e dei soccorritori, resta un momento di consapevolezza e crescita imprescindibile, a mio avviso, per tutti i cittadini bolognesi e italiani. Per me informarmi e provare a raccontare è stata una delle esperienze civili più forti, di quelle che mi accompagneranno per sempre. Ogni volta che parto o ritorno alla stazione, ogni volta che aspetto un treno, desidero ricordare la vita dietro i nomi e cognomi riportati sulla lastra di marmo dell’ala ovest. Per provare a lenire quel vuoto, per esigere giustizia, e per vigilare affinché la nostra società sia sempre un luogo di democrazia, di convivenza pacifica e di solidarietà. Ciò che può accadere solo con l’attiva partecipazione di tutti.”
Il testo che abbiamo riportato qui sopra è tratto da “La bomba. 2 agosto 1980, la strage dell’Umile Italia”, documentario prodotto da Rai Teche per il quarantesimo anniversario della strage di Bologna, da un’idea di Andrea Di Consoli, testo e voce di Silvia Avallone, regia di Emilia Mastroianni, andato in onda all’interno dello Speciale Tg1 del 2 agosto 2020. Il testo integrale è stato pubblicato su “La Lettura. Corriere della Sera” il 26 luglio 2020. 
Ringraziamo Silvia per la gentile concessione e per il tempo che ci ha dedicato.  
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igormacori-blog · 4 years
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Avevo 11 e abitavo a Cesena.
Ricordo molto bene, nonostante siano passati 40 anni, quando suonarono alla porta.
Mio padre andò ad aprire, ed io lo seguii. Erano i compagni della sezione che consegnavano L’Unità. L’edizione straordinaria de L’Unità.
Le facce erano scure. Preoccupate. Arrabbiate.
Il partito stava organizzandosi per dare una mano ai compagni di Bologna. Alla città di Bologna.
Avevo 11 anni, ma credo che quell’evento, quel terribile evento, abbia forgiato le basi del mio antifascismo e del mio desiderio di giustizia.
Ora vivo a Bologna da quasi trent’anni, sono passato tante volte dalla stazione, dal binario 1, e ogni volta la mia mente torna a quel giorno, quando avevo 11 anni.
Igor
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dmambell · 4 years
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#Repost @umarells #2AGOSTO40ANNI “Ricordo esattamente il momento in cui fu scattata quella foto. Ero stata sotto le macerie per più di due ore e i soccorritori mi avevano appena tirata fuori. In quell’urlo e in quegli occhi c’è tutto: la mia voglia di gridare che ero ancora viva, ma anche la disperazione, il terrore e l’incredulità per un orrore troppo grande" Marina Gamberini #Notterosa nella Riviera Romagnola, si possono riempire tutti i posti disponibili dei @frecciarossaofficial, ma è vietato il corteo per ricordare il #2agosto1980 #vabanacagher P.S. Sta tornando di nuovo tutto come prima, ma un po’ peggio https://www.instagram.com/p/CDWarOGIH6F/?igshid=bz0raklb2t79
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ypsilonzeta1 · 4 years
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dueagosto · 4 years
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" Il vino Albana bevuto la sera prima contribuì a farci assopire. Quando il treno si fermò, alle ore 10.15, ci affacciamo al finestrino per informarci della località raggiunta. Ci trovavamo alla stazione centrale di Bologna.Per una volta rinunciammo a scendere sul marciapiede - cosa che di solito facevamo sempre - per acquistare qualche bibita per i nostri familiari. Il venditore di bevande lo vedemmo poco dopo, morto, sotto la nostra carrozza, la Nr. 612.
Poco prima della prevista ripresa del viaggio, all’incirca davanti al nostro scompartimento, ad una distanza di circa 5 metri, apparve una vampata subito seguita da uno scoppio assordante e nello spazio di un secondo l’intera carrozza fu avvolta da una nuvola di polvere. Non c’era più alcuna visuale. Contemporaneamente sopra e accanto al nostro vagone si udì come un bombardamento sotto forma di colpi che facevano pensare che il mondo stesse per essere scardinato. Nessuno sapeva cos’era successo. Fitta polvere lasciava trasparire una scena spettrale. Credevamo tutti che saremmo dovuti soffocare. C’era puzza di polvere. Qualcuno gridò: “Fuoco”. Con le ultime forze mi fu possibile aprire la malridotta porta dello scompartimento e spingere gli occupanti fuori dal vagone colpito. Tutti gli occupanti erano totalmente sotto shock e riuscivano appena a pronunciare parola. Tranquilli e senza panico si diressero verso l’uscita e a tastoni, in mezzo alla nebbia polverosa, si diressero verso il marciapiede, passando sopra a una collinetta di detriti che si era riversata sul binario. La nuvola di polvere stava lentamente svanendo. La disgrazia successa stava diventando visibile. Più o meno davanti ai nostri due vagoni era crollata una parte della stazione di una larghezza di circa 40-50 metri e una parte della parete esterna era caduta sul treno. Anche se sanguinanti e con leggere ferite dovute a tagli, eravamo contenti che i nostri compagni apparivano attraverso la nebbia uno dopo l’altro come figure spettrali. Quando davanti ai nostri occhi vedemmo giacere persone lacerate imploranti aiuto, ci rendemmo effettivamente conto di quale fortuna ci era stata riservata. Per loro e per noi i secondi trascorsero come un’eternità. Ci sarebbe bastato poter fornire a quella povera gente anche un solo sorso d’acqua. Non avevano nemmeno la forza per urlare, lamentarsi. Non c’era posto per le lacrime. Il sangue copriva i volti. Regnava un silenzio di morte. [...] Pensai a scattare delle fotografie. Mi sarei vergognato nel fare ciò. Anche così non dimenticherò mai quel pover’uomo con un buco della grandezza di un pugno nel viso, con una gamba schiacciata che giaceva in una pozza di sangue, che mi fissava chiedendomi aiuto e al quale non potei far altro che porre un asciugamano sotto la testa. Non gli si poteva dare età. I suoi occhi avevano uno sguardo come da un altro mondo. Vicino a lui c’era un bambino, del quale era difficile stabilire se era una ragazza o un maschietto. Era totalmente coperto di sangue. L’azione di soccorso iniziata dalla città di Bologna ci impressionò quasi quanto la disgrazia.
Già alle 10.40 le prime ambulanze arrivarono arrivarono e, attraverso le strade già chiuse al traffico dalla polizia, trasportarono i feriti nei diversi ospedali senza sosta. Dopo che mi fui assicurato che la nostra compagnia era tutta radunata, iniziai il mio soccorso sulla parte interna del marciapiede. Offriva un quadro raccapricciante che assomigliava a un campo di battaglia. In quel momento arrivavano anche centinaia di soldati che effettuarono ricerche tra le macerie con l’aiuto di pale meccaniche e camion, nel tentativo di portare alla luce superstiti. Dovunque erano in azione speciali apparecchiature attrezzate per la ricerca di bombe.
Durante il viaggio verso l’Ospedale Maggiore, accanto a me giacevano due persone completamente schiacciate. Il primario era al corrente che nei successivi minuti sarebbe giunto un gran numero di feriti gravi. Io potei spiegargli la dinamica della disgrazia. In breve tempo l’ospedale fu trasformato in un grande lazzaretto. Il primario impartiva istruzioni ai 30 medici circa arrivati senza essere stati tutti contattati e allo stesso tempo venivano procurati letti e montagne di lenzuola. Allo stesso modo, in brevissimo tempo, furono compilate liste dei diversi feriti degenti nei vari ospedali e le stesse furono portate a conoscenza degli ospedali stessi. Io diedi un’occhiata ai cittadini svizzeri e stabilii che tutti erano curati ottimamente. L’organizzazione in questo senso funzionava perfettamente, tanto che il mio adoperarmi ulteriore apparve a me stesso di disturbo e per questo lo abbandonai. [...] Cercai in tutto l’ospedale Stephan Vogel, il figlio del mio amico Edgar, che mancava all’appello. [...] Non lo trovai e decisi quindi di ritornare sul luogo dell’incidente. Non avevo denaro. Un uomo all’uscita mi diede spontaneamente 1000 lire. [...] Con il bus mi recai alla stazione, attraversando la città. Il panorama che mi appariva lateralmente mostrava che mi trovavo in una magnifica città. Ebbi perfino il tempo di ammirare il meraviglioso complesso del parco con le fontane. [...] Noi iniziammo la ricerca di Stephan [...] un signore molto gentile iniziò a telefonare per noi nei vari ospedali. Le linee erano occupate. L’uomo mi scrisse i diversi numeri telefonici su un guanto di un soldato. Fummo poi accompagnati all’Ufficio postale della stazione. Il gentile signore che stava alla scrivania deve essere stato il responsabile. Egli telefonò senza sosta e con nostro sollievo scoprì che Stephan si trovava nell’ospedale S.Orsola. [...]
Volli quindi sapere se l’Amministrazione cittadina aveva organizzato un servizio di assistenza e come funzionasse. Alla stazione ci diedero l’indirizzo. Ci recammo in Piazza Maggiore all’Amministrazione della città di Bologna, Dipartimento Sicurezza Sociale. Un grande stato maggiore era mobilitato. Senza complicazioni ci furono date 30.000 lire a persona e ognuno ebbe un “buono per un pasto gratuito da consumarsi presso la Self-service”. Ci fu anche data dell’acqua che, in un simile momento, aveva il valore dell’oro. Nel locale “Self-service” ci fu spiegato che potevamo avere quello che desideravamo. Non credo di aver mai mangiato degli spaghetti migliori in vita mia. Al nostro ritorno presso l’Amministrazione cittadina ci informammo di nuovo circa cittadini svizzeri bisognosi d’aiuto. Ci fu assicurato che per tutti ci si occupava con cura, della qual cosa nel frattempo ci eravamo potuti convincere abbondantemente. Un vigile ci condusse di nuovo alla stazione con l’automobile. La zona della stazione assomigliava a un teatro anfibio. Una moltitudine di persone si era radunata e osservava muta il luogo della disgrazia, chiedendosi il motivo, il senso.
Soltanto ora vedemmo che, dalla parte opposta della stazione, in un raggio di circa 300 metri, tutti i vetri dei negozi erano andati in frantumi ed avemmo nuovamente un’immagine della potenza che doveva aver avuto la bomba. [...]
Esemplare è da considerare anche il servizio di donazione del sangue della popolazione italiana. Migliaia risposero alla chiamata della radio ed il sangue fu donato perfino sulle spiagge adriatiche e inviato a Bologna con l’aereo.
Un caro saluto alla telefonista dell’Amministrazione cittadina di Bologna che, sopraffatta da mediatori, non riusciva più a parlare e piangeva molto, molto amaramente. Dopo questa esposizione dei fatti, non ci riesce certo difficile esternare i nostri ringraziamenti a tutti quelli che al momento del bisogno e durante le ore più difficili della nostra vita ci aiutarono in qualsiasi modo e ci sono stati vicini. Questo ringraziamento non va alle singole persone, bensì a tutta la popolazione di Bologna, poiché abbiamo sentito veramente che ognuno era pronto a porgere la sua mano per prestare aiuto.
Auguriamo alla città di #Bologna un futuro più felice. Una città, entro le cui mura vivono così tante brave persone, non si merita attacchi di questo genere." Hans Jurt, amministratore comunale
Dall' Archivio Storico Comunale - Bologna pubblichiamo questo straordinario racconto di chi visse in prima persona l'orrore, il dolore, lo strazio, la reazione di quel terribile giorno.  
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dueagosto · 4 years
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“2 agosto 1980 ore 10,25″: il Comune ristampa il primo libro uscito nell’ottobre 1980
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“Questo volume vuole ricordare quelle ore e quei giorni di dolore, di rabbia, di lotta civile e democratica. Suo scopo è far sì che ciascuno di noi sfogliandone le pagine ed osservando le immagini della strage tremenda rinnovi in se stesso accanto alla condanna per gli assassini e la violenza omicida del terrorismo, la richiesta di giustizia, la fede nella democrazia”: con queste parole, nell’ottobre del 1980, il Comune di Bologna accompagnava la sua iniziativa di fissare l’orrore della strage nel volume fotografico “2 agosto 1980 ore 10,25”.
È un libro che raccoglie 160 immagini realizzate da fotografe e fotografi che fermarono il dolore e lo strazio dal minuto successivo alla strage provando a raccontare quanto le parole non riuscivano a dire: la devastazione, le macerie, lo sgomento e lo strazio dei familiari, la reazione potente, collettiva e unita della città attraverso le manifestazioni sia spontanee che organizzate in Piazza Maggiore fino ad arrivare ai funerali delle vittime, il 6 agosto, con la storica immagine del Presidente della Repubblica Sandro Pertini accanto al Sindaco Renato Zangheri.
L’intuizione dell’allora direzione dei servizi di informazioni e relazioni pubbliche del Comune di Bologna di catturare gli istanti successivi allo scoppio della bomba, oggi, quarant’anni dopo, è ancora profondamente attuale. Da qui l’iniziativa di divulgare il volume nella sua edizione originale, con la prefazione di Michelangelo Antonioni (“Di fronte a queste immagini”), un testo di Alberto Moravia (“Ma il popolo non si destabilizza”, pubblicato sul Corriere della Sera il 4 agosto 1980) e il discorso pronunciato da Renato Zangheri il 6 agosto in Piazza Maggiore (“Per la verità e per la giustizia”) e una nuova introduzione del Sindaco Merola. Il libro sarà messo a disposizione delle scuole e delle biblioteche di Bologna e della Città metropolitana.
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