Tumgik
#ne hanno scelta una e basta non c'è scritto da nessuna parte che i genitori si devono per forza rimettere insieme
omarfor-orchestra · 7 months
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Oddio raga ma se la stanno prendendo davvero con quella pesca
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crosmataditele · 7 years
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Con calma e un po’ a freddo. L'attentato a Barcellona pochi giorni fa. È incredibile che a quasi due anni dal Bataclan, le analisi giornalistiche e i commenti politici siano ancora così scadenti.
A partire dal mescolare la questione degli attentati con quella religiosa con l'immigrazione. Gli attentatori - a parte i lupi solitari psicotici che si fanno vedere ormai ovunque, dalla Finlandia alla Siberia - sono nella grande maggioranza dei casi giovani imbecilli, spesso europei (ossia cittadini francesi, belgi, tedeschi…), spesso figli di immigrati. Fino a qualche anno fa cazzeggiavano, si facevano le canne, spacciavano, passavano da un lavoretto all'altro, Sono incappati in qualche sbandato tipo loro, autoproclamatosi imam, con un'infarinatura di salafismo, e si sono - a quanto dichiarano - convertiti all'Islam. Un Islam talmente rabberciato, confuso, da sembrare quasi una caricatura di una fede, se non fosse appunto una parodia tragica.
Parlare di islamici estremisti (come ancora peggio di Islam moderato) non ha senso. E persino la parola fondamentalismo è problematica. Sono islamici per sbaglio, gridano Allah Akbar come potrebbero gridare Heil Hitler o Boia chi molla. Negli Stati Uniti nella Rustbelt ragazzi come loro incontrano qualche pazzo filoconfederati e diventano nazisti. Come giustamente scrive Olivier Roy, non c'è nessuna radicalizzazione dell'islamismo, ma un'islamizzazione del radicalismo.
Affermare cose come “non riusciamo a capirli” è stupido. Sono usciti ormai decine di saggi su questo tipo di terrorismo. Basta leggerli, e capire per esempio come questa conversione, a uno pseudo-Islam e alla violenza contro i civili, avvenga in contesti di emarginazione sociale in cui l'Islam viene riscoperto come elemento paranoicamente identitario (pensiamo ai foreign fighters), o in carcere spesso, e che quindi le leggi speciali (vedi leggi Bossi-Fini in italia) o il sistema di sospensione delle garanzie creato da Hollande non soltanto sono razziste e non servono a nulla, ma incoraggiano questo tipo di radicalizzazione.
È altrettanto stupido affermare “non cambieremo il nostro stile di vita” o “non ci faremo intimidire”. Il mio stile di vita è già cambiato, e l'ho subito. La militarizzazione dello spazio pubblico che sta avvenendo nelle città europee, non l'ho scelta, e mi sembra una reazione idiota. Camionette e barriere nelle strade del centro, metro e chiese presidiate, aeroporti che sembrano check-point. Una risposta hobbesiana chiaramente inefficace e incongrua. Se voglio fare un attentato nelle modalità da pazzo mi basta prendere una macchina a nolo o un furgone anche a Roma e puntare su qualunque fermata dell'autobus. Il mio stile di vita non è la chiusura delle frontiere, i controlli indiscriminati, la xenofobia antiaraba sdoganata. Non è il mio stile di vita, quello che ha scelto Israele per esempio militarizzando uno stato. Non è il mio stile di vita quello in cui alcuni passaporti valgono più di altri.
Come tutto questo abbia a che fare con l'Isis, con una strategia di guerriglia o con una semplice adesione simbolica all'ideale del Califfato, anche questo ormai non è un mistero. Sono usciti centinaia di articoli, decine di saggi. Affermare, come fa ieri Gentiloni al meeting di Rimini (tra parentesi, perché un capo di governo va a trovare il suo palco dopo l'estate ad una riunione di un movimento religioso?) che “Daesh è stato sconfitto” è un'affermazione che lascia il tempo che trova. Dal punto di vista militare Daesh non è stato sconfitto, ha in mano ancora molte città tra la Siria e l'Iraq. Ma è soprattutto dal punto di vista politico e simbolico che non è stato sconfitto. C'è un paese come la Siria che è in guerra da sei anni, in questi sei anni è sparita, è scomparsa società civile. Si sono distrutte le infastrutture culturali, le scuole, le università. I ragazzini di dieci anni che hanno visto i genitori morire o uccidere con le autobombe, che sono stati educati nelle tragicamente caricaturali scuole dell'Isis che adulti diventeranno? Si tratta di centinaia di migliaia di persone. La prossima generazione terroristica sarà peggiore dell'Isis dal punto di vista di ciò che concepiamo come umano, come l'Isis è stata peggiore di Al Qaeda, e Al Qaeda peggiore del terrorismo mediorientale degli anni 80. Non c'è nessuna utopia, in questo nuovo terrorismo. Le primavere arabe sono state spazzate via da inverni lunghissimi che non sono finiti. C'è nichilismo puro, un'ideologia da analfabeti, che attecchisce dove la società è stata spazzata via e dove l'Isis garantisce un controllo del territorio e millanta una redistribuzione delle risorse. Ci sono intere zone nel Medioriente che non hanno visto altro che guerra da trent'anni.
La morte per noi è un tabù. E quando affiora sulle timeline di Facebook per l'allerta attentati ci sembra uno strazio ogni volta sconvolgente. La mia Parigi ferita, la mia Barcellona colpita al cuore. Per un ventenne siriano la morte è l'acqua in cui nuota. Per un quindicenne palestinese a Gaza la morte è una possibilità come la scelta delle superiori.
Se ormai sono solo molesti gli interventi della maggior parte degli opinionisti televisivi che becerano di cose che non hanno studiato, che parlano di occidente, di non ci faremo intimidire, non cederemo alla paura, eccetera, è abbastanza singolare come anche gli intellettuali poi chiamati in causa si pieghino alle semplificazione più distorsive. L'altro giorno era il caso del lungo pezzo di Arturo Perez-Reverte sul Corriere. Che uno scrittore che è stato un reporter di guerra, che ha scritto un libro bellissimo sulla guerra in Jugoslavia come “Territorio comanche” e che ha visto come un paese civile come la ex Jugoslavia appunto possa improvvisamente venire dilaniata da estremismi pseudonazionalisti e pseudoreligiosi, dica “Basta buonismo, con i fanatici non si può dialogare” o “Aveva ragione la Fallaci”, sembra grottesco. Perché il Corriere sceglie di pubblicarlo come la voce più autorevole?
La Fallaci non soltanto non è stata profetica, e non aveva ragione, ma quei suoi articolacci malscritti e biliosi spacciati per analisi, a rileggerli ora sono - pace all'anima sua, davvero - ridicoli per l'ignoranza geopolitica, per l'approssimazione, per il razzismo implicito, per la mole di fallacie che propalano. Il punto è la quantità di ignoranza, semplificazione, razzismo che hanno generato. Chi, a partire dal Corriere della Sera che ne fece un'edizione speciale a chi oggi la cita come un santino, ha continuato a nutrirsi a quella fontanella velenosa e a spacciare il suo verbo paranoico, ha responsabilità culturali non da poco.
Anche oggi il Corriere rincara con Can Dündar, che risponde in un'intervista la solita baggianata: “La maggioranza degli islamici non sono terroristi. Ma quasi tutti i terroristi che agiscono in Europa e anche nelle nazioni musulmane sono islamici. Dunque è evidente che c’è un problema all’interno dell’Islam”. Ancora? Ancora? Tocca poi a chi fa l'insegnante, sui banchi di scuola, contraddire queste idiozie, cercare di ripartire dagli accordi infami di Sykes e Picot del 1916, e provare a mettere in fila le ragioni politiche che sono più complesse di una demenziale spiegazione di scontri di civiltà o di fedi.
Come poi a partire da tutto questo si possa finire a parlare di immigrazione è nel migliore dei casi becera campagna elettorale, nel peggiore fascismo e razzismo radicato. Anche lì quello che indigna è la mancata indignazione di politici e intellettuali di fronte ai respingimenti in regimi repressivi come la Libia, i ricatti contro le ong, gli sgomberi di profughi a Roma, i ritardi su una legge necessaria come lo ius soli… Il resto è la malafede o stupidità.
L'Europa, negli anni dal 1945 al 1953, era attraversata da decine di milioni di profughi. Due guerre mondiali si erano generate dalle follie distorte dei nazionalismi (militarismo, colonialismo, razzismo…). La capacità di creare un luogo pacifico dove vivere nacque dagli antifascismi, dalle resistenze, dagli investimenti nelle infrastrutture sociali e culturali. Quello che occorrerebbe in Medio Oriente non è un'altra guerra in nome di valori democratici o della sicurezza occidentale, ma un Piano Marshall che metta le basi per una società civile. Ma questo non accadrà, la prossima ondata terroristica sarà peggiore di quella che siamo vivendo. E ci saranno ancora intellettuali mediocri e irresponsabili che berceranno di basta buonismo.
Christian Raimo
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macri · 7 years
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Con calma e un po' a freddo. L'attentato a Barcellona pochi giorni fa. È incredibile che a quasi due anni dal Bataclan, le analisi giornalistiche e i commenti politici siano ancora così scadenti. A partire dal mescolare la questione degli attentati con quella religiosa con l'immigrazione. Gli attentatori - a parte i lupi solitari psicotici che si fanno vedere ormai ovunque, dalla Finlandia alla Siberia - sono nella grande maggioranza dei casi giovani imbecilli, spesso europei (ossia cittadini francesi, belgi, tedeschi...), spesso figli di immigrati. Fino a qualche anno fa cazzeggiavano, si facevano le canne, spacciavano, passavano da un lavoretto all'altro, Sono incappati in qualche sbandato tipo loro, autoproclamatosi imam, con un'infarinatura di salafismo, e si sono - a quanto dichiarano - convertiti all'Islam. Un Islam talmente rabberciato, confuso, da sembrare quasi una caricatura di una fede, se non fosse appunto una parodia tragica. Parlare di islamici estremisti (come ancora peggio di Islam moderato) non ha senso. E persino la parola fondamentalismo è problematica. Sono islamici per sbaglio, gridano Allah Akbar come potrebbero gridare Heil Hitler o Boia chi molla. Negli Stati Uniti nella Rustbelt ragazzi come loro incontrano qualche pazzo filoconfederati e diventano nazisti. Come giustamente scrive Olivier Roy, non c'è nessuna radicalizzazione dell'islamismo, ma un'islamizzazione del radicalismo. Affermare cose come "non riusciamo a capirli" è stupido. Sono usciti ormai decine di saggi su questo tipo di terrorismo. Basta leggerli, e capire per esempio come questa conversione, a uno pseudo-Islam e alla violenza contro i civili, avvenga in contesti di emarginazione sociale in cui l'Islam viene riscoperto come elemento paranoicamente identitario (pensiamo ai foreign fighters), o in carcere spesso, e che quindi le leggi speciali (vedi leggi Bossi-Fini in italia) o il sistema di sospensione delle garanzie creato da Hollande non soltanto sono razziste e non servono a nulla, ma incoraggiano questo tipo di radicalizzazione. È altrettanto stupido affermare "non cambieremo il nostro stile di vita" o "non ci faremo intimidire". Il mio stile di vita è già cambiato, e l'ho subito. La militarizzazione dello spazio pubblico che sta avvenendo nelle città europee, non l'ho scelta, e mi sembra una reazione idiota. Camionette e barriere nelle strade del centro, metro e chiese presidiate, aeroporti che sembrano check-point. Una risposta hobbesiana chiaramente inefficace e incongrua. Se voglio fare un attentato nelle modalità da pazzo mi basta prendere una macchina a nolo o un furgone anche a Roma e puntare su qualunque fermata dell'autobus. Il mio stile di vita non è la chiusura delle frontiere, i controlli indiscriminati, la xenofobia antiaraba sdoganata. Non è il mio stile di vita, quello che ha scelto Israele per esempio militarizzando uno stato. Non è il mio stile di vita quello in cui alcuni passaporti valgono più di altri. Come tutto questo abbia a che fare con l'Isis, con una strategia di guerriglia o con una semplice adesione simbolica all'ideale del Califfato, anche questo ormai non è un mistero. Sono usciti centinaia di articoli, decine di saggi. Affermare, come fa ieri Gentiloni al meeting di Rimini (tra parentesi, perché un capo di governo va a trovare il suo palco dopo l'estate ad una riunione di un movimento religioso?) che "Daesh è stato sconfitto" è un'affermazione che lascia il tempo che trova. Dal punto di vista militare Daesh non è stato sconfitto, ha in mano ancora molte città tra la Siria e l'Iraq. Ma è soprattutto dal punto di vista politico e simbolico che non è stato sconfitto. C'è un paese come la Siria che è in guerra da sei anni, in questi sei anni è sparita, è scomparsa società civile. Si sono distrutte le infastrutture culturali, le scuole, le università. I ragazzini di dieci anni che hanno visto i genitori morire o uccidere con le autobombe, che sono stati educati nelle tragicamente caricaturali scuole dell'Isis che adulti diventeranno? Si tratta di centinaia di migliaia di persone. La prossima generazione terroristica sarà peggiore dell'Isis dal punto di vista di ciò che concepiamo come umano, come l'Isis è stata peggiore di Al Qaeda, e Al Qaeda peggiore del terrorismo mediorientale degli anni 80. Non c'è nessuna utopia, in questo nuovo terrorismo. Le primavere arabe sono state spazzate via da inverni lunghissimi che non sono finiti. C'è nichilismo puro, un'ideologia da analfabeti, che attecchisce dove la società è stata spazzata via e dove l'Isis garantisce un controllo del territorio e millanta una redistribuzione delle risorse. Ci sono intere zone nel Medioriente che non hanno visto altro che guerra da trent'anni. La morte per noi è un tabù. E quando affiora sulle timeline di Facebook per l'allerta attentati ci sembra uno strazio ogni volta sconvolgente. La mia Parigi ferita, la mia Barcellona colpita al cuore. Per un ventenne siriano la morte è l'acqua in cui nuota. Per un quindicenne palestinese a Gaza la morte è una possibilità come la scelta delle superiori. Se ormai sono solo molesti gli interventi della maggior parte degli opinionisti televisivi che becerano di cose che non hanno studiato, che parlano di occidente, di non ci faremo intimidire, non cederemo alla paura, eccetera, è abbastanza singolare come anche gli intellettuali poi chiamati in causa si pieghino alle semplificazione più distorsive. L'altro giorno era il caso del lungo pezzo di Arturo Perez-Reverte sul Corriere. Che uno scrittore che è stato un reporter di guerra, che ha scritto un libro bellissimo sulla guerra in Jugoslavia come "Territorio comanche" e che ha visto come un paese civile come la ex Jugoslavia appunto possa improvvisamente venire dilaniata da estremismi pseudonazionalisti e pseudoreligiosi, dica "Basta buonismo, con i fanatici non si può dialogare" o "Aveva ragione la Fallaci", sembra grottesco. Perché il Corriere sceglie di pubblicarlo come la voce più autorevole? La Fallaci non soltanto non è stata profetica, e non aveva ragione, ma quei suoi articolacci malscritti e biliosi spacciati per analisi, a rileggerli ora sono - pace all'anima sua, davvero - ridicoli per l'ignoranza geopolitica, per l'approssimazione, per il razzismo implicito, per la mole di fallacie che propalano. Il punto è la quantità di ignoranza, semplificazione, razzismo che hanno generato. Chi, a partire dal Corriere della Sera che ne fece un'edizione speciale a chi oggi la cita come un santino, ha continuato a nutrirsi a quella fontanella velenosa e a spacciare il suo verbo paranoico, ha responsabilità culturali non da poco. Anche oggi il Corriere rincara con Can Dündar, che risponde in un'intervista la solita baggianata: "La maggioranza degli islamici non sono terroristi. Ma quasi tutti i terroristi che agiscono in Europa e anche nelle nazioni musulmane sono islamici. Dunque è evidente che c’è un problema all’interno dell’Islam". Ancora? Ancora? Tocca poi a chi fa l'insegnante, sui banchi di scuola, contraddire queste idiozie, cercare di ripartire dagli accordi infami di Sykes e Picot del 1916, e provare a mettere in fila le ragioni politiche che sono più complesse di una demenziale spiegazione di scontri di civiltà o di fedi. Come poi a partire da tutto questo si possa finire a parlare di immigrazione è nel migliore dei casi becera campagna elettorale, nel peggiore fascismo e razzismo radicato. Anche lì quello che indigna è la mancata indignazione di politici e intellettuali di fronte ai respingimenti in regimi repressivi come la Libia, i ricatti contro le ong, gli sgomberi di profughi a Roma, i ritardi su una legge necessaria come lo ius soli... Il resto è la malafede o stupidità. L'Europa, negli anni dal 1945 al 1953, era attraversata da decine di milioni di profughi. Due guerre mondiali si erano generate dalle follie distorte dei nazionalismi (militarismo, colonialismo, razzismo...). La capacità di creare un luogo pacifico dove vivere nacque dagli antifascismi, dalle resistenze, dagli investimenti nelle infrastutture sociali e culturali. In Medioriente o in Libia ci vorrebbe un grande piano Marshall, non l'ennesimo appoggio a regimi militari repressivi o l'ennesima guerra democratica. Ma questo non accadrà, e la prossima facies del terrorismo che verrà dopo l'Isis sarà ancora più distruttiva, e disumana. E ci saranno ancora altri intellettuali che berceranno di basta buonismo.
Christian Raimo, Facebook, 21 agosto 2017
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