Tumgik
nientetitolo · 5 years
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Girovago
Girovago, mi
immergo con te in
un mare di quiete.
La bellezza di provare
immense emozioni:
amore.
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nientetitolo · 5 years
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Respiro.
Inspiro
Apro gli occhi. Mi sveglio
Mi alzo e penso
“Ancora”
Vado in cucina. Mia madre che grida. Tre biscotti.
Mi lavo mi vesto esco.
Lo zaino: rientro lo prendo riesco.
Sono in ritardo.
Entro a scuola. La campanella che urla. Cinque ore.
All’intervallo un caffè:
Ridono. Tutti ridono
Con me di me.
Sorridi. Ancora. Sorridi:
Mi perdo: piango
ma solo dentro. Mi ritrovo.
Campanella.
Verifica: ricorda.
Ma penso: sabato esco?
E quella ragazza?
Sono proprio sfigato.
E se fossi malato? Forse, meglio così.
Scrivo lettera per
lettera e arrivo alla
fine. Campanella. Pranzo: un gabbiano col suo pesciolino.
Casa. Studio.
Ma penso: la musica?
Vado in camera. Il piano che suona. Sei pezzi
Timore calma serenità agitazione pesantezza allegria.
Torno sui libri. È sera.
Vado in cucina. Mia madre che grida. Un’ora di quiete.
Mi lavo mi metto il pigiama entro nel letto.
Mi sdraio e penso
“Ancora”
Chiudo gli occhi.
Espiro
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nientetitolo · 5 years
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Oggi mi sento così.
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nientetitolo · 5 years
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Appunti (e atti) mancati.
Ammazza oh, da quanto tempo non scrivo qui su Tumblr. Così tanto che i miei ben due lettori mi hanno chiesto perché fossi così inattivo.
Beh, il motivo è che più o meno le cose stanno andando bene. Oppure no, continuano ad andare di merda ma cerco di parlarne il meno possibile perché non mi ritornino in mente tutti i miei problemi.
Chissà.
Comunque oggi ho trovato un appunto scritto il primo gennaio 2018, e volevo condividerlo con voi, miei (due) fedelissimi lettori. È sul tempo.
Tic. Tac. Tic. Tac.
Il tempo scorre, niente lo può fermare. E con esso, il mondo. Va avanti, che tu lo voglia o meno; cambia scenari, ambientazioni, personaggi, drammi e felicità. Eppure tutto ciò non si può fermare: non si può decidere di restare per sempre intrappolato in un giorno piuttosto che in un altro, come non è possibile accelerare una situazione sgradevole in cui ci si è immessi.
Tic. Tac. Tic. Tac.
Addio “vecchio” 2017. Benvenuto “nuovo” 2018. Alla fine, però, il 2018 sono nuovi 365 giorni di esperienze, belle e brutte. Con le consapevolezze degli anni passati. E le gioie. E i rimpianti. Per non parlare degli sveviani Atti Mancati, ciò che avremmo voluto fare ma non abbiamo poi fatto (quanti, a ripensarci, ndr). Ti sei preparato per ore e ore per un piccolo gesto, ma poi un minuto prima senti una cosa e cominci a riflettere. Certo, se il tempo si potesse fermare, potremmo rifletterci su quanto vorremmo e poi tornare al nostro “atto”, e invece no. Tic. Tac. L’occasione è persa, col risultato che l’idea del rimpianto ti verrà in mente quando meno te l’aspetterai e ti cambierà l’umore in peggio. E succede spesso.
Quindi, la morale della favola è il solito Carpe Diem. E chi non è capace a coglierlo, come il sottoscritto? Una soluzione definitiva non l’ho ancora trovata. Nel frattempo:
Tic. Tac. Tic. Agisci, che sta per arrivare il Tac.
Al di là dello stile mainstream del mio appunto, devo ammettere che a volte mi piace riflettere su questo. Mi fa sentire bene perché penso “oh ma come sono intelligente a cogliere il valore del tempo”, ma al contempo un idiota, perché predico bene e razzolo male.
Beh, chissà se in futuro questo cambierà...
A presto, cari miei (due) lettori. A presto (forse).
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nientetitolo · 6 years
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Breathless - Senza fiato
When a sonnet I was asked to write
You immediately came in my mind
I recalled that past that to me seems so bright
And I thought to picture you, who I left behind
I thought about the ocean of thy hair
I recalled thy sweet lips on my cheek
Your behavior, so much lovely and fair
And that with you of happiness I reached the peak
But then I put my pen down on the table
As I did not know how to describe your fairness
As a writer who tries to compose a fable
But cannot, so much in his mind it leaves him breathless
As there is no word that may describe you
As there is no one who may deserve you
Libera traduzione:
Quando mi venne chiesto di scrivere un sonetto
Tu subito mi venisti in mente
E mi ricordai del passato che or mi sembra sì lieto
E decisi di scrivere te, che pur ora mi son lasciato indietro
Pensavo all’infinito mare dei tuoi capelli
Alle tue labbra dolci sulle mie amare guance
Al tuo fare, così amabile e gentile,
Alla felicità, che mi pareva di raggiungere insieme a te
Ma poi posai la penna sul foglio
Rimanendo senza parole per descriverti
Come uno scrittore che vuol parlar di un sogno
Invano, perché il sogno stesso lo lascia senza fiato
Perché non c’è parola che ti possa descrivere
Perché non c’è alcun che ti possa meritare
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nientetitolo · 6 years
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“Perché tu vali”
Credi in te stesso. Crediintestessocrediintestessocrediintestesso.
A volte mi capita di ripeterlo come un mantra, una formula magica che, spero, possa servire a migliorare le mie giornate. Appunto, spero. Io e la speranza non siamo sempre andate d’accordo: di solito mi ha ripagato poco.
A distanza di quasi 5 mesi dall’ultima storia che ho pubblicato qui le cose sono migliorate un po’ e peggiorate allo stesso modo: (mi) sembravo essere più spigliato e sicuro di me, tanto che sono quasi diventato rappresentante di istituto della mia scuola (forse, chissà, non lo sono diventato perché ci speravo), poi, verso dicembre, BOOM (altro che onomatopee), ho avuto una ricaduta d’amore che sta avendo il suo picco in questi giorni.
Me ne chiedo il perché. Ogni ora che passo in questo stato, me lo chiedo. Perchèperchèperchè: Come quell’altro mantra di cui ho parlato qualche riga fa.
Prima di continuare, c’è bisogno di dire che questa storia va a braccetto con un’altra, i protagonisti sono gli stessi del post intitolato “Icarus”. Fino a dicembre pensavo di aver superato ampiamente quella questione: siamo rimasti amici, in buoni rapporti, abbiamo ricominciato a uscire insieme, a scherzare insieme. Poi, un altro BOOM: nella mia mente una vocina si è fatta strada fra i pensieri positivi e ha cominciato a dire: “Ehi! Perché non rovinare tutto capendo che, in realtà, ti piace ancora? E che non l’hai superata?”. Così ho cominciato a crederci, e forse è questo che ha causato la mia “ricaduta”, fatta di insicurezze, di Forse hai un’altra chance prima e di Lasciala perdere una volta per tutti poi.
Insicurezze che stanno di nuovo rovinando il nostro rapporto: da qualche giorno, per esempio, parliamo sempre almeno (come subito dopo essersi lasciati, nel “lontano” maggio). A quanto ne sappia, poi, anche lei non è di ottimo umore in questo periodo, e questo non aiuta tanto.
Quindi boh, sono in una situazione di stallo. In cui riverso tutti i miei problemi sulla mia vicina di banco, costretta ad ascoltare i miei problemi, e che tenta di incoraggiarmi.
Peccato che nella mia mente la vocina che dice “Tanto non ce la farai mai a superarla”, la stessa vocina di prima, si mette sempre al primo posto nella mia mente e riesce, non so come, a cancellare tutti gli incoraggiamenti di chi mi sta vicino.
Ad maiorforse.
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nientetitolo · 7 years
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Qualcuno ci sarà di sicuro!
Parte due della storia di oggi.
Postilla: non so perché continui a chiamarle storie.
D’estate sono solito trascorrere i miei pomeriggi in un circolo della mia città. Ci vado da quando ero piccolo, e ai tempi fare amicizia mi era molto più facile di adesso. La mia “compagnia” di allora non viene quasi più tutta alla “Società”, in più, altri hanno cominciato a praticare sport (come ordinari ragazzi) e si sono uniti ad altri gruppi.
Con una semplice sottrazione si può arrivare al numero dei miei veri amici rimasti, con cui trascorro i pomeriggi in società. Due, tre al massimo (tra l’altro i quali hanno amiche che mi prendono per il culo per la mia asocialità, presumo), di cui una è l’unica amica a conoscenza di questo “blog”.
Quando questi non ci sono, stare nel circolo diventa per me un peso enorme. La mia difficoltà nel relazionarmi con gli altri è esponenzialmente aumentata dal fatto che all’interno della società si sono formati, negli anni, gruppi ristretti di amici, formate da persone una più imbecille dell’altra. Questi gruppi, dunque, sono “chiusi al pubblico”.
Oddio, mi prendo la colpa di non aver provato a socializzare “con insistenza” in questi gruppi, ma per ora ho preferito non rischiare (col senno di poi, rischiare cosa?).
E ora arriviamo al titolo del post: un’altra frase che mi sono sentito dire da questo mio parente (specifichiamolo, ormai: la nonna) è: “Vieni, dai! Qualche tuo amico c’è di sicuro!”.
E se decido di non andare spontaneamente, e perché penso di riuscire a prevedere che no. Non c’è.
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nientetitolo · 7 years
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Poco attivo
Nuovo post, nuova storia.
Le cose sono abbastanza migliorate dall’ultima volta che ho scritto qui. Poi di nuovo peggiorate. Bisogna sapere che la mia autostima va su e va giù come un grafico a linee, non ben definito. Oggi il grafico va giù.
La storia di oggi quindi è questa:
È da un po’ di giorni che al pomeriggio trascorro il tempo a casa di un mio parente. I miei (non molti) amici escono quasi mai al pomeriggio, e dunque, resto a casa. Oggi, il colpo di grazia per la mia autostima.
“Ti vedo poco attivo. I giovani della tua età dovrebbero avere altri interessi”
Ah, ma io gli interessi ce li ho. Mi piacerebbe uscire con i miei amici al pomeriggio, mi piacerebbe andare con loro al cinema. Una metà dei miei amici ha altri amici migliori di me, evidentemente. L’altra, non esce.
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nientetitolo · 7 years
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Icarus - Fin dal primo istante
Ventisei agosto duemiladiciassette, Seconda storia.
Fin dal primo istante. Che titolo a dir poco di merda. Incompleto, direte voi. Beh, concludiamo la frase. Fin dal primo istante ho sbagliato. Mi spiego meglio (prendete i pop-corn?).
La vita mi ha dato un’occasione. Una, una soltanto. Un’opportunità per dimostrare a me stesso e a gli altri che non fossi il solito idiota, impacciato antisociale quale pensavo che fossi.
E niente, ho buttato via l’opportunità da vero idiota, impacciato e antisociale. E in più ho rovinato un’amicizia. Evviva, grazie me stesso. Mi spiego ancora meglio (dopotutto, la spiegazione al titolo non ve l’ho ancora data).
Nella mia vita ho avuto una sola fidanzata, se così si può chiamare. Una, una sola. Mentre metà dei miei coetanei ha una lista quasi infinita di ragazze e l’altra metà non è più vergine, io ho avuto una sola ragazza. E il bello è che dalla nostra relazione sarebbe potuto nascere qualcosa di straordinario. Stessa personalità timida e impacciata, stessa esperienza in amore pari a zero (penso), quasi stessi interessi. E, costante ancora più importante, una grande ma relativamente breve amicizia alle spalle.
Ovviamente, ironia della sorte, mi sono innamorato di lei. E, sorpresa sorpresa, pareva anche lei di me.
E ora arriva il bello: fin dal primo istante ho sbagliato. Grazie alla mia simpatica personalità ansiosa, ho avuto paura di esagerare, di spingermi troppo oltre, e piuttosto che baciarla preferivo guardare cosa scrivesse su Twitter, sperando che facesse riferimento anche a un accenno di felicità da parte sua, portata dal fidanzamento (che parolone) con me. E invece no, niente di niente.
Siamo usciti insieme sì e no 3 volte in un mese e mezzo. Quando le chiedevo di uscire, nelle ultime settimane, lei preferiva guardare serie tv con la sua migliore amica, al che mi sono sentito un poco preso in giro. La situazione era degenerata nel giro di un mese e mezzo, e di comune accordo (più suo che mio) ci siamo lasciati, con la speranza di rimanere buoni amici come prima.
Ovviamente, non c’è neanche bisogno di dirlo, così non è stato. I miei sforzi di comunicare con lei si sono rivelati quasi una farsa, vani tentativi di recuperare un qualcosa che era finito da un pezzo, fin dal primo momento, quando lei mi disse “sì” e io, in preda all’ansia di sbagliare, ho sbagliato.
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nientetitolo · 7 years
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Social ma non sociale
La storia di oggi è questa (a dire il vero, le storie di oggi saranno più di una), ma il punto di partenza deve essere questo:
Il titolo suggerirà ai più che il punto dove voglio andare a parare è la mia socialità. O vita sociale, per intenderci. Sono sempre stato una persona timida e riservata, all'incirca dalle scuole medie ho avuto difficoltà a farmi degli amici e a relazionarmi con gli altri, e solo ora comincio a capirne il perché. (spoiler sulle prossime storie di oggi).
Mi sono sempre sentito diverso, sebbene io non avessi mai voluto esserlo. Sono una persona “normale”, anche troppo per gli standard odierni, e questo è sempre stato una sorta di problema per me. Ogni volta che cercavo di iniziare un’amicizia mi sentivo costantemente in ansia per paura di sbagliare e di essere giudicato e di essere deriso ed escluso.
“Sii originale e vedrai che ti farai un sacco di amici”. La mia originalità è infantile, è sinonimo di ansia, è troppo diversa dai canoni dell’originalità che la società impone oggi per essere “popolare”. E dunque, in cosa consiste questa (non)originalità nazional-popolare? In vestire abiti stracciati, nell'andare in discoteca più sere possibile cercando disperatamente di limonare le più fighe del locale. E se ci riesci hai +100 di desiderabilità. Se fumi +500, se sei spigliato più degli altri +900(ah, sto parlando dei maschi, ovviamente. Non mi intendo tanto di femmine). 
Io ho provato a conformarmi. Non ci sono riuscito. D'altronde la mia cerchia di amici più fidati si limita alla scuola (e non è una cosa di cui io vada particolarmente fiero)
Sarà per l’ansia? Sarà perché non ho il “phisique du role” per essere ammirato da tutte e da tutti? Sarà perché non ho i gusti che la gente apprezza (e dico gente per non dire “massa”)?
Non so.
Ma in fondo, quello che so in questo campo non basta mai.
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nientetitolo · 7 years
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Dejavù
LA SFIGA. Mi ricordo delle medie, mi ricordo che quando le frequentavo pensavo fossero gli anni più belli della mia vita. Mi sono ricreduto. Da quando sono al liceo mi ricordo delle scuole medie come gli anni (fra i) più brutti, socialmente parlando, della mia vita. Una delle cose che mi tormentava maggiormente quando avevo 13/14 anni era che la ragazza che mi piaceva era innamorata del mio migliore amico. Il mio migliore amico, sfortunatamente, ricambiava. (Sono sicuro sia la storia più comune al mondo). Il fatto interessante è che alle persone normali, al massimo, succede una volta sola. Io, invece, oggi ho capito di essere veramente sfortunato. Ehm, siamo giovani. Veramente sfigato. Al mio migliore amico piace la ragazza che piace anche a me. Hip hip urrà. Beh, la storia di oggi è questa.
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nientetitolo · 8 years
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Il gioco del Se fossi...
Oggi è venuta nella mia scuola una scrittrice di nome Silvia. Ad un certo punto, ci ha fatto una domanda: "Qualcuno di voi sarebbe voluto nascere in un corpo diverso? Di un'altra persona, del sesso opposto, insomma, diverso." Io non ho alzato la mano. Forse per vergogna, forse per paura del giudizio degli altri, forse per motivi a me sconosciuti, ma avrei dovuto. Mi pento di non aver raccontato a lei e a tutti gli altri come mi sento a volte. Io non sarei voluto nascere femmina, come alcuni miei compagni di classe si ostinano a dire, ma semplicemente parzialmente un'altra persona. Mi spiego meglio: mi sarebbe piaciuto nascere in un corpo, o meglio, in una mente, che non si fa condizionare dal giudizio degli altri, che non scoppia in lacrime "solo" perché alcuni tuoi compagni di classe idioti e decisamente meno ragionevoli di te ti prendono in giro perché, a causa della tua costituzione, lo dirò chiaramente, hai le cosiddette "tette da grasso". Ma ormai mi dovrei rassegnare. È dalla 3a elementare che questa storia va avanti. Pensavo che con l'inizio del liceo sarebbe cambiato qualcosa, ma mi sbagliavo. Sono sempre stato molto ingenuo. Perciò sì, se potessi rinascere, vorrei farlo in un corpo diverso.
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