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Dan Fleming è un graphic designer e illustratore che ha studiato Graphic Design e Comunicazione all'Università di Leeds. Specializzato in lavori di branding, identità aziendale, graphic design e web design. Interessante e divertente il suo progetto Word Animals, dove ha realizzato alcune illustrazioni di animali create con le lettere nel loro nome.
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Tutti i democratici sono antifascisti, ma non tutti gli antifascisti sono democratici.
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Il pittore Vincent van Gogh ha venduto solo un'opera d'arte durante la sua vita, ma oggi il suo lavoro è uno dei dipinti più riconoscibili di tutti i tempi.
La sua arte, insieme alle tragiche storie della sua turbolenta vita personale, continua ad affascinare gli amanti dell'arte di tutto il mondo. Una di queste persone è il fumettista iraniano Alireza Karimi Moghaddam. È il creatore di una serie di fumetti dedicata all'illustrazione della vita di Van Gogh.
Sebbene molte delle affascinanti illustrazioni di Moghaddam forniscano una rappresentazione accurata della vita di Van Gogh, altre delle sue immagini, invece, offrono una narrazione più fantastica. Ritrae spesso l'artista che frequenta la pittrice messicana Frida Kahlo, nonostante abbiano vissuto in tempi diversi.
Indipendentemente dalla scena, Moghaddam rende le sue illustrazioni per imitare lo stile pittorico iconico di Van Gogh, completo di strati di brevi pennellate e motivi vorticosi.
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Quando pensiamo ad Andy Warhol ci vengono subito in mente i suoi ritratti in serie di Marilyn Monroe, o la sua zuppa Campbell: tutte icone dei consumi di massa, persone che diventano merci o merci che diventano feticci.
Ma c’è un lato meno noto del famoso artista pop statunitense e cioè il suo impegno per le specie animali in via d’estinzione. Warhol creò un portfolio di dieci opere dedicate ad altrettanti animali in pericolo per via della distruzione dell’habitat, dell’abbattimento per scopi commerciali o sportivi o per altre cause artificiali o naturali.
Le serigrafie, dal formato quadrato di circa 96 cm di lato, raffigurano gli animali nel classico linguaggio pop, fatto di campiture squillanti sfalsate rispetto alla stampa dell’animale in bianco e nero e linee di contorno in tinte contrastanti.
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Ma questa volta era diverso: gli animali non erano visti come semplici soggetti dalle forme interessanti, ma come fragili esseri viventi, da proteggere facendone conoscere attraverso l’arte la drammatica condizione di pericolo. “Penso che avere la terra e non rovinarla sia l’arte più bella che chiunque possa mai voler possedere“, disse l’artista a questo proposito.
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È l'eccesso, l'esagerazione, che manda al diavolo ogni cosa.
L'eccesso di amore o di odio o di indifferenza. L'eccesso di ricchezza. L'eccesso di amicizia. L'eccesso di fiducia. L'eccesso di stima. L'eccesso di disprezzo. L'eccesso di stravaganza, di serietà, di passione, di desiderio e avanti così.
Il problema, serio, è che non è mai chiaro il confine tra giusto e troppo.
Dipende dagli individui, dall'età, dalle circostanze, dalla cultura e dalle culture e dipende, anche, da quello che gli altri pensano.
Troppe variabili, effettivamente.
Per cui continueremo a mandare al diavolo tutto, singolarmente e collettivamente, come sempre.
Ma senza eccessi di sensi di colpa.
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Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l’universo.
Io sono quello che vi vende tutta quella merda.
Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai.
Cielo sempre blu, ragazze sempre belle, una felicità perfetta, ritoccata in Photoshop. Immagini leccate, musiche nel vento.
Quando, a forza di risparmi, voi riuscirete a pagarvi l’auto dei vostri sogni, quella che ho lanciato nella mia ultima campagna, io l’avrò già fatta passare di moda. Sarò già tre tendenze più avanti, riuscendo così a farvi sentire sempre insoddisfatti. Il Glamour è il paese dove non si arriva mai.
Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova.
C’è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente.
Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma.
(cit. Frédéric Beigbeder, 'Lire 26900')
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"Tutti crediamo che quello che facciamo sia molto importante, che le persone pendano dalle nostre labbra, che diano importanza a quello che pensiamo. La verità è che devi considerarti fortunato se anche solo di tanto in tanto fai sentire qualcuno, chiunque, un po' meglio."
(cit. J.D. - Scrub)
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Michelangelo sosteneva che il suo lavoro non era scolpire statue, ma liberarle dal blocco di marmo che gli si presentava davanti: con ciò intendeva che il personaggio o i personaggi che avrebbe scolpito vivevano già nella pietra e che il suo lavoro era solo quello di levare pezzi di marmo per tirarli fuori, piuttosto che "mettere" qualcosa in più.
Ovviamente è una descrizione riduttiva del suo talento artistico, perché plasmare un blocco di marmo rigido e spigolo fino ad ottenere linee morbide e delicate richieda molto di più che "togliere il marmo in eccesso".
Alcune opere, più di altre, comunicano questa leggerezza, facendo quasi dimenticare l'origine del materiale.
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Federico Babina è un architetto e graphic designer italiano; sul suo sito racconta così di se e del suo lavoro: “Ogni giorno provo a riscoprire modi per osservare il mondo attraverso gli occhi di un bambino. I bambini sono in grado di avere una visione delle cose totalmente disinibita, i loro disegni sono sempre stupendi e nella loro spontaneità, semplicità e chiarezza. Mi piace provare a spiegare il mondo che vedo attraverso diverse tecniche di espressione. Mi piace la ricchezza del linguaggio e la diversità delle sue forme. Alcune volte sono architetto con la passione per l’illustrazione ed altre sono un illustratore con la passione per l’architettura". 
Federico crea di illustrazioni bellissime ed originali, e tutte hanno come filo conduttore l’arte e l’architettura. Nella serie ART BC illustra i diversi stili di arte attraverso le lettere dell’alfabeto.
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"Ha stato il telefono!!1!"
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Detesto l'uso delinquente delle parole.
E non mi riferisco a quello di chi, suo malgrado, non conosce le regole della sintassi, bensì alla sciatteria di coloro che sono sprezzanti della forma e la ritengono secondaria rispetto al contenuto.
Non è affatto vero che internet ha dato voce a schiere di imbecilli, ché quelli la voce ce l'avevano anche prima. Il problema è che ora le loro parole, anziché disperdersi nell'aria dopo essere state pronunciate, restano lì, scolpite nello spazio bianco e aggrappate strette a tutto il disinteresse con cui sono state pensate.
Parole le cui vocali sono state bypassate in nome di non so quale fretta e trasformate in orribili codici fiscali;
Parole tronche non accentate perché il tasto è lontano dal mignolo;
Parole separate da autostrade di puntini di sospensione;
Decine di parole tutte agganciate senza che si inciampi su un cazzo di virgola a separarle, in modo che tu possa riprendere fiato mentre leggi perché non ti basta più quello che hai nei polmoni;
Ma anche parole separate con poca cura da una punteggiatura alla rinfusa, che mette una pausa tra soggetto e verbo e l'azione resta isolata e allora tu non capisci chi la compie e chi la subisce;
Parole appaiate sempre ai soliti tre o quattro aggettivi "bello, brutto, buono e cattivo" perché la pigrizia impedisce di discostarsi da quei pochi pescati nell'abecedario della scuola elementare;
Parole intervallate da carriole di emoticones, scaricate tra l'una e l'altra, che a nulla servono se non a diluire la potenza semantica del linguaggio, come quintali di maionese sul pesce;
Parolacce monche e usate timidamente, in un patetico "vorrei ma non posso", le cui consonanti vengono sostituite con altre in un deforme "bip" scritto: le parolacce sono quelle e se scegliete di usarle bisogna scagliarle con precisione, lasciando inalterato il loro peso, altrimenti non usatele affatto.
E se davvero ritenete che la forma sia marginale rispetto al contenuto, stasera per cena apparecchiate sulla tavoletta del cesso e gustateveli lì sopra i vostri manicaretti.
Tanto quel che importa è la sostanza, no?
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"𝐍𝐨𝐧 𝐬𝐢 𝐬𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢𝐚𝐧𝐝𝐨, 𝐬𝐢 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢𝐚 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐬𝐢 𝐬𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐝𝐞𝐫𝐞."
(cit. George Bernard Shaw)
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Oggi mi gira male. Perché sono scazzato? bella domanda. Si, mi girano, eccome, ma senza un vero motivo, o centomila motivi insieme (il lavoro, la vita, questa pioggerellina schifosa, quelli che attraversano sulle strisce uno per volta) m'è preso secco, mi girano e basta. Lo scazzo è in se uno stato d'animo che non riesco a definire in altro modo, se non con la parola medesima. E poi, non è che sia un malessere identificabile, tipo quando hai mal di testa, ok, sciolgo una pastiglia in un mezzo bicchiere d'acqua, aspetto mezz'oretta e passerà. Col cavolo. Lo scazzo, quello vero, assoluto, inconfondibile, non se ne va nemmeno se piangi cinese, è lì, beffardo, e mi trasforma in una persona assurda, gradevole come la sabbia nelle mutande, "leggermente" suscettibile alla vicinanza dell’essere umano, che può talvolta provocare reazioni alla Linda Blair buttata in una vasca di acqua santa.
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La prossima settimana termina la Quaresima, che tra i periodi dell'anno liturgico è decisamente quello che preferisco. Penitenze, digiuni, atti di contrizione, prediche, sensi di colpa. Tutte le specialità della Chiesa Cattolica servite in quaranta giorni di esaltante dolore. Un profluvio di precetti da rispettare e altrettante occasioni per essere ancora più desolantemente peccatore. Ma tant'è, non vedo molte aureole intorno a me.
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L'ossimoro (dal greco ὀξύμωρον, composto da ὀξύς, «acuto» e μωρός, «ottuso») è una figura retorica che consiste nell'accostamento di due termini di senso contrario o comunque in forte antitesi tra loro. Esempi: disgustoso piacere, illustre sconosciuto, silenzio assordante, lucida follia, meridionale leghista, sovranista europeo buon lunedì.
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Nessuna maturità potrà mai farmi reprimere l’impulso di dare un calcio a un pallone quando incontro dei bambini che giocano per strada.
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Fu nel giardino di un manicomio che incontrai un giovane dal volto pallido, bello e pieno di stupore. E mi sedetti accanto a lui sulla panca, e chiesi: «Perché sei qui?». E lui mi fissò con uno sguardo di meraviglia, e disse: «È una domanda indiscreta, ma risponderò lo stesso. Mio padre voleva fare di me una perfetta copia di se stesso; e così anche mio zio. Mia madre, voleva che fossi l’immagine del padre suo. Mia sorella elevava il marito marinaio ad esempio perfetto che anch’io avrei dovuto seguire. Mio fratello pensa che io dovrei essere identico a lui, un bravo atleta. E anche i miei insegnanti, il dottore in filosofia, il maestro di musica, e il professore di logica erano tutti ben decisi: ognuno di loro altro non voleva se non che io fossi il riflesso del suo volto in uno specchio. Per questo sono venuto qui. Trovo che è più sano, qui. Qui posso essere me stesso, almeno». Poi si volse di scatto verso di me e disse: «Dimmi, anche tu ti trovi in questo posto per ragioni attinenti all’educazione e ai buoni consigli?». E io risposi: «No, sono qui solo in visita». E lui: «Ah, sei uno di quelli che vivono nel manicomio, lì dall’altra parte del muro».
(Tratto da “Il vagabondo” di Kahlil Gibran)
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illustre-sconosciuto · 2 months
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La mattina è solo un continuo esperimento sociale volto a valutare quanto a lungo resisto prima di dire una parolaccia e/o tirare un sacramento.
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