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minimomax-blog · 4 months
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Rimanda alla volontà e al fortuito caso di un destino amico… ad uno slancio della vita verso la sua apparente vitalità…frasi impaginate o solo immaginate e, con dovizia rigorosa, annichilite … a cercar dardi appisolati nella stanca faretra del passato… tutto da affidarsi all’ottimismo dello sguardo… a una fiducia senza tregua… ad una proiezione un po’ sgranata della determinazione… procedimento scontato… comodo e opportuno a trovare nella rotta bisaccia della speranza imprigionata l’utile menzogna che tutto salva ed indennizza… c’è del buono in questa convenienza…anche l’illusione paga… (e poi non manca mai di presentarsi puntualmente ad una interessata rancorosa riscossione…) il buono… il luminoso… l’armonioso.. il fresco … il tiepido… l’azzurro e il roseo… e la bellezza… la dolcezza… l’amorevolezza… la fortuna… l’incantevole momento che a nessuno mai sarà negato… l’attimo di positività… l’istante magico e divino… l’opportunità…
Nelle scorrevoli porte degli infiniti mondi paralleli… in qualche sogno… nel dio junghiano o in qualche stella dedicata a te… nell’ambito di un pragmatismo mistico o in una matrix di possibilità…in un dato statistico di probabilità… in un qualche santuario intitolato alla madonna… magari nei tarocchi… tra i fiori di plastica o di stoffa di una cara tomba… nel mezzo di un solipsistico delirio…nell’indiscusso tetragramma… forse in dio o allah … dentro te stesso o nell’amore dei tuoi cari o in quello universale e cosmico … di là dai tuoi confini umani troppo umani… nella meditazione… in internet … nell’intimo d’una dimenticata essenza… negli frattalici anfratti della apparente assenza di pensiero … dentro al tuo cuore…magari nella milza… nel tormentato percorso della colpa… nella coscienza d’essere quello che si è (sgaiattolando tra vicoli e impervie vie di psicanalisi sociologia o matematica od economia)…in qualche buco nero… forse nel cazzo o in questo mio imbarazzo… forse al momento del risveglio…forse nell’ istante del passaggio tra luce e buio… amore e odio… saggezza ed idiozia… tra tempo e spazio… tra vita e morte forse… estasi e strazio… tra gemito di dolore o di piacere…
Quel che si deve o quello che si vuole… comunque sia quello che sarà… Non mai dismettere la lotta ed il vestito della festa e le tue scarpe nuove, la rabbia e il grido e la speranza… ché, se di nome fai Lazzaro e vivi nei pressi di Betania , tutto non è perduto ancora…(che cosa conta se chi resuscita alla vita somma a un altro refolo d’inutile esistenza il triste strazio di una morte rinnovata ?)
Una preghiera? Un brivido d’orrore? Fumo d’incenso ? Un mantra? Un’ara votiva? Un sacrificio ? Un’ abluzione dentro a un sacro fiume? Propiziatorio rito? Una ecumenica speranza? Una genuflessione od un inchino? Un qualche affidamento ad un qualche buon proponimento? Forse una rinuncia?
Per prendersi il dovuto… in/per/da/con quello che rimane al termine (del) pensiero….
Orizzonti striati da bellezza disumana… liquide spumeggianti volontà affidate ai languori della nostalgia… caduchi cieli rispecchiati nelle invisibili pozzanghere d’una memoria lacerata.
Salutarsi nei crocicchi delle imperturbabili abitudini …per noia o educazione o per affetto o per servile compiacere… forse per ritrovare solamente l’appassito ricordo dei propri 4 poveri elementi…
Si canta altrove della soave collinosa e tersa e impavida passione (frutto di un sano volitivo amor di sé…)
Ci si dà un senso , seppure provvisorio ed irrisorio…, un po’ per celia e un po’ per non morir…
Il testa_mento non ha e non dà disposizioni…morde dolcemente l‘inguine… l’ordine delle cose profuma d’entropia…pura energia in dissolvimento…. non interessa nessun pro-cedimento…non trova spazio nessun miglioramento… prosciugamento d’ogni possibile altro proseguimento… in assenza di forza non c’è moto… tempo assente prelude a vibrazione quantica … big-pluff …e gli occhi a rimirare…fossette delle guance in un sorriso…
Vivere d’intensità e pure non farsene mai compenetrare . (Fra tutti , il più intenso ed annientatore – per quanto qualche necrofago e qualche saprofita ne subisca famelica attrazione – tra gli odori , è quello delle vivemorte cose, - lievito di vita è la putrefazione?- )
Istruire una in-consapevole distrazione onde approdare ad una particella d’istruzione…
Delenda Carta_go … Vai verso strampalato inascoltato … Attendere … La pagina si sta caricando… Godot e Malone meurt … L’innominabile…
Farsi impassibile pietra di paragone che gutta escavat d’insensibile agonia…
Né per, Né col Mondo . Né spirito , né carne.
Tagliuzzare avidamente la parola per disperderne la presuntuosità del suo vago sapore di sapere.
Disfarsi dell’eccezione per disconoscere la regola.
Il programma non con_tiene, il programma è l’errore. Il caos è il termine. Il caso un anagramma rotolato .( S’inizia secco in un accenno di sorriso [ca] e poi s’affida ad una quasi meraviglia [so]… ) penetra senza lacerarne l’indimostrabile perversa inconsistenza…)
Arretra lentamente ed abbandona… Fiera ferita o preda cosa cambia?
Si cerca un’ altra opzione tra vivere o morire…
Ah!?! Tertium non datur?
E vabbè
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minimomax-blog · 4 years
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minimomax-blog · 4 years
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Rimanenze
Sta lì. Ma senza imperativi. Figurarsi categorici. Star lì. Definendo luoghi e soggetti (in luogo di…) e oggetti e condizioni e fini penultimi, ché le ultimazioni o gli ultimativi girano al largo, non vediamo e non possiamo/vogliamo vedere. Giusto il giusto. Ora sfebbrati, ora liberati dai fuochi e dai relativi giochi che… quel piccolo piacere nel giacere nel braciere di una strappata voluttà…
Come il polso di un morto. Nuvole e canzoni. Dove vanno le nuvole. Vanno e vengono, certo, e prendono forme che il vento, per brevi inattendibili (nessuno può crederci) momenti, presta loro. Canzoni e calzoni (caldi appena sfornati o appena lavati o asciugati, stesi come siamo tutti con la testa appoggiata sull’erba a guardare stelle e nuvole e luna e quello che c’è nelle ore che si somigliano tutte, un brivido appena o il sole, se c’è , a scottarci la pelle, ma senza salvarci, anzi, ancora una volta ad ucciderci piano) ma senza musica, prego.
Sta lì. Ma è fuggito e sfuggito e ancor fuggitivo. Da sé e da quello che c’è. Intorno e anche dentro e fuori da tutto e da tutti. Le labbra cianotiche, tremando e tramando e mandando all’inferno l’inverno del nostro contento, gli occhi a fissare le cose che stanno, che vanno, delusi ma no, l’incedere stanco verso un ignoto che ormai conosciamo e verso cui, assenti di più acuta presenza, ormai procediamo col solito passo. Il delirio s’è fatto e s’è sfatto. Le parole sporcate dall’ovvio declino deciso e reciso da chi più non la vuole, se duole, la vita che vita si fa.
Il fresco e il tepore e le attese in riprese ordinate da ordine e caos. Ordigno di morte. L’ordito crudele in storie di sesso e d’amore  appassito e trapassata passione.
E il conto alla fine. Pagando il dovuto. Sia stato quello che è stato. Un contratto, un libero scambio, uno sprofondo d’angoscia, la contrizione pentita e già postuma, inganno od incanto oppure illusione, delizia di lubrica malcelata malizia, pretesa o riscatto o ricatto o lascivo abbandono.
Non chiedere alla memoria il resoconto di una piccola ignobile storia a cuori di cani nella tormenta.
Tutto era già stato ancora prima che tutto accadesse. E tutto sarà come se nulla fosse accaduto.
Per sempre e mai più. Fino alla polvere o cenere o neve che tutto ricopre (il tempo, il vulcano, i morti). È solo un piccolo tempo che pomposamente chiamiamo infinito il tratto che ci segue e precede.  E la vita? Reclama l’innocente spietato (la vita reclama o è una domanda scomposta e irrisolta? Chi sa?). Risposta immantinente riposta: È qui. Fatta di troppi infiniti momenti da dimenticare. Per dimenticare. La cara complicità di una carezza. Un lago di lacrime amare. Salsedine e vaghi rimpianti. Perfino dolcezza. Perfino languore. Lavorando di sgorbia e abrasivi. Lisciando e leggermente soffiando col capo inclinato. A guardare, a gemere, a toccare l’imprevedibile abisso che avviene.
E non più risalire.
Non più risalire.
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minimomax-blog · 5 years
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minimomax-blog · 5 years
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minimomax-blog · 5 years
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minimomax-blog · 9 years
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minimomax-blog · 10 years
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Puttana?
Che ne sapranno i piccoli uomini, (e di loro – di noi – che mai ne sarà ?) di un insulto presunto inferto per la loro incerta tranquillità? Credendo così di violare la sacra e pur dura madre del loro (del nostro…) timoroso possesso. Puttana . Parola infondata. Inondata d’accecati furori. Scagliata in uno stato di probabile morte imminente. Fuorviante alla mente. Consueta di rabbia eccelsa. Avvilente. Sfinita. Avvilita di vita e viltà. Che ne sapranno del tuffo nel cuore. Del vuoto angosciante che si fa voluttà. Di un orgoglio nascosto. Di un irriso tremore e irridente agghindato di vanità. Puttana. Sanguinante ferita. Semiaperta la mano a schermirsi, a sottrarsi allo sguardo che un volto non ha. Gli occhi, la bocca, e un corpo accessorio ad una demolita e sempre abusata volontà rinnegata. Che ne sapranno della sconosciuta delizia, del dono rubato al nulla oscurato di un sogno. Del dileggio gratuito all’affermato pensiero or_mai rassegnato ad un codice dato. Putta. Puttina. Puttana. Irrisorio riscatto obbligato da adolescenza forzata. Iniziatica fuga al delirio. Fuga iniziata e mai completata di un verso contrario. Urlo di libertà. Superba sfida a gl’incantamenti rimossi da un supino giacere. In-volontario e silente inno ad un doloroso piacere. Passiva minacciosa passione che si dà ad un furtivo abbandono d’una lacerata lacerante coscienza.La sabbia che sfugge dalle mani racchiuse della dominata saggezza. Puttana. Del Re. Per sol_do. Di note appuntite mai date. Di sguardi sfuggenti. Di sorrisi sdentati e indecenti sussurri. Dei colpi sordi assestati da cupa violenza, assorbiti in delizia da un colpevole ventre che si appresta ad un qualunque rimorso. Aperte le cosce all’ignoto. Sacrificio di un volto sconvolto. Goffamente e sgarbatamente palpata sulla poltrona d’uno squallido cinema di una lontana periferia. Abbandonata, la fica di sperma colante, ad una sfatta sé stessa ancora ansimante per l’oltraggio subìto. Invocato. Raccolto. Raggiunto. Esaltato davanti ad uno specchio che non conosce pietà. Offerta dell’anima alla ragione. Peccaminoso il ri_fiuto. Consenziente puttana carponi non vede chi la violerà. Non vuole sapere. Lei sa. Inginocchiata puttana di morbide mortifere labbra increspate e di lingua avvolgente. In preghiera, le mani giunte sul cazzo, suo padrone e signore e servo del suo godere. Puttana sodomizzata sottomessa al proprio gusto feroce… Odoroso corpo e… dolo_roso. Puttana che sconta la pena di sua libertà. Puttana, sollevata sottana, la fica il vento a snidare, a sfidar la tempesta di un livido mare, il cielo ad implorare per il suo uomo che lotta tra i flutti e che non tornerà. Puttana è un vestito di complicata e complice semplicità. Nemmeno tanto scollato. Leggero di stoffa leggera e di tenue colore. Puttana è uno stato di grazia di terra e di cielo. Rifugio d’occhi bistrati pudichi del loro offuscato candore. Inutile maschera di rasserenanti torpori. Acuta presenza di torbida assenza. Puttana è visione di nebbia ascendente tra le asperità della mente. È un quieto affidarsi a un declino di lingua e parola. Disegno di fato e destino. Sconnessione di dis_tratta armonia. Promessa e premessa di in_fedeltà mantenuta.Delirio di senso al suo capo_verso. Volontà ria ( e ) mancanza di falsa e buona finta creanza nel gioco e nel giogo per_verso delle reciproche similitudini. Amara dolcezza di un ostile presente. Un dono di conoscenza. Meriggio afoso d’estatica estate ( il sudore ). Gelido buio mattino d’un inverno infernale ( il tepore ) . Aurora rosata autunnale ( il colore ). Aperto fiore al primo sole e crudele di primavera ( il suo odore) . Guizzo d’appena nata lucertola tra le fessure d’antichi sbrecciati mattoni. Ossessivo ronzio d’imprigionato moscone. Latrato di cagna magra e affamata. Radente volo di uno sperduto rondone. Supplicante voce roca di donna. Tra vizio e virtù. La dissonante armonia degli opposti contrari. L’asimmetria del limite umano al limitar di un sorriso. Un pianto senza rimedio. Lacrima appesa ad un esile solco del viso. Sfrontata alterigia e capo chino. Improntitudine e sacralità. Cedimento di stanche membra all’oscurità. Bramosia di definita sconfitta e definitiva. Desiderio indomabile di indomita maternità. Confessione e racconto di fantasia. Stanco ri-ferimento ad un perduto rinascimento. Femmina folle assediata in un vicolo stretto di infami allegrie. Consolazione e conforto di svergognata umiltà. Straziante canzone intrisa di debole umanità.
Sgomentato silenzio estasiato di un piccolo uomo che ridicolmente richiama il suo “onore”. Che a quel inconfessato godere di quel buio cielo stellato darà nome amorevole: amore.
Che ne sapranno i piccoli uomini (e di loro – di noi – che mai ne sarà? ) di un bene banale che non si dà? Se l’amore è un vivido taglio in hardcore ?
Que reste-t-il de nos amours? Già! Che altro? Puttana ma… donna?
Ti amo chiunque e ovunque e comunque tu sia, madonna Puttana.
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minimomax-blog · 12 years
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l'asse_dio
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Attraccare a un pensiero senza punteggiatura… con una lingua tra-dita… ma ci vuole coraggio del vizio nella virtù per addestrarsi alla vita… collezionando i taglienti sdentati o-stentati addii ri-lasciati… lasciandosi cedere i rami il cuore a infestare… con l’inquieta gioia delle feste comandate… tarda parola… addio… e tradita… come se il tempo avesse un passato da rincorrere ancora… e vanità come illusione di stelle tra-fitte… o nuvole scure sul vuoto… come carezza o soffio di morte di vergine madre al suo abortito figlio… poi… senza costrutto e insistito sguardo indelicato che si aggrappa a quella grazia… incerta… come se la vita fosse davvero vita… e se vita… s’evita alla vita… vita è… verbo sospeso… sulla carne… e poi di più… celato lacerto lacerato… che fioca luce di fiammella fatua su mammella sosteneva… e l’infimo infinito… sei… uomo… provvisoria stella… stelo reciso…  grumo e filamento indeciso di sangue e di lamento e carne tremula a putredine votata… bella primavera sfatta già accaduta… verbo in concluso mai risolto… bipede animale che azzardi il passo nell’abisso… sei verbo prono ad erezione incerta… comunque sia e ovunque… anima liberata da tuoi influssi acerbi… e dubbio di destino certo e ricaduta nel piacere inferto… mater dolorosa e sicura di travaglio come sacra giovenca in sacrificio… mira-colante di placenta e di ripudio tra le cosce… attesa della terra è guerra… e pioggia e pianto… e sedimento lento nella vana luce… su polvere cadono stille senza posa e tregua è sempre… e sempre è mai… e troia…nascosta e sepolta e richiamata senza posa… troia s-con-fitta da un lieto languore… sguardo di sfida… amor fratricidi… le mura… racchiusa bellezza… sposa in-fedele rapita da noia di un livido cielo… angoscia evocata e carezza e tormento… lasciva lubrica invoca la morte… la voluttà… e polvere e sangue… d’ettore si fa lo scempio… la carne che si trascina sul verbo… il quieto verso… l’incanto d’un tragico coro subito… inflitto al perdono… troia enigmatica troia… incattivita dai sensi persuasi… strappati i vestiti di carità… supina il capo reclino abbandonato di lato… passiva appassita e pur lieve… addolcita…che porge le mai al sacrilego oltraggio… il suo liscio ventre al cieco furore… e l’odio si fa sussurro… più languido ancora… e ancora… e ancora… brama di strazio e parola… troia l’inganno del suo divenire i seni distratti sul cuore… penetrata di notte all’astuzia balsamica di un fortuito fato da maledire… prona per non vedere l’immondo dolore…che del vento… un alito appena… cancellerà… l’impavida troia accaduta…un sommesso sorriso d’assenza e più tenera ancora… si lascia colpire dai dardi infuocati… la morte goduta alla cenere del luogo perduto… troia accucciata… divaricata e poi calma… s’affloscia… si spegne di pioggia odorosa stillante rigante salinità… troia assediata assetata d’arsura assuefatta d’amore… il capriccio di dei capricciosi… dissoluta bellezza mai ripudiata… viziosa nel cuore… l’anima libidinosa dell’abbandono… ingenua che accoglie i trofei che l’uccideranno con rassegnata delicatezza… troia di mesta voracità… rimestata di gioia… troia desiderata di perse stelle di là dal vetro… di rosea carne… e tremante… di pelle di luna e bandiera abbrunata… rassegnata troia aggrappata ad un vaticinio strozzato per sollevare il piacere… troia che fugge impaurita e rincorre il rimembrato turgore e s’avvinghia il delirio immerso nel suo riscatto… troia dolcissima che riposa vagheggiata in templi caduti e tempi accaduti… troia che sugge famelica cagna il suo sacro vuoto… sotto un ponte sospeso tra gli eccessi del nulla… troia riposa di morte a morte assopito… rimpianto intoccato… sogno riflesso di un flesso sconcerto… si veglieranno le mura cadute… i lutti… i guerrieri della sconfitta battaglia…le vedove e i loro sudori nel buio infame… della dolenza straziata le urla scemanti… i giochi d’orfani bimbi per versi e felici… troia… sogno di amante or-mai ripudiato… aurora rosata… lampo di luce ritratta… mese che induce a speranza… fuoco di spenta cenere… ombra dell’ombra di un solitario lamento riscosso in declino… buio… silenzio e forse…  il disprezzo.
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minimomax-blog · 12 years
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minimomax-blog · 12 years
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minimomax-blog · 12 years
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oh delirio
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minimomax-blog · 12 years
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Babele (quando tutto è compreso)
Dopo i fatti (in senso esistenziale, dopo la morte – più o meno nicciana- dei fatti ) stanno solo le interpretazioni. Non è del tema, infatti, che si possa discutere, essendo il METODO divenuto sostanza prima esso stesso. Saltate le convenzioni linguistiche, semantiche, matematiche, tutto tende a trasformarsi in disputa sulle premesse logiche a cui attenersi per darsi ad un condiviso sistema di pattuite consuetudini. Il DATO essendo esaminato da ogni possibile angolazione. Lo STABILITO essendo posto alla discussione delle varie prospettive. Il DETERMINATO essendo confrontato da tutti i punti di vista secondo le ottiche le più personali.  La REALTÀ essendo osservata dalle infinite soggettività. Esse stesse condizionate da diversità di status, carattere, disposizione d’animo, indole, particolarità  e contrasto conflitto d’individualissimi interessi. Fino alla fine della possibile comprensione tra diversi (e simili e corrispondenti e conformi e omogenei) e dello stesso SENSO di COMUNITÀ. Fino al crollo di una Civiltà. Iniziando da quella Occidentale per diffondersi (nei lustri, decenni, secoli, chi vivrà vedrà) all’intera umanità. Appena ritardato dai mefitici rigurgiti di deleteri INTEGRALISMI di ogni fideistica risma che forse non rappresentano che l’estremo, patetico e tardivo, tentativo di arginare il vuoto di senso che invaderà le anime delle genti del mondo. Raggiunta la distruttiva (quanto spesso palesemente inconscia è ben evidente) consapevolezza  con l’assoluta padronanza (attraverso il totale compimento del suo evoluzionistico percorso) di quel rudimentale e sgangherato mezzo di comunicazione che è il LINGUAGGIO è al conseguente universale NICHILISMO che fatalmente si approda. Insomma, l’apice, il culmine evolutivo del linguaggio ovvero le Colonne d’Ercole oltre cui il senso primo della sua funzione (COMUNICARE) cade in un indistinto, incomunicabile, indistinguibile, ineffabile, indicibile brusio che si declina in incomprensibile delirio del singolo soggetto, corrisponde esattamente al suo fatale ANNICHILIMENTO. Insomma, pluff…
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